Il figlio ricorreva al Tribunale ordinario, ufficio del giudice tutelare, per l’apertura di una procedura di amministrazione di sostegno a beneficio del proprio padre il quale, invece, si opponeva deducendo la sua piena integrità psico-fisica, provata con certificati medici, negando di aver posto in essere disposizioni patrimoniali inadeguate, ed evidenziando, al contrario, di essere perfettamente in grado di gestire le proprie finanze e risparmi.
La Corte d'Appello respingeva il ricorso rilevando che il giudice di primo grado avesse ritenuto necessaria la nomina provvisoria di un amministratore di sostegno per ricostruire il patrimonio del beneficiario, la sua modalità di gestione, il tutto per proteggerlo. Tale nomina sarebbe stata a termine senza una effettiva incidenza e compressione sulle facoltà del beneficiario. In particolare, destava preoccupazione una compravendita formalizzata in termini non proficui. Avverso tale decisione, l'amministrato proponeva ricorso per Cassazione. Sulla mancanza dei presupposti dell'ADS Il ricorrente lamenta l'arbitrarietà e la sproporzionalità del provvedimento perché impone delle misure restrittive alla capacità di agire ed alla libera determinazione di un soggetto nel pieno possesso delle proprie facoltà fisiche e psichiche che si è espressamente ed energicamente opposto alla nomina dell'amministratore. L'amministrato anche in questa sede deduceva di non essere affetto da infermità o menomazione fisica o psichica determinante l'impossibilità di provvedere ai propri interessi, e di essere per contro del tutto autonomo e consapevole nell'espletamento delle funzioni della vita quotidiana. Il diritto di difesa dell'amministrato Nell'accogliere il ricorso, la Corte precisa che l'amministratore di sostegno nominato in via provvisoria non è un litisconsorte necessario e non può costituirsi per il beneficiario il quale, al contrario, ha diritto di difendersi scegliendo liberamente il proprio difensore. L'ADS a tutela della persona La Suprema Corte precisa che l'istituto dell'amministrazione di sostegno è uno strumento volto a proteggere la persona in tutto o in parte priva di autonomia, in ragione di disabilità o menomazione di qualunque tipo e gravità, senza mortificarla e senza limitarne la capacità di agire se non -e nella misura in cui è strettamente indispensabile. Lo stesso decreto di nomina contiene i poteri dell'amministratore che vengono via via adeguati e modellati sulla persona suscettibili di variare nel tempo così da assicurare tutela al beneficiario col minor sacrificio della sua capacità di autodeterminazione. La flessibilità come regola cardine dell'ADS L'Amministrazione di sostegno si caratterizza per la sua flessibilità infatti, la normativa lascia ampi spazi di regolamentazione e di adattamento della misura al caso concreto. Il giudice, tramite l'esame, verifica, da un lato, le competenze della persona e cioè le sue capacità e abilità, e, dall'altro, le sue carenze, muovendo dal presupposto che la persona potrebbe essere in grado di autodeterminarsi e di esercitare con sufficiente avvedutezza taluni diritti, ovvero operare in taluni ambiti della vita sociale ed economica, mentre potrebbe non essere abile e competente in altri settori. Pertanto, il giudice andrà a verificare se è necessaria la nomina e come definire e perimetrare i compiti e i poteri dell'amministratore. Il peso dell'opinione del beneficiario Proprio perché la misura è parametrata alle capacità del beneficiario, l'opinione del soggetto non può esser considerata di poco valore solo perché espressa da una persona fragile o disabile o affetto da malattia psichica. Quando disporre l'ADS? Viene nominato un Amministratore quando il Giudice accerta un deficit, quando la persona, dunque, non è in grado di provvedere, da sola o eventualmente con il supporto della rete familiare, ai suoi interessi, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica articolo 404 c.c. , tenendo conto, nei limiti del possibile, della volontà del beneficiario. Tale misura può esser anche solo finalizzata ad un mero supporto, oppure, ove il giudice tutelare ritenga di estendere al beneficiario le limitazioni e decadenze previste per l'interdetto o l'inabilitato articolo 411 c.c. comportare il conferimento all'amministratore di specifici poteri di rappresentanza o di assistenza, analoghi rispettivamente a quelli del tutore o del curatore. Illegittimo il provvedimento impugnato Secondo la Corte, nel caso di specie, è illegittimo il provvedimento con cui il Giudice tutelare ha nominato al soggetto un amministratore provvisorio posto che non ha individuato esattamente quale sarebbe la condizione di menomata capacità del soggetto di provvedere ai propri interessi. Nel provvedimento si parla, infatti, di condizione di fragilità senza ulteriori specifiche e approfondimenti. La misura, pertanto, non è finalizzata alla tutela del soggetto ma quanto a verificare se effettivamente tale incapacità esista. Inoltre, non è stata tenuta in alcuna considerazione l'opposizione della persona interessata, e i documenti medici da lui prodotti.
Presidente Acierno – Relatore Russo Fatti di causa Il ricorrente si è opposto alla avvenuta apertura di amministrazione di sostegno in suo favore, su ricorso del figlio, deducendo la sua piena integrità psico-fisica, attestata anche da certificati a firma di medici di fiducia, in assenza di evidenze di decadimento ha negato di avere posto in essere disposizioni patrimoniali di dubbia convenienza ed adeguatezza ha evidenziato di essere perfettamente capace di badare ai suoi interessi personali e patrimoniali e di doversi preservare dagli effetti economicamente pregiudizievoli di molteplici comportamenti tenuti dal figlio F. ha contestato la scelta di quest'ultimo, stigmatizzata come strumentale, volta a screditare il genitore e ad ottenerne il “controllo” per i suoi interessi ha lamentato che la misura assunta dal giudice tutelare avrebbe un'illegittima connotazione esplorativa, in quanto diretta solo ad indagare pregresse condotte di rilievo patrimoniale, senza un'attualità di pericolo. La Corte d'appello, premettendo che nel giudizio il nominato amministratore è litisconsorte necessario per la salvaguardia dei diritti sostanziali e processuali del beneficiario, ha respinto il ricorso, rilevando che il giudice di prime cure ha ritenuto necessaria la nomina provvisoria di un amministratore di sostegno sia al fine di svolgere un approfondimento teso a ricostruire il patrimonio del soggetto, nonché i suoi criteri di gestione rispetto ai singoli atti posti in essere, sia allo scopo di proteggere almeno in via contingente la fragilità del soggetto in assenza di figure vicarianti in grado di fornirgli un adeguato supporto. Ha pertanto ritenuto che si tratti di “nomina a termine per svolgere un'attività di affiancamento interlocutorio, senza effettiva incidenza e compressione attuale sulle/delle facoltà dell'Amministrato, il quale deve consentire che l'Amministratore in via meramente prudenziale e con finalità di monitoraggio comprenda quali siano i cespiti a sua disposizione, le modalità del loro impiego pregresso e prossimo, l'esistenza o meno di ingerenze esterne che possano rivelarsi in qualsiasi maniera lesive degli interessi dell'odierno reclamante”. La Corte di merito ha osservato che la misura temporanea così concepita è ancorata alla vicenda di una compravendita, omissis , formalizzata “in termini che paiono essere tutt'altro che proficui” Ha ritenuto pertanto che il provvedimento di primo grado rispetti il principio che tutela della amministrato deve avvenire sempre con la minore limitazione possibile della sua capacità di agire posto che il principio di autodecisione va rispettato quando la persona in difficoltà abbia stabilito di puntare sull'ausilio delle persone affidabili gravitanti nella sua cerchia ed abbia costituito una rete di stretti legami in grado di assicurare la migliore attuazione della sua volontà, ma allo stato, non pare essere questa la condizione in cui si trova il soggetto perché “perché non vi sono supporti e la riluttanza della persona fragile si fonda su un senso di orgoglio non del tutto giustificato, con il rischio di non dare un'adeguata tutela ai suoi interessi”. Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione l'interessato affidandosi a cinque motivi. Non si sono costituiti gli intimati Ritenuto che 1. Con il primo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell'articolo 360 co. 1 numero 3 c.p.c. la violazione o falsa applicazione dell'articolo 404 c.c. con specifico riferimento all'insussistenza di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica del beneficiario. 1.2. Con il secondo motivo del ricorso si lamenta ex articolo 360 co. 1 numero 3 c.p.c. la violazione o falsa applicazione dell'articolo 404 c.c., degli articolo 2,3 e 13Cost. nonché dell'articolo 8 della CEDU in considerazione della condizione del ricorrente, soggetto capace e riluttante all'amministrazione di sostegno. 1.3 Con il terzo motivo del ricorso si lamenta ex articolo 360 c.p.c. co 1 numero 3 c.p.c. la violazione o falsa applicazione dell'articolo 404 c.c. e degli articolo 115 e 116 c.p.c. in relazione alla ritenuta travisata fragilità del beneficiario ed all'insussistente presupposto per l'apertura dell'amministrazione di sostegno. 1.4. Con il quarto motivo del ricorso si lamenta ex articolo 360 c.p.c. co 1 numero 3 c.p.c. la violazione o falsa applicazione dell'articolo 404 c.c. e degli articolo 115 e 116 c.p.c. con riferimento all'insussistenza dell'incapacità del ricorrente di provvedere ai propri interessi ed all'insussistenza dei presupposti per l'apertura dell'amministrazione di sostegno. 1.5. Con il quinto motivo del ricorso si lamenta ex articolo 360 c.p.c. co 1 numero 3 c.p.c. la violazione o falsa applicazione dell'articolo 404 c.c., dell'articolo 14Cost. nonché dell'articolo 8 della CEDU con riferimento alle finalità ed alla ratio della procedura di amministrazione di sostegno L'odierno ricorrente deduce di non essere affetto da infermità o menomazione fisica o psichica determinante l'impossibilità di provvedere ai propri interessi, e di essere per contro del tutto autonomo e consapevole nell'espletamento delle funzioni della vita quotidiana e ciò è stato confermato dallo stesso giudice tutelare laddove nel decreto di apertura dell'amministrazione di sostegno ha premesso che a carico del beneficiario non risultano “evidenze di decadimento fisico o psichico”. Il provvedimento impugnato si configura quindi come arbitrario e sproporzionato perché impone delle misure restrittive alla capacità di agire ed alla libera determinazione di un soggetto nel pieno possesso delle proprie facoltà fisiche e psichiche che si è espressamente ed energicamente opposto alla nomina dell'amministratore. Lamenta che i giudici abbaino ritenuto sussistente la fragilità senza ulteriori specificazioni del ricorrente in difetto di qualsiasi concreto riscontro probatorio, senza tenere in debito conto la certificazione medica in atti attestante l'assenza di menomazioni. Osserva che la violazione di legge in cui è incorsa la Corte d'appello risiede nell'equazione, acritica e forzata, conflitto familiare -fragilità impossibilità di provvedere ai propri interessi, perché in realtà l'impossibilità che sola può giustificare la limitazione della capacità di agire dell'individuo è quella conseguente, ex articolo 404 c.c., ad una patologia fisica o psichica, insussistente nel caso. Il decreto impugnato viola quindi gli articolo 404 c.c. e 115 e 116 c.p.c. anche sotto ulteriore assorbente profilo, posto che fonda l'apertura della amministrazione su di una circostanza, precipuamente la vendita della barchessa ed della villa storica a condizioni asseritamente svantaggiose, di cui non solo non vi è alcun riscontro in giudizio ma che, anche ad ammetterla, si configura del tutto irrilevante ed ininfluente al fine dell'applicazione o meno della misura di sostegno. Inoltre il provvedimento viene utilizzato con finalità di accertamento istruttorio poiché la Corte ha ritenuto di confermare che possa essere aperta una amministrazione con finalità istruttoria e di accertamento sul patrimonio del beneficiario, sulla sua gestione e sull'esistenza di eventuali ingerenze esterne. 2. I motivi, strettamente connessi, possono essere esaminati congiuntamente e sono fondati. 2.1. Preliminarmente si osserva che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte distrettuale, l'amministratore di sostegno provvisoriamente nominato non è un litisconsorte e non può costituirsi in nome e per conto del beneficiario, il quale in questo processo, ha diritto di difendersi scegliendo liberamente il suo difensore Cass. numero 451 del 08/01/2024 . 2.2 Nel merito, la Corte d'appello, pur correttamente enunciando il principio che l'amministrazione di sostegno è una misura a tutela della persona e che deve avvenire con la minore limitazione di capacità possibile, non ne fa corretta applicazione. Deve qui ricordarsi che l'amministrazione di sostegno è uno strumento volto a proteggere la persona in tutto o in parte priva di autonomia, in ragione di disabilità o menomazione di qualunque tipo e gravità, senza mortificarla e senza limitarne la capacità di agire se non -e nella misura in cui è strettamente indispensabile la legge chiama il giudice all'impegnativo compito di adeguare la misura alla situazione concreta della persona e di variarla nel tempo, così da assicurare all'amministrato la massima tutela possibile con il minor sacrificio della sua capacità di autodeterminazione Cass. sez. unumero , 30/07/2021, numero 21985Cass., sez. I 27 settembre 2017, numero 22602, Cass. sez. I, 11 maggio 2017, numero 11536 Cass. civ. sez. I 26 ottobre 2011, numero 22332 Cass. civ. sez. I 29 novembre 2006, numero 25366 Cass. civ. sez. I 12 giugno 2006, numero 13584 Cass. civ, sez. I, 11 settembre 2015, numero 17962 . Introducendo l'amministrazione di sostegno, il legislatore ha dotato l'ordinamento di una misura che può essere modellata dal giudice tutelare in relazione allo stato personale e alle circostanze di vita di ciascun beneficiario e in vista del concreto e massimo sviluppo delle sue effettive abilità. Così l'ordinamento mostra una maggiore sensibilità alla condizione delle persone con disabilità, è più attento ai loro bisogni e allo stesso tempo più rispettoso della loro autonomia e della loro dignità di quanto non fosse in passato, quando il codice civile si limitava a stabilire una netta distinzione tra soggetti capaci e soggetti incapaci, ricollegando all'una o all'altra qualificazione rigide conseguenze predeterminate. Nell'assolvere a questi compiti di protezione della persona, non è la gravità della malattia o menomazione che deve orientare il giudice, ma piuttosto la idoneità di tale strumento ad adeguarsi alle esigenze di detto soggetto, in relazione alla sua flessibilità ed alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa Corte Cost. 10/05/2019 numero 114 Cass. civ. sez. I 4/03/ 2020, numero 6079 Cass. sez. I del 12 /06/ 2006 numero 13584 . La flessibilità è il tratto distintivo di questa misura di protezione, che non ha una disciplina legale predeterminata in ogni suo aspetto, posto che la normativa lascia ampi spazi di regolamentazione e di adattamento della misura al caso concreto il c.d. vestito su misura . Il giudice verifica, da un lato, le competenze della persona e cioè le sue capacità e abilità, e, dall'altro, le sue carenze, muovendo dal presupposto che la persona potrebbe essere in grado di autodeterminarsi e di esercitare con sufficiente avvedutezza taluni diritti, ovvero operare in taluni ambiti della vita sociale ed economica, mentre potrebbe non essere abile e competente in altri settori. In esito a tale verifica il giudice, oltre a decidere l'an della misura, deve anche definire e perimetrare i compiti e i poteri dell'amministratore, in termini direttamente proporzionati all'incidenza degli accertati deficit sulla capacità del beneficiario di provvedere ai suoi interessi, di modo che la misura risulti specifica e funzionale agli obiettivi individuali di tutela, altrimenti implicando un'ingiustificata limitazione della capacità di agire della persona Cass. 02/11/2022, numero 32321 . La disciplina legale della misura, come si è detto, si caratterizza per una maggiore attenzione alla dignità della persona, il che significa che la sua volontà, nei limiti del possibile, deve essere rispettata. L'opinione del beneficiario non può essere considerata minusvalente solo perché espressa da un soggetto fragile, disabile, affetto da malattia psichica, poiché in tal modo si riproporrebbe uno schema rigido fondato su regole predeterminate, spesso desunte da dogmi indimostrati e talora discriminatori invece di valutare, come richiede un approccio orientato al rispetto dei diritti umani, se nel caso concreto è possibile ed in quale misura rispettare la volontà dell‘interessato senza pregiudizio per i suoi interessi Cass. numero 7414 del 20/03/2024, in motivazione . 3. In sintesi, la misura si giustifica in quanto, in primo luogo, si accerti un deficit e cioè che la persona non è in grado di provvedere, da sola o eventualmente con il supporto della rete familiare, ai suoi interessi, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica art 404 c.c. , tenendo conto, nei limiti del possibile, della volontà del beneficiario, ovvero, se deve disporsi diversamente, motivando adeguatamente sul punto. La misura può avere finalità di mero supporto, oppure, ove il giudice tutelare ritenga di estendere al beneficiario le limitazioni e decadenze previste per l'interdetto o l'inabilitato art 411 c.c. comportare il conferimento all'amministratore di specifici poteri di rappresentanza o di assistenza, analoghi rispettivamente a quelli del tutore o del curatore, e nei limiti strettamente necessari a proteggere gli interessi del beneficiario, ma non può essere essa stessa un mezzo istruttorio e di monitoraggio, poiché l'accertamento del deficit di competenze deve precedere e non seguire la misura. 4.-Il provvedimento impugnato, pertanto, è stato reso in difformità alle norme ed ai principi che disciplinano l'amministrazione di sostegno quanto a presupposti e finalità della misura. Ciò in primo luogo perché non individua esattamente quale sarebbe la condizione di menomata capacità del soggetto di provvedere ai suoi interessi, se non nella circostanza che avrebbe fatto un cattivo affare o meglio un affare “in termini che paiono essere tutt'altro che proficui” manca però l'accertamento effettivo della riconducibilità di tale affare ad una condizione patologica, circostanza dedotta dal figlio del beneficiario -il quale lamenta anche che il padre gli abbia tolto l'amministrazione di una parte del patrimonio ma non positivamente accertata dal giudice. Nel provvedimento si parla genericamente di una condizione di fragilità ma senza ulteriori specificazioni. Di conseguenza, la misura è stata finalizzata non a proteggere il soggetto da una condizione di accertata inadeguatezza a provvedere ai suoi interessi, quanto piuttosto a verificare se effettivamente detta inadeguatezza sussista e quale sia l'andamento degli affari del soggetto, con finalità di “monitoraggio”. Inoltre, la Corte ha erroneamente sminuito la portata della misura, affermando che essa non sia invasiva della sfera di autodeterminazione del beneficiario affermazione erronea, perché la misura consente ad un terzo, contro la volontà del diretto interessato, di assumere informazioni sulla gestione dei suoi affari e in sostanza di sottoporli a controllo al fine di riferire al giudice tutelare. Si tratta quindi di una misura al tempo stesso limitativa ed esplorativa che, ancor prima di un positivo accertamento della condizione di fragilità ed anzi al fine di accertare se vi è effettivamente questa condizione di fragilità, sottopone la persona a un controllo della gestione patrimoniale contro la sua volontà. Inoltre, non è stata tenuta in alcuna considerazione l'opposizione della persona interessata, e i documenti medici da lui prodotti, se non adducendo generiche e non meglio specificate fragilità da tutelare “in via prudenziale” -espressione che in questo contesto è del tutto priva di significato nonché argomentando su un altrettanto non meglio specificata “riluttanza” del soggetto fondata su un “senso di orgoglio” non giustificato senza spiegare perché il legittimo orgoglio che ogni persona ha di provvedere da sé ai propri interessi non sarebbe in questo caso giustificato. Ne consegue, in accoglimento del ricorso, la cassazione del provvedimento impugnato e il rinvio alla Corte d'appello di Venezia in diversa composizione per un nuovo esame e per la liquidazione delle spese anche del giudizio di legittimità. P.Q.M. Accoglie il ricorso cassa il provvedimento impugnato e rinvia alla Corte d'appello di Venezia in diversa composizione per un nuovo esame per la liquidazione delle spese anche del giudizio di legittimità. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri titoli identificativi a norma dell'articolo 52 d.lgs. 196/2003.