Laddove precetti religiosi vietino ogni forma di trasfusione di sangue e l’interessato ha espressamente rifiutato questi trattamenti, anche in caso di pericolo di vita, imporglieli tramite ordine di un giudice viola la sua autonomia decisionale. Ciò comporta una deroga all’articolo 8, letto alla luce dell’articolo 9 Cedu. La volontà di un paziente nel pieno delle sue capacità cognitive, espressa a seguito di un consenso libero, informato e consapevole, prevale anche sul rischio di perire i medici dovranno trovare metodi alternativi rispettosi delle sue volontà.
È quanto stabilito dalla GC il 17 settembre nella Pindo Mulla c. Spagna ric.11541/20 . La ricorrente è una testimone di Geova, la quale, nel rispetto dei dettami della sua religione, nel 2017 aveva firmato due documenti, di cui una procura permanente, in cui rifiutava ogni tipo e forma di trasfusione di sangue anche se in pericolo di vita. Queste sue dichiarazioni ex lege furono inserite in un registro elettronico nazionale e regionale. Nel 2018 fu colpita da anemia in conseguenza di una grave emorragia interna e rifiutò ancora le trasfusioni di cui abbisognava, sottoscrivendo gli specifici moduli, controfirmati dai medici che l'avevano presa in cura. Fu dunque, trasferita ad un altro ospedale attrezzato per le sue esigenze, ma durante il tragitto le sue condizioni peggiorarono e, arrivata in struttura, fu necessaria un'operazione con una trasfusione autorizzata da un giudice cui si erano rivolti i nuovi medici curanti. Il giudice non conosceva né la paziente né era a conoscenza del suo rifiuto, la decisione non fu comunicata né alla ricorrente né ai suoi cari. Vani i ricorsi per opporsi alla trasfusione. Quadro normativo internazionale e diritto comparato La Convenzione di Oviedo del 1997, la Raccomandazione del Consiglio dei Ministri del COE numero 2009/11, la Risoluzione numero 1859/2012 del Parlamento del COE e una relazione dell'Onu sulla salute fisica e mentale degli individui del 2009, sanciscono il consenso libero ed informato ai trattamenti medici quale caposaldo dei principi di autonomia, autodeterminazione ed integrità della persona. La relazione dell'ONU ha infatti, chiarito che «il consenso informato non è solo l'accettazione di un intervento medico, ma anche una decisione volontaria e sufficientemente motivata, che protegge il diritto del paziente di partecipare al processo decisionale medico e impone doveri e obblighi agli operatori sanitari. Queste giustificazioni normative etiche e legali si trovano nella promozione dell'autonomia del paziente, dell'autodeterminazione, dell'integrità fisica e del benessere». Nel commento generale numero 14 sul diritto al più alto livello di salute raggiungibile, il Comitato per i Diritti Economici, Sociali e Culturali ha esposto la sua interpretazione dell'articolo 12 del Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali. In particolare, ha dichiarato «il diritto alla salute non può essere inteso come il diritto a una buona salute. Il diritto alla salute presuppone sia le libertà che i diritti. Le libertà includono il diritto dell'essere umano di controllare la propria salute e il proprio corpo, compreso il diritto alla libertà sessuale e riproduttiva, così come il diritto all'integrità, compreso il diritto a non essere sottoposto a tortura e a non essere sottoposto a cure mediche o esperienze senza il suo consenso» neretto, nda . A livello di diritto comparato gli Stati membri del COE sono stati divisi in 3 gruppi uno, di cui fa parte l'Italia, ha istituito pubblici registri sulle volontà dei pazienti in merito al rifiuto di cure e trattamenti medici, anche se in pericolo di vita. Il rifiuto è considerato valido e vincolante solo se è stato espresso dopo che il medico abbia informato dettagliatamente il paziente sulle conseguenze del rifiuto. Se non è prestato questo consenso informato e consapevole, l'obiezione del paziente alle trasfusioni di sangue sarà considerata un fattore rilevante piuttosto che un'istruzione vincolante, e non impedirà la somministrazione di trattamenti di emergenza salvavita. In molti Stati di questo gruppo il rifiuto può essere disatteso se può pregiudicare la salute del paziente o se la sua vita è a rischio. In altri Stati non è previsto il rifiuto ed in altri ancora è rispettato pedissequamente anche se l'interessato è in pericolo di vita. Si noti che anche all'interno dei vari gruppi e soprattutto di quello in cui è l'Italia, non vi è omogeneità di vedute sul tema, tanto che alcuni paesi impongono seri limiti a questa libertà di scelta. L'autonomia decisionale della interessata prevale sulla sua stessa vita In primis la fattispecie si differenzia da altre analoghe decise dalla CEDU sulle cure ai minori e casi di persone che volevano ricorrere all'eutanasia od al suicidio assistito la ricorrente voleva guarire e curarsi, ma senza dover ricorrere a procedure contrarie al proprio credo. Da quanto sopra, emerge che la regola base è il consenso libero, informato e consapevole dato da una persona nelle sue piene capacità giuridiche ciò significa che è nullo o, per lo meno, non vincolante il rifiuto espresso da un soggetto con problemi mentali o disabilità cognitive che gli potrebbero impedire di comprendere in pieno la portata del rifiuto. In passato la CEDU ha condannato uno Stato membro perché i medici avevano accettato il rifiuto di cure salva vita da un ragazzo che aveva chiari problemi mentali causandone la morte. Ciò è alla base dell'autonomia decisionale di una persona che è un aspetto della sua autodeterminazione e perciò rientra nella tutela della sua privacy ex art.8 Cedu. «Ne consegue che, qualora, in una situazione di emergenza, sussistano motivi ragionevoli per rimettere in discussione la decisione dell'interessato su uno di tali punti essenziali, la somministrazione di cure urgenti e salvavita non può essere considerata una violazione dell'obbligo di rispettare l'autonomia personale di tale persona. La Corte osserva che tale posizione è del tutto coerente con l'articolo 8 della Convenzione di Oviedo, che consente di interpretare restrittivamente un'eccezione alla regola generale dell'approvazione in caso di urgenza. L'importanza da attribuire al rispetto dell'autonomia del paziente implica anche che devono essere adottate misure ragionevoli per eliminare qualsiasi dubbio o incertezza che circonda il rifiuto delle cure. Come la Corte ha già affermato, anche se in un contesto diverso, si deve ritenere che la volontà del paziente svolga un ruolo primario … . Il testo dell'articolo 8 della Convenzione di Oviedo non specifica cosa sia richiesto in tali circostanze. Per quanto riguarda questa disposizione, la relazione esplicativa sottolinea la necessità per gli operatori sanitari di attuare misure ragionevoli per determinare quali potrebbero essere i desideri del paziente. La natura di tali misure ragionevoli dipende necessariamente dalle circostanze del caso in questione e può anche essere influenzata dal contenuto del quadro giuridico interno» neretto, nda . Secondo la CEDU poi, solo nel caso in cui i medici non siano in grado di dimostrare che il paziente abbia lucidamente e consapevolmente rifiutato le cure salvavita, prevale il loro dovere etico e professionale di salvargliela anche contro la sua asserita volontà. Il ruolo centrale del processo decisionale Riassumendo sembra «in Europa esista una diversità di pratiche per quanto riguarda le modalità per conciliare il più possibile il diritto alla vita e il diritto del paziente al rispetto della propria autonomia, tenendo conto dei desideri precedentemente espressi. Alla luce delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene che sia il principio dell'efficacia giuridica vincolante delle direttive anticipate sia le relative modalità formali e pratiche rientrino nel margine di discrezionalità degli Stati contraenti». Alla luce di ciò, la legislazione interna oltre a prevedere terapie alternative compatibili con i desideri dei pazienti deve anche adottare un quadro interno per rispettare ed attuare l'autonomia decisionale dei singoli. Il ricorso ai giudici per dirimere controversie dovrebbe essere l'extrema ratio solo per fare luce sull'effettiva volontà del paziente quando questi non possa fare chiarezza. In ogni caso prima si dovrebbe chiedere ai familiari ed ai suoi cari. Nella fattispecie il giudice non aveva ricevuto informazioni importanti sull'iscrizione al registro dei rifiuti e sul fatto che la donna anche quando arrivò all'ultimo ospedale dove subì l'intervento salvavita era stata molto chiara nel rifiutare le trasfusioni e soprattutto è sempre stata nelle sue piene facoltà. Queste omissioni ed altre informazioni inesatte hanno determinato in modo essenziale la contestata decisione e la donna non ha avuto accesso a rimedi interni effettivi per contestarla facendo valere la sua insindacabile volontà. È stata quindi violata la sua capacità giuridica di esprimere la sua autonomia decisionale. Il sistema nazionale non è stato perciò in grado di fornire un'adeguata risposta all'omissione di rispetto dei desideri della ricorrente cui è stato riconosciuto un cospicuo indennizzo.
CEDU_Case of Pindo Mulla v. Spain ric.11541/20 .