La sesta sezione penale, con la sentenza in commento, enuncia il principio di diritto per cui la condanna per evasione è ostativa alla concessione di misura cautelare meno afflittiva della custodia in carcere, quale gli arresti domiciliari, anche quando il giudice ritiene che la pena irrogata non sarà superiore a tre anni.
Il Tribunale di Lecce, giudicando ex articolo 310 c.p.p., confermava l'ordinanza con cui il GIP aveva disposto la custodia cautelare nei confronti di un soggetto imputato per spaccio di sostanze stupefacenti, nell'ambito di un procedimento definito in primo grado, previa riqualificazione del fatto in lieve ex articolo 73, commi 1 e 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, numero 309. Avverso l'ordinanza, presentava ricorso per cassazione il difensore dell'interessato, deducendo, con unico motivo, la mancata valutazione, nel merito, del consolidato orientamento giurisprudenziale per cui il limite dei tre anni di pena detentiva previsto dall'articolo 275, comma 2-bis, c.p.p. ha rilievo “automatico” se, in corso di esecuzione della misura, sopravviene una sentenza di condanna a pena inferiore. Di conseguenza, secondo il difensore, la misura non poteva essere mantenuta. Per il Supremo Consesso il ricorso è infondato. Premesso che l'imputato era stato tratto in arresto in quanto sottoposto alla misura alternativa della detenzione domiciliare poiché si era accertato che nella sua abitazione svolgeva spaccio di cocaina, nell'ordinanza impugnata viene precisato che il mantenimento della misura carceraria si fonda su plurime ragioni, tra cui l'inaffidabilità del soggetto, la comprovata inadeguatezza di una misura di tipo domiciliare e l'operatività del divieto stabilito dall'articolo 284, comma 5-bis c.p.p., la quale preclude l'applicabilità degli arresti domiciliari a chi sia stato condannato per evasione nei cinque anni precedenti al fatto per cui si procede e tale divieto ha carattere assoluto, secondo la giurisprudenza di legittimità. Proprio in ragione di tale carattere assoluto, il divieto di concessione degli arresti domiciliari al condannato per evasione, prevale sulla disposizione di cui all'articolo 275, comma 2-bis, c.p.p., in virtù della quale la misura cautelare della custodia in carcere non può essere applicata quando il giudice ritiene che la pena irrogata non sarà superiore a tre anni. Ci si chiede, allora, se «l'inibizione dell'operatività dell'articolo 275, comma 2-bis, c.p.p. da parte del divieto di cui all'articolo 284, comma 5-bis, c.p.p., valga soltanto quando il giudice ritenga, in base a una valutazione ex ante, che all'esito del giudizio dovrà applicarsi una pena non superiore a tre anni, oppure se tale preclusione operi parimenti quando il giudizio di merito si sia già concluso e la pena in concreto irrogata non abbia raggiunto la soglia legislativa, come avvenuto nel caso di specie, a seguito della derubricazione del reato di spaccio in “fatto lieve”». Il Collegio, prosegue, «non ravvisa ragioni per escludere la validità del pacifico orientamento di questa Corte, che reputa speciale la disposizione sul divieto assoluto di concessione di una misura diversa da quella detentiva al condannato per evasione in quanto tale, prevalente sull'articolo 275, comma 2-bis, c.p.p». Cosicché, alla luce di tale assunto, i giudici di legittimità aditi, reputano necessario affermare il seguente principio di diritto «la presunzione relativa di inadeguatezza degli arresti domiciliari nei confronti del condannato per evasione, prevista dall'articolo 284, comma 5-bis, c.p.p., in quanto norma speciale, prevale sulla disposizione generale di cui all'articolo 275, comma 2-bis, secondo periodo, c.p.p., non soltanto quando il giudice ritiene che la pena irrogata non sarà superiore a tre anni, ma anche quando una pena inferiore a tale limite è già stata concretamente irrogata nel corso del giudizio».
Presidente Aprile - Relatore Di Giovine Ritenuto in fatto 1. Con l'ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Lecce, giudicando ex articolo 310 cod. proc. penumero , confermava l'ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari aveva disposto la custodia cautelare nei confronti di D.B.A., imputato di spaccio di stupefacenti nell'ambito di un procedimento definito in primo grado, previa riqualificazione del fatto in lieve articolo 73, commi 1 e 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, numero 309 , con la condanna a due anni, due mesi e venti giorni di detenzione, oltre che a 3.000 euro di multa. 2. Avverso l'ordinanza ha presentato ricorso, nell'interesse dell'imputato, l'Avvocato Vincenzo Perrone, deducendo, con un unico motivo, violazione dell'articolo 275, comma 2-bis cod. proc. penumero e vizio di motivazione. Il Giudice dell'appello ha condiviso le posizioni del Giudice per le indagini preliminari, che aveva rigettato la richiesta di revoca della custodia cautelare, trascurando come, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, il limite dei tre anni di pena detentiva previsto dall'articolo 275, comma 2-bis, cod. proc. penumero abbia rilievo automatico se, in corso di esecuzione della misura, sopravviene una sentenza di condanna a pena inferiore. Di conseguenza, la misura non può essere mantenuta. La motivazione del provvedimento impugnato è poi illogica ove si ritiene tale precetto recessivo rispetto alla presunzione di cui all'articolo 284, comma 5-bis, cod. proc. penumero , in quanto quest'ultima norma speciale. Infatti, il principio di diritto riportato nell'ordinanza fa riferimento all'ipotesi in cui il giudizio sull'entità della pena sia ancora prognostico, ma non può valere se sia intervenuta l'effettiva quantificazione infra-triennale della pena, come nel caso di specie. Si precisa, infine, che il titolo di reato per cui si procede non rientra nel novero dei reati ostativi che avrebbero potuto precludere il ricorso a misure diverse dalla detenzione carceraria. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e deve essere, quindi, rigettato. 2. Premesso che l'imputato era stato tratto in arresto in quanto, benché sottoposto alla misura alternativa della detenzione domiciliare, si era accertato che nella sua abitazione svolgeva spaccio di cocaina, nell'ordinanza impugnata si trova precisato che il mantenimento della misura carceraria si fonda su plurime ragioni, tra cui l'assoluta inaffidabilità del prevenuto dimostratosi incapace di rispettare le prescrizioni e il percorso connessi alla misura alternativa concessagli , la comprovata inadeguatezza di una misura di tipo domiciliare a prevenire l'elevato potenziale recidivante dell'imputato, nonché - dato cui è attribuito un rilievo dirimente - l'operatività del divieto stabilito nell'articolo 284, comma 5-bis cod. proc. penumero , che preclude l'applicabilità degli arresti domiciliari a chi sia stato condannato per evasione nei cinque anni precedenti al fatto per cui si procede l'imputato aveva riportato una condanna per evasione nel 2022 . Il Tribunale ha inoltre aggiunto che, se è vero che tale norma prevede una presunzione soltanto relativa di inadeguatezza della misura domiciliare, superabile ove il giudice ravvisi la sussistenza di una duplice condizione lieve entità del fatto e possibilità di soddisfare le esigenze cautelari con la misura domiciliare , tale duplice condizione è stata però soddisfatta dal Giudice per le indagini preliminari, il quale aveva appunto guardato alle modalità del fatto e alla personalità dell'imputato, oltretutto gravato da plurimi precedenti penali e carichi pendenti, considerando comprovata l'inidoneità della misura domiciliare, dal momento che l'imputato aveva eletto il domicilio in cui era ristretto a luogo per lo svolgimento indisturbato della sua attività di spaccio di droga pesante. 3. Tanto premesso, anche a voler aderire all'assunto del Tribunale secondo cui l'articolo 284, comma 5-bis, cod. proc. penumero dispone una presunzione meramente relativa in ordine all'inidoneità di misure cautelari diverse da quella detentiva ove l'indagato sia stato condannato per evasione, deve rilevarsi che, nel provvedimento impugnato, si dà ampiamente conto - con argomentazione compiuta e non affetta da vizi logici come tale, non sindacabile in questa sede - delle ragioni relative all'inaffidabilità del ricorrente. 3.1. A monte, comunque, il suddetto assunto è revocabile in dubbio. Che, infatti, il divieto previsto da tale norma abbia un carattere assoluto è ritenuto dalla giurisprudenza pressocché pacifica di questa Corte tra le altre, Sez. 2, numero 14111 del 12/03/2015, Rondinone, Rv. 262960 Sez. 3, numero 6633 del 07/01/2014, Podda, Rv. 258902 Sez. 4, numero 31434 del 04/07/2013, Sanseverino Rv. 255954 mentre, rilievo meramente indiziante è attribuito alla condanna per evasione per il caso essa sia non ancora definitiva Sez. 3, numero 8148 del 27/01/2012, Gambino, Rv. 252755 . 3.2. Altrettanto indubbio è che, proprio in ragione di tale carattere assoluto, il divieto di concessione degli arresti domiciliari al condannato per evasione prevalga sulla disposizione di cui all'articolo 275, comma 2-bis, cod. proc. penumero , in virtù della quale la misura cautelare della custodia in carcere non può essere applicata quando il giudice ritiene che la pena irrogata non sarà superiore a tre anni così Sez. 2, numero 14111 del 12/03/2015, Rondinone, Rv. 262960 di recente, Sez. 6, numero 34107 del 15/06/2023, Ulhaq, Rv. 285157, richiamata nel provvedimento impugnato . 3.3. L'unica questione residua sarebbe, allora, se la inibizione dell'operatività dell'articolo 275, comma 2-bis, cod. proc. penumero da parte del divieto di cui all'articolo 284, comma 5-bis cod. proc. penumero valga soltanto quando il giudice ritenga, in base ad una valutazione ex ante, che all'esito del giudizio dovrà applicarsi una pena non superiore a tre anni limite al di sotto del quale la prima disposizione preclude il ricorso alla cautela detentiva , oppure se tale preclusione operi parimenti quando il giudizio di merito si sia già concluso e la pena in concreto irrogata non abbia raggiunto la soglia legislativa, come avvenuto nel caso di specie, a seguito della derubricazione del reato di spaccio in fatto lieve . 4. Il Collegio non ravvisa ragioni per escludere, in quest'ultima tipologia di casi, la validità del riferito e pacifico orientamento di questa Corte, che - come ricordato - reputa speciale la disposizione sul divieto assoluto di concessione di misura diversa da quella detentiva al condannato per evasione in quanto tale, prevalente sull'articolo 275, comma 2-bis, cod. proc. penumero Infatti, la circostanza che dal piano della valutazione prognostica della gravità del fatto si sia passati a quello, meno incerto, della sua concreta per quanto non definitiva constatazione non incide in alcun modo sul rapporto tra fattispecie processuali. Né in senso contrario depongono le allegazioni del ricorrente. Questi si limita ad asserire in modo invero alquanto generico la non derogabilità dell'articolo 275, comma 2-bis, cod. proc. penumero di per sé, in effetti, riferibile non solo alla fase applicativa ma anche a quella in cui sia già intervenuta condanna Sez. 5, numero 28360 del 04/06/2021, Quadrella, Rv. 281629 Sez. 4, numero 31430 del 17/03/2021, Nasraoui, Rv. 281837 Sez. 5, numero 4948 del 20/01/2021, Nikkoli, Rv. 280418 , senza tematizzane - come avrebbe dovuto - il rapporto tra tale disposizione e l'articolo 284, comma 5-bis cod. proc. penumero , che prevede, anch'esso, un divieto assoluto sebbene di segno contrario, fondando un giudizio di inaffidabilità del destinatario della misura sulla sua pregressa condotta trasgressiva evasione . 5. In conclusione, va pertanto affermato il principio di diritto per cui la presunzione relativa di inadeguatezza degli arresti domiciliari nei confronti del condannato per evasione, prevista dall'articolo 284, comma 5-bis, cod. proc. penumero , in quanto norma speciale, prevale sulla disposizione generale di cui all'articolo 275, comma 2-bis, secondo periodo, cod. proc. penumero , non soltanto quando il giudice ritiene che la pena irrogata non sarà superiore a tre anni, ma anche quando una pena inferiore a tale limite è già stata concretamente irrogata nel corso del giudizio. 6. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente alle spese ex articolo 616 cod. proc. penumero P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.