Ubriaco, provoca un incidente: non è automatico il concorso di colpa del passeggero consapevole

L’eventuale concorso colposo del passeggero alla concausazione del sinistro andrà accertato con giudizio sintetico a posteriori vagliando, caso per caso, le condizioni della vittima e del conducente, l’entità del tasso alcolemico, le circostanze di tempo e di luogo, la prevedibilità del rischio. Fermo restando il divieto di valutazioni che escludano interamente il diritto al risarcimento spettante al trasportato.

A seguito di un sinistro stradale che gli ha causato lesioni personali, il passeggero di un autoveicolo chiedeva il risarcimento danni al vettore e al suo assicuratore. Il Tribunale e la Corte d'appello attribuivano al soggetto leso un concorso di colpa del 50% per avere accettato di lasciarsi trasportare da persona in evidente stato di ebbrezza cosicché proponeva ricorso, avverso la sentenza d'appello, per cassazione. Il ricorrente lamentava la violazione degli articolo 1227 c.c. e 115 c.p.c., sul duplice presupposto che non vi fosse prova che lo stato di ebbrezza, piuttosto che l'imprudenza, abbia determinato l'invasione dell'opposta corsia di marcia da parte del guidatore e che, in ogni caso non vi fosse prova che l'ebbrezza di questi fosse percepibile dal soggetto trasportato. Secondo la Suprema Corte, il motivo pone il problema di stabilire se l'articolo 1227, comma primo, c.c. sia compatibile con il diritto comunitario, se interpretato nel senso di escludere o ridurre il risarcimento del danno di persona trasportata su un veicolo a motore condotto da persona in stato di ebbrezza. La materia dell'assicurazione r.c.a, ricorda il Collegio è infatti, materia armonizzata a livello comunitario dalla Direttiva 2009/103/CE del 16 settembre 2009. Il XXIII Considerando della Direttiva sottolinea, a più riprese, che obiettivo del legislatore comunitario è includere tutte le persone trasportate nei benefici assicurativi salvo il caso di circolazione consapevole su un veicolo di provenienza illegale . Tale proposito, si evidenzia, «verrebbe posto a repentaglio se la legislazione nazionale o qualsiasi clausola contrattuale contenuta in un contratto di assicurazione escludesse dalla copertura assicurativa i passeggeri che erano  a conoscenza, o avrebbero dovuto essere a conoscenza, del fatto che il conducente del veicolo era sotto gli effetti dell'alcool o di altre sostanze eccitanti al momento dell'incidente». Emerge chiaramente dal Considerando la volontà di tutelare il passeggero, il quale non è solitamente in grado di valutare in modo adeguato lo stato di ebrezza del conducente. La Cassazione inoltre, richiama l'articolo 13, ultimo comma, della Direttiva 2009/103 che, coerentemente con le previsioni sopraesposte, stabilisce che gli Stati membri debbano adottare tutte le misure necessarie ad evitare disposizione di legge o clausole contrattuali contenute in una polizza assicurativa volte ad escludere la copertura assicurativa a un passeggero a conoscenza o che avrebbe dovuto conoscere lo stato di alterazione del conducente. Il XXIII Considerando e l'articolo 13 della Direttiva, in prima facie, apparrebbero norme intrinsecamente contraddittorie, ma così non è. Infatti, sottolinea la Corte «mentre contrasterebbe con l'articolo 13 della Direttiva 2009/103 una norma di diritto interno che escludesse o limitasse ipso facto il diritto al risarcimento del passeggero, per il solo fatto di avere preso posto a bordo d'un veicolo condotto da persona ubriaca, non viola per contro il diritto comunitario una norma di diritto nazionale che, senza fissare decadenze o esclusioni in linea generale, consente al giudice di valutare caso per caso, secondo le regole della responsabilità civile, se la condotta della vittima possa o meno ritenersi colposamente concorrente alla produzione del danno». Ciò premesso, i giudici di legittimità, sulla base dell'orientamento comunitario richiamato e ormai pacifico, affermano due principi di diritto in materia «l'articolo 1227, comma primo, c.c., interpretato in senso coerente con la Direttiva 2009/103, non consente di ritenere, in via generale ed astratta, che sia sempre e necessariamente in colpa la persona la quale, dopo aver accettato di essere trasportata a bordo d'un veicolo a motore condotto da persona in stato di ebbrezza, rimanga coinvolta in un sinistro stradale ascrivibile a responsabilità del conducente. Una simile interpretazione infatti contrasterebbe con l'articolo 13, § 3, della Direttiva 2009/103, nella parte in cui vieta agli Stati membri di considerare “senza effetto”, rispetto all'azione risarcitoria spettante al trasportato, qualsiasi disposizione di legge … che escluda un passeggero dalla copertura assicurativa in base alla circostanza che sapeva o avrebbe dovuto sapere che il conducente del veicolo era sotto gli effetti dell'alcol. Spetterà dunque al giudice di merito valutare in concreto, secondo tutte le circostanze del caso, se ed in che misura la condotta della vittima possa dirsi concausa del sinistro, fermo restando il divieto di valutazioni che escludano interamente il diritto al risarcimento spettante al trasportato nei confronti dell'assicuratore del vettore». Inoltre, conclude «l'accertamento della esistenza e del grado della colpa della persona che, accettando di farsi trasportare da un conducente in stato di ebbrezza, patisca danno in conseguenza d'un sinistro stradale, è apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità, se rispettoso dei parametri dettati dal primo comma dell'articolo 1227 c.c.».

Presidente Frasca - Relatore Rossetti Fatti di causa 1. P.D. rimase vittima di un sinistro stradale, riportando lesioni personali, mentre era trasportato a bordo d'un autoveicolo. Di tale danno chiese il risarcimento al vettore ed al suo assicuratore. Sia il Tribunale che la Corte d'appello attribuirono alla vittima un concorso di colpa del 50%, per avere accettato di lasciarsi trasportare da persona di cui era evidente lo stato di ebbrezza. La sentenza d'appello è stata impugnata per Cassazione da P.D. con ricorso fondato su un motivo. La OMISSIS ha resistito con controricorso. Ambo le parti hanno depositato memoria. Ragioni della decisione 1. Preliminarmente rileva il Collegio che il ricorrente ha dichiarato a p. 3 del ricorso che la sentenza d'appello gli è stata notificata, per i fini di cui all'articolo 325 c.p.c., in data 28.9.2021. Tuttavia risulta depositata telematicamente solo la copia del provvedimento impugnato, e non anche la relazione di notificazione, in violazione dell'onere imposto a pena di improcedibilità dall'articolo 369, secondo comma, numero 2, c.p.c 1.1. L'onere del deposito della sentenza corredata della relazione di notificazione ha lo scopo di consentire alla Corte di rilevare illico et immediate l'eventuale tardività del ricorso e la conseguente improcedibilità, senza necessità di esaminarne il fondo Sez. U, Ordinanza numero 9005 del 16/04/2009, Rv. 607363 - 01 Sez. U - , Sentenza numero 10648 del 02/05/2017, Rv. 643945 - 01 Sez. U - , Sentenza numero 21349 del 06/07/2022, Rv. 665188 - 01 . A tale principio è possibile derogare solo in due casi - o quando la relazione di notificazione della sentenza impugnata sia contenuta nel fascicolo d'ufficio, del quale sia stata chiesta dalla parte interessata la trasmissione a questa Corte, secondo il rito applicabile ratione temporis Sez. U - , Sentenza numero 25513 del 13/12/2016, Rv. 641784 - 01 - oppure quando la relata di notifica della sentenza impugnata sia prodotta dai controricorrenti entro il termine di cui all'articolo 370 c.p.c. Sez.  U - , Sentenza numero 10648 del 02/05/2017, Rv. 643945 - 01 . 1.2. Tali princìpi, ultraconsolidati nella giurisprudenza di questa Corte, sono stati altresì ritenuti coerenti con le previsioni della Carta EDU, ed in particolare con l'articolo 6.1 diritto di accesso ad un tribunale dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, con sentenza 23 maggio 2024, in causa 37943/17, Patricolo e altri c. Italia. Ivi, a fronte della doglianza con cui i ricorrenti di quel giudizio lamentavano che questa Corte, impedendo loro di depositare la relata di notifica della sentenza impugnata oltre il termine di cui all'articolo 369 c.p.c. avrebbe violato l'articolo 6 CEDU per “eccesso di formalismo” nel valutare le condizioni di accesso ad un tribunale, i giudici di Strasburgo hanno ritenuto che a il ruolo della Corte di cassazione “giustifica che le procedure da essa seguite siano più formali delle altre”, anche in considerazione del fatto che chi ricorre in Cassazione è assistito da avvocati specializzati iscritti ad un albo speciale § 83 b l'onere di depositare la relata di notifica della sentenza impugnata entro il termine di cui all'articolo 369 c.p.c. “persegue un fine legittimo”, ovvero la certezza del diritto e la retta amministrazione della giustizia § 75 c l'onere imposto di cui all'articolo 369 c.p.c. non è sproporzionato rispetto al suddetto fine, in quanto la possibilità d'un deposito tardivo “vanificherebbe l'obiettivo di assicurare il rapido svolgimento del procedimento e impedirebbe alla Corte di cassazione di pronunciarsi sulla procedibilità del ricorso senza ulteriori passaggi e senza ritardi” § 82 . 1.3. Da quanto esposto consegue che il ricorso va dichiarato improcedibile ex articolo 369 c.p.c., non avendo il ricorrente depositato nel termine di cui all'articolo 369 c.p.c. la suddetta relazione di notificazione della sentenza d'appello. 2. Sebbene il rilievo che precede abbia carattere dirimente, ritiene il Collegio di dover affermare, nell'interesse della legge ex articolo 363, terzo comma, c.p.c., il principio di diritto di cui ai §§ che seguono per la possibilità di applicazione dell'articolo 363, terzo comma, c.p.c., non solo nel caso di inammissibilità, ma anche nel caso di improcedibilità del ricorso, si veda Sez. 5, Sentenza numero 11682 del 21/05/2007, Rv. 599460 - 01 principio, lo si rileva ad abundantiam, la cui applicazione avrebbe comunque comportato l'inammissibilità del motivo di ricorso proposto da P.D 3. Con la sentenza qui impugnata, la Corte d'appello di Caltanissetta ha ritenuto che C.S.G., ponendosi alla guida di un autoveicolo in stato di ebbrezza, ed invadendo l'opposta corsia di marcia ad elevata velocità, fu responsabile del sinistro oggetto del giudizio. Ritenne tuttavia che anche P.D. fornì un contributo causale all'avverarsi del danno lesioni personali da lui stesso sofferto, accettando di essere trasportato a bordo di un veicolo condotto da una persona in evidente stato di ebbrezza. P.D. ha censurato questa decisione lamentando la violazione degli articolo 1227 c.c. e 115 c.p.c., sul duplice presupposto che a non vi fosse prova che fu lo stato di ebbrezza, piuttosto che l'imprudenza, a determinare l'invasione dell'opposta corsia di marcia da parte di C.S.G. b in ogni caso non vi fosse prova che l'ebbrezza di questi fosse percepibile dal trasportato P.D 3.1. Il motivo, se lo si fosse dovuto esaminare nel merito, avrebbe posto a questa Corte il problema di stabilire se sia compatibile col diritto comunitario l'articolo 1227, comma primo, c.c., se interpretato nel senso di escludere o ridurre il diritto al risarcimento del danno di persona trasportata su un veicolo a motore condotto da persona in stato di ebbrezza. La materia dell'assicurazione r.c.a., infatti, è materia armonizzata a livello comunitario dalla Direttiva 2009/103/CE del 16 settembre 2009. Il XXIII Considerando di tale Direttiva ricorda che obiettivo del legislatore comunitario è includere tutte le persone trasportate nei benefìci assicurativi salvo ovviamente il caso di circolazione consapevole su un veicolo di provenienza illegale , e che questo obiettivo “verrebbe posto a repentaglio se la legislazione nazionale o qualsiasi clausola contrattuale contenuta in un contratto di assicurazione escludesse dalla copertura assicurativa i passeggeri che erano a conoscenza, o avrebbero dovuto essere a conoscenza, del fatto che il conducente del veicolo era sotto gli effetti dell'alcol o di altre sostanze eccitanti al momento dell'incidente”. Il medesimo Considerando XXIII aggiunge che “un passeggero non è solitamente in grado di valutare in modo adeguato il livello d'intossicazione del conducente”, e che “l'obiettivo di dissuadere i conducenti dall'agire sotto gli effetti dell'alcol … non si raggiunge riducendo la copertura assicurativa dei passeggeri vittime di incidenti automobilistici”. Resta salva, però, la responsabilità dei passeggeri di veicoli condotti da persone in stato di ebbrezza “secondo la legislazione nazionale applicabile, nonché il livello del risarcimento per danni in un incidente specifico”. 3.2. Coerentemente con tali previsioni, l'articolo 13, ultimo comma, della Direttiva 2009/103 stabilisce che “gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché qualsiasi disposizione di legge o clausola contrattuale contenuta in una polizza di assicurazione che escluda un passeggero dalla copertura assicurativa in base alla circostanza che sapeva o avrebbe dovuto sapere che il conducente del veicolo era sotto gli effetti dell'alcol o di altre sostanze eccitanti al momento del sinistro sia considerata senza effetto per quanto riguarda l'azione di tale passeggero”. 3.3. Come rilevato in dottrina, il XXIII Considerando e l'articolo 13 della Direttiva parrebbero norme intrinsecamente contraddittorie infatti sembrerebbero da un lato imporre agli Stati membri il divieto di escludere dai benefìci assicurativi coloro che siano trasportati su veicoli condotti da persone in stato di ebbrezza e dall'altro “fare salva” l'autonomia degli Stati membri nel dettare le regole della responsabilità civile, ivi comprese quelle che possono comportare una corresponsabilità del trasportato nell'ipotesi suddetta. 3.4. Questa antinomia tuttavia è solo apparente, ed è stata già affrontata e sciolta dalla Corte di giustizia nella sentenza 30.6.2005, Candolin c. Vahinkovakuutusosakeyhtiö Pohjola, in causa C-537/03, avente ad oggetto per l'appunto l'ipotesi di un sinistro stradale con esiti mortali in danno di persona trasportata da veicolo condotto da persona in stato di ebbrezza. In quel caso il giudice rimettente la Corte Suprema finlandese dubitò della conformità col diritto comunitario d'una normativa nazionale in materia di responsabilità civile che escludesse dai benefìci assicurativi il trasporto, per il solo fatto di essere “salito a bordo di un veicolo, pur essendo stato in grado di rilevare che il rischio di incidente e di danni era più elevato del normale”. Con la sentenza sopra ricordata la Corte di Lussemburgo ha affermato due princìpi. Il primo principio è che il diritto comunitario in tema di assicurazione della r.c.a. sarebbe “privato del suo effetto utile” in presenza d'una normativa nazionale che negasse al passeggero il diritto al risarcimento - ovvero lo limitasse in misura sproporzionata - “in base a criteri generali ed astratti” § 29 . Il secondo principio è che il diritto comunitario consente invece agli Stati membri di limitare il risarcimento dovuto al trasportato “in base ad una valutazione caso per caso” di circostanze eccezionali § 30 . Pertanto, mentre contrasterebbe con l'articolo 13 Direttiva 2009/103 una norma di diritto interno che escludesse o limitasse ipso facto il diritto al risarcimento del passeggero, per il solo fatto di avere preso posto a bordo d'un veicolo condotto da persona ubriaca, non viola per contro il diritto comunitario una norma di diritto nazionale che, senza fissare decadenze o esclusioni in linea generale, consente al giudice di valutare caso per caso, secondo le regole della responsabilità civile, se la condotta della vittima possa o meno ritenersi colposamente concorrente alla produzione del danno. 3.5. Dai princìpi affermati dalla Corte di giustizia discendono due corollari. Il primo è che l'eventuale concorso colposo del passeggero alla concausazione del sinistro andrà accertato con giudizio sintetico a posteriori, e non con giudizio analitico a priori. Si tratterà dunque di vagliare, caso per caso, le condizioni della vittima e quelle del conducente l'entità del tasso alcolemico le circostanze di tempo e di luogo la prevedibilità del rischio. Il residuo dubbio sulla prova della colpa della vittima ricadrà a sfavore del debitore, in quanto la colpa della vittima è fatto impeditivo od estintivo della pretesa attorea, e il fatto costitutivo della relativa eccezione va dimostrato da chi la solleva. Il secondo corollario è che l'eventuale concorso colposo di chi si lasci trasportare in automobile da un ubriaco, fondandosi su accertamenti di fatto, è riservato al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità. 4. Vanno, in conclusione, affermati i seguenti princìpi di diritto nell'interesse della legge a “l'articolo 1227, comma primo, c.c., interpretato in senso coerente con la Direttiva 2009/103, non consente di ritenere, in via generale ed astratta, che sia sempre e necessariamente in colpa la persona la quale, dopo aver accettato di essere trasportata a bordo d'un veicolo a motore condotto da persona in stato di ebbrezza, rimanga coinvolta in un sinistro stradale ascrivibile a responsabilità del conducente. Una simile interpretazione infatti contrasterebbe con l'articolo 13, § 3, della Direttiva 2009/103, nella parte in cui vieta agli Stati membri di considerare “senza effetto”, rispetto all'azione risarcitoria spettante al trasportato, “qualsiasi disposizione di legge … che escluda un passeggero dalla copertura assicurativa in base alla circostanza che sapeva o avrebbe dovuto sapere che il conducente del veicolo era sotto gli effetti dell'alcol”. Spetterà dunque al giudice di merito valutare in concreto, secondo tutte le circostanze del caso, se ed in che misura la condotta della vittima possa dirsi concausa del sinistro, fermo restando il divieto di valutazioni che escludano interamente il diritto al risarcimento spettante al trasportato nei confronti dell'assicuratore del vettore” b “l'accertamento della esistenza e del grado della colpa della persona che, accettando di farsi trasportare da un conducente in stato di ebbrezza, patisca danno in conseguenza d'un sinistro stradale, è apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità, se rispettoso dei parametri dettati dal primo comma dell'articolo 1227 c.c.”. 5. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza, ai sensi dell'articolo 385, comma 1, c.p.c., e sono liquidate nel dispositivo. P.Q.M. - dichiara improcedibile il ricorso - condanna P.D. alla rifusione in favore di OMISSIS s.p.a. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di euro 4.200, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex articolo 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 numero 55