L’appaltatore vuole essere pagato? Deve provare di avere lavorato a regola d’arte

Ancora aperto il contenzioso relativo a fornitura e messa in opera di piante ornamentali. Si discute del pagamento, richiesto dall’appaltatore e rifiutato dal committente che lamenta la non corretta esecuzione dell’incarico.

Pomo della discordia è un contratto relativo a fornitura e messa in opera di piante ornamentali. A lavoro concluso, difatti, viene messa in dubbio la corretta esecuzione dell’incarico, con inevitabili conseguenze sul pagamento del corrispettivo pattuito in origine. Nello specifico, il titolare della ditta che aveva ordinato quelle piante ornamentali decide di agire per vie legali per ottenere dalla ditta che ha – non correttamente, a suo parere – realizzato l’incarico la restituzione di quasi 55mila euro, cioè quanto corrisposto per il lavoro, però «non completato», sempre a suo parere, poiché «alcune piante non erano attecchite». Dall’altro lato, invece, il titolare della ditta che ha eseguito l’incarico chiede ed ottiene dal giudice di merito un decreto ingiuntivo per percepire il saldo del pagamento per i lavori pattuiti. Tuttavia, in un secondo momento, accogliendo l’obiezione della controparte che ribadisce l’inesattezza delle prestazioni, il Tribunale revoca tale decreto ingiuntivo. In Appello, invece, la ditta che ha eseguito l’incarico ottiene una parziale vittoria, vedendo il cliente condannato a versare poco più di 17mila euro a titolo di saldo per le prestazioni svolte e consistite, come detto, in fornitura e messa in opera di piante ornamentali. Per i giudici di secondo grado, è da ritenere «risolto consensualmente dalle parti il contratto». Inoltre, pur «non essendo chiaro il contenuto delle obbligazioni contrattuali», è mancata «la prova di un comportamento colpevole dell’appaltatore» e, quindi, «il committente è tenuto a corrispondere il compenso per le opere eseguite dall’appaltatore». Per il titolare della ditta committente è, però, viziato il ragionamento seguito dai giudici d’Appello, poiché, innanzitutto, «essi, pur partendo dalla premessa che non è chiaro il contenuto delle obbligazioni poste a carico delle parti, lo hanno condannato al pagamento dell’intero prezzo per le prestazioni eseguite dall’appaltatore, senza verificare l’esistenza di un comportamento colpevole a suo carico». E, inoltre, «grava sull’appaltatore l’onere della prova del corretto adempimento», aggiunge il titolare della ditta committente, mentre, in questa vicenda, «la ditta appaltatrice non ha fornito la prova dell’adempimento della prestazione, né dell’impossibilità sopravvenuta della sua esecuzione». I Giudici della Cassazione ritengono fondate tali obiezioni. Ciò significa che il pagamento ottenuto in Appello dalla ditta appaltatrice va posto in discussione nuovamente davanti ai giudici di secondo grado che dovranno decidere tenendo conto delle osservazioni mosse dalla Suprema Corte. In premessa viene sottolineata la contraddizione presente nella pronuncia d’Appello, poiché i giudici, pur avendo ritenuto che non fosse chiaro il contenuto delle obbligazioni contrattuali assunte dalle parti, hanno affermato che non vi fosse la prova del comportamento colpevole dell’appaltatore, condannando perciò il committente al pagamento delle prestazioni eseguite dall’appaltatore. Ma le conclusioni dei giudici d’Appello «non sono coerenti con l’affermazione dell’assenza di chiarezza delle prestazioni perché, solo dopo l’individuazione dell’obbligo contrattuale, è possibile accertare se sussista o meno inadempimento», chiariscono gli Ermellini. Inoltre, «dette conclusioni si pongono in contrasto con il principio generale che governa il contratto con prestazioni corrispettive, principio secondo cui la parte che chiede in giudizio l’esecuzione della prestazione a lui dovuta non deve essere a sua volta inadempiente, ma deve offrire di eseguire la propria prestazione, se le prestazioni debbono essere eseguite contestualmente, ovvero deve dimostrare di avere esattamente adempiuto la propria obbligazione, se essa, come avviene per l’appaltatore, precede l’adempimento di pagamento del corrispettivo cui la controparte è tenuta». Più in generale, poi, «il creditore che agisce in giudizio, sia per l’adempimento del contratto sia per la risoluzione ed il risarcimento del danno, deve fornire la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto ed eventualmente del termine di scadenza , limitandosi ad allegare l’inadempimento della controparte, su cui incombe l’onere della dimostrazione del fatto estintivo costituito dall’adempimento», e «l’applicazione di tale principio al contratto di appalto – cui si estende la disciplina generale dell’inadempimento del contratto – comporta che l’appaltatore che agisca in giudizio per il pagamento del corrispettivo ha l’onere di provare di avere esattamente adempiuto la propria obbligazione, cioè di avere eseguito l’opera conformemente al contratto ed alle regole dell’arte, integrando tale adempimento il fatto costitutivo del diritto di credito oggetto della sua pretesa, con l’effetto che la sua domanda non può essere accolta nel caso in cui l’altra parte contesti il suo adempimento», come avvenuto in questa vicenda, in cui il committente ritiene «la prestazione non integralmente eseguita», come certificato anche, a suo parere, da «alcune piante non attecchite». A fronte di tale contestazione, «i giudici d’Appello avrebbero dovuto accertare se la prestazione dell’appaltatore fosse stata integralmente e correttamente eseguita e, solo in caso positivo, avrebbero potuto condannare il committente al pagamento del prezzo», precisano i magistrati di Cassazione. Invece, «i giudici d’appello hanno omesso di considerare che il committente ha eccepito l’inadempimento dell’appaltatore per inesattezza qualitativa e quantitativa della prestazione e, ribaltando l’onere della prova, hanno erroneamente condannato il committente al pagamento del prezzo», senza accertare l’esatto adempimento della prestazione da parte dell’appaltatore. I magistrati aggiungono poi che «nessuna delle parti ha chiesto la risoluzione del contratto, sicché non è applicabile il principio secondo cui, nel contratto d’appalto, il committente può rifiutare l’adempimento parziale oppure accettarlo e, anche se la parziale esecuzione del contratto sia tale da giustificarne la risoluzione, può trattenere la parte di manufatto realizzata e provvedere direttamente al suo completamento, essendo, poi, legittimato a chiedere in via giudiziale che il prezzo sia proporzionalmente diminuito e, in caso di colpa dell’appaltatore, anche il risarcimento del danno». Si rimette, dunque, in conclusione, nuovamente ai giudici d’Appello, i quali dovranno tenere conto anche della chiosa dei Giudici sintetizzata nel principio secondo cui «l’appaltatore, che agisca in giudizio per il pagamento del corrispettivo pattuito, ha l’onere di provare di avere esattamente adempiuto la propria obbligazione, cioè di avere eseguito l’opera conformemente al contratto ed alle regole dell’arte, integrando tale adempimento il fatto costitutivo del diritto di credito oggetto della sua pretesa».

Presidente Falaschi - Relatore Giannaccari Fatti di causa Il giudizio trae origine dalla domanda che B.R.L. ha proposto innanzi al Tribunale di Prato nei confronti di B.L. per chiedere la restituzione della somma di £ 54.680.000, che deduceva di aver corrisposto al convenuto per la fornitura e messa in opera di piante ornamentali, lamentando che il lavoro non era stato completato e che alcune piante non erano attecchite. A sua volta, B.L. ha chiesto al Presidente del Tribunale di Prato un decreto ingiuntivo per ottenere il saldo del pagamento per i medesimi lavori, producendo le relative fatture. Concesso il decreto ingiuntivo, B.R.L. ha proposto opposizione, sostenendo che le prestazioni non erano state eseguite. I procedimenti sono stati riuniti, e, sulla base della CTU, il Tribunale adito ha accolto l'opposizione proposta da B.R.L., revocando il decreto ingiuntivo opposto ha rigettato, altresì, le domande proposte dalle rispettive parti. La Corte d'appello di Firenze, in parziale accoglimento del gravame proposto da B.L., ha condannato B.R.L. al pagamento in favore dell'appellante della somma di € 17.016,87 a titolo di saldo per le prestazioni svolte. La Corte d'appello ha ritenuto risolto consensualmente dalle parti il contratto, che non fosse chiaro il contenuto delle obbligazioni contrattuali e, in difetto di prova di un comportamento colpevole dell'appaltatore, il committente era tenuto a corrispondere il compenso per le opere eseguite dall'appaltatore. Sulla base della CTU, che aveva determinato il valore delle opere eseguite in £ 147.114.757 e l'importo degli acconti corrisposti in £ 114.162,500, la somma dovuta all'appaltatore era pari alla differenza, determinata in € 17.016, 87. Per la cassazione della sentenza d'appello B.R.L. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sei motivi. B.L. ha resistito con controricorso Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell'articolo 380-bis.1 cod. proc. civ. In prossimità della camera di consiglio il ricorrente ha depositato memoria illustrativa. Ragioni della decisione Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e la falsa applicazione dell'articolo 132 c.p.c., in relazione all'articolo 360, comma 1, numero 3 c.p.c., per apparenza della motivazione, dalla quale non si evincerebbe l'iter logico della decisione. La Corte d'appello, pur partendo dalla premessa che non era chiaro il contenuto delle obbligazioni poste a carico delle parti, ha condannato il committente al pagamento dell'intero prezzo per le prestazioni eseguite dall'appaltatore, senza verificare l'esistenza di un comportamento colpevole a suo carico. La motivazione non consentirebbe, pertanto, di comprendere la fonte dell'obbligazione di pagamento posta a carico del committente. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia la violazione e la falsa applicazione degli articolo 116 c.p.c. e 229 c.p.c. e 2735 c.c., in relazione all'articolo 360, comma 1, numero 3 c.p.c. contrariamente a quanto affermato dalla Corte d'appello, il contenuto delle obbligazioni dell'appaltatore si evincerebbe dal ricorso per decreto ingiuntivo richiesto dall'appaltatore e dalle fatture allegate e pagate, mentre le fatture successive riguarderebbero mere maggiorazioni del prezzo. Con il terzo motivo di ricorso si deduce la violazione e la falsa applicazione degli articolo 116 c.p.c., 2697 c.c., 1453 c.c., 1176 c.c., in relazione all'articolo 360, comma 1, numero 3 c.p.c. la Corte d'appello avrebbe apoditticamente affermato che non vi era prova del comportamento colpevole dell'appaltatore, condannando il committente al pagamento dell'intera prestazione. La decisione sarebbe contraria al principio sull'onere della prova statuito dalle Sezioni Unite, con sentenza numero 13533/2001, in applicazione del quale, graverebbe sull'appaltatore l'onere della prova del corretto adempimento. Nel caso di specie, la ditta B.L. non avrebbe fornito la prova dell'adempimento della prestazione, né dell'impossibilità sopravvenuta della sua esecuzione. Con il quarto motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata per l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, con riferimento alle risultanze della CTU il ricorrente rileva che la CTU era stata svolta dopo oltre dieci anni dai fatti e non consentiva di accertare quali fossero con esattezza le prestazioni svolte dall'appaltatore. Con il quinto mezzo si deduce la violazione e la falsa applicazione dell'articolo 116 c.p.c., in relazione all'articolo 360, comma 1, numero 3 c.p.c., per avere la Corte d'appello travisato le risultanze della CTU. Il sesto motivo denuncia la violazione dell'articolo 132 c.p.c., in relazione all'articolo 360, comma 1, numero 4 c.p.c., per contraddittorietà della motivazione perché, a fronte di un adempimento parziale dell'appaltatore, sarebbe erronea la condanna del committente al pagamento integrale della prestazione. Il primo e terzo motivo, che per la loro connessione vanno esaminati congiuntamente, sono fondati. La Corte d'appello, con motivazione intrinsecamente contraddittoria, pur avendo ritenuto che non fosse chiaro il contenuto delle obbligazioni contrattuali assunte dalle parti, ha apoditticamente affermato che non vi fosse la prova del comportamento colpevole dell'appaltatore, condannando il committente al pagamento delle prestazioni eseguite dall'appaltatore. Le conclusioni della Corte d'appello non sono coerenti con l'affermazione dell'assenza di chiarezza delle prestazioni perché, solo dopo l'individuazione dell'obbligo contrattuale, è possibile accertare se sussista o meno inadempimento. Dette conclusioni si pongono, inoltre, in contrato con il principio generale che governa il contratto con prestazioni corrispettive, secondo cui la parte che chiede in giudizio l'esecuzione della prestazione a lui dovuta non deve essere a sua volta inadempiente, ma deve offrire di eseguire la propria prestazione, se le prestazioni debbono essere eseguite contestualmente, ovvero deve dimostrare di avere esattamente adempiuto la propria obbligazione, se essa, come avviene per l'appaltatore, precede l'adempimento di pagamento del corrispettivo cui la controparte è tenuta. Secondo l'insegnamento delle Sezioni Unite, il creditore che agisce in giudizio, sia per l'adempimento del contratto sia per la risoluzione ed il risarcimento del danno, deve fornire la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto ed eventualmente del termine di scadenza , limitandosi ad allegare l'inadempimento della controparte, su cui incombe l'onere della dimostrazione del fatto estintivo costituito dall'adempimento Cass., Sez. Unumero , 30/10/2001 numero 13533 . L'applicazione di tale principio al contratto di appalto - cui per giurisprudenza costante si estende la disciplina generale dell'inadempimento del contratto - comporta che l'appaltatore che agisca in giudizio per il pagamento del corrispettivo convenuto ha l'onere di provare di avere esattamente adempiuto la propria obbligazione, cioè di avere eseguito l'opera conformemente al contratto ed alle regole dell'arte, integrando tale adempimento il fatto costitutivo del diritto di credito oggetto della sua pretesa Cass., Sez. II, 13/02/2008 numero 3472 . Con l'effetto che la sua domanda non può essere accolta nel caso in cui l'altra parte contesti il suo adempimento, come avvenuto nel caso di specie, in cui il committente ha contestato che la prestazione non era stata integralmente eseguita e che alcune piante non erano attecchite. A fronte di tale contestazione, la Corte d'appello avrebbe dovuto accertare se la prestazione dell'appaltatore fosse stata integralmente e correttamente eseguita e, solo in caso positivo, avrebbe potuto condannare il committente al pagamento del prezzo. La Corte d'appello ha omesso di considerare che B.R.L. aveva eccepito l'inadempimento dell'appaltatore per inesattezza qualitativa e quantitativa della prestazione e, ribaltando l'onere della prova, ha erroneamente condannato il committente al pagamento del prezzo, senza accertare se la prestazione dell'appaltatore fosse stata adempiuta. Non è pertinente, ai fini dell'obbligo di pagamento del corrispettivo da parte del committente, il richiamo all'articolo 1181 c.c., secondo cui il creditore può rifiutare un adempimento parziale anche se la prestazione è divisibile nel caso di specie, nessuna delle parti ha chiesto la risoluzione del contratto, sicché non è applicabile il principio statuito da Cass., Sez. II, 17/02/2010 numero 3786, in forza del quale, nel contratto d'appalto, il committente può rifiutare l'adempimento parziale oppure accettarlo e, anche se la parziale esecuzione del contratto sia tale da giustificarne la risoluzione, può trattenere la parte di manufatto realizzata e provvedere direttamente al suo completamento, essendo, poi, legittimato a chiedere in via giudiziale che il prezzo sia proporzionalmente diminuito e, in caso di colpa dell'appaltatore, anche il risarcimento del danno. Il ricorso deve, pertanto, essere accolto con assorbimento dei restanti motivi. La sentenza impugnata va cassata con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d'appello di Firenze, in diversa composizione, che si atterrà al seguente principio di diritto “L'appaltatore che agisca in giudizio per il pagamento del corrispettivo pattuito ha l'onere di provare di avere esattamente adempiuto la propria obbligazione, cioè di avere eseguito l'opera conformemente al contratto ed alle regole dell'arte, integrando tale adempimento il fatto costitutivo del diritto di credito oggetto della sua pretesa”. Il giudice di rinvio regolerà le spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il primo e il terzo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d'appello di Firenze, in diversa composizione.