Booking.com, vincoli ai prezzi degli hotel: a rischio la concorrenza

Per la Corte UE, tuttavia, le clausole di parità sulla tariffa non possono essere generalmente considerate come restrizioni accessorie ai fini del diritto della concorrenza.

Secondo una recente sentenza della Corte UE, le restrizioni sui prezzi degli hotel imposte da Booking.com potrebbero ostacolare la concorrenza tra diverse piattaforme di prenotazione alberghiera. Queste restrizioni, infatti, comportano il rischio di escludere dal mercato sia le piccole che le nuove piattaforme. Tuttavia, la Corte Ue ha chiarito che, in linea di principio, le clausole di parità non possono essere considerate come restrizioni accessorie ai fini del diritto europeo della concorrenza. Ricapitolando Booking.com, società con sede ad Amsterdam, offre un servizio globale di intermediazione online per le prenotazioni alberghiere le strutture alberghiere, a loro volta, pagano una commissione per ogni prenotazione effettuata tramite la piattaforma. Nonostante sia consentito alle strutture utilizzare altri canali di vendita, queste ultime non possono offrire tariffe più basse rispetto a quelle proposte su Booking.com. Le clausole di parità, inizialmente applicate sia ai canali di vendita interni degli alberghi che a quelli esterni, dal 2015 vietano unicamente di offrire pernottamenti a prezzo inferiore mediante i propri canali di vendita. Queste clausole sono state oggetto di contestazione da parte dei giudici tedeschi, che le hanno ritenute in contrasto con il diritto europeo della concorrenza. Il Tribunale di Amsterdam ha quindi deciso di sottoporre alla Corte di Giustizia alcune questioni pregiudiziali riguardo alla compatibilità delle clausole di parità con il diritto europeo in materia di concorrenza. Nella decisione la Corte ha sottolineato l'effetto neutro o addirittura positivo che i servizi di prenotazione online, come quello offerto da Booking.com, hanno avuto sulla concorrenza. Tali piattaforme permettono infatti ai consumatori di accedere a un'ampia gamma di offerte e ai proprietari di strutture di avere una maggiore visibilità. Tuttavia, le clausole di parità sono state ritenute non necessarie e non proporzionate al loro obiettivo, in quanto possono ridurre la concorrenza e mettere a rischio la presenza sul mercato delle piccole e nuove piattaforme. Infine, la Commissione europea ha designato Booking come gatekeeper nel settore dell'intermediazione online, ai sensi del Digital Markets Act. Booking Holdings ha espresso disappunto per la sentenza, sostenendo che le clausole di parità precedentemente esistenti in Germania erano proporzionate e necessarie, operando la società in un mercato competitivo.

Sentenza La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull'interpretazione dell'articolo 101 TFUE e del regolamento UE numero  330/2010 della Commissione, del 20 aprile 2010, relativo all'applicazione dell'articolo 101, paragrafo 3, [TFUE] a categorie di accordi verticali e pratiche concordate GU 2010, L 102, pag. 1 . 2        Tale domanda è stata presentata nell'ambito di una controversia tra, da un lato, Booking.com BV e Booking.com Deutschland GmbH in prosieguo, congiuntamente «Booking.com» e, dall'altro, la 25hours Hotel Company Berlin GmbH e altre 62 strutture alberghiere situate in Germania, in merito alla validità, alla luce dell'articolo 101 TFUE, delle clausole di parità della tariffa utilizzate da Booking.com nei contratti stipulati con tali esercizi.  Contesto normativo  Il regolamento CE  numero  1/2003 3        L'articolo 11 del regolamento CE numero  1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l'applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101 e 102 TFUE] GU 2003, L 1, pag. 1 , intitolato «Cooperazione fra la Commissione e le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri», prevede «1.      La Commissione e le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri applicano le regole di concorrenza [del diritto dell'Unione] in stretta collaborazione. 5.      Le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri possono consultare la Commissione su qualsiasi caso che implichi l'applicazione del diritto [dell'Unione]. ».  Il regolamento numero  330/2010 4        Conformemente al suo articolo 10, secondo comma, il regolamento numero  330/2010 è scaduto il 31 maggio 2022. 5        I considerando 5 e 9 di tale regolamento enunciavano quanto segue « 5       Il beneficio dell'esenzione per categoria di cui al presente regolamento deve essere limitato agli accordi verticali per i quali si può presupporre con sufficiente certezza la conformità alle condizioni di cui all'articolo 101, paragrafo 3, [TFUE]. 9       Qualora la quota di mercato superi la soglia del 30%, non è possibile presumere che gli accordi verticali che ricadono nell'ambito di applicazione dell'articolo 101, paragrafo 1, [TFUE] implichino generalmente vantaggi oggettivi di natura ed ampiezza tali da compensare gli svantaggi che determinano sotto il profilo della concorrenza. Al tempo stesso, non è possibile nemmeno presumere che tali accordi verticali rientrino nel campo di applicazione dell'articolo 101, paragrafo 1, [TFUE] o che non soddisfino le condizioni di cui al paragrafo 3 di detto articolo». 6        Ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 1, lettera a di tale regolamento «Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni a       per “accordi verticali” si intendono gli accordi o le pratiche concordate conclusi tra due o più imprese, operanti ciascuna, ai fini dell'accordo o della pratica concordata, ad un livello differente della catena di produzione o di distribuzione, e che si riferiscono alle condizioni in base alle quali le parti possono acquistare, vendere o rivendere determinati beni o servizi». 7        L'articolo 2 del medesimo regolamento disponeva quanto segue «1.      Conformemente all'articolo 101, paragrafo 3, [TFUE], e salvo il disposto del presente regolamento, l'articolo 101, paragrafo 1, [TFUE] è dichiarato inapplicabile agli accordi verticali. La presente esenzione si applica nella misura in cui tali accordi contengano restrizioni verticali. ». 8        L'articolo 3, paragrafo 1, del regolamento numero  330/2010 recitava come segue «L'esenzione di cui all'articolo 2 si applica a condizione che la quota di mercato detenuta dal fornitore non superi il 30% del mercato rilevante sul quale vende i beni o servizi oggetto del contratto e la quota di mercato detenuta dall'acquirente non superi il 30% del mercato rilevante sul quale acquista i beni o servizi oggetto del contratto».  La direttiva 2014/104/UE 9        L'articolo 1 della direttiva 2014/104/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 novembre 2014, relativa a determinate norme che regolano le azioni per il risarcimento del danno ai sensi del diritto nazionale per violazioni delle disposizioni del diritto della concorrenza degli Stati membri e dell'Unione europea GU 2014, L 349, pag. 1 , intitolato «Oggetto e ambito di applicazione», prevede quanto segue «1.      La presente direttiva stabilisce alcune norme necessarie per garantire che chiunque abbia subito un danno a causa di una violazione del diritto della concorrenza da parte di un'impresa o un'associazione di imprese possa esercitare in maniera efficace il diritto di chiedere a tale impresa o associazione il pieno risarcimento di tale danno. Essa stabilisce norme per promuovere una concorrenza non falsata nel mercato interno e per eliminare gli ostacoli al suo corretto funzionamento, garantendo a qualsiasi soggetto che abbia subito danni di questo tipo una protezione equivalente in tutta l'Unione [europea]. 2.      La presente direttiva stabilisce norme per il coordinamento fra l'applicazione delle regole di concorrenza da parte delle autorità garanti della concorrenza e l'applicazione di tali regole nelle azioni per il risarcimento del danno dinanzi ai giudici nazionali». 10      Ai sensi dell'articolo 9 di tale direttiva, rubricato «Effetto delle decisioni nazionali» «1.      Gli Stati membri provvedono affinché una violazione del diritto della concorrenza constatata da una decisione definitiva di un'autorità nazionale garante della concorrenza o di un giudice del ricorso sia ritenuta definitivamente accertata ai fini dell'azione per il risarcimento del danno proposta dinanzi ai loro giudici nazionali ai sensi dell'articolo 101 o 102 TFUE o ai sensi del diritto nazionale della concorrenza. 2.      Gli Stati membri provvedono affinché una decisione definitiva ai sensi del paragrafo 1 adottata in un altro Stato membro possa, conformemente al rispettivo diritto nazionale, essere presentata dinanzi ai propri giudici nazionali, almeno a titolo di prova prima facie, del fatto che è avvenuta una violazione del diritto della concorrenza e possa, se del caso, essere valutata insieme ad altre prove addotte dalle parti. 3.      Il presente articolo lascia impregiudicati i diritti e gli obblighi delle giurisdizioni nazionali di cui all'articolo 267 TFUE».  Procedimento principale e questioni pregiudiziali 11      Booking.com BV, una società di diritto olandese con sede in Amsterdam Paesi Bassi , è stata fondata nel 1996 e offre un servizio mondiale di intermediazione per la prenotazione di alloggi mediante la sua piattaforma online booking.com. Essa è coadiuvata nelle sue attività da società figlie stabilite in altri Stati membri, in particolare, in Germania, dalla Booking.com Deutschland . 12      Booking.com non è né fornitore né acquirente di prestazioni alberghiere. Essa non determina neppure gli alloggi né i prezzi corrispondenti proposti sulla sua piattaforma, dato che tali elementi sono definiti dalle strutture alberghiere. Così, Booking.com si limita a mettere in contatto, sulla sua piattaforma, strutture e viaggiatori. 13      I servizi offerti dalla piattaforma gestita da Booking.com sono gratuiti per i viaggiatori. Le strutture ricettive pagano una commissione a Booking.com nel caso in cui un cliente effettui una prenotazione mediante tale piattaforma e non la annulli. Indipendentemente da detta piattaforma, tali strutture possono utilizzare canali di vendita alternativi. 14      Al momento del suo ingresso sul mercato tedesco nel 2006, Booking.com, al pari di altre piattaforme di prenotazione alberghiera, note anche come «Online Travel Agency OTA» agenzia di viaggi online inseriva nelle condizioni generali degli accordi conclusi con i prestatori di servizi alberghieri una clausola cosiddetta di «parità ampia». In forza di dette clausola, tali prestatori non erano autorizzati ad offrire, sui propri canali di vendita o su canali di vendita gestiti da terzi, ivi compresi gli OTA concorrenti, stanze ad un prezzo inferiore a quello offerto sul sito di Booking.com. 15      Con una decisione del 20 dicembre 2013, il Bundeskartellamt Autorità federale garante della concorrenza, Germania ha concluso, in sostanza, che la clausola di parità ampia utilizzata dalla Hotel Reservation Service Robert Ragge GmbH in prosieguo la «HRS» , una delle OTA attive sul mercato tedesco, era in contrasto con il divieto di intese vigente nel diritto dell'Unione e nel diritto tedesco, e ha ingiunto la cessazione del suo utilizzo. 16      Nel corso del 2013 tale autorità ha altresì avviato un'indagine relativa alla clausola di parità ampia utilizzata da Booking.com, che era analoga a quella che era stata utilizzata dalla HRS. 17      Con una sentenza del 9 gennaio 2015, l'Oberlandesgericht Düsseldorf Tribunale superiore del Land, Düsseldorf, Germania ha respinto il ricorso proposto dalla HRS avverso la decisione di detta autorità del 20 dicembre 2013. Tale sentenza, che non è stata impugnata, è passata in giudicato. 18      A partire dal 1º luglio 2015 Booking.com si è impegnata, di concerto con le autorità francesi, italiane e svedesi garanti della concorrenza, a rimuovere la clausola di parità ampia dalle sue condizioni generali di contratto e a sostituirla con una cosiddetta clausola detta «di parità ristretta», in base alla quale il divieto posto ai fornitori di servizi alberghieri di offrire le loro camere a prezzi migliori di quelli offerti su Booking.com si applica solo alle offerte fatte attraverso i propri canali di vendita. 19      Con una decisione del 22 dicembre 2015, adottata dopo aver consultato la Commissione ai sensi dell'articolo 11, paragrafo 5, del regolamento numero  1/2003, l'Autorità federale garante della concorrenza ha ritenuto che anche tale clausola di parità ristretta fosse contraria al divieto di intese ai sensi del diritto dell'Unione e del diritto tedesco, e ha ingiunto a Booking.com di cessarne l'utilizzo. Tale autorità ha ritenuto, in sostanza, che siffatte clausole limitassero la concorrenza sia sul mercato della fornitura di servizi alberghieri sia sul mercato della fornitura di servizi di intermediazione online da parte delle piattaforme ai prestatori di servizi alberghieri. Detta autorità ha inoltre considerato che, a causa della quota significativa detenuta da Booking.com nel mercato rilevante, tali clausole non potessero essere esentate ai sensi del regolamento numero  330/2010, e che non fossero soddisfatte nemmeno le condizioni per l'applicazione di un'esenzione individuale ai sensi dell'articolo 101, paragrafo 3, TFUE. 20      Con una sentenza del 4 giugno 2019, l'Oberlandesgericht Düsseldorf Tribunale superiore del Land, Düsseldorf ha accolto, in parte, il ricorso proposto dalla Booking.com avverso detta decisione del 22 dicembre 2015. Tale giudice ha ritenuto, in particolare, che la clausola di parità ristretta limitasse ben la concorrenza, ma potesse, tuttavia, in quanto restrizione accessoria, essere considerata necessaria per consentire a Booking.com di percepire un'equa remunerazione per la sua prestazione di servizi. Sarebbe quindi sleale da parte delle strutture alberghiere iscriversi alla piattaforma di prenotazione di Booking.com, ma incitare poi i clienti a prenotare direttamente presso di loro offrendo migliori tariffe sul proprio sito. Secondo il Tribunale, la possibilità per le strutture alberghiere di trasferire le prenotazioni verso i propri sistemi di prenotazione costituisce una giustificazione sufficiente perché Booking.com impedisca contrattualmente a tali strutture di svolgere attività di «parassitismo»  free riding . Pertanto, tale clausola non poteva, secondo il medesimo giudice, essere considerata in contrasto con il divieto di intese previsto dal diritto nazionale e all'articolo 101, paragrafo 1, TFUE. 21      Nel corso del 2020 l'Hotelverband Deutschland e. V., un'associazione che rappresenta più di 2 600 hotel, ha intentato un'azione di risarcimento danni contro Booking.com dinanzi al Landgericht Berlin Tribunale del Land, Berlino, Germania , chiedendo un risarcimento per il danno che i membri dell'associazione sostengono di aver subìto a causa delle clausole di parità della tariffa. 22      Con una decisione del 18 maggio 2021, il Bundesgerichtshof Corte federale di giustizia, Germania , investito di un'impugnazione proposta dall'Autorità federale garante della concorrenza, ha annullato la decisione dell'Oberlandesgericht Düsseldorf Tribunale superiore del Land, Düsseldorf del 4 giugno 2019. Esso ha statuito che la clausola di parità ristretta limitava sensibilmente la concorrenza sul mercato delle piattaforme di prenotazione alberghiera online nonché su quello dei servizi alberghieri. Una siffatta clausola non poteva essere qualificata come «restrizione accessoria», poiché non era dimostrato che, in sua assenza, la redditività di Booking.com sarebbe stata compromessa. Tale clausola non potrebbe neppure beneficiare di un'esenzione ai sensi del regolamento numero  330/2010 o di qualsiasi altra esenzione dal divieto di intese vigente nel diritto dell'Unione e nel diritto tedesco. 23      Il 23 ottobre 2020 Booking.com ha adito il Rechtbank Amsterdam Tribunale di Amsterdam, Paesi Bassi , giudice del rinvio nella presente causa, con una domanda diretta a far dichiarare, da un lato, che le clausole di parità da esso utilizzate non violavano l'articolo 101 TFUE e, dall'altro, che i convenuti nel procedimento principale non avevano subito alcun danno a causa di tali clausole. Tali convenuti, in via riconvenzionale, hanno chiesto a detto giudice, da un lato, di dichiarare che Booking.com aveva violato l'articolo 101 TFUE e, dall'altro, di condannare quest'ultima al risarcimento dei danni per violazione dell'articolo 101 TFUE. 24      Secondo il giudice del rinvio, che si è dichiarato competente a trattare la causa con una sentenza interlocutoria del 26 ottobre 2022, la questione da chiarire in primo luogo è se le clausole di parità della tariffa, tanto ampie quanto ristrette, che sono inserite nei contratti conclusi tra le OTA e i prestatori di servizi alberghieri, debbano, ai fini dell'applicazione dell'articolo 101, paragrafo 1, TFUE, essere qualificate come «restrizioni accessorie». 25      Il giudice del rinvio constata che la Corte non si è ancora pronunciata per chiarire se siffatte clausole, in forza delle quali una piattaforma di prenotazione online impedisce ai prestatori di servizi alberghieri affiliati a tale piattaforma di praticare prezzi inferiori — a seconda dei casi su tutti i canali di vendita o su taluni altri canali di vendita — a quelli proposti su tale piattaforma, possano, in quanto restrizioni accessorie, essere sottratte all'ambito di applicazione del divieto di intese di cui all'articolo 101, paragrafo 1, TFUE. Orbene, tale questione darebbe luogo ad analisi divergenti, il che potrebbe condurre all'adozione di decisioni contraddittorie. 26      A tal riguardo, detto giudice si chiede se Booking.com non debba potersi tutelare dai rischi di parassitismo. Risulterebbe in particolare dalla giurisprudenza addotta dalle ricorrenti nel procedimento principale che non è necessario dimostrare che la violazione di una limitazione contrattuale metta a repentaglio la sopravvivenza dell'impresa, ma che è sufficiente che questa sia «compromessa». Si dovrebbe altresì rilevare che, nel frattempo, sia la clausola di parità ristretta sia la clausola di parità ampia sono state vietate per legge in Belgio, in Francia, in Italia e in Austria e che il procedimento attualmente pendente dinanzi al Landgericht Berlin Tribunale del Land, Berlino verte sulla stessa questione di quella di cui trattasi nel presente procedimento. 27      In secondo luogo, nell'ipotesi in cui si dovesse considerare che le clausole di parità controverse non possono essere qualificate come «restrizione accessoria», il giudice del rinvio ritiene che occorrerebbe allora chiarire se tali clausole possano essere esentate. Ai fini dell'applicazione del regolamento numero  330/2010, sarebbe necessario sapere come definire il mercato dei prodotti rilevante. Nel caso di specie, il giudice del rinvio ritiene che la maniera di definire il mercato rilevante, che riveste un carattere «multilaterale», manchi di chiarezza. 28      In tali circostanze, il Rechtbank Amsterdam Tribunale di Amsterdam ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali «1       Se le clausole di parità, ampie e ristrette, nel contesto dell'articolo 101, paragrafo 1, TFUE, debbano essere considerate una restrizione accessoria. 2       Come debba essere definito il mercato rilevante in sede di applicazione del regolamento [numero  330/2010] allorché le transazioni sono effettuate tramite l'intermediazione di una [OTA] dove strutture ricettive possono offrire camere e entrare in contatto con viaggiatori che possono prenotare una camera mediante la piattaforma».  Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale 29      La ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale è stata contestata per tre motivi. 30      In primo luogo, secondo i convenuti nel procedimento principale, tale domanda non soddisfa i requisiti di cui all'articolo 94 del regolamento di procedura della Corte, poiché il giudice del rinvio non ha descritto in modo preciso e completo il contesto di fatto nel quale sono sollevate le questioni. 31      A tal riguardo, da una lettura complessiva della domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che il giudice del rinvio ha definito il contesto di fatto e di diritto in cui si inserisce la sua domanda di interpretazione in modo sufficiente da consentire sia alle parti interessate di presentare osservazioni, conformemente all'articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell'Unione europea, sia alla Corte di rispondere proficuamente a detta domanda. In particolare, tale giudice ha chiaramente menzionato le decisioni adottate dall'Autorità federale della concorrenza e dai giudici tedeschi nell'ambito delle controversie tra gli OTA e alcune strutture alberghiere in Germania. 32      Il primo motivo di irricevibilità sollevato dai convenuti nel procedimento principale deve quindi essere respinto. 33      In secondo luogo, sia i convenuti nel procedimento principale che il governo tedesco sostengono che la domanda di pronuncia pregiudiziale si riferisce a questioni puramente ipotetiche che non hanno alcuna attinenza con il procedimento principale. Essi sostengono che la problematica sottesa alle questioni pregiudiziali è già stata affrontata dall'Autorità federale garante della concorrenza nelle sue decisioni del 20 dicembre 2013 e del 22 dicembre 2015, con riferimento, rispettivamente, alle clausole di parità ampia e alle clausole di parità ristretta, decisioni che sono state, in definitiva, confermate dalla decisione del 9 gennaio 2015 dell'Oberlandesgericht Düsseldorf Tribunale superiore del Land, Düsseldorf e del 18 maggio 2021 del Bundesgerichtshof Corte federale di giustizia . Orbene, poiché, in particolare, il giudice del rinvio dovrebbe, in forza delle disposizioni dell'articolo 9 della direttiva 2014/104, tener conto di tali decisioni e di tali sentenze, occorrerebbe interrogarsi sulla necessità di sottoporre tali questioni pregiudiziali. 34      A questo proposito occorre ricordare che spetta soltanto al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell'emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolarità del caso di specie, tanto la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, quanto la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, allorché le questioni sollevate riguardano l'interpretazione di una norma giuridica dell'Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire sentenze del 9 luglio 2020, Santen, C‑673/18, EU C 2020 531, punto 26 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 6 ottobre 2021, Sumal, C‑882/19, EU C 2021 800, punto 27 . 35      Ne consegue che, poiché le questioni relative al diritto dell'Unione godono di una presunzione di rilevanza, il rifiuto della Corte di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto che l'interpretazione richiesta relativamente ad una norma dell'Unione non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l'oggetto del procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le vengono sottoposte sentenze del 9 luglio 2020, Santen, C‑673/18, EU C 2020 531, punto 27 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 6 ottobre 2021, Sumal, C‑882/19, EU C 2021 800, punto 28 . 36      Tale ipotesi non ricorre nel caso di specie. La risposta che la Corte fornirà alle questioni sollevate condizionerà con ogni evidenza l'esito del procedimento principale. 37      A tale proposito, dagli elementi del fascicolo di cui dispone la Corte risulta che il procedimento principale sembra rientrare, in parte, nell'ambito di applicazione della direttiva 2014/104, come definito all'articolo 1 della stessa. Fatte salve le verifiche che spetta al giudice nazionale effettuare, le domande in via principale e riconvenzionale di cui è investito mirano non solo a chiarire se le clausole di parità in questione vìolino l'articolo 101 TFUE, ma anche se insorga una responsabilità delle ricorrenti nel procedimento principale per i danni asseritamente subìti dai convenuti nel procedimento principale a causa di tali clausole. 38      Ebbene, l'articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 2014/104 dispone che quando un'azione per il risarcimento del danno a causa di una violazione del diritto della concorrenza è intentata dinanzi ai giudici di uno Stato membro, gli Stati membri provvedono affinché le decisioni definitive di un'autorità nazionale garante della concorrenza o di un giudice di ricorso di un altro Stato membro possano essere presentate a titolo di prova prima facie dell'esistenza di una violazione del diritto della concorrenza. 39      Ne consegue che, anche supponendo che il giudice del rinvio sia effettivamente investito di un'azione risarcitoria rientrante nell'ambito di applicazione di tale direttiva, circostanza che spetta ad esso determinare, tale giudice non è necessariamente vincolato dagli accertamenti relativi alle clausole di parità della tariffa contenuti nelle decisioni dell'Autorità federale garante della concorrenza o nelle successive decisioni dei giudici tedeschi. La circostanza che tali decisioni possano costituire un principio di prova dell'esistenza di una violazione non rende quindi irricevibile la presente domanda di pronuncia pregiudiziale. 40      Per determinare se e in quale misura le decisioni definitive adottate in Germania siano idonee ad incidere sulla valutazione che il giudice nazionale dovrà effettuare quanto alla conformità delle clausole di parità controverse, occorre ricordare che l'articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2014/104 enuncia chiaramente che le disposizioni dei paragrafi 1 e 2 di tale articolo «lascia[no] impregiudicati i diritti e gli obblighi delle giurisdizioni nazionali di cui all'articolo 267 TFUE». 41      Inoltre, nulla depone nel senso che il procedimento pregiudiziale sia stato, come enuncia il punto 29 della sentenza del 16 dicembre 1981, Foglia 244/80, EU C 1981 302 , distolto, ad opera delle parti, dalle finalità per cui è stato previsto. Anche supponendo che il ricorso al giudice del rinvio da parte delle ricorrenti nel procedimento principale perseguisse l'obiettivo ultimo di contrastare le decisioni definitive adottate in Germania con le quali tali clausole sono state considerate contrarie all'articolo 101 TFUE, è solo in circostanze eccezionali che spetta alla Corte esaminare le condizioni in cui essa è adita dal giudice nazionale al fine di verificare la propria competenza. 42      Non risulta quindi manifesto che l'interpretazione delle disposizioni al centro delle questioni pregiudiziali non abbia alcun rapporto con la realtà effettiva o con l'oggetto del procedimento principale, o che il problema sia di natura ipotetica. 43      Pertanto, anche il secondo motivo di irricevibilità deve essere respinto. 44      In terzo luogo, i convenuti nel procedimento principale e il governo tedesco ritengono che la domanda di pronuncia pregiudiziale non verta sull'«interpretazione» dei trattati e degli atti di diritto derivato, ai sensi dell'articolo 267 TFUE, ma riguardi in realtà «l'applicazione» di disposizioni del diritto dell'Unione.  Infatti, non sarebbe possibile determinare se le clausole di parità della tariffa costituiscano restrizioni accessorie, che esulano dall'applicazione dell'articolo 101, paragrafo 1, TFUE, in modo astratto e indipendentemente dal contesto di fatto, di diritto ed economico nel quale esse si applicano. La definizione di un mercato di prodotti rilevante non sarebbe una nozione giuridica, ma richiederebbe piuttosto una valutazione di fatto. 45      A tal riguardo, occorre ricordare che, in forza dell'articolo 267 TFUE, la Corte non è competente ad applicare le norme del diritto dell'Unione a una fattispecie concreta, ma unicamente a pronunciarsi sull'interpretazione dei Trattati e degli atti adottati dalle istituzioni, dagli organi e dagli organismi dell'Unione. Non spetta quindi alla Corte né accertare i fatti all'origine della causa di cui al procedimento principale né trarne le conseguenze ai fini della decisione che il giudice del rinvio è chiamato a emettere né interpretare disposizioni legislative o regolamentari nazionali interessate sentenza del 14 maggio 2020, Bouygues travaux publics e a., C‑17/19, EU C 2020 379, punti 51 e 52 . 46      Ciò premesso, nell'ambito della cooperazione giudiziaria prevista da tale articolo, la Corte può fornire al giudice nazionale gli elementi d'interpretazione del diritto dell'Unione che possano essergli utili per la valutazione degli effetti delle varie disposizioni di quest'ultimo [sentenza del 6 ottobre 2021, W.Ż. Sezione di controllo straordinario e delle questioni pubbliche della Corte suprema – Nomina , C‑487/19, EU C 2021 798, punto 133 e giurisprudenza ivi citata]. 47      Adita più specificamente con domande volte a qualificare la condotta di un'impresa alla luce delle disposizioni del diritto dell'Unione in materia di concorrenza, e in particolare dell'articolo 101 TFUE, la Corte ha infatti statuito che, sebbene spetti al giudice del rinvio valutare in definitiva se, alla luce dell'insieme degli elementi pertinenti che caratterizzano la situazione oggetto del procedimento principale, nonché del contesto economico e giuridico nel quale quest'ultima si colloca, l'accordo in questione abbia per oggetto una restrizione della concorrenza, essa può tuttavia, in base agli elementi del fascicolo a sua disposizione, fornire precisazioni dirette a guidare il giudice del rinvio nella sua interpretazione, affinché quest'ultimo possa dirimere la controversia v., in particolare, sentenze del 18 novembre 2021, Visma Enterprise, C‑306/20, EU C 2021 935, punti 51 e 52 nonché giurisprudenza ivi citata, e del 29 giugno 2023, Super Bock Bebidas, C‑211/22, EU C 2023 529, punti 28 e 29 . 48      Ne consegue che neppure il terzo motivo di irricevibilità può essere accolto. 49      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile.  Sulle questioni pregiudiziali  Sulla prima questione 50      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l'articolo 101, paragrafo 1, TFUE debba essere interpretato nel senso che le clausole di parità, sia ampia che ristretta, inserite negli accordi conclusi tra le piattaforme di prenotazione alberghiera online e i prestatori di servizi alberghieri, esulano dall'applicazione di tale disposizione per il fatto che sarebbero accessorie a detti accordi. 51      Secondo una costante giurisprudenza, se un'operazione o una determinata attività non ricade nell'ambito di applicazione del principio di divieto sancito dall'articolo 101, paragrafo 1, TFUE, per la sua neutralità o per il suo effetto positivo sul piano della concorrenza, neppure una restrizione dell'autonomia commerciale di uno o più partecipanti a tale operazione o a tale attività ricade nel citato principio di divieto qualora detta restrizione sia oggettivamente necessaria per l'attuazione di tale operazione o attività e proporzionata agli obiettivi dell'una o dell'altra v., in tal senso, sentenze dell'11 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione, C‑382/12 P, EU C 2014 2201, punto 89 del 23 gennaio 2018, F. Hoffmann-La Roche e a., C‑179/16, EU C 2018 25, punto 69, e del 26 ottobre 2023, EDP – Energias de Portugal e a., C‑331/21, EU C 2023 812, punto 88 . 52      Così, qualora non sia possibile dissociare una siffatta restrizione dall'operazione o dall'attività principale senza compromettere l'esistenza e gli obiettivi di tale operazione o attività, occorre esaminare la compatibilità con l'articolo 101 TFUE della restrizione in parola congiuntamente con la compatibilità dell'operazione o dell'attività principale cui essa è accessoria, e ciò sebbene, considerata isolatamente, tale restrizione possa rientrare, a prima vista, nel principio di divieto di cui all'articolo 101, paragrafo 1, TFUE v., in tal senso, sentenze dell'11 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione, C‑382/12 P, EU C 2014 2201, punto 90 del 23 gennaio 2018, F. Hoffmann-La Roche e a., C‑179/16, EU C 2018 25, punto 70, nonché del 26 ottobre 2023, EDP – Energias de Portugal e a., C‑331/21, EU C 2023 812, punto 89 . 53      Affinché una restrizione possa essere qualificata come «accessoria» occorre, in primo luogo, verificare se la realizzazione dell'operazione principale sprovvista di tale carattere anticoncorrenziale risulterebbe impossibile in mancanza della restrizione in discussione. La circostanza che la citata operazione sia semplicemente resa più difficilmente realizzabile, o meno redditizia, in assenza della restrizione di cui trattasi non può essere considerata di natura tale da conferire a detta restrizione il carattere «oggettivamente necessario» richiesto per poter essere qualificata come accessoria. Un'interpretazione del genere, infatti, equivarrebbe ad estendere tale nozione a restrizioni che non sono strettamente indispensabili per la realizzazione dell'operazione principale. Siffatto risultato pregiudicherebbe l'effetto utile del divieto sancito dall'articolo 101, paragrafo 1, TFUE v., in tal senso, sentenze dell'11 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione, C‑382/12 P, EU C 2014 2201, punto 91 del 23 gennaio 2018, F. Hoffmann-La Roche e a., C‑179/16, EU C 2018 25, punto 71, nonché del 26 ottobre 2023, EDP – Energias de Portugal e a., C‑331/21, EU C 2023 812, punto 90 . 54      In secondo luogo, occorre, se del caso, esaminare la proporzionalità della restrizione in discussione rispetto agli obiettivi soggiacenti all'operazione in questione. Così, per smentire il carattere accessorio di una restrizione, la Commissione e le autorità nazionali garanti della concorrenza possono verificare se esistano soluzioni alternative realistiche, meno restrittive della concorrenza rispetto alla restrizione di cui trattasi. Tali soluzioni alternative non sono limitate alla situazione che si verificherebbe in assenza della restrizione in questione, ma possono anche estendersi ad altre ipotesi controfattuali basate, segnatamente, su situazioni realistiche che potrebbero verificarsi in assenza di tale restrizione v., in tal senso, sentenza dell'11 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione, C‑382/12 P, EU C 2014 2201, punti da 107 a 111 . 55      Bisogna precisare che occorre distinguere tra la nozione di «restrizioni accessorie» quale esaminata nell'ambito dell'articolo 101, paragrafo 1, TFUE e l'esenzione fondata sull'articolo 101, paragrafo 3, TFUE. A differenza di quest'ultima, la condizione relativa alla necessità oggettiva, per qualificare, ai fini dell'applicazione dell'articolo 101, paragrafo 1, TFUE, una restrizione come «accessoria», non implica una ponderazione degli effetti proconcorrenziali e anticoncorrenziali di un accordo. Infatti, tale ponderazione può essere operata unicamente nel contesto dell'articolo 101, paragrafo 3, TFUE v., in tal senso, sentenza dell'11 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione, C‑382/12 P, EU C 2014 2201, punto 93 . 56      Nel caso di specie, spetta in linea di principio al solo giudice del rinvio, tenendo conto di tutti gli elementi di fatto che gli sono sottoposti, stabilire se ricorrano le condizioni che consentono di ravvisare l'esistenza di una restrizione accessoria. In particolare, quando viene investito di un'azione che rientra nell'ambito di applicazione di tale direttiva, come definito nell'articolo 1, paragrafo 2, della stessa, esso può prendere in considerazione, ai sensi dell'articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 2014/104, le decisioni definitive prese da un'autorità nazionale garante della concorrenza o da un giudice del ricorso. 57      La Corte rimane tuttavia autorizzata a fornire al giudice del rinvio indicazioni al fine di orientarlo nel suo esame del carattere oggettivamente necessario di una restrizione rispetto all'operazione principale. 58      Infatti, un esame del genere presenta, diversamente da quello richiesto nell'ambito della ponderazione degli effetti proconcorrenziali e anticoncorrenziali di un accordo ai fini dell'applicazione dell'articolo 101, paragrafo 3, TFUE, un carattere relativamente generico e astratto che non richiede una valutazione puramente fattuale. 59      In primo luogo, risulta che l'operazione principale oggetto del caso di specie, ossia la fornitura di servizi di prenotazione alberghiera online da parte di piattaforme come Booking.com, ha prodotto un effetto neutrale, se non addirittura positivo, sulla concorrenza. Tali servizi inducono significativi incrementi di efficienza, consentendo, da un lato, ai consumatori di accedere ad un'ampia gamma di offerte di alloggio e di confrontare tali offerte in modo semplice e rapido secondo diversi criteri e, dall'altro, ai prestatori di servizi alberghieri di acquisire una maggiore visibilità nonché di aumentare, in tal modo, il numero di potenziali clienti. 60      In secondo luogo, non è dimostrato, per contro, che le clausole di parità della tariffa, da una parte, siano oggettivamente necessarie per la realizzazione di tale operazione principale e, dall'altra, siano proporzionate rispetto all'obiettivo perseguito da quest'ultima. 61      A tal riguardo, per quanto riguarda le clausole di parità ampia, che vietano agli albergatori controparte contrattuale che figurano sulla piattaforma di prenotazione di offrire, sui propri canali di vendita o su canali di vendita gestiti da terzi, camere ad un prezzo inferiore a quello proposto su detta piattaforma, esse non appaiono oggettivamente necessarie per l'operazione principale consistente nella prestazione di servizi di prenotazione alberghiera online, né proporzionate rispetto all'obiettivo perseguito da tale operazione. 62      Infatti, non esiste alcun nesso intrinseco tra la continuazione dell'attività principale della piattaforma di prenotazione alberghiera e l'imposizione di siffatte clausole, che producono con ogni evidenza effetti restrittivi significativi. Tali clausole, oltre al fatto di essere idonee a ridurre la concorrenza tra le diverse piattaforme di prenotazione alberghiera, comportano rischi di espulsione delle piccole piattaforme e delle nuove piattaforme entrate sul mercato. 63      Lo stesso vale, nelle circostanze del procedimento principale, per le clausole di parità ristretta, che vietano soltanto ai prestatori di servizi alberghieri partner di offrire al pubblico tramite i propri canali online pernottamenti a una tariffa inferiore a quella offerta sulla piattaforma di prenotazione alberghiera. Per quanto queste ultime clausole generino, prima facie, un effetto restrittivo della concorrenza inferiore, e mirino a scongiurare il rischio di parassitismo evocato, in particolare, da Booking.com nel procedimento principale, non risulta che esse siano oggettivamente necessarie per garantire la redditività economica della piattaforma di prenotazione alberghiera. 64      È vero che, nell'ambito del procedimento principale, è stato sostenuto che le clausole di parità mirano ad impedire, da un lato, ai prestatori di servizi alberghieri di utilizzare in modo sleale e senza corrispettivo i servizi e la visibilità offerta dalla piattaforma di prenotazione alberghiera e, dall'altro, che gli investimenti realizzati nell'elaborazione delle funzioni di ricerca e di comparazione di tale piattaforma non possano essere ammortizzati. 65      Tuttavia, come risulta dalla giurisprudenza ricordata al punto 55 della presente sentenza, l'applicazione della nozione di «restrizione accessoria», che determina se una restrizione può esulare dal divieto di cui all'articolo 101, paragrafo 1, TFUE, non deve portare a un amalgama tra, da un lato, le condizioni stabilite dalla giurisprudenza affinché una restrizione sia qualificata come «accessoria» ai fini dell'applicazione dell'articolo 101, paragrafo 1, TFUE e, dall'altro, il criterio di indispensabilità richiesto dall'articolo 101, paragrafo 3, TFUE affinché una restrizione vietata possa godere di un'esenzione. 66      Dalla giurisprudenza citata ai punti da 51 a 55 della presente sentenza si evince infatti che, quando si esamina il carattere oggettivamente necessario di una restrizione in relazione all'operazione principale, non si tratta di analizzare se, tenuto conto della situazione della concorrenza sul mercato rilevante, tale restrizione sia necessaria per garantire il successo commerciale dell'operazione principale, bensì di determinare se, nel contesto particolare di tale operazione, la restrizione in questione sia indispensabile per la realizzazione di detta operazione. 67      In effetti, la Corte è ricorsa alla qualificazione di restrizione «accessoria», che esula dal divieto enunciato all'articolo 101, paragrafo 1, TFUE, solo in ipotesi in cui la realizzazione dell'operazione principale sarebbe stata necessariamente compromessa in assenza di una siffatta restrizione. Pertanto, solo le restrizioni che erano intrinsecamente necessarie affinché l'operazione principale potesse in ogni caso essere realizzata hanno potuto essere qualificate come «restrizioni accessorie». 68      Ciò è accaduto nella causa sfociata nella sentenza dell'11 luglio 1985, Remia e a./Commissione 42/84, EU C 1985 327, punti 19 e 20 , in cui la Corte ha ritenuto che una clausola di non concorrenza fosse oggettivamente necessaria per la realizzazione di una cessione di imprese, nei limiti in cui, in assenza di tale clausola, e se il venditore e l'acquirente rimangono in concorrenza dopo la cessione, è evidente che l'accordo di cessione d'impresa non potrebbe essere realizzato. Infatti si è considerato che il venditore, che conosce particolarmente bene in tutti i suoi dettagli l'impresa ceduta, conserva la possibilità di attirare di nuovo a sé la sua vecchia clientela immediatamente dopo la cessione, e di impedire in tal modo la sopravvivenza dell'impresa ceduta. 69      Lo stesso è accaduto per quanto riguarda alcune restrizioni oggetto della causa che ha originato la sentenza del 28 gennaio 1986, Pronuptia de Paris 161/84, EU C 1986 41 . In tale sentenza, la Corte ha dichiarato che le clausole dei contratti di franchising che sono indispensabili per il funzionamento del sistema di franchising non costituivano restrizioni della concorrenza. Ciò valeva per le clausole che impedivano che i concorrenti si giovassero del patrimonio di cognizioni e di tecniche fornito dal concedente. Del pari, talune clausole disciplinavano il controllo necessario per preservare l'identità e la reputazione della rete dei concessionari, contraddistinta dall'insegna del concedente punti 16 e 17 di detta sentenza . 70      La Corte ha altresì dichiarato, nella sentenza del 19 aprile 1988, Erauw-Jacquery 27/87, EU C 1988 183, punto 11 , che una clausola, contenuta in una convenzione relativa alla riproduzione e alla vendita di sementi nella quale una delle parti è titolare o mandatario del titolare di determinati diritti di costituzione vegetale, la quale vietava al licenziatario di vendere e d'esportare sementi di base, era compatibile con l'articolo 85, paragrafo 1, del trattato CE divenuto articolo 101, paragrafo 1, TFUE qualora fosse stata necessaria per consentire al costitutore di selezionare i negozianti preparatori licenziatari. 71      La Corte ha inoltre considerato, nelle sentenze del 15 dicembre 1994, DLG C‑250/92, EU C 1994 413, punto 45 e del 12 dicembre 1995, Oude Luttikhuis e a. C‑399/93, EU C 1995 434, punto 20 , che alcune restrizioni imposte ai membri di una cooperativa di acquisto o di una società cooperativa agricola, come quelle che vietavano loro di aderire ad altre forme di partecipazione in cooperative organizzate in concorrenza diretta con esse, o quelle che prevedevano un regime di indennità di uscita, non rientravano nel divieto ora previsto dall'articolo 101, paragrafo 1, TFUE, poiché, in particolare, le disposizioni statutarie in questione erano limitate a quanto necessario per assicurare il buon funzionamento della cooperativa in questione e per sostenere il suo potere contrattuale nei confronti dei produttori. 72      Nel caso di specie, la circostanza che l'assenza delle clausole di parità della tariffa imposte dalla piattaforma di prenotazione alberghiera possa eventualmente produrre conseguenze negative sulla redditività dei servizi offerti da tale piattaforma non implica, di per sé, che tali clausole debbano essere considerate oggettivamente necessarie. Una siffatta circostanza, se accertata, sembra riferirsi al modello commerciale seguito dalla piattaforma di prenotazione online, che ha, in particolare, optato per una limitazione del livello delle commissioni dovute dai prestatori di servizi alberghieri affiliati al fine di aumentare il volume delle offerte presentate su tale piattaforma e di rafforzare gli effetti di rete indiretti che ciò genera. 73      Inoltre, il fatto, supponendolo vero, che le clausole di parità della tariffa tendono a contrastare eventuali fenomeni di parassitismo e sono indispensabili per garantire incrementi di efficienza o per assicurare il successo commerciale dell'operazione principale non consente di qualificarle come «restrizioni accessorie», nell'accezione dell'articolo 101, paragrafo 1, TFUE. Tale circostanza può essere presa in considerazione solo nell'ambito dell'applicazione dell'articolo 101, paragrafo 3, TFUE. 74      Sebbene sia di natura relativamente astratta, l'esame del carattere oggettivamente necessario di una restrizione in relazione all'operazione principale può, in particolare, basarsi su un'analisi controfattuale che consenta di esaminare come i servizi di intermediazione online avrebbero operato in assenza della clausola di parità v., in tal senso, sentenza dell'11 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione, C‑382/12 P, EU C 2014 2201, punto 164 . Orbene, dagli elementi del fascicolo di cui dispone la Corte risulta che, sebbene le clausole di parità, tanto ampia quanto ristretta, siano state vietate in diversi Stati membri, la fornitura dei servizi da parte di Booking.com non è stata compromessa. 75      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l'articolo 101, paragrafo 1, TFUE deve essere interpretato nel senso che le clausole di parità, sia ampia che ristretta, inserite negli accordi conclusi tra le piattaforme di prenotazione alberghiera online e i prestatori di servizi alberghieri, non esulano dall'applicazione di tale disposizione per il fatto che sarebbero accessorie a detti accordi.  Sulla seconda questione 76      Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, in che maniera occorra, ai fini dell'applicazione dell'articolo 3, paragrafo 1, del regolamento numero  330/2010, definire il mercato di prodotti rilevante in una situazione in cui una piattaforma di prenotazione alberghiera funge da intermediario in transazioni concluse tra prestatori di servizi alberghieri e consumatori. 77      Ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, del regolamento numero  330/2010, l'esenzione di cui all'articolo 2 dello stesso si applica a condizione che la quota di mercato detenuta dal fornitore non superi il 30% del mercato rilevante sul quale vende i beni o servizi oggetto del contratto e che la quota di mercato detenuta dall'acquirente non superi il 30% del mercato rilevante sul quale acquista i beni o servizi oggetto del contratto. 78      La soglia della quota di mercato prevista da tale disposizione mira, come confermato dal considerando 5 di tale regolamento, a limitare il beneficio dell'esenzione per categoria prevista da detto regolamento agli accordi verticali per i quali si può presupporre con sufficiente certezza la conformità alle condizioni di cui all'articolo 101, paragrafo 3, TFUE. Come enunciato dal considerando 9 del medesimo regolamento, al di sopra della soglia della quota di mercato del 30% non è possibile presumere che gli accordi verticali che ricadono nell'ambito di applicazione dell'articolo 101, paragrafo 1, TFUE implichino generalmente vantaggi oggettivi di natura ed ampiezza tali da compensare gli svantaggi che tali accordi producono sulla concorrenza. 79      A questo proposito, il giudice del rinvio parte dal presupposto che le restrizioni della concorrenza causate dalle clausole di parità della tariffa in questione si collochino nel contesto degli «accordi verticali» che, ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 1, lettera a , del regolamento numero  330/2010, sono definiti come gli «accordi o le pratiche concordate conclusi tra due o più imprese, operanti ciascuna, ai fini dell'accordo o della pratica concordata, ad un livello differente della catena di produzione o di distribuzione, e che si riferiscono alle condizioni in base alle quali le parti possono acquistare, vendere o rivendere determinati beni o servizi». 80      La Corte è quindi invitata soltanto a fornire lumi sugli elementi interpretativi di cui occorre tener conto ai fini della definizione del mercato rilevante quando si tratti, come nel procedimento principale, di servizi di intermediazione online, fermo restando che una siffatta definizione, che richiede di prendere in considerazione le condizioni della concorrenza nonché la struttura della domanda e dell'offerta sul mercato interessato, dipende in larga misura da un esame fattuale approfondito al quale può procedere solo il giudice del rinvio. Ciò vale a maggior ragione in quanto quest'ultimo ha fornito alla Corte solo pochi elementi e, pertanto, la Corte non è in grado di procedere ad una definizione rigorosa del mercato dei prodotti di cui trattasi. 81      Come enunciato sia al punto 2 della comunicazione del 1997 della Commissione sulla definizione del mercato rilevante ai fini dell'applicazione del diritto comunitario in materia di concorrenza GU 1997, C 372, pag. 5 , sia al punto 6 della comunicazione rivista del 2024 della Commissione sulla definizione del mercato rilevante ai fini del diritto dell'Unione in materia di concorrenza GU 2024, C 1645, pag. 1 , la definizione del mercato consente di individuare e definire l'ambito nel quale le imprese interessate sono in concorrenza. 82      Per quanto riguarda il mercato di prodotti, l'unico rilevante nell'ambito della presente questione, dalla giurisprudenza della Corte risulta che la nozione di «mercato rilevante» implica che vi possa essere concorrenza effettiva tra i prodotti o servizi che ne fanno parte, il che presuppone un sufficiente grado di intercambiabilità per lo stesso uso tra tutti i prodotti o servizi che fanno parte dello stesso mercato. L'intercambiabilità o la sostituibilità non si valuta unicamente in relazione alle caratteristiche oggettive dei prodotti e dei servizi di cui trattasi. Si devono prendere in considerazione anche le condizioni della concorrenza, nonché la struttura della domanda e dell'offerta nel mercato [sentenze del 23 gennaio 2018, F. Hoffmann-La Roche e a., C‑179/16, EU C 2018 25, punto 51 e giurisprudenza ivi citata, e del 30 gennaio 2020, Generics UK e a., C‑307/18, EU C 2020 52, punto 129]. 83      Nel caso di specie, il giudice del rinvio vuole sapere se, come deciso nei procedimenti tedeschi, il mercato di prodotti rilevante ai fini dell'applicazione della soglia della quota di mercato stabilita dal regolamento numero  330/2010 fosse il «mercato delle piattaforme alberghiere», definito come il mercato in cui le piattaforme alberghiere online offrono servizi di intermediazione ai prestatori di servizi alberghieri, o se il mercato rilevante sia più ampio di quello dei portali di prenotazione alberghiera. 84      A questo proposito, come indicato al punto 95 della comunicazione rivista citata al punto 81 della presente sentenza, in presenza di piattaforme multilaterali [«multi-sided»], è possibile definire un mercato rilevante del prodotto per i prodotti offerti da una piattaforma nel suo complesso, in maniera tale da comprendere tutti i gruppi o più gruppi di utenti, oppure ancora mercati rilevanti del prodotto separati benché correlati per i prodotti offerti su ciascun lato della piattaforma. A seconda delle circostanze del caso, può essere più appropriato definire mercati separati quando esistono differenze significative nelle possibilità di sostituzione sui diversi lati della piattaforma. Per stabilire se esistono tali differenze, si possono prendere in considerazione fattori quali l'eventualità che le imprese che offrono prodotti sostituibili a ciascun gruppo di utenti siano diverse, il grado di differenziazione dei prodotti su ciascun lato o la percezione che ne ha ciascun gruppo di utenti , i fattori comportamentali quali le decisioni di «homing» di ciascun gruppo di utenti e la natura della piattaforma. 85      Per determinare la quota di mercato detenuta da Booking.com come fornitore di servizi di intermediazione online ai prestatori di servizi alberghieri ai fini dell'applicazione dell'articolo 3, paragrafo 1, del regolamento numero  330/2010, è quindi necessario esaminare se altri tipi di servizi di intermediazione e altri canali di vendita siano sostituibili ai servizi di intermediazione dal punto di vista della domanda, da un lato, da parte dei prestatori di servizi alberghieri, di tali servizi di intermediazione e, dall'altro, da parte dei clienti finali. 86      Il giudice del rinvio, al fine di determinare il mercato rilevante, deve quindi verificare se esista concretamente una sostituibilità tra i servizi di intermediazione online e gli altri canali di vendita, indipendentemente dal fatto che tali canali presentino caratteristiche diverse e non offrano le stesse funzionalità di ricerca e di comparazione delle offerte di servizi alberghieri. 87      In tale prospettiva, il giudice del rinvio deve tener conto di tutti gli elementi che gli sono stati presentati. 88      Nel caso di specie, occorre rilevare che, nell'ambito dei procedimenti avviati in Germania, che sono all'origine della presente causa, il Bundesgerichtshof Corte federale di giustizia , nella sua decisione del 18 maggio 2021, ha confermato le valutazioni effettuate tanto dall'Oberlandesgericht Düsseldorf Tribunale superiore del Land, Düsseldorf quanto dall'Autorità federale garante della concorrenza ai fini della definizione del mercato rilevante. Esso ha quindi confermato la conclusione che il mercato di prodotti rilevante ai fini dell'applicazione della soglia della quota di mercato del regolamento numero  330/2010 era il mercato delle piattaforme alberghiere, definito come il mercato in cui le piattaforme alberghiere online offrono servizi di intermediazione ai prestatori di servizi alberghieri. 89      Se le valutazioni dell'Autorità federale garante della concorrenza nonché del giudice del ricorso in Germania in merito alla definizione del mercato di prodotti rilevante ai fini del regolamento numero  330/2010 non si riferiscono in senso stretto a decisioni definitive che constatano una violazione del diritto della concorrenza che, in conformità all'articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 2014/104, possono essere presentate dinanzi ai giudici nazionali almeno a titolo di prova prima facie di una violazione, resta il fatto che tali valutazioni, quando si riferiscono allo stesso mercato geografico, costituiscono elementi contestuali particolarmente rilevanti. 90      Spetta tuttavia al giudice del rinvio stabilire se una siffatta definizione del mercato, che tiene conto delle caratteristiche particolari dei «servizi oggetto del contratto» offerti dagli OTA sia dal punto di vista dei prestatori di servizi alberghieri sia dal punto di vista dei clienti finali, risulti viziata da un qualsivoglia errore di analisi o si fondi su constatazioni erronee. 91      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda questione che l'articolo 3, paragrafo 1, del regolamento numero  330/2010 deve essere interpretato nel senso che, in una situazione in cui una piattaforma di prenotazione alberghiera online funge da intermediario nelle transazioni concluse tra strutture alberghiere e consumatori, la definizione del mercato rilevante ai fini dell'applicazione delle soglie delle quote di mercato stabilite in tale disposizione richiede un esame concreto della sostituibilità, dal punto di vista dell'offerta e della domanda, tra i servizi di intermediazione online e gli altri canali di vendita.  Sulle spese 92      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte Seconda Sezione dichiara 1       L'articolo 101, paragrafo 1, TFUE deve essere interpretato nel senso che le clausole di parità, sia ampia che ristretta, inserite negli accordi conclusi tra le piattaforme di prenotazione alberghiera online e i prestatori di servizi alberghieri, non esulano dall'applicazione di tale disposizione per il fatto che sarebbero accessorie a detti accordi. 2       L'articolo 3, paragrafo 1, del regolamento UE numero  330/2010 della Commissione, del 20 aprile 2010, relativo all'applicazione dell'articolo 101, paragrafo 3, [TFUE] a categorie di accordi verticali e pratiche concordate, deve essere interpretato nel senso che in una situazione in cui una piattaforma di prenotazione alberghiera online funge da intermediario nelle transazioni concluse tra strutture alberghiere e consumatori, la definizione del mercato rilevante ai fini dell'applicazione delle soglie delle quote di mercato stabilite in tale disposizione richiede un esame concreto della sostituibilità, dal punto di vista dell'offerta e della domanda, tra i servizi di intermediazione online e gli altri canali di vendita.