Integrazione al minimo dell’assegno di invalidità nell’ipotesi di pensione calcolata con il metodo contributivo

È rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 16, l. 335/1995, in riferimento agli articolo 3 e 38, comma 2, Cost., nella parte in cui non prevede la corresponsione dell’integrazione al minimo dell’assegno ordinario di invalidità, nelle ipotesi di applicazione del metodo contributivo.

Il fatto Nell'ordinanza numero 24712/2024, la Corte di Cassazione affronta la questione relativa alla possibilità, o meno, in presenza dell'attuale quadro normativo, di prevedere l'integrazione al minimo dell'assegno di invalidità ordinario. In ragione delle norme vigenti, il riconoscimento di tale integrazione sembrerebbe ostacolato da quanto previsto dall'articolo 1, comma 16, l. 335/1995, che esclude l'integrazione al minimo dell'assegno ordinario nelle ipotesi di pensioni calcolate con il metodo esclusivamente contributivo. L'interpretazione della Corte d'Appello In riforma della sentenza di primo grado, la Corte d'Appello di Firenze ha accolto il ricorso del pensionato, ritenendo che la suddetta integrazione costituisca un istituto svincolato da uno specifico sistema di calcolo dei contributi, consistente in un beneficio aggiuntivo che opera sull'ammontare della pensione. Secondo tale interpretazione, l'articolo 1, comma 3, l. 222/1984 che definisce le modalità di calcolo dell'integrazione non opererebbe alcuna distinzione tra le modalità della prestazione pensionistica di conseguenza, l'integrazione al minimo dell'assegno di invalidità ordinario sarebbe possibile anche nell'ipotesi in cui il soggetto benefici del trattamento pensionistico calcolato con il sistema contributivo. Pertanto, la permanenza dell'istituto dell'integrazione al minimo dell'assegno rappresenterebbe l'unica lettura costituzionalmente adeguata della disciplina, in virtù del fatto che renderebbe conforme la prestazione al requisito dell'adeguatezza rispetto alle esigenze di vita dei lavoratori ex articolo 38, comma 2, Cost. , evitando il rischio di erogare importi irrisori. Il ricorso dell'INPS Con l'unico motivo di ricorso l'INPS ha dedotto il vizio di violazione di legge in riferimento all'articolo 1, comma 16, della l. numero 335/1995 per l'errata dichiarazione del diritto all'integrazione al trattamento minimo dell'assegno ordinario di invalidità, escluso dalla norma suddetta per le pensioni liquidate con il sistema contributivo. L'ordinanza interlocutoria della Cassazione per la questione di legittimità costituzionale Con riferimento alla questione in oggetto, nell'ordinanza in commento la Suprema Corte ha dichiarato “non sperimentabile” la conclusione alla quale è giunta la Corte d'Appello di Firenze circa la possibilità di un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'articolo 1, comma 16, l. 335/1995, atteso che il vincolo letterale appare insuperabile tramite l'interpretazione conforme al parametro costituzionale richiamato articolo 38 Cost. . Ad avviso della Cassazione, l'eliminazione dell'esclusione o limitazione del divieto di integrazione al minimo si può conseguire soltanto mediante l'intervento della Corte Costituzionale. A tal fine, nel caso di specie sussistono sia il requisito della rilevanza che quello della non manifesta infondatezza della questione. Invero la soluzione della questione all'integrabilità al minimo dell'assegno ordinario di invalidità, calcolato esclusivamente con il sistema contributivo, è rilevante per il soggetto che ne chiede il riconoscimento al fine di evitare l'erogazione di importi irrisori non idonei a garantire “i mezzi adeguati” per le proprie esigenze di vita, ex articolo 38, co.2, Cost la questione risulta non essere manifestamente infondata in quanto l'attuale quadro normativo sembrerebbe porsi in contrasto sia con il parametro di cui all'articolo 3 Cost., per violazione del principio di ragionevolezza-equità, sia con quello dell'articolo 38, comma 2, Cost., in ragione del fatto che la prestazione pensionistica riconosciuta dallo Stato deve adeguarsi non solo al “minimo vitale”, ma, come già osservato da Corte Cost. numero 31/1986, deve garantire “le esigenze di vita dei lavoratori”.   In particolare, la Suprema Corte evidenza come tali esigenze rappresentino un “plus” rispetto al mero sostentamento, atteso che la volontà del Legislatore Costituente è stata quella di privilegiare la posizione dei lavoratori, garantendo loro non soltanto la soddisfazione dei bisogni alimentari ma anche il soddisfacimento di ulteriori esigenze relative al tenore di vita, proprio “in considerazione del contributo di benessere offerto alla collettività oltreché delle contribuzioni previdenziali versate” concetto espresso nella citata sentenza della Corte Cost., numero 31/1986 . Pertanto, affinché le scelte del legislatore non abbiano natura discriminatoria e le ragioni equilibrio di bilancio non danneggino o vanifichino le legittime aspettative pensionistiche del lavoratore, la Corte ritiene rilevante e non manifestamente infondata sollevare la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 16, l. 335/1995, in combinato disposto della l. 222/1984, in riferimento agli articolo 3 e 38, comma 2, Cost, nella parte in cui non prevede la corresponsione dell'integrazione al minimo dell'assegno ordinario di invalidità, in presenza dei requisiti contributivi reddituali previsti, che sia calcolato interamente con il sistema contributivo.

Presidente Berrino – Relatore Solaini Rilevato che 1. Con sentenza del 18.12.18 numero 857, la Corte d'Appello di Firenze accoglieva il gravame proposto da Sc.Anumero , avverso la sentenza del Tribunale di Grosseto che aveva respinto la domanda proposta da quest'ultimo nei confronti dell'Inps, volta a richiedere l'integrazione al minimo dell'assegno ordinario di invalidità, ex lege numero 222/84, in luogo del minor importo effettivamente liquidatogli. 2. Il Tribunale respingeva la domanda, in quanto l'assegno era stato liquidato esclusivamente con il sistema contributivo essendo stati i contributi integralmente versati dopo il 31.12.1995 , per cui il diritto all'integrazione non spettava, ai sensi dell'articolo 1 comma 16 della legge numero 335/95. 3. La Corte d'Appello, da parte sua, a sostegno dei propri assunti di accoglimento del gravame di Sc.Anumero , ha distinto, da una parte, quello che è il sistema del calcolo contributivo delle prestazioni pensionistiche che rappresenta un criterio di quantificazione di tali prestazioni che valorizza tendenzialmente la contribuzione effettivamente versata in luogo del vecchio criterio della retribuzione pensionabile, mentre dall'altra, ha ritenuto che l'integrazione al minimo sia un istituto non correlabile con uno specifico sistema di calcolo dei contributi e che consiste in un beneficio aggiuntivo che opera sull'ammontare della pensione, come quantificata secondo i criteri di calcolo applicabili, tempo per tempo, in relazione a ciascuna tipologia di provvidenza. Secondo la Corte d'Appello, l'articolo 1 comma 3 della legge numero 222/84 che prevede l'integrazione al minimo dell'assegno, non opera alcuna distinzione tra le modalità di calcolo della prestazione pensionistica pertanto, la permanenza dell'istituto dell'integrazione al minimo dell'assegno rappresenterebbe l'unica lettura costituzionalmente adeguata della disciplina d'interesse, ove si abbia riguardo, da un lato, alla specificità dell'assegno e, dall'altro, alla sua natura di prestazione previdenziale, come tale necessariamente qualificata dal connotato dell'adeguatezza rispetto alle esigenze di vita dei lavoratori beneficiari e che rimanda al precetto dell'articolo 38 secondo comma Cost., anche per evitare importi irrisori, rispetto alle anzianità assicurative più basse. 4. Avverso la sentenza della Corte d'Appello, l'Inps ricorre per cassazione, sulla base di un motivo, illustrato da memoria, mentre Sc.Anumero resiste con controricorso. 5. Con il motivo di ricorso, l'Inps deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell'articolo 1 comma 16 della legge numero 335 del 1995, in relazione all'articolo 360 primo comma numero 3 c.p.c., perché erroneamente, la Corte d'Appello ha dichiarato il diritto all'integrazione al trattamento minimo dell'assegno ordinario di invalidità, riconosciuto ai sensi dell'articolo 1 della legge numero 222/84, nonostante lo stesso sia calcolato con metodo contributivo, quindi in violazione della norma di cui in rubrica, che esclude l'integrazione al minimo per le pensioni liquidate esclusivamente con il metodo contributivo. Considerato che 6. Così riassunta la vicenda processuale, nel merito i fatti di causa non sono in contestazione infatti è pacifico che Sc.Anumero sia titolare di assegno ordinario di invalidità corrispostogli dall'Inps, ex articolo 1 della legge numero 222/84 e che il requisito contributivo della prestazione sia stato maturato per l'intero dopo il 31.12.1995 il versamento del primo contributo nella posizione previdenziale dello Sc.Anumero risale, come accertato dalla Corte d'Appello, all'1.1.1999 e neppure vi è stata questione in ordine alla circostanza che sussistano, in capo alla parte privata, sia il requisito sanitario che quello reddituale per l'integrazione al minimo come previsti dal comma 4 dell'articolo 1 della legge numero 222/84 per il periodo in contestazione. 7. Ciò posto in fatto, vanno in sintesi richiamate le disposizioni vigenti in materia di assegno ordinario di invalidità e di sua integrazione al minimo. 8. La disciplina relativa all'assegno ordinario di invalidità è quella contenuta nell'articolo 1 della legge numero 222 del 1984  Revisione della disciplina della invalidità pensionabile , il cui comma 1 prevede il diritto all'assegno ordinario di invalidità in favore dell'assicurato la cui capacità di lavoro, in occupazioni confacenti alle sue attitudini, sia ridotta in modo permanente a causa di infermità o difetto fisico o mentale a meno di un terzo , mentre il comma 3 della stessa norma dispone che la prestazione sia calcolata secondo le norme in vigore nell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti, ovvero nelle gestioni speciali dei lavoratori autonomi e che qualora l'assegno risulti inferiore al trattamento minimo delle singole gestioni, è integrato, nel limite massimo del trattamento minimo , di un importo a carico del fondo sociale, pari a quello della pensione sociale di cui all'articolo 26 della legge 30 aprile 1969 numero 153 e successive modificazioni e integrazioni , salva l'esistenza di redditi ostativi nella specie, la Corte del merito ha accertato che sussistono i presupposti reddituali per l'integrazione al minimo, cfr. p. 2 della sentenza impugnata . 9. D'altra parte, l'articolo 1 della legge numero 335 del 1995 sulla Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare ha modificato il criterio di calcolo delle prestazioni pensionistiche, prevedendo 1 la conservazione del sistema retributivo per i lavoratori che alla data del 31.12.1995 potessero vantare un'anzianità contributiva di almeno diciotto anni 2 la introduzione di un sistema pro quota, retributivo e contributivo, per coloro che, alla stessa data, avessero un'anzianità contributiva inferiore a diciotto anni per essi, a norma del comma 12 dell'articolo 1 della legge numero 335 cit., la pensione è determinata dalla somma a della quota di pensione corrispondente alle anzianità acquisite anteriormente al 31 dicembre 1995 calcolata, con riferimento alla data di decorrenza della pensione, secondo il sistema retributivo previsto dalla normativa vigente precedentemente alla predetta data b della quota di pensione corrispondente al trattamento pensionistico relativo alle ulteriori anzianità contributive calcolato secondo il sistema contributivo 3 il calcolo integralmente contributivo delle prestazioni liquidate sulla base di contributi versati solo dopo il 31.12.1995. 10. L'assetto è stato ulteriormente modificato ma è circostanza estranea alla presente controversia dall'articolo 24 del DL numero 201/11  convertito con legge numero 214 del 2011 , secondo cui a decorrere dal 1 gennaio 2012, con riferimento alle anzianità contributive maturate a decorrere da tale data, la quota di pensione corrispondente a tali anzianità è calcolata secondo il sistema contributivo . 11. È, infine, il comma 16 dell'articolo 1 della legge numero 335 del 1995 a disporre che alle pensioni liquidate esclusivamente con il sistema contributivo non si applicano le disposizioni sull'integrazione al minimo . 12. Secondo la tesi dell'Inps, espressa nel ricorso, l'applicabilità del divieto di integrazione al minimo, di cui all'articolo 1 comma 16 della legge numero 335/95, discenderebbe dalla natura previdenziale della prestazione e più specificamente dal testo del comma 3 dell'articolo 1 della legge numero 222/84 che prevede che l'assegno sia calcolato secondo le norme in vigore nell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti, ovvero nelle gestioni speciali dei lavoratori autonomi , assunto che è stato, inoltre, condiviso nei gradi di merito. 13. Secondo quanto affermato dal difensore dell'Istituto previdenziale in udienza, poiché ai sensi dell'articolo 1 comma 10 della legge numero 222/84, al compimento dell'età pensionabile per la vecchiaia, l'assegno di invalidità viene trasformato d'ufficio in pensione di vecchiaia purché sussistano i relativi requisiti di assicurazione e contribuzione , riconoscere l'integrabilità al minimo dell'assegno ordinario di invalidità, condurrebbe all'effetto paradossale che tale integrazione si perderebbe, comunque, al momento della trasformazione del predetto assegno in pensione, visto che è chiaro il disposto normativo articolo 1 comma 16 della legge numero 335/95, citata secondo cui alle pensioni liquidate esclusivamente con il sistema contributivo, non si applicano le disposizioni sull'integrazione al minimo altrimenti vi sarebbe una evidente elusione del divieto di integrazione, previsto per le prestazioni liquidate secondo il sistema interamente contributivo, dal ripetuto comma sedicesimo dell'articolo 1 della legge numero 335 citata. 14. Secondo l'Inps, pertanto, il disposto dell'articolo 1 comma 16 cit. risulta aver implicitamente abrogato quello del comma 3 dell'articolo 1 della legge numero 222 del 1984, in tema di integrazione al minimo, alla luce del richiamo, contenuto nel medesimo comma 3 dell'articolo 1 della legge numero 222 cit. al sistema di calcolo secondo le norme in vigore nelle varie gestioni e, quindi, nella specie, al sistema di calcolo contributivo. 15. Ad avviso dell'Istituto previdenziale, l'osservazione della Corte territoriale, secondo cui quella fornita in sentenza - sulla necessaria integrabilità al minimo dell'assegno ordinario di invalidità - sarebbe l'unica interpretazione costituzionalmente orientata possibile delle norme in discorso, in effetti costituisce un assunto non fondato, in quanto la giurisprudenza costituzionale richiamata dalla Corte del merito si riferisce al sistema previdenziale anteriore alla riforma del 1995, mentre le pronunce successive avrebbero tenuto precipuamente conto delle esigenze finanziarie del sistema, da tutelare al pari delle esigenze previdenziali. 16. In particolare, l'Istituto previdenziale, attraverso la giurisprudenza costituzionale richiamata alle pp. 9-10 del ricorso l'Istituto richiama, a supporto delle proprie affermazioni, in particolare, C. Cost. numero 240/94, sul trattamento al minimo, in caso di cumulo di due trattamenti pensionistici che è stata citata, in senso opposto, anche dalla Corte d'Appello e C. Cost. numero 119/97, sulla pensione minima riconosciuta ai geometri iscritti alla Cassa professionale a prescindere dalla contribuzione versata e dalla situazione reddituale , ha inteso corroborare l'assunto che spetta al legislatore determinare, in adesione ai principi costituzionali e tenendo, quindi, anche conto delle risorse finanziarie disponibili, l'ampiezza e le modalità dell'intervento solidaristico, che può correlare l'attribuzione e l'ammontare dell'integrazione della pensione contributiva agli altri redditi del pensionato e della sua famiglia infatti, una volta assicurato un livello minimo di protezione e nel rispetto del principio di ragionevolezza, il legislatore potrebbe discrezionalmente configurare un diritto alla pensione minima più o meno favorevole e generalizzato. 17. D'altra parte, l'Inps ritiene che non potrebbe sostenersi che l'importo dell'assegno de quo a calcolo quindi, non integrato al minimo , non, assicuri la tutela minima costituzionalmente garantita, in quanto l'adeguatezza della tutela va valutata alla luce del sistema nel suo complesso e, quindi, in relazione alla sommatoria delle varie erogazioni dallo stesso previste che il beneficiario in ipotesi percepisca assegno sociale, prestazioni a sostegno del reddito, della famiglia, degli invalidi civili, ecc. e non all'ammontare della singola prestazione previdenziale alle pp. 8-9 del ricorso, l'Inps riporta alcuni brani del ricorso introduttivo del pensionato, secondo cui lo Sc.Anumero percepirebbe sia un reddito da lavoro - come da busta paga in atti - che un assegno di invalidità civile, ex lege numero 118 del 1971 ciò confermerebbe, ad avviso dell'Istituto previdenziale, che l'eventuale inadeguatezza in sé della prestazione in oggetto, non sarebbe dirimente ai fini della decisione, in quanto all'inapplicabilità dell'integrazione al trattamento minimo, il sistema accompagna altre tutele specifiche. 18. Sc.Anumero , da parte sua, ha portato avanti l'assunto che l'assegno ordinario di invalidità non debba essere qualificato come un trattamento pensionistico a cui applicare il disposto dell'articolo 1 comma 16 della legge numero 335 del 1995 ma tale assegno avrebbe, invece, natura assistenziale che implica l'esclusione del meccanismo dell'integrazione al minimo, in quanto tale assegno ordinario di invalidità non è liquidato su base contributiva e, quindi, l'esclusione del meccanismo dell'integrazione al minimo allorquando liquidato integralmente con il sistema contributivo di cui al predetto articolo 1 comma 16 non sarebbe applicabile al caso di specie cfr. controdeduzioni alle pp. 6-7 . 19. Il pensionato, in sede di controricorso, ha insistito quindi sul fatto che l'assegno ordinario di invalidità non costituisce, per l'appunto, un trattamento pensionistico, alla luce della sua sostanziale temporaneità e visto che diventa definitivo solo dopo tre riconoscimenti consecutivi e se non viene trasformato in pensione di vecchiaia al raggiungimento dell'età e in presenza dei relativi requisiti di assicurazione e contribuzione, non è reversibile, collocandosi, pertanto, al di fuori del perimetro delle pensioni non valendo pertanto, la preclusione normativa relativa al trattamento al minimo . 20. Il PG, da parte sua, ha rassegnato conclusioni scritte nel senso dell'accoglimento del ricorso dell'Inps, in ragione del divieto di integrazione al minimo delle pensioni liquidate esclusivamente con il sistema contributivo. 21. La Corte d'Appello, invece, come già anticipato, ha ritenuto che non vi fosse alcuna alterità necessaria tra integrazione al minimo e sistema contributivo, per cui la sopravvivenza, a fronte delle diverse riforme del sistema previdenziale, del disposto dell'articolo 1 comma 3 della legge numero 222/84, in un testo che non opera alcuna distinzione tra le modalità di determinazione della prestazione a calcolo, deve leggersi nel senso della perdurante vigenza di quel testo. 22. Secondo la Corte del merito, non può trascurarsi come il diritto all'assegno sorga in presenza di una qualificata deprivazione delle capacità di lavoro dell'assicurato a fronte di un requisito contributivo anche modesto almeno cinque anni di contributi, di cui tre nel quinquennio antecedente la presentazione della domanda pertanto, ad avviso della stessa Corte, è ben possibile anzi del tutto probabile, per le prestazioni liquidate in relazione alle anzianità assicurative più basse, che l'importo a calcolo del beneficio, particolarmente se quantificato integralmente con il sistema contributivo, sia del tutto irrisorio e nel caso in esame, la Corte d'Appello ha accertato che l'importo dell'assegno determinato a calcolo, ammontava a meno di Euro 90,00 mensili . 23. La Corte d'Appello ha, pertanto, concluso che la previsione dell'integrabilità dell'assegno ordinario di invalidità comunque calcolato vale proprio ad assicurare il rispetto del canone costituzionale di adeguatezza a fronte di una prestazione che per la natura della sua fattispecie costitutiva, potrebbe altrimenti determinare l'attribuzione ai lavoratori beneficiari di somme del tutto inidonee alle loro esigenze di vita, quando non meramente simboliche. 24. Ciò ha fatto affidandosi ad un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'articolo 1, co.16 L. numero 335/95. 25. Tanto premesso, ritiene, invece, questa Corte di legittimità non sperimentabile un'interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione censurata, rimanendo il vincolo letterale del disposto normativo riferito all'articolo 1 comma 16 della legge numero 335/95 un argomento insuperabile, pena la sostanziale disapplicazione, ope iudicis, della disposizione scrutinata il tenore del disposto normativo e l'impossibilità di interpretare oltre il dato testuale non consentono la risoluzione della controversia per il tramite dell'interpretazione conforme al parametro costituzionale invocato cioè, all'articolo 38 Cost. . 26. Ad avviso del Collegio, si può conseguire l'eliminazione di tale esclusione o limitazione del divieto di integrazione al minimo, per il caso di specie, solo grazie ad una sentenza di accoglimento della Corte costituzionale deve quindi escludersi che ad essa possa pervenirsi per via di interpretazione c.d. conforme o, come detto, costituzionalmente orientata infatti, al riguardo, va ribadito che un'interpretazione costituzionalmente orientata presuppone che al dato testuale della disposizione di legge possano annettersi più significati normativi, di cui uno conforme a Costituzione così da ult. Cass. numero 7249 del 2023 , mentre qui, all'evidenza, non v'è che un solo significato possibile, costituito dalla esclusione operata dall'articolo 1 comma 16 della legge numero 335/95, dell'integrazione al minimo dell'assegno ordinario di invalidità che sia calcolato esclusivamente con il metodo esclusivamente contributivo. 27. Si aggiunga, in sintonia con la costante giurisprudenza della Corte Costituzionale, che il tenore letterale della disposizione assolve il giudice rimettente dall'onere di sperimentare l'interpretazione conforme da ultimo, sentenze numero 202, numero 178, numero 104 del 2023, ed ex plurimis, sentenze numero 18 del 2022, numero 59 e numero 32 del 2021, numero 32 del 2020 ed esclude la possibilità di addivenire ad una interpretazione costituzionalmente orientata alla luce della chiara formulazione della disposizione censurata che esclude la possibilità di integrare al minimo l'assegno ordinario di invalidità, calcolato interamente con il sistema cd. contributivo. 28. Escluso per quanto fin qui detto il ricorso all'interpretazione costituzionalmente orientata, ritiene questa Corte di rimettere alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1 co. 16 L. numero 222/84, per contrarietà con gli articolo 3 e 38, co.2 Cost. Sulla rilevanza della questione. 29. In riferimento all'ammissibilità delle questioni dibattute, è nota la giurisprudenza della Corte costituzionale secondo cui, anche nella prospettiva di un più diffuso accesso al sindacato di legittimità costituzionale e di una più efficace garanzia dell'esercizio dello scrutinio di conformità della legislazione a Costituzione sentenze numero 160 del 2023, numero 59 del 2021 e numero 77 del 2018 , è sufficiente che la norma censurata sia applicabile nel giudizio a quo e che la pronuncia di accoglimento possa influire sull'esercizio della funzione giurisdizionale ex plurimis, sentenze numero 164 del 2023, numero 247 e numero 215 del 2021 . 30. La soluzione della questione dell'integrabilità al minimo dell'assegno ordinario di invalidità, calcolato esclusivamente con il sistema contributivo, è senz'altro rilevante per la decisione della fattispecie a quo, nella quale il soggetto chiede proprio il riconoscimento di tale trattamento aggiuntivo, per evitare di percepire importi sostanzialmente irrisori, non idonei a garantire i mezzi adeguati , per le proprie esigenze di vita, ai sensi dell'articolo 38 comma 2 Cost. 31. Tuttavia, la possibilità per lo Sc.Anumero di fruire di tale trattamento è preclusa dalla circostanza che lo stesso percepisce l'assegno ordinario di invalidità calcolato esclusivamente con il sistema contributivo in quanto i contributi versati sono tutti successivi al 31.12.1995, in particolare, dall'1.1.1999, cfr. p. 2 della sentenza impugnata aderendo alla tesi propugnata dall'Inps, il pensionato non avrebbe diritto a fruire del trattamento di integrazione al minimo e dovrebbe accogliersi il ricorso, con eventuale decisione nel merito, nel senso del rigetto della domanda iniziale del lavoratore mentre, se si dichiarasse illegittimo l'articolo 1 comma 16 della legge numero 335/95, nella parte in cui non consente di fruire del trattamento minimo, ex articolo 1 comma 3 della legge numero 222/84, per chi percepisce l'assegno ordinario di invalidità calcolato interamente con il sistema cd. contributivo, allora il ricorso principale dell'Istituto previdenziale andrebbe respinto. 32. Tanto chiarito, diversamente da quanto afferma la difesa del controricorrente, va ricordato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte di Cassazione, l'assegno ordinario di invalidità ha natura di trattamento pensionistico così Cass. nnumero 5544 e 8239 del 2010, 9808 del 2012 e 8634 del 2014 e da ultimo numero 24751/23 . 33. Ne segue che l'assegno ordinario d'invalidità è attratto all'orbita applicativa dell'articolo 1, co.16 L. numero 335/95 nel suo riferimento alle pensioni . Conferma si trae del resto dall'articolo 1, co.14 L. numero 335/95 che iscrive l'assegno di invalidità al regime contributivo proprio delle pensioni, in tal modo, il legislatore manifesta l'intenzione di estendere a tale assegno l'intero regime contributivo delle pensioni di vecchiaia di cui all'articolo 1, co.19 L. numero 335. 34. In secondo luogo, neppure ha fondamento la tesi del controricorrente, secondo cui non si dovrebbe applicare, alla presente vicenda, l'articolo 1 comma 16 della legge numero 335/95, perché su di esso prevarrebbe l'articolo 1 comma 3 della legge numero 222/84. Tanto potrebbe sostenersi solo riconoscendo a tale ultima norma il rango di norma speciale. 35. Ritiene però il Collegio che l'articolo 1 comma 3 cit. non costituisce normativa speciale rispetto alla norma generale di cui all'articolo 1 comma 16 della legge numero 335 del 1995. Infatti, è univoca la volontà del Legislatore del 1995 di eliminare del tutto l'integrazione al minimo, in linea generale, per tutti i trattamenti pensionistici liquidati con il sistema contributivo, quindi anche per l'assegno ordinario di invalidità infatti, il chiaro tenore letterale dell'articolo 1 comma 16 della legge numero 335 cit. dalla formulazione onnicomprensiva e la stessa ratio legis impediscono di ritenere l'ultrattività della disposizione dell'articolo 1 comma 3 della legge numero 222/84 come sostiene, invece, la Corte d'Appello di Firenze e come adombra la stessa parte ricorrente. 36. Sulla base di quanto precede, permane la rilevanza della questione, avendo la Corte territoriale accertato - come già detto al punto 6 - la sussistenza sia del requisito sanitario che di quello reddituale ed avendo la stessa Corte del merito verificato che le ulteriori provvidenze fruite dal controricorrente cfr. punto 17 non portano comunque al superamento del limite reddituale previsto, al fine di escludere il diritto all'integrazione al minimo. Sulla non manifesta infondatezza della questione. 37. Sulla scorta di quanto sopra, è d'uopo esaminare se la mancanza dell'integrazione al minimo dell'assegno ordinario di invalidità, possa generare un contrasto, in primo luogo, con il parametro di cui all'articolo 3 Cost., per violazione del principio di ragionevolezza ovvero di razionalità-equità e, in secondo luogo, con il parametro di cui all'articolo 38 comma 2 Cost., in quanto la prestazione pensionistica riconosciuta dallo Stato deve essere adeguata non solo al minimo vitale ma anche alle esigenze di vita dei lavoratori, in considerazione del contributo di benessere offerto alla collettività oltreché delle contribuzioni previdenziali prestate così Corte Cost. numero 31/86 . 38. Va premesso, in via generale, che la tutela previdenziale, per potersi realizzare deve poter contare su quel valore fondamentale della convivenza sociale, descritto nell'articolo 2 Cost. che è la solidarietà, ma deve anche avere il carattere della effettività, come esplicitamente enunciato dall'articolo 3 comma 2 Cost., che si occupa dell'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori anche all'organizzazione economica e sociale del paese, mentre l'articolo 4 comma 1 Cost. garantisce le condizioni che rendano effettivo il diritto al lavoro. 39. D'altra parte, secondo la concezione condivisa dalla giurisprudenza costituzionale cfr. Corte Cost. numero 31/86 , il precetto di cui all'articolo 38 comma 2 Cost. è espressione del principio di solidarietà e criterio attuativo delle istanze di parità sostanziale articolo 3 comma 2 Cost. che del primo sono connaturata implicazione. 40. Ciò premesso, va detto che l'integrazione al minimo della prestazione previdenziale in generale e dell'assegno ordinario di invalidità in particolare, ha la funzione di garantire che la pensione abbia un importo minimo, quando dal calcolo in base ai contributi accreditati al lavoratore risulti un importo inferiore a un minimo ritenuto necessario ad assicurare al pensionato mezzi adeguati alle esigenze di vita, giusta il precetto dell'articolo 38 secondo comma Cost. 41. Secondo la Corte Costituzionale, tale funzione che qualifica, come detto, l'integrazione al minimo come istituto previdenziale, si fonda non solo sul principio mutualistico-assicurativo, ma anche sul principio di solidarietà C. Cost. numero 240/94 . Il Giudice delle leggi ha avuto diverse occasioni in passato di richiamare la genesi e l'evoluzione dell'istituto della prestazione pensionistica minima dei lavoratori, allo scopo di inquadrarne la natura nell'ambito dell'articolo 38 Cost.  C. Cost. numero 31/86 . Tale trattamento è stato riguardato sotto un profilo oggettivo, quale garanzia, cioè, a che la prestazione pensionistica abbia comunque un determinato livello minimo C. Cost. numero 184/88 . 42. Con riguardo, quindi, all'articolo 3 Cost., va detto che si ritiene irragionevole e discriminatorio distinguere tra calcolo retributivo e contributivo dell'assegno ordinario di invalidità, consentendosi il predetto trattamento minimo solo rispetto alla prima modalità di calcolo dell'assegno. 43. Qualunque sia il sistema - contributivo o retributivo - adottato per fondare l'an e il quantum del trattamento pensionistico, resta immutata l'unitaria esigenza espressa dall'articolo 38, co.2 Cost., ovvero quella di garantire al pensionato adeguate esigenze di vita. Ove tale bisogno previdenziale sussista poiché - qualunque sia il sistema di calcolo adottato - il trattamento pensionistico raggiunto - o col metodo contributivo o con quello retributivo - sia inferiore a un minimo predeterminato dal legislatore come soglia al di sotto della quale non sono assicurate dalla prestazione previdenziale adeguate esigenze di vita, la necessità dell'integrazione al minimo è ineliminabile, a meno di non voler ridurre oltre misura la soddisfazione delle esigenze di vita del lavoratore, cioè, di chi ha contribuito, in qualche modo, al benessere della collettività. Non sarebbe ragionevole, e anzi si direbbe discriminatoria, la scelta di penalizzare il pensionato attratto al sistema contributivo, rispetto ad un bisogno che è sempre lo stesso a prescindere dal modo di calcolo della prestazione pensionistica che sia risultata comunque insufficiente a soddisfare tale bisogno e ciò in quanto il sistema di calcolo contributivo è tendenzialmente meno favorevole e più restrittivo rispetto a quello retributivo perché viene conteggiata la contribuzione su tutto l'arco di vita lavorativa e, quindi, si tiene conto anche degli anni con contribuzione minore . 44. Né tale scelta, in danno del pensionato attratto al sistema contributivo, pare potersi giustificare con la discrezionalità rimessa al legislatore, il quale è chiamato a bilanciare l'esigenza previdenziale con l'esigenza di equilibrio della finanza pubblica. 45. In effetti, la necessità che le scelte del legislatore si conformino ai principi espressi dall'articolo 3 cost. comporta che anche le scelte di contenimento della spesa previdenziale non possono sacrificare il nucleo intangibile dei diritti tutelati dall'articolo 38 cost. e devono essere rispettose dei principi di eguaglianza e ragionevolezza fra le molte, sentenze numero 250 del 2017 e numero 70 del 2015 . 46. Il Legislatore, invero, può intervenire con leggi peggiorative anche su trattamenti pensionistici in corso di erogazione, ma, anche in tal caso, purché sia rispettato il principio di ragionevolezza cfr. Corte Cost. nnumero 349/85, 822/1988, 283/93, 211/97, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'eliminazione retroattiva di una prestazione già riconosciuta, cioè, la pensione ordinaria degli spedizionieri doganali che era stata revocata a seguito dell'elevazione a 61 anni dell'età per il collocamento in quiescenza, v. Corte Cost. nnumero 416/99, 446/02, 236/09, 302/10, 257/11 non è interdetto al legislatore di emanare disposizioni le quali modifichino sfavorevolmente la disciplina dei rapporti didurata, anche se il loro oggetto sia costituito dai diritti soggettivi perfetti cfr. Corte Cost. numero 349/1985 , purché ciò non avvenga, appunto, in maniera irragionevole, l'intervento si prospetti coerente con le premesse, non discriminatorio, razionale, trasparente, supportato da dati verificabili o da evidenze contabili cfr., tra le tante, Corte Cost. numero 155/63 e numero 158/74 ma si vedano da ultimo, nnumero 133/13, 70/15, 147/17, 250/17, nnumero 12, 20, 107 e 166 del 2018, numero 50/19 . 47. In un caso, relativo alla disciplina dell'assicurazione facoltativa le cui prestazioni sono calcolate secondo il criterio contributivo , la Corte Costituzionale ha ritenuto l'illegittimità del difetto di previsione da parte della norma di un meccanismo di adeguamento dell'importo nominale dei contributi versati con ciò affermando l'importante principio che l'adeguatezza della prestazione va salvaguardata anche se del caso attraverso strumenti di recupero del valore della contribuzione versata Corte Cost. numero 497/88, principio ribadito, nella stessa materia, da Corte Cost. numero 288/94 . 48. In una prospettiva più ampia, la Corte Costituzionale ha precisato che il principio di ragionevolezza ha più funzioni limitare l'arbitrio del legislatore Corte Cost. numero 250/17 prescegliere tra più soluzioni possibili, quella meno costosa non tanto in termini monetari, quanto in termini di bilanciamento degli interessi contrapposti e, quindi, di sacrifici garantire l'intangibilità di quanto risulti misura di sostegno indispensabile per una vita dignitosa Corte Cost. numero 137/21 . 49. Le stesse ragioni dell'equilibrio di bilancio - precisa ancora la Corte Costituzionale - non possono giustificare l'eliminazione retroattiva di una prestazione già riconosciuta Corte Cost. numero 211/97 o, comunque, peggiorare, senza una inderogabile esigenza, in misura notevole e definitiva, un trattamento pensionistico in precedenza spettante, con la conseguente, irrimediabile vanificazione delle aspettative legittimamente nutrite dal lavoratore per il tempo successivo alla cessazione della propria attività Corte Cost. numero 349/85 . 50. Né, in tal modo, si sconfina nell'ambito riservato alla discrezionalità del Legislatore infatti, tale discrezionalità già si esprime nella fissazione della soglia minima di ogni trattamento. Al legislatore spetta, nella sua discrezionalità, fissare tale soglia ma una volta individuata quella, escludere che una specifica prestazione pensionistica - nel caso di specie, quella a calcolo contributivo dell'assegno ordinario di invalidità - debba raggiungere tale soglia, implica una inammissibile disparità di trattamento rispetto alle altre prestazioni pensionistiche, così da integrare la lesione di un diritto costituzionalmente garantito. 51. In proposito va precisato che la scelta del legislatore del 1995 di non applicare il trattamento di integrazione al minimo alle pensioni calcolate con il sistema contributivo articolo 1 comma 16 della legge numero 335/95 , potrebbe aver trovato un bilanciamento nel successivo comma 20 in combinato disposto con il comma 19 , quasi in funzione surrogatoria, laddove è prevista la possibilità di acquisire il diritto alla pensione di vecchiaia già con un montante contributivo minimo, raccolto in soli 5 anni di assicurazione, in luogo del previgente requisito di anzianità assicurativa minima che era pari a 15 anni ed era stato elevato a 20 anni dalla riforma pensionistica del 1992 . 52. Tuttavia, nel caso specifico l'eliminazione dell'integrazione al minimo per l'assegno ordinario di invalidità non è compensata da misure che valgano a rendere sostenibile e giustificato il sacrificio imposto dalla legge. 53. Invero, come già chiarito in precedenza, nella sentenza della Corte Costituzionale numero 31/1986 si è constatato che leggi, giurisprudenza e prassi amministrativa hanno enucleato situazioni nelle quali il trattamento minimo delle pensioni dei lavoratori è stato riguardato sotto un profilo oggettivo, quale garanzia, cioè, che la prestazione pensionistica abbia comunque un determinato livello minimo, a prescindere dalle effettive condizioni soggettive del destinatario, con il che, si è ritenuto giustificato l'intervento solidaristico anche nelle ipotesi in cui i bisogni vitali del pensionato certamente risultavano altrimenti soddisfatti v. ancora Corte Cost. numero 119/97 . 54. Per quanto riguarda, invece, il parametro costituzionale dell'articolo 38, co.2 Cost., si precisa quanto segue. 55. L'articolo 38 delinea, secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale cfr. sentenza numero 31/86 due distinte fattispecie tipiche, cioè due diverse ipotesi, rispettivamente nel primo e secondo comma del predetto articolo. 56. Nel primo comma, i destinatari della norma sono dei soggetti comuni , cioè i cittadini mentre, nel secondo comma, i destinatari sono dei soggetti propri , cioè i lavoratori. Pertanto, dovendo garantire il diritto dei lavoratori alla protezione sociale, il secondo comma rinvia a tutte le norme che impongono le contribuzioni previdenziali dei lavoratori stessi o che, comunque, attengono al lavoro prestato o che si sta prestando , mentre il primo comma si occupa di istituire e gestire gli strumenti operativi atti a soddisfare il diritto indifferenziato dei cittadini stessi al mantenimento e all'assistenza sociale. Corollario di quanto sopra, è che il trattamento minimo delle pensioni dei lavoratori, in quanto riconducibile al secondo comma dell'articolo 38 Cost., pur sganciato dall'entità della singola pensione, non potrebbe prescindere completamente dalle contribuzioni assicurative corrisposte, così come non vi sarebbe spazio per l'integrazione della pensione se il calcolo relativo alle contribuzioni versate, raggiungesse già di per sé, il minimo di pensione. 57. Ciò premesso, i mezzi necessari per vivere articolo 38 comma 1 Cost. rivolto, come detto, ai cittadini non possono identificarsi con i mezzi adeguati alle esigenze di vita articolo 38 comma 2 Cost., rivolto ai lavoratori questi ultimi comprendono i primi ma non s'esauriscono in essi. 58. Il confronto fra le due espressioni, usate peraltro nello stesso articolo 38 della Costituzione, conduce a rilevare che il Costituente ha voluto privilegiare la posizione dei lavoratori, anche in considerazione del contributo di benessere offerto alla collettività oltreché delle contribuzioni prestate, garantendo loro non soltanto la soddisfazione dei bisogni alimentari ma anche il soddisfacimento di ulteriori esigenze, relative al tenore di vita cfr. C. Cost. numero 31/86 , mentre nel primo comma, il medesimo Costituente ha voluto garantire alla platea indifferenziata dei cittadini, il minimo essenziale, cioè i soli mezzi necessari per vivere. 59. Può, pertanto, concludersi che le ipotesi tipiche individuate dall'articolo 38 Cost., se richiamano entrambe l'idea di sicurezza sociale, sono tuttavia distinte, in quanto realizzano in modo diverso uno stesso scopo l'articolo 38 comma 1 Cost. è volto ad apprestare ai cittadini in generale, che siano in situazioni di bisogno per inabilità al lavoro o per essere sprovvisti dei mezzi necessari per vivere , alcune garanzie attraverso il ricorso alla collettività mentre offre ai lavoratori in situazioni significative infortunio, malattia, invalidità, vecchiaia, disoccupazione involontaria altre e più elevate garanzie, attraverso il concorso degli stessi lavoratori e dei datori di lavoro. 60. Poiché il trattamento d'integrazione al minimo è concesso anche nei casi di cumulo di pensioni ovvero di pensione e lavoro retribuito vedi punto 38 , all'evidenza esso non costituisce una pensione sociale oggi assegno sociale, in favore dei cittadini ultrasessantacinquenni, sprovvisti di reddito, in caso di effettiva ricorrenza dello stato di bisogno , che serve a garantire in maniera indifferenziata, il minimo vitale a tutti i cittadini, bensì costituisce uno strumento atto ad offrire, come detto, mezzi adeguati alle esigenze di vita dei lavoratori Corte Cost. numero 31/1986 . 61. Deve concludersi che se compete indubitabilmente alla discrezionalità del legislatore di definire in concreto il livello dei trattamenti pensionistici, anche al fine di garantirne la sostenibilità nel tempo, non di meno la Corte Costituzionale ha più volte rilevato come tali trattamenti debbano in ogni caso assicurare un quid pluris, rispetto all'importo delle prestazioni assistenziali, in forza del precetto del secondo comma dell'articolo 38 Cost. 62. Più specificamente, proprio esaminando l'istituto della pensione minima o integrata al minimo , il Giudice delle leggi ha rilevato come la funzione di detto istituto riconducibile al secondo comma dell'articolo 38 della Costituzione e parzialmente derogatoria del principio di proporzionalità della pensione ai contributi versati a vantaggio del principio di solidarietà Corte Cost. nnumero 240/94, 31/86, 184/88, 15/94, 119/97, 34/81, 152/20 , non coincide con quella assegnata agli interventi quali ad esempio la pensione sociale, richiesti dal primo comma dell'articolo 38 Cost., giacché i mezzi necessari per vivere non possono identificarsi con i mezzi adeguati alle esigenze di vita come detto prima, questi ultimi comprendono i primi ma non si esauriscono in essi cfr. Corte Cost. numero 119/94 . 63. Il principio di adeguatezza costituisce, quindi, prima che un parametro quantitativo, un fondamentale requisito qualitativo delle prestazioni previdenziali, atteso che una prestazione inadeguata alle esigenze di vita non sarebbe idonea a realizzare quella più intensa tutela che il secondo comma dell'articolo 38 Cost. riconosce ai lavoratori, in considerazione del contributo di benessere offerto alla collettività, oltreché delle contribuzioni previdenziali prestate Corte Cost. numero 31/86 cit. . 64. In questa prospettiva, va senz'altro respinta la tesi dell'Inps secondo la quale la tutela delle adeguate esigenze di vita va valutata nel complesso delle prestazioni previdenziali di cui l'interessato può fruire, e non va valutata in ragione del singolo trattamento, al fine di verificare la spettanza dell'integrazione infatti, ritiene questa Corte di Cassazione che ogni prestazione mira a garantire oggettivamente lo specifico bisogno ad esso sotteso, in sé considerato e distinto da eventuali altri, rispetto alle necessità particolari di ogni singolo soggetto, mentre è la stessa legge che rileva eventuali casi di incompatibilità dei trattamenti fruiti. 65. In proposito va richiamata la giurisprudenza della Corte Costituzionale secondo cui l'integrazione al minimo spetta anche quando, tramite il cumulo di più prestazioni previdenziali, non si raggiunga il reddito fissato dalla legge al fine di escludere il diritto all'integrazione cfr. Corte Cost. numero 184/88, nel caso di percezioni di più pensioni dirette, numero 15/94, in tema di integrazione al trattamento minimo dei percettori di più pensioni di reversibilità ancora, in Corte Cost. numero 31/86 si è constatato che leggi, giurisprudenza e prassi amministrativa hanno enucleato situazioni nelle quali il trattamento minimo delle pensioni dei lavoratori è stato riguardato sotto un profilo oggettivo, quale garanzia, cioè, che la prestazione pensionistica abbia comunque un determinato livello minimo, a prescindere dalle effettive condizioni soggettive del destinatario, con il che, si è ritenuto giustificato l'intervento solidaristico anche nelle ipotesi in cui i bisogni vitali del pensionato certamente risultavano altrimenti soddisfatti v. ancora Corte Cost. numero 119/97 . 66. Sulla base di ciò, può senz'altro affermarsi che l'integrazione al minimo è il modo con cui la legge attua il precetto costituzionale di assicurare ai lavoratori adeguate esigenze di vita e, quindi, ad avviso del Collegio, si vìola tale precetto se non si garantisce l'integrazione al minimo. La previsione dell'integrabilità dell'assegno di invalidità comunque calcolato vale proprio ad assicurare il rispetto del canone costituzionale di adeguatezza articolo 38 comma 2 Cost. a fronte di una prestazione che per la natura della sua fattispecie costitutiva potrebbe altrimenti determinare l'attribuzione ai lavoratori beneficiari di somme del tutto inidonee alle loro esigenze di vita, quando non meramente simboliche e, comunque, in alcuni casi, come quello di cui è processo, inferiori al quantum delle prestazioni assistenziali, liquidate in relazione ad eventi analoghi. 67. Alle argomentazioni sin qui svolte, consegue che deve dichiararsi rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1 comma 16 della legge numero 335/95, in combinato disposto con l'articolo 1 comma 3 della legge numero 222/1984, in riferimento agli articolo 3 e 38 comma 2 Cost., nella parte in cui non prevede la corresponsione dell'integrazione al minimo dell'assegno ordinario di invalidità, in presenza dei requisiti contributivi e reddituali previsti, che sia calcolato interamente con il sistema cd. contributivo. 68.Conclusivamente, a norma della L. 11 marzo 1953, numero 37, articolo 23, si dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione del presente procedimento. La cancelleria provvederà alla notifica di copia della presente ordinanza alle parti e al Presidente del Consiglio dei ministri e alla comunicazione della stessa ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. P.Q.M. La Corte di cassazione, visti l'articolo 134 Cost., la L. Cost. 9 febbraio 1948, numero 1, articolo 1, e la L. 11 marzo 1953, numero 87, articolo 23, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1 comma 16 della legge numero 335/95, in combinato disposto con l'articolo 1 comma 3 della legge numero 222/1984, in riferimento agli articolo  3 e 38 comma 2 Cost., nella parte in cui non prevede la corresponsione dell'integrazione al minimo dell'assegno ordinario di invalidità, in presenza dei requisiti contributivi e reddituali previsti, che sia calcolato interamente con il sistema cd. contributivo.