Per la terza sezione penale, la violazione dell’articolo 109 del d.lgs. numero 81/2008 ha natura di reato di pericolo presunto, il quale implica una valutazione complessiva della condotta criminosa, correlata alla lesione potenziale del bene giuridico tutelato, che prenda in esame tutte le peculiarità della fattispecie concreta in termini di possibile disvalore.
In data 20 ottobre 2023, il Tribunale di Bari condannava l'amministratore unico di una s.r.l alla pena di euro 1.200 di ammenda per violazione dell'articolo 109 del d.lgs. numero 81/2008, il quale impone misure di sicurezza nei cantieri edili. Nello specifico, veniva ritenuto responsabile di aver omesso di predisporre la recinzione di sicurezza dai lavori, in una zona del cantiere interessata da transito di pedoni. Avverso la decisione, l'imputato proponeva ricorso per cassazione, censurando, con unico motivo, la violazione di legge ed il connesso difetto di motivazione per avere il Tribunale escluso la causa di non punibilità ex articolo 131-bis c.p., sebbene il ricorrente avesse successivamente, provveduto ad apporre la specifica recinzione in contestazione. Secondo la prospettazione difensiva infatti, il giudice monocratico, in contrasto con quanto statuito dal d.lgs. numero 150 del 2022, non avrebbe tenuto in considerazione la condotta susseguente al reato. Inoltre, lamentava l'inadeguatezza della valutazione di alcuni elementi, a suo dire, rilevanti per il riconoscimento della causa di non punibilità, quali l'incensuratezza dell'imputato, la non abitualità della condotta e il rilievo per cui la ditta, pur lavorando da molti anni nel settore edilizio, non era mai incorsa in alcun tipo di sanzione. La Suprema Corte ritiene il ricorso infondato. Il Tribunale di Bari, secondo i giudici di legittimità, ha correttamente escluso la causa di non punibilità ex articolo 131-bis c.p., la quale richiede una valutazione complessiva delle modalità della condotta e dell'entità del pericolo, sulla base dei parametri forniti dall'articolo 133 c.p. Nel caso di specie, la sentenza di merito, di fronte ad una contravvenzione di pericolo, ha correttamente fatto emergere l'intensità del pericolo stesso posto in essere dalla contestata violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro. La Corte rileva che la natura di reato di pericolo presunto rivestita dalla contravvenzione in esame implica una valutazione complessiva della condotta criminosa, sulla base degli elementi indicati dal primo comma dell'articolo 133 c.p., correlata alla lesione potenziale del bene giuridico tutelato, che prenda in esame tutte le peculiarità della fattispecie concreta in termini di possibile disvalore. Disamina questa, proseguono, che è stata puntualmente effettuata dal giudice di merito il quale, rispetto ad un pericolo di grande intensità, ha ritenuto recessiva la condotta susseguente al reato, seppur valutata. Sul punto, il Supremo Consesso precisa che, «la condotta dell'imputato successiva alla commissione del reato, pur acquisendo rilievo, non potrà di per sé sola, rendere di particolare tenuità un'offesa che tale non era al momento del fatto, potendo essere valorizzata solo nell'ambito di un giudizio complessivo sull'entità dell'offesa recata, da effettuarsi alla stregua dei parametri di cui all'articolo 133 c.p. Possono essere apprezzata, a tal fine, i comportamenti successivi alla commissione del reato diretti alla riparazione, all'eliminazione delle sue conseguenze o, comunque, al ristoro dei danneggiati, a condizione che si riferiscano allo specifico fatto di reato commesso e non ad una generica attitudine al rispetto, da parte dell'imputato, del bene-interesse tutelato dalla norma penale». La Corte rileva che, conformemente a quanto previsto dalla riforma c.d. Cartabia nonché dalla legittimità consolidata in materia, «il Tribunale di Bari ha comparato l'elemento negativo rappresentato dalla pericolosità della condotta, e quello positivo, cioè la condotta susseguente al reato, ritenendo l'elemento negativo preponderante sull'elemento, seppur positivo, della condotta post-factum cosicché ha ritenuto di escludere, correttamente, la particolare tenuità della condotta».
Presidente Sarno - Relatore Andronio Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 20 ottobre 2023, il Tribunale di Bari, concesse le circostanze attenuanti generiche, ha condannato l'imputato alla pena di € 1.200,00 di ammenda, per il reato di cui all'articolo 109 del d.lgs. numero 81/2008, perché, in qualità di amministratore unico della ditta OMISSIS s.r.l., ometteva di predisporre la recinzione di sicurezza dai lavori in una zona del cantiere interessata da transito di pedoni. 2. Avverso la sentenza l'imputato, tramite difensore, ha proposto ricorso per cassazione, censurando, con un unico motivo di ricorso, la violazione di legge ed il connesso difetto di motivazione per avere il Tribunale escluso la causa di non punibilità ex articolo 131-bis cod. penumero , sebbene il ricorrente avesse provveduto ad apporre la specifica recinzione in contestazione. Secondo la prospettazione difensiva, infatti, il giudice monocratico - contrariamente a quanto statuito dal d.lgs. numero 150 del 2022 e dalla giurisprudenza di legittimità - avrebbe omesso di valutare il profilo della condotta susseguente al reato, astenendosi altresì dal considerare gli ulteriori elementi emergenti, nel caso di specie, a sostegno del riconoscimento della particolare tenuità del fatto, quali b l'incensuratezza dell'imputato c la non abitualità della condotta c nonché la circostanza che la ditta OMISSIS s.r.l., pur lavorando da molti anni nel settore edilizio, non sia mai incorsa in alcun tipo di sanzione. Trattandosi di un cantiere avente ad oggetto il rifacimento del manto stradale, sostiene peraltro il ricorrente che la mancata apposizione della recinzione, oggetto della contestazione, non avrebbe determinato alcuna situazione potenzialmente pericolosa per i pedoni che vi fossero transitati. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 1.1. Come correttamente rilevato anche dalla prospettazione difensiva, ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall'articolo 131-bis cod. penumero , il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa, che ha ad oggetto le modalità della condotta e l'esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell'articolo 133, primo comma, cod. penumero , richiedendosi una equilibrata considerazione di tutte le peculiarità della fattispecie concreta e non solo di quelle che attengono all'entità dell'aggressione del bene giuridico protetto Sez. U., numero 13681 del 25/02/2016, Rv. 266590 Sez. 7, numero 10481 del 19/01/2022 Rv. 283044 Sez. 6, numero 55107 del 08/11/2018, Rv. 274647 tanto sul fondamentale rilievo che il disvalore penale del fatto, per assegnare allo stesso l'attributo della particolare tenuità del fatto, dipende dalla concreta manifestazione del reato, che ne segna perciò il disvalore. Nel pervenire a tale conclusione, le Sezioni Unite hanno ritenuto illuminante il riferimento testuale, contenuto nell'articolo 131-bis cod. penumero , alle modalità della condotta, segno che la nuova normativa non si interessa tanto della condotta tipica, bensì ha riguardo alle forme di estrinsecazione del comportamento, anche in considerazione delle componenti soggettive della condotta stessa, al fine di valutarne complessivamente la gravità, l'entità del contrasto rispetto alla legge e conseguentemente il bisogno della pena. In altri termini, ai fini dell'applicazione della causa di non punibilità, occorre avere riguardo, secondo l'insegnamento delle Sezioni Unite, al fatto storico, alla situazione reale ed irripetibile costituita da tutti gli elementi di fatto concretamente realizzati dall'agente, non essendo in questione la conformità del fatto al tipo - atteso che la causa di non punibilità presuppone l'esistenza di un fatto conforme al tipo ed offensivo ma il cui grado di offesa sia particolarmente tenue, tanto da non richiedere necessità di pena - bensì l'entità del suo complessivo disvalore ciò che spiega il riferimento alla connotazione storica della condotta nella sua componente oggettiva e soggettiva. Quanto, invece, alla condotta dell'imputato susseguente al reato, giova precisare che - premessa l'applicabilità della causa di non punibilità ex articolo 131-bis cod. penumero , nella formulazione novellata dall'articolo 1, comma 1, lettera c , numero 1 , del d.lgs. numero 150 del 10 ottobre 2022, anche ai fatti commessi prima del 30 dicembre 2022, laddove consente al giudice di tenere conto della condotta del reo successiva alla commissione del reato Sez. 1, numero 30515 del 02/05/2023, Rv. 284975 - la condotta dell'imputato successiva alla commissione del reato è deducibile per la prima volta nel giudizio di legittimità, a condizione che non sia stata prospettata con l'atto di impugnazione o nel corso del giudizio d'appello, sicché la Corte di cassazione, apprezzando la circostanza sopravvenuta nell'ambito del complessivo giudizio sull'entità dell'offesa, può ritenere sussistente l'esimente nel solo caso in cui non siano immediatamente rilevabili dagli atti i presupposti per la sua applicazione e non siano necessari ulteriori accertamenti fattuali Sez. 2, numero 396 del 17/11/2023, dep. 2024, Rv. 285726 . Deve, però, precisarsi che la condotta dell'imputato successiva alla commissione del reato, pur acquisendo rilievo, non potrà di per sé sola, rendere di particolare tenuità un'offesa che tale non era al momento del fatto, potendo essere valorizzata solo nell'ambito del giudizio complessivo sull'entità dell'offesa recata, da effettuarsi alla stregua dei parametri di cui all'articolo 133, comma primo, cod. penumero Sez. 3, numero 18029 del 04/04/2023, Rv. 284497 . In particolare, possono essere apprezzati a tal fine i comportamenti successivi alla commissione del reato diretti alla riparazione, all'eliminazione delle sue conseguenze o, comunque, al ristoro dei danneggiati, a condizione che si riferiscano allo specifico fatto di reato commesso e non ad una generica attitudine al rispetto, da parte dell'imputato, del bene-interesse tutelato dalla norma penale Sez. 3, 18369 del 12/01/2024 . 1.2. Fatte queste premesse, ritiene il Collegio che, nel caso di specie, la sentenza del Tribunale, di fronte ad una contravvenzione di pericolo, abbia correttamente fatto emergere l'intensità del pericolo posto in essere dalla contestata violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro, non estinta per il mancato pagamento della relativa sanzione amministrativa ai sensi dell'articolo 21 del d.lgs. numero 758 del 1994 se il pagamento dell'oblazione, cui il contravventore viene ammesso a seguito dell'eliminazione della violazione in conformità alle prescrizioni impartite dallo stesso ispettorato del lavoro che ha contestato l'irregolarità, configura una causa di estinzione del reato, così come previsto dall'articolo 21 del d.lgs. numero 758 del 1994, ne consegue, del resto, che il mancato pagamento della somma prescritta in sede amministrativa non elimina, per effetto del successivo adempimento, la contravvenzione già perfezionatasi in tutti i suoi elementi costitutivi al momento della constatazione. Ebbene, la natura di reato di pericolo presunto rivestita dalla contravvenzione in esame implica una valutazione complessiva della condotta criminosa, sulla base degli elementi indicati dal primo comma dell'articolo 133 cod. penumero , correlata alla lesione potenziale del bene giuridico tutelato dalla norma penale, che prenda in esame tutte le peculiarità della fattispecie concreta in termini di possibile disvalore. Disamina questa che è stata puntualmente effettuata dal giudice di merito il quale, rispetto ad un pericolo ritenuto di grande intensità - senza che ciò venisse peraltro specificamente contestato dal ricorrente - ha ritenuto recessiva la condotta susseguente al reato, seppur valutata. Conformemente a quanto previsto dalla riforma introdotta dal d.lgs. numero 150 del 2022 e dalla giurisprudenza di legittimità consolidatasi in materia, il Tribunale di Bari ha, cioè, comparato l'elemento negativo - la pericolosità della condotta - e quello positivo - la condotta susseguente al reato - ed in questa comparazione ha ritenuto, in assenza di specifica contestazione sul punto, che l'elemento negativo fosse preponderante sull'elemento, sia pur positivo, della condotta post-factum, di talché correttamente ha ritenuto di escludere, sia pur con motivazione succinta, la particolare tenuità della condotta. 2. Alla luce di tali complessivi rilievi, il ricorso deve essere rigettato. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.