Circostanze attenuanti generiche: per concederle occorre indicare elementi positivi ben precisi

Caso Willy Monteiro Duarte nel ribaltare la precedente decisione di merito che aveva negato le attenuanti generiche, il giudice d’appello ha il dovere motivazionale di indicare gli elementi che ritiene decisivi a tale scopo e, allo stesso tempo, deve dare conto delle ragioni per le quali gli elementi valorizzati dal giudice di primo grado non erano ostativi alla concessione delle ridette circostanze.

Così ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione Prima Penale, con la sentenza numero 34791 depositata il 16 settembre 2024. Il gangsterismo di provincia Quattro ragazzi sono finiti davanti alla Corte di assise di Frosinone per la morte di un loro coetaneo pestato selvaggiamente dopo una lite in un locale. Il quadro che fa da sfondo è banalmente ricorrente uno sguardo di troppo a una ragazza, un cenno che fa scintilla, un pugno, uno spintone. Poi però, il crescendo rossiniano della violenza da marciapiede giunge impetuoso la vittima viene isolata, pestata da un branco di esagitati che lo uccidono. E' terminata così la vita di Willy Monteiro Duarte la Corte di assise ha processato i quattro responsabili del pestaggio per omicidio aggravato dai futili motivi e li ha condannati a pene comprese tra ventun anni di reclusione e l'ergastolo. A due di costoro sono state riconosciute in prima battuta le attenuanti generiche, negate invece agli altri. In appello, la sostanza non è cambiata molto soltanto che anche agli imputati cui era stato inflitto l'ergastolo venivano riconosciute le attenuanti generiche, cosicché la loro pena veniva ridotta a ventiquattro anni di reclusione. Contro la sentenza di secondo grado sono insorti tutti gli attori processuali, compreso il Pubblico Ministero che ha appuntato le proprie censure proprio contro il trattamento di favore riservato ai due imputati condannati alla massima pena. Tra le molteplici censure, riguardanti praticamente ogni aspetto della vicenda dalla qualificazione del fatto al dolo, passando per il concorso di persone, eccetera , selezioniamo soltanto la parte relativa ai criteri di giudizio che occorre seguire per negare o concedere le attenuanti generiche sono di rilevante interesse applicativo e, peraltro, rimangono sempre attuali. Attenuanti generiche non si concedono o negano automaticamente Nel caso che ci occupa, la negazione dell'elemento circostanziale attenuatore era stata motivata sostanzialmente sulla scorta di una negativa valutazione della personalità degli imputati i quali erano stati ritenuti soggetti privi anche della più basilare capacità di rivalutazione del proprio agito deviante. Su questo punto, la Cassazione ci ricorda che esiste un principio di diritto incontrastato secondo il quale, per motivare il diniego delle attenuanti generiche, è sufficiente che il giudice prenda in considerazione quegli elementi che ritiene decisivi a tale scopo e che, li analizzi compiutamente indicandoli in motivazione. Ciò, in sostanza, lo esime dal dovere di passare in rassegna tutti gli elementi favorevoli o meno addotti dalle parti o comunque ricavabili dal materiale probatorio in atti. Se riesce a ben motivare questo aspetto, il suo giudizio non sarà sindacabile in sede di legittimità a meno che il tessuto motivazionale non appaia contraddittorio. Al contrario, può verificarsi il caso in cui la sentenza d'appello decida in senso inverso, ossia voglia riconoscere all'imputato le attenuanti generiche che gli erano state negate in primo grado. Per farlo, il giudice di secondo grado avrà il dovere di compiere il percorso inverso dovrà infatti, prendere in rassegna gli elementi che ritiene «adeguati a fondare tale approdo» e, al contempo, spiegare perché le conclusioni cui perveniva il primo giudice non erano condivisibili cioè perché gli elementi valorizzati in prima battuta non erano ostativi al riconoscimento delle attenuanti generiche . Il dolo eventuale non è necessariamente “roba da poco” Uno dei criteri che aveva indotto i giudici di appello a mitigare il trattamento sanzionatorio era stato connotato da un ragionamento sulla natura del dolo – accertato come eventuale – che avrebbe conseguentemente giustificato la riduzione della gravità della condotta. Scrivono sul punto i supremi giudici «l'assunto per cui il dolo eventuale sia più “lieve” del dolo intenzionale non significa che gli altri fattori – primo tra tutti il grado di coscienza che animava l'agente – spariscano dalla scena valutativa». Anche questi, pertanto, dovranno essere coinvolti nel giudizio dosimetrico.

Presidente Boni Relatore Siani Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 4 luglio 2022 la Corte di assise di Frosinone aveva giudicato Bi.Ga., Bi.Ma., Pi.Ma. e Be.Fr., imputati di concorso nel delitto di omicidio aggravato di Wi.Mo., evento cagionato colpendolo reiteratamente con pugni e calci al capo, al collo, al torace e all'addome, anche quando questi si trovava oramai a terra, privo di sensi e non in grado di opporre alcuna difesa, provocando in persona della vittima un grave politraumatismo a livello cranio-toracico e addominale, con conseguente insufficienza cardiorespiratoria e arresto cardiocircolatorio con l'aggravante di aver commesso il fatto per motivi futili, connessi a una lite all'interno di un locale, e abietti, connessi alla volontà di affermare, attraverso l'uso brutale della violenza fisica, il loro predominio e la loro supremazia nell'ambito territoriale di riferimento in C., il 6 settembre 2020  articolo 110,575,577, primo comma, numero 4, cod. penumero . I giudici di primo grado, all'esito del giudizio celebrato con rito ordinario, avevano dichiarato gli imputati colpevoli del delitto loro ascritto, esclusa la circostanza aggravante dei motivi abietti, e riconosciute a Pi.Ma. e Be.Fr. le circostanze attenuanti generiche, equivalenti alla ritenuta aggravante residua, avevano condannato Bi.Ga. e Bi.Ma. alla pena dell'ergastolo, Pi.Ma. alla pena di anni ventuno di reclusione e Be.Fr. alla pena di anni ventitré di reclusione, con l'applicazione a tutti gli imputati dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici e delle pene accessorie di cui all'articolo 32 cod. penumero , al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili Do.Na., Du.Lu., Mo.Mi. , Comuni di C., P. e A., danni da liquidarsi in separata sede, nonché al pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva di Euro 200.000,00, ciascuno, in favore di Do.Na. e di Du.Lu., e di Euro 150.000,00 in favore Mo.Mi., oltre spese processuali. 1.1. Proposto appello avverso questa decisione da parte degli imputati, la Corte di assise di appello di Roma, con la sentenza in epigrafe, resa il 12 luglio 2023, in parziale riforma della decisione di primo grado, riconosciute a Bi.Ga. e Bi.Ma. le circostanze attenuanti generiche, equivalenti all'aggravante dei futili motivi, aveva condannato Bi.Ga. e Bi.Ma. alla pena di anni ventiquattro di reclusione, confermando le statuizioni di primo grado per le posizioni di Pi.Ma. e Be.Fr., con il favore delle ulteriori spese per le parti civili. 1.2. Dalla ricognizione del percorso accertativo e argomentativo esposto nelle sentenze di merito si trae, in via di prima analisi, che il fatto oggett6-di processo risale al 6 settembre 2020 quando, intorno alle ore 03 00 del mattino, nella zona dei locali di C., per alcuni apprezzamenti rivolti da Pi.Ma. a una ragazza Az.Bi. , seguiti da un bacio a distanza, si era innescata una discussione con gli amici della ragazza Ma.Pi., Al.Ro., Fe.Zu., Cr.Ro. e Da.Ma., temporaneamente risolta, anche in virtù del rapporto di conoscenza esistente tra Al.Ro. e Be.Fr., amico di Pi.Ma. Be.Fr., tuttavia, subito dopo, si era avvicinato a Fe.Zu., rimasto in disparte durante la fase di chiarimento, e lo aveva colpito con un violento pugno che lo aveva fatto cadere dalle scale poi, Be.Fr. si era allontanato al fine di evitare possibili ritorsioni ed era sceso verso il Corso Garibaldi ove si era ricongiunto a Pi.Ma. e aveva poi incontrato Mi.Ce. e Om.Sh., i quali, a loro volta, erano giunti da A. a C. con i fratelli Bi.Ga. e Bi.Ma. e Vi.To., prima che questi ultimi si allontanassero con alcune ragazze El.Anumero , Ad.Tu. e Be.Im. a bordo dell'autovettura Audi Q7 in uso ai fratelli Bi A questo punto Be.Fr. e gli altri erano notati dal gruppo di amici di Fe.Zu. e la discussione tra Fe.Zu., Be.Fr., Pi.Ma. e alcuni amici di Fe.Zu. era ripresa, anche se, pur essendo accesa, essa era rimasta al livello solo verbale ed era in fase di chiarimento. Tuttavia, Mi.Ce. e Om.Sh., vista la difficile situazione di contrasto determinatasi, avevano chiamato per telefono più volte i fratelli Bi. e Vi.To. sollecitandoli a ritornare in zona per poi rincasare insieme ad A. Indi, i fratelli Bi., Vi.To. e le tre ragazze erano tornati a velocità sostenuta a Colleferro, nella zona adiacente ai locali l'Audi Q7, alle ore 03 23, aveva accostato sul suo lato sinistro, a pochi metri dall'ingresso di Via Omissis , dal lato della strada ove è ubicata la Caserma del Carabinieri. Soltanto 55 secondi dopo, il sistema di videosorveglianza aveva ripreso alcune persone che entravano nell'autovettura, con Pi.Ma. che si allontanava di corsa a piedi in altra direzione dopo ulteriori 30 secondi, l'Audi transitava sotto la telecamera di videosorveglianza della Caserma e si allontanava con a bordo i fratelli Bi., Vi.To., Be.Fr., Mi.Ce. e Om.Sh., raggiunti poi da Pi.Ma. ad Artena. In quel brevissimo intervallo era accaduto, secondo le sentenze di merito, che, appena accostata l'autovettura, i fratelli Bi., scesi dalla Audi Q7, senza esitare, si erano portati verso il centro dell'assembramento, ove erano presenti Pi.Ma. e Be.Fr. indi, Bi.Ga. aveva sferrato un violento calcio, secondo tecnica da arti marziali, con la pianta del piede, al petto di Wi.Mo. facendolo sbattere contro la portiera di un'auto in sosta e questi, all'atto di rialzarsi, era stato ributtato ancora a terra ed era stato poi colpito da tutti gli imputati con violenti calci e pugni diretti al volto e ad altre parti del corpo in quel frangente, era stato colpito con calci e pugni anche Si.Ce., intervenuto in difesa della vittima. Sulla paternità, sulla direzione e sulla successione dei colpi da parte degli imputati avevano riferito una serie di informatori, poi divenuti testimoni nel corso del dibattimento. Le decisioni di merito hanno accertato che Bi.Ga., dopo l'iniziale calcio frontale, aveva continuato a colpire Wi.Mo. con un pugno, scaraventandolo di nuovo a terra, e poi con altri calci, che Bi.Ma., oltre a colpire con un calcio e poi con un pugno, Si.Ce., aveva colpito Wi.Mo., ormai a terra, con violenti calci e pugni, che Be.Fr., dopo aver creato il contesto di tensione per il pugno sferrato a Fe.Zu. e dopo aver incontrato Mi.Ce. e Om.Sh., al momento dell'arrivo dei fratelli Bi., si era affiancato agli stessi e aveva colpito Wi.Mo., esanime a terra, con un violento calcio alla testa, che Pi.Ma., dopo essersi affiancato ai fratelli Bi., al momento del loro arrivo, aveva sferrato calci e pugni contro Wi.Mo., riverso a terra. Wi.Mo. era stato trasportato presso l'ospedale di Colleferro ove aveva fatto ingresso alle ore 03 50, in riscontrata assenza dei parametri vitali alle ore 04 20 dello stesso giorno era stato constatato il suo decesso. 1.3. I giudici di merito, aderendo alla tesi sviluppata dal consulente del Pubblico ministero prof. Sa.Po. , salvo che per un singolo punto, integrata dalla ricostruzione proposta dal consulente di parte civile dott. Anumero Gr. , hanno individuato la causa della morte di Wi.Mo. in un autonomo o sinergico effetto cagionato dalla lesività a carico del torace caratterizzata da un'estesa area di infiltrazione emorragica della parete postero-settale del ventricolo sinistro che si estendeva all'interno del miocardio e da aree di contusione emorragica a carico di entrambi i polmoni, da cui si era desunto un trauma chiuso del torace con contusione polmonare e contusione cardiaca, nonché dalla lesività di tipo contusivo anche a livello del collo e, in particolare, a livello dell'arteria carotide di sinistra, con coinvolgimento del nervo vago e del giorno carotideo omolaterale, sedi di infiltrazione emorragica, tale da determinare una compressione traumatica sulle aree reflessogene del giorno suddetto e del nervo vago, con induzione di un meccanismo inibitorio sincopale i mezzi che avevano prodotto il suddetto quadro traumatico sono stati individuati in superfici relativamente contenute, prive di particolari asperità e pienamente compatibili con l'uso di mezzi da offesa naturali, quali l'uso di pugni e/o calci. All'esito della valutazione del complesso degli elementi di prova, innanzi tutto di natura testimoniale, oltre che tecnica, nonché dell'analisi dei contributi specialistici medico-legali, i giudici dei due gradi di merito hanno ritenuto commesso dai quattro imputati, in concorso pieno fra loro, il delitto di omicidio volontario, sorretto dall'elemento soggettivo del dolo eventuale, hanno escluso l'evenienza dell'omicidio preterintenzionale, hanno ritenuto sussistente la circostanza aggravante dei futili motivi, hanno negato che per alcuno dei concorrenti potesse configurarsi il concorso anomalo ex articolo 116 cod. penumero  o la circostanza attenuante di cui all'articolo 114 cod. penumero , relativa al contributo di minima importanza. La sentenza di appello ha, sul punto in cui ha riformato la prima decisione, ritenuto Bi.Ga. e Bi.Ma. meritevoli anch'essi delle circostanze attenuanti generiche, poste sempre in rapporto di equivalenza con la circostanza aggravante, con conseguente rimodulazione del trattamento sanzionatorio nel senso suindicato. 2. Avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma chiedendone l'annullamento nella sola parte in cui ha riconosciuto a Bi.Ga. e Bi.Ma. le circostanze attenuanti generiche, mirando a determinare, all'esito del rinvio, la conferma della sentenza di primo grado. A sostegno dell'impugnazione dopo una premessa volta a puntualizzare i punti nodali relativi alla fase del pestaggio, alle cause della morte della vittima, con particolare riguardo ai colpi sferrati nella zona del torace e del collo, all'individuazione da parte dei giudici di merito del dolo omicidiario, riferito a quello di natura eventuale, alla ritenuta emersione della circostanza aggravante dei futili motivi, nonché all'enucleazione della giustificazione fornita dalla Corte di assise di appello al riconoscimento anche a Bi.Ga.e Bi.Ma. delle circostanze attenuanti generiche sono stati articolati due motivi. 2.1. Con il primo motivo si prospetta la violazione degli articolo 575,577,62-bis e 133 cod. penumero , in merito alla ritenuta sussistenza alla base della condotta omicidiaria del dolo eventuale e all'applicazione prospettata come meramente automatica delle circostanze attenuanti generiche. Posto che i giudici di appello hanno valorizzato per il riconoscimento delle suddette attenuanti l'individuazione dell'elemento soggettivo nel dolo eventuale, siccome meno intenso del dolo intenzionale e del dolo diretto, sicché le attenuanti ex articolo 62-bis cod. penumero  sono state reputate l'effetto della minore volontà omicidiaria, l'Autorità ricorrente ha censurato tale argomentazione in primo luogo, essa non ha considerato la gravità del fatto, costituito dall'omicidio aggravato dai motivi futili, punito con l'ergastolo in secondo luogo, essa ha sotteso un automatismo sanzionatorio fra delitto commesso con dotaeventuale e riconoscimento delle attenuanti generiche estraneo all'ordinamento. In tale ultimo senso osserva il ricorrente la Corte territoriale ha operato un'erronea commistione fra la forma e l'intensità del dolo il dolo, anche quando si estrinseca nella forma di quello eventuale, può connotarsi per un'intensità spiccata, a meno di non voler pervenire a un'interpretazione abrogante dell'articolo 577 cod. penumero , nel senso che, qualora l'omicidio aggravato dai futili motivi fosse stato commesso con dolo eventuale, esso non sarebbe mai punibile con la pena dell'ergastolo. Viceversa, pur dopo avere individuato l'elemento soggettivo nel dolo eventuale, il giudice del merito avrebbe dovuto approfondire le caratteristiche in concreto assunte nel caso di specie dal dolo eventuale nutrito dagli imputati Bi., tenendo in specie conto del dipanarsi dell'azione, con una progressione ingravescente della condotta lesiva realizzata ai danni della vittima, tutti gli imputati avendo dato violento seguito all'azione iniziata da Bi.Ga.infierendo sul corpo di Wi.Mo., subito apparso totalmente remissivo. Questa progressiva intensificazione della violenza aveva reso lunga la durata dell'aggressione, sicché l'automatismo tra dolo eventuale e ridotta intensità del dolo risulta, per il ricorrente, da escludere. Peraltro, la sinergica condotta realizzata dagli imputati costituisce, secondo il Procuratore generale ricorrente, dato sintomatico dell'evoluzione del dolo omicidiario, che, pur se inizialmente poteva connotarsi come eventuale, era evoluto in dolo diretto e, comunque, si era caratterizzato come particolarmente intenso. 2.2. Con il secondo motivo si denuncia la contraddittorietà della motivazione per avere, la Corte di merito, sostenuto l'estraneità dei fratelli Bi. al contesto iniziale e l'esaurimento della loro condotta in un breve lasso di tempo. Queste affermazioni, ad avviso del ricorrente, si pongono in contrasto con il carico per gli stessi Bi. stabilito dalla Corte di merito dell'aggravante dei futili motivi, essendo stato escluso che questi imputati erano intervenuti nel vivo della lite nella convinzione che i loro amici Mi.Ce. e Om.Sh. fossero in pericolo, non avendo essi dato peso alle telefonate di Mi.Ce., valutate alla stregua di un sollecito per tornare insieme ad A., cosi come non era stata segnalata alcuna condizione di pericolo inerente alla persona di Be.Fr., situazione confermata d'altronde dal fatto che al loro arrivo sul luogo dell'aggressione non era in corso nessuna lite, con la coerente evenienza dei motivi futili. Data tale situazione, non è dato comprendere sostiene l'Autorità ricorrente come poi la Corte di merito l'abbia valorizzata per il riconoscimento delle attenuanti generiche. Si prospettano come illogicamente enfatizzate la brevità dell'azione aggressiva e l'evenienza di determinate corresponsabilità scaturenti dal concorso di altre persone nel reato. In particolare ha argomentato il Pubblico ministero ricorrente il dato rilevato si colloca in posizione del tutto eccentrica, per non essersi considerato che erano stati i fratelli Bi. ad aver avuto un ruolo preponderante nella dinamica lesiva, sia sotto il profilo del determinismo dell'azione, sia sotto il profilo del determinismo dell'evento d'altro canto, la stessa Corte territoriale ha qualificato come lungo il tempo in cui si sono succeduti i colpi inferti a Wi.Mo., per poi ritenere breve quello stesso tempo al fine di ridimensionare la gravità del fatto e riconoscere le attenuanti generiche agli imputati Bi 3. Hanno impugnato la sentenza di secondo grado anche i difensori di Bi.Ga. chiedendone l'annullamento sulla scorta di nove motivi. 3.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione degli articolo 453 e 454 cod. proc. penumero , in relazione all'articolo 130 disp. att. cod. proc. penumero , per essere stata formulata la richiesta di giudizio immediato senza la messa a disposizione della difesa delle fotografie dell'esame autoptico di Wi.Mo., con la conseguente nullità del decreto dispositivo del giudizio e di entrambe le sentenze di merito. La difesa rimarca che tale materiale fotografico, comunque inerente alla relazione del consulente del Pubblico ministero, non era stato depositato nel relativo fascicolo, come era emerso dopo la sentenza di primo grado e la consultazione del fascicolo stesso, da cui si evinceva che, al di là delle 95 fotografie risultanti dai file allegati, non sussistevano altre immagini fotografiche a corredo della relazione e il consulente della difesa prof. Cr.Ci. aveva rilevato che nel corso dell'esame innanzi alla Corte di assise il consulente della parte pubblica, prof. Sa.Po., aveva proiettato e commentato foto dei visceri della vittima ulteriori e diverse rispetto a quelle depositate nel fascicolo del Pubblico ministero inoltre, a seguito di interlocuzione con il Pubblico ministero, si era ritenuto che tali ulteriori fotografie non fossero state acquisite al fascicolo del dibattimento dopo l'esame del suddetto prof. Sa.Po., salvo a rinvenire, nel corso della discussione in sede di appello, in una busta con indicazioni di altri documenti, il CD-ROM con le immagini in questione, oggetto di disamina anche nel corso della requisitoria del Procuratore generale distrettuale. All'eccezione di nullità e inutilizzabilità la Corte territoriale ha risposto, secondo il ricorrente, con argomenti inconferenti la mancata contestazione del fatto al momento dell'esame autoptico discende dal rilievo che l'omesso deposito del materiale fotografico ancora doveva maturare per il resto, rimane il fatto che il giudizio immediato era stato richiesto producendo un fascicolo del Pubblico ministero incompleto, senza che le foto mancanti fossero poi versate in atti al momento dell'esercizio dell'azione penale e neppure successivamente tale omesso deposito ha determinato una nullità di ordine generale della richiesta di giudizio immediato infine, l'addotta concordanza delle conclusioni degli altri consulenti privati con l'esito esposto dal consulente del Pubblico ministero integra un argomento riferito al merito dell'accertamento, che lascia impregiudicata la questione processuale sollevata ciò, a parte l'ulteriore disamina della carente risposta alle considerazioni spese del prof. Cr.Ci. per evidenziare le carenze dell'analisi esposta dall'ausiliare del Pubblico ministero, con la conseguente necessità di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale. In subordine, la difesa ha prospettato l'inutilizzabilità del corrispondente strumento probatorio e il conseguente vizio di motivazione, dal momento che le foto in discorso hanno avuto un ruolo centrale nel ragionamento decisorio. 3.2. Con il secondo motivo si deduce il vizio corrispondente a quello di cui alla doglianza precedente per non essere stata trasmessa con l'atto di esercizio dell'azione penale la denuncia-querela sporta da Si.Ce. il 4 dicembre 2020, contenente una versione dei fatti ulteriormente diversa da quella resa in dibattimento. Si prospettano anche la violazione di legge per la mancata rinnovazione del dibattimento al fine della nuova escussione di Si.Ce. e il vizio della motivazione per travisamento della corrispondente prova. La difesa ha censurato le argomentazioni esposte dalla Corte territoriale per disattendere l'eccezione di nullità scaturente dalla mancata inserzione di quella denuncia-querela nel fascicolo del Pubblico ministero destinato a sostanziare la richiesta di giudizio immediato custodiale, nonostante in essa Si.Ce. avesse chiarito che Bi.Ga. aveva colpito, non Wi.Mo., bensì lo stesso Si.Ce., così riscontrando le dichiarazioni rese dall'imputato fin dalla convalida dell'arresto non si ritiene sostenibile che tale atto vertesse su fatti estranei all'imputazione di questo processo, dato che la lettura del suo contenuto dimostra il contrario, sicché, ai sensi dell'articolo 130 disp. att. cod. proc. penumero , esso avrebbe dovuto far parte degli atti inerenti agli imputati e all'imputazione oggetto di questo processo, con la conseguente nullità per incompletezza del fascicolo processuale alla base della richiesta di giudizio immediato né si considera congruo il diniego della rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, per essere state le affermazioni di Si.Ce. già valutate siccome confluite nel verbale di arresto, posto che il contenuto di tale verbale non era stato valutato dai giudici di primo grado, pur trattandosi di atto entrato a far parte del fascicolo del dibattimento, e in ogni caso il contenuto della denuncia-querela era diverso anche da quelle dichiarazioni, sicché i contrasti dichiarativi non potevano reputarsi già vagliati dalla Corte di primo grado. A prova di tanto il ricorrente ripropone il raffronto sinottico delle dichiarazioni rese da Si.Ce. nel corso delle indagini, come riportate nel verbale di arresto, nel corso del dibattimento e nella querela sporta il 4 dicembre 2020 per evidenziarne le divergenze e ribadire l'autonomia descrittiva dei fatti connotante la versione posta alla base della querela. 3.3. Con il terzo motivo viene prospettata la violazione dell'articolo 228, comma 2, cod. proc. penumero , in ordine allo scritto relativo alla valutazione dei preparati istologici afferenti al corpo di Wi.Mo. in sede autoptica, redatto dall'anatomopatologo prof. Pa., allegato alla relazione del consulente prof. Sa.Po. e interamente recepito dal consulente del Pubblico ministero, con conseguente nullità di questa consulenza e dell'esame dibattimentale del consulente, essendo mancata l'autorizzazione ad avvalersi di un ausiliario per il compimento di attività valutativa. Per la difesa non può dubitarsi che l'attività di analisi e valutazione dei preparati istologici abbia natura valutativa, che essa, nel caso in esame, sia stata appaltata dal prof. Sa.Po. al prof. Pa. e che i relativi esiti siano stati poi esposti in dibattimento dal consulente da ciò discende la relativa questione di nullità, per essere state le indicate funzioni valutative espletate da un soggetto diverso dal consulente e nemmeno escusso nel dibattimento. Né si ritengono persuasivi gli argomenti sviluppati dalla Corte territoriale per rigettare la corrispondente eccezione processuale e negare la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale viene considerata irrilevante la mancata deduzione della nullità dalle altre parti processuali non si reputa contestabile il principio secondo cui lo svolgimento di operazioni a contenuto valutativo non possono essere compiuti da un ausiliario del consulente, a pena di nullità si contesta l'irrilevanza delle deduzioni del nuovo consulente della difesa, prof. Cr.Ci., in quanto nominato in appello, poiché le sue deduzioni erano state fatte proprie dalla difesa nell'atto di appello e miravano alla rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale per esaminare il consulente di parte e sollecitare la nomina di un perito in ogni caso, si esclude che le operazioni delegate al prof. Pa. fossero state autorizzate dal giudice, sicché esse avrebbero dovuto essere espletate dal consulente. 3.4. Con il quarto motivo si deduce il vizio della motivazione insito nell'avere i giudici di appello ritenuto pienamente attendibili i testimoni di accusa e, per tale via, condiviso le conclusioni raggiunte dalla Corte di assise, con travisamento di intere porzioni del rispettivo narrato, nonché violazione dell'articolo 506 cod. proc. penumero  per aver considerato corretta la formulazione da parte del giudice procedente di domande suggestive, con invalidazione o, in ogni caso, destituzione di attendibilità delle testimonianze stesse, e ancora la violazione di legge determinata dalla mancata rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale. Sulla premessa che nell'atto di appello si erano esposte in modo specifico le critiche riguardanti l'attendibilità dei testimoni di accusa ritenuta dai giudici di primo grado, i quali avevano cosi ricostruito la fase cruenta ascrivendo il primo calcio al petto di Wi.Mo. all'imputato, poi un secondo colpo, pugno o calcio, sempre all'imputato e poi il seguito dell'aggressione con colpi portati alla medesima vittima dai vari imputati, le critiche mosse attengono agli effetti deleteri sulla genuinità delle testimonianze determinati dal clamore mediatico generato dalla vicenda, al pregiudizio di conferma confirmation bias dell'ipotesi accusatoria che aveva inquinato la stessa gestione dell'istruttoria dibattimentale, nonché all'opzione valutativa consistita nell'esaminare e validare i contributi narrativi ricostruendo per frame le fasi cruciali e obliterando le divergenze determinanti fra i contributi stessi. Per tali motivi si era sollecitata la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale mediante il nuovo esame di Ce., Fa., La.Ro., Ma., Ma., Mo., Fe.Zu., Ze., Ro., Vi., El.Os., Cr.Ro., Ro., Al.Ro., Vi.To. e Si.Ce. però, la Corte di assise di appello ha negato, secondo la difesa in modo carente e contraddittorio, la fondatezza delle censure mosse alla valutazione compiuta dalla Corte di assise. L'affermata infondatezza dell'argomento relativo all'influenza svolta sulle dichiarazioni dei testimoni dall'eco mediatica di questa vicenda viene ritenuta erronea e gratuita, essendosi in contrario evidenziato che le sommarie informazioni raccolte nell'immediatezza non avevano attribuito nessuna azione a Bi.Ga., da diversi soggetti nemmeno riconosciuto in fotografia il raffronto fra le susseguenti deposizioni dibattimentali e il contenuto del verbale di arresto, contenente le prime dichiarazioni degli informatori e acquisito al fascicolo del dibattimento, conclama una clamorosa progressione dichiarativa. La comparazione riprodotta nell'atto di impugnazione fra le prime dichiarazioni e la successiva deposizione dibattimentale di Si.Ce., a cui avrebbe dovuto aggiungersi la comparazione con il contenuto della querela sporta il 4 dicembre 2020, corrobora, per il ricorrente, il rilievo della sensibile e anomala modificazione del suo narrato. Egualmente è a dirsi per i contributi di La.Ro., il quale aveva finito per attribuire a Bi.Ga. esattamente le condotte prefigurate dalla pubblica accusa sull'onda della ricostruzione veicolata dai mezzi di informazione. La progressione dichiarativa messa in atto dalla testimone Ro. l'aveva condotta a citare l'imputato, ma con la descrizione riferita a un'altra persona. Pure Fe.Zu. e Al.Ro., nelle prime dichiarazioni, non avevano dato indicazioni certe sulla dinamica dell'aggressione e sull'imputato. Il testimone Ro. aveva modificato l'iniziale pressoché totale assenza di riferimenti nella più articolata descrizione resa nelle appena susseguenti sommarie informazioni testimoniali e, poi, nella clamorosa progressione dichiarativa espressa nella deposizione dibattimentale. Alle censure confluenti nella mancata valutazione dei primi contributi dichiarativi la Corte di assise di appello ha obiettato, ma in modo erroneo secondo il ricorrente, che la valutazione del complessivo narrato dei testimoni era stata già compiuta dai giudici di primo grado, senza considerare che la Corte di assise, pur avendo ritenuto utilizzabile il contenuto del verbale di arresto, non aveva minimamente tenuto conto delle dichiarazioni in esso riportate consegue che la Corte territoriale ha reso una motivazione lacunosa, avendo richiamato una valutazione di attendibilità mai compiuta in primo grado, e congetturale, avendo travisato per omissione l'iniziale narrato dei vari testimoni del pari illogico è ritenuto il richiamo alle regole processuali emergente nella sentenza impugnata, posto che proprio sulla base della loro applicazione era stata segnalata l'utilizzabilità di tutti gli atti contenuti nel fascicolo del dibattimento. Del resto, la contraddittorietà del ragionamento decisorio in merito all'irrilevanza del clamore mediatico è dal ricorrente rilevata con riguardo alle ragioni che hanno indotto la stessa Corte di secondo grado a riconoscere le circostanze attenuanti generiche ai fratelli Bi. proprio facendo riferimento agli effetti dell'eco diffusa dai mezzi di informazione. Al riguardo, si ribadisce che la versione ultima fornita dai testimoni, oltre a essere molto più articolata, risultava, soprattutto per la posizione di Bi.Ga., uniformata a quella diffusa dai media, come a sua volta recepita dalla ricostruzione degli eventi resa nota dalla pubblica accusa, emergente dagli stralci di stampa delle più lette testate giornalistiche nazionale tale tema, sottoposto all'esame della Corte di assise di appello con particolare riferimento alle dichiarazioni di Cr.Ro., Mo., Fa., Ce., Ma., Vi., El.Os., Ma., Pi., Ze., non ha ricevuto confronto argomentativo. Le ripercussioni del clamore mediatico sulla conduzione degli esami dibattimentali di alcuni testimoni Cr.Ro., Vi., Ze., Ro. aveva determinato la violazione dell'articolo 506 cod. proc. penumero , essendosi avuta la formulazione di domande suggestive ai testi da parte del giudice procedente la doglianza, sottoposta ai giudici di appello, ha ricevuto, secondo la difesa, una risposta criptica e incomprensibile rispetto al tema giuridico dell'applicabilità al giudice dell'articolo 499, comma 3, cod. proc. penumero  e della conseguente nullità o inutilizzabilità dei corrispondenti esami, viziati dall'intervento giudiziale condizionante, tema affrontato e risolto in tal senso anche in sede giurisprudenziale, in ogni caso incidendo, la violazione della suddetta norma, sulla valutazione di attendibilità del dichiarante. Specificando la critica, si ripercorrono e analizzano le deposizioni di Cr.Ro., di Vi., dello stesso consulente del Pubblico ministero, Sa.Po. e di Ro., traendone la conclusione che, rispetto alle censure articolate, i giudici di appello hanno offerto una lettura erronea della legge processuale, ritenendo consentita la possibilità per il giudice di porre al testimone domande suggestive, e hanno omesso di confrontarsi con le conseguenze pregiudizievoli in punto di attendibilità delle dichiarazioni dei propalanti, come modificate a seguito dei corrispondenti interventi giudiziali. Il denunciato travisamento per omissione delle originarie dichiarazioni, con il mancato rilievo dei contrasti all'interno del rispettivo narrato, ha riguardato le posizioni dei testimoni Si.Ce., Fe.Zu., Ro., Al.Ro., La.Ro. e Ro. e, per la difesa, ha determinato la mancanza di una risposta effettiva alle proposte censure, con la sostanziale esclusione dal compendio oggetto di valutazione delle dichiarazioni rese dei suddetti soggetti nell'immediatezza. Egualmente omessa, o comunque congetturale, è stata, secondo la difesa, la disamina dei contrasti interni alle deposizioni dibattimentali dei succitati dichiaranti, nonché a quelle degli ulteriori testimoni Fa., Vi., Cr.Ro., Ma., Mo., Ze. e Vi.To., contrasti non marginali, né limitari a circostanze secondarie essi coinvolgono l'intera azione e incidono sul riconoscimento di Bi.Ga.e sull'attribuzione al medesimo della condotta aggressiva poi ritenuta nella decisione. Inoltre, si prospetta, con riguardo alle testimonianze di Vi.To. e Mo., uno specifico travisamento determinatosi alle pagine 28, 35 e 29 al primo è stata attribuita l'affermazione che Bi.Ga.aveva dato il calcio iniziale a Wi.Mo., laddove il testimone non aveva attribuito con certezza all'imputato quella condotta e non aveva saputo dire nemmeno se il calcio avesse colpito Wi.Mo. al secondo viene attribuita l'affermazione della partecipazione di Bi.Ga.alla fase del pestaggio, laddove il testimone aveva riferito che, in quella fase, la confusione era tanta che non era riuscito a vedere altro. Il ricorrente ribadisce, poi, la critica rivolta alla ricostruzione della vicenda operata anche dalla Corte di secondo grado utilizzando frammenti delle singole testimonianze, senza considerare che i racconti non afferivano a momenti diversi della medesima vicenda, ma riguardavano le stesse fasi della vicenda, descritte però in modo fra loro divergente, così da rendere impraticabile sotto il profilo logico l'adozione del metodo ricostruttivo suindicato, con effetti rilevanti per la posizione di Bi.Ga. i contrasti si erano manifestati sull'autore del primo colpo subito da Wi.Mo., sulla seconda fase dell'aggressione, sul percorso compiuto dall'imputato, quando era sceso dall'autovettura, e sul momento in cui Wi.Mo. era stato colpito, nonché su chi aveva colpito Si.Ce. e anche sulle fasi immediatamente successive all'azione aggressiva. In tal senso sottolinea la difesa alla carente analisi palesata dalla sentenza di primo grado si è sommato il carattere liquidatorio che la motivazione della sentenza di secondo grado ha assunto con riguardo al tema dei contrasti fra le deposizioni dei vari testimoni di accusa, a cui sono state dedicate poche, anodine e congetturali considerazioni, non essendo certo sufficiente a colmare la lacuna il rilievo che i testimoni provenivano da ambiti e gruppi diversi. Il ricorrente censura anche la motivazione data dalla Corte di assise di appello per negare la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale inconferente e paradossale viene considerato l'argomento del tempo trascorso dai fatti, tempo non eccedente i tre anni, dopo che i giudici del merito si erano affidati alle sole deposizioni dibattimentali, rese comunque dopo più di un anno dai fatti. 3.5. Con il quinto motivo si deducono il vizio delia motivazione, l'erronea applicazione del principio dell'oltre ogni ragionevole dubbio di cui all'articolo 533 cod. proc. penumero , la violazione dell'articolo 603 cod. proc. penumero  in merito all'acquisizione degli elementi di prova indicati dal ricorrente e il travisamento della prova testimoniale, il travisamento per omissione delle intercettazioni ambientali e, specificamente, delle dichiarazioni del testimone Da.Vi L'imputato ribadisce la tesi sostenuta fin dall'interrogatorio di garanzia egli non aveva colpito in alcun modo Wi.Mo., avendo seguito il fratello Ma., il quale aveva dato una spinta con il piede a Wi.Mo., mentre egli aveva colpito soltanto Si.Ce., essendo stato poi fermato da un suo amico, forse Mi.Ce., e avendo realizzato che nessun pericolo correvano i suoi amici, mentre l'aggressione a Wi.Mo. veniva attuata da Be.Fr. e Pi.Ma. Questa versione era stata confermata dal contenuto dei suoi colloqui in carcere con i familiari e dei colloqui fra i suoi fratelli Ma. e Al., alcuni dei quali non rientrati nella trascrizione peritale perciò, in sede di appello, si era chiesta la rinnovazione dell'istruttoria al fine di trascrivere tali conversazioni o acquisire le trascrizioni sommarie realizzate dalla polizia giudiziaria. Nello stesso senso erano orientate le deposizioni di Om.Sh. e Mi.Ce., nonché di Da.Vi., non appartenente al medesimo gruppo di amici, le intercettazioni ambientali dei colloqui nella Caserma dei Carabinieri fra Om.Sh. e Mi.Ce. e le intercettazioni telefoniche fra Om.Sh. e Omissis . A questi dati si era aggiunto il contenuto della querela sporta da Si.Ce. il 4 dicembre 2020. La sentenza impugnata ha scartato questi elementi omettendo, secondo la difesa, l'effettiva disamina della versione fornita dall'imputato, nemmeno procedendo al relativo vaglio di attendibili ma sostenendo pregiudizialmente la finalità confusiva delle corrispondenti dichiarazioni e, contraddittoriamente, il contrasto fra tali dichiarazioni e le altre prove, incluse quelle medico-legali, senza considerare che gli altri tre coimputati avevano concordemente detto che Bi.Ga.non aveva colpito Wi.Mo. sostenere, come ha fatto la sentenza, che l'imputato si era confuso quanto all'identità della persona colpita costituisce, per la difesa, l'esito di una motivazione quanto meno perplessa, non tale da valutare le precisazioni date dall'imputato nel suo esame dibattimentale e da spiegare perché anche Bi.Ma. avrebbe fatto la stessa confusione. Viene poi censurato come privo di valenza motivazionale l'argomento svolto dalla Corte territoriale circa la persistente natura concorsuale della condotta dell'imputato approdo non sostenibile se prima non si fosse stabilita la condotta effettiva da ascrivere a Bi.Ga. Profili di illogicità evidenzia, secondo la difesa, la valutazione di parziale inattendibilità delle dichiarazioni dei testimoni Om.Sh. e Mi.Ce., basata sul rilievo che essi erano amici dei Bi., senza considerare che seguendo le loro indicazioni il primo colpo, ossia il calcio al petto, sferrato a Wi.Mo., era da ascriversi a Bi.Ma., ma non a Bi.Ga., che aveva colpito un altro soggetto peraltro, a fronte della valutazione di piena attendibilità di questi testimoni emersa dalla sentenza di primo grado, il parziale mutamento determinato dai giudici di appello avrebbe richiesto la previa rinnovazione della corrispondente istruttoria dibattimentale inoltre, è restata inesplorata la valenza della conversazione fra Om.Sh. e Omissis , intercettata ma non valutata del pari contraddittorio è da ritenersi il reiterato approdo secondo il quale i due testimoni non avevano visto l'intera scena aggressiva, a fronte delle chiare indicazioni in senso contrario provenienti dai medesimi dichiaranti, richiamate per esteso, per come segnalate già con l'atto di appello del tutto obliterato è stato, poi, il contenuto della testimonianza del succitato Da.Vi., estraneo a rapporti pregressi con l'imputato, che aveva fornito una versione confermativa di quella resa da Bi.Ga. lo stesso è accaduto con il contenuto della conversazione fra Al. e Bi.Ma., rispetto a cui non si è dato nemmeno corso alla relativa trascrizione, così come non si è dato valore a quanto aveva poi affermato Si.Ce. nella querela del 4 dicembre 2020 travisato per omissione è stato, inoltre, il narrato dei suddetti Om.Sh. e Mi.Ce. in ordine all'aggressione verbale di rimprovero espressa da Om.Sh. prima nei confronti di Be.Fr. e poi nei confronti di Pi.Ma 3.6. Con il sesto motivo si deduce il vizio della motivazione per travisamento della prova in ordine all'individuazione della causa della morte di Wi.Mo., in ordine alla ricostruzione del fatto sulla scorta della prospettazione alternativa che l'imputato aveva avanzata con l'atto di appello fondandosi sulle considerazioni del nuovo consulente medico-legale, con erronea applicazione dei principi fissati dalla giurisprudenza in punto di valutazione della prova scientifica e, quindi, dello standard probatorio e decisorio dell'oltre ogni ragionevole dubbio, con violazione dell'articolo 603 cod. proc. penumero  e vizio della motivazione per la mancata rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale al fine della disposizione di perizia o quanto meno per l'esame in contraddittorio del nuovo consulente della difesa e l'acquisizione formale della sua relazione. Richiamate le osservazioni già svolte in punto di duplice invalidità della consulenza tecnica medico-legale del Pubblico ministero, per la mancata produzione delle foto poi commentate nel corso dell'esame dibattimentale e lo svolgimento dell'analisi valutativa sui reperti istologici da parte di ausiliario non investito della funzione, il ricorrente evidenzia che la relazione del consulente officiato all'esordio del giudizio di appello aveva messo in luce, attraverso l'esame dei reperti istologici, le carenze metodologiche dell'accertamento rassegnato dal prof. Sa.Po. e il contrasto delle sue conclusioni rispetto all'analisi sviluppata nella relazione del nuovo consulente. Sotto il primo profilo, si sottolineano l'insufficienza e l'incongruenza del campionamento effettuato sia per i polmoni che per il cuore, che aveva visto esclusa la parte destra del cuore, l'indagine sul cui ventricolo era rilevante per la verifica delle affermate conseguenze di natura elettrica. Sotto il secondo profilo, si era introdotto, con l'appello, il contenuto della critica dell'esperto officiato dalla difesa all'analisi dei reperti istologici, dalla quale era emerso un quadro sensibilmente difforme da quello tracciato dal consulente del Pubblico ministero e, soprattutto, incompatibile con l'ipotesi di una morte secondaria a una contusione cardiaca del pari, era emersa la critica all'indifferenziata confusione fra concussione cardiaca commotio cordis , non implicante un danno organico, e contusione cardiaca, implicante invece una lesione dell'organo cardiaco, per segnalare che, stando ai dati autoptici, doveva escludersi che in questo caso si fossero verificate tanto la prima quanto la seconda causa di morte. Sulla premessa che la Corte di primo grado aveva aderito alle considerazioni e alle conclusioni del consulente del Pubblico ministero, salvo che per l'individuazione del punto del corpo in cui era avvenuto l'impatto che aveva determinato le conseguenze pregiudizievoli per il cuore di Wi.Mo., dal prof. Sa.Po., ubicato alla schiena della vittima, invece individuato da quella Corte, in adesione alla prospettazione del consulente della parte civile, dott. Anumero Gr., nella zona toracica, spiegando l'assenza di lesioni nella parte anteriore del torace e nei corrispondenti visceri interni con l'effetto pendolo che il colpo inferto nella parte anteriore era idoneo a provocare innescando il movimento antero-posteriore degli organi interni alla cassa toracica e determinando il danno cardiaco nella parte posteriore, l'atto di appello, avvalendosi delle considerazioni tecniche del prof. Cr.Ci., aveva sottoposto a specifica critica tale ipotesi ricostruttiva evidenziando l'inverosimiglianza scientifica della tesi proposta dal consulente della parte civile e spiegando le ragioni per le quali il danno posteriore non poteva essere stato determinato da un colpo alla parte anteriore creila gabbia toracica, in ipotesi attribuito a Bi.Ga. In modo più complessivo, l'atto di appello aveva criticato le conclusioni raggiunte dalla Corte di assise circa la causa della morte di Wi.Mo. alternativamente individuando, sulla scorta delle indicazioni del consulente di parte, la causa del decesso della vittima nella compressione, improvvisa e/o graduale, del seno carotideo e nella stimolazione del riflesso inibitorio dell'attività cardiaca fino all'arresto, ipotesi suffragata dalla disamina dei corrispondenti vetrini istologici e corroborata dal rilievo che l'infiltrazione emorragica a carico del collo di Wi.Mo. era caratterizzata da evidente vitalità, sicché doveva desumersi che la vittima era ancora in vita al momento del corrispondente colpo dato incompatibile con l'ipotesi della concussione o contusione cardiaca, mentre non si erano considerati gli effetti del prolungato massaggio cardiaco somministrato a Wi.Mo. nel tentativo, risultato vano, di rianimarlo. La, già ricordata, scoperta delle ulteriori immagini fotografiche su cui aveva espresso la sua valutazione il consulente del Pubblico ministero, seguita dall'integrazione della relazione del consulente della difesa e da corrispondente memoria difensiva, ha secondo la difesa corroborato le prospettazioni avanzate con l'atto di appello circa la causa della morte, avendo confermato l'assenza degli elementi sintomatici della stessa contusione cardiaca. Invece, i giudici di appello, aderendo alle conclusioni a cui era approdata la Corte di assise, sono incorsi, secondo il ricorrente, in progressive contraddittorietà e illogicità in primo luogo, l'adesione ha implicato la mancata distinzione della confusione fra commozione cardiaca e contusione cardiaca, ascrivendo l'identità di tale soluzione alla totalitaria adesione dei consulenti delle parti, ma senza considerare i rilievi svolti dalla difesa sulla scorta delle considerazioni formulate dal nuovo consulente, nessuna risposta essendo stata data nemmeno all'obiezione secondo cui lesioni dei visceri posteriori dell'organo cardiaco, in assenza di lesioni della gabbia costale, sono state osservate in letteratura soltanto in dipendenza di traumi perforativi o di eventi esplosivi, non certo in connessione con traumi determinati da calci o pugni. Erroneo e paradossale viene poi considerato l'argomento, speso nella sentenza impugnata, secondo cui l'opinione del consulente di parte, prof, Omissis , non essendo stata resa nel corso del dibattimento di primo grado, non formava oggetto di considerazione ciò, però, dopo che la stessa Corte territoriale non aveva ammesso l'escussione dell'ausiliare, mancando di confrontarsi con gli argomenti introdotti dalla difesa nell'atto di appello e nelle memorie susseguenti, in cui erano stati canalizzati i rilievi del consulente. Per la parte in cui la motivazione della sentenza impugnata ha ritenuto in ogni caso di dissentire dalle considerazioni del suddetto ausiliare, essa, secondo il ricorrente, ha travisato le affermazioni del prof. Omissis , con particolare riguardo ai dati da desumere dall'analisi del reperto istologico di cui al vetrino numero 4, l'infiltrazione emorragica individuabile nel quale era comunque incompatibile con la prospettata causa traumatica, dato che i tre vetrini inerenti all'istologia del cuore non mostrano segni riferibili alla contusione cardiaca. Secondo la difesa, le nuove evidenze deponevano per l'assenza dei segni caratteristici della contusione cardiaca per converso, si era segnalato che, alla loro stregua, risultava rafforzata l'ipotesi attributiva del quadro lesivo descritto con gli effetti del massaggio cardiaco a cui era stato sottoposto Wi.Mo., come conferma il reperto costituito dalle petecchie subepicardiche, laddove l'enunciazione della contusione cardiaca non era stata validata da una base di conoscenza derivata dalla corrispondente letteratura scientifica e dalla dimostrazione della sua evenienza in termini di eccezione rispetto alla verifica della lesione in corrispondenza della sede di applicazione del trauma e in assenza distruzione tessutale determinata dalla infiltrazione emorragica. A fronte di tali deduzioni la Corte territoriale non ha per il ricorrente -fornito risposte argomentate e anche l'esclusione quale causa della morte negli effetti della stimolazione vagale causata dal colpo al collo, per un verso, viene sorretta da proposizioni tautologiche e, alla fine, nemmeno risulta affermata con certezza, dal momento che alla contusione cardiaca i giudici di appello hanno assegnato un ruolo eziologico prevalente, e non esclusivo, peraltro assumendo come effettivo un dato frutto di travisamento, ossia che Wi.Mo., dopo il primo calcio, non si sarebbe più rialzato, contrariamente a quanto avevano affermato i testimoni La.Ro., Cr.Ro., Mo., e a quanto aveva ritenuto la Corte di assise nella sentenza di primo grado, sulla base delle rilevazioni del primo operante intervenuto sul luogo, il Maresciallo Carella. La difesa deduce che la Corte territoriale non ha applicato i principi di diritto elaborati in tema di valutazione della prova scientifica, in base ai quali occorre stabilire l'autorità scientifica dell'esperto che ha trasferito la sua conoscenza nel processo e verificare se gli enunciati proposti trovino comunque accettazione nella comunità scientifica, oltre a controllare che il ragionamento inferenziale sia stato svolto nel rigoroso rispetto dei canoni logici, del contradittorio e delle garanzie difensive i profili di illogicità enucleati vengono ritenuti tali da determinare il vizio della motivazione nella ricostruzione del fatto, nella ricognizione del dolo e, infine, nella commisurazione della pena. In questo quadro si censura anche il diniego opposto dai giudici di appello all'istanza di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, giacché la verifica istruttoria ha lasciato inevase tutte le questioni scaturenti dall'apporto del nuovo consulente di parte della difesa. 3.7. Con il settimo motivo si denunciano la violazione degli articolo 43,110,584 cod. penumero  e il corrispondente vizio delia motivazione in relazione alla configurabilità del dolo eventuale di omicidio volontario. La decisione di secondo grado, recependo l'inquadramento affermato nella sentenza di prima istanza che aveva individuato nel dolo eventuale l'elemento soggettivo alla base della condotta dei coimputati, a fronte della critica sollevata con l'atto di appello, si è, secondo la difesa, limitata a individuare nel primo colpo inferto a Wi.Mo., idoneo a procurare la morte per la sua intrinseca pericolosità, il dato indicativo di quella forma di dolo, per il resto adducendo l'avvenuta adesione psicologica degli agenti all'evento poi verificatosi, ma non esplicitando da quali elementi concreti, specificamente caratterizzanti la condotta di Bi.Ga., sarebbe emersa tale rappresentazione e adesione all'evento morte, poi verificatosi ragionamento tanto più inadeguato se si considera l'irrilevanza della natura vietata del colpo dalle stesse arti marziali. La carenza giustificativa deve, secondo il ricorrente, coordinarsi con il principio secondo cui trovarsi in una situazione di rischio e tuttavia comportarsi in modo malaccorto, trascurato e senza cautelare il pericolo implica il dispiegamento dell'elemento soggettivo della colpa, poiché non è sufficiente l'accettazione del rischio per integrare il dolo eventuale dovendo accompagnarsi un atteggiamento interno in qualche modo assimilabile alla volontà in essenziale relazione con il conseguente verificarsi dell'evento i giudici del merito, pur avendo addotto di essersi accertati delle sussistenza di tale elemento, non hanno indicato in base a quali elementi si sarebbe formato nella psiche dell'imputato il complesso di consapevolezza e volontà idoneo a integrare il dolo eventuale già quando era stato sferrato il primo colpo, seguito peraltro dall'atto di rialzarsi da parte della persona offesa. Il riferimento alla pluralità dei colpi inferti globalmente a Wi.Mo. e alle zone del corpo attinte non ha, per il ricorrente, un valore più che suggestivo, non essendosi tenuto conto della durata esigua dell'aggressione e del carattere convulso dell'azione violenta né si è considerata la concreta dinamica della condotta ascrivibile a Bi.Ga.che, secondo la stessa contestata ricostruzione della sentenza, si era esaurito in un unico colpo, sicché la Corte territoriale non ha reso una motivazione idonea a scartare la riqualificazione del fatto nel reato di cui all'articolo 584 cod. penumero , da cui dovrà derivare, in ipotesi di annullamento con rinvio e susseguente riqualificazione, anche il recupero della riduzione di pena per il rito abbreviato, a cui l'imputato aveva chiesto accesso, senza ottenerlo per la preclusione costituita dal titolo della contestazione. 3.8. Con l'ottavo motivo si prospetta la violazione dell'articolo 61, numero 1, cod. penumero  e il vizio della motivazione, anche per travisamento delle dichiarazioni dei testimoni Ad.Tu. e Mi.Ce., per l'accertamento dell'aggravante dei futili motivi. Con l'atto di appello si era sottolineata l'erroneità della decisione di primo grado sull'argomento, posto che i fratelli Bi. erano andati sul posto, contattati da Mi.Ce., preoccupati soltanto delle sorti dei loro amici, Mi.Ce. e Om.Sh., non per dare manforte a Be.Fr. e Pi.Ma. rispetto a tale causale mancava la sproporzione tra il reato e il motivo che lo aveva determinato. I giudici di appello non hanno considerato dimostrato tale dato di base, evidenziando che Om.Sh. e Mi.Ce. non erano mai stati in pericolo e che la pregressa discussione, peraltro non trasmodata dal livello verbale, si era esaurita tuttavia sostiene il ricorrente le testimonianze di Mi.Ce. e Ad.Tu., del tutto neglette, avevano chiarito che la preoccupazione dei Bi. era per la situazione in cui si trovavano i loro amici e che quando gli imputati erano arrivati sul luogo era in corso un litigio la valutazione di questi elementi è stata totalmente omessa né, quanto al seguito della fase aggressiva, si è considerata la concreta condotta di Bi.Ga., estranea alla fase del pestaggio, tanto che Om.Sh. avrebbe poi rimproverato i soli Be.Fr. e Pi.Ma. Anche la motivazione dell'addotta sproporzione viene ritenuta carente appellarsi alla gravità del reato sempre sussistente in caso di omicidio senza considerare la brevissima durata dell'aggressione, la forma meno intensa di dolo e l'assenza del previo concerto tra Bi.Ga. e i coimputati Be.Fr. e Pi.Ma., ha costituito una decisiva incongruenza giustificativa. 3.9. Con il nono motivo si prospetta la carenza di motivazione in ordine alla determinazione del trattamento sanzionatorio e all'omessa valutazione di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla ritenuta aggravante. È, per la difesa, illogica la differenziazione nella quantificazione della pena che, una volta ritenuto il concorso dei quattro imputati nell'unico reato, è stata ingiustificatamente incrementata per Bi.Ga. oltre che per Ma. , una volta che l'unico precedente penale è stato considerato dagli stessi giudici di appello tutt'altro che significativo. Vengono considerati parimenti da censurarsi il discostamento dal minimo edittale rispetto al reato alfine non aggravato e il diniego, nel giudizio di comparazione delle contrapposte circostanze, della prevalenza di quelle attenuanti, sorretta da parametri incongrui, quali la gravità del reato e i precedenti penali, già ritenuti di scarso rilievo. 4. Avverso la sentenza di appello hanno proposto impugnazione i difensori di Bi.Ma. chiedendo l'annullamento della decisione sulla scorta di tre motivi. 4.1. Con il primo motivo si denuncia il vizio della motivazione in riferimento alla valutazione delle prove testimoniali al fine dell'accertamento della responsabilità dell'imputato. Si segnala che la Corte territoriale ha dato credito alle affermazioni dei numerosi testimoni escussi, pur avendo dato atto che quelle dichiarazioni non erano sempre precise e, anzi, per alcuni versi erano contrastanti fra loro la ritenuta non decisività delle discrasie non ha tenuto conto del rilievo che quasi tutti i dichiaranti avevano esposto in dibattimento i fatti in modo difforme rispetto a quanto essi avevano detto nel corso delle indagini preliminari, in tempo immediatamente successivo al delitto, e lo avevano fatto rendendo dichiarazioni fra loro confliggenti. Quanto al primo punto, ciò è avvenuto, secondo il ricorrente, senza motivare in merito alle discrasie dichiarative disvelate dalle contestazioni delle prime dichiarazioni avvenute nel corso del rispettivo esame, nonostante che la questione fosse stata dedotta con i motivi di appello. Al riguardo vengono citate le distonie riscontrabili in ordine alle dichiarazioni Aj Fe.Zu., Cr.Ro., Si.Ce., La.Ro., Ma. Ro. esse erano state segnalate alla Corte di assise di appello, la quale, però, ha ignorato la questione non fornendo motivazione in merito alla ragione per cui ha ritenuto di recepire solo la parte accusatoria delle testimonianze. In riferimento al secondo punto, i giudici di appello a giustificazione delle macroscopiche divergenze del narrato proveniente dai vari dichiaranti, tali da renderne inverosimile il contenuto, sul tema del contributo dell'imputato alla determinazione dell'evento letale aver colpito Si.Ce., oppure aver dato un pugno a Wi.Mo., oppure aver dato la pedata iniziale a quest'ultimo, oppure aver partecipato in modo indistinto alla corrispondente aggressione , hanno sostenuto che le discrasie non incidono sulla genuinità e affidabilità delle testimonianze, sul presupposto che nessuno degli astanti avrebbe visto la scena nella sua interezza così facendo, tuttavia, hanno operato una ricostruzione confliggente con le affermazioni dei testimoni, i quali avevano necessariamente avuto tutti la piena percezione della vicenda, in tutta la sua complessità. Sull'argomento la difesa ritiene contraddittoria la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui ha considerato verosimile la percezione parziale della vicenda aggressiva per la presenza di numerose persone e oggetti idonei a ostacolare la visuale comune e per il clima teso creatosi in quella circostanza, mentre quasi tutti i testimoni avevano dato atto di avere visto l'intera scena, pur narrando poi fatti del tutto diversi fra loro si richiamano le dichiarazioni di Si.Ce., Ce., Fa., Vi., El.Os., Vi.To., Mi.Ce., Om.Sh., Da.Vi., per ribadire l'erroneità della ricostruzione per frame della dinamica del fatto, siccome è risultata composta da segmenti completamente incompatibili fra loro, con l'effetto che, senza che ciò comporti la rivalutazione di merito delle risultanze istruttorie, non può non rilevarsi la contraddittorietà della ponderazione delle stesse compiuta dalla Corte di merito per averne inquadrato il risultato probatorio, formato da elementi fra loro difformi e inconciliabili, in modo incontestabilmente diverso da quello reale. Proprio perché si è basata su punti di osservazione poco chiari, la Corte di assise di appello avrebbe dovuto vagliare con rigore e severità gli stati d'animo che erano alla base delle dichiarazioni analizzate, verificando se l'accuratezza e la credibilità del procedimento mnemonico su cui erano sorrette le singole deposizioni fossero state inficiate da distorsioni, mentre essa si è orientata in senso contrario, dando per assodata l'incertezza del resoconto dell'esperienza percettiva per poi giustificare illogicamente le discrasie, così obliterando i fattori di allarme sintomatici di elementi distorsivi del singolo ricordo, salvo ad addurre scusanti per giustificare le gravi discrasie intrinseche a ciascuna dichiarazione, come, ad esempio, è avvenuto per la testimonianza di Mi.Ce. reputato inattendibile alla pagina 28 e invece attendibile alla pagina 30 . 4.2. Con il secondo motivo si evidenziano l'erronea applicazione dell'articolo 575 cod. penumero , in luogo dell'articolo 584 cod. penumero , e il relativo vizio della motivazione. Muovendo dalla necessità di inquadramento generale dell'istituto dell'omicidio preterintenzionale, la difesa sostiene che soltanto trovando una condotta più grave di quella lesiva, ossia una più intensa condotta aggressiva, è possibile giustificare l'assorbimento dell'elemento della prevedibilità dell'evento morte nell'intenzione del risultato aggressivo altrimenti, se alla base dell'evento si riscontrasse soltanto una condotta lesiva, ben si potrebbe coltivare l'ipotesi dell'omicidio colposo. Si trae, quindi, la conseguenza che sul piano dell'elemento soggettivo l'omicidio preterintenzionale si connota, non per il dolo misto a responsabilità oggettiva, né per il dolo misto a colpa, bensì per il dolo intenzionale di aggressione fisica che si proietta nella consapevole causazione del pericolo concreto per il bene vita, in relazione di omogeneità e progressione rispetto a quello dell'integrità fisica in tal senso anche nell'omicidio preterintenzionale l'agente porrebbe in essere un'aggressione accettando il rischio di verificazione dell'evento morte. Nell'indicata prospettiva, si evidenzia che l'elemento dell'accettazione del rischio dell'evento morte non costituisce un criterio idoneo per distinguere l'omicidio volontario con dolo eventuale dall'omicidio preterintenzionale, essendo d'altronde la formula del dolo eventuale così fluida che l'area di sua pretesa applicabilità interferisce con la formula legale della preterintenzione, stando al disposto dell'articolo 584 cod. penumero , che non discorre di due eventi l'uno voluto, l'altro non voluto , a differenza dell'articolo 586 cod. penumero In questo quadro, l'addotta adesione psicologica degli imputati all'evento poi verificatosi, secondo la difesa, pur se afferma la sussistenza dell'accettazione dell'evento, in nulla si differenzia dall'accettazione del rischio di verificazione dell'evento, poiché i due stati psicologici, rispetto alla figura dell'omicidio preterintenzionale, non conducono a differenti soluzioni pertanto, la differenza fra l'uno e l'altro non rileverebbe per escludere l'omicidio preterintenzionale e ritenere l'omicidio volontario con dolo eventuale, se non valorizzando indebitamente le connotazioni del soggetto agente e, così, finendo per accedere alla colpevolezza non per il fatto, bensì per il carattere, nell'ottica nota come il diritto penale del nemico, ottica nella quale l'indefinibile formula del dolo eventuale viene utilizzata per rivoltare contra reum il ragionevole dubbio. In siffatta cornice il ricorrente critica la decisione della Corte territoriale che ha ricondotto all'omicidio volontario la situazione di fatto, invece sussumibile nella diversa categoria dell'omicidio preterintenzionale. Dato per acquisito l'approdo dell'elaborazione giurisprudenziale, secondo cui l'elemento soggettivo che caratterizza l'omicidio preterintenzionale non è il dolo dell'evento voluto e la responsabilità oggettiva, né il dolo misto a colpa, bensì il dolo di percosse e lesioni, in quanto l'articolo 43 cod. penumero  assorbe la prevedibilità dell'evento più grave, essendo assolutamente probabile che da un'azione violenta contro una persona possa derivarne la morte, dovendo ritenersi sussistente l'omicidio preterintenzionale quando l'agente non abbia aderito psichicamente all'evento morte, inteso come costo accettato della propria condotta, il ricorrente censura l'impostazione privilegiata sul tema dalla Corte di assise di appello che ha ignorato gli approdi più recenti, secondo i quali per sussistere il dolo eventuale non si esige la semplice accettazione di una situazione di rischio, ma si richiede l'accettazione di un evento definito e concreto, inteso come costo accettato dell'azione realizzata per conseguire il fine perseguito i giudici di appello non hanno compiuto una puntuale e rigorosa verifica della sussistenza dell'elemento volontaristico tipico del dolo, il quale non si esaurisce nella rappresentazione del decesso come conseguenza delle lesioni cagionate alla vittima, ma deve contemplare anche l'adesione psichica all'accadimento costituito dall'evento morte. La difesa osserva che i giudici di appello sono giunti alla conclusione della sussistenza della prova del dolo eventuale di omicidio volontario annettendo rilievo a elementi indiziari non sottoposti a vaglio critico adeguato al fine di ricostruire l'iter decisionale percorso dall'imputato e far emergere il correlativo atteggiamento psichico nei riguardi dell'evento morte in particolare, i dati esposti l'affiancamento di Be.Fr. e Pi.Ma. ai fratelli Bi. con la movimentazione di tutti verso l'obiettivo, ossia Wi.Mo. la potenza e la reiterazione dei colpi, inferti alla vittima anche quando era a terra, inerme la particolare tecnica dei colpi portati da soggetti esperti, eccetto Pi. le zone vitali attinte dai colpi le rilevanti conseguenze lesive riportate dalla vittima -avrebbero dovuto orientare verso la prova dell'omicidio preterintenzionale, come era avvenuto in casi a questo ragguagliabili. Inoltre, con riferimento a tali indici, la difesa segnala che solo il primo colpo era stato inferto con tecnica particolare e che gli ultimi due indici altro non rappresentano che la sovrapposizione fra causa ed effetto, mentre nessun elemento di valutazione controfattuale risulta evidenziato e dimostrato nella sentenza in verifica, per cui non può dirsi emerso., alcuna prova che Bi.Ma. abbia avuto intenzione di uccidere la vittima, laddove avrebbe dovuto accertarsi in concreto la volontà omicidiaria, anche a titolo di dolo eventuale. 4.3. Con il terzo motivo si deducono la violazione dell'articolo 61, numero 1, cod. penumero  e il vizio della motivazione con riguardo all'erronea affermazione della sussistenza della circostanza aggravante dei futili motivi. Sulla premessa che l'accertamento di tale circostanza esige un duplice vaglio, quello di natura oggettiva, volto alla verifica della sproporzione tra la portata del reato e il motivo che l'ha determinata, e quello di natura soggettiva, finalizzato all'indagine sul moto interiore, se attivato da quel motivo, che ha indotto l'agente a commettere il reato, la difesa osserva che, nel concreto sviluppo dell'azione, Bi.Ma., pur dopo aver ignorato le telefonate degli amici che gli chiedevano di far ritorno nel luogo in cui si stava verificando la lite, quando era poi giunto in loco, aveva colto che la situazione era davvero esplosiva e in essa erano coinvolti anche i suoi amici che prima avevano chiesto aiuto, così persuadendosi che il pericolo da loro segnalatogli fosse reale. L'opposto assunto espresso in sentenza si pone, secondo il ricorrente, in contrasto con le risultanze processuali, come dovrebbe desumersi dalle dichiarazioni delle testimoni Ad.Tu. ed El.Anumero , le quali avevano, invece, descritto, in riferimento allo stesso contesto spazio-temporale, una situazione allarmante, sicché l'essere Bi.Ma. intervenuto perché convinto del pericolo incombente sugli amici non poteva reputarsi una condotta mossa da un motivo futile e, ciò, anche se fosse concluso che il suddetto convincimento era stato maturato in modo erroneo. Stanti tali elementi, la difesa ritiene che la Corte territoriale avrebbe dovuto considerare che, ai fini dell'accertamento dell'aggravante in esame, occorreva che il movente del reato fosse identificato con certezza, non potendo l'ambiguità probatoria restata sul punto ritorcersi in danno dell'imputato. 5. Il difensore di Pi.Ma. ha proposto impugnazione avverso la sentenza di secondo grado prospettandone l'annullamento, con o senza rinvio, e affidando l'impuqnazione a quattordici motivi. 5.1. Con il primo motivo si deduce il vizio della motivazione costituito dalla qualificazione degli accadimenti occorsi tra Pi.Ma., Be.Fr., Az.Bi. e Fe.Zu. quale antefatto del delitto oggetto di processo. La vicenda antecedente costituita dal contrasto intercorso tra Fe.Zu. e Pi.Ma., dopo che questi aveva lanciato un bacio a distanza verso Az.Bi., contrasto in via di soluzione, ma seguito dall'intervento di Be.Fr., che aveva colpito con un pugno Fe.Zu. facendolo cadere dalle scale si era arrestata a un confronto verbale fino a quando erano giunti i fratelli Bi., peraltro avvisati da persona diversa dai due coimputati Mi.Ce. pertanto, secondo la difesa, questa vicenda, esaurita, non avrebbe potuto considerarsi, contrariamente all'illogica ricostruzione dei giudici del merito, un antefatto nel senso etimologico di presupposto necessario del delitto che era seguito. 5.2. Con il secondo motivo si prospetta il vizio della motivazione relativamente ai criteri di valutazione adottati nella decisione per verificare l'attendibilità dei testimoni escussi. I giudici di appello hanno fatto propri i criteri valutativi esposti dalla Corte di assise, prendendo in esame i ricordi di ciascun testimone e, sommandoli fra loro, addivenendo alla ricostruzione della dinamica del fatto la parcellizzazione sarebbe stata, quindi, l'esito di fattori solo soggettivi, quali gli stati d'animo, il livello di attenzione e il grado di coinvolgimento emotivo di ogni dichiarante. Quindi, il metodo si è rivelato, per la difesa, intrinsecamente illogico, in quanto i suddetti fattori soggettivi sono idonei a incidere anche sull'interpretazione del dato riferito dal testimone, sicché l'avere ammesso la loro influenza sul ricordo dei dichiaranti ha reso illogica la generica valutazione di attendibilità dei medesimi testimoni, non essendo stato dai giudici del merito fissato il limite esatto dell'influenza dei suddetti fattori soggettivi, essendosi essi limitati a cogliere il frammento ritenuto esente dal vizio nel procedimento di ricordo senza che sia risultato possibile escludere che anche il narrato espresso da ciascun testimone potesse essere viziato dall'incidenza degli stessi fattori. 5.3. Con il terzo motivo è evidenziato il vizio della motivazione determinato dalla diversa valutazione dell'impatto mediatico avuto dalla vicenda e dall'ipotetico condizionamento determinato sui testimoni. La Corte territoriale ha escluso l'influenza sull'attendibilità dei testimoni dell'enorme clamore mediatico suscitato dalla vicenda e dalle relazioni intercorrenti tra i dichiaranti, sostenendo la diversità dei loro ambiti di provenienza e l'insussistenza di legami di amicizia e frequentazione, ma nota la difesa si è contraddetta annettendo rilievo al clamore mediatico, reputato eccessivo le testimonianze in dibattimento erano state acquisite in presenza di giornalisti accreditati e con le riprese video , in punto di quantificazione della pena, mentre poi erano emersi i legami di frequentazione e conoscenza fra vari soggetti del processo l'imputato Be.Fr. conosceva Al.Ro., il teste Fe.Zu. conosceva tanto Wi.Mo. quanto Ma. Ro. e Lu.De., il teste Fa. conosceva Wi.Mo. e Si.Ce., gli imputati Ma. e Bi.Ga. erano conosciuti per nomea . Inoltre, l'escussione dei testimoni non era avvenuta chiamandoli a seconda del gruppo territoriale di appartenenza, bensì secondo il calendario fissato dalla Corte di assise seguendo l'ordine determinato dalla scelta del Pubblico ministero. 5.4. Con il quarto motivo è prospettata la contraddittorietà e l'illogicità della motivazione nella valutazione delle dichiarazioni rese dal teste Om.Sh In merito all'attendibilità di questo testimone la Corte territoriale evidenzia il ricorrente ha formulato giudizi antitetici prima, ha ritenuto inattendibile la deposizione di Om.Sh. quanto alla descrizione della prima parte della fase aggressiva rilevando che si trattava di un amico fraterno dei Bi., la cui posizione egli avrebbe tentato di alleggerire, ma poi ha riconnesso attendibilità al medesimo teste quando ha fornito elementi di accusa a carico di Pi.Ma. affermando di averlo visto colpire con pugni Wi.Mo. mentre questi era a terra. La contraddizione viene individuata nell'avere i giudici di appello ritenuto inattendibile per intento protettivo dei Bi. la testimonianza di Om.Sh. e, poi, nell'aver dato attendibilità alla medesima testimonianza in ordine alle accuse da Om.Sh. mosse nei confronti di Pi.Ma. e anche di Be.Fr., senza considerare che anche tali accuse erano orientate ad alleggerire la posizione dei Bi 5.5. Con il quinto motivo è dedotto il vizio della motivazione inerente alla valutazione delle intercettazioni delle conversazioni tra Om.Sh. e Mi.Ce. Il colloquio intercorso fra i due suddetti soggetti mentre erano nella Caserma dei Carabinieri di Colleferro aveva confermato la loro interlocuzione sulle versioni rese e da rendere, Om.Sh. avendo cercato di farsi riferire da Mi.Ce. quali informazioni questi avesse esposte era poi emerso che costoro si erano incontrati con Al. Bi., fratello di Ma. e Bi.Ga. Di conseguenza osserva il ricorrente appare del tutto illogico ammettere che Om.Sh. e Mi.Ce. avevano alterato la ricostruzione dei fatti per difendere i Bi., loro amici fraterni, e ridurre la loro intesa, emergente dalla captazione, al rango di una semplice suggestione, giacché la prova in questione aveva fatto emergere, non soltanto l'effettività dell'intesa, ma anche la diretta incidenza nella medesima di Al. Bi. ulteriormente, l'inattendibilità di Om.Sh. avrebbe dovuto precludere l'attribuzione di credibilità alle affermazioni del medesimo testimone quando si era riferito al rimprovero da lui mosso a Be.Fr. e Pi.Ma. per il comportamento serbato, trattandosi del prodromo della preordinata linea informativa da lui scelta per ridimensionare la posizione degli imputati amici e incidere su quella degli altri coimputati Be.Fr. e Pi.Ma. 5.6. Con il sesto motivo si denuncia la contraddittorietà e l'illogicità della motivazione nella valutazione delle dichiarazioni dei testi a carico di Pi.Ma. Recependo le indicazioni di alcuni dichiaranti, la Corte di merito ha ritenuto accertata la condotta dell'imputato nel senso che Pi.Ma., nella fase finale del pestaggio, aveva colpito Wi.Mo. con pugni e calci alla testa, condotta descritta da Si.Ce., La.Ro., Fa., Vi., Omissis , Om.Sh. e Da.Vi. Oltre alle incongruenze già evidenziate per la posizione di Om.Sh., anche per la valutazione compiuta delle altre testimonianze sono emerse, secondo la difesa, decisive criticità, aventi la prima matrice nell'opzione volta a trarre da ogni dichiarazione il frammento ritenuto utile, ma accentuate in via ulteriore e conclusiva per la mancata convergenza dei singoli frammenti. Per quanto concerne le dichiarazioni di Si.Ce., questi aveva attribuito a Be.Fr. e a Pi.Ma. il fatto di avere sferrato il calcio contro Wi.Mo., azione invece unanimemente attribuita a Bi.Ga. e la difformità, contestata nel corso dell'esame, avrebbe dovuto indurre alla valutazione di inattendibilità del testimone invece, la Corte di assise di appello ha annesso attendibilità alla sua deposizione per la posizione in cui questi, a sua volta persona offesa per i colpi riportati nell'aggressione, si era trovato e, però, a parte il turbamento emotivo che la situazione gli aveva cagionato, non si era tenuto conto che la fase della vicenda in relazione a cui Pi.Ma. era stato accusato di aver partecipato all'aggressione era quella in cui Si.Ce., colpito, era caduto in terra e quindi non aveva potuto assistere alla scena. La.Ro. aveva reso una versione divergente da quella di Si.Ce., escludendo che tutti fossero andati contro Wi.Mo. e attribuendo l'aggressione alle persone che erano scese dalle auto, dunque non a Pi.Ma., peraltro asserendo che Ma.Bu. aveva tentato di fermare l'aggressione, mentre Ma.Bu. aveva riferito di essere andato via ben prima del tragico fatto inoltre La.Ro. aveva indicato Pi.Ma. come soggetto salito a bordo dell'auto dei Bi., in contrasto con quanto affermato unanimemente affermato dagli altri la Corte di merito ha incongruamente ritenuto attendibile il testimone i cui segmenti dichiarativi sono risultati antitetici a quelli riferiti dagli altri testi. Quanto alla testimonianza di Fa., la valutazione della sua attendibilità effettuata dalla Corte territoriale viene ritenuta illogica dalla difesa, essendo le sue affermazioni smentite da quelle di Ce., anche in ordine al posizionamento e alla visuale dei medesimi, e risultando le due testimonianze macroscopicamente divergenti fra loro. Anche la deposizione di El.Os. non avrebbe dovuto superare il vaglio di attendibilità, essendo contrastata dalle affermazioni di Ce., il quale aveva sostanzialmente escluso che questi e Fa. si fossero accorti di quanto stava accadendo, e risultando intrisa di contraddizioni e imprecisioni, anche con riferimento alle modalità di allontanamento di Pi.Ma. e Be.Fr. dopo il fatto. In ordine alle dichiarazioni di Vi., facente parte dello stesso gruppo dei due testimoni ora citati, la carenza di attendibilità insita nel suo narrato viene ricollegata al rilievo che egli aveva indicato come primo colpo ricevuto da Wi.Mo. il pugno e, in ogni caso, all'erronea indicazione dell'abbigliamento del soggetto da lui individuato come Pi.Ma., per due volte descritto come soggetto che indossava una polo, laddove questo imputato indossava una camicia bianca. Né tale attendibilità avrebbe potuto recuperarsi mediante le risposte date alle domande del Presidente della Corte di assise. Circa la testimonianza di Da.Vi., teste indicato dalla difesa dei fratelli Bi., a parte la notazione che la sua portata sarebbe stata in radice limitata dal mancato riferimento a Pi.Ma., avendo il dichiarante riferito della partecipazione all'aggressione di un soggetto vestito di bianco, la difesa segnala che il teste aveva fornito una versione imprecisa e smentita dalla maggioranza degli informatori, asserendo che il primo colpo che aveva raggiunto la vittima era stato un pugno, non essendo stato in grado di fornire dettagli più precisi e affermando che la persona vestita di bianco era salita nel SUV dei fratelli Bi., fatto se la persona fosse da identificarsi con Pi.Ma. escluso dagli altri testi. In definitiva, il ragionamento dei giudici di appello viene ritenuto viziato su un piano duplice il primo, inerente all'illogica valorizzazione di testimonianze per sé inattendibili il secondo, attinente all'analisi delle dichiarazioni per segmenti narrativi, non validabile se l'estrapolazione dell'informazione è effettuata con riferimento a una narrazione contrassegnata da lacune e contraddizioni. 5.7. Con il settimo motivo si sottolinea il vizio della motivazione rilevabile nella valutazione della testimonianza di Ce I giudici di appello non hanno annesso importanza alle dichiarazioni di questo testimone, che aveva segnalato il posizionamento sfavorevole di Fa. e degli altri del suo gruppo rispetto al teatro dell'evento, adducendo l'uniformità dichiarativa, con valutazione che il ricorrente reputa viziata in primo luogo, non è riscontrabile alcuna uniformità descrittiva nelle testimonianze in questione in secondo luogo, Ce. non è stato mai ritenuto, a sua volta, inattendibile, essendo, d'altro canto, emerso che sia Ce., sia St.Os. si erano detti impossibilitati a vedere cosa stesse accadendo, mentre gli altri tre testimoni non avevano reso una versione unitaria, ma piuttosto divergente. 5.8. Con l'ottavo motivo si deduce il vizio della motivazione nella valutazione dell'assenza di tracce genetiche sugli anelli di Pi.Ma Per il ricorrente, il mancato riscontro di tali tracce è stato considerato irrilevante in modo illogico, laddove si trattava di una prova a discarico, allo stesso modo in cui la traccia genetica rinvenuta sullo scarponcino di Be.Fr. è stata ritenuta significativa in particolare, sarebbe contraddittoria la valorizzazione in senso contrario delle ammissioni dell'imputato, inerente alle due pizze date all'altezza del cappuccio della vittima, senza mai affermare di aver colpito con un calcio Wi.Mo., e si sottolinea la rilevanza dell'esito della prova scientifica per misurare l'offensività della condotta ascritta all'imputato. Inoltre, la difesa considera illogica l'asserzione dell'assenza di prova che Pi.Ma. portasse gli anelli alla medesima mano utilizzata per colpire Wi.Mo., peraltro mediante una sbracciata, senza portare pugni, mentre l'imputato non avrebbe potuto consegnare monili mai avuti, quelli indossati essendogli stati sequestrati, senza poi rinvenire sugli anelli traccia alcuna del DNA della vittima. 5.9. Con il nono motivo si evidenzia la contraddittorietà e l'illogicità della motivazione in ordine alla valutazione del nesso di causalità fra la condotta di Pi.Ma. e la morte di Wi.Mo Su questo punto la difesa fa carico alla Corte territoriale di non aver valutato secondo logica le risultanze della prova scientifica il consulente tecnico del Pubblico ministero prof. Sa.Po. aveva individuato la causa della morte nella lesività al torace e nella lesività alla carotide, lesioni distinte ma ciascuna autonomamente idonea a determinare l'evento letifero il consulente tecnico dell'imputato Pi.Ma. aveva indicato la causa della morte nella sola lesività toracica la Corte di assise di appello ha aderito sostanzialmente alla tesi sviluppata dal consulente del Pubblico ministero, affermando la valenza sinergica delle due lesività, ma pur escludendo che Pi.Ma. e Be.Fr. avessero portato uno di quei due colpi letali ha ritenuto entrambi concorrenti nell'omicidio, per avere essi comunque partecipato al brutale pestaggio, senza soluzione di continuità, anche agevolando la commissione della condotta tipica. Addivenendo a tale conclusione i giudici di appello sono incorsi, per il ricorrente, in passaggi certamente contraddittori l'aggressione non si era svolta senza soluzione di continuità, ma la stessa Corte di merito ha affermato che essa si era frammentata in due fasi, la prima connotata dai colpi dei fratelli Bi. e la seconda connotata dai colpi attribuiti a Pi.Ma. e Be.Fr. inoltre, dopo avere individuato i colpi che avevano determinato le lesioni letali, in sentenza, in modo antitetico, si inseriscono fra le cause della morte le conseguenze lesive meno significative non si è, quindi, operata la necessaria distinzione fra le condotte per stabilire quali fossero quelle rilevanti, ossia quelle che avevano agevolato l'evento, lo stesso Bi.Ma. avendo chiarito il senso del rimprovero di Om.Sh. nei riguardi di Pi.Ma., che aveva dato alcuni schiaffi al petto di Wi.Mo., condotta che, anche a voler aderire alla teoria monistica del concorso di persone nel reato, non avrebbe potuto condurre all'accertamento della corresponsabilità di Pi.Ma. inoltre, se il colpo mortale era quello portato al torace, con arresto praticamente istantaneo della funzione cardiocircolatoria, solo tale azione avrebbe dovuto essere considerata quella determinativa dell'evento e rispetto a essa avrebbero dovuto ritenersi irrilevanti i successivi apporti di Pi.Ma., Be.Fr. e dello stesso Bi.Ma., in ogni caso nessun contributo, nemmeno morale, potendo identificarsi nella condotta di Pi.Ma 5.10. Con il decimo motivo si denuncia il vizio della motivazione per la qualificazione dell'elemento soggettivo come dolo eventuale di omicidio volontario e il diniego della qualificazione del fatto ai sensi dell'articolo 584 cod. penumero Per addivenire a questa conclusione, secondo la difesa, i giudici del merito hanno compiuto un'illogica opera di semplificazione degli elementi strutturali del dolo eventuale, obliterando l'elaborazione di legittimità che ha considerato come, ai fini della relativa configurazione, sia necessaria non una semplice e vaga rappresentazione del fatto e delle probabilità di verificazione dell'evento, con la corrispondente accettazione del rischio, bensì la chiara rappresentazione della possibilità di verificazione dell'evento l'accertamento non risulta essere stato adeguatamente operato per la labilità delle testimonianze raccolte, il cui narrato è stato il frutto delle soggettive percezioni e valutazioni dell'accaduto. Al contrario si sostiene nessuno degli imputati avrebbe potuto rappresentarsi la possibilità che Wi.Mo. morisse, non avendo essi, prima del fatto, contezza rappresentativa della stessa persona della vittima, essendo stati chiamati, i fratelli Bi., sul luogo da Mi.Ce., senza che Pi.Ma. e Be.Fr. ne sapessero nulla, mentre l'azione complessiva si era dipanata nel brevissimo spazio compreso tra i 30 e i 40 secondi in questo frangente, nessuno degli imputati, oltre all'impossibilità di formarsi la compiuta rappresentazione dell'evento e maturare l'accettazione del corrispondente rischio, avrebbe potuto rendersi concreto conto dell'identità e delle caratteristiche della persona che essi stavano colpendo nemmeno il calcio sferrato alla vittima da Bi.Ga.era stato preceduto dalla considerazione delle caratteristiche della vittima da parte dell'agente. Né proverebbe il contrario il movimento sincronizzato attuato degli imputati, non conoscendo Be.Fr. e Pi.Ma. dell'arrivo dei Bi. in zona. Del pari, è contraddittoria, per il ricorrente, la valutazione delle dichiarazioni di Om.Sh., illogicamente equiparate a quelle dei soggetti coinvolti nel fatto. Inoltre, Be.Fr. e Pi.Ma. non avevano, ad avviso della difesa, ragione per volere la morte di Wi.Mo., essendosi già chiuso ciò che è stato erroneamente definito l'antefatto, né Pi.Ma. aveva chiesto l'intervento dei Bi., sicché egli si era trovato di fronte a un fatto improvviso e imprevedibile, affrontato per la prima volta, da incensurato, e, anche durante il tempo esiguo di svolgimento dell'azione, non aveva avuto la concreta possibilità di rappresentarsi la situazione, anche per lo stato di alterazione alcolica in cui si trovava. 5.11. Con l'undicesimo motivo si deducono l'erronea applicazione della legge penale e l'ulteriore vizio della motivazione consistito nel non aver configurato, per la posizione dell'imputato, il concorso anomalo ai sensi dell'articolo 116 cod. penumero La difesa lamenta che i giudici di appello si sono trincerati erroneamente dietro al concorso di cui all'articolo 110 cod. penumero  rinunciando all'analisi distinta delle singole posizioni, imposta dall'articolo 116 cod. penumero , fra chi aveva voluto e chi non aveva voluto l'evento più grave, pur se nella sentenza impugnata si dà atto che Pi.Ma. era l'unico degli imputati a non essere esperto in arti marziali, sicché alla sua condotta avrebbe dovuto riconnettersi necessariamente una volontà lesiva minore, nell'eccezionalità dell'evento costituito dalla morte di Wi.Mo. 5.12. Con il dodicesimo motivo si prospetta il vizio della motivazione in ordine al diniego della circostanza attenuante di cui all'articolo 114 cod. penumero Pur avendo annesso alla condotta di Pi.Ma. un contributo causale diverso e minore, irrogandogli la pena meno grave, i giudici del merito hanno, per la difesa, l'hanno in modo contraddittorio reputata di pari importanza, senza considerare che la morte della vittima sarebbe comunque avvenuta, con o senza tale condotta, per cui il suo apporto non avrebbe potuto che definirsi marginale. 5.13. Con il tredicesimo motivo si denuncia il vizio della motivazione determinato dall'aver ritenuto il delitto aggravato dai futili motivi. Per l'applicazione della disciplina relativa alla circostanza aggravante in esame ricorda il ricorrente è necessario che il movente sia identificato con certezza invece, la stessa Corte di merito ha palesato incertezza sul punto rilevando che Pi.Ma. e Be.Fr. sapevano dell'estraneità di Wi.Mo. alla precedente situazione di contrasto, sicché il movente non può dirsi identificato nella sentenza impugnata. 5.14. Con il quattordicesimo motivo si prospettano l'erronea applicazione dell'articolo 133 cod. penumero  e il corrispondente vizio della motivazione in dipendenza del mancato riconoscimento della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla ritenuta circostanza aggravante. La difesa sottolinea la contraddittorietà insita nell'avere, sotto il profilo indicato, uniformato le posizioni dei coimputati, pur dopo aver riconosciuto che Pi.Ma. era l'unico a non essere esperto di arti marziali e aveva dato un apporto causale minore degli altri questa opzione ha determinato la violazione dell'articolo 133 cit. perché ha comportato un trattamento sanzionatorio simile per tutti i coimputati, laddove la pena da infliggersi a Pi.Ma. avrebbe dovuto essere necessariamente calmierata tenendo conto dell'emersa differenza di ruoli, anche attraverso il diverso bilanciamento fra circostanze di segno contrapposto. 5.15. Con susseguente memoria la difesa di Pi.Ma. ha svolto cinque motivi nuovi. 5.15.1. Con il primo di tali motivi si tratta del vizio della motivazione determinato dalla ritenuta sussistenza del dolo eventuale di omicidio volontario e dalla mancata diversa qualificazione del fatto come omicidio preterintenzionale. Riprendendo il filo delle argomentazioni svolte con il decimo motivo, la difesa richiama le indicazioni date anche dalla Corte costituzionale il principio di colpevolezza partecipa di una finalità comune ai principi di legalità e di irretroattività della legge penale, mirando a garantire ai consociati la calcolabilità delle conseguenze giuridico-penali della propria condotta e al comportamento dedotto come serbato dall'imputato si attagliava, in questa chiave, la figura dell'omicidio preterintenzionale, frutto della condotta sorretta dal dolo del reato base percosse o lesioni e dell'evento morte non voluto, dovendo pervenirsi all'accertamento del dolo eventuale soltanto quando l'evento ulteriore abbia formato oggetto della chiara rappresentazione della significativa possibilità della sua verificazione e l'agente abbia agito nonostante ciò, dopo aver valutato il fine perseguito e l'eventuale prezzo da pagare. Si ribadisce che tali presupposti, in relazione a tutti gli indici sintomatici, non sono stati accertati con adeguata motivazione nella sentenza impugnata. 5.15.2. Con il secondo motivo nuovo si reitera la critica in punto di valutazione dell'attendibilità dei testimoni. Il ricorrente sottolinea che le discrasie dichiarative rilevate sono state illogicamente ridimensionate al livello delle piccole difformità, mentre hanno riguardato affermazioni smentite dall'istruttoria dibattimentale, con la conseguente arbitrarietà della ricostruzione del fatto mediante frame narrativi. 5.15.3. Con il terzo motivo nuovo si evidenzia il vizio della motivazione per la mancata valutazione dell'incidenza sul processo dell'impatto mediatico. Anche con richiamo ad altre e note vicende giudiziarie, il ricorrente evidenzia che la distonia fra le dichiarazioni rese dai testimoni nell'immediatezza e quelle poi espresse nel corso degli esami dibattimentali, in modo influenzato dalle versioni fornite dai mezzi di informazione, come peraltro i giudici di appello hanno finito per ammettere quando hanno riconosciuto le attenuanti generiche ai Bi., sicché l'illogicità della motivazione ne resta, per tal verso, confermata. 5.15.4. Con il quarto motivo nuovo si riprende il tema del vizio di motivazione relativo alla valutazione delle tracce genetiche. Viene dal ricorrente ribadita la rilevante incongruenza argomentativa consistita nel destituire di rilievo il dato probatorio costituito dall'assenza di tracce genetiche sui monili da lui indossati al momento del fatto e poi analizzati, mentre i giudici del merito hanno annesso importanza all'individuazione di siffatte tracce sullo scarponcino di Be.Fr 5.15.5. Con il quinto motivo nuovo si deduce sulla lamentata carenza motivazionale in merito alle intercettazioni telefoniche e ambientali. Il ricorrente reitera i passi reputati salienti del colloquio, captato, fra Mi.Ce. e Om.Sh. svoltosi in Caserma, considerato dimostrativo dell'accordo circa le dichiarazioni a farsi, nonché del messaggio fatto pervenire da Al. Bi. a Om.Sh., elementi sui quali non avrebbe dovuto omettersi di argomentare da parte dei giudici di appello, se non per dare un'interpretazione non corrispondente al contenuto della conversazione, oltre a non aver considerato l'intima amicizia di Om.Sh. con i fratelli Bi A riprova di questa lettura delle risultanze istruttorie la difesa richiama l'ordinanza di aggravamento della misura emessa il 3 febbraio 2021 dal Giudice per le indagini preliminari, provvedimento che aveva evidenziato la tendenza a sfumare il ruolo dei fratelli Bi. e aveva ritenuto verosimile che i suddetti Mi.Ce. e Om.Sh. avessero omesso di circostanziare meglio le attività, comunque non negate, dei suddetti imputati. 6. Avverso la decisione di appello ha proposto ricorso il difensore di Be.Fr. chiedendone l'annullamento senza rinvio o, in subordine, con rinvio. Dopo lo svolgimento di una premessa dedicata ai limiti che vanno riconnessi al rilievo della mera conformità estrinseca delle due sentenze di merito, relativamente alla posizione dell'imputato, in considerazione delle significative divergenze valutative di diverse prove emerse fra le stesse si segnalano il diverso approccio valutativo delle dichiarazioni del teste Si.Ce., la sensibile eterogeneità nell'impiego dei criteri finalizzati alla verifica della ricognizione dell'imputato e della condotta da lui serbata da parte dei testimoni, la diversa valutazione delle prove dichiarative offerte dai testimoni Mi.Ce., Om.Sh. e Vi.To., in riferimento alla posizione da costoro assunta rispetto al ruolo avuto dai fratelli Bi. , così che è insostenibile ritenere che i due provvedimenti possano prestarsi a una lettura congiunta, dato che il secondo ha confutato gli argomenti addotti dall'altro, il ricorrente ha articolato quattro motivi, volti ad argomentare la prospettazione dell'inattendibilità dei residui testimoni le cui dichiarazioni la Corte di assise di appello ha posto a carico di Be.Fr. e a stigmatizzare l'omessa considerazione delle prove addotte a discarico. 6.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce il vizio della motivazione per l'omesso rilievo dell'inattendibilità delle dichiarazioni di Si.Ce. Al riguardo si lamenta, in primo luogo, l'omessa valutazione delle dichiarazioni di Gianmarco Fa., il quale, contraddicendo il teste, aveva precisato di conoscere Si.Ce. e di aver parlato con lui, che non aveva avuto una percezione diretta dell'aggressione elemento su cui la Corte di assise di appello non ha portato l'analisi preservando acriticamente quella che ha ritenuto la seconda parte delle dichiarazioni di Si.Ce., considerate non inficiate dalla chiara inattendibilità della prima parte, in cui il teste aveva attribuito il calcio al collo sferrato a Wi.Mo. a Be.Fr. o Pi.Ma., anziché a uno fra i Bi Inoltre, si prospetta come travisante l'affermazione secondo cui Si.Ce. non avrebbe visto la prima parte dell'aggressione, posto che, pur sollecitato a ricordare bene il punto, il teste aveva riaffermato di avere percepito tale parte dell'aggressione, anzi confermando solo di aver visto il primo calcio con certezza. Da tali rilievi si trae argomento per segnalare l'inosservanza dei principi di diritto operanti in materia di valutazione frazionata della prova dichiarativa la seconda parte delle dichiarazioni di Si.Ce. non può reputarsi autonoma rispetto alla prima parte, essendo la descrizione dell'intera progressione criminosa formata da segmenti in connessione funzionale fra loro, per l'interferenza fattuale e logica che li lega. In ogni caso, il recupero di una frazione delle dichiarazioni, ove ammissibile, avrebbe richiesto la verifica giudiziale del riscontro, nella specie non sussistente, avendo Si.Ce. riferito circostanze da nessuno confermate. Pertanto, queste dichiarazioni, nella loro unitarietà, non avrebbero potuto superare la verifica di attendibilità, per le insanabili contraddizioni interne alle stesse e il loro contrasto con tutte le altre deposizioni ritenute attendibili. 6.2. Con il secondo motivo si prospetta il vizio della motivazione nella valutazione comparativa delle testimonianze di Ad.Tu. ed El.Anumero , da un lato, e di Vi.To., dall'altro, in relazione alla variazione della posizione assunta da quest'ultimo rispetto all'evento. Si sostiene che la motivazione resa dalla Corte territoriale sull'attendibilità di Vi.To. sia apparente, in quanto si è basata su una lettura superficiale del relativo narrato, limitandosi a ripetere quanto aveva affermato la Corte di primo grado, senza confutare i dati evidenziati dalla difesa nell'atto di appello. In esso si era specificamente dedotto che la variazione della posizione inerente al suo punto di vista nel corso della vicenda aggressiva era stata esclusa dallo stesso Vi.To., le cui dichiarazioni avevano titolo a essere poste in comparazione con quelle delle testimoni Ad.Tu. e El.Anumero , anche perché, ove fosse emersa l'esattezza della versione fornita da Vi.To., sarebbe stato coerente fissarne la collocazione a circa trenta metri dal luogo del delitto, con la conseguente impossibilità per lui di scorgere i dettagli dell'azione, anche in riferimento alla condotta di Be.Fr. ciò insieme alla diversa visibilità addotta dal teste quando aveva parlato di Be.Fr. rispetto a quando aveva parlato dei Bi. - avvalorerebbe la tesi delle sue affermazioni come frutto di accordo preventivo. La difesa fa carico ai giudici di appello di aver travisato la prova testimoniale quanto alle diverse modalità descrittive in essa contenute in riferimento alla condotta dei fratelli Bi., poco dettagliate, rispetto a quelle, molto articolate inerenti alla condotta di Be.Fr. a fronte della sensibile differenza di tali descrizioni, la Corte territoriale ha in modo travisante addotto la precisione della testimonianza nella parte in cui ha descritto la condotta di Bi.Ga., laddove il teste non aveva indicato nemmeno chi fosse la vittima del calcio iniziale e micidiale, escludendo che essa si identificasse in Wi.Mo. e sostenendo che a quest'ultimo erano stati inflitti altri colpi in un secondo momento. A dimostrazione del vizio di motivazione il ricorrente insiste sull'asimmetria descrittiva che ha caratterizzato la testimonianza di Vi.To., a motivo dell'addotta visibilità intermittente, così da fornire un contributo epidermico in ordine alla condotta dei fratelli Bi. e, invece, un apporto dettagliato in ordine a quella di Be.Fr Né la Corte di assise di appello ha aggiunto la difesa ha valutato la reiterata negazione da parte di Vi.To. della sua partecipazione alla cena con Om.Sh. avvenuta il 19 settembre 2020, il giorno dopo che quest'ultimo aveva reso le sommarie informazioni testimoniali, elemento rilevante per verificare se l'accordo preventivo su cosa dichiarare avesse coinvolto anche il suddetto dichiarante, oltre a Om.Sh. e Mi.Ce. La circostanza, negata dal teste, invece confermata anche dal compendio captativo, era stata evidenziata con l'atto di appello, essendosi essa collocata nell'arco temporale antecedente alla deposizione di Vi.To., poi avvenuta il 25 settembre 2020, intervallo sufficiente per articolare una versione alternativa e funzionale alla posizione dei fratelli Bi., dopo aver preso contezza, tramite Al. Bi., del contenuto dell'ordinanza applicativa della misura cautelare agli indagati. 6.3. Con il terzo motivo viene evidenziato il vizio della motivazione nella parte è stata affermata la genuinità del loro narrato con riguardo alla descrizione della condotta di Be.Fr. e la sussistenza dell'attendibilità dei testimoni Om.Sh. e Mi.Ce., non valutando il tentativo messo in essere dai medesimi di ridimensionare il ruolo dei fratelli Bi. e, all'opposto, di concentrare la responsabilità sugli imputati Be.Fr. e Pi.Ma. Si erano esposti gli elementi dimostrativi dell'accordo clandestino fra Mi.Ce. e Om.Sh. finalizzato a favorire i fratelli Bi. il contenuto dell'intercettazione ambientale in Caserma dei Carabinieri del colloquio fra i due informatori il contenuto dell'intercettazione ambientale del 16 ottobre 2020 del colloquio fra Al. Bi. e Bi.Ma. che sapendo di essere intercettati avevano attribuito a Be.Fr. il calcio alla gola della vittima i contatti di Om.Sh. e Mi.Ce. con Al. Bi. e Vi.To. Si era preso atto che già la Corte di assise aveva tratto dalle dichiarazioni dei suddetti testimoni il tentativo di ridimensionare il ruolo dei Bi. nell'aggressione. La difesa rileva ora che i giudici di appello hanno affermato l'idoneità di tale tentativo, ma lamenta la persistente parzialità della conseguente analisi, circa la consapevolezza dell'impossibilità di negare tout court il coinvolgimento dei loro amici fraterni e la corrispondente necessità di spostare il focus della responsabilità sui restanti imputati, Be.Fr. e Pi.Ma. In tal senso, si lamentano l'omessa valutazione dell'affermazione di Om.Sh., volta ad assecondare, contro il restante panorama probatorio, la versione di Bi.Ma. di aver colpito Wi.Mo. all'anca, e non al torace, dell'affermazione di Vi.To., volta ad avallare, sempre in modo isolato, la destinazione del primo calcio omicidiario ai danni di un soggetto diverso da Wi.Mo., dell'affermazione di Mi.Ce. che, nel controesame, aveva individuato genericamente nella parte frontale del corpo di Wi.Mo. la zona colpita da Bi.Ma. Si stigmatizza, altresì, l'omessa valutazione della prova della connessione fra i tre indicati testimoni in vista della strategia, coordinata da Al. Bi., tesa all'evidenziato ridimensionamento del ruolo dei suoi fratelli e alla corrispondente concentrazione della responsabilità in capo a Be.Fr La Corte di assise di appello, secondo il ricorrente, non ha tratto le logiche conseguenze da tali rilievi, così come nulla ha osservato sulla circostanza che Mi.Ce. si fosse recato presso il difensore dei fratelli Bi. prima di rendere le informazioni alla Polizia giudiziaria, né sull'individuata regia di Al. Bi. alla base di quello che viene definito l'accordo dissimulatorio, la cui emersione si ritiene corroborata dalla captazione del colloquio in carcere del 16 ottobre 2020 fra quest'ultimo e il fratello Ma., da interpretarsi come confermativo della sussistenza del piano di inquinamento probatorio in corrispondenza, è stato omesso il vaglio critico delle accuse, connesse ai suddetti colloqui, mosse, in particolare, da Bi.Ma. e da Om.Sh. a Be.Fr. di aver colpito alla gola la vittima così da spezzargli il collo. La conclusione raggiunta dalla Corte di secondo grado in merito all'infondatezza del prospettato accordo dichiarativo, smentita dall'eterogeneità del contenuto delle tre deposizioni, è contestata dalla difesa. A sostegno di tale assunto si prospetta l'inosservanza dei principi di affidabilità, normalità e responsabilità alla base della valutazione di attendibilità dei tre testimoni indicati, a cospetto delle emerse cointeressenze, dell'omessa valutazione delle dichiarazioni delle testimoni Ad.Tu. e El.Anumero , della negazione da parte di Om.Sh. dei contatti telefonici con i Bi. prima dell'aggressione e della consapevolezza di Mi.Ce. e Om.Sh. delle reazioni violente dei fratelli Bi. in situazioni analoghe. A differenza della Corte di primo grado, che aveva formulato un giudizio di sostanziale neutralità delle testimonianze di Mi.Ce. e Om.Sh., i giudici di appello hanno recepito, ma solo in parte, secondo la difesa, le suddette riserve e non ne hanno tratto il logico corollario in punto di attendibilità dei dichiaranti, giacché le circostanze stesse avevano delineato un interesse concreto dei testimoni a evitare conseguenze pregiudizievoli, così da indurli a rendere deposizioni non obiettive e a venir meno al principio di responsabilità. Si prospetta, perciò, come illogica la motivazione che ha reputato inattendibili Mi.Ce. e Om.Sh. in merito alla descrizione della condotta serbata dai Bi. e, al contempo, attendibili in merito alla descrizione della condotta di Be.Fr. le ragioni per le quali i due dichiaranti, amici fraterni dei Bi. e osservatori non disinteressati, oltre che emotivamente coinvolto il primo e distante dal centro dell'assembramento il secondo, sono stati considerati inattendibili non avrebbero potuto essere obliterate per recuperarne l'attendibilità per la posizione di Be.Fr., sul quale e su Pi.Ma. essi avevano tentato di riversare in modo esclusivo la responsabilità dell'evento. L'illogicità del ragionamento valutativo è dal ricorrente riconnessa alla contraddittoria motivazione resa dalla Corte di assise di appello nel valutare la coerenza e la compatibilità delle testimonianze in questione. Il dato saliente, da cui la Corte territoriale avrebbe dovuto trarre le necessarie conseguenze, risulta dunque costituito dalle indicate peculiarità narrative, con particolare riferimento alla rilevata inversione dei ruoli, certo non ascrivibili a casualità, che connotano i contributi dei tre dichiaranti, amici fraterni dei Bi., costituenti indicatori specifici di inattendibilità. La portata decisiva della ricostruzione proveniente da tali contributi si può, per il ricorrente, apprezzare adottando il modello condizionalistico, giacché essa inerisce a condotta integrante un antecedente causale, eliminato il quale l'evento non si sarebbe realizzato ad assecondare le versioni di tali testimoni, infatti, le condotte dei fratelli Bi. resterebbero escluse dell'effettivo decorso causale decisivo, giacché rimarrebbe quale antecedente causale determinante della morte di Wi.Mo. quella susseguente ritenuta letale e attribuita a Be.Fr Ulteriore profilo di travisamento della prova è individuato nell'omessa valutazione delle risultanze medico-legali, come illustrate in dibattimento, dal consulente del Pubblico ministero esse, contrariamente all'assunto esposto dalla Corte di assise di appello, non avevano corroborato, secondo la difesa, le dichiarazioni testimoniali che avevano attribuito alla condotta dell'imputato l'aver colpito Wi.Mo. con un calcio fra la testa, la faccia e il collo. Infatti, al capo della vittima era stata individuata una sola infiltrazione emorragica ritenuta compatibile con la sua caduta a terra le lesioni riscontrate a carico del volto erano state ritenute causate da un mezzo contusivo a superficie liscia, non dotata di particolari asperità, che facevano pensare a un pugno, anzi a più pugni circa la lesione al collo, anch'essa non era stata considerata compatibile con il mezzo lesivo costituito da un calcio. Da tale rilievo consegue, per il ricorrente, che l'affermata coerenza tra dichiarazioni dei testimoni e risultanze autoptiche è da ritenersi insussistente. 6.4. Con il quarto motivo viene denunciata la manifesta illogicità della motivazione in merito alla valutazione delle testimonianze a discarico. La difesa stigmatizza la giustificazione data dalla Corte di secondo grado al rilievo che tali testimoni non avevano citato la partecipazione di Be.Fr. all'episodio cruento siccome attratti dalla condotta eclatante dei fratelli Bi Così argomentando, i giudici di appello hanno trascurato le affermazioni di Fa. che, pur avendo individuato la presenza dei quattro imputati sul teatro dell'aggressione, aveva escluso che Be.Fr. vi avesse partecipato, essendo collocato un metro e mezzo circa dietro le affermazioni di El.Os., descrittive delle condotte di ciascun imputato, con esclusione di Be.Fr. le affermazioni di Mo., che aveva dato atto della presenza di Be.Fr. solo nel momento iniziale, non successivamente le affermazioni di La.Ro., il quale pure aveva visto Be.Fr. solo al momento del primo colpo sferrato dai Bi., ma non lo aveva visto picchiare le affermazioni di Da.Vi., che aveva riferito delle condotte violente ascritte ai fratelli Bi. e della presenza di un soggetto con la camicia bianca che si era avvicinato alla vittima, senza dare però conto della prossimità di Be.Fr. a Wi.Mo L'avere la Corte di merito dequotato questa serie di dichiarazioni -specificamente segnalata con l'atto di appello con l'argomento della scarsa attenzione che gli astanti avevano prestato alle condotte diverse da quelle eclatanti degli imputati Bi., per poi dileguarsi, integra, per il ricorrente, una mera congettura. Si trattava di testimoni diretti dell'intero fatto accaduto, nelle quali era negato che Be.Fr. avesse colpito Wi.Mo. con quello che era stato definito il calcio di rigore pertanto, la difesa, dopo aver ripercorso il corrispondente narrato, ha concluso che nessuna massima di esperienza avrebbe potuto legittimare l'esclusione di quelle risultanze dall'ambito di quelle concretamente valutabili, tanto che di quelle fonti la Corte di assise di appello ha fatto richiamo per corroborare il convincimento che anche Pi.Ma. aveva partecipato attivamente all'aggressione colpendo Wi.Mo Contraddittoria e manifestamente illogica viene, di conseguenza, ritenuta la completa svalutazione delle stesse fonti in ordine alla posizione di Be.Fr., citandole in modo parcellizzato, assumendo un'assenza di percezione diretta della condotta di quell'imputato da parte degli stessi dichiaranti e, così, disattendendone il corrispondente esito, senza spiegare perché la spettacolarità macabra del calcio al petto della vittima proveniente da uno dei Bi. aveva attratto l'attenzione degli astanti e tale attenzione non era stata attratta dall'altrettanto spettacolare, quanto macabro, calcio di rigore con cui, secondo Vi.To. e Om.Sh., Be.Fr. aveva attinto Wi.Mo 7. Il Procuratore generale in sede ha rassegnato memoria con cui ha trattato le questioni processuali sollevate dai ricorrenti, nonché le questioni connesse alla configurazione concorsuale e circostanziale del reato oggetto di processo, riservando alla discussione orale le questioni di attendibilità dei testimoni, quelle di qualificazione del reato, ivi incluso il tema relativo alle cause della morte della vittima, nonché il tema oggetto del ricorso proposto dal Procuratore generale territoriale relativo alla legittimità o meno del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche a Bi.Ga. e Bi.Ma In merito alle fotografie non allegate alla relazione del consulente tecnico del Pubblico ministero, si ritiene corretta la risposta data dai giudici del merito esse sono state acquisite all'udienza del 15.07.2021 erano atti conoscibili dalle difese e, comunque, prima della loro esibizione e acquisizione, esse non erano nella disponibilità del Pubblico ministero né le parti, fino all'emissione della sentenza di primo grado, avevano eccepito alcunché. Circa il contenuto della querela sporta da Si.Ce., essa ineriva ad altro procedimento e non avrebbe potuto essere utilizzata in questo processo per trarne elementi di valutazione del pari, le dichiarazioni di Si.Ce. inserite nel verbale di arresto avrebbero potuto essere utilizzate per le sole contestazioni, ai sensi dell'articolo 500 cod. proc. penumero Quanto all'attività svolta dal prof. Pa., quale ausiliario del consulente del Pubblico ministero, al di là della verifica dell'effettività o meno della doglianza, si sostiene che la deduzione della corrispondente questione è stata formulata in modo tardivo, giacché, ove sussistente, essa avrebbe integrato una nullità generale a regime intermedio, sanata. Per ciò che concerne le censure di merito relative all'individuazione della causa delle morte di Wi.Mo., si ritiene che la motivazione resa dalla Corte di assise di appello sia adeguata dopo il primo colpo, Wi.Mo. si era rialzato ma non aveva camminato perché aveva subito un ulteriore, subitaneo abbattimento e poi i metri percorsi erano stati determinati dagli ulteriori colpi ricevuti in successione, quasi si fosse trattato di un pallone da calcio. Il fatto che la difesa di Bi.Ga. avesse nominato un nuovo consulente tecnico, individuato nel prof. Cr.Ci., non determinava la necessità per la Corte di secondo grado di procedere alla rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, né di disporre perizia poi i giudici di appello hanno efficacemente ribadito il riscontro delle zone di infiltrazione emorragica nello spessore del miocardio, non ascrivibili al massaggio cardiaco, cosi come hanno individuato in modo persuasivo la duplicità delle lesioni letali, compreso il colpo determinativo dell'arresto cardiocircolatorio di origine vagale, intervenuti a pochi secondi di distanza, quando Wi.Mo. era ancora vivo. Essendo il solo, ulteriore consulente della difesa di Bi.Ga.ad aver sostenuto, peraltro non nel contraddittorio svoltosi in primo grado, una tesi diversa da quella accettata da tutti gli altri esperti intervenuti nel processo per il Pubblico ministero e per le parti private, né potendo considerarsi macroscopicamente illogiche o incongrue, le conclusioni conseguenti dalla tesi accolta anche dai giudici del merito, la critica difensiva è, per il Procuratore generale, estranea all'area della legittimità. La contestazione della circostanza aggravante dei futili motivi è considerata validamente resistita dalla motivazione congiunta delle due pronunzie di merito erano stati gli stessi Bi., nelle dichiarazioni dibattimentali, a dare atto che non avevano dato alcun peso alle chiamate ricevute eppure, al loro arrivo, avevano agito con violenza inusitata, del tutto cieca e priva di ogni giustificazione, e Be.Fr. e Pi.Ma., fino a quel momento prudenti, li avevano coadiuvati partecipando attivamente alla cruenta aggressione, pur sapendo che Wi.Mo. non era stato coinvolto nella vicenda, con l'effetto che la futilità del motivo è risultata lampante. Tutti immeritevoli di accoglimento vengono, poi, considerati quelli inerenti alla mancata applicazione degli articolo 116 e 114 cod. penumero   questioni poste da Pi.Ma. e quello inerente al rigore del trattamento sanzionatorio dedotto da Bi.Ga. Pi.Ma., pur senza conoscere le arti marziali, si era schierato con gli altri e aveva colpito la vittima, nessuna anomalia del suo concorso essendo riscontrabile ed essendo stata valutata nella quantificazione della pena la lievemente minore ferocia del suo contributo, certo non qualificabile di minima importanza, del pari giustificato essendo il diniego della prevalenza delle attenuanti generiche in ordine alla sua posizione, concorrente nel delitto, nonostante la consapevolezza dell'estraneità di Wi.Mo. al precedente contrasto Bi.Ga.è gravato da precedenti penali, fra cui un reato in tema di stupefacenti, accertato con sentenza divenuta irrevocabile il 14.03.2023. 8. il difensore della parte civile Comune di P. ha depositato memoria nella quale, seguendo la traccia delle osservazioni svolte dal Procuratore generale in sede, ha esaminate le questioni procedurali formulate da ciascun ricorrente e ha dedotto considerazioni di segno sovrapponibile a quello prospettato dalla parte pubblica sollecitando la loro complessiva reiezione. Si è sottolineato, fra l'altro, che la relazione di consulenza tecnica redatta dal nuovo consulente della difesa di Bi.Ga., prof. Cr.Ci., non è stata acquisita agli atti del processo e l'ausiliare non è stato ammesso all'esame, sicché le sue prospettazioni possono considerarsi soltanto nella misura e nei limiti in cui sono state fatte proprie dagli scritti difensivi inerenti al medesimo imputato ma, in tal senso, diviene dirimente il rilievo che l'ipotesi della ricostruzione causale alternativa, proposta dalla difesa in sede di impugnazione, è stata adeguatamente respinta dalla sentenza di secondo grado, con cui è stata integrata la pronuncia di primo grado mediante ulteriori precisazioni inerenti alle doglianze devolute in particolare, le osservazioni difensive, mutuate dal contributo del suindicato consulente, sono state adeguatamente contrastate chiarendo le ragioni per le quali non sussiste alcuna incidenza del massaggio cardiaco nel determinismo causale che ha condotto all'evento morte. Anche la decisione di non rinnovare l'istruttoria dibattimentale viene considerata esente da vizi nel quadro della natura eccezionale dell'istituto, la parte civile sostiene che la decisione di respingere la richiesta di rinnovazione istruttoria reclamata dal ricorrente per assenza dei requisiti previsti dall'art 603 cod. proc. penumero , in difetto di vizi della motivazione, si rivela immune da censure. Non fondatamente censurabile è, secondo la difesa del Comune di P., la scelta interpretativa della Corte territoriale in ordine all'enucleazione del contenuto delle testimonianze e alla valutazione di attendibilità dei testimoni, scelta che rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito e risulta giustificata adeguatamente nella sentenza impugnata tutti i motivi sono caratterizzati da una critica sommaria dell'approccio valutativo adottato dai giudici del merito, sottendendo la pretesa di far prevalere la versione alternativa sostenuta da ciascun ricorrente, versione la cui validazione dovrebbe passare attraverso una verifica nel merito, esulante dal giudizio di legittimità. Per il Comune di Paliano, la sentenza impugnata, non solo ha tenuto in debita considerazione le contraddizioni interne e quelle di natura estrinseca, relative alle dichiarazioni accusatorie nei confronti degli imputati, ma ha anche correttamente valutato le stesse e l'intero quadro probatorio, pervenendo alla conferma della responsabilità concorsuale dei quattro imputati in modo coerente. 9. Il Procuratore generale, nel corso della discussione orale, ha chiesto il rigetto dei ricorsi proposti dagli imputati e, oltre a richiamare il contenuto della memoria, ha segnalato l'adeguata evidenziazione, nella sentenza impugnata, della serie completa degli indici sintomatici del dolo eventuale affermato come sussistente alla base della condotta con esito omicidiario, così che si ritiene congruamente motivata la corrispondente esclusione dell'evenienza dell'omicidio preterintenzionale. Ribadita la correttezza delle opzioni procedimentali contestate dai ricorrenti e argomentata la conclusione di incensurabilità della valutazione di merito delle prove, anzitutto testimoniali, effettuata, con decisioni conformi nell'esito, dai giudici del merito, il Procuratore generale ha considerato ineccepibile anche il corollario tratto in tema di accertamento del concorso pieno dei quattro imputati nel delitto di omicidio volontario, ritenendo persuasiva la ricostruzione del fatto e delle singole, consapevoli condotte, convergenti nella determinazione dell'evento, esposta nella sentenza impugnata. In ordine al ricorso del Pubblico ministero, il Procuratore generale in sede ne ha chiesto l'accoglimento osservando che i giudici di appello, nel riconoscere a Bi.Ga. e Bi.Ma. le circostanze attenuanti generiche, hanno reso una motivazione contraddittoria, in particolare per l'inquadramento del dolo eventuale come elemento idoneo a giustificare le attenuanti di cui all'articolo 62-bis cod. penumero , per il riferimento alla brevità dell'azione e per quello al clamore mediatico come fattori rilevanti per la corrispondente valutazione. Per tali ragioni il Procuratore generale in sede ha chiesto il rigetto dei ricorsi degli imputati e l'accoglimento del ricorso del Procuratore generale territoriale con il conseguente annullamento della sentenza impugnata limitato al riconoscimento a Bi.Ga. e Bi.Ma. delle circostanze attenuanti generiche, con rinvio per nuovo giudizio solo su questo punto. 10. I difensori di tutte le parti civili, all'esito della discussione orale, hanno chiesto la declaratoria di inammissibilità o il rigetto delle impugnazioni proposte degli imputati depositando conclusioni scritte e le corrispondenti note specifiche. Diritto CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Affrontando in primo luogo le impugnazioni proposte dagli imputati, la Corte ritiene che i ricorsi di Bi.Ga., Bi.Ma., Pi.Ma. e Be.Fr. siano, per alcuni aspetti, privi dei requisiti di ammissibilità e, per diversi altri aspetti, infondati. Essi devono essere, quindi, rigettati nel loro complesso. 2. Vanno, fra le doglianze, considerate anzitutto quelle riferite alle questioni di natura processuale, aventi rilievo pregiudiziale, sollevate dalla difesa di Bi.Ga.nei motivi sub 3.1., 3.2. e 3.3. Deve, in premessa, ricordarsi che il processo è stato instaurato in virtù del decreto di giudizio immediato emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Velletri. E, in relazione a tale binario procedimentale, occorrere in generale osservare che la decisione con la quale il giudice per le indagini preliminari dispone il giudizio immediato non può essere oggetto di ulteriore sindacato, posto che quel decreto chiude una fase di carattere endoprocessuale priva di conseguenze rilevanti sui diritti di difesa dell'imputato, salva l'ipotesi in cui il giudice del dibattimento rilevi che la richiesta del rito non è stata preceduta da un valido interrogatorio o dall'invito a presentarsi, integrandosi in tal caso la violazione di una norma procedimentale concernente l'intervento dell'imputato, sanzionata di nullità a norma degli articolo 178, comma 1, lett. c , e 180 cod. proc. penumero Sez. U, numero 42979 del 26/06/2014, Squicciarino, Rv. 260018 01 fra le successive, Sez. 3, numero 1482 del 20/09/2017, dep. 2018, P., Rv. 271981 01 . 2.1. Nella precisata cornice, quanto all'eccezione di nullità processuale determinata dalla violazione degli articolo 453 e 454 cod. proc. penumero , in relazione al disposto di cui all'articolo 130 disp. att. cod. proc. penumero , essa è stata coltivata sotto il profilo che la richiesta di giudizio immediato non sarebbe stata formulata in relazione all'intero contenuto del fascicolo del Pubblico ministero, per la scoperta nel corso del processo, all'esito dell'escussione dibattimentale del consulente della pubblica accusa, del CD ROM con immagini originariamente non allegate alla relazione del prof. Sa.Po., che pure le aveva commentate nel contraddittorio. 2.1.1 La questione è stata affrontata dalla Corte di assise di appello che -oltre a rilevare la regolare partecipazione anche del consulente del suddetto imputato, all'esame autoptico senza proporre eccezioni sullo svolgimento dell'esame, anche per gli aspetti procedimentali ha constatato che le fotografie di cui si tratta, collocate su un CD ROM, sono state esibite e commentate dal consulente del Pubblico ministero e, successivamente, inserite nel fascicolo del dibattimento all'udienza del 15.07.2021, senza che si fosse realizzata l'introduzione alcun elemento diverso in violazione del diritto di difesa, tanto che i consulenti, compreso quello nominato dal suddetto imputato il dott. Cirillo , avevano concluso in modo conforme all'ausiliare del Pubblico ministero. Le contestazioni mosse dal ricorrente a tale assunto, al di là del rilievo di obiettiva inadeguatezza del solo fatto della partecipazione dei rappresentanti tecnici delle parti all'esame autoptico quando la violazione processuale ora lamentata non poteva essersi ancora verificata, sono comunque da disattendere. È risultato accertato che le fotografie oggetto dell'eccezione difensiva si riferiscono a elementi tecnici attinenti all'esame autoptico e alle susseguenti elaborazioni peritali che però non facevano parte del fascicolo del Pubblico ministero sulla cui base è stata formulata la richiesta di emissione del decreto di giudizio immediato. Esse sono state esibite nel corso del suddetto esame del consulente, sottoposte al contraddittorio e, successivamente, acquisite al fascicolo processuale durante il dibattimento, quali documenti, rispetto ai quali l'attività acquisitiva non ha registrato alcuna tempestiva opposizione. Non può, pertanto, ritenersi fondata la prospettata discrasia fra il contenuto del fascicolo del Pubblico ministero e il materiale sottoposto al vaglio del Giudice per le indagini preliminari al momento della richiesta di giudizio immediato e della susseguente decisione. 2.1.2. Va, in ogni caso, puntualizzato che la questione, ove pure fosse stata fondata, avrebbe dovuto essere riguardata sotto il profilo dell'inutilizzabilità delle sole fotografie di cui si tratta. In via generale, sia pure con riguardo allo snodo parallelo, relativo al procedimento ordinario, si considera che l'omesso deposito di atti dell'indagine preliminare, contestualmente alla notifica dell'avviso di conclusione di cui all'articolo 415-bis cod. proc. penumero , non comporti la nullità della successiva richiesta di rinvio a giudizio e del conseguente decreto che dispone il giudizio, ma determini l'inutilizzabilità degli atti stessi, salvo che si tratti di esito di attività integrativa di indagine, ex articolo 430, comma 2, cod. proc. penumero , antecedente all'emissione del decreto che dispone il giudizio, ove la documentazione relativa sia depositata e posta immediatamente a disposizione degli indagati, non essendo ravvisabile, in tal caso, alcuna violazione dei diritti di difesa Sez. 2, numero 5408 del 20/10/2020, dep. 2021, Possente, Rv. 280646 01 Sez. 4, numero 7597 del 08/11/2013, dep. 2014, Stuppia, Rv. 259121 01 . D'altro canto, a voler seguire la tesi, meno frequentata nell'interpretazione pratica, della nullità del vizio determinato dall'addotta ma qui non ravvisata difformità fra atti presenti nel fascicolo del Pubblico ministero e atti ostesi al Giudice emittente il decreto di giudizio immediato, la prospettazione del ricorrente nemmeno sarebbe stata meritevole di accoglimento è vero, infatti, che questo indirizzo si orienta a ritenere che l'omesso deposito di atti d'indagine preliminare contestualmente alla notifica dell'avviso di cui all'articolo 415-bis cod. proc. penumero , determini una nullità di ordine generale, e non un'inutilizzabilità, ma è parimenti vero che la nullità in questione viene classificata a regime intermedio Sez. 2, numero 20125 del 10/04/2018, Apice, Rv. 272901 01 , con l'effetto che essa non potrebbe essere dedotta ove si verifichi la corrispondente sanatoria sanatoria in questo caso determinata, in ogni caso, dallo sbarra meato fissato dall'articolo 180 cod. proc. penumero La doglianza è, pertanto, priva di fondamento. 2.2. Per ciò che concerne l'ulteriore difformità fra atti presenti nel fascicolo del Pubblico ministero e atti posti alla base del decreto di giudizio immediato relativa alla mancata acquisizione della denuncia-querela sporta da Si.Ce. il 4 dicembre 2020, che il ricorrente sottolinea essere processualmente rilevante in quanto contenente una versione dei fatti diversa da quella resa dal medesimo Si.Ce., sia in sede di indagini preliminari, sia in dibattimento, con gli effetti che tale discrasia avrebbe dovuto determinare in punto di invece negata rinnovazione del dibattimento al fine della nuova escussione di Si.Ce., si osserva che la Corte territoriale ha rilevato che la querela sporta da Si.Ce. ha riguardato un procedimento autonomo instaurato a carico degli attuali imputati per iniziativa del medesimo Si.Ce. in ordine al delitto di lesioni da lui patite e si è trattato di atto rilevante ai fini della procedibilità nel suddetto procedimento, mentre ai fini della valutazione di attendibilità delle dichiarazioni del suddetto testimone in dibattimento, sono state considerate quelle rese dal medesimo Si.Ce. nell'immediatezza del fatto, per come trasfuse nel verbale di arresto. Il ragionamento della Corte di assise di appello ha raggiunto un approdo nella sua sostanza incensurabile. 2.2.1. La denuncia-querela sporta da Si.Ce. ha costituito atto correttamente inserito nel distinto procedimento instaurato per il reato di lesioni denunciato dalla suddetta persona offesa che si trattasse di procedimento connesso a quello sfociato in questo processo non elide l'autonomia dei procedimenti stessi. Inoltre, nel corso del dibattimento, non sussiste indiscriminato titolo della parte all'acquisizione della querela, se non nel segno dell'accordo acquisitivo regolato dall'articolo 493 cod. proc. penumero , con riferimento, beninteso, al rito ordinario, non a quello a prova contratta. Si è ribadito sull'argomento che, in tema di letture consentite nello stesso procedimento innescato da tale istanza di punizione, la querela, ai sensi degli articolo 431 e 511 cod. proc. penumero , può essere inserita nel fascicolo per il dibattimento, ma è utilizzabile ai soli fini della verifica di procedibilità dell'azione penale, con la conseguenza che da essa il giudice non può trarre elementi di convincimento circa la valutazione di attendibilità della persona offesa, tranne nel caso in cui, per circostanze o fatti imprevedibili, risulti impossibile la testimonianza dell'autore della denuncia-querela solo in tal caso la lettura è consentita ai sensi dell'articolo 512 cod. proc. penumero , anche per utilizzarne il contenuto ai fini della prova Sez. 5, numero 21665 del 16/02/2018, Consentano, Rv. 273167 01 . Del resto, in assenza dei presupposti di cui all'articolo 512 cod. proc. penumero , la querela non può essere utilizzata neanche per le contestazioni ex articolo 500 cod. proc. penumero , allorquando si tratti di documento redatto dalla persona offesa, e non di un verbale contenente dichiarazioni precedentemente rese dal testimone Sez. 5, numero 51711 del 06/10/2014, Lamelza, Rv. 261735 01 , salvo appunto nel caso in cui la querela sia stata proposta oralmente e ricevuta in apposito verbale, trattandosi in quel caso di dichiarazioni precedentemente rese dal testimone e contenute nel fascicolo del pubblico ministero, caso nel quale essa rileva, sia pure ai soli fini delle contestazioni ex articolo 500, commi 1 e 2, cod. proc. penumero   Sez. 2, numero 16026 del 12/02/2020, Sorrentino, Rv. 279226 01 . Nel caso di specie, peraltro, la querela, pur se afferente a una situazione di fatto maturata nello stesso contesto spazio-temporale caratterizzante il delitto oggetto del presente processo, è risultata obiettivamente estranea ad esso, sicché, in carenza di accordo acquisitivo ex articolo 493 cod. proc. penumero , non si può far carico ai giudici del merito di non aver comunque deliberato l'ingresso dell'atto nell'ambito di quelli legittimamente collocati nel fascicolo del dibattimento, anche per utilizzarne il contenuto ai fini della prova. Certo, la sanzione dell'inutilizzabilità, che colpisce le prove a carico acquisite in violazione di divieti di legge, è posta a garanzia della difesa e non può essere ritenuta al fine di non valutare un elemento di giudizio a questa favorevole, ma occorre rimarcare che da tale principio non può conseguire il corollario che possono violarsi le regole di ingresso degli atti nel fascicolo dibattimentale, in cui può essere inserito l'atto di querela, ma con il limite che esso resta utilizzabile ai soli fini della procedibilità dell'azione penale, non rientrando esso nel novero dei verbali irripetibili contemplati dall'articolo 431, comma 1, lett. b , cod. proc. penumero Sez. 5, numero 1068 del 28/09/2022, dep. 2023, D., Rv. 283982 01 . La censura in esame, pertanto, non può essere fatta propria dal Collegio, sulla sola base della prospettazione, alfine sostanzialistica, della rilevanza del contenuto della querela per far emergere gli indici più corposi della dedotta inattendibilità del testimone. 2.2.2. In ordine, poi, all'altra parte della doglianza, quella relativa alla denunciata violazione di legge per la mancata rinnovazione del dibattimento al fine della nuova escussione di Si.Ce. e al corrisponde vizio della motivazione per il travisamento della relativa prova testimoniale, lo scrutinio andrà effettuato nello stesso contesto nel quale si tratteranno le ulteriori censure proposte dal ricorrente sul piano della formazione e della valutazione delle prove da parte dei giudici del merito. 2.3. Non merita condivisione nemmeno il terzo motivo sviluppato nell'interesse di Bi.Ga.con cui si reitera l'eccezione di nullità della consulenza tecnica redatta per il Pubblico ministero dal prof. Sa.Po. per avere, questo ausiliare, demandato al prof. Pa. l'analisi e la valutazione dei preparati istologici afferenti al corpo di Wi.Mo., estratti in sede autoptica, e accluso alla sua relazione l'esito redatto dal suddetto anatomopatologo, interamente recependone l'esito. La Corte di assise di appello ha osservato che il consulente tecnico del Pubblico ministero, quando era stato officiato, era stato autorizzato a servirsi di collaboratori e tale era stato il prof. Pa. che aveva cooperato con l'ausiliare per la verifica dei preparati istologici inoltre, nel corso dell'esame del consulente, le parti non avevano sollevato alcuna eccezione sul punto e avevano partecipato attivamente al contraddittorio su tutti gli aspetti medico-legali relativi all'individuazione della causa della morte di Wi.Mo., con l'effetto che la stessa parte non poteva soltanto in grado di appello e sulla scorta dei rilievi svolti da nuovo consulente nominato nel suo interesse ossia il prof. Cr.Ci. , che non aveva partecipato al processo di primo grado, proporre la questione di validità della consulenza. La critica mossa a tale impostazione dal ricorrente non può essere accolta. L'esame del verbale in data 9.09.2020 di conferimento dell'incarico da parte del Pubblico ministero al prof. Sa.Po. rende chiaro che, da un lato, il consulente aveva chiesto, fra le altre, l'autorizzazione ad effettuare prelievi per esami istologici e tossicologici e l'autorizzazione ad avvalersi di collaboratori tecnici per il compimento di operazioni delegate, autorizzazioni date dal Pubblico ministero. Si può discutere se l'analisi dei prelievi istologici rientrasse o meno fra le operazioni delegabili per il quale il consulente della parte pubblica era stato autorizzato ad avvalersi di collaboratori, dovendo peraltro prendersi atto che il prof. Sa.Po., acquisendo, facendo propri e utilizzando i relativi esiti nell'ambito della propria, più vasta elaborazione, ha dato mostra di aver sovrainteso anche al procedimento di analisi e valutazione dei suddetti prelievi. In ogni caso, a parte la non irrilevante notazione che, nel presente caso, la verifica dell'eventuale esorbitanza della delega di attività ha riguardato, non il perito, ma il consulente tecnico del Pubblico ministero nominato ai sensi dell'articolo 459 cod. proc. penumero , è dirimente rilevare che la deduzione difensiva risulta tardiva. Invero, l'acquisizione della relazione di consulenza tecnica di parte ivi inclusa quella del pubblico ministero in assenza della previa audizione del suo autore non ne comporta l'inutilizzabilità, ma integra una nullità di ordine generale a regime intermedio, ex articolo 178, comma 1, lett. c , cod. proc. penumero , soggetta ai limiti di deducibilità di cui all'articolo 182 e alla sanatoria di cui all'articolo 183, comma 1, lett. a , cod. proc. penumero Pertanto, la parte presente al compimento di detta nullità deve dolersene immediatamente nelle forme prescritte, pena la decadenza dal potere di deducibilità e la conseguente sanatoria dovuta all'accettazione degli effetti dell'atto Sez. 6, numero 25807 del 14/03/2014, Rizzo, Rv. 259200 01 Sez. 5, numero 32902 del 24/06/2011, Cifelli, Rv. 250940 01 così anche per l'elaborato peritale Sez. 3, numero 35497 del 10/05/2016, L. M., Rv. 267637 01 . Del resto, anche l'ipotesi citata dal ricorrente per dedurre invizio afferente alla peculiare à fattispecie della traduzione delle conversazioni captate operata da persona diversa dal perito officiata per le trascrizioni delibata da Sez. 2, numero 6296 del 17/11/2015, dep. 2016, Di Silvio, Rv. 266131 01 è stata inquadrata nella categoria delle nullità di ordine generale a regime intermedio, con il corrispondente rilievo della decadenza della facoltà di eccepirla di cui all'articolo 182 cod. proc. penumero  e della sanatoria di cui all'articolo 183 cod. proc. penumero La Corte di merito ha, sul tema, sottolineato, senza essere smentita, l'assenza di rilievi o eccezioni di sorta nei termini previsti dal rito e la piena partecipazione al contraddittorio instauratosi anche su quella parte dell'esito della consulenza di conseguenza, il ricorrente non può, in tempo successivo, rimetterne in discussione la validità il profilo ora analizzato. 3. Esclusa l'evenienza di determinanti vizi di ordine processuale in corrispondenza delle doglianze suindicate, deve muoversi dalla constatazione che i giudici di appello, all'esito della complessiva valutazione delle prove testimoniali, del responso delle consulenze tecniche e di tutti gli elementi di prova generica, hanno raggiunto il medesimo approdo, quanto all'accertamento della responsabilità di tutti gli imputati, a cui erano pervenuti i giudici di primo grado. Wi.Mo. che era totalmente estraneo al contrasto poco prima insorto a causa del comportamento di Be.Fr., quando questi aveva, in modo ritenuto dalla Corte di merito incomprensibile, colpito con un pugno Fe.Zu. facendolo cadere dalle scale era rimasto vittima di un pestaggio violento al quale avevano partecipato gli attuali imputati, i quali avevano posto in essere una fulminea aggressione ai suoi danni, realizzata con una violenza definita inaudita e insensata, durata circa 40/50 secondi, dalla quale erano derivate per l'aggredito plurime e gravissime lesioni che lo avevano condotto a morte in pochissimo tempo. 3.1. La Corte di assise di appello, onde verificare la portata del quadro lesivo e stabilire la portata dei suoi effetti, si è basata innanzi tutto sull'esito della consulenza medico-legale del prof. Sa.Po., come dal medesimo discussa e illustrata nel contraddittorio dibattimentale. Wi.Mo. aveva riportato a carico del volto sei lesioni ecchimotiche ed escoriative sulle regioni zigomatiche destra e sinistra, in corrispondenza delia palpebra inferiore e dell'angolo palpebrale interno, riconducibili ad almeno tre o quattro pugni, nonché lesioni sul dorso delia mano sinistra, sul gomito sinistro e agli arti inferiori, verosimilmente riconducibili a una caduta a terra. L'esame autoptico ha fatto emergere una piccola area di infiltrazione emorragica nella falda interna del cuoio capelluto, senza lesione delle ossa della base e della volta cranica, un'infiltrazione emorragica del seno e del giorno carotideo, un'infiltrazione emorragica nella parte posteriore del ventricolo sinistro, infiltrazioni emorragiche della faccia posteriore dei polmoni, aree di infiltrazione emorragica a livello della milza, delia superficie diaframmatica, dei fegato e della fossa iliaca di sinistra. Tutte le indicate infiltrazioni emorragiche sono state classificate di natura traumatica e confusiva, pienamente compatibili con l'impiego di mezzi di offesa naturali, quali pugni e calci, dotati di notevole energia. Coniugando in modo organico il contenuto di molte testimonianze e l'esito di questa consulenza, oltre che, per quanto di ragione, delle altre consulenze rassegnate dalle parti, i giudici di appello hanno ritenuto assodato con certezza che Wi.Mo., in quel brevissimo ma micidiale attacco alla sua persona, era stato attinto da violenti e ripetuti pugni e calci al viso, al capo, al collo, alla zona toracica e alla zona addominale. La causa della morte della vittima è stata individuata dal prof. Sa.Po. in un'acuta insufficienza cardiorespiratoria con danno ischemico terminale del cuore, secondario a un meccanismo complesso ipo-anossico correlato al marcato e diffuso infarcimento emorragico dei polmoni, con conseguente ampia sostituzione del parenchima polmonare funzionante, nonché alla compressione del giorno carotideo e del nervo vago di sinistra. In particolare, secondo quell'ausiliare, nell'ambito di questo quadro lesivo, avevano dispiegato rilievo le due lesioni importanti, al livello del torace e al livello del collo, riconducibili a due meccanismi distinti e, però, entrambi idonei a determinare autonomamente l'evento morte il primo, legato a un trauma commotivo o contusivo del cuore, aveva comportato un coinvolgimento della fase elettrica del cuore, imprimendo un'accelerazione del battito cardiaco e quindi una tachicardia portata fino alla fibrillazione ventricolare e alla morte il secondo, collegato al trauma del seno carotideo, avrebbe determinato un'alterazione della frequenza cardiaca, o di riduzione, con conseguente brachicardia e morte, o di accelerazione fino alla tachicardia e morte. I due meccanismi avevano agito secondo l'avviso dell'esperto, fatto proprio dai giudici del merito in forma sinergica tra loro, se si ritiene che, a seguito del traumatismo cardiaco, la stimolazione del seno carotideo avesse determinato un'accelerazione del battito, alimentando la tachicardia e quindi concorrendo nel determinismo della morte. Il suddetto consulente ha anche osservato che il traumatismo cardiaco era stato determinato da un mezzo, quale un calcio, che aveva agito in direzione postero-anteriore, dall'indietro verso l'avanti, in quanto il polo di urto doveva essere necessariamente quello posteriore del cuore, perché la lesività è stata rilevata, non nella parte anteriore, bensì nella parte posteriore. Su quest'ultimo punto i giudici di appello puntualizzato di condividere sostanzialmente l'individuazione della complessiva causa della morte di Wi.Mo. enucleate dall'ausiliare hanno soggiunto, in tal senso avallando il rilievo formulato dal consulente medico-legale di parte civile, dott. Anumero Gr., che il danno cardiaco doveva ritenersi causato da un colpo sferrato nella parte anteriore della zona toracica, in quanto le infiltrazioni riscontrate sul timo e sull'arco aortico discendente, organi fissi, non sarebbero compatibili con un colpo sferrato posteriormente, giacché, in tal caso il colpo avrebbe determinato effetti lesivi anche sulla colonna vertebrale, struttura rigida e non elastica come invece è la gabbia toracica, effetti lesivi però risultati assenti. È da considerare anche che il primo consulente della difesa di Bi.Ga. ha concordato con il responso reso dal prof. Sa.Po. in ordine alla direzione antero-posteriore del colpo sferrato in danno della zona toracica, ipotizzando però un'azione di schiacciamento per essere stata la zona toracica -al momento del colpo appoggiata a una superficie rigida, mentre il prof. Ci., consulente della difesa di Pi.Ma., da un lato, ha concordato con la dinamica del colpo alla gabbia toracica descritta dal dott. Anumero Gr., svalutando però al livello della scarsissima rilevanza nel determinismo causale del trauma provocato al seno carotideo. I giudici di secondo grado dopo aver sottolineato che tutti i consulenti medico legali hanno sostanzialmente concordato nell'individuare la causa di morte di Wi.Mo. nei violenti e ripetuti colpi da lui subiti nel corso del citato pestaggio, escludendo cause alternative, compreso il massaggio cardiaco praticato subito dopo l'aggressione ovvero patologie pregresse hanno risolto le sole questioni controverse, costituite dalla direzione del colpo sferrato nella zona toracica e dalla rilevanza da annettere alle singole lesioni nel determinismo dell'evento, affermando che il colpo, costituito dal calcio, che ha determinato il traumatismo cardiaco è stato sferrato nella zona toracica con direzione antero-posteriore, per le ragioni spiegate dal dott. Anumero Gr. e dal prof. Ci., senza per questo escludere che la vittima fosse stata attinta da colpi anche alla schiena, perché le infiltrazioni riscontrate sono compatibili con il calcio sferrato nella parte anteriore del torace, in quanto la gabbia costale è una struttura elastica, in particolare nei giovani e le infiltrazioni nella parte posteriore del ventricolo e del polmone si spiegano con il fatto che, a seguito del colpo, il cuore e il polmone, organi non fissi, hanno impattato, nella parte posteriore, con la colonna vertebrale proprio nel punto in cui sono state riscontrate le infiltrazioni emorragiche, con la non secondaria precisazione che lo stesso prof. Sa.Po., oltre a non aver fatto riferimento a un colpo sferrato in direzione postero-anteriore, nel corso dell'esame dibattimentale, aveva precisato che le infiltrazioni rilevate nella parte posteriore del cuore e del polmone erano compatibili con un forte impatto di schiena su una superficie rigida, a seguito di un violento colpo ricevuto nella parte anteriore della zona toracica una più significativa rilevanza nel determinismo dell'evento è stata riconnessa al colpo sferrato nella zona toracica, in quanto l'autopsia aveva evidenziato la più massiva e importante infiltrazione emorragica nella parte posteriore del ventricolo sinistro e nella faccia posteriore del polmone destro, di importanza maggiore rispetto a quella riscontrata al collo, dove si erano evidenziate una tenue velatura emorragica, in corrispondenza del muscolo sternocleidomastoideo, un'area di infiltrazione emorragica del tratto superiore della carotide comune di sinistra in prossimità della biforcazione inglobante il nervo vago omolateralmente e una infiltrazione emorragica anche del giorno carotideo la mancanza di una lesività esterna i due meccanismi riconducibili ai suddetti colpi vibrati al torace e al collo sono risultati tali da aver potuto determinare un effetto sinergico, in quanto la stimolazione del seno carotideo determina un'alterazione della frequenza cardiaca con accelerazione del battito che, nel caso di specie, si è innestata su una condizione di fibrillazione ventricolare a sua volta determinata dal trauma contusivo del cuore, ovvero una riduzione del battito brachicardia che ha comunque prolungato il processo di aritmia attivato dalla fibrillazione. 3.2. Secondo la Corte di assise di appello, le conclusioni rassegnate in sede medico-legale, come criticamente analizzate e, per quanto di ragione, recepite nei termini indicati, sono risultate pienamente coerenti con la dinamica dell'episodio violenta emergente dalla descrizione dei testimoni nonché, con le opportune verifiche e specificazioni, anche con quanto avevano dichiarato gli imputati. Sono state ulteriormente dopo lo scrutinio compiuto in primo grado vagliate, fra le altre, le dichiarazioni di Ma.Pi., Al.Ro., Cr.Ro., Mo., Da.Ma., La.Ro., Ma. Ro., Si.Ce., Ze., Ce., Ro., Fa., El.Os., Ma. , Vi.To., Da.Vi., oltre che di Omissis Fe.Zu., Az.Bi. e delle persone che avevano riferito sulla fase antecedente all'aggressione, fra le quali El.Anumero e Ad.Tu. Si sono prese in considerazione anche le affermazioni dei testimoni Mi.Ce. e di Om.Sh., esaminando il relativo contenuto e pervenendo all'argomentata conclusione della loro inattendibilità nella parte in cui i suddetti dichiaranti avevano ascritto alla provenienza di Bi.Ma., anziché di Bi.Ga., del primo calcio frontale che aveva raggiunto al petto Wi.Mo L'intera consecutio aggressiva è stata verificata dai giudici di appello sulla scorta delle suindicate dichiarazioni, incrociate fra loro, estraendo dalle medesime, nel quadro organico della singola narrazione, i particolari frammenti con selezione di ciascun frame, vale a dire un fotogramma o alcuni fotogrammi della complessiva sequenza rilevanti per la ricognizione della condotta serbata da ciascuno degli imputati nell'esordio, nella realizzazione e nel discessus riferiti alla tanto fulminea quanto violenta e letale aggressione perpetrata ai danni di Willy Wi.Mo Svolta la verifica del narrato di ciascun testimone, vagliate le differenze fra le varie dichiarazioni, effettuata una complessa ponderazione dell'attendibilità deli contributi, i giudici di merito hanno considerato accertato che l'aggressione era iniziata con il violento calcio sferrato da Bi.Ga.alla parte anteriore del torace di Wi.Mo. con tecnica da arti marziali, con la pianta del piede e facendo anche leva su un palo per imprimere maggior forza, e con potenza tale da fargli impattare la schiena contro un'autovettura parcheggiata in corrispondenza a tale colpo era seguito un pugno sferrato sempre da Bi.Ga.nel momento in cui Wi.Mo. stava tentando di rialzarsi a sua volta, Bi.Ma., in sinergia con l'azione del fratello, aveva colpito la vittima con un calcio al livello del collo e poi aveva colpito con un pugno anche Si.Ce., intervenuto in difesa di Willy Wi.Mo., e poi ancora lo stesso Wi.Mo. con calci e pugni Be.Fr. e Pi.Ma. si erano subito affiancati ai fratelli Bi. quanto a Be.Fr., questi aveva colpito Wi.Mo. con un violento calcio alla testa quanto a Pi.Ma., questi aveva colpito Wi.Mo. con quando ormai l'aggredito giaceva a terra inerme. Dopo tale fase cruenta, i fratelli Bi. e Be.Fr. avevano fatto ritorno insieme ad Artena a bordo dell'autovettura Audi Q7 in uso ai Bi., unitamente a Mi.Ce., Om.Sh. e Vi.To., momento in cui Be.Fr. era stato rimproverato da Om.Sh. per il calcio sferrato contro quella persona a terra. Pi.Ma., a sua volta, aveva fatto ritorno ad A. con Al.Pr. e, poi, si era ricongiunto agli altri imputati, venendo anch'egli rimproverato da Om.Sh. per i colpi sferrati contro quel ragazzo quando Wi.Mo. giaceva inerme a terra. Questo approdo è stato raggiunto dai giudici di appello dopo aver verificato, per le varie posizioni, gli elementi scaturiti dalla complessiva prova dichiarativa e affrontato anche i punti di imprecisione e incompletezza connotanti qualche dichiarazione, conseguenza ritenuta naturale per la confusione, la tensione e la concitazione che avevano caratterizzato l'accadimento ricostruito. È stata confermata l'intrinseca attendibilità della massima parte dei contributi presi in esame, essendosi osservato che il complesso delle dichiarazioni era risultato tale da delineare un quadro unitario e chiaro, idoneo a stabilire con rassicurante certezza il ruolo avuto da ciascuno degli imputati nella realizzazione del violento pestaggio che aveva condotto a morte Wi.Mo Nell'acclarato contesto, la Corte territoriale ha considerato certa la condotta violenta tenuta sia da Bi.Ga. che da Bi.Ma., dispiegatasi nel colpire Wi.Mo. con il potente calcio frontale al petto, sferrato da Bi.Ga., e poi nel colpire il medesimo soggetto, entrambi, con pugni e calci, al momento in cui Wi.Mo. stava tentando di rialzarsi. Inoltre Bi.Ma. aveva colpito con un calcio all'altezza del collo e con un pugno anche Si.Ce. allorché questi aveva cercato di intervenire in difesa di Wi.Mo. e far capire agli aggressori che questi era del tutto estraneo alla vicenda pregressa. Salvo ulteriori specificazioni, i giudici di appello hanno ritenuto convergenti le dichiarazioni rese in dibattimento dai testimoni escussi in merito alla condotta violenta di Bi.Ga. e Bi.Ma., notando anche la congruenza logica di tale esito, in quanto il violento pestaggio era incontestabilmente iniziato al momento Bi., in sincronia, si erano mossi verso l'assembramento e immediatamente avevano colpito i presenti senza chiedere neppure quali fossero le ragioni del contrasto e i soggetti coinvolti nella discussione. È stata ritenuta acclarata dalla Corte di assise di appello anche la condotta violenta serbata da Be.Fr., il quale, oltre ad aver affiancato i Bi. nell'azione aggressiva, aveva direttamente colpito Wi.Mo. con un calcio alla testa sferrato nella fase finale del pestaggio, come era risultato dalla descrizione fornite da Si.Ce., Vi.To., Mi.Ce. e Om.Sh. tale conclusione è stata ribadita nella sentenza impugnata pure dopo la valutazione delle obiezioni difensive volte ad accreditare la carenza di attendibilità delle suindicate fonti dichiarative, dopo un attento esame degli elementi addotti, alfine considerati non tali da persuadere della mancanza di attendibilità delle dichiarazioni convergenti nella descrizione anche della specifica partecipazione dell'imputato all'aggressione ai danni della vittima. I giudici di secondo grado hanno condiviso la prima decisione anche per quanto concerne la partecipazione di Pi.Ma. all'aggressione, avendo considerato certa, oltre all'azione di affiancamento dei Bi., la perpetrazione da parte di questo imputato di una specifica condotta violenta nella parte finale del pestaggio quando Pi.Ma. aveva direttamente colpito l'inerme Wi.Mo. con pugni e con calci alla testa, come avevano affermato Si.Ce., La.Ro., Fa., Vi., El.Os., Om.Sh. e Da.Vi., anche per tale ambito la Corte di merito essendosi data carico di vagliare l'attendibilità delle fonti, pure con specifico effetto alla diretta condotta violenta di tale imputato. Sono state, al riguardo, valutate anche le dichiarazioni degli imputati, di cui sono state colte le, molto parziali, ammissioni, ma è stato soprattutto lumeggiato il chiaro contrasto del loro restante contenuto con le convergenti affermazioni dei numerosi testimoni, contenuto del resto incompatibile con le conseguenze lesive riportate dalla vittima, riconducibili, per la loro rilevanza e la loro estensione, al brutale pestaggio di gruppo, non all'azione, per quanto violenta, di un singolo, né di certo a un semplice calcio al fianco, oppure alle due pizze , oggetto delle rispettive, parziali ammissioni di Bi.Ma. e di Pi.Ma. 3.3. Il complesso delle azioni compiute dagli imputati nel corso della descritta aggressione è stato ritenuto anche dai giudici di appello causalmente rilevante nel determinismo che aveva cagionato la morte della vittima, senza la giuridica possibilità di estrapolare, isolandoli, uno o più dei colpi sferrati dall'uno o dall'altro imputato al corpo di Wi.Mo., anche con riguardo al primo, potentissimo calcio portato da Bi.Ga.al torace di quest'ultimo, o anche con riguardo al calcio alla testa della vittima sferrato da Be.Fr. nella parte finale del pestaggio. In questa direzione, al di là della portata, sotto il profilo medico-legale, del contributo di ogni singolo colpo nella causazione dell'evento letale, la Corte territoriale ha sottolineato che, per quanto concerne il profilo giuridico, la condotta integrata dai quattro imputati è risultata completamente sussumibile nel concorso degli stessi nel delitto di omicidio, tenuto conto del rilievo che l'azione tipica è risultata costituita dall'insieme delle azioni dei compartecipi, essendosi ritenuta sussistente la connessione causale degli atti compiuti da ciascuno nonché essendosi individuata la consapevolezza dei singoli concorrenti del collegamento finalistico tra le varie condotte rispettivamente messe in essere, con l'effetto che tutti gli atti dai medesimi compiuti, ai sensi degli articolo 110 e ss. cod. penumero , sono stati ritenuti comuni a tutti i compartecipi, da ascriversi alla loro responsabilità si è, trattato, per i giudici di appello, di un'aggressione fisica collettiva, caratterizzata dalla reciproca consapevolezza dai giudici del merito connotata, sotto il profilo dell'elemento soggettivo, da dolo eventuale -della convergente condotta dei correi, con l'effetto che ciascuno dei concorrenti è stato ritenuto responsabile della totalità delle lesioni riportate dalla vittima, in esse incluse quelle non provocate in via diretta dall'azione materialmente posta in essere dal singolo concorrente. Si è, nella precisata prospettiva, ritenuto accertato sulla scorta di quanto era emerso dalle analizzate deposizioni testimoniali e dalle stesse parziali ammissioni di Bi.Ga., Bi.Ma. e Pi.Ma., filtrate in relazione al complesso degli elementi forniti dalla prova generica che i quattro imputati avevano partecipato al brutale pestaggio di Wi.Mo. colpendolo ripetutamente e in modo violento con calci e pugni, oltre a colpire Si.Ce., intervenuto in difesa dell'aggredito, sicché essi avevano concorso nell'azione tipica, anche consapevolmente agevolando la condotta tipica e impedendo qualsiasi intervento, pure di mera protezione, in favore di Wi.Mo. Pertanto, il rapporto di causalità tra la condotta e l'evento, dando per assodata la concezione unitaria del reato in ipotesi di concorso di persone, si era esteso necessariamente a tutti i compartecipi, pur se il colpo che aveva cagionato la morte della vittima fosse da ascriversi soltanto a uno di loro, dovendo la violenta azione di pestaggio essere considerata nella sua interezza, anche nelle conseguenze lesive meno significative e non potendo essere frazionata nei singoli colpi e nemmeno distinta in diverse fasi, in quanto essa si era svolta senza soluzione di continuità, in un breve lasso temporale. In questa precisa cornice logico-giuridica hanno rimarcato i giudici di appello la causa della morte di Wi.Mo. è da identificarsi, quindi, nel brutale pestaggio a cui egli era stato sottoposto da parte dei quattro imputati e nelle conseguenti e rilevanti lesioni derivatene. Queste lesioni, d'altronde, si erano condensate in un quadro politraumatico tale da renderle, ad avviso della Corte di merito, tutte concorrenti nel determinismo causale, al di là della possibilità di accertare quale era stata la causa prevalente di morte. 4. A fronte del complessivo assetto argomentativo esposto dalla Corte di assise di appello le doglianze con cui si è censurata da parte dei ricorrenti da diversi e a volte opposti e fra loro confliggenti punti di vista la valutazione di attendibilità delle prove dichiarative sortita dall'analisi compiuta nella sentenza impugnata non meritano di essere fatte proprie dal Collegio. Svariate fra le censure sollecitano, in misura più o meno pronunciata, la rivalutazione di merito della ponderazione di ciascun contributo dichiarativo, così pervenendo alla prospettazione, volta a volta, del malinteso apporto probatorio, della mancata rilevazione di una qualche contraddizione o, al contrario, alla scarsa valorizzazione di quello che viene reputata l'effettiva valenza dimostrativa del relativo narrato. In ogni caso, al cospetto dell'adeguata, argomentata e coerente valutazione delle singole testimonianze e della loro portata probatoria da parte dei giudici di merito, la sede di legittimità non è quella deputata alla rilettura del corrispondente significato. Merita doversi ribadire, sul punto, il principio di diritto secondo cui non è sindacabile in sede di legittimità la valutazione del giudice di merito, cui spetta il giudizio sulla rilevanza e attendibilità delle fonti di prova, circa contrasti testimoniali o circa la scelta tra divergenti versioni e interpretazioni dei fatti, sempre salvo il controllo sulla congruità e logicità della motivazione Sez. 5, numero 51604 del 19/09/2017, D'Ippedico, Rv. 271623 01 Sez. 2, numero 20806 del 05/05/2011, Tosto, Rv. 250362 01 . In tal senso, l'apparato giustificativo offerto dalla Corte di assise, poi recepito e specificato dalla Corte di assise di appello, circa la disamina degli elementi scaturiti dalle singole testimonianze, ha annesso a ciascuna delle medesime un significato insindacabile, siccome sorretto da un tessuto argomentativo specificamente riferito a ciascuna posizione, congruo in relazione alle dichiarazioni richiamate e privo di cesure logiche. 4.1. Non può, in tale ambito, annettersi fondatezza alla prospettazione, insita nel motivo sub 3.4. del ricorso proposto da Bi.Ga., del vizio della motivazione determinato dal mancato riconoscimento della carenza di attendibilità afferente a diverse dichiarazioni e determinata dal sostanziale aggiustamento del loro contenuto nel corso del processo, per il pregiudizio di conferma che il clamore mediatico riconnesso al racconto pubblico della vicenda oggetto di esame avrebbe generato, unitamente alla gestione degli esami dibattimentali che si è dedotta inquinata dalle domande suggestive proposte dal Presidente della Corte procedente, in assunta violazione dell'articolo 506 cod. proc. penumero Parimenti non può condividersi il motivo sub 5.3. del ricorso proposto nell'interesse di Pi.Ma., motivo che la difesa ha sviluppato anche nella susseguente memoria, con riguardo al punto richiamato sub 5.15.3. della parte narrativa, complessiva doglianza anch'essa tesa a individuare un vizio della motivazione nel non aver annesso rilievo alle conseguenze dell'impatto mediatico sulla progressione dichiarativa espressa da alcuni testimoni. La posizione dei giudici di appello su tale tema è stata netta. Essi hanno considerato generico e comunque infondato questo assunto difensivo l'inattendibilità dei testimoni, in quanto le dichiarazioni da loro rese nel corso del dibattimento sarebbero state condizionate dall'enorme clamore mediatico che aveva circondato la vicenda o anche, in qualche modo e in alcuni casi, suscitate dalle domande suggestive del giudice procedente, è stata esclusa osservando anzitutto che i testimoni provenivano da ambiti territoriali fra loro diversi e che tra loro, al di fuori del rispettivo gruppo di appartenenza, non sussistevano rapporti di amicizia e nemmeno di frequentazione. Certo ha segnalato la Corte di merito si sono rilevate anche discordanze fra le dichiarazioni dei diversi testimoni ma proprio tali discordanze, per l'oggetto su cui si sono manifestate, dopo essere state riscontrate e analizzate in merito ai vari aspetti della narrazione, sono state reputate sintomatiche piuttosto del fatto che ciascun dichiarante aveva alfine riferito quanto aveva direttamente percepito, non quanto avrebbe appreso da altri o addirittura dai mezzi di comunicazione. Quanto, poi, alla questione inerente al dedotto carattere suggestivo delle domande formulate, nel corso degli esami dibattimentali, dal Presidente della Corte, i giudici di appello hanno ritenuto che tale questione, di natura processuale, dovesse trovare risposta nel relativo ambito e nel caso in esame -è stato sottolineato non si era registrata nel corso del giudizio di primo grado alcuna formale opposizione delle parti in occasione delle domande del giudice procedente. Per il resto, la valutazione della credibilità e la verifica dell'attendibilità, intrinseca ed estrinseca, dei testimoni sono state, secondo la Corte territoriale, filtrate attraverso la rigorosa applicazione delle regole processuali nel corso dello svolgimento degli esami, alla luce anche delle numerose contestazioni effettuate dai difensori degli imputati durante tali esami svoltisi nel contraddittorio dibattimentale, con il conseguente vaglio giudiziale, la stessa Corte di primo grado in questa prospettiva avendo tenuto presenti anche le sommarie informazioni riportate nel verbale di arresto. 4.1.1. Le osservazioni della Corte di assise di appello per quanto concerne l'esclusione della dimostrazione dell'influenza sul contenuto e sul senso delle testimonianze acquisite del pregiudizio di conferma confirmation bias dell'ipotesi accusatoria indotto dalla versione dei fatti diffusa dal clamore mediatico che avrebbe generato le rifrazioni dei comunicati degli inquirenti attraverso i più diffusi mezzi di comunicazione devono essere necessariamente condivise, non potendo certo la progressione dichiarativa afferente a uno o più dichiaranti essere dimostrativa dell'assunto difensivo, non essendo emersa alcuna evidenza e nemmeno un congruo insieme di indici sintomatici idonei a comprovare una specifica influenza di fattori comunicativi esterni al contraddittorio processuale sulle deposizioni rese dai testimoni in dibattimento, all'esito dell'esame incrociato a cui essi sono stati sottoposti. Ancor meno si profila sostenibile un'influenza di tale predicato pregiudizio di conferma sulla complessa e ponderata valutazione a cui i giudici del merito sono addivenuti con riguardo a ciascuna testimonianza, non mancando di tejfoer conto, nei limiti degli elementi utilizzabili, anche delle precedenti dichiarazioni rese dai testimoni, per quanto esse erano state trasfuse nel verbale di arresto, atto dalla Corte di assise ritenuto acquisito agli atti del fascicolo del dibattimento senza contestazioni puntualizzazione espressa alla pag. 6 della sentenza di primo grado . Per il resto, contrapporre alla recisa affermazione dei giudici del merito il rilievo che essi avrebbero dovuto annettere rilievo onde ritenere infirmata l'attendibilità dei testimoni al fatto che giornalisti di testate importanti avevano presenziato alle udienze dibattimentali e ai rapporti di conoscenza e frequentazione riferibili ad alcuni dichiaranti non giova alla difesa di Pi.Ma., trattandosi di prospettazioni talmente generali o epidermiche da non integrare censure ammissibili. Inoltre, indicare nell'ordine di escussione dei testimoni che non è stato dedotto fosse stato stabilito in violazione dei precetti fissati dall'articolo 496 cod. proc. penumero   un fattore di patologico influsso sull'attendibilità delle deposizioni costituisce una prospettazione che si risolve in un generico lamento. Del pari non può ricevere accoglimento la doglianza riferita al pur non secondario in punto di principio tema della veicolazione da parte del giudice procedente di domande suggestive, in guisa tale da orientare, secondo la difesa, le risposte in modo non consentito dall'ordinamento. È da precisare che, secondo la tesi prevalente nell'elaborazione pratica, in tema di esame testimoniale, il divieto di porre domande suggestive non opera con riguardo al giudice, il quale, agendo in una posizione di terzietà, può rivolgere al testimone tutte le domande ritenute utili a fornire un contributo per l'accertamento della verità, con l'esclusione di quelle atte ad incidere sulla sincerità della risposta, ossia di quelle nocive, in relazione alle quali la relativa eccezione deve essere proposta nel corso dell'acquisizione dell'atto istruttorio e non può essere sollevata per la prima volta con l'atto d'impugnazione Sez. 6, numero 8307 del 13/01/2021, G., Rv. 280710 01 Sez. 3, numero 21627 del 15/04/2015, E., Rv. 263790 01 Sez. 1, numero 44223 del 17/09/2014, Iozza, Rv. 260899 01 . La tesi minoritaria Sez. 3, numero 7373 del 18/01/2012, B., Rv. 252134 01 -secondo la quale il divieto di porre al testimone domande suggestive si applica a tutti i soggetti che intervengono nell'esame, operando, ai sensi del comma 2 dell'articolo 499 cod. proc. penumero , per tutti costoro, il divieto di porre domande che possono nuocere alla sincerità della risposta e dovendo, anche dal giudice, essere assicurata, in ogni caso, la genuinità delle risposte ai sensi del comma 6 del medesimo articolo principio significativamente affermato in fattispecie di esame di minore persona offesa del reato ex articolo 609-quater cod. penumero precisa che comunque la violazione delle regole da osservarsi nell'esame dei testimoni non è sanzionata dal codice di rito, riferendosi, il divieto di utilizzazione della prova ex articolo 191 cod. proc. penumero , alla prova vietata dalla legge nel suo complesso, non alla regolarità dell'assunzione di quelle consentite, e non determinando la violazione delle regole dettate in materia di assunzione della prova la sua nullità, stante il principio di tassatività. Pertanto, in quest'ultima prospettiva, l'inosservanza delle regole processuali stabilite per assicurare la sincerità e genuinità delle risposte del teste e, trattandosi di minori, anche delle linee guida dettate dalla Carta di Noto rende la prova non genuina e poco attendibile. L'effetto fattone derivare anche da questa diversa impostazione è che il giudice di merito, di fronte a puntuali contestazioni riguardanti la violazione delle regole dettate dal codice di rito per assicurare la sincerità e genuinità delle risposte e delle raccomandazioni degli esperti relative all'esame dei minori , nel valutare la prova già assunta, non potrebbe limitarsi all'affermazione della validità del mezzo istruttorio, ma deve tener particolarmente conto degli elementi che possono averne inficiato la genuinità, quale che sia la causa che abbia determinato tale risultato. Su questo piano, però, occorre in ogni caso sottolineare che, per sostenere l'assenza di genuinità della prova dichiarativa, non è sufficiente affermare e comprovare che una o più domande abbiano suggerito la risposta, ma occorre estendere l'analisi dell'affidabilità della prova nel suo complesso, ben potendo il giudizio di piena attendibilità del teste essere fondato sulle risposte ad altre domande Sez. 3, numero 36413 del 09/05/2019, M., 276682 01 . In ogni caso, la violazione del divieto di porre domande suggestive di cui all'articolo 499 cod. proc. penumero , in mancanza di una sanzione processuale, rileva soltanto sul piano della valutazione della genuinità della prova, che può risultare compromessa esclusivamente se inficia l'intera dichiarazione, non semplicemente la singola risposta fornita, ben potendo il giudizio di piena attendibilità del teste essere fondato sulle risposte alle altre domande Sez. 3, numero 42568 del 25/06/2019, B., Rv. 277988 01 . Non è secondario, sotto il profilo procedimentale, aggiungere che, con riferimento alle conseguenze determinate, in via generale, dalla formulazione nel corso dell'esame incrociato di domande suggestive, anche per lo specifico ambito in ordine al quale esso sono espressamente inibite ex articolo 499, comma 2, cod. proc. penumero , l'eccezione circa la loro proposizione deve essere dedotta al giudice innanzi al quale si forma la prova, essendo rimessa al giudice dei successivi gradi di giudizio soltanto la valutazione in ordine alla motivazione del provvedimento di accoglimento o di rigetto dell'eccezione stessa Sez. 5, numero 27159 del 02/05/2018, H., Rv. 273233 01 Sez. 6, numero 13791 del 10/03/2011, Macchiella, Rv. 249890 -01 . Coniugando i principi esposti, già deve rilevarsi che la soltanto postuma deduzione dell'avvenuta formulazione da parte del giudice procedente di domande reputate suggestive, senza che nel corso dell'esame testimoniale a cui ci si riferisce le parti avessero fatto rilevare alcunché, rende intempestiva la prospettazione su tale punto la Corte di merito ha segnalato la tardività della deduzione e il rilievo non ha incontrato specifica e documentata smentita. Ciò assodato, occorre inoltre specificare che, data la progressione dichiarativa implicata dall'ordinato svolgimento dell'esame incrociato come stabilita dall'articolo 498 cod. proc. penumero e considerati i poteri attribuiti al giudice monocratico o al presidente del collegio nella conduzione dell'esame, l'area di teorica formulazione di domande suggestive da parte di quest'ultimo, se l'atto si svolge secondo le scansioni previste dall'ordinamento, è oggettivamente residuale. In primo luogo, è indiscutibile l'esercizio del potere-dovere di cui all'articolo 499, comma 6, cod. proc. penumero , norma in virtù della quale, in tema di testimonianza, il presidente del collegio o il giudice monocratico procedente ha il potere di intervenire nell'esame testimoniale al fine di assicurare la pertinenza delle domande, la genuinità delle risposte e la lealtà dell'esame medesimo, sicché non si configura alcuna violazione del diritto di difesa ove lo stesso chieda precisazioni al teste, ovvero circoscriva la formulazione delle domande ai temi di rilievo ed effettivo interesse in relazione ai fatti oggetto della contestazione Sez. 6, numero 6231 del 15/01/2020, P., Rv. 278343 01 in tal senso già Sez. 1, numero 1344 del 05/12/1994, dep. 1995, Rizzo, Rv. 200241 01 . In secondo, ma non secondario luogo, occorre considerare l'importante compito affidato dall'ordinamento ai sensi dell'articolo 506, comma 2, cod. proc. penumero al presidente che, anche su richiesta dì altro componente del collegio, può rivolgere domande ai testimoni, ai periti, ai consulenti tecnici, alle persone indicate nell'articolo 210 cod. proc. penumero  e alle parti già esaminate ciò, solo dopo l'esame e il controesame, con salvezza del diritto delle parti di concludere poi l'esame secondo l'ordine normativamente prescritto. È conseguente, dunque, prendere atto che, al di là del potere-dovere di controllo e intervento a tutela della corretta e leale articolazione dell'esame incrociato, il dispiegamento dell'attività disciplinata dall'articolo 506, comma 2, cod. proc. penumero  abilita il giudice procedente non a effettuare contestazioni in senso tecnico, come disciplinate dagli articolo 500 e 503 cod. proc. penumero , data la chiara connotazione di parte che fonda le contestazioni stesse e considerata la necessità di conoscenza degli atti assunti nella fase investigativa per sollevarle consapevolmente, bensì a formulare domande di chiarimento al testimone derivanti dalle acquisizioni dibattimentali pregresse, prime fra le altrevauelle emergenti dalla parte dell'esame già espletato, se del caso segnalando all'esaminato che, a fronte di sue pregresse risposte, si rilevano contrasti interni alla deposizione o contrasti con altri elementi probatori acquisiti nel corso del dibattimento, o comunque scaturenti dal materiale confluito nel fascicolo del dibattimento ciò, per trarre dal teste risposte e chiarimenti utili al completamento del quadro probatorio rientrante nel perimetro delle circostanze in relazione alle quali è stato ammesso il suo esame, ben potendo questo tipo di approfondimento essere propedeutico alla valutazione della disposizione di ulteriori atti, quale, ad esempio, il confronto fra testimoni senza dire che l'esercizio del potere-dovere di rilevazione del contrasto di cui all'articolo 207 cod. proc. penumero  implica l'operazione logico-giuridica del raffronto, durante l'esame, degli elementi cognitivi in corso di formazione con le prove già acquisite . Precisato che l'esercizio di tale compito giudiziale è disciplinato dall'ordinamento in modo da non espropriare affatto le parti del pieno diritto di difendersi provando anche con riferimento allo stesso mezzo, data la già ricordata dialettica successiva all'intervento giudiziale con la partecipazione, a completamento, riconosciuta dall'articolo 506 cod. proc. pen a tutte le parti , è da considerare che dovendo dispiegarsi il potere-dovere di cui all'articolo 506 cit. dopo l'esame diretto, il controesame e il riesame svolti dalle parti -, da un lato, l'area in cui può annidarsi la domanda che suggerisce la risposta si conferma necessariamente residuale e, dall'altro, occorre sempre verificare se, rispetto alle circostanze già oggetto delle domande antecedenti, quella del giudice procedente non sia una domanda volta all'ottenimento dal dichiarante di una risposta chiarificatrice rispetto a precedenti affermazioni che, per ogni possibile ragione, abbiano generato contrasti, zone d'ombra, affermazioni dubbie o contraddittorie o altre esigenze di chiarimento. 4.1.2. Alla stregua delle considerazioni svolte, si profila incensurabile il complessivo giudizio della Corte di merito che ha escluso una qualche influenza determinante sulle dichiarazioni rese progressivamente da Si.Ce., La.Ro., Ro., Fe.Zu., Al.Ro., Ro., senza che possano persuadere del contrario le deduzioni svolte dalla difesa di Bi.Ga.ancora nel motivo sub 3.4., anche con l'impiego sinottico di frammenti giustapposti delle dichiarazioni rese da ciascuno dei suddetti testimoni, riportate con riferimento al verbale di arresto, ritenuto acquisito anche ai fini di prova, e nel corso del dibattimento. A parte ogni ulteriore considerazione attinente all'interpretazione del complesso degli atti dichiarativi di cui si tratta, la giustapposizione di singoli passaggi di ciascuna testimonianza per ciò solo precluderebbe ogni possibilità di analisi della denunciata torsione narrativa eteroindotta da un lato, i verbali delle testimonianze suddette non fanno parte degli allegati, per l'autosufficienza, al ricorso del suddetto imputato, sicché per il relativo raffronto occorre fare riferimento alle parti riportate dalle sentenze, in particolare da quella di primo grado, e alle valutazioni che ne sono seguite dall'altro, lo stesso verbale di arresto allegato al numero 12 della produzione del suddetto ricorrente ha formato oggetto della ponderazione già compiuta in primo grado, all'esito della quale i giudici del merito, anche di secondo grado, hanno esposto le ragioni per le quali, per ciascun testimone, si è identificata la parte rilevante del rispettivo contributo dichiarativo. Anticipando il contenuto di un'osservazione che si perfezionerà in prosieguo, non è superfluo considerare che, data la funzione euristica riconnessa dall'ordinamento all'esame incrociato che rinviene nella sede dibattimentale la sua collocazione, non si può far carico ai giudici del merito di aver attribuito, in svariati snodi, motivata preminenza alle affermazioni emerse all'esito dell'esame del testimone nel contraddittorio proprio della cognizione piena. In ogni modo, con riferimento agli stralci che, relativamente alle dichiarazioni di Cr.Ro., di Vi., del prof. Sa.Po. e di Ro., oltre a non rilevarsi nemmeno nella prospettazione la formulazione di alcuna opposizione alle domande proposte, nella fase prescritta dal rito, dal Presidente della Corte di assise, si prende atto che la finalità delle varie domande formulate in quegli snodi è stata volta alla verifica e all'eventuale chiarimento di contraddizioni e contrasti sia interni alle precedenti dichiarazioni, sia riferibili agli altri atti assunti nel dibattimento. Sicché, al netto della soggettiva e non determinante modalità di impostazione dell'interlocuzione, gli atti istruttori al cui interno si sono registrate le suddette attività a iniziativa ufficiosa, oltre non aver formato oggetto di tempestiva contestazione, non appaiono decisivamente vulnerati nel loro complessivo contenuto. 4.1.3. Non meritano di essere accolte le doglianze svolte dai vari ricorrenti -e con più diffusa articolazione dalle difese di Bi.Ma. nel motivo in narrativa sub 4.1. e di Pi.Ma. nel motivo sub 5.2., a sua volta ripreso nella memoria, con riferimento alle deduzioni sub 15.2. in ordine alla prospettata ricostruzione delle fasi essenziali dell'azione aggressiva mediante l'utilizzazione di parti, alle volte frammenti, delle singole testimonianze, il cui insieme è stato ricomposto mediante l'analisi critica dei corrispondenti contributi. In tal senso, la ricostruzione della complessiva dinamica del fatto mediante l'utilizzazione dei frammenti rilevanti di ciascuna testimonianza si profila opzione, oltre che scevra da qualsivoglia prospettata influenza mediatica sulla formazione delle prove dichiarative, anche ragionevole e comunque congruamente motivata. Invero, l'individuazione dei segmenti narrativi rilevanti ha riguardato quelli considerati maggiormente idonei, non per arbitraria scelta dei giudici del merito, ma per l'intrinseca linearità del rispettivo portato, per la sua concordanza con gli elementi emersi dalle altre prove e per la coerenza con la posizione e, quindi, il punto di osservazione del dichiarante al momento della fulminea e letale aggressione. Questa opzione, da un lato, ha rappresentato la risultante di un metodo valutativo congruo e non illogico a cui si sono ricollegati i giudici del merito, tenuto conto dell'oggetto della ricognizione e della ponderazione da farsi, marcatamente connotato dalla concitazione e, per la parte inerente all'azione tipica, dalla repentinità dello sviluppo della vicenda, e, dall'altro, ha costituito una garanzia affidabile del radicamento della corrispondente ricostruzione fattuale sulle evidenze probatorie risultate fra loro corroborate. In questa prospettiva, va condiviso e riaffermato il principio secondo cui, quando si tratta della valutazione di una pluralità di prove testimoniali destinate a ricomporre il medesimo fatto, la valenza probatoria di ciascuna dichiarazione non è compromessa dal fatto che una o più circostanze siano riferite da alcuni testimoni, e non da altri, quando vi sia la prova che le fonti orali, presenti sul luogo del delitto, non abbiano avuto tutte la completa o la medesima percezione di tutti i segmenti della concorsuale azione delittuosa, per i tempi e i modi di sviluppo della vicenda Sez. 1, numero 29614 del 31/03/2022, Manusia, non mass. Sez. 5, numero 15669 del 24/02/2020, Esekhaigbe, Rv. 279162 01 Sez. 1, numero 34473 del 27/05/2015, Bottigliero, Rv. 264276 01 . Le contrarie considerazioni svolte specialmente dalla difesa di Bi.Ma. nel motivo sub 4.1. depurate dalla parte in cui esorbitano inammissibilmente nella rivalutazione di merito delle varie dichiarazioni esaminate non sono fondate. Completando il discorso in precedenza impostato, è senz'altro da condividere e ribadire il principio di diritto secondo cui, in tema di valutazione della prova testimoniale, occorre considerare le dichiarazioni rese dal testimone durante le indagini preliminari legittimamente utilizzate per le contestazioni, laddove esse permettano di accertare l'inattendibilità della ritrattazione effettuata dal medesimo testimone in dibattimento Sez. 2, numero 15652 del 21/12/2022, dep. 2023, Caroprese, Rv. 284485 02 Sez. 5, numero 13275 del 19/12/2012, dep. 2013, Di Maio, Rv. 255185 01 . È, però, da prendere atto che la Corte di assise di appello, nel solco già segnato dai giudici di primo grado, ha valutato le dichiarazioni dei singoli testimoni, non ha mancato di tener conto delle affermazioni dai medesimi rese nell'immediatezza, anche per la parte veicolata nel corso degli esami incrociati svoltisi nel dibattimento, oltre che della parte di esse inserita nel verbale di arresto già citato, e ha, all'esito, individuato con motivazione adeguata e non illogica i punti essenziali di ciascun dichiarazione, secondo la suindicata tecnica ricostruttiva, dando sufficiente conto delle sue opzioni e, sulla scorta delle coordinate fissate, annettendo rilievo alle dichiarazioni di Fe.Zu., Romano, Si.Ce., La.Ro. e Ro Il diverso inquadramento proposto dal suddetto ricorrente di determinati snodi delle deposizioni dello stesso Si.Ce., nonché di Ce., Fa., Vi., St.Os. Elvis , Vi.To., Mi.Ce., Om.Sh. e Da.Vi., si connota, non per sole osservazioni critiche della tesi ricognitiva privilegiata dai giudici del merito, ma per la intimamente connessa, e non consentita, rivalutazione di merito di quelle prove. 4.1.4. Generico, oltre che immerso nella stessa prospettiva rivalutativa dianzi rilevata, si profila il motivo sub 5.1. del ricorso proposto dalla difesa di Pi.Ma. che, ferma restando l'acclarata natura di semplice antecedente fattuale dell'episodio verificatosi prima del ritorno dei fratelli Bi. a Colleferro e della fase cruenta che ne era seguita, ha inteso contestare all'episodio del contrasto fra Fe.Zu. e Pi.Ma. la qualificazione, in senso etimologico, di antefatto del delitto, per essersi tale episodio esaurito prima dell'avvio dell'azione delittuosa tipica. Non si rileva il senso giuridico di questa prospettazione, dal momento che, quale che sia la corretta definizione di quell'episodio che il ricorrente propone, essa non vale a modificare in alcun modo la posizione del medesimo di concorrente a pieno titolo nell'omicidio di Wi.Mo. È, in ogni caso, risultata accertata in modo compiuto la discussione insorta intorno alle ore 03 00 del mattino, a causa degli apprezzamenti rivolti da Pi.Ma. ad Az.Bi., fra lo stesso Pi.Ma. e gli amici della ragazza, discussione risoltasi temporaneamente anche in virtù del rapporto di conoscenza esistente tra uno di loro, Al.Ro., e Be.Fr., amico di Pi.Ma., ma poi riaccesa proprio a causa della condotta di Be.Fr. che aveva avvicinato Fe.Zu. e lo aveva colpito con un violento pugno facendolo cadere dalle scale sicché, pur essendosi Be.Fr. allontanato per evitare ritorsioni, quando questi si era ricongiunto a Pi.Ma. ed era stato avvistato dal gruppo di amici di Fe.Zu., la discussione tra Fe.Zu., Be.Fr., Pi.Ma. e alcuni amici di Fe.Zu. era ripresa, sia pure non essendo essa esondata dal piano delle accuse verbali ed essendosi avviata a un chiarimento prima dell'inizio dell'aggressione. Che i giudici di merito abbiano ricostruito e ricollegato questo che non impropriamente è stato qualificato l'antefatto non ha integrato alcun vizio della motivazione, essendo anzi conforme a un'evidente esigenza di completezza espositiva e di compiuta ricostruzione del fatto nella sua interezza, comprensiva della sua scaturigine, anche indiretta, la serie di corrette notazioni descrittive e di congrue considerazioni argomentative spese anche dalla Corte di secondo grado in ordine all'episodio suindicato, che aveva preceduto il delitto. Questa doglianza è da reputare, quindi, inidonea a superare il vaglio di ammissibilità. 4.2. Non può essere accolta neanche la prospettazione formulata dalla difesa di Bi.Ga.che lamenta, ancora nel motivo sub 3.4., il mancato accertamento di una serie di travisamenti. Si deve, in via generale, puntualizzare che, quando la dialettica processuale sia caratterizzata da una doppia sentenza di merito conforme, il vizio del travisamento della prova, per utilizzazione di un'informazione inesistente nel materiale processuale o per omessa valutazione di una prova decisiva, può essere dedotto con il ricorso per cassazione ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lett. e , cod. proc. penumero nel caso in cui il ricorrente rappresenti, con specifica deduzione, che il dato probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado, e nel caso in cui entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti Sez. 3, numero 45537 del 28/09/2022, M., Rv. 283777 -01 Sez. 4, numero 35963 del 03/12/2020, Tassoni, Rv. 280155 01 Sez. 2, numero 5336 del 09/01/2018, L., Rv. 272018 01 . Posto ciò, si constata che, lungi dall'evidenziare l'omessa considerazione delle prove dichiarative in questione, la difesa di Bi.Ga., mediante la deduzione del travisamento di esse per omissione, ha inteso censurare l'inquadramento di singole parti del corrispondente narrato per prospettarne una diversa valutazione del complessivo atto istruttorio. Tale deduzione, però, a fronte dell'adeguata e coerente motivazione offerta, nello scrutinio dei punti qualificanti delle medesime prove dalla Corte territoriale, che ha recepito per quanto di ragione l'analisi compiuta dai giudici di primo grado, non si rivela conducente, in quanto finisce per evocare il profilo valutativo volta a volta del rispettivo atto istruttorio, non sindacabile in sede di legittimità, salvo il controllo sulla congruità e logicità della motivazione si è già sottolineato, invero, che è alla valutazione del giudice di merito che compete il giudizio sulla rilevanza e attendibilità delle fonti di prova, circa contrasti testimoniali o la scelta tra divergenti versioni e interpretazioni dei fatti. Al fondo, il massivo travisamento per omissione denunciato da questo ricorrente, con riguardo alla valutazione delle deposizioni di molteplici testimoni, Si.Ce., Fe.Zu., Ro., Al.Ro., La.Ro., Ro. e, ancora, Fa., Vi., Cr.Ro., Ma., Mo., Ze. e Vi.To., ha riguardato il dedotto contrasto fra singoli punti del rispettivo narrato sul punto specifico dell'avere portato il primo, violentissimo colpo alla vittima con il calcio al torace Bi.Ma., come da alcuni testimoni era stato indicato, anziché Bi.Ga., come invece era stato affermato da svariati altri testimoni e come i giudici dei due gradi di merito, all'esito di uno scrutinio svolto in modo argomentato, che ha tenuto conto delle distonie esistenti sullo specifico punto, hanno, alfine, considerato accertato. Ciò, a tacere del rilievo che proprio la così articolata serie di prove di cui si è da parte della difesa denunciato il travisamento implica l'effetto che, ove pure fosse stato escluso il carattere travisante di una parte soltanto di esse, avrebbe dovuto constatarsi se, rispetto alle restanti, risultasse dedotto e dimostrato il connotato delle loro decisività. L'esclusione di riscontrabili travisamenti delle singole prove indicati, in ogni caso, elide in radice la questione. Quanto alla più specifica denuncia di travisamento delle dichiarazioni di Vi.To. in merito all'individuazione dell'autore del primo al calcio sferrato alla vittima in Bi.Ga., il richiamo delle sue dichiarazioni fatto alla pag. 28 e alla pag. 35 della sentenza di appello e criticato dalla difesa del suddetto ricorrente, analizzato anche alla stregua del più disteso richiamo delle suddette dichiarazioni operato nella sentenza di primo grado in particolare alla pag. 35 , rende chiaro che l'individuazione suddetta è avvenuta a seguito dell'ordinaria e ponderata valutazione del narrato del teste, non certo a seguito dell'obliterazione travisante del corrispondente contributo. Del pari non è dato intravedere alcun concreto travisamento nella sintetica citazione del narrato del teste Mo., alla pag. 29 della sentenza impugnata, fra l'altro circoscritta al riferimento ai colpi portati alla vittima dai due fratelli Bi., laddove la sentenza di primo grado, con il più articolato richiamo delle dichiarazioni di questo testimone alle pagg. 28 30 , oltre a dare conto dei riferimenti alla ripetuta condotta aggressiva dei Bi. in danno di Wi.Mo., contiene un ulteriore, specifico riferimento al più alto fra i fratelli quale autore del primo, violentissimo calcio al torace della vittima, sferrato appoggiandosi a un palo esistente nel luogo dell'aggressione. 4.3. Nemmeno risultano fondati gli ulteriori travisamenti prospettati dalla difesa di Bi.Ga.nel motivo indicato sub 3.5. in parte narrativa, analisi che va compiuta in modo necessariamente congiunto con le doglianze articolate dalla difesa di Pi.Ma. nei motivi sub 5.4. e 5.5., oltre che nelle illustrazioni contente nei motivi nuovi richiamati ai punti 5.15.2. e 5.14.5., e con il motivo dell'impugnazione proposta dalla difesa di Be.Fr., motivo in narrativa richiamato sub 6.3. 4.3.1. Oltre alle dichiarazioni dei testimoni Om.Sh. e Mi.Ce., il ricorrente Bi.Ga. ha dedotto che la tesi secondo la quale il calcio violento al torace in avvio dell'aggressione era da ascriversi a Bi.Ma. era stata supportata anche dalla testimonianza di Da.Vi., teste indotto dalla difesa di Bi. e segnalato come estraneo alla cerchia di amici del ricorrente, e ha lamentato la dequotazione delle conversazioni ambientali, alcune nemmeno trascritte, dei colloqui in carcere confermativi di tale assunto. Anche per le dichiarazioni di Da.Vi. vale quanto si è già precisato in ordine alla mancata allegazione del verbale delle sue dichiarazioni, non essendo adeguato, a fini del rispetto del principio di autosufficienza, il riferimento a uno stralcio di esse, quello nel quale si riporta l'affermazione del teste di aver visto Bi.Ma. sferrare un pugno alla vittima. Il sintetico richiamo fattone nella sentenza di appello e quello, più articolato, operato nella sentenza di primo grado pag. 45 forniscono elementi descrittivi rispetto ai quali la valutazione poi compiuta dai giudici di merito anche nella sentenza impugnata alla pagg. 37-38 che ne hanno valorizzato, in un quadro di generale attendibilità della fonte, le parziali constatazioni riportate dal testimone, quanto al pugno sferrato da Bi.Ma. e ai colpi sferrati dall'imputato individuato in Pi.Ma. si configura come una congrua e non travisante ponderazione, come tale incensurabile in sede di legittimità, siccome supportata da adeguata e non illogica giustificazione. Quanto alle dichiarazioni di Mi.Ce. e Om.Sh., entrambi considerati amici fraterni del fratelli Bi., la Corte di assise di appello ne ha ritenuto l'attendibilità circoscritta al loro restante racconto evidenziando l'erronea indicazione del soggetto che per primo aveva colpito Wi.Mo In merito a Mi.Ce., i giudici di appello hanno sottolineato come egli avesse narrato sostanzialmente la medesima dinamica affermata dagli altri testi, con il rilievo che egli aveva, però, invertito i ruoli avuti da Bi. e aveva riferito di aver visto Bi.Ma. colpire frontalmente Wi.Mo. facendolo sbattere contro un'autovettura e Bi.Ga.colpire con un calcio un altro ragazzo, nonché Be.Fr. colpire poi la vittima on un calcio alla testa quando ormai era a terra in merito alla narrazione di Om.Sh., la Corte ha preso atto che egli aveva affermato di non aver visto la fase iniziale dell'aggressione in quanto si trovava dall'altro lato della strada e di aver visto, dopo essersi avvicinato, Ma., forse in preda all'adrenalina, sferrare un calcio a Wi.Mo., nonché a seguito di contestazione Bi.Ga.sferrare un calcio frontale al torace a un altro giovane, nonché Be.Fr. e Pi.Ma. colpire la vittima, con calci, il primo, e con pugni, il secondo, quando Wi.Mo. era ormai a terra. Nella valutazione di queste dichiarazioni i giudici di appello hanno rilevato, in modo corretto e non illogico, che la medesima inversione di ruoli avevano affermato Bi.Ga. e Bi.Ma. con le dichiarazioni rese nel rispettivo esame, avendo il primo riferito di avere sferrato un calcio al petto di Si.Ce. utilizzando come leva un palo ivi esistente facendo sbattere il colpito contro un'autovettura, azione descritta in modo sovrapponibile da svariati testimoni, ma con l'individuazione di Wi.Mo. come persona colpita, e avendo il secondo affermato di avere sferrato un calcio al fianco di Wi.Mo. che però si era rialzato subito, così descrivendo l'azione che altri gli avevano visto compiere ai danni di Si.Ce. Quindi, la Corte distrettuale, pur avendo prospettato l'eventualità che i due imputati avessero avuto lo scopo, con tali dichiarazioni, di offuscare un quadro probatorio per il resto univoco, ha optato per l'alternativa possibilità ritenuta verosimile che i Bi., protagonisti di un'azione confusa e concitata, non avessero avuto la chiara percezione dei soggetti attinti dai loro colpi, in ogni caso essendo risultato indubitabile, in virtù delle dichiarazioni provenienti dai testimoni man mano escussi e in relazione al tragico sviluppo fattuale poi registratosi, che il solo Wi.Mo., a seguito del calcio patito al torace, aveva sbattuto contro un'autovettura e non era mai riuscito a rialzarsi completamente nel prosieguo dell'aggressione, anzitutto per essere stato nuovamente attinto da ulteriori colpi sferrati ai suoi danni dai fratelli Bi Con riferimento alle dichiarazioni di Om.Sh. queste molto più articolate, per come richiamate nella sentenza di primo grado, alle pagg. 38-39 e Mi.Ce., i giudici di appello hanno, quindi, ritenuto l'attendibilità completa soltanto con riferimento ai momenti susseguenti, in cui essi hanno descritto compiutamente anche le condotte di Be.Fr. e Pi.Ma., mentre per quanto concerne la provenienza e la successione dei primi colpi alla vittima e, per converso, del colpo a Si.Ce., hanno considerato imprecise le dichiarazioni fornite, connotate dallo stesso senso di quelle dei Bi., loro amici, di cui avevano confermato l'assunto, però nettamente smentite dal restante e ritenuto motivatamente preminente quadro probatorio. La valutazione delle complessive dichiarazioni rese da questi testimoni ha persuaso la Corte di merito, che ne ha dato sufficiente e non illogico conto, che l'attendibilità intrinseca dei suddetti dichiaranti non possa ritenersi completamente esclusa in dipendenza del contrasto rilevato fra le medesime e la verifica complessiva della condotta dei Bi. nei primi momenti dell'aggressione, tenuto conto del contesto concitato connotante l'azione, per come riferito dagli stessi imputati, mentre in ordine al prosieguo delle condotte, coinvolgenti anche gli altri imputati, le loro dichiarazioni non sono state ritenute prive di adeguata attendibilità. Si tratta di questione, sollevata in modo contrapposto dalle difese di Be.Fr. e Pi.Ma. nelle succitate doglianze, in cui i difensori di questi imputati hanno invece sostenuto, ribadendo una tesi già sviluppata in sede di merito, il vizio della motivazione consistito nel non aver ritenuto, la Corte territoriale, la totale inattendibilità di questi testimoni per la loro addotta come preordinata -volontà di alleggerire la posizione dei Bi Tuttavia, i giudici di appello, come si è anticipato, pur rilevando che la complessiva narrazione di questi testimoni è apparsa volta a ridimensionare in qualche modo il ruolo dei fratelli Bi., in termini coerenti con le dichiarazioni rese da questi imputati anche in sede di esame, non hanno acceduto a tale prospettazione fornendo una motivazione congrua e non illogica del corrispondente approdo. La Corte di assise di appello non ha mancato di considerare gli elementi in prima analisi idonei ad avvalorare questo assunto, con riferimento all'intercettazione ambientale intercorsa tra i due testimoni quando essi si trovavano nella Caserma, alla descrizione dell'episodio resa da Bi.Ma. al fratello Al., il 16/10/2020, nella conversazione dai medesimi tenuta nella consapevolezza di essere intercettati, e ai contatti tenuti dai due testimoni con Al. Bi. e Vi.To., in una prospettiva secondo la quale le due testimonianze in esame sarebbero state funzionali ad ascrivere ai coimputati, e non ai Bi., la paternità dei colpi decisivi nel determinismo letifero. Tuttavia, essa ha, in modo argomentato, concluso per l'infondatezza di tale prospettazione. Le dichiarazioni di Om.Sh. si erano infatti caratterizzate per la critica mossa nell'immediatezza, fin da quando il gruppo si stava allontanando con l'autovettura dal luogo dei fatti per far ritorno ad Artena, in relazione al forte rimprovero rivolto a Be.Fr. con riferimento al comportamento violento tenuto ai danni di Wi.Mo. quando questi giaceva ormai a terra, circostanza riferita anche da Mi.Ce. e Vi.To. e ammessa dallo stesso Be.Fr. Anche con riguardo alla posizione di Pi.Ma., erano emersi analoghi rimproveri fatti nei suoi confronti, nell'immediatezza del ritorno ad Artena, da parte di Om.Sh. ciò, in uno alle ammissioni di Pi.Ma. circa i colpi portati alla vittima, da lui ridimensionati a livello di mere pizze , e alla captazione dei colloqui fra questo imputato e il padre, ammissivo della sua azione aggressiva, è stato considerato un consistente complesso di elementi idoneo a corroborare l'attendibilità delle dichiarazioni dei suddetti Om.Sh. e Mi.Ce. in merito a tutto il susseguente sviluppo del pestaggio. Sotto concorrente aspetto, l'esclusione del previo concerto delle testimonianze di Om.Sh., Mi.Ce. e anche Vi.To. è stata ritenuta confermata dalla Corte di merito anche in considerazione del rilievo che, nei dettagli, le rispettive narrazioni si sono connotate anche per diversità di sfumature, per modo che l'analisi comparata delle corrispondenti affermazioni ha condotto a un esito consentaneo alla valutazione di spontaneità e genuinità di quei contributi dichiarativi. Quanto al tessuto captativo inerente alle conversazioni fra Bi.Ga. e Al. Bi., di esse e delle altre fra i fratelli Bi. i giudici del merito non hanno affatto ignorato il contenuto, volto ad avallare la tesi, relativa ai ruoli avuti dai Bi. nell'aggressione, affermata dai due imputati suddetti, ma non hanno annesso a queste conversazioni un consistente rilievo probatorio, poiché la tesi stessa è stata ritenuta del tutto incompatibile con le evidenze medicolegali e con la parte preminente e stimata veritiera delle prove testimoniali. Non si è mancato di aggiungere da parte dei giudici di appello che le conversazioni tenute con il fratello Al. Bi. sono state svolte dagli imputati nella verosimile convinzione di essere intercettati, con il conseguente orientamento del corrispondente contenuto nel senso che i medesimi loquenti intendevano accreditare. D'altro canto hanno sottolineato in modo non superfluo giudici di appello -il senso di tali conversazioni si era risolto, in ultima analisi, nell'incolpazione reciproca e nel tentativo di riversare su altri la responsabilità della morte della vittima. Pertanto, non può essere, in tale snodo, accolta la protesta di sottovalutazione o travisamento per omissione delle conversazioni stesse. Costituisce questione di fatto, rimessa all'esclusiva competenza del giudice di merito, l'interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità la valutazione del giudice di merito, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità, salvo, quindi, il limite della manifesta illogicità e irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite Sez. U, numero 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715 01 fra le successive, Sez. 3, numero 44938 del 05/10/2021, Gregoli, Rv. 282337 01 Sez. 1, numero 54085 del 15/11/2017, Quaranta, Rv. 271640 01 . La valutazione dei giudici di appello di questa parte delle conversazioni si è dispiegata nel binario suindicato, con la conseguente necessità di disattendere la censura formulata su tale complessivo argomento dal ricorrente Bi.Ga. 4.3.2. In modo speculare non si mostrano dotate di fondamento le argomentazioni, volte alla completa dequotazione delle dichiarazioni dei due indicati testimoni, prospettate negli indicati motivi dalle difese di Pi.Ma. e di Be.Fr In particolare, non può sottoscriversi la deduzione di insanabile contraddittorietà nella valutazione di attendibilità parziale delle testimonianze suindicate, siccome essa è stata adeguatamente giustificata nella motivazione della sentenza impugnata l'attribuzione di attendibilità alla porzione delle dichiarazioni riferita primariamente alle condotte dei due imputati ora citati non si pone in antitesi con quella che ha ritenuto non attendibili i riferimenti alla paternità dei colpi caratterizzanti l'esordio aggressivo dei fratelli Bi., una volta escluso qualsivoglia rilievo inquinante alle affermazioni dei dichiaranti, convergenti con le altre risultanze, nella descrizione deli frammenti di condotta riferiti a Pi.Ma. e Be.Fr Si muove dal concetto per cui nella valutazione delle dichiarazioni del testimone è richiesto un vaglio particolarmente rigoroso nel caso in cui una parte del narrato, riferita ad alcuni fatti, sia ritenuta inattendibile, sicché deve ritenersi illegittima la valutazione frazionata di tali dichiarazioni ove la parte ritenuta inattendibile sia un imprescindibile antecedente logico dell'altra porzione narrativa, mentre è legittima la valutazione frazionata delle dichiarazioni testimoniali quando le parti del narrato ritenute veritiere reggano alla verifica giudiziale del riscontro, ove essa sia necessaria, e non sussista interferenza fattuale e logica, vale a dire un rapporto di causalità necessaria o di imprescindibile antecedenza logica, con quelle giudicate inattendibili, tale da minare la credibilità complessiva e la plausibilità dell'intero racconto, incombendo al giudice di dare conto, con adeguata motivazione, delle ragioni di tale diversa valutazione e dei motivi per cui essa non si risolve in un complessivo contrasto logico-giuridico della prova Sez. 2, numero 10193 del 13/02/2024, Petrone, Rv. 286139 01 Sez. 5, numero 25940 del 30/06/2020, M., Rv. 280103 01 Sez. 4, numero 21886 del 19/04/2018, Cataldo, Rv. 272752 01 . Nel caso esaminato, la spiegazione fornita dai giudici di appello, anche con il richiamo degli elementi emersi in primo grado, dell'effettuato frazionamento della valutazione di attendibilità dei testimoni Om.Sh. e Mi.Ce. è stata, come si è visto, persuasiva e non contraddittoria, essendo risultata obiettivamente scindibile dalla prima la parte successiva del loro narrato riferita alle condotte dei due citati imputati, certamente percepite in via diretta, parte delle loro dichiarazioni, come coerentemente corroborata dalle altre prove indicate nella decisione, non necessariamente interferente con l'altra frazione narrativa. Tutte le richiamate doglianze sono, pertanto, da disattendersi. 4.3.1. In coerenza con le considerazioni svolte, deve considerarsi parimenti infondato, oltre che in larga parte frammisto a non deducibili contenuti di merito, Il motivo articolato dalla difesa di Pi.Ma. e richiamato sub 5.6., motivo teso, mediante la deduzione del vizio di motivazione, a svalutare le risultanze poste dalla Corte territoriale a carico dell'imputato, per la sua condotta direttamente aggressiva in danno di Wi.Mo., da lui colpito con pugni e calci alla testa, risultanze acquisite dalle deposizioni di diversi testimoni, in particolare Si.Ce., La.Ro., Fa., Vi., St.Os. Elvis , Om.Sh. e Da.Vi. La difesa si è dedicata a riesaminare il contenuto delle singole dichiarazioni tentando di evidenziare isolate distonie e secondarie aporie, ma, da un lato, non è riuscita a dimostrare la contraddittorietà del discorso giustificativo espresso dai giudici del merito in ordine alla convergente indicazione da parte dei suddetti dichiaranti della condotta apertamente partecipe di Pi.Ma. nel corso della tanto fulminea quanto massiva aggressione violenta in danno della vittima e, dall'altro, si è inoltrata nella valutazione di merito in più punti dell'analisi così, quando ha sollecitato la reinterpretazione del racconto di Da.Vi. fatto dalla Corte territoriale, proponendo di sovvertire l'identificazione in Pi.Ma. della persona vestita di bianco vista accanirsi contro Wi.Mo. con calci e pugni, o ha proposto di escludere che Si.Ce. potesse essersi riferito alla condotta aggressiva anche di Pi.Ma. per il solo fatto che gli avrebbe attribuito la paternità del colpo invece sferrato da Bi.Ga. Del pari, non rinviene basi logico-giuridiche condivisibili la prospettazione colta a dequotare il portato dimostrativo individuato dai giudici del merito nelle indicate testimonianze per conferire preminenza ad altre voci, quali quella di Ce 4.3.2. Alle dichiarazioni del testimone Ce. e alla loro valenza la difesa di Pi.Ma. ha dedicato il motivo sub 5.7. adducendo il vizio della motivazione per la mancata considerazione del corrispondente contributo narrativo. Il fatto che Ce. aveva dichiarato di avere visto Pi.Ma. nel luogo in cui erano i Bi. al momento dell'aggressione, ma di non averlo visto colpire Wi.Mo. è stato ritenuto dai giudici del merito compatibile con il concitato scenario già descritto, senza per questo destituire di ogni attendibilità questa testimonianza, già citata con un certo dettaglio nella prima decisione alle pagg. 27-28 . E che questo testimone, al pari dell'altro ricordato dalla difesa di Pi.Ma., vale a dire St.Os. Omissis , fosse, per come posizionato, impossibilitato a inquadrare con completezza di dettaglio spaziale e di sviluppo diacronico l'intera fase aggressiva non ha precluso ai giudici del merito, per le solide e logiche ragioni già chiarite dalla Corte territoriale, di ricostruire la suddetta fase, mediante l'incastro ragionato di tutti i segmenti narrativi dotati di attendibilità intrinseca e fra loro sostanzialmente coerenti, individuando tutti i partecipi della relativa azione. La valutazione operata anche in tale snodo dalla Corte di assise di appello, con motivazione congrua e non illogica, non è sindacabile in sede di legittimità, giacché, come si è già sottolineato, spetta al giudice di merito ponderare la rilevanza e l'attendibilità delle fonti di prova, anche in relazione ai contrasti fra r contributi dichiarativi e alla scelta, versioni e interpretazioni dei fatti fra loro divergenti 4.3.3. Non è fondata nemmeno la critica che la difesa di Pi.Ma. ha svolto nel motivo sub 5.8., con susseguente illustrazione nella memoria di motivi aggiunti al punto 5.15.4., a cagione della dedotta come omessa attribuzione della valenza di discarico posseduta dal responso negativo della ricerca della presenza di tracce genetiche sugli anelli sequestrati all'imputato dopo il fatto, omissione reputata contraddittoria a cospetto del rilievo annesso a carico di Be.Fr. per la traccia genetica riscontrata sul suo scarponcino. I giudici di appello hanno affrontato e trattato in modo esauriente anche questo punto evidenziando, in particolare, che i colpi inferti direttamente da Pi.Ma. a Wi.Mo. risultano dimostrati, fra l'altro, dalle sue stesse ammissioni lì dove egli, minimizzando, aveva detto di averlo colpito con due pizze altezza cappuccio , senza che il mancato riscontro delle suddette tracce genetiche sugli indumenti e sugli anelli indossati dall'imputato potesse rivestire rilevanza negativa in merito alla ritenuta sua partecipazione all'aggressione, anche perché, oltre a non essere stato accertato che i colpi inferti alla vittima con il pugno fossero stati portati con la mano indossante gli anelli, la principale sua condotta violenta si era concretata nello sferrare un calcio alla testa di Wi.Mo., mentre questi giaceva a terra. Sul punto, la Corte territoriale ha ritenuto, in modo non illogico, di dover annettere spessore probatorio rilevante nell'ambito del già convergente quadro costituito dalle numerose testimonianze, corroborate dalle evidenze medicolegali anche alla conversazione fra l'imputato e il padre, avvenuta in carcere il 22.09.2020, dalla cui captazione era emersa la chiara ammissione di Pi.Ma. di aver colpito Wi.Mo. mentre questi era a terra. 4.3.4. Né, per converso, è dato ravvisare il travisamento delle risultanze delle consulenze medico-legali denunciato dalla difesa di Be.Fr. nella seconda parte del motivo sub 6.3. in parte narrativa, siccome dalla complessiva disamina tecnica non emergerebbe l'evidenza del calcio alla testa, fra il capo e il collo, attribuito all'azione diretta di questo imputato, come concretizzatasi nel dipanarsi conclusivo dell'aggressione. II fatto che Be.Fr. avesse sferrato il suddetto calcio contro la testa di Wi.Mo. è stato ritenuto accertato dai giudici di merito in forza delle dichiarazioni convergenti di svariati testimoni, quali quelle di Si.Ce. e Vi.To., nonché, nella parte suindicata, come criticamente analizzata, di Om.Sh. e Mi.Ce. La Corte di merito ha annesso concordante significato dimostrativo dell'attiva partecipazione di Be.Fr. all'aggressione anche al rinvenimento della traccia biologica, mista con profilo genetico attribuibile a Si.Ce., rinvenuta sulla punta dello scarponcino sinistro dello stesso Be.Fr., traccia che, pur non potendosene escludere in astratto l'ipotesi di un trasferimento secondario, è stata non illogicamente considerata sintomatica della certa presenza e del ruolo attivo avuto dall'imputato nell'aggressione violenta, essendosi sottolineato al riguardo il dato di fatto che Si.Ce., dopo essere stato colpito, era caduto proprio vicino a Wi.Mo. e da tale posizione aveva osservato il brutale pestaggio, rilevando che allo stesso avevano preso parte tutti gli imputati. Ancora, i giudici del merito hanno valorizzato nella stessa direzione il contenuto della conversazione fra Om.Sh. e Al. De Meo in data Omissis nel corso della quale il primo confermava al secondo il calcio dato da Be.Fr. come se stessi a tirà una zampata a un pallone . L'argomentata valutazione di queste risultanze in uno alla spiegazione logica della ragione ricollegata alla natura concitata dell'azione, alla concentrazione degli astanti sulla condotta dei Bi. e alla confusione determinata dalla tendenza degli stessi ad allontanarsi per non essere colpiti per la quale diversi altri testimoni non avevano riferito del suddetto specifico calcio da parte di Be.Fr., pur avendo confermato la sua posizione affiancante gli altri imputati nel corso della vicenda aggressiva dà adeguato conto del ritenuto concorso dell'imputato e non sconta alcun travisamento delle risultanze medicolegali. La Corte di merito ha, come si è già evidenziato, criticamente recepito e analizzato sia la conclusione del consulente del Pubblico ministero, sia quelle degli altri ausiliari di parte, prendendo atto della descrizione del corpo della vittima all'esito dell'aggressione letale e individuando le cause della morte di Wi.Mo. È rilevante, sotto questo profilo, osservare che Wi.Mo. aveva, fra l'altro, riportato a carico del volto sei lesioni ecchimotiche ed escoriative sulle regioni zigomatiche destra e sinistra, in corrispondenza delia palpebra inferiore e dell'angolo palpebrale interno, e l'esame autoptico aveva fatto emergere una piccola area di infiltrazione emorragica nella falda interna del cuoio capelluto, senza lesione delle ossa della base e della volta cranica, nonché un'infiltrazione emorragica del seno e del giorno carotideo, oltre a tutte le altre infiltrazioni emorragiche al cuore, ai polmoni e agli altri organi interni. Ora, che il calcio sferrato da Be.Fr. avesse determinato questa o quella fra le lesioni riscontrate al capo e al collo non è stato ritenuto dai giudici di appello fattore causalmente dirimente, in ragione della definizione conclusiva del determinismo causale complessivo come si è visto e come poi si preciserà ancora, la Corte territoriale ha ritenuto accertato che il complesso delle azioni compiute dagli imputati nel corso della descritta aggressione sia stato causalmente rilevante nel determinismo che aveva cagionato la morte della vittima, senza alcuna possibilità giuridicamente plausibile di estrapolare, isolandoli, uno o più dei colpi sferrati dall'uno o dall'altro imputato al corpo di Wi.Mo., anche con riguardo al primo, potentissimo calcio portato da Bi.Ga. al torace di quest'ultimo e anche con riferimento al calcio alla testa della vittima sferrato da Be.Fr. nella parte finale del pestaggio. A fronte di questa valutazione di carattere giuridico, effettuata all'esito della completa delibazione delle prove acquisite, ivi comprese tutte le risultanze introdotte con le consulenze medico-legali, deve ritenersi del tutto insussistente il travisamento di queste ultime denunciato dalla difesa di Be.Fr. 4.3.5. Non va accolto, nella già precisata prospettiva, nemmeno il motivo, sopra indicato sub 6.1., dell'atto di impugnazione proposto nell'interesse di Be.Fr. con cui è stato lamentato il vizio della motivazione costituito dall'omesso rilievo dell'inattendibilità delle dichiarazioni di Si.Ce., in ragione della mancata valutazione in tal senso delle contrarie dichiarazioni di Fa., che aveva acquisito personale contezza dal primo della sua mancata percezione diretta dell'aggressione, e dell'addotto travisamento delle dichiarazioni dello stesso Si.Ce., prospettate come non recuperabili nemmeno con la loro valutazione frazionata. Completando le notazioni svolte, deve prendersi atto che la Corte di merito ha compiuto un'adeguata e non travisante delibazione delle dichiarazioni del suddetto testimone, osservando, fra l'altro, che il racconto di Si.Ce., nella parte in cui questi aveva riferito che Wi.Mo. era stato colpito inizialmente con un calcio sferrato al torace da uno dei soggetti già presenti nel corso della discussione, è da considerarsi impreciso e contrastante con le affermazioni rese da numerosi altri dichiaranti, ma aggiungendo che tale imprecisione è dipesa essenzialmente dal fatto che la parte iniziale dell'aggressione non era stata percepita direttamente dal teste, come lo stesso aveva espressamente riconosciuto dicendo non me l'aspettavo, quindi non è che stavo guardando proprio , anche perché era stato, a sua volta, attinto da un forte calcio al collo che lo aveva fatto cadere a terra, contestualmente al calcio sferrato centro Wi.Mo. In tal senso hanno notato i giudici di appello Si.Ce. correttamente non aveva indicato l'autore del colpo sferrato contro la sua persona. Per il resto, alla stregua delle osservazioni già richiamate, Si.Ce. è stato considerato pienamente attendibile nella parte in cui aveva descritto la restante scena del violento pestaggio, poiché, dalla posizione in cui egli era venuto a trovarsi, una volta che era stato colpito ed era caduto a terra, ossia proprio vicino a Wi.Mo., egli aveva avuto una percezione diretta della partecipazione degli imputati, avendo potuto così osservare la loro condotta mentre si erano -tutti accaniti contro la suddetta vittima con pugni e calci. La complessiva valutazione effettuata dalla Corte di assise di appello è pur alla stregua della verifica della complessiva deposizione di Si.Ce. immune dal vizio di travisamento di questa prova testimoniale adombrato dalla difesa, in quanto il narrato del dichiarante non è stato riportato dai giudici di appello in modo tale da dimostrarne l'erronea percezione, anche per omissione, ma è stato assoggettato a complessiva e congruamente motivata valutazione. Peraltro, la censura inerente al travisamento di tale prova appare priva dei requisiti di ammissibilità lì dove non risulta aver dedotto in modo specifico la decisività della stessa in relazione al complessivo quadro probatorio. Al riguardo, si rammenta che il ricorso per cassazione con cui si lamenta il vizio di motivazione per travisamento della prova, non può limitarsi, pena l'inammissibilità, ad addurre l'esistenza di atti processuali non esplicitamente presi in considerazione nella motivazione del provvedimento impugnato, ovvero non correttamente o adeguatamente interpretati dal giudicante, quando non abbiano carattere di decisività, ma deve, più specificamente, identificare l'atto processuale cui fa riferimento, individuare l'elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto emerge e che risulta incompatibile con la ricostruzione svolta nella sentenza, dare la prova della verità dell'elemento fattuale o del dato probatorio invocato, nonché della effettiva esistenza dell'atto processuale su cui tale prova si fonda e indicare le ragioni per cui l'atto inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l'intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale incompatibilità all'interno dell'impianto argomentativo del provvedimento impugnato Sez. 6, numero 10795 del 16/02/2021, F., Rv. 281085 01 . Né, osservata la speculare delibazione fatta dai giudici del merito del narrato connotante la deposizione di Fa., possono desumersi dai riferimenti compiuti da questo testimone alle cognizioni dirette recepite da Si.Ce., dati idonei a infirmare la valutazione delle dichiarazioni di quest'ultimo, il quale, per essere stato l'unico a cercare una difesa estrema di Wi.Mo., subendone anche le conseguenze, è del tutto conseguente si fosse venuto a trovare, nello sinodo più cruento, in posizione idonea a osservare e individuare gli aggressori. In ordine, poi, alla legittimità della conclusione circa la corrispondente attendibilità frazionata del dichiarante, vanno richiamate le svolte notazioni di ordine generale su tale modalità valutativa. Anche in questo frangente, le giustificazioni con cui la Corte di assise di appello ha dato conto della valutazione frazionata di attendibilità delle dichiarazioni di Si.Ce. non si rivela affatto contraddittoria, per essere separabile senza iato logico l'affermazione del teste inerente al suo erroneo inquadramento di esordio della scena aggressiva e la restante sua narrazione, risultata coerente, oltre che in linea con le altre evidenze segnalate nella sentenza, senza necessarie interferenze fra le parti del relativo racconto. La doglianza, dunque, va senz'altro disattesa. 4.3.6. Le osservazioni già svolte con riguardo all'inidoneità delle censure dedotte per contestare l'attendibilità del testimone Vi.To. vanno richiamate e specificate per delibare il motivo di ricorso sub 6.2. prospettato dalla difesa di Be.Fr Con questa doglianza il ricorrente ha prospettato il vizio della motivazione nella valutazione comparativa delle testimonianze di Ad.Tu. e El.Anumero , da un lato, e di Vi.To., dall'altro, per accertare la posizione di Vi.To. rispetto al fatto aggressivo, senza effettivo esame delle deduzioni sviluppate con l'appello circa l'impossibilità per tale teste di percepire e riferire i dettagli specialmente della condotta di Be.Fr., con deduzione dell'accordo preventivo su cui anche la negazione da parte di Vi.To. della cena del 19.09.2020 con Om.Sh. avrebbe dovuto essere valutata che aveva influenzato questa testimonianza, e il travisamento delle dichiarazioni dello stesso Vi.To., quanto alle diverse modalità descrittive della condotta dei fratelli Bi., poco dettagliate, rispetto a quelle, molto articolate, inerenti alla condotta di Be.Fr., sicché le prime non avrebbero potuto definirsi precise, come invece hanno ritenuto i giudici di appello. La censura si rivela rivalutativa del rispettivo merito in ordine all'apprezzamento del contenuto delle dichiarazioni di Vi.To., El.Anumero e Ad.Tu. e, per il resto, quanto alla complessiva affidabilità delle affermazioni di del suddetto Vi.To., non è tale da superare le congrue considerazioni sviluppate dai giudici del merito. La Corte di assise di appello ha, in modo argomentato, optato per la sostanziale attendibilità di questo dichiarante, il quale era stato con i Bi. nella fase antecedente all'aggressione quando i tre giovani si erano allontanati insieme alle ragazze Ad.Tu., El.Anumero e Be.Im., per poi fare ritorno in C. circa un'ora dopo. E Vi.To., che non aveva seguito i Bi. nel loro fulmine o precipitarsi verso l'assembramento per sprigionare la violenta aggressione già descritta, aveva comunque scorto i momenti essenziali del pestaggio. I giudici di appello hanno evidenziato che Vi.To., pur essendo amico dei fratelli Bi., aveva descritto con precisione innanzi tutto la condotta violenta sinergicamente serbata da questi due imputati, in particolare segnalando e alfine descrivendo l'iniziale e micidiale calcio sferrato al petto di Wi.Mo. da Bi.Ga. e poi gli altri colpi sferrati da entrambi i Bi., di guisa che è stata ritenuta insostenibile la deduzione secondo cui Vi.To. aveva poi riferito di aver visto anche il calcio alla testa di Wi.Mo. da Be.Fr. per alleggerire la posizione dei Bi Né risulta fondata la prospettazione del ricorrente Be.Fr. in ordine alla mancata risposta da parte della Corte di assise di appello alle deduzioni difensive articolate nel gravame in ordine alla posizione non favorevole per l'osservazione in cui si era trovato il suddetto testimone. Valutati tutti gli elementi acquisiti, i giudici di appello hanno concluso che, in ordine al punto di osservazione in cui trovava Vi.To., l'effettiva distanza tra la sua posizione e il luogo dell'aggressione era tale da consentirgli la piena visibilità della condotta degli imputati. La Corte di merito, contrastando motivatamente l'opposto assunto difensivo, ha ritenuto accertato che Vi.To. non era restato affatto fermo in prossimità dell'autovettura da cui era disceso con i Bi. al momento del loro ritorno in Colleferro, ma si era avvicinato verso l'assembramento, come del resto avevano precisato El.Anumero e Ad.Tu., discese anch'esse dal medesimo veicolo. È stato ulteriormente specificato, nella sentenza impugnata, che per Vi.To. era risultata particolarmente visibile la condotta tenuta da Be.Fr., poiché, dopo l'intervento, repentino e plateale, dei fratelli Bi. che avevano dato il via al pestaggio, molti dei presenti si erano allontanati dall'assembramento per il timore di restare coinvolti nell'aggressione, per cui si era fatto il vuoto intorno a Wi.Mo., con l'effetto che il prosieguo della condotta aggressiva, ivi incluso il calcio sferrato da Be.Fr., era stato osservato e riferito da Vi.To. il chiaro e inequivocabile contenuto delle sue specifiche affermazioni su questo stesso argomento, che primariamente interessa il ricorrente, era stato del resto riportato in modo letterale già dalla Corte di assise nella sentenza di primo grado alle pagine 34 37 . Al riguardo, quindi, non è dato ravvisare il travisamento delle prove suindicate, non essendo stato dimostrata alcuna erronea obliterazione o erronea percezione nella trasposizione del rispettivo contenuto, ma si registra piuttosto la loro valutazione, che è risultata congrua, non illogica e, come tale, incensurabile in questa sede. Non è superfluo puntualizzare che il vizio di contraddittorietà processuale, altrimenti definito come travisamento della prova, può essere rilevato in sede di legittimità con esclusivo riferimento alla verifica dell'esatta trasposizione nel ragionamento del giudice di merito del dato probatorio, rilevante e decisivo, onde stabilire se si sia verificata l'eventuale, incontrovertibile e pacifica distorsione, in termini quasi di fotografia, neutra e non valutativa, del significante , ma non del significato , considerato il persistente divieto di rilettura e di reinterpretazione nel merito dell'elemento di prova Sez. 5, numero 26455 del 09/06/2022, Dos Santos Silva, Rv. 283370 01 distorsione del significante non emersa nel caso in esame. Anche questo motivo va, pertanto, respinto. 4.3.7. Si rivela certamente infondato, oltre che in parte volto a inammissibili contestazioni afferenti a valutazioni di merito, il motivo articolato dalla difesa di Be.Fr. e richiamato sub 6.4., finalizzato a dedurre il vizio di motivazione per la mancata valutazione delle testimonianze a discarico dell'imputato, con particolare riguardo alle dichiarazioni di Fa., El.Os., Mo., La.Ro. Da.Vi Tali testimonianze sono state indicate dal ricorrente come univocamente sintomatiche della sua mancata partecipazione all'aggressione, laddove i giudici del merito hanno valutato, in modo adeguato e non illogico, che, a fronte dell'univoca serie di prove dichiarative da cui è emerso il pieno coinvolgimento di Be.Fr. nell'aggressione, queste ulteriori testimonianze non abbiano fornito elementi determinanti per incrinare il complesso di prove a carico dell'imputato. Del resto, circa lo spessore del dedotto discarico, dall'esame delle decisioni dei due gradi emerge soltanto che quanto a Fa., i giudici del merito hanno interpretato la sua deposizione semplicemente nel senso che questo dichiarante non era stato in grado di riferire se Be.Fr. avesse partecipato o meno all'aggressione El.Os. nella sua deposizione si era limitato a non descrivere condotte attribuite a Be.Fr. Mo. aveva concentrato la sua descrizione della fase aggressiva con riferimento ai colpi inferti alla vittima dai fratelli Bi. le affermazioni di La.Ro. erano state nel senso della presenza di Be.Fr. solo al momento del primo colpo sferrato dai Bi., della mancata percezione di colpi portati direttamente da Be.Fr., dell'acquisizione della notizia, riportata dunque de relato, da Si.Ce. e Ro., che anche Be.Fr. aveva colpito la vittima Da.Vi. aveva parlato delle condotte violente ascritte ai fratelli Bi. e della presenza di un soggetto con la camicia bianca che si era accanito contro la vittima, senza citare Be.Fr I giudici di appello hanno considerato tali elementi di prova, non direttamente confermativi della partecipazione violenta di Be.Fr. al pestaggio, inadeguati a porre in crisi il restante quadro probatorio. In particolare, è stato ritenuto che la circostanza per la quale tali testi non avessero riferito in merito al calcio violento sferrato da Be.Fr. a Wi.Mo., come asseverato dagli altri dichiaranti, pur riconoscendo che al momento dell'aggressione Be.Fr. era presente e affiancato ai Bi., è da ascrivere in modo ragionevole alla percezione della scena per segmenti che i singoli soggetti erano riusciti a cogliere, nella forte concitazione dell'accaduto, con la corrispondente tecnica ricostruttiva del complessivo fatto mediante fissazione dei relativi frammenti operata dalla Corte di assise in particolare, questi dichiaranti, che restavano credibili, avevano riferito quanto essi erano riusciti a percepire direttamente, essendosi naturalmente concentrati sulla condotta iniziale ed eclatante messa in essere dai Bi., così trascurando gli altri particolari inerenti a Be.Fr., essendosi essi immediatamente allontanati dileguati secondo Vi.To. nel timore di restare colpiti, così non potendo continuare a prestare piena attenzione e mancando di avere, nell'ingravescente concitazione e confusione, la piena visuale della vicenda aggressiva proseguita anche da Be.Fr. Il ragionamento svolto dalla Corte territoriale siccome risulta sviluppato in aderenza alle accertate coordinate fattuali si appalesa motivato in modo congruo ed è privo di fratture logiche. Esso, quindi, non è sindacabile in sede di legittimità per la valutazione compiuta in ordine alla rilevanza e attendibilità delle fonti di prova dichiarativa a cui era da annettersi preminenza, nella parte in cui i contrasti testimoniali e le non pienamente sovrapponibili versioni dei fatti hanno richiesto l'analisi critica selettiva dei corrispondenti contenuti e la conseguente opzione interpretativa attività di valutazione e di scelta ineludibile, ma di precipua spettanza del giudice del merito. Anche tale doglianza va, pertanto, respinta. 5. Non si rivela in grado di destrutturare il complesso del discorso giustificativo svolto dalla Corte di merito il sesto motivo del ricorso proposto da Bi.Ga. supra sub 3.6. , teso a denunciare il travisamento della prova relativa all'individuazione della causa della morte di Wi.Mo., per la mancata considerazione delle nuove acquisizioni consistite nella relazione redatta per il suddetto imputato dal suo nuovo consulente privato, prof. Cr.Ci., le cui deduzioni tecniche avrebbero, per il ricorrente, imposto una rivalutazione delle conclusioni raggiunte dai giudici di primo grado e, in ogni caso, determinato la necessità per il raggiungimento di adeguati approdi in tema di prova scientifica e, quindi, dello standard probatorio e decisorio dell'oltre ogni ragionevole dubbio della rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, con la disposizione di perizia o almeno con l'esame in contraddittorio del nuovo consulente della difesa e l'acquisizione formale della sua relazione. 5.1. La Corte di assise di appello ha esaminato le considerazioni e le conclusioni rassegnate dal prof. Cr.Ci., allegate all'atto di appello, ma ha osservato in linea preliminare che questo nuovo consulente non era stato esaminato nel giudizio di primo grado, nel contraddittorio, e che la sua relazione non era stata formalmente acquisita agli atti del giudizio di appello, non essendo stata disposta la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale. In ogni caso, i giudici di appello hanno preso in esame le considerazioni tecniche svolte dal suddetto consulente, come veicolate della difesa, ove si era sostenuto che l'ipotesi di una contusione cardiaca non era sostenibile in modo convincente alla luce dei dati istologici e delle immagini fotografiche dal consulente visionate, né sembrava essersi concretizzata l'eventualità di una concussione cardiaca, in quanto la circostanza che Wi.Mo. si era rialzato, dopo essere stato colpito al torace con un calcio e dopo aver urtato contro un'autovettura, non era coerente con gli effetti della fibrillazione ventricolare, la quale è situazione che determina una incapacitazione immediata con perdita di coscienza inoltre, si era ritenuta mancante qualsiasi valutazione tecnica degli effetti potenziali attribuibili alle prolungate manovre di rianimazione cardiopolmonare, protrattesi per almeno 48 minuti di conseguenza, l'unica ipotesi tecnicamente fedele rispetto alle evidenze raccolte era da individuare la causa di morte nell'arresto cardiocircolatorio vagale che, in questo caso, era stato confermato, seppure con procedure incomplete, nella totalità dei reperti acquisiti e si era così proposto di individuare la causa della morte nel calcio sferrato all'altezza del collo di Wi.Mo. Queste conclusioni sono state, tuttavia, ritenute dalla Corte di merito in contrasto con quelle rese da tutti gli altri consulenti, ivi incluso il precedente consulente nominato da Bi.Ga., e soprattutto non risultano, per i giudici di appello, avere istituito un effettivo confronto con le risultanze emerse dall'esame autoptico. Le risultanze che sono state ritenute contrastanti con l'ipotesi ventilata dalla difesa di questo ricorrente sono quelle, apprezzate come ben rappresentate nelle immagini fotografiche utilizzate nel corso dell'esame del prof. Sa.Po. e inserite, all'esito dell'esame, nel fascicolo del dibattimento, e quelle inerenti ai dati istologici illustrati dal consulente del Pubblico ministero, con specifico riferimento all'evidenziazione, nelle varie sezioni del cuore, di una vasta infiltrazione emorragica che si estendeva profondamente nei tessuti ed era stata ritenuta riconducibile a una contusione cardiaca determinata dal potente calcio sferrato nella zona toracica e al successivo urto contro l'autovettura. I giudici di appello per ulteriore riscontro di questo approdo e in contrasto con l'assunto esposto dalla difesa di Bi.Ga.sulla scorta delle indicazioni tecniche del nuovo consulente di parte hanno segnalato anche l'esame istologico che al vetrino 4 aveva evidenziato la presenza di una vasta infiltrazione emorragica del tessuto nello spessore del miocardio viceversa, essi hanno considerato insostenibile e, d'altronde, non sostenuto da nessuno degli altri consulenti tecnici la mera ipotesi che effetti potenziali potessero essere stati determinati dal massaggio cardiaco, in assenza di evidenze traumatiche, come aveva specificamente evidenziato il consulente tecnico del Pubblico ministero. Non si è, quindi, escluso aprioristicamente che la pressione energica, svolta in modo ritmico, sulla parete anteriore del torace possa, in linea di principio, determinare delle fratture costali, anche se la manovra salvifica che la richiede venga svolta in modo corretto, nel rispetto dei protocolli. Ma si è in via di fatto accertato che nel caso in esame l'esame autoptico non aveva evidenziato nulla di anomalo sotto questo profilo nella parte anteriore della gabbia toracica, pervenendosi alla coerente esclusione del massaggio cardiaco come causa del decesso di Wi.Mo Tutto considerato, la Corte di assise di appello ha ritenuto di scartare l'evenienza di una qualche novità tecnica, sia pure veicolata dalla difesa, tale da esigere la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, fermo restando -ovviamente che l'analisi compiuta non ha eliso la rilevanza del colpo al collo patito dalla vittima invero, i giudici di appello hanno espressamente ribadito che il calcio sferrato all'altezza del collo di Wi.Mo., con conseguente stimolazione del giorno carotideo, aveva inciso nel determinismo causale dell'evento letale, in forma sinergica con il danno cardiaco diretto su questo tema, dunque, restando ferme le considerazioni svolte e già richiamate. È risultata avulsa dal concreto dipanarsi degli incombenti tecnici ritualmente svoltisi nel corso del primo grado la censura di inadeguatezza del campionamento polmonare e cardiaco operato dal consulente tecnico del Pubblico ministero, come coadiuvato dai collaboratori di cui si è avvalso rileva osservare sul punto che le considerazioni e le conclusioni sviluppate analizzando i campioni in concreto prelevati e analizzati sono risultate in linea con le metodiche scientifiche che sono poste a presidio della corretta effettuazione delle operazioni in esame. L'esclusione della contusione cardiaca che la difesa del ricorrente, basandosi sulle deduzioni tecniche del nuovo consulente, ha sostenuta evidenziando l'inverosimiglianza scientifica della tesi esposta dai giudici di appello, circa l'effetto pendolo che avrebbero subito gli organi interni alla gabbia toracica pur essendo essa stata attinta dal colpo, in specie il calcio, in sede anteriore ha omesso di considerare le precisazioni che la Corte di merito ha offerto sul tema segnalando che, all'esito del contraddittorio dibattimentale, lo stesso consulente del Pubblico ministero aveva precisato che le infiltrazioni riscontrate nella parte posteriore del cuore e del polmone erano compatibili con un forte impatto di schiena su una superficie rigida a seguito di un violento colpo ricevuto nella parte anteriore della zona toracica e ciò era del tutto coincidente con quanto era accaduto nel caso di specie. In questo quadro, pertanto, le deduzioni difensive, pur se richiamanti rilievi tecnici, hanno mostrato di muovere da premesse inerenti alle lesioni interne patite dalla vittima, come emerse dall'esame autoptico, difformi da quelle effettivamente accertate e conseguentemente valutate dai giudici del merito. Aver posto da parte della difesa l'accento esclusivo su altri esiti istologici senza stimare in modo adeguato quelli di importanza determinante analizzati dal consulente del Pubblico ministero, con il sostanziale accordo degli altri ausiliari di parte, ha costituito la base per la prospettazione di un'ipotesi ricostruttiva di marca sostanzialmente rivalutativa, non adeguatamente radicata sulle risultanze processuali già acquisite. Parimenti, la reiterazione della censura inerente alla mancata valutazione degli effetti del massaggio cardiaco esorbita nella non consentita rivisitazione del merito. Poi, non si ravvisano reali travisamenti ma si riscontra soltanto l'adeguata interpretazione delle risultanze istruttorie nella ricostruzione della dinamica dell'aggressione ai danni di Wi.Mo. in relazione agli effetti dei singoli colpi sulla sua prima reazione, dopo il violento calcio al petto che aveva aperto la serie dei colpi che lo avrebbero condotto a morte, reazione inerente al tentativo di rialzarsi, tentativo frustrato dagli altri convergenti colpi che lo avevano nuovamente e definitivamente precipitato a terra, inerme bersaglio dei pugni e dei calci che lo avevano investito in meno di un minuto. Non apparendo concretamente vulnerate le considerazioni medico-legali e le articolazioni logiche a cui i giudici del merito hanno dato motivato affidamento per trarne il corollario giuridico in ordine all'accertamento delle cause della morte della vittima, il Collegio ritiene di non poter ulteriormente sindacare le opzioni su cui si sono fondate le conclusioni indicate. In tema di prova scientifica, il giudice di legittimità non deve stabilire la maggiore o minore attendibilità scientifica delle acquisizioni esaminate dal giudice di merito e, quindi, se la tesi accolta sia esatta, ma solo se la spiegazione fornita sia razionale e logica, dal momento che la Corte di cassazione non è giudice delle acquisizioni tecnico-scientifiche, bensì quello chiamato a valutare la correttezza metodologica dell'approccio del giudice di merito al relativo sapere, che include la preliminare, indispensabile verifica critica in ordine all'affidabilità delle informazioni utilizzate ai fini della spiegazione del fatto. Discende da tale enunciato l'effetto che il giudice di legittimità non può operare una differente valutazione degli esiti della prova suddetta, trattandosi di un accertamento di fatto, insindacabile in sede di legittimità, se congruamente argomentato Sez. 1, numero 58465 del 10/10/2018, T., Rv. 276151 01 Sez. 5, numero 6754 del 07/10/2014, dep. 2015, C., Rv. 262722 01 . 5.2. Nel descritto contesto, essendo stata già adeguatamente vagliata anche la materia dell'individuazione e dell'analisi delle cause della morte di Wi.Mo. sotto il profilo dell'accertamento medico-legale, con la complessiva affidabilità dell'esito sortito dalle verifiche di merito, la valutazione della non necessarietà dell'esame del nuovo consulente della difesa di Bi.Ga.e anche della disposizione della perizia sullo stesso tema si profila logica e incensurabile, non potendo gli ulteriori incombenti apportare alcun determinante contributo alla compiutezza del quadro probatorio rispetto al thema decidendum di questo processo. La valutazione operata dai giudici di appello, circa la non necessarietà dell'ingresso della chiesta rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale congruamente ritenuta non decisiva nella sentenza impugnata non si presta, dunque, a fondata censura. In tale direzione, la Corte territoriale non ha decampato dal principio di diritto, da riaffermarsi in questa sede, secondo il quale la rinnovazione dell'istruttoria nel giudizio di appello, muovendosi dalla presunzione di completezza dell'istruttoria espletata in primo grado, costituisce un istituto di carattere eccezionale al quale può farsi ricorso esclusivamente quando il giudice ritenga, nella sua discrezionalità, di non poter decidere allo stato degli atti Sez. U, numero 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Ricci, Rv. 266820 01 . A questo determinante rilievo va, d'altronde, limitata la verifica il sindacato che il giudice di legittimità può esercitare in relazione alla correttezza della motivazione di un provvedimento pronunciato dal giudice di appello sulla richiesta di rinnovazione del dibattimento non può ampliarsi sino a ponderare la concreta rilevanza dell'atto o della testimonianza da acquisire, ma deve esaurirsi nell'ambito del contenuto esplicativo del provvedimento adottato Sez. 3, numero 34626 del 15/07/2022, Grosso, Rv. 283522 01 Sez. 3, numero 7680 del 13/01/2017, Loda, Rv. 269373 01 . Queste notazioni che sono l'esito del controllo di adeguatezza e di logicità della motivazione sul corrispondente argomento impongono di ritenere prive di fondamento anche ogni altra deduzione che, nei ricorsi, ha lamentato l'incompletezza delle attività istruttorie che hanno contraddistinto l'illustrato iter processuale. 6. Per quanto concerne l'individuazione dell'elemento soggettivo che ha sorretto la condotta delittuosa perpetrata ai danni di Wi.Mo., la difesa di Bi.Ga., nel motivo sub 3.7., sostiene che la Corte di merito abbia violato l'art 584 cod. penumero , oltre che gli articolo 43 e 110 cod. penumero , e sia incorsa nel corrispondente vizio di motivazione affermando che tale elemento soggettivo si era condensato nel dolo di carattere eventuale. Anche la difesa di Bi.Ma., nel motivo del corrispondente ricorso sub 4.2., ha dedotto i medesimi vizi spendendo diffuse articolazioni teoriche per individuare l'area di riferimento dell'elemento soggettivo proprio dell'omicidio preterintenzionale, non in quella del dolo misto a responsabilità oggettiva, né in quella del dolo misto a colpa, quanto piuttosto in quella prospetticamente più ampia del dolo intenzionale di aggressione fisica che si proietta nella consapevole causazione del pericolo concreto per il bene vita, in relazione di omogeneità e progressione rispetto a quello dell'integrità fisica, in modo da concludere nel senso che anche nell'omicidio preterintenzionale l'agente porrebbe in essere un'aggressione accettando il rischio di verificazione dell'evento morte. Pure la difesa di Pi.Ma., con le riflessioni espresse nel decimo motivo del suo atto di impugnazione, sopra richiamato sub 5.10., ha contestato l'esattezza dell'inquadramento privilegiato dai giudici del merito dell'elemento soggettivo alla base della condotta quale dolo eventuale di omicidio volontario, anziché quale elemento psicologico da sussumere in quello che avrebbe imposto la qualificazione del fatto nel delitto di cui all'articolo 584 cod. penumero Tale ricorrente ha insistito con particolare forza nel segnalare l'omessa considerazione della sostanziale impossibilità per ciascuno degli imputati, ivi incluso lo stesso Bi.Ga., di rappresentarsi la concreta possibilità che Wi.Mo., a seguito dei colpi ricevuti, perisse, nessuna ragione avendo Pi.Ma. per volere la morte della vittima. Queste considerazioni sono state riprese e approfondite nel primo dei motivi nuovi introdotti da Pi.Ma. con la susseguente memoria come da punto 5.15.1. . 6.1. Tutte le doglianze articolate su questo argomento rinvengono adeguato e logico contrasto nel tessuto argomentativo sviluppato sullo stesso tema nella sentenza impugnata. Nell'aderire alla chiara enunciazione della Corte di assise circa la dimostrata emersione del dolo eventuale alla base dell'omicidio, i giudici di appello non si sono limitati a un'acritica reiterazione della posizione espressa dai giudici di primo grado. È stata, invece, presa in adeguata considerazione l'obiezione secondo la quale nel caso di specie l'intento era quello non di cagionare la morte della vittima, neanche nella forma di accettazione del rischio, bensì soltanto quello -di infliggere lesioni o percosse, di guisa che il fatto avrebbe dovuto qualificarsi quale omicidio preterintenzionale, ai sensi dell'articolo 584 cod. penumero , considerati, fra gli altri, gli indici della unicità o comunque sporadicità dei colpi che ciascun imputato aveva dedotto, quando aveva dedotto, di aver portato al corpo di Wi.Mo. e della notevole brevità della durata della condotta aggressiva, condotta peraltro non previamente concordata dagli imputati. Tuttavia, esaminati tali rilievi, la Corte di assise di appello è approdata a diversa conclusione sottolineando, in premessa, che deve configurarsi l'omicidio volontario non quello preterintenzionale, che è caratterizzato dalla totale assenza di volontà omicida allorquando la condotta, secondo le regole di comune esperienza, risulti dimostrativa della consapevole accettazione da parte dell'agente anche solo dell'eventualità che dal suo comportamento possa derivare la morte del soggetto passivo. I giudici di appello hanno, inoltre, osservato che pure per ciò che attiene all'accertamento dell'elemento soggettivo del reato, occorre tener conto della struttura unitaria del concorso di persone, nel senso che l'azione va valutata nella sua interezza, e non in riferimento ai singoli atti, che gli autori devono essere consapevoli del collegamento finalistico tra i vari atti e che, in presenza di questi requisiti, i concorrenti rispondono del medesimo titolo soggettivo di partecipazione al fatto di reato. In questa prospettiva di carattere generale, calata nell'interpretazione delle specifiche risultanze, la Corte territoriale ha ritenuto essere emerso con evidenza l'elemento soggettivo del delitto di omicidio volontario nella forma del dolo eventuale, in quanto i concorrenti, con la descritta condotta violenta, come tenuta da ciascuno di essi, pur essendosi rappresentati che il brutale pestaggio potesse determinare la morte della vittima, avevano agito ugualmente, non solo accettando il rischio, ma anche palesando l'adesione psicologica all'evento letale poi verificatosi. I giudici di appello hanno fatto specifico riferimento agli elementi ritenuti univocamente significativi della sussistenza di questo elemento soggettivo in capo ai concorrenti l'affiancamento di Be.Fr. e di Pi.Ma. ai fratelli Bi. e il movimento di tutti gli imputati verso il medesimo obiettivo, ossia il giovane Wi.Mo. la potenza e la reiterazione dei colpi inferti alla vittima anche quando Wi.Mo. era a terra inerme la particolare tecnica dei colpi sfegati per imprimere maggior forza da soggetti esperti in arti marziali, fatta eccezione per Pi.Ma. le zone corporee attinte con i colpi, ossia il torace, la testa, il collo, l'addome, tutte sedi di organi vitali le rilevanti conseguenze lesive riportate dal corpo della vittima, evidenziate da tutti i consulenti medico-legali. In tale quadro, secondo le regole della comune esperienza, si è recisamente escluso che gli imputati avessero agito al solo fine di cagionare lesioni alla vittima, essendosi al contrario considerato anche che sin dal calcio iniziale Wi.Mo. era già risultato incapace di difendersi, tanto che in suo aiuto era intervenuto Si.Ce., ma invano, poiché egli stesso era stato colpito con violenti calci e pugni. Si è ulteriormente specificato che la situazione dì assoluta gravità dell'accaduto era stata tale da essere immediatamente percepita dai presenti e, fra questi, in particolare, da Om.Sh., amico degli imputati, il quale aveva già nel corso del ritorno in auto da C. ad A. e appena dopo tale ritorno rimproverato in modo alterato e concitato prima Be.Fr., poi Pi.Ma. per aver colpito Wi.Mo. quando questi era oramai a terra, nonché dallo stesso Bi.Ma., il quale, sempre nel viaggio di ritorno ad A., era già consapevole del fatto che il ragazzo colpito era andato in coma. E la violenza debordante dei colpi inferti a Wi.Mo. è stata ritenuta assodata dalla Corte di assise di appello indipendentemente dal fatto, scarsamente significativo, se il calcio al torace fosse o meno vietato dalla stessa disciplina delle arti marziali, giacché l'elemento che è stato ritenuto rilevante, anche ai fini dell'individuazione dell'elemento soggettivo, è stato il dato di fatto che nel caso di specie il colpo in questione, al pari dei successivi, era stato sferrato non in ambito agonistico contro un atleta di pari prestanza fisica, preparato a riceverlo e a pararlo, bensì -contro un ragazzo dalla corporatura esile, aggredito peraltro all'improvviso, senza alcun percepibile segnale che gli consentisse di apprestare una qualche difesa o, comunque, di tentare di mettersi in salvo. La mancanza di un accordo preventivo tra gli aggressori non è stata considerata ostativa per il riscontro del suddetto elemento psicologico del reato, in quanto la scelta dei partecipi di tenere quella determinata condotta ben poteva essere maturata ed era maturata in modo estemporaneo per essere stata presa al momento in cui si era verificato l'attacco aggressivo e ciò aveva riguardato, per la Corte di merito, anche le posizioni di Pi.Ma. e Be.Fr. i quali avevano agito, dopo l'inizio dell'aggressione stessa, in pieno collegamento causale con la condotta tenuta fin dall'inizio dai concorrenti, con tecnica da arti marziali di combattimento, essendo ben consapevoli della gravità delle condizioni personali della vittima, già inerme a terra. Né, con ulteriore e specifico riguardo alla posizione di Pi.Ma., si è ritenuto prospettabile l'argomento secondo cui egli potesse non aver compreso l'effettiva gravità della situazione, per trovarsi in stato di ebbrezza, giacché, per i giudici di appello, tale condizione di ebbrezza non era stata affatto dimostrata e dovendo, anzi, reputarsi smentita dalle riprese effettuate dalle telecamere di videosorveglianza inerenti al momento in cui questo imputato si stava allontanando dal luogo del fatto per fare rientro ad A. il tutto pare opportuno aggiungere non trascurando, ad ogni buon fine, il dettato di cui all'articolo 92, primo comma, cod. penumero 6.2. Le censure mirate a dedurre l'erronea qualificazione del fatto come omicidio volontario, anziché omicidio preterintenzionale, non possono essere condivise. Tutti i dati esaustivamente esposti dai giudici del merito risultano coerenti con la qualificazione del fatto data già dal primo giudice, a cui la Corte territoriale non ha ritenuto potersi sostituire quella dell'omicidio preterintenzionale, disciplinato dall'articolo 584 cod. penumero L'omicidio preterintenzionale si configura allorquando l'azione aggressiva dell'autore del reato risulti essere stata diretta soltanto a percuotere la vittima o a causarle lesioni, così che la morte costituisca un evento non voluto, ancorché legato da nesso causale alla condotta dell'agente nel caso in esame, invece, i giudici di appello hanno congruamente concluso nel senso che la morte è stata voluta da tutti gli imputati. L'estraneità alla presente fattispecie dell'omicidio regolato dall'articolo 584 cod. penumero  è determinata, dunque, dal fatto che l'elemento soggettivo del delitto di omicidio preterintenzionale è costituito dal dolo per i reati di percosse o di lesioni volontarie, misto a colpa in relazione all'evento mortale, con la specificazione che la prevedibilità deve essere valutata in concreto, tenendo conto delle circostanze della situazione reale, conoscibili e correttamente valutabili da un agente modello, calate nelle condizioni di tempo e di luogo in cui ha operato l'imputato Sez. 5, numero 49667 del 10/11/2023, Fossatocci, Rv. 285490 01 Sez. 5, numero 44986 del 21/09/2016, Di Gioia, Rv. 268299 01, al cui tessuto argomentativo si compie specifico riferimento per l'interpretazione costituzionalmente orientata dell'articolo 584 cod. penumero , con la meditata applicazione a questa fattispecie delle linee ermeneutiche a suo tempo sviluppate per la parallela esegesi della fattispecie di cui all'articolo 586 cod. penumero  da Sez. U, numero 22676 del 22/01/2009, Ronci, Rv. 243381 01 ciò, al di là di ogni rilievo che voglia annettersi alla persistente, certo non secondaria, tendenza ermeneutica che, nel solco dell'inquadramento dell'omicidio preterintenzionale come delitto sorretto dal solo dolo dei reati di lesioni e percosse, ha ribadito la manifestamente infondatezza dell'eccezione di illegittimità costituzionale, sollevata in riferimento all' articolo 27, primo e terzo comma, Cost, dell'articolo 584 cod. penumero nell'interpretazione che ravvisa l'elemento soggettivo del reato nel dolo unitario di percosse o di lesioni, in quanto la valutazione relativa alla prevedibilità dell'evento da cui dipende l'esistenza del reato è insita nella stessa norma che lo prevede, la quale reputa assolutamente probabile che da un'azione violenta contro una persona possa derivare la morte della stessa Sez. 5, numero 36402 del 03/04/2023, Ursu, Rv. 285196 01 . Se è vero che i riferimenti teorici emergenti dagli arresti ora citati evidenziano, con riguardo alla figura dell'omicidio preterintenzionale, la rilevanza della colpa riferita all'evento morte, realizzazione di un fatto non voluto, rimproverabile al soggetto per la violazione di una regola di diligenza, di prudenza, di perizia, derivante dalla valutazione di prevedibilità e di evitabilità della verificazione dell'evento, sono motivate dall'esigenza sistematica di collocare nell'alveo della responsabilità soggettiva anche il reato di cui all'articolo 584 cod. penumero , è dal pari certo che il corrispondente costrutto logico-giuridico non erode l'area del dolo riferito all'evento omicidiario, anche con riguardo alla categoria del dolo eventuale, in tal senso dovendo disattendersi specialmente le prospettazioni della difesa di Bi.Ma., volte, come si è visto, ad ampliare l'alveo dell'omicidio preterintenzionale fino a farne in parte coincidere l'elemento soggettivo con quello avente le caratteristiche del dolo eventuale di omicidio volontario. Va, pertanto, ribadito che la conclusione indicata non può essere influenzata dal fatto che alla base della condotta degli imputati è stato riconnesso il dolo omicidiario di natura eventuale sussiste, infatti, il delitto di omicidio volontario, e non quello di omicidio preterintenzionale, caratterizzato dalla totale assenza di volontà omicida, nel caso in cui la condotta dell'agente riveli, alla stregua delle regole di comune esperienza, la consapevole accettazione, da parte del predetto, anche solo dell'eventualità che dal proprio comportamento possa derivare la morte del soggetto passivo Sez. 1, numero 44677 del 13/07/2023, Z., Rv. 285403 -01 Sez. 5, numero 11946 del 09/01/2020, Caciula, Rv. 278932 01 . Se si conviene sul principio, che il Collegio ritiene corretto, secondo il quale il criterio discretivo fra le due ipotesi di reato previste dagli articolo 575 e 584 cod. penumero  deve essere individuato nella diversità dell'elemento psicologico, che, come si è anticipato, nell'omicidio preterintenzionale consiste nella volontarietà delle percosse o delle lesioni alle quali consegue la morte dell'aggredito come evento non voluto, neppure nella forma del dolo eventuale, non può dubitarsi che, allorquando l'agente abbia agito con dolo alternativo, ossia con la volontà cioè di ferire o di uccidere indifferentemente, o anche con dolo eventuale, vale a dire con previsione e rappresentazione dell'evento in termini di probabilità de suo verificarsi e di corrispondente accettazione del rischio dell'evento letale, a costo di determinare l'evento stesso e pagarne il relativo prezzo, non può ricorrere l'ipotesi preterintenzionale che presuppone l'accertata esistenza di volontà unicamente diretta a ledere o percuotere. In tal senso, il costante indirizzo di legittimità configura il delitto di omicidio volontario e non quello di omicidio preterintenzionale, caratterizzato dalla totale assenza di volontà omicida qualora, come nella specie, la condotta degli agenti, alla stregua delle regole di comune esperienza, dimostri non la mera prevedibilità, bensì la consapevole accettazione da parte dei medesimi della concreta eventualità che dal loro comportamento potesse derivare la morte del soggetto passivo. Non persuadono le osservazioni sviluppate in contrario dalla difesa di Bi.Ga. lì dove fanno carico ai giudici di appello di non aver riflettuto sul fatto che il comportamento malaccorto, trascurato e senza l'assunzione di adeguate cautele rispetto al pericolo dell'evento mortale non avrebbe dovuto essere valutato se non con riferimento all'elemento soggettivo della colpa, non essendo sufficiente l'accettazione del rischio per integrare il dolo eventuale qualora manchi un atteggiamento interno, in certo modo assimilabile alla volontà, in essenziale relazione con il conseguente verificarsi dell'evento. Nel caso in esame, l'esaustiva analisi compiuta dai giudici di merito ha condotto all'accertamento chiaro e coerente, conseguito attraverso l'enucleazione di una serie convergente e inconfutabile di indici, che la perpetrazione della coordinata e violentissima azione aggressiva messa in essere dai quattro imputati si è realizzata in forza della previsione e rappresentazione da parte degli agenti dell'evento mortale con indubitabile e piena accettazione di quell'evento da parte degli agenti. 6.3. Non risulta conducente invocare, a sostegno dell'assenza, nel caso in esame di dolo alla base della condotta omicida, l'approfondimento che la giurisprudenza di legittimità, nella sua composizione più autorevole, ha compiuto per fare rinnovata luce sul discrimen esistente fra i concetti di dolo eventuale e di colpa, in particolare di colpa cosciente, enunciando, fra gli altri, il principio di diritto secondo cui in tema di elemento soggettivo del reato, il dolo eventuale ricorre quando l'agente si sia chiaramente rappresentata la significativa possibilità di verificazione dell'evento concreto e ciò nonostante, dopo aver considerato il fine perseguito e l'eventuale prezzo da pagare, si sia determinato ad agire comunque, anche a costo di causare l'evento lesivo, aderendo ad esso, per il caso in cui si verifichi ricorre invece la colpa cosciente quando la volontà dell'agente non è diretta verso l'evento ed egli, pur avendo concretamente presente la connessione causale tra la violazione delle norme cautelari e l'esento illecito, si astiene dall'agire doveroso per trascuratezza, imperizia, insipienza, irragionevolezza o altro biasimevole motivo Sez. U, numero 38343 del 24/04/2014, Espenhahn, Rv. 261104 01 . Come ha incisivamente sottolineato il Procuratore generale in sede, nel corso della discussione orale, anche con il richiamo dello scritto prodotto per l'illustrazione della sua posizione, gli indicatori che hanno motivatamente orientato i giudici del merito nel senso della sussistenza del dolo eventuale sono stati molteplici e di segno univoco. Fra questi indicatori sono stati significativamente evidenziati la caratteristica dei colpi inferti, mediante utilizzo delle arti marziali miste, che rende immediatamente chiara al di là di ogni disquisizione sulla contestata illiceità del loro impiego la loro potenzialità lesiva, notevole ed effettiva, colpi che, peculiari anche per il modo con cui sono portati, sono tali da essere subito percepiti anche dai concorrenti che non ne sono autori, per la corrispondente consapevolezza dell'agire comune, stante anche la comune consuetudine degli imputati, salvo Pi.Ma., con tali arti marziali il contesto illecito dell'azione, caratterizzato dalla volontà di sopraffazione degli agenti, mossisi come giustizieri privati, e accentuato dall'ora notturna il fatto che tutti i violentissimi colpi sono stati diretti, da tutti i rispettivi autori, verso zone corporee a lesività molto elevata di una persona all'evidenza molto esile, con quel che ciò ha comportato sia in termini di probabilità della verificazione dell'evento, sia in termini di considerazione dello scopo perseguito e del corrispondente prezzo da pagare l'atteggiamento dei quattro imputati, risultato compatto, essendosi essi uniti in modo spontaneo all'inizio dell'aggressione per poi fuggire tutti, immediatamente dopo i fatti la motivazione della condotta illecita, connotata dalla futilità del motivo il contesto, comunque, di sopraffazione e forza il carattere reiterato e protratto della violenta condotta aggressiva, durata meno di un minuto, ma composta da una coordinata e interminabile, tenuto conto dell'inconsistenza reattiva del destinatario, serie di colpi a elevatissima lesività, e a ingravescente effetto proprio per l'assenza di protezione dal lato della vittima. La valutazione di siffatti indicatori ha condotto la Corte di merito a concludere, con ragionamento congruo e certo non illogico, che alla base della descritta condotta si era dispiegata, non la sola volontà di percuotere o ferire, ma la volontà, quanto meno al livello del dolo eventuale, di cagionare la morte dell'aggredito, stanti gli elementi univocamente dimostrativi della probabilità di verificazione dell'evento e di accettazione dello stesso da parte degli agenti, con la loro completa consapevolezza del prezzo da pagare. In tal senso le conclusioni raggiunte da entrambe le sentenze di merito non risultano vulnerate da tutte le doglianze svolte dai suddetti ricorrenti feul tema. 7. A conclusione non dissimile è ineludibile pervenire, già sulla scorta delle considerazioni che precedono, quanto allo scrutinio della doglianza articolata dalla difesa di Pi.Ma. nel motivo richiamato sub 5.9. in parte narrativa, deduzione volta alla denuncia del vizio di motivazione in ordine alla valutazione del nesso di causalità fra la condotta di Pi.Ma. e la morte di Wi.Mo., data l'accertata causa della morte della vittima nella lesività al torace e nella lesività alla carotide, lesioni distinte ma ciascuna autonomamente idonea a determinare l'evento letifero, da ascriversi al solo Bi.Ga., con la conseguente prospettazione di estraneità rispetto al determinismo causale dell'evento della condotta di Pi.Ma., ma, per coerente implicazione, anche di quelle di Be.Fr. e dello stesso Bi.Ma. Per supportare tale tesi la difesa del suddetto ricorrente propone di disattendere le considerazioni dei giudici del merito sulla matrice chiaramente e unitariamente collettiva e di gruppo del brutale pestaggio, perpetrato senza soluzione di continuità dai quattro imputati direttisi in modo compatto contro l'inerme obiettivo, così che, a parte i colpi da ciascuno inferti a Wi.Mo., la presenza di ciascuno aveva determinato e rafforzato la condotta degli altri, con la conseguente attribuzione a tutti del consapevole e volontario concorso nella condotta e della responsabilità dell'evento. L'impugnante sostiene, in contrario, che l'aggressione non si era svolta senza soluzione di continuità, ma si era frazionata in due fasi, la prima perpetrata dai fratelli Bi., nel corso della quale erano stati inferti i colpi letali, e la seconda connotata dai colpi attribuiti a Pi.Ma. e Be.Fr. Queste deduzioni difensive prospettano un accertamento e una valutazione del complessivo fatto aggressivo avente contenuti di merito nettamente diversi da quelli emersi dalla verifica compiuta dalle Corti dei due precedenti gradi e sorretti, nella sentenza impugnata, da una motivazione congrua e non illogica, come tale incensurabile in sede di legittimità. Non può non richiamarsi la affidabile e chiara, sotto il profilo dell'adeguatezza del discorso giustificativo, nonché ineccepibile, sotto il profilo giuridico conclusione illustrata dalla Corte di assise di appello secondo la quale era stato il complesso delle azioni compiute dagli imputati nel corso dell'aggressione, da loro praticata in modo coordinato e compatto, a risultare causalmente rilevante nel determinismo che aveva cagionato la morte di Wi.Mo., senza la giuridica possibilità di isolare, quale manifestazione di una condotta in sé decisiva e tale da escludere le altre, uno o più dei colpi sferrati dall'uno o dall'altro imputato al corpo della vittima, come si è già evidenziato, dal primo, violentissimo calcio portato da Bi.Ga.al torace dell'aggredito al calcio alla testa di quest'ultimo sferrato da Be.Fr. nella parte finale del pestaggio. Ha assunto rilievo l'insieme delle condotte dei compartecipi, cementato nell'unitaria connessione causale degli atti compiuti da ciascuno dei concorrenti, tutti consapevoli del collegamento finalistico tra quelle condotte violente, così ritenute atti comuni a tutti i compartecipi all'aggressione fisica collettiva. Non può che ribadirsi, quindi, il rilievo da annettersi all'accertamento per cui i quattro imputati avevano partecipato al letale pestaggio di Wi.Mo. colpendolo ripetutamente e in modo violento con calci e pugni, colpendo anche Si.Ce., intervenuto in difesa dell'aggredito, in guisa tale che essi avevano concorso nell'azione tipica, pure mediante la consapevole agevolazione della condotta tipica altrui e impedendo qualsiasi intervento oppositivo, finanche di mera difesa di Wi.Mo., ragione per la quale tutta l'azione violenta è stata congruamente considerata nella sua interezza, anche nelle conseguenze lesive meno significative, essendosi d'altronde svolta senza soluzione di continuità e in un breve lasso temporale ciò, senza alcuna possibilità di una sua segmentazione in singoli colpi o distinte fasi, contrariamente all'assunto espresso dal ricorrente. La soluzione offerta dalle Corti di merito si è attenuta al condiviso principio di diritto secondo cui l'aggressione fisica collettiva, caratterizzata dalla reciproca consapevolezza della convergente, quand'anche non simultanea, condotta dei correi, comporta che ciascuno di essi risponde del complesso delle lesioni riportate dalla vittima e, dunque, anche di quelle non causate in via diretta dall'azione materialmente posta in essere dal singolo Sez. 5, numero 35274 del 14/07/2022, Taietti, Rv. 283648 01 Sez. 5, numero 40449 del 10/07/2009, Scognamiglio, Rv. 244916 01 Sez. 1, numero 7442 del 08/05/1998, Negri, Rv. 210806 01 . Invero, nella considerazione del concorso di persone nel reato qui condivisa, posta la struttura unitaria del reato concorsuale, allorché si realizza la combinazione di diverse volontà finalizzate alla produzione dello stesso evento, ciascun compartecipe è chiamato a rispondere sia degli atti compiuti personalmente, sia di quelli compiuti dai correi, nei limiti della concordata impresa criminosa per cui, quando l'attività del compartecipe si sia estrinsecata e inserita con efficienza causale nel determinismo produttivo dell'evento, fondendosi indissolubilmente con quella degli altri, l'evento verificatosi è da considerare come l'effetto dell'azione combinata di tutti i concorrenti, anche di quelli che non hanno posto in essere l'azione tipica del reato Sez. 2, numero 51174 del 01/10/2019, Lucà, Rv. 278012 01 . Pertanto, anche le deduzioni svolte dalla difesa di Pi.Ma. con la doglianza qui trattata, per lamentare la mancata scissione di alcune dalle frazioni aggressive avulse dal complesso della condotta unitariamente ritenuta causalmente rilevante dalla Corte territoriale, si infrangono sul richiamato e giuridicamente incensurabile tessuto argomentativo offerto nella sentenza impugnata. 8. Trascorrendo all'esame della doglianza proposta sempre dalla difesa di Pi.Ma. con il motivo richiamato in parte narrativa sub 5.11., in esso si è prospettato un ulteriore vizio della motivazione per non essere stato, in via subordinata, ritenuto il concorso anomalo del suddetto imputato, ai sensi dell'articolo 116 cod. penumero , essendosi erroneamente rinunciato a distinguere le singole posizioni, sceverando chi aveva voluto e chi non aveva voluto l'evento più grave, nonostante si sia dato atto in sentenza che Pi.Ma. era l'unico degli imputati a non essere esperto in arti marziali. Deve constatarsi che la Corte di assise di appello non ha eluso l'argomento, giacché, dopo aver richiamato le coordinate ermeneutiche dell'istituto del concorso anomalo, ha sottolineato che l'ipotesi normata dall'articolo 116 cod. penumero  non avrebbe potuto attagliarsi alla posizione degli imputati, Pi.Ma. compreso, i quali avevano commesso il delitto di omicidio volontario, nella forma del dolo eventuale, sicché, per i giudici del merito, nel caso di specie era mancato uno dei due limiti negativi da individuarsi per la sussistenza della figura del concorso anomalo, ossia che l'evento prefigurato come più grave non risultasse voluto, mentre per il resto la morte della vittima era stato l'effetto della diretta conseguenza della condotta violenta degli imputati, e non certamente dovuta a fattori eccezionali, sopravvenuti, meramente occasionali, che non fossero ricollegabili causalmente alla condotta degli imputati. Le argomentazioni esposte dai giudici del merito, aderenti in modo congruo alle risultanze acquisite e immuni da vizi logici, resistono alle obiezioni sollevate dal ricorrente il fatto di essere l'unico fra i quattro imputati a non vantare conosciute esperienze nel possesso della tecnica delle arti marziali non ha di certo impedito a Pi.Ma. la cui condotta era stata, come è stato già chiarito, alla scaturigine del contrasto che aveva determinato il clima in cui era esplosa l'aggressione mortale a Wi.Mo. di affiancare, attivamente e con piena consapevolezza del piano finalistico attinto, i Bi. e Be.Fr. nel violento pestaggio ai danni della vittima, ben conoscendo il potenziale violento che i concorrenti erano in grado di produrre con i pugni e i calci inferti a Wi.Mo. e, in pari tempo, dei danni fisici che egli stesso, colpendo direttamente quest'ultimo, andava a determinare in persona dell'aggredito. L'istituto di cui all'articolo 116 cod. penumero  è, in effetti, applicabile allorquando l'evento concretamente cagionato risulti diverso da quello volute da taluno dei concorrenti. Esso afferisce a un'ipotesi di responsabilità che, alla luce del principio di colpevolezza e in relazione a un'interpretazione costituzionalmente orientata, esige ai fini dell'imputabilità al concorrente anomalo del fatto da lui in thesi non voluto l'evenienza di un coefficiente di colpevolezza identificabile nella concreta prevedibilità dell'evento diverso e non voluto come possibile conseguenza della condotta criminosa pianificata e concordata. In tal senso va riaffermato il principio di diritto secondo cui sussiste la responsabilità a titolo di concorso anomalo ex articolo 116 cod. penumero  qualora l'evento ulteriore, benché prevedibile in quanto collegato da un nesso di pura eventualità rispetto al delitto base programmato, non sia stato dall'agente voluto, neppure nella forma del dolo indiretto. Ricorre invece il concorso pieno ex articolo 110 cod. penumero  qualora l'agente abbia effettivamente previsto e voluto l'evento o comunque accettato il rischio del suo verificarsi Sez. 1, numero 11595 del 15/12/2015, dep. 2016, Cinquepalmi, Rv. 266648 01, in motivazione . In via speculare, si suole precisare in siffatto ambito che, ai fini dell'affermazione della responsabilità per il reato diverso commesso dal compartecipe, è necessaria la verifica della sussistenza di un nesso, non solo causale ma anche psicologico, che si identifica con il coefficiente della colpa in concreto, tra la condotta del soggetto che ha voluto soltanto il reato meno grave e l'evento diverso, nel senso che quest'ultimo deve essere oggetto di possibile rappresentazione in quanto logico sviluppo, secondo l'ordinario svolgersi e concatenarsi dei fatti umani, fermo restando che la prognosi postuma sulla prevedibilità del diverso reato commesso dal concorrente va effettuata in concreto, valutando la personalità dell'imputato e le circostanze ambientali nelle quali l'azione si è svolta Sez. 5, numero 306 del 18/11/2020, dep. 2021, Tasca, Rv. 280489 01 Sez. 5, numero 34036 del 18/06/2013, Malgeri, Rv. 257251 01 . Secondo la risultante di tali linee ermeneutiche, la configurabilità del concorso anomalo di cui all'articolo 116 cod. penumero  è soggetta a due limiti negativi per un verso, che l'evento diverso non sia voluto neppure sotto il profilo del dolo alternativo o eventuale per altro verso, che l'evento più grave, concretamente realizzato, non sia conseguenza di fattori eccezionali, sopravvenuti, meramente occasionali e non ricollegabili eziologicamente alla condotta criminosa di base Sez. 1, numero 6350 del 14/10/2022, dep. 2023, Celiento, non mass. Sez. 1, numero 44579 del 11/09/2018, B., Rv. 273977 01 Sez. 6, numero 6214 del 05/12/2011, dep. 2012, Mazzarella, Rv. 252405 01 . Nella cornice così tratteggiata, l'inapplicabilità al caso di specie della forma del concorso definito anomalo, alla stregua delle corrette considerazioni svolte dai giudici di merito, deriva come conseguenza immediata, logica e inevitabile della valutazione compiutamente ed esaustivamente effettuata, con rigoroso riferimento alle prove valutate, in ordine all'elemento psicologico che ha sorretto il contributo concorsuale del suddetto ricorrente, attese la sua personale condotta e le concrete modalità del suo consapevole apporto nella violenta aggressione ai danni della vittima pertanto, la proposta distinzione fra l'elemento soggettivo che aveva mosso la condotta di Pi.Ma. rispetto a quello che era stato alla base della condotta dei correi deve essere disattesa, una volta che i giudici del merito hanno individuato con motivazione adeguata la sussistenza del dolo eventuale di omicidio volontario anche alla radice del comportamento del ricorrente. Il motivo risulta, quindi, privo di fondamento giuridico. 9. Per quanto riguarda la dedotta violazione dell'articolo 61, numero 1, cod. penumero , e il corrispondente vizio di motivazione, di cui al motivo sub 3.8, del ricorso proposto nell'interesse di Bi.Ga., nonché al motivo sub 4.3. del ricorso proposto nell'interesse di Bi.Ma. e al motivo sub 5.13. dell'atto di impugnazione di Pi.Ma., tutte le critiche appaiono essenzialmente rivalutative degli argomenti di merito sviluppati dalla Corte di assise di appello per confermare l'evenienza della circostanza aggravante dei futili motivi. 9.1. A fronte dell'approdo della decisione di primo grado, secondo cui la sicura sussistenza dell'aggravante si era radicata sull'accertamento che gli imputati avevano agito con una violenza del tutto sproporzionata rispetto alle possibili ragioni dell'iniziale contrasto e rivolta immotivatamente contro un giovane del tutto estraneo alla discussione e presente solo in quanto conosceva Fe.Zu., essendo stato un suo compagno di scuola, le censure degli appellanti sul tema i due Bi. e Pi.Ma. avevano sottolineato lo stato d'animo degli agenti, soprattutto dei Bi., che avevano percepito il pericolo e stavano correndo in soccorso dei loro amici all'esito dell'alterco pregresso. La Corte territoriale dopo aver premesso che la circostanza aggravante sussiste quando la determinazione criminosa sia stata indotta da uno stimolo esterno di tale levità, banalità e sproporzione, rispetto alla gravità del reato, da apparire, secondo il comune modo di sentire, assolutamente insufficiente a provocare l'azione criminosa, così da potersi considerare, più che una causa determinante dell'evento, un mero pretesto per lo sfogo di un impulso violento -ha preso in considerazione le deduzioni difensive svolte nell'interesse di Bi.Ga.e di Bi.Ma., basate essenzialmente sul fatto che le telefonate di Mi.Ce. e Om.Sh. avevano fatto maturare in loro la ragionevole, seppure rivelatasi erronea, convinzione che i loro amici restati a Colleferro si trovassero in pericolo, nonché quelle svolte per l'imputato Pi.Ma., nel senso che la sua posizione non era stata in concreto considerata in ordine a tale tema dai giudici di primo grado, pur dopo che questi si era speso, nell'immediata antecedenza, per appianare pacificamente il contrasto insorto tra Be.Fr. e Fe.Zu. I giudici di appello hanno, tuttavia, escluso che i fratelli Bi. fossero intervenuti nella convinzione, pur erronea, che i loro amici si fossero trovati in pericolo, essendo emerso che essi non avevano dato alcun peso alle ripetute telefonate di Mi.Ce. considerando che esse erano state soltanto un pretesto per sollecitare il loro rientro in Colleferro per poi ritornare insieme ad A., senza che peraltro fosse stata loro segnalata una situazione di pericolo, ma solo di tensione, provocata dal medesimo Be.Fr., come inoltre i Bi. avevano potuto direttamente osservare arrivando in loco, quando, secondo il concorde narrato degli astanti, il contrasto, meramente verbale, era anche in via di risoluzione. Per converso hanno sottolineato il giudici di appello l'intervento violento di Bi.Ga. e Bi.Ma. era stato immediato e non era stato preceduto da alcuna richiesta di chiarimento ai soggetti coinvolti nel contrasto, mentre Mi.Ce. non era mai entrato in contatto con altri giovani e, quanto a Om.Sh., questi, almeno nella fase iniziale dell'aggressione, non si trovava neanche al centro dell'assembramento. Inoltre, si è significativamente sottolineato che l'aggressione si era caratterizzata in termini di elevata offensività anche dopo che la vittima era ormai finita a terra, senza difesa. È stato, pertanto, ribadito che tutte le circostanze del caso concreto hanno reso evidente l'assoluta sproporzione tra la gravità del reato, commesso con l'impiego di una forza tanto brutale e incongrua quanto debordante, peraltro in danno di un giovane completamente estraneo alla vicenda, e il predicato stimolo esterno, di talché il dispiegamento di siffatta condotta distruttiva ha rivelato che il motivo per il quale gli imputati avevano agito si era risolto in un mero pretesto, dai medesimi colto per dare gratuito sfogo ai loro impulsi violenti, con la specificazione che tali considerazioni sono valse anche per la posizione di Pi.Ma., subito avvicinatosi ai fratelli Bi. e agli stessi accodatosi, insieme a Be.Fr., nella partecipazione all'insensato pestaggio e nell'impiego di una violenza ancora più incomprensibile e inutile, proprio perché tanto Pi.Ma. quanto Be.Fr., a differenza dei Bi., erano a conoscenza della totale estraneità di Wi.Mo. alla precedente situazione di contrasto. 9.2. Le osservazioni rese dai giudici di appello non risultano, all'evidenza, incrinate dalle censure dei ricorrenti. Queste doglianze sono prive di adeguata specificità, anzitutto in punto di fatto. Quanto ai fratelli Bi., la deduzione di non futilità del motivo avrebbe dovuto individuarsi nella preoccupazione dai medesimi nutrita per la sorte dei loro amici restati a Colleferro la deduzione si è arrestata, secondo l'argomentato avviso dei giudici del merito, allo stadio della prospettazione indimostrata, senza che nell'articolata spiegazione data anche dalla Corte territoriale siano enucleabili i presupposti per il travisamento paventato dai ricorrenti, i quali non hanno mai nemmeno tentato di spiegare le ragioni per le quali si erano determinati a colpire reiteratamente fino a uccidere una persona che era assolutamente estranea anche al contrasto verificatosi in precedenza e non stava palesando nessun atteggiamento aggressivo, minatorio e neanche semplicemente offensivo nei confronti di chicchessia. Le deduzioni precipuamente svolte dalla difesa di Bi.Ma. al di là della loro intrinseca contraddittorietà nel sostenere, da un lato, che questo imputato aveva ignorato le telefonate degli amici, i quali avevano sollecitato il ritorno suo e di suo fratello a C., e, dall'altro, che le deposizioni di Ad.Tu. e El.Anumero avevano corroborato l'effettività dell'allarme determinato da quelle telefonate non vanno oltre la mera rivalutazione fattuale della situazione congruamente apprezzata dai giudici del merito le deposizioni delle due suddette testimoni sono state delibate dai giudici di appello, unitamente alle altre, in specie a quelle di Mi.Ce. e Vi.To., onde pervenire alle conclusioni suindicate. Né le sintesi delle dichiarazioni di El.Anumero e Ad.Tu., riportata in modo più articolato nella sentenza di primo grado pagg. 39 e 40 , espongono elementi che siano stati illogicamente trascurati dai giudici del merito al fine della complessiva valutazione operata. Anche la posizione del ricorrente Pi.Ma. si profila del tutto priva della prospettazione di una qualche motivazione concreta che ne avesse determinato, pur consapevole della completa estraneità di Wi.Mo. alla pregressa e ormai in via di risoluzione contesa, la partecipazione, non soltanto come concorrente determinatore, affiancatosi immediatamente ai Bi., ma anche come attivo e diretto aggressore della vittima, colpita senza ritegno anche quando era riversa inerme in terra. Infondata è l'argomentazione della difesa di Pi.Ma. secondo cui il mancato accertamento del movente avrebbe determinato una situazione nella quale la futilità del motivo non era dimostrabile in primo luogo, le Corti di merito hanno individuato nella cieca pulsione violenta tesa ad affermare il primato del gruppo degli imputati nel contesto in cui era avvenuto e si stava sopendo il contrasto pregresso la scaturigine e la tragica consumazione dell'aggressione portata dai quattro imputati ai danni della vittima in secondo e conseguente luogo, proprio l'avere assecondato questa pulsione sino a perpetrare l'inflizione a un ragazzo indifeso e inerme di una serie violentissima di colpi ha costituito la dimostrazione dell'incommensurabile iato emerso fra la finalità perseguita dagli agenti di ripristino di un ordine da loro imposto e, quindi, illecito e il dispiegamento della cieca violenza distruttiva della vita di Wi.Mo 9.3. Posta questa accertata situazione di fatto, deve considerarsi pienamente giustificata e logica la valutazione dei giudici di merito che hanno concordato nel ritenere del tutto insensata, rispetto all'obiettivo del loro intervento, la coordinata erogazione dell'impressionante serie di colpi ai danni di Wi.Mo., non consentanea ad alcuna plausibile, seppur deviante e criminosa, motivazione e avulsa in modo del tutto patente dal contesto nel quale la condotta era stata perpetrata, tanto da caratterizzarsi come niente altro che il pretesto per dare gratuito sfogo a un impulso violento, ancor più deprecabile in quanto tale da pervadere senza remore alcuna l'intero gruppo degli aggressori. Alla stregua di questi elementi, occorre prendere atto che, sotto l'aspetto dell'osservanza dell'articolo 61, numero 1, richiamato dall'articolo 577, cod. penumero , i giudici di appello hanno fatto corretta applicazione del canone ermeneutico che ravvisa la sussistenza dell'aggravante dei futili motivi allorquando la determinazione criminosa sia stata indotta da uno stimolo esterno di tale levità, banalità e sproporzione, rispetto alla gravità del reato, da apparire, secondo il comune modo di sentire, assolutamente insufficiente a provocare l'azione criminosa, tanto da potersi considerare, più che una causa determinante dell'evento, un mero pretesto per lo sfogo di un impulso violento Sez. 5, numero 25940 del 30/06/2020, M., Rv. 280103 02 Sez. 1, numero 16889 del 21/12/2017, dep. 2018, D'Aggiano, Rv. 273119 01 . Il percorso argomentativo esposto dalla Corte di assise di appello ha, infatti, messo in luce, non solamente la sproporzione oggettiva, ma anche l'assoluta mancanza di giustificazione, da un punto di vista psicologico e soggettivo, della condotta, svilendo specificamente ogni possibile aspetto di serietà del motivo stesso, e lo ha fatto in modo compiuto e coerente, oltre che osservante del condivisibile orientamento ermeneutico che richiede, ai fini dell'accertamento della circostanza aggravante dei futili motivi, l'impiego di un metodo di analisi bifasico, consistente nella duplice verifica del dato oggettivo, costituito dalla sproporzione tra il reato concretamente realizzato e il motivo che lo ha determinato, e del dato soggettivo, costituito dalla possibilità di connotare detta sproporzione quale espressione di un moto interiore assolutamente ingiustificato, in guisa tale da configurare lo stimolo esterno come mero pretesto per lo sfogo di un impulso criminale Sez. 5, numero 45138 del 27/06/2019, Vetuschi, Rv. 277641 01 . Nemmeno questo motivo, quindi, per come declinato dai tre indicati ricorrenti, può trovare accoglimento. 10. In ordine all'esame della doglianza formulata dalla difesa di Pi.Ma. nel motivo sub 5.12., con essa si è censurato il mancato riconoscimento all'imputato della circostanza attenuante di cui all'articolo 114 cod. penumero La difesa adduce la contraddittorietà insita nel rilievo secondo cui la Corte di assise di appello ha dato atto che la condotta di Pi.Ma. si era caratterizzata per un contributo causale diverso e minore, tanto che allo stesso è stata inflitta una pena minore, ma poi ha finito per annettere al contributo attribuito a tale concorrente un'importanza pari a quello dei correi, senza considerare la sua marginalità, dal momento che la morte della vittima sarebbe comunque avvenuta, con o senza la condotta dell'imputato. La critica non si profila istituire un confronto effettivo con l'argomentazione spesa dai giudici di appello sul tema. 10.1. La Corte territoriale, infatti, ha sottolineato che la non configurabilità giuridica della possibilità di riconoscere a Pi.Ma. la circostanza attenuante di cui all'articolo 114, primo comma, cod. penumero   norma applicabile quando il giudice ritenga accertato che l'opera del concorrente abbia avuto minima importanza nella preparazione o nell'esecuzione del reato va ricollegata alla considerazione che il ruolo avuto da tale imputato nell'esecuzione del delitto di omicidio non può reputarsi affatto di minima importanza esso è consistito anche nel colpire Wi.Mo. ormai a terra con calci e pugni, essendosi così perfezionata una condotta non definibile in alcun modo marginale rispetto all'evento poi verificatosi, trattandosi di un apporto di pari valenza negativa rispetto a quello proveniente dagli altri concorrenti, sia pure tale da dispiegare minore efficacia causale rispetto a quello degli altri concorrenti. Questa motivazione è anch'essa adeguata e conforme a logica in punto di aderenza al fatto acclarato e corretta in punto di diritto. Dal complesso dei dati comportamentali accertati, correttamente valorizzati dalla Corte di secondo grado, emerge un quadro che giustifica sotto il profilo logico-giuridico la determinazione dei giudici di appello di negare all'imputato il riconoscimento della circostanza attenuante di cui al 114 cod. penumero , la quale non si può configurare nel caso, quale quello in esame, di un contributo non minimo, ma caratterizzato dalla partecipazione e dalla presenza costanti del concorrente nell'esecuzione della condotta omicidiaria. 10.2. Si ricorda come, in tema di concorso di persone nel reato, ai fini dell'integrazione della circostanza attenuante della minima partecipazione di cui all'articolo 114 cod. penumero , non sia sufficiente una minore efficacia causale dell'attività prestata da un correo rispetto a quella realizzata dagli altri è invece necessario che il contributo dato si sia concretizzato nell'assunzione di un ruolo di rilevanza del tutto marginale, ossia di efficacia causale così lieve rispetto all'evento da risultare trascurabile nell'economia generale dell'/ter criminoso, dovendo anche specificarsi che, ai fini dell'applicabilità della circostanza attenuante della minima importanza nella partecipazione al reato, è necessario aver riguardo, non solo alla natura e alla consistenza dell'attività svolta dal concorrente, ma anche e principalmente al grado di incidenza di quest'ultima in ordine all'economia generale dell'/ter criminoso, in cui tale contributo abbia svolto un ruolo non determinante e, quindi, marginale Sez. 4, numero 26525 del 07/06/2023, Malfarà, Rv. 284771 01 Sez. 6, numero 34539 del 23/06/2021, L., Rv. 281857 01 Sez. 2, numero 835 del 18/12/2012, dep. 2013, Modafferi, Rv. 254051 01 . I requisiti suindicati sono stati, dunque, ritenuti motivatamente non sussistenti nel caso di specie dalla Corte territoriale e la doglianza non fornisce alcun dato effettivo e determinante al fine di contrastare questa persuasiva e logica conclusione. 11. Non merita giuridica considerazione neanche la doglianza svolta dalla difesa di Pi.Ma. sub 5.14. con cui è stata criticata la motivazione resa dalla Corte territoriale per addivenire al diniego del chiesto regime di prevalenza delle riconosciute circostanze attenuanti generiche sulla circostanza aggravante dei motivi futili pure accertata alla base del delitto omicidiario. Anche per tale aspetto, secondo il suddetto impugnante, nel ragionamento decisorio si annida una rilevante contraddittorietà, in quanto i giudici di appello hanno, sotto il profilo indicato, uniformato le posizioni dei coimputati, pur dopo aver riconosciuto che Pi.Ma. era l'unico a non essere esperto di arti marziali e aveva dato un apporto causale minore degli altri. Le peculiarità della posizione dell'imputato rispetto a quella degli altri concorrenti avrebbero richiesto, secondo la difesa, una diversa ponderazione nella ricognizione dei criteri discretivi rilevanti ai sensi dell'articolo 133 cit., sicché l'opzione prescelta dalla Corte di assise di appello avrebbe finito per violare questa norma, avendo comportato un trattamento sanzionatorio simile per tutti i coimputati, mentre la pena da irrogarsi a Pi.Ma. avrebbe dovuto essere necessariamente diminuita, tenendo conto dell'emersa differenza di ruoli e facendo leva sul diverso bilanciamento fra le contrapposte circostanze. 11.1. Per vero, la Corte territoriale non ha mancato di valutare, in modo sintetico ma preciso, anche questo profilo del trattamento sanzionatorio concludendo che la sollecitazione a riconoscere le attenuanti generiche in regime di prevalenza sulla ritenuta aggravante era da disattendersi, essendo ostativi al riguardo l'accertata gravità del delitto commesso, il ruolo avuto da ciascuno degli imputati nel brutale pestaggio e, particolarmente, la consapevolezza da parte di Pi.Ma. al pari di Be.Fr. dell'estraneità di Wi.Mo. al precedente contrasto. Le ragioni espresse dai giudici di appello per negare l'attribuzione della prevalenza alle circostanze attenuanti di cui all'articolo 62-bis cod. penumero  sull'aggravante ritenuta costituiscono una base giustificativa adeguata e conforme a logica della determinazione adottata, tale da resistere senz'altro alle critiche del ricorrente. 11.2. Non può non ricordarsi che, nello snodo relativo al concorso di circostanze, le statuizioni riguardanti il giudizio di comparazione tra circostanze di segno contrapposto sono censurabili in sede di legittimità esclusivamente nell'ipotesi in cui esse siano l'esito di un mero arbitrio o di un ragionamento illogico, non anche quando la soluzione dell'equivalenza fra circostanze attenuanti e aggravanti risulti sufficientemente motivata, in quanto il giudice di merito, nell'esercizio del potere discrezionale a lui attribuito dall'articolo 69 cod. penumero , abbia ritenuto questo regime scaturente dalla comparazione come quello più idoneo a realizzare l'adeguatezza della pena in concreto irrogata Sez. 2, numero 31543 del 08/06/2017, Pennelli, Rv. 270450 01 Sez. 5, numero 5579 del 26/09/2013, dep. 2014, Sulo, Rv. 258874 01 Sez. 6, numero 6866 del 25/11/2009, dep. 2010, Alesci, Rv. 246134 01 . E, certo, la valutazione compiuta dalla Corte di assise di appello, congruamente motivata, non ha costituito l'esito di un giudizio arbitrario, né di una ponderazione viziata da patente illogicità essa, quindi, deve considerarsi incensurabile in sede di legittimità. 12. Merita di essere, invece, accolto il ricorso proposto dal Procuratore generale territoriale che ha denunciato la violazione di legge e il vizio della motivazione alla base della riforma parziale della sentenza di primo grado decisa dalla Corte di assise di appello nella parte in cui ha riconosciuto a Bi.Ga. e Bi.Ma. le circostanze attenuanti generiche con la corrispondente mitigazione del relativo trattamento sanzionatorio. 12.1. I giudici di primo grado avevano negato ai suddetti imputati le attenuanti di cui all'articolo 62-bis cod. penumero  considerando che, per un verso, nessun aspetto connesso all'incontestabile gravità del fatto, concretatosi nella brutale uccisione di un giovane inerme, era suscettibile di determinare attenuazioni di pena e che, per altro verso, negativa era la valutazione della loro pronunciata capacità a delinquere, essendo essi gravati da carichi pendenti per reati inerenti a violenza e condannati in secondo grado per spaccio di sostanze stupefacenti, persone note nel loro contesto come picchiatori, facenti parte della chat denominata La gang dello scrocchio , dotati di personalità allarmante, privi di attività lavorativa eppure connotati da tenore di vita elevato, nonché protagonisti di un comportamento post factum dimostrativo dell'assenza di qualsiasi revisione critica del loro gravissimo operato deviante. Impugnato tale punto della decisione da Bi.Ga. e da Bi.Ma., la Corte di assise di appello ha ritenuto anche tali imputati meritevoli delle circostanze attenuanti generiche osservando che precipuo rilievo assumeva al riguardo l'individuazione dell'elemento soggettivo in quello del dolo eventuale, forma di dolo meno intensa, con conseguente necessità di adeguare la sanzione al fatto i Bi. erano estranei del tutto al contrasto iniziale, da cui era scaturita l'aggressione, la loro condotta si era esaurita in un breve lasso di tempo e il pestaggio era ascrivibile anche agli altri imputati la negativa personalità dei Bi. non era così soverchiante da prevalere sull'elemento soggettivo del reato, dovendo svalutarsi alcune delle circostanze citate dai giudici di primo grado, quale la partecipazione alla suddetta chat, in ordine alla quale non era agevole distinguere la finzione dalla realtà e la devianza dal cattivo gusto, con il rischio di sovrapporre all'accertamento giudiziario valutazioni di tipo etico, se non addirittura estetico in tal senso era fondata la censura dell'eccessivo clamore mediatico riversatosi sul processo. 12.2. Posto ciò, sulla scorta della complessiva doglianza formulata dal Pubblico ministero, si rivelano alcuni effettivi e non secondari profili di contraddittorietà nel tessuto argomentativo sviluppato dalla Corte del secondo grado di merito per pervenire alla riforma della statuizione in esame, profili tali da infirmare in modo decisivo la tenuta della corrispondente motivazione. Si muove dal consolidato e condiviso principio di diritto secondo cui, nel motivare il diniego delle circostanze attenuanti generiche, il giudice non deve necessariamente prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, essendo necessario e sufficiente che egli con motivazione insindacabile in sede di legittimità, ove però essa sia non contraddittoria dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'articolo 133 cod. penumero , ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione Sez. 2, numero 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549 02 Sez. 5, numero 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269 01 Sez. 2, numero 3896 del 20/01/2016, D e Cotiis, Rv. 265826 01 . Di conseguenza, il giudice di appello, in punto di principio, poteva senz'altro ribaltare la sentenza di primo grado nella parte in cui la Corte di assise aveva negato il riconoscimento delle attenuanti generiche ai Bi., individuando elementi ritenuti adeguati a fondare tale approdo e, allo stesso tempo, spiegando le ragioni per le quali i fattori esposti dai giudici di primo grado non fossero ostativi all'applicazione dell'articolo 62-bis cod. penumero  in senso favorevole ai suddetti imputati, così da offrire una giustificazione puntuale e adeguata delle conclusioni raggiunte in senso difforme da quelle espresse dalla Corte di assise. La motivazione resa, tuttavia, non presenta tali requisiti. 12.2.1. In primo luogo, a fronte della specifica sottolineatura emergente dalla prima decisione con precisi riferimenti alle modalità dell'azione, alle connotazioni del contesto agito e alle plurime lesioni cagionate alla sconosciuta e inerme vittima in merito alla particolare gravità del fatto, vale a dire del delitto nel suo insieme di elementi, sia quello strutturale che quello psicologico, per gli effetti di cui all'articolo 133, primo comma, cod. penumero , complessivamente considerato, in relazione al disposto di cui all'articolo 62-bis cod. penumero , la Corte di assise di appello si è limitata a far leva sulla natura eventuale del dolo che ha sorretto l'azione omicidiaria per superare le considerazioni ostative spese dai giudici di primo grado. Quindi, a fronte di una valutazione omnicomprensiva operata dalla Corte di assise dei criteri di cui all'articolo 133, primo comma, cod. penumero , i giudici di appello hanno concentrato la loro valutazione sul criterio del dolo posto a base dell'azione, omettendo di inserirlo sia pure, ove del caso, per annettere allo stesso rilevanza determinante nel complesso di elementi a cui la prima decisione aveva operato un compiuto riferimento. In secondo e coordinato luogo, con specifico riferimento all'intensità dell'elemento soggettivo, appare necessaria una precisazione. Che la forma del dolo eventuale si ponga, rispetto al parametro dell'intensità e relativamente all'aspetto inerente alla componente della volontà, a un livello meno intenso della forma del dolo intenzionale può dirsi concetto ordinariamente affermato dagli interpreti. Era ed è, tuttavia, da considerare che la definizione della complessiva intensità del dolo dipende anche da altri fattori, fra i quali non secondario si profila quello riguardante l'aspetto della consapevolezza -inerente al grado di coscienza avuto dall'agente del disvalore della condotta serbata, tanto più accentuata essendo, su tale versante di natura qualitativa, l'intensità del dolo quanto più immediata ed evidente risulti per l'agente l'antigiuridicità e l'antisocialità dell'azione delittuosa. Sotto questo importante aspetto, la valorizzazione del criterio dell'intensità del dolo, in via di principio legittima, risulta però sorretta da un'analisi monca nei sensi ora indicati. 12.2.2. Inoltre e in modo ancora più rilevante il discorso giustificativo reso sull'argomento dai giudici di appello espone sensibili profili di contraddittorietà nei seguenti snodi. Non è dato sotto il profilo logico, stante la carenza di spiegazioni specifiche tali da sopravanzare le riflessioni espresse dai giudici di primo grado cogliere le ragioni per le quali abbiano rivestito, nella considerazione della Corte territoriale, valenza attenuativa l'estraneità dei Bi. al contrasto iniziale circostanza già ritenuta idonea a corroborare piuttosto la futilità del motivo alla base dell'aggressione, evidenziandone il marcato carattere pretestuoso , il tempo di dispiegamento della condotta che ne aveva esaltato le micidiali modalità e il mero carattere concorsuale dell'azione costituita dal pestaggio di gruppo. Ulteriore punto di crisi fondatamente segnalato dal Procuratore generale territoriale ricorrente è quello riferito al clamore mediatico come elemento di attenuazione dello spessore della personalità negativa dei due imputati, per come tratteggiata dai mezzi di comunicazione o emergente dalle forme di comunicazione, quali la chat suindicata. I giudici di appello paiono avere ascritto alla Corte di assise di avere recepito quali dati di segno deteriore alcune manifestazioni dei comportamenti di Bi.Ga. e di Bi.Ma. di incerta natura, da ritenersi piuttosto elementi di carattere soltanto etico o semplicemente estetico però, la motivazione non ha spiegato quali fossero i comportamenti aventi valenza soltanto etica o estetica, tali da essere ininfluenti sotto il profilo, qui influente, della rilevanza penale. La Corte di assise aveva operato il riferimento alla condotta dei due suddetti imputati, come accertata anche sondando il contenuto delle utenze cellulari acquisite, avente contenuto minatorio in danno di altri soggetti, condotta agita sia nelle interrelazioni comunicative, sia nelle azioni compiute in locali aperti al pubblico, anche in questo caso con proposito intimidatorio in danno del proprietario e dei clienti. A tali rilevazioni e valutazioni i giudici di appello hanno contrapposto l'addebito alla sentenza di primo grado di cedimento all'eccesso di clamore mediatico, addebito che si è, tuttavia, arrestato allo stadio dell'epidermica enunciazione, senza peraltro nulla osservare in tema di persistente e totale mancanza di revisione critica nel comportamento degli imputati, in tal senso contribuendo rispetto all'argomentata negazione dell'influenza della rifrazione mediatica nel processo puntualizzata nella restante parte del discorso giustificativo a rendere contraddittoria la motivazione resa sul riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche a Bi.Ga. e Bi.Ma. 12.3. Deve prendersi atto, pertanto, in accoglimento del ricorso del Pubblico ministero, che questa statuizione si rivela affetta da motivazione viziata per contraddittorietà interna e per sua strutturale carenza rispetto all'esigenza di fornire una giustificazione puntuale e adeguata delle conclusioni raggiunte in senso difforme rispetto a quelle a cui era approdata la Corte di assise. 13. Quale corollario delle considerazioni svolte deve concludersi, anzitutto, nel senso che le impugnazioni proposte da Bi.Ga., Bi.Ma., Pi.Ma. e Be.Fr. essendo risultati in parte non ammissibili e in parte infondati i motivi che le hanno sorrette vanno rigettate, con la conseguente irrevocabilità dell'accertamento della loro responsabilità, anche con riguardo a Bi.Ga. e Bi.Ma., impregiudicato per questi ultimi il profilo inerente alla configurazione circostanziale e al trattamento sanzionatorio, ancora da definirsi, in ragione dell'accoglimento del ricorso del Pubblico ministero. Segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, ex articolo 616 cod. proc. penumero Si precisa che sono escluse dell'area attinta dalle pronunzie di rigetto le questioni che restano assorbite, in dipendenza dell'accoglimento dell'impugnazione del Procuratore generale territoriale. Tale assorbimento concerne, in particolare, le questioni di cui al motivo sub 3.9. del ricorso proposto da Bi.Ga., con il quale l'imputato ha criticato la sentenza di secondo grado per vizio della motivazione in merito al trattamento sanzionatorio e all'omessa valutazione della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla circostanza aggravante pure ritenuta ogni determinazione sul contenuto di questa doglianza esige la previa definizione del tema afferente al riconoscimento o meno all'imputato delle suddette attenuanti, punto che rimane sub iudice. Inoltre, in considerazione dell'emerso vizio, la sentenza impugnata deve essere annullata, limitatamente al punto relativo al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche a Bi.Ga. e Bi.Ma., con rinvio ad altra sezione della Corte di assise di appello di Roma, per il nuovo giudizio sul punto e sul conseguente trattamento sanzionatorio, da svolgersi con il dispiegamento di intatta libertà valutativa, ma colmando le lacune motivazionali rilevate, nell'osservanza dei principi testé fissati. 14. Il complessivo esito decisorio prefigurato determina i conseguenti effetti in ordine alle statuizioni civili. Per ciò che concerne il regolamento delle spese del grado relativamente alla posizione delle parti civili Du.Lu., Mo.Mi., Do.Na., Comune di A., Comune di C. e Comune di P., che hanno svolto attività processuale in questa sede, le spese stesse vanno poste a carico dei quattro imputati, soccombenti anche rispetto alla corrispondente azione civile. Tali spese sono da liquidarsi nelle opportune misure indicate in seguito, calcolate secondo i criteri di cui agli articolo 12 e 16 D.M. 10 marzo 2014, numero 55, come successivamente modificato anche dal D.M. 13 agosto 2022 numero 147, tenuto conto in relazione alle voci precisate in ciascuna nota specifica e nei limiti della domanda dell'attività effettivamente svolta, delle questioni effettivamente trattate e anche del numero di parti unitariamente rappresentate dal patrono con voci già comprensive dei relativi aumenti . Applicando tali criteri, spettano, per compensi professionali, Euro 6.000,00 alla difesa delle parti civili Du.Lu. e Mo.Mi., Euro 4.800,00 alla difesa di Do.Na., Euro 4.000,00 alla difesa del Comune di A., Euro 3.000,00, nel rispetto del limite della domanda, alla difesa del Comune di Colleferro ed Euro 6.000,00 alla difesa del Comune di P Ai suddetti compensi professionali non va aggiunto alcun ristoro di spese borsuali, non richiesto. Spettano alle difese delle suddette parti civili, ex articolo 2 D.M. numero 55 del 2014, gli accessori di legge, ossia il rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15%, oltre all'IVA ed al contributo per la Cassa previdenziale, da computarsi sull'imponibile. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla concessione delle circostanze attenuanti generiche agli imputati Bi.Ga. e Bi.Ma. con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di assise di appello di Roma. Rigetta i ricorsi degli imputati Bi.Ga., Bi.Ma., Be.Fr. e Pi.Ma. che condanna al pagamento delle spese processuali. Dichiara irrevocabile la sentenza impugnata quanto all'accertamento di responsabilità nei confronti di Bi.Ga. e Bi.Ma. Condanna, inoltre, tutti gli imputati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili Du.Lu. e Mo.Mi., che liquida in complessivi Euro 6.000,00, oltre accessori di legge Do.Na., che liquida in complessivi Euro 4.800,00, oltre accessori di legge Comune di A., che liquida in complessivi Euro 4.000,00, oltre accessori di legge Comune di C., che liquida in complessivi Euro 3.000,00, oltre accessori di legge Comune di P., che liquida in complessivi Euro 6.000,00, oltre accessori di legge.