In materia di servitù coattiva di passaggio, rappresenta un impedimento ad usufruire dell’uscita sulla via pubblica il fatto che l’accesso sia precluso dalla legge o dalla pubblica amministrazione. Tale impedimento dev’essere provato dal soggetto che richiede la costituzione della servitù.
La Suprema Corte, con la decisione in esame, ha accolto il ricorso di un proprietario di un terreno avverso una sentenza della Corte d'Appello di Brescia in materia di servitù di passaggio. Nello specifico, il ricorrente adiva la Corte di Cassazione a causa della negata possibilità di costituire una servitù di passaggio per accedere alla via pubblica, indicando nel ricorso due motivi la “violazione, falsa od errata applicazione” dell'articolo 132, comma 1, c.p.c., ritenuta non ammissibile dalla Cassazione e la “falsa od erronea applicazione” dell'articolo 1051 c.c. considerata, invece, fondata e degna di nota. Per dirimere la controversia, la Cassazione si è, pertanto, pronunciata sull'interpretazione del suddetto articolo 1051 c.c., concentrandosi in particolar modo sul primo comma ed evidenziando come la mancanza d'accesso alla via pubblica renderebbe vano il diritto di proprietà e arrecherebbe anche un danno all'economia agricola in generale. È utile evidenziare, secondo i Giudici, che il concetto di interclusione del fondo ricomprende sia le circostanze che comportino l'interclusione fisica sia quella giuridica derivante da legge o da determinazioni della pubblica amministrazione e che in entrambi i casi la prova dell'impedimento dev'essere fornita da chi agisce per la costituzione della servitù coattiva. Alla luce di quanto sopra chiarito, la Suprema Corte cassa la sentenza impugnata in relazione all'accolto motivo e rinvia alla Corte d'Appello di Brescia, enunciando i seguenti principi di diritto «in materia di costituzione di servitù coattiva di passaggio, ai sensi del primo comma dell'articolo 1051 c.c., costituisce impedimento ad usufruire d'uscita sulla via pubblica la circostanza che un tale accesso risulti precluso dalla legge o dalla pubblica amministrazione» «spetta a colui che richiede la costituzione della servitù dimostrare la giuridica impossibilità di accesso alla via pubblica tuttavia, ove il consulente del giudice abbia escluso, sulla base degli accertamenti e delle informazioni ricevute dalla pubblica amministrazione, che dell'accesso l'interessato possa legittimamente fruire, non costituisce argomento che possa ribaltare una tale valutazione tecnica la circostanza che non consti essere stata presentata istanza per l'autorizzazione al passo carrabile».
Presidente Mocci - Relatore Grasso Osserva 1. Il Tribunale, in parziale accoglimento delle domande proposte da G.O.B. nei confronti di V.G., V.U., S.P., B.L., V.M., S.T.R. e S.R., disattesa la pretesa di acquisto per usucapione di una servitù di passaggio per uso agricolo, in favore del fondo attoreo, accertata parziale interclusione dello stesso, dispose servitù coattiva di passaggio, riconoscendo un indennizzo di € 13.500,00 in favore dei convenuti. 2. La Corte d’appello di Brescia, rigettata l’impugnazione incidentale, con la quale il G.O.B. si era doluto del mancato riconoscimento del diritto di servitù di passaggio acquisito per usucapione, accolta, per contro, quella dei convenuti, rigettò anche la domanda subordinata di costituzione di servitù coattiva di passaggio. 3. G.O.B. avanzava ricorso sulla base di due motivi e gli intimati resistevano con controricorso. Entrambe le parti depositavano memorie. 4. Il Consigliere delegato della Sezione ha proposto definirsi il ricorso ai sensi dell’articolo 380-bis cod. proc. civ. 5. G.O.B., con istanza sottoscritta dal difensore munito di una nuova procura speciale, ha chiesto decidersi il ricorso. 6. Il processo è stato fissato per l’adunanza camerale del 12 settembre 2024. 7. Occorre premettere che nel procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati ex articolo 380-bis c.p.c. come novellato dal d.lgs. numero 149 del 2022 , il presidente della sezione o il consigliere delegato che ha formulato la proposta di definizione può far parte - ed eventualmente essere nominato relatore - del collegio investito della definizione del giudizio ai sensi dell'articolo 380-bis.1 c.p.c., non versando in situazione di incompatibilità agli effetti degli articolo 51, comma 1, numero 4, e 52 c.p.c., atteso che tale proposta non rivela una funzione decisoria e non è suscettibile di assumere valore di pronuncia definitiva, né la decisione in camera di consiglio conseguente alla richiesta del ricorrente si configura quale fase distinta, che si sussegue nel medesimo giudizio di cassazione con carattere di autonomia e con contenuti e finalità di riesame e di controllo sulla proposta stessa S.U., numero 9611, 10/04/2024, Rv. 670667 – 01 . Ciò posto il consigliere proponente Stefano Oliva legittimamente compone il Collegio. 8. Con il primo motivo il ricorrente denuncia < < violazione, falsa od errata applicazione> > dell’articolo 132, co. 1, numero 4 , cod. proc. civ., assumendo che la Corte di merito aveva reso motivazione meramente apparente in ordine alle risultanze delle informazioni probatorie, così giungendo irragionevolmente a disattendere la domanda d’accertamento del diritto di passo per usucapione, coltivata in secondo grado con l’appello incidentale. 8.1. Il motivo non supera lo scrutinio d’ammissibilità. La giustificazione motivazionale è di esclusivo dominio del giudice del merito, con la sola eccezione del caso in cui essa debba giudicarsi meramente apparente apparenza che ricorre, come di recente ha ribadito questa Corte, allorquando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture Sez. 6, numero 13977, 23/5/2019, Rv. 654145 ma già S.U. numero 22232/2016 . A tale ipotesi deve aggiungersi il caso in cui la motivazione non risulti dotata dell’ineludibile attitudine a rendere palese sia pure in via mediata o indiretta la sua riferibilità al caso concreto preso in esame, di talché appaia di mero stile, o, se si vuole, standard cioè un modello argomentativo apriori, che prescinda dall’effettivo e specifico sindacato sul fatto. Siccome ha già avuto modo questa Corte di più volte chiarire, la riformulazione dell'articolo 360, primo comma, numero 5, cod. proc. civ., disposta dall'articolo 54 del d.l. 22 giugno 2012, numero 83, conv. in legge 7 agosto 2012, numero 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'articolo 12 delle preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione, con la conseguenza che è pertanto, denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali anomalia che si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico , nella motivazione apparente , nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile , esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione S.U., numero 8053, 7/4/2014, Rv. 629830 S.U. numero 8054, 7/4/2014, Rv. 629833 Sez. 6-2, numero 21257, 8/10/2014, Rv. 632914 . Nel caso in esame la Corte di merito ha reso motivazione, certamente al di sopra del “minimo costituzionale”, rendendo ripercorribili le ragioni che l’hanno indotta a reputare non essere stata raggiunta la prova del vantato acquisto per usucapione pagg. 10/11 . Per contro, il ricorrente invoca un improprio riesame di merito ovviamente precluso in questa sede. 9. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia < < falsa od erronea applicazione> > dell’articolo 1051, co. 2, cod. civ., 22 e segg. d. lgs. numero 285/1992, 44 e 45 d.P.R. numero 495/1992, nonché degli articolo 12 e segg. del regolamento viario provinciale, 142, co. 1, lettera c d. lgs. numero 42/2004. Questo, in sintesi l’assunto impugnatorio. Sin dall’atto introduttivo l’attore aveva precisato che il suo fondo risultava confinare a sud con la strada provinciale ex statale 510, a nord col fondo dei convenuti e a nord-est e a sud-est col torrente Gandovere e che aveva da sempre utilizzato l’accesso alla strada comunale attraverso il fondo dei convenuti. Esisteva un varco che consentiva l’accesso alla strada provinciale, tuttavia privo di autorizzazione amministrativa. Il c.t.u. aveva accertato che la Provincia di Brescia aveva escluso potersi autorizzare l’accesso alla SPBS 510, mancando le condizioni di sicurezza previste dalla legge. Al contrario di quanto erroneamente affermato dalla sentenza impugnata l’esponente non aveva giammai chiesto l’allargamento di una preesistente servitù, ai sensi dell’articolo 1051, co. 3, cod. civ., ma, ben diversamente, sia pure in via di subordine ove fosse stata disattesa la domanda d’usucapione , costituirsi diritto coattivo di servitù di passaggio. A parere del G.O.B. < < non può escludersi dalla sua [dell’articolo 1051, co. 1, cod. civ.] portata applicativa l’ipotesi in cui l’impossibilità di accedere alla via pubblica o l’eccessivo dispendio derivi non da ostacoli di carattere fisico, bensì da prescrizioni o divieti imposti dalla legge o dalla pubblica amministrazione, ovverosia da ostacoli di carattere giuridico> > . 9.1. Il motivo è fondato. Risulta confacente allo scopo prendere le mosse dal contenuto dell’articolo 1051, co. 1, cod. civ. < < Il proprietario, il cui fondo è circondato da fondi altrui, e che non ha uscita sulla via pubblica né può procurarsela senza eccessivo dispendio o disagio, ha diritto di ottenere il passaggio sul fondo vicino per la coltivazione e il conveniente uso del proprio fondo> > . L’istituto si fonda su ragioni tanto risalenti che ovvie la mancanza d’accesso alla via pubblica renderebbe vano il diritto di proprietà, procurando, inoltre, la formazione di zone franche anche dalla indispensabile manutenzione e un danno all’economia agricola in generale. La Corte di Brescia afferma che non potevasi invocare la norma sopra riportata < < in quanto il Ctu aveva accertato che i fondi di proprietà G.O.B. sono dotati di un accesso alla pubblica via strada provinciale 560 e il testimoniale escusso aveva confermato che tale accesso era stato normalmente utilizzato per le esigenze della coltivazione del fondo. Quanto alla asserita pericolosità ed incertezza di tale accesso è appena il caso di evidenziare che, allo stato, l’accesso dalla strada provinciale 560 viene utilizzato tale accesso non è stato vietato e non è stato autorizzato perché nessuna domanda in tal senso risulta essere mai stata avanzata alla Provincia proprietaria della strada> > . In sostanza, la Corte locale non prende in esame l’evenienza che possa disporsi servitù coattiva in presenza d’impedimento solo giuridico dell’accesso alla pubblica via e, tuttavia, reputa non esservi prova in concreto di un tale impedimento. La questione che va affrontata prioritariamente riguarda il significato normativo della mancanza d’uscita sulla pubblica via. Ove si limitasse il concetto di interclusione alla presenza d’un ostacolo fisico, sia esso costituito dalla presenza di fondi altrui o dalla orografia dei luoghi, la ratio della norma risulterebbe radicalmente sconfessata. Invero, negare che l’impossibilità d’accesso derivante dalla legge o da determinazioni della pubblica amministrazione, come nel caso in cui la strada, per la sua qualità o per il suo modo d’essere, non consenta, senza pericolo, l’autorizzazione di varchi privati, non integri l’ipotesi di cui all’articolo 1051, co. 1, cod. civ., condannerebbe il fondo alla perenne interclusione. Proprio in tale ottica questa Corte, in epoca oramai lontana, affermò sussistere il diritto del proprietario di un fondo destinato ad uso agricolo di ottenere la servitù di passaggio coattivo attraverso il fondo del vicino anche allorché esista un transito di accesso alla via pubblica, se il cattivo stato di manutenzione di esso, non occasionale e transitorio, e il potere discrezionale della P.A. nel renderlo praticabile, ne escludano l'utilizzabilità, sì da configurare la sostanziale interclusione del fondo sez. 2, numero 311, 14/01/1999, Rv. 522263 – 01 ma già, sotto il profilo che qui rileva, Cass. numero 1808/1969 . Ovviamente, siccome per le circostanze che comportino l’interclusione fisica, anche per quella giuridica la prova deve essere fornita da chi agisce per la costituzione della servitù coattiva di passaggio. Come si è visto, la sentenza evidenzia non constare che l’accesso sulla strada provinciale sia stato espressamente vietato, né che il G.O.B. avesse dimostrato essere stata rigettata dalla pubblica amministrazione istanza di accesso carrabile. L’osservazione, che in linea di principio non può dirsi errata, tuttavia, nel caso al vaglio finisce per violare il primo comma dell’articolo 1051 cod. civ., siccome sopra interpretato, avendo la sentenza omesso di misurarsi con le valutazioni del consulente del giudice, il quale ha esposto che, in risposta a una specifica richiesta di parere in ordine alla possibilità di vedere autorizzato l’accesso, la Provincia di Brescia aveva espressamente esclusa la possibilità di una tale autorizzazione. Siffatta conclusione costituisce emergenza di causa che non resta menomata per il mero fatto che il G.O.B. non abbia versato in atti la prova del rigetto di una propria istanza, proprio perché la non autorizzabilità risulta essere stata accertata dal collaboratore del giudice e, pertanto, solo l’emergere di circostanza che ne contraddica la portata assertiva potrebbe essere presa in considerazione. È appena il caso di soggiungere che l’eventuale utilizzo in esclusiva o in alternativa - fino al momento dell’interposta occlusione da parte dei controricorrenti - d’una apertura abusiva sulla strada provinciale non può reputarsi giuridicamente apprezzabile. Si tratterebbe, invero, d’una situazione fattuale precaria e “contra legem” che non libererebbe il fondo dall’interclusione. 9.2. Tenuto conto di quanto sopra la sentenza deve essere cassata con rinvio. Il Giudice del rinvio si atterrà ai seguenti principi di diritto “ 1 In materia di costituzione di servitù coattiva di passaggio, ai sensi del primo comma dell’articolo 1051 cod. civ., costituisce impedimento ad usufruire d’uscita sulla via pubblica la circostanza che un tale accesso risulti precluso dalla legge o dalla pubblica amministrazione. 2 Spetta a colui che richiede la costituzione della servitù dimostrare la giuridica impossibilità di accesso alla via pubblica tuttavia, ove il consulente del giudice abbia escluso, sulla base degli accertamenti e delle informazioni ricevute dalla pubblica amministrazione, che dell’accesso l’interessato possa legittimamente fruire, non costituisce argomento che possa ribaltare una tale valutazione tecnica la circostanza che non consti essere stata presentata istanza per l’autorizzazione al passo carrabile”. Il Giudice del rinvio deciderà sulla base degli atti, essendogli precluso ogni ulteriore attività istruttorio. Regolerà, inoltre, anche il capo delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. accoglie il secondo motivo del ricorso e dichiara inammissibile il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione all’accolto motivo e rinvia alla Corte d’appello di Brescia, altra composizione, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.