Responsabile l’amministratore che omette le misure necessarie alla cura degli interessi sociali

Con l’ordinanza in esame, la Cassazione ha escluso che il principio di insindacabilità del merito delle scelte gestionali cd. business judgement rule mandi immune l’amministratore se il suo comportamento, pur non essendo contrario alla legge o allo statuto, si dimostri, a cura della società, contrario ai doveri di diligenza previsti dall’articolo 2392 c.c.

Il caso La vicenda trae origine dall'opposizione proposta da una società immobiliare avverso il decretoingiuntivo richiesto da un professionista per il pagamento di compensi professionali a lui spettanti in conseguenza di prestazioni rese in forza di incarico conferito dalla società, ma da quest'ultima contestati essendo stata sprovvista l'amministratrice dei poteri di rappresentanza al momento del conferimento del mandato. La società opponente, in via riconvenzionale, aveva chiesto la condanna del professionista al risarcimento dei danni per mala gestio, sostenendo che quest'ultimo aveva omesso di mettereafrutto gli immobili della società e li avesse utilizzati a finipersonali, allegando che tale condotta le avesse arrecato un danno costituito dalla mancatapercezione dei canoni di locazione. Le argomentazioni della Cassazione La Corte ha affrontato con l'ordinanza il tema della distribuzione dell'onere della prova riferito a due aspetti della vicenda processuale In primo luogo , sul tema dell'onere probatorio e cioè del soggetto sul quale incombeva l'onere di dimostrare la inefficacia del documento mandato , la Corte ha confermato la decisione della Corte d'appello e ha rigettato il mezzo di gravame operando, però, ai sensi dell'articolo 384 c.p.c., una correzione della motivazione. La Corte ha ritenuto corretta in diritto la decisione di rigetto ma sulla base di un diverso iter motivazionale. Ha, infatti, affermato che sul soggettorappresentato la società , non coinvolto dal regime probatorio dell'articolo 2704 c.c., incombe l'onere di provare che la scrittura privata sia stata perfezionata dopo la perdita dei poterirappresentativi. Il rappresentato, ha sostenuto la Corte, dando continuità ai precedenti Cass. numero 4099/2016 Cass. numero 10742/2009 Cass. numero 15861/2000 , non diviene terzo rispetto al contratto concluso a suo nome sol perché ne eccepisca la conclusione dopo la revoca della procura e non può trasferire alle altre parti l'onere di provare che il contratto sia stato concluso prima della revoca della procura. In secondo luogo , la Corte ha accolto le ragioni della società ricorrente, limitatamente alla domanda riconvenzionale proposta per pretesa mala gestio, riaffermando il principio di diritto della recente sentenza numero 8069/2023, in materia di responsabilità dell'amministratore per i danni cagionati alla societàamministrata, della inapplicabilità del principio della insindacabilità del merito delle scelte di gestione cd. business judgement rule in presenza di irragionevolezza, imprudenza o arbitrarietà palese dell'iniziativa economica. Dalla sentenza sono enucleabili i seguenti principi l'azione di responsabilità sociale contro amministratori e sindaci ha natura contrattuale, di guisa che incombe sulla società l'onere di dimostrare il nesso di causalità tra la violazione contestata ed il danno conseguente, mentre incombe sugli amministratori e sindaci l'onere di fornire la prova positiva, relativamente agli addebiti contestati, della osservanza dei doveri e degli adempimenti loro incombenti il secondo principio costituisce il nucleo centrale del decisus. Esistono obblighi di legge e statutari nonché doveri di diligenza e di lealtà ai quali amministratori e sindaci devono conformarsi, pena l'integrazione dell'illecito in caso di violazione di uno di tali doveri. ​ Vale a dire che, se i comportamenti contestati non siano contrari allo Statuto o non siano vietati dalla legge, possono ugualmente ritenersi integranti le violazioni dei doveri di lealtà non agire in conflitto di interessi con la società o di diligenza adozione delle misure necessarie alla cura degli interessi societari . La violazione di questi doveri è idonea ad integrare l'illecito e, in questo caso, l'onere della prova a carico della società è rafforzato non è sufficiente dimostrare il compimento dell'atto ma occorre indagare gli elementi dai quali possa trasparire la violazione di quei doveri. Con riferimento al caso di specie, quindi, la Corte ha richiamato l'onere dell'attore di specificare gli indici che identificano la violazione dei doveri in oggetto e definiti dall'articolo 2392 c.c. per un refuso è indicato l'articolo 2932 . Il vizio della sentenza di merito sta nell'aver isolato la ratio decidendi all'insindacabilità delle scelte gestionali dell'amministratore, mentre il thema decidendum andava esteso all'accertamento che quelle scelte non avessero contraddetto i doveri di diligenza, la cui adozione avrebbe assicurato alla società la locazione a terzi degli immobili e la riscossione dei canoni, piuttosto dell'utilizzo gratuito. Consegue, nella ricostruzione teoretica della Corte, che, a fronte dell'allegazione della società che l'inerzia dell'amministratore avesse determinato la mancata percezione dei canoni, l'amministratore non si sarebbe potuto limitare ad affermare l'insindacabilità delle proprie sceltegestionali, anche se contrarie ai principi di ragionevolezza, prudenza ed equità. L'omesso approfondimento delle predette circostanze utilizzo personale degli immobili , ha portato alla cassazione con rinvio per il riesame del quadro probatorio e all'enunciazione del principio di diritto secondo il quale, in ordine ai comportamenti degli amministratori che la società reputi assunti senza l'adozione di tutte le misure necessarie alla cura degli interessi sociali a lui affidati, «l'attore ha l'onere di provare tutti gli elementi di fatto dai quali è possibile dedurre la violazione dell'obbligo di lealtà e di diligenza».

Presidente Manna – Relatore Giannaccari Fatti di causa 1. La OMISSIS s.r.l. ha proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Milano, con cui le era stato ingiunto il pagamento della somma di € 31.775,66 in favore dell'ing. L.C.A.M.G.G. a titolo di compenso per l'attività di progettazione e di direzione dei lavori relativa a due immobili siti in Milano di proprietà della società attrice. 1.2. Si è costituita la OMISSIS s.r.l. per resistere alla domanda e, in via riconvenzionale, ha chiesto la condanna di L.C.A.M.G.G. a titolo di risarcimento dei danni per mala gestio, nella sua veste di amministratore della società. 1.3. Il Tribunale ha rigettato l'opposizione. 1.4. La Corte d'appello di Milano, con sentenza del 17.8.2018, ha confermato la decisione di primo grado. 1.5. Per quel che ancora rileva in questa sede, la Corte d'appello ha fondato la decisione sugli atti di conferimento di incarico a L.C.A.M.G.G. da parte dell'amministratrice M.D.B., moglie di L.C.A.M.G.G., sulle quietanze di pagamento e sugli atti ricognitivi del debito, ritenendo generico il disconoscimento da parte della società perché non investiva l'autenticità della firma. La Corte di merito ha osservato che l'incarico era stato conferito su carta intestata alla società, recante il timbro della OMISSIS s.r.l., che riportava le date in cui M.D.B. era amministratrice della società, a nulla rilevando che il debito non fosse iscritto in bilancio inoltre, L.C.A.M.G.G. aveva dato prova di aver eseguito le prestazioni attraverso la denuncia di inizio attività e la relazione di asseveramento. 1.6. La Corte distrettuale ha rigettato l'eccezione di prescrizione proposta dalla OMISSIS s.r.l., sul rilievo che se ne era verificata l'interruzione per effetto del riconoscimento del debito, ed ha ritenuto che la situazione relativa all'esistenza di un conflitto di interesse era rimasta priva di prova. 1.7. Infondata era la domanda di accertamento della responsabilità dell'amministratore L.C.A.M.G.G. per non aver messo a frutto gli immobili della società, domanda rimasta sfornita di prova, né era ammissibile la nomina di un CTU, che avrebbe avuto un carattere meramente esplorativo. 2. La OMISSIS s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d'appello sulla base di undici motivi. 2.1. L.C.A.M.G.G. ha resistito con controricorso. 2.2. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell'articolo 380-bis.1 cod. proc. civ. 2.3. In prossimità della camera di consiglio, le parti hanno depositato memorie illustrative. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 112 c.p.c. e dell'articolo 132 c.p.c., in relazione all'articolo 360, comma 1, numero 4 c.p.c., per omessa pronuncia o omessa motivazione sul primo motivo di appello, con il quale aveva censurato la violazione della regola dell'onere della prova, citando il principio affermato dalle Sezioni Unite con sentenza del 3.5.2015 numero 11377 la società ricorrente sostiene che, rivestendo la deduzione di inefficacia del contratto sottoscritto dal falsus procurator una mera difesa e non un'eccezione in senso stretto, spetterebbe al terzo che ha contrattato con il soggetto falsamente rappresentato dimostrare la sussistenza del potere rappresentativo. Nel caso di specie, la OMISSIS s.r.l. avrebbe provato che M.D.B. non era amministratrice della società al momento del conferimento dell'incarico a L.C.A.M.G.G., come si evincerebbe dall'assenza di specifici crediti nei suoi confronti riportati nelle scritture contabili e nel bilancio, nonché dalle modalità di scambio della documentazione, avvenuta a mani e priva di data. 2. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione dell'articolo 2697 c.c., in relazione all'articolo 360, comma 1, numero 3 c.p.c., perché, a fronte dell'eccezione relativa all'assenza del potere rappresentativo di M.D.B., l'onere di provare il potere rappresentativo della medesima graverebbe su L.C.A.M.G.G., trattandosi di un elemento costitutivo della sua pretesa creditoria. 3. Con il terzo motivo di ricorso, si denuncia la violazione degli articolo 2727 e 2729 c.c., in relazione all'articolo 360, comma 1, numero 3 c.p.c., per avere la Corte d'appello valorizzato fatti noti privi di rilievo indiziario omettendo di considerare fatti noti caratterizzati da gravità, precisione e concordanza in subordine, la sentenza sarebbe affetta dal vizio di omesso esame di un fatto decisivo rilevante, ex articolo 360, comma 1, numero 5 c.p.c. e per violazione dell'articolo 132 c.p.c., in relazione all'articolo 360, comma 1, numero 4 c.p.c. Priva di rilevanza, secondo la Corte d'appello, sarebbe la presenza del timbro e della carta intestata della OMISSIS s.r.l. per risalire alla prova dell'esistenza del potere rappresentativo di M.D.B., in quanto chiunque avrebbe potuto appropriarsi di timbri e targhe della società. Inoltre, sarebbe decisiva la circostanza che i crediti di L.C.A.M.G.G. non erano riportati nelle scritture contabili e che i documenti non avessero data certa, rendendo apparente la motivazione della sentenza impugnata. 4. Con il quinto motivo di ricorso, si deduce la violazione degli articolo 2377, 2730, e 2735 c.c., in relazione all'articolo 360, comma 1, numero 3 c.p.c., perché la Corte d'appello avrebbe errato nel ritenere provato il credito di L.C.A.M.G.G., seppure nelle scritture contabili della società e nei bilanci d'esercizio “non vi fosse traccia dei debiti oggi vantati”. 5. I motivi, che per la loro connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati, seppure sulla base di una diversa motivazione. 5.1. La Corte di merito ha posto a carico di L.C.A.M.G.G. l'onere di provare che l'incarico era stato conferito dall'amministratrice della società, nella persona del coniuge M.D.B. all'epoca in cui la predetta rivestiva tale incarico ha, pertanto, attribuito rilevanza alla documentazione attestante il conferimento dell'incarico al coniuge, avente valore ricognitivo del debito, rilevando che era generico il disconoscimento della scrittura da parte della OMISSIS s.r.l. 5.2. Il riparto dell'onere probatorio è errato ma, essendo il dispositivo conforme al diritto, va disposta la correzione della motivazione, ai sensi dell'articolo 384, ult. comma c.p.c. 5.3. Come affermato da questa Corte, il rappresentato non diviene terzo rispetto al contratto stipulato a suo nome e per suo conto solo perché ne eccepisca la conclusione dopo la revoca della procura, e non può avvalersi, quindi, dell'articolo 2704 c.c. per riversare sulle altre parti l'onere di provare che il contratto si è perfezionato nella data indicata e prima della suddetta revoca o della perdita dei poteri rappresentativi ne consegue che la società a nome della quale sia stata sottoscritta una scrittura che neghi l'opponibilità del documento nei suoi confronti, sostenendo che è stato redatto in data successiva a quella che figura apposta e quando il sottoscrittore era decaduto dalla carica di amministratore, è tenuta a fornire la prova della non veridicità della data apposta rimanendo, in difetto, vincolata dalla predetta indicazione Cassazione civile sez. lav., 02/03/2016, numero 4099 Cassazione civile sez. III, 11/05/2009, numero 10742 Cassazione civile sez. III, 15/12/2000, numero 15861 . 5.4. In applicazione di tali principi, era onere della OMISSIS s.r.l. dimostrare che la manifestazione di volontà dell'amministratrice M.D.B. era avvenuta dopo la perdita del potere rappresentativo, mentre la sentenza impugnata ha posto tale onere a carico del terzo. 5.5. La decisione è, in ogni caso, corretta, in quanto la Corte d'appello è pervenuta allo stesso risultato, ritenendo sussistente il potere rappresentativo del legale rappresentante al momento del conferimento dell'incarico a tali conclusioni è giunta sulla base della valutazione degli atti di conferimento di incarico a L.C.A.M.G.G. da parte del legale rappresentante della società su carta intestata alla società, recante il timbro della OMISSIS s.r.l. nelle date in cui M.D.B. era amministratrice della società. 5.6. Quanto alla circostanza che il debito nei confronti di L.C.A.M.G.G. non fosse iscritto in bilancio, va osservato che i libri e le altre scritture contabili delle imprese soggette a registrazione fanno prova contro l'imprenditore in ordine alle prestazioni ed ai rapporti che positivamente risultano dalle scritture Cass. Civ., Sez. I, 6.2.2009, numero 2995 , mentre non sono in grado di provare l'intero insieme dei rapporti intercorsi con le altre parti, né di provare l'inesistenza di altre prestazioni Cass. Civ., Sez. I, 23.10.2018, numero 26874 Cassazione civile sez. II, 12/07/2004, numero 12825 Cass. Civ., Sez. I, 6.2.2009, numero 2995 . Nel caso di specie, la Corte di merito ha accertato che le scritture con il quale era stato conferito l'incarico al professionista erano state sottoscritte dal legale rappresentante della società nella vigenza del potere rappresentativo e che L.C.A.M.G.G. aveva dato prova di aver eseguito le prestazioni attraverso la denuncia di inizio attività e la relazione di asseveramento delle opere. Si tratta di accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimità e di motivazione che si sottrae sia al vizio di cui all'articolo 132, numero 4 c.p.c., sia alla censura di omesso esame di fatti decisivi del giudizio sulle cui nozioni, cfr. Cass. Sez. Unite, numero 8053/2014 invero, le censure svolte manifestano una critica alla valutazione delle risultanze istruttorie, prerogativa quest'ultima del giudice di merito. 6. La ratio decidendi adottata dal collegio implica l'assorbimento del terzo motivo limitatamente alla parte in cui si censura il ragionamento inferenziale circa la prova del potere rappresentativo del legale rappresentante della società del quarto motivo con cui si denunzia la decisione della Corte in ordine alla contestazione dei pagamenti parziali del sesto motivo di ricorso con cui è stata denunciata la violazione degli articolo 214 e 215 c.p.c. in relazione all'articolo 360 numero 3 e numero 4, nella parte in cui è stata ritenuta sussistente la titolarità attiva del rapporto in capo a L.C.A.M.G.G. sulla base di documenti disconosciuti del settimo motivo di ricorso con cui si contestano l'interruzione della prescrizione da parte di un soggetto che, all'epoca dei fatti non rivestirebbe il ruolo di amministratore della società e sarebbe in conflitto di interessi con il professionista cui era affidato l'incarico, stante il rapporto di coniugio . 7. Con l'ottavo motivo di ricorso, si deduce la violazione degli articolo 1394 c.c. e 2475 ter c.c., in relazione all'articolo 360 numero 3 c.p.c., per non avere la Corte d'appello rilevato l'esistenza di un conflitto di interessi tra il legale rappresentante della OMISSIS s.r.l. ed il professionista, atteso il vincolo di coniugio tra i medesimi. 8. Con il nono motivo di ricorso, si deduce la violazione dell'articolo 2476 c.c. e dell'articolo 2697 c.c., in relazione all'articolo 360, comma 1, numero 3 c.p.c, oltre all'omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, per avere la Corte d'appello rigettato la domanda riconvenzionale proposta dalla OMISSIS s.r.l. per pretesa mala gestio da parte del consigliere di amministrazione L.C.A.M.G.G., il quale avrebbe omesso di mettere a frutto gli immobili della società e li avrebbe utilizzati a fini personali. La società avrebbe allegato e provato l'inadempimento dell'amministratore, mentre L.C.A.M.G.G. non avrebbe provato di essersi attivato per mettere a frutto l'immobile, né avrebbe dimostrato di trovarsi nell'impossibilità di farlo, secondo la ripartizione della prova in materia contrattuale. L'inerzia dell'amministratore avrebbe causato un danno alla società, che aveva come oggetto sociale la gestione indiretta degli immobili, che negli anni precedenti erano stati locati, producendo un ricavo per la società. 9. Con il decimo motivo di ricorso, si deduce la violazione degli articolo 61 c.p.c. e 191 c.p.c., in relazione all'articolo 360 numero 4 c.p.c., la violazione dell'articolo 132, comma 1, numero 4 c.p.c., per motivazione apparente e per la mancata ammissione della CTU, che aveva il solo scopo di corroborare la prova documentale sulla redditività degli immobili. 10. Con l'undicesimo motivo di ricorso, si deduce la violazione dell'articolo 183, comma 7, c.p.c. in relazione all'articolo 360, comma 1, numero 3 e 4 c.p.c., perché la Corte d'appello non avrebbe ammesso il capitolo di prova concernente l'uso che degli uffici di via Lamarmora faceva la coniuge di L.C.A.M.G.G 11. Il nono motivo è fondato, con assorbimento dei restanti. 11.1. Come è noto, all'amministratore di una società non può essere imputato, a titolo di responsabilità, di aver compiuto scelte inopportune dal punto di vista economico, atteso che una tale valutazione attiene alla discrezionalità imprenditoriale e può eventualmente rilevare come giusta causa di sua revoca, ma non come fonte di responsabilità contrattuale nei confronti della società ne consegue che il giudizio sulla diligenza dell'amministratore nell'adempimento del proprio mandato non può mai investire le scelte di gestione o le modalità e circostanze di tali scelte, anche se presentino profili di rilevante alea economica, ma solo la diligenza mostrata nell'apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all'operazione da intraprendere, e quindi, l'eventuale omissione di quelle cautele, verifiche e informazioni normalmente richieste l'adempimento dei suo doveri sociali previsti dall'articolo 2392 c.c. Cass. 12.2.2013, numero 3409 Cass.2.2.2015, numero 1783 Cass. 22.6.2017, numero 15470 . 11.2. L'azione di responsabilità sociale promossa contro amministratori e sindaci di società di capitali ha natura contrattuale, il che comporta che la società ha l'onere di dimostrare la sussistenza delle violazioni ed il nesso di causalità fra queste ed il danno verificatosi, mentre incombe sugli amministratori e sindaci l'onere di dimostrare la non imputabilità del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli addebiti contestati, dell'osservanza dei doveri e dell'adempimento degli obblighi loro Cassazione civile sez. I, 07/02/2020, numero 2975 Cass. 31.8.2016, numero 17441 Cass. 11.11.2010, numero 22911 . 11.3. Questa Corte ha affermato, sul tema dell'onere probatorio che, ove i comportamenti degli amministratori che si assumono illeciti non siano in sé vietati dalla legge o dallo statuto e l'obbligo di astenersi dal porli in essere discenda dal dovere di lealtà, coincidente col precetto di non agire in conflitto di interessi con la società amministrata, o dal dovere di diligenza, consistente nell'adottare tutte le misure necessarie alla cura degli interessi sociali a lui affidati, l'illecito è integrato dal compimento dell'atto in violazione di uno dei menzionati doveri. In tal caso, l'onere della prova da parte della società non si esaurisce nella dimostrazione dell'atto compiuto dall'amministratore, ma investe una serie di elementi dai quali è possibile dedurre che lo stesso implica violazione del dovere di lealtà o di diligenza. Il contenuto di siffatti obblighi di carattere generale può specificarsi solo con riferimento alle circostanze del caso concreto pertanto, in relazione alla mancata osservanza, da parte dell'amministratore, dell'obbligo di diligenza, chi agisce in giudizio deve dare dimostrazione di una serie di indici dai quali è possibile inferire la violazione del predetto dovere, che è definito dall'articolo 2932 c.c. Cassazione civile sez. I, 09/11/2020, numero 25056 Cassazione civile sez. I, 07/02/2020, numero 2975 . 11.4. Recentemente, questa Corte ha affermato che, in tema di responsabilità dell'amministratore per i danni cagionati alla società amministrata, il principio della insindacabilità del merito delle scelte di gestione cd. business judgement rule, non si applica in presenza di irragionevolezza, imprudenza o arbitrarietà palese dell'iniziativa economica Cassazione civile sez. I, 25/03/2024, numero 8069 . 11.5. A tali principi di diritto non si è uniformata la Corte di merito, che si è limitata ad affermare l'insindacabilità delle scelte gestionali dell'amministratore, senza verificare se il non essersi attivato per concedere in locazione gli immobili della società, utilizzandoli gratuitamente, costituisse violazione del dovere di diligenza. 11.6. La società attrice aveva allegato che L.C.A.M.G.G. era rimasto inerte e non aveva a messo a frutto gli immobili e che tale comportamento aveva arrecato un danno costituito dalla mancata percezione dei canoni di locazione, considerato che si trattava di una società immobiliare, il cui scopo sociale è la reddittività degli immobili. 11.7. A fronte di tale condotta inerte, era onere dell'amministratore dimostrare le ragioni di tale scelta gestionale, non essendo legittimo opporre una scelta arbitraria, che, appare prima facie, irrazionale ed implausibile rispetto all'oggetto sociale. 11.8. La Corte di merito ha errato non solo nella ripartizione dell'onere probatorio ma, altresì, nell'affermare l'assoluta insindacabilità delle scelte gestionali anche nell'ipotesi in cui siano contrarie a principi di irragionevolezza, imprudenza o arbitrarietà. E' stato omesso qualsiasi approfondimento in ordine all'utilizzo personale di tali immobili da parte dell'amministratore, al fine di stabilire se si trattasse di scelta gestionale prudente in considerazione dell'oggetto sociale della società. 11.9. Ne consegue l'accoglimento del ricorso, con rinvio alla Corte d'appello di Milano in diversa composizione che applicherà il seguente principio di diritto “Qualora i comportamenti degli amministratori che si assumono illeciti non siano vietati dalla legge o dallo statuto, la condotta dell'amministratore è illegittima se omette di adottare tutte le misure necessarie alla cura degli interessi sociali a lui affidati in tal caso l'attore ha l'onere di provare tutti gli elementi di fatto dai quali è possibile dedurre la violazione dell'obbligo di lealtà e di diligenza”. Il giudice del rinvio regolerà le spese del giudizio di legittimità. Sono assorbiti i restanti motivi. P.Q.M. accoglie il nono motivo di ricorso, rigetta il primo, secondo, terzo e quinto motivo, dichiara assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d'Appello di Milano in diversa composizione.