In tema di esercizio dell’azione di rettificazione dell’atto di stato civile, la legittimazione dei soggetti privati, all’interno delle azioni previste e disciplinate dall’articolo 95 d.P.R. numero 396/2000, richiede la riconoscibilità di un interesse ad agire, diverso da quello attribuito, “in ogni tempo”, soltanto al P.M. Questo il principio di diritto che si trae dalla pronuncia in esame.
Il caso Due donne, dopo aver contratto matrimonio nel 2016 in New York USA , decidevano, successivamente, di ricorrere alla gestazione per altri mediante procreazione medicalmente assistita. A seguito di tale pratica, nel 2017, nasceva nello stato della California la loro figlia e l'atto di nascita, ivi formatosi, recava i nomi di entrambe le donne in qualità di genitori. Tale atto, dopo un iniziale provvedimento di diniego, su istanza della madre genetica, veniva trascritto nei registri dello Stato civile. Cessata la relazione sentimentale, il P.M., su istanza dei genitori della madre genetica, richiedeva al Tribunale la rettificazione dell'atto di nascita, nella parte in cui indicava, come genitore, l'altra donna, per assenza di legame biologico con la minore, in quanto, a suo dire, la trascrizione era viziata dalla difformità tra lo stato di fatto effettivo e quello risultante dall'atto di nascita. Nel giudizio così instaurato, la madre genetica e la curatrice del minore, aderivano alle ragioni del P.M., mentre l'altra donna si costituiva in giudizio contestando la fondatezza dell'azione di rettifica. Il Tribunale rigettava il ricorso osservando la perfetta corrispondenza tra l'atto formato all'estero e la trascrizione effettuata e che la domanda di rettifica aveva ad oggetto solo la qualità di genitore della madre non genetica, così da assumere la veste ed il contenuto di un'azione di rimozione di status non proponibile mediante l'azione di rettificazione degli atti dello Stato civile. Tale decisione, impugnata dai genitori della madre genetica e dal P.M., veniva confermata dalla Corte di appello. Da qui il ricorso per cassazione promosso esclusivamente dai genitori della madre genetica, a cui hanno resistito con controricorso l'altra donna e il Comune facendo valere, tra gli altri, la carenza di legittimazione attiva ed interesse ad agire dei primi. Sull'azione di rettificazione dell'atto di stato civile Al riguardo, l'articolo 95 del D.P.R. 396/2000, norma avente funzione di adeguamento del contenuto degli atti dello stato civile al parametro della legalità interna, sostanzialmente ancorata al diritto positivo, nell'individuare i soggetti legittimati all'esercizio dell'azione, al comma 1, disciplina la legittimazione ad agire dei soggetti privati, mentre al comma 2, quella del P.M., parte pubblica qualificata a promuovere l'azione e a rivestire la qualità di litisconsorte necessario ove vi siano anche altre parti che abbiano promosso l'azione. Di conseguenza, la legittimazione dei soggetti privati all'interno delle azioni previste e disciplinate dall'articolo 95, richiede la riconoscibilità di un interesse ad agire, diverso da quello attribuito “in ogni tempo” soltanto al P.M. Interesse concreto che, nel caso di specie, non è stato neanche dedotto dai ricorrenti i quali si sono fatti carico esclusivamente delle ragioni di difformità, di carattere generale, delle dichiarazioni contenute nell'atto impugnato, rispetto al modello legale di diritto positivo interno. Tuttavia, l'accertata mancanza di un interesse, nel merito, ad agire nell'azione di rettificazione dell'atto di stato civile in contestazione non esaurisce le problematiche processuali della vicenda in esame. Infatti, i nonni della minore hanno in fase pregiudiziale sollecitato il ricorso del P.M. e successivamente partecipato a tutti e due i gradi di merito in primo grado, il ricorso è stato introdotto dal P.M. che ha anche impugnato la pronuncia del Tribunale in appello, è intervenuto con sue conclusioni il P.G. Il giudizio in cassazione, invece, deriva esclusivamente quale conseguenza del ricorso dei genitori della madre genetica e sono rimasti intimati sia il P.G. d'appello che la madre genetica che pure aveva partecipato ai precedenti gradi di giudizio. Il P.G. della Cassazione ha rassegnato le proprie conclusioni, intervenendo anche alla discussione orale dell'udienza pubblica, ma, trattandosi di giudizio che deve essere promosso dal P.M., tale partecipazione, secondo la S.C., non ne sana la mancata partecipazione in qualità di parte ricorrente o controricorrente, eventualmente adesiva. Pertanto, dal difetto di legittimazione ad agire per mancanza di un interesse proprio delle parti ricorrenti, genitori della madre genetica della minore, consegue la loro qualificazione giuridica di intervenienti ad adiuvandum e l'inammissibilità della autonoma ed esclusiva impugnazione della pronuncia di secondo grado.
Presidente Relatore Acierno Fatti di causa e ragioni della decisione 1.Gr.Anumero e Br.Si., dopo una lunga convivenza more uxorio, hanno contratto matrimonio nel 2016 in N USA . Hanno successivamente fatto ricorso alla gestazione per altri mediante procreazione medicalmente assistita d'ora in avanti p.m.a. attraverso il conferimento di ovocita della Gr.Anumero fecondato con gamete maschile ed impiantato in utero di una terza gestante al fine di avere un figlio. Nata la minore il 27 novembre 2017, in E, Stato della California, l'atto di nascita, formato in California recava i nomi di Gr.Anumero e Br.Si. in qualità di genitori parents . Questo atto su istanza di Gr.Anumero in data 3 ottobre 2018 veniva trascritto nei registri dello stato civile del Comune di Bari, dopo un iniziale provvedimento di diniego, impugnato dalla Br.Si. e dalla Gr.Anumero Cessata la relazione sentimentale, il PM presso il Tribunale di Bari, su istanza dei genitori di Gr.Anumero con ricorso del 4/10/2021, richiedeva la rettificazione dell'atto di nascita nella parte in cui indicava come genitore Br.Si., per assenza di legame biologico con la minore. Deduceva, in particolare il pubblico ministero ricorrente che la trascrizione era viziata dalla difformità tra lo stato di fatto effettivo e quello risultante dall'atto di nascita. Si costituivano Gr.Anumero e la curatrice del minore aderendo alle ragioni del ricorso. Si costituiva Br.Si., contestando la fondatezza dell'azione di rettifica. 2. Il Tribunale rigettava il ricorso osservando che c'era perfetta corrispondenza tra l'atto formato all'estero e la trascrizione effettuata e che la domanda di rettifica aveva ad oggetto solo la qualità di genitore della Br.Si. così da assumere la veste ed il contenuto di un'azione di rimozione di status non proponibile mediante l'azione di rettificazione degli atti dello Stato civile. La decisione di primo grado è stata impugnata dai genitori di Gr.Anumero e dal P.M. 3. La Corte d'Appello di Bari ha rigettato le impugnazioni sulla base delle seguenti considerazioni l'iniziativa giudiziaria è stata assunta sulla base dell'articolo 95 del D.P.R. numero 396 del 2000. La norma prevede che chi intende richiedere la rettificazione di un atto dello stato civile deve proporre ricorso al Tribunale nel cui circondario si trova l'ufficio dello stato civile presso il quale è registrato l'atto. Il P.M. può promuovere l'azione in ogni tempo. L'azione è ammissibile soltanto nelle ipotesi in cui sia diretta ad eliminare una difformità tra la situazione di fatto quale è o dovrebbe essere nella realtà secondo la previsione di legge e quale risulta dall'atto. Questo è il limitato oggetto dell'azione stessa che non può, conseguentemente avere il contenuto ed essere diretta a costituire o rimuovere uno status. Ciò perché la funzione degli atti dello stato civile è solo quello di attestare la veridicità dei fatti menzionati nei rispettivi registri. Nel caso di specie c'è perfetta corrispondenza tra l'atto di nascita formato all'estero e quello trascritto. Non è stata proposta domanda ex articolo 67 L. numero 218 del 1995 e con l'istanza di rettifica non è stato impugnato l'atto nella sua interezza. Quanto al divieto della surrogazione di maternità, stabilito nell'articolo 12, c.6, L. numero 40 del 2004, che secondo i reclamanti costituisce ostacolo di ordine pubblico alla trascrizione dell'atto, ed i principi stabiliti nella sentenza delle S.U. 12193 del 2019, la Corte d'Appello ha condiviso la valutazione del giudice di primo grado, secondo il quale ai sensi dell'articolo 33 L. numero 218 del 1995 deve trovare applicazione la legge più favorevole al minore, ovvero la legge americana che garantisce lo status bigenitoriale. Rispetto all'articolo 16 L. numero 218 del 1995 che vieta l'applicazione della legge straniera se contrastante con l'ordine pubblico, la Corte territoriale ha osservato che l'articolo 12, c.6 L. numero 40 del 2004 impone un divieto ex ante ma non disciplina la situazione concreta post nascita del minore. Ha aggiunto la Corte d'Appello che la sentenza numero 272 del 2017 della Corte Costituzionale richiede un bilanciamento tra favor veritatis e interesse preminente del minore nelle azioni di rimozione degli status. Sempre la Corte costituzionale nella medesima sentenza ha ritenuto che non si debbano mai operare automatismi applicativi in relazione ai diritti dei minori. Nella sentenza numero 12193 del 2019, peraltro, si discuteva del riconoscimento dell'efficacia in Italia di un provvedimento giurisdizionale costitutivo dello status ante trascrizione negli atti dello stato civile. La Corte costituzionale nella successiva sentenza numero 33 del 2021 ha sottolineato l'esigenza di piena tutela del minore in relazione alla bigenitorialità determinata dalla scelta di ricorrere mediante p.m.a. alla procreazione mediante gestazione per altri e di dare rilievo giuridico al legame instaurato da entrambi con il minore in ordine a tutte le esigenze di cura, accudimento ed educazione del minore stesso. Nella specie, rileva la Corte d'Appello, le due componenti la relazione sentimentale cessata hanno condiviso il progetto genitoriale che ha condotto alla nascita della minore e lo hanno attuato, di comune accordo, dal novembre 2017 nascita della minore fino alla cessazione della relazione culminata nell'impugnazione della trascrizione nel 2021. Anche dopo, tuttavia, non è mutata la relazione di Br.Si. con la minore, tanto che la stessa ha richiesto nel 2022 la regolamentazione dei rapporti con la minore a causa dell'ostruzionismo della Gr.Anumero 3.1 In conclusione, la Corte d'Appello concorda con il Tribunale in ordine alla realizzazione dell'interesse preminente della minore solo con la conservazione dello status genitoriale della Br.Si. 4. Avverso tale pronuncia hanno proposto ricorso per cassazione esclusivamente i genitori di Gr.Anumero Ha resistito con controricorso Br.Si. e il Comune di Bari. Il Ministero dell'Interno ha depositato mero atto di costituzione. Il P.G. ha depositato conclusioni scritte, confermate nella discussione orale, chiedendo l'accoglimento del ricorso. All'udienza del 23 gennaio 2024 il Collegio con ordinanza interlocutoria ha disposto l'integrazione del contraddittorio mediante notificazione del ricorso al sindaco del Comune di Bari, nella qualità di ufficiale dello stato civile e al Ministero dell'Interno. La causa è stata rimessa all'udienza pubblica del 3 luglio 2024. Entrambe le parti costituite hanno depositato memoria. Ragioni della decisione 4. Con il primo motivo di ricorso viene dedotta la violazione degli articolo 16 e 22 della L. numero 218 del 1995 dell'articolo 18 D.P.R. 396/2000 5 e 12 della L. 40 del 2004, per avere la Corte d'Appello ritenuto prevalente l'interesse della minore alla conservazione dello status filiale legittimamente acquisito all'estero ed aver ritenuto applicabile perché coerente con questa finalità la legge americana ex articolo 33 L. numero 218 del 1995. La conclusione cui è pervenuta la Corte d'Appello non è condivisibile, secondo le parti ricorrenti, perché è mancata la verifica della compatibilità del provvedimento straniero con la nostra griglia di principi di ordine pubblico internazionale dal momento che lo status filiationis contestato si pone in netto contrasto con l'articolo 16 L. numero 218 del 1995 secondo il quale la legge straniera non può essere applicata se i suoi effetti sono contrari all'ordine pubblico con l'articolo 65 della medesima legge che individua nell'ordine pubblico il limite unitamente al rispetto dei diritti di difesa per il riconoscimento dei provvedimenti stranieri relativi alla capacità delle persone nonché all'esistenza di rapporti di famiglia o di diritti della personalità con il divieto fissato nell'articolo 18 D.P.R. numero 396 del 2000 che contiene il divieto di trascrizione degli atti formati all'estero se contrari all'ordine pubblico con l'articolo 12 L. numero 40 del 2004, che sancisce il divieto penalmente sanzionato al ricorso alla gestazione per altri da ritenersi canone di ordine pubblico ex S.U. 12193 del 2019. La Corte d'Appello ha, conseguentemente, violato il sistema di norme sopra delineato nel ritenere che l'interesse del minore possa ritenersi soddisfatto solo con la trascrizione dell'atto di nascita dal momento che la giurisprudenza di legittimità univocamente individua nell'adozione in casi particolari lo strumento che realizza la tutela del minore. Peraltro anche la Corte Costituzionale con la sentenza numero 33 del 2021 ha ritenuto necessario l'intervento del legislatore per consentire il riconoscimento dello status filiationis in situazioni quali quella oggetto del presente giudizio mentre la citata pronuncia numero 272 del 2017 ha ribadito la natura pubblicistica del divieto di maternità surrogata. Del resto la verità biologica della procreazione costituisce un elemento essenziale dell'interesse del minore traducendosi nel diritto alla propria identità mediante il riconoscimento di un rapporto di filiazione veridico. La corrispondenza all'interesse preminente del minore dello strumento dell'adozione in casi particolari è stata infine sancita da S.U. 38162 del 2022 così come la natura di limite di ordine pubblico internazionale del divieto di maternità surrogata. Gli arresti della giurisprudenza italiana sono, infine, coerenti, con quelli della Corte Europea dei diritti umani che lasciano agli Stati la scelta della forma di tutela del minore che non contrasti con il suo preminente interesse. 5. Con il secondo motivo viene dedotta la violazione dell'articolo 95 D.P.R. numero 396 del 2000 per avere la Corte d'Appello ritenuto che non sussista la difformità denunciata dal momento che l'atto trascritto corrisponde integralmente a quello legittimamente formato all'estero, sottolineando come venga richiesta una rettifica parziale laddove la non conformità ai dedotti principi di ordine pubblico dovrebbe travolgere l'intero atto. Le parti ricorrenti evidenziano come la giurisprudenza di legittimità si sia già espressa positivamente in ordine alla rettifica parziale in più fattispecie relative a coppia omogenitoriale femminile, di cui una partoriente e l'altra intenzionale e abbia escluso l'integrazione dell'atto nell'ipotesi inversa Cass. 10844 del 2022 Infine la Corte d'Appello ha trascurato la effettiva difformità dell'atto trascritto che attribuisce alla controricorrente implicitamente una discendenza biologica e genetica che non sussiste. 6. La parte controricorrente in via preliminare deduce la carenza di legittimazione attiva ed interesse ad agire dei ricorrenti. A sostegno dell'eccezione si afferma che i genitori della madre genetica non sono titolari dei diritti dedotti in giudizio e conseguentemente difettano della legitimatio ad causam che richiede la qualità di parte in senso sostanziale e non soltanto in senso processuale. I ricorrenti, peraltro, coscienti del deficit di legittimazione, avevano proposto istanza al p.m. di promozione dell'azione. Si deve, pertanto, escludere che i medesimi ricorrenti abbiano il diritto, in qualità di nonni, di incidere sullo status filiationis della nipote. Non sussiste neanche l'interesse ad agire perché non si ravvisa un interesse personale, in quanto i nonni non fanno parte del nucleo familiare da cui è nata la minore, né un interesse attuale, dal momento che la sollecitazione alla rettifica è intervenuta tre anni dopo la trascrizione dell'atto. Difetta anche la concretezza non essendo stato neanche adombrata negli atti difensivi la sussistenza di un pregiudizio per la minore derivante dalla bigenitorialità cristallizzata nell'atto né un pregiudizio per i ricorrenti. Né il pubblico ministero né la curatrice, portatori dell'interesse alla legalità il primo e della minore la seconda, hanno ritenuto di impugnare la pronuncia della Corte di Appello. L'azione dei nonni della minore si fonda sull'esigenza di garantire alla minore uno status filiationis in regime di legalità del quale la stessa già gode con la trascrizione dell'atto che garantisce alla stessa la conservazione del rapporto genitoriale con entrambe le componenti la coppia che ne ha condiviso del tutto consapevolmente il progetto di nascita e di filiazione. 7. Deve, preliminarmente, essere affrontata l'eccezione d'inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione attiva ed interesse ad agire dei ricorrenti. 7.1 In primo luogo deve rilevarsi che il ricorso è stato notificato sia al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale che presso la Corte d'Appello, mettendo così l'ufficio della Procura Generale presso la Corte d'Appello nella condizione di poter partecipare al giudizio di legittimità eventualmente anche senza assumere la qualità di ricorrente. La scelta è stata invece quella di non partecipare né in qualità di ricorrente né di controricorrente eventualmente adesivo alla fase impugnatoria davanti al giudice di legittimità. 7.2 Al fine di esaminare la fondatezza dell'eccezione si ritiene di dover prendere le mosse dal quadro normativo relativo alla individuazione dei soggetti legittimati all'azione di rettifica articolo 95 d.p.r 396 del 2000 . L'articolo 95 del D.P.R. numero 396 del 2000, nella versione ratione temporis applicabile, illustra ipotesi normative di legittimazione ad agire nei primi due comma 1.Chi intende promuovere la rettificazione di un atto dello stato civile o la ricostituzione di un atto distrutto o smarrito o la formazione di un atto omesso o la cancellazione di un atto indebitamente registrato, o intende opporsi a un rifiuto dell'ufficiale dello stato civile di ricevere in tutto o in parte una dichiarazione o di eseguire una trascrizione, una annotazione o altro adempimento, deve proporre ricorso al Tribunale nel cui circondario si trova l'ufficio dello stato civile presso il quale è registrato l'atto di cui si tratta o presso il quale si chiede che sia eseguito l'adempimento. 2.Il procuratore della Repubblica può in ogni tempo promuovere il procedimento di cui al comma 1 . Nel comma 1 è disciplinata la legittimazione ad agire dei soggetti privati nel comma 2, quella del P.M. parte pubblica qualificata a promuovere l'azione e a rivestire la qualità di litisconsorte necessario ove vi siano anche altre parti che abbiano promosso l'azione. Per comprendere se l'indicazione normativa dei soggetti legittimati ad agire si fonda sulla sostanziale identità dell'interesse sottostante o se vi sia, al contrario una diversità della posizione giuridica della parte privata e di quella pubblica rispetto all'azione, si ritiene utile esaminare, in chiave comparativa, gli articolo 263 e 264 c.c. che disciplinano la legittimazione ad agire nell'impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità. Al primo comma dell'articolo 263 c.c. è stabilito che l'azione può essere proposta da chiunque vi abbia interesse, così individuando un'ipotesi di legittimazione diversa da quella regolata nel secondo comma, relativa all'autore del riconoscimento. Il P.M. nell'articolo 264 c.c. è titolare dell'azione quando il figlio sia minore. La disciplina codicistica stabilisce un termine di prescrizione dell'azione per tutti i soggetti diversi dal figlio. Oltre alla legenda normativa è utile comprendere l'ambito del sindacato giurisdizionale in tema di azione di rettifica degli atti dello stato civile. La giurisprudenza di legittimità al riguardo ha, costantemente ritenuto fin dalle prime pronunce massimate Cass. 1204 del 1984 che la rettificazione non potesse ritenersi limitata all'emenda di errori materiali ma, proprio in correlazione alla legittimazione all'azione del pubblico ministero fosse da ricondurre all'interesse pubblico alla regolare tenuta dei registri dello stato civile tanto da dover essere attivata anche quando la correzione fosse imposta da sentenza passata in giudicato. Il principio, maturato in un quadro normativo non più vigente articolo 165 r.d. 1238 del 1939 ha trovato conferma e sviluppo nella giurisprudenza successiva, mediante l'elaborazione del principio che si riproduce, non più modificato fino ad oggi e rimasto cardine anche nei successivi approdi giurisprudenziali riguardanti l'omogenitorialità In tema di rettificazione degli atti dello stato civile, il relativo procedimento, anche nella disciplina vigente, dettata dal D.P.R. numero 396 del 2000, è volto ad eliminare una difformità tra la situazione di fatto, qual è o dovrebbe essere nella realtà secondo la previsione di legge, e quella risultante dall'atto dello stato civile, per un vizio comunque e da chiunque originato nel procedimento di formazione dell'atto stesso Cass.21094 del 2009 . La ratio del procedimento rimane quella del controllo di legalità nella tenuta degli atti dello stato civile, così da evitare che vi siano iscrizioni o trascrizioni di atti esteri, anche di natura giurisdizionale che riproducano situazioni di fatto contrastanti con il canone predetto, ferma. Però, la natura esclusivamente dichiarativa delle attestazioni degli atti dello stato civile che si riflette anche sui provvedimenti giurisdizionali prodotti dalle azioni previste dall'articolo 95 D.P.R. 396 del 2000. Cass. 4448 del 2024, corredati dei molteplici precedenti conformi , volti a modificare le dichiarazioni contenuti negli atti, non a costituire status. La giurisprudenza di legittimità è ferma nell'evidenziare la differenza tra questa azione e quelli volte alla costituzione o rimozione dello status filiationis e nel sottolineare la funzione pubblicitaria svolta con la iscrizione e trascrizione degli atti dello stato civile, ancorché con efficacia probatoria privilegiata come prescritto nell'articolo 451 c.c. Cass.7413 del 2022 S.U. 12193 del 2019 . La funzione dell'azione disciplinata dall'articolo 95 D.P.R. numero 396 del 2000 è di adeguamento del contenuto degli atti dello stato civile al parametro della legalità interna, sostanzialmente ancorata al diritto positivo. Neanche il richiamo ai principi di ordine pubblico contenuto nell'articolo 18 del D.P.R. numero 396 del 2000 riferito alla trascrivibilità degli atti formati all'estero ove oggetto di valutazione giudiziale può modificare i limiti dell'azione che si rivolge solo alla emenda o cancellazione degli atti e non degli status. 7.3 Radicalmente diversa è l'efficacia dell'azione di riconoscimento di atto giurisdizionale estero costitutivo di status, disciplinata dagli articolo 67 e ss. della L. 218 del 1995, espressamente qualificata dalle Sezioni Unite civili, nella sentenza numero 12193 del 2019, quale controversia di stato con la pronuncia del seguente principio di diritto Il rifiuto di procedere alla trascrizione nei registri dello stato civile di un provvedimento giurisdizionale straniero, con il quale sia stato accertato il rapporto di filiazione tra un minore nato all'estero e un cittadino italiano, dà luogo, se non determinato da vizi formali, a una controversia di stato, da risolversi mediante il procedimento disciplinato dall'articolo 67 della L. numero 218 del 1995, in contraddittorio con il Sindaco, in qualità di ufficiale dello stato civile destinatario della richiesta di trascrizione, ed eventualmente con il Ministero dell'interno, legittimato a spiegare intervento in causa e ad impugnare la decisione in virtù della competenza ad esso attribuita in materia di tenuta dei registri dello stato civile . Le S.U., proprio per la specifica finalità del giudizio oggetto di esame, precisano che il p.m. pur essendo litisconsorte non può promuovere l'azione, a differenza del sindaco ed il Ministero degli Interni, in quanto concorrenti all'attuazione della corretta affermazione degli status filiali ed aggiungono puntualmente che le azioni volte alla correzione o cancellazione degli atti dello stato civile, rivestono una portata più circoscritta rispetto a quelle riguardanti lo stato delle persone . Entro questo più limitato perimetro, il controllo di legalità non può che essere affidato in via esclusiva al pubblico ministero, mentre la legittimazione concorrente dei soggetti privati, non può fondarsi sui medesimi presupposti di vigilanza e tutela dell'interesse pubblico alla corretta tenuta dei registri dello stato civile e alla loro corrispondenza alle previsioni legislative. 7.4 È necessario che vi sia un interesse ad agire espresso nell'atto introduttivo del giudizio e, per quel che interessa, nel ricorso per cassazione. Questo requisito ulteriore si trae in via sistematica sia dalla analoga previsione contenuta nell'articolo 263 c.c. sopra citato che da quella contenuta nell'articolo 67 L. numero 218 del 1995. Entrambe le norme, ancorché riguardanti controversie di stato, richiedono espressamente la sussistenza di un interesse ad agire, contenendo la previsione chiunque vi abbia interesse . La costituzione o la rimozione di uno status costituisce statuizione ben più incisiva di quella conseguente all'attivazione della procedura correttiva di cui all'articolo 95 D.P.R. numero 396 del 2000, dal momento che la certezza degli status, specie in presenza di minori, ha indubbio rilievo pubblicistico, trattandosi di accertamento nel quale sono coinvolti diritti di rango costituzionale e convenzionale che, tuttavia, a determinate condizioni, possono subire l'ingerenza statale. La legittimazione dei soggetti privati all'interno delle azioni previste e disciplinate dall'articolo 95 richiede, in conclusione, la riconoscibilità di un interesse ad agire, diverso da quello attribuito in ogni tempo soltanto al pubblico ministero. Non può, infatti, equipararsi questa azione a quella, giuridicamente qualificata quale azione popolare che ha ad oggetto il diritto soggettivo perfetto degli elettori ad un controllo rigoroso dei criteri che l'ineleggibilità e l'incompatibilità dei candidati e degli eletti. Peraltro in queste azioni, come ben evidenziato dal paradigma normativo costituito dall'articolo 70 D.P.R. numero 267 del 2000, la legittimazione spetta ai cittadini elettori nel perimetro territoriale di competenza. Oltre a questi spetta a chiunque abbia interesse . Anche per queste azioni volte a tutelare un diritto cardine del nostro sistema democratico è necessario o un collegamento diretto definito dalla circoscrizione di appartenenza diversamente modulata a seconda della competizione elettorale in oggetto o, in mancanza di tale collegamento di un interesse concreto e riconoscibile in giudizio. Interesse concreto che nella specie non è stato neanche dedotto dai ricorrenti i quali si fanno carico esclusivamente delle ragioni di difformità, di carattere generale, delle dichiarazioni contenute nell'atto impugnato, rispetto al modello legale di diritto positivo interno. La necessaria allegazione dell'interesse ad agire è desumibile, oltre alle ragioni sistematiche illustrate, anche dall'utilizzo del pronome chi nell'incipit del citato articolo 95 invece che chiunque . L'accertata mancanza di un interesse, nel merito, ad agire nell'azione di rettificazione dell'atto di stato civile in contestazione non esaurisce, tuttavia, l'esame dell'eccezione prospettata. Deve rilevarsi, infatti, che i ricorrenti, come esattamente ricostruito nella narrativa del ricorso e incontestatamente emergente dagli atti di causa, hanno in fase pre giudiziale sollecitato il ricorso del p.m. e successivamente partecipato a tutti e due i gradi di merito. In primo grado il ricorso è stato introdotto dal p.m. che ha anche impugnato la pronuncia del Tribunale. In appello è intervenuto con sue conclusioni il P.G. Il presente giudizio invece è esclusiva conseguenza del ricorso dei genitori della madre genetica. Sono rimasti intimati sia il p.g. d'appello che la madre genetica che pure aveva partecipato ai precedenti gradi di giudizio. Il p.g. di questa Corte ha rassegnato le proprie conclusioni, intervenendo anche alla discussione orale dell'udienza pubblica, ma, trattandosi di giudizio che deve essere promosso dal p.m., tale partecipazione non ne sana la mancata partecipazione in qualità di parte ricorrente o controricorrente, eventualmente adesiva. 8. È necessario, pertanto, in primo luogo, fornire una corretta qualificazione giuridica della partecipazione senza soluzione di continuità delle parti ricorrenti. Per tutte le considerazioni sopra svolte essi non possono che essere considerati intervenienti ad adiuvandum, avendo il diritto di sostenere le ragioni di legalità poste a base dell'azione di rettifica promossa dal p.m. L'interesse speso in giudizio ha carattere di diretta dipendenza rispetto a quello della parte pubblica ma non è per questo privo di tutela giuridica, pur in mancanza di una autonoma legittimazione ad agire nel merito dell'azione. Rimane da comprendere se la partecipazione unitamente alla parte principale p.m. ricorrente , all'altra parte titolare di un autonomo interesse a promuovere ed agire nel giudizio la madre genetica , dei ricorrenti ai due gradi di merito possa aver creato un litisconsorzio processuale, così da ritenere sufficiente la proposizione del ricorso da essi soltanto, una volta che sia stato correttamente instaurato il rapporto processuale. 8.1 Al riguardo deve rilevarsi una non perfetta univocità negli orientamenti della giurisprudenza di legittimità al riguardo. L'orientamento nettamente prevalente, sul piano quantitativo che esclude la formazione del litisconsorzio processuale in fattispecie del tutto sovrapponibili a quella oggetto del presente giudizio esprime il seguente principio di diritto L'intervento adesivo dipendente, previsto dall'articolo 105, secondo comma, cod. proc. civ., dà luogo ad un giudizio unico con pluralità di parti, nel quale i poteri dell'intervenuto sono limitati all'espletamento di un'attività' accessoria e subordinata a quella svolta dalla parte adiuvata, potendo egli sviluppare le proprie deduzioni ed eccezioni unicamente nell'ambito delle domande ed eccezioni proposte da detta parte ne consegue che, in caso di acquiescenza alla sentenza della parte adiuvata, l'interventore non può proporre alcuna autonoma impugnazione, né in via principale né in via incidentale . Cass.24370 del 2006 4929 del 2003 10146 del 1998¸10252 del 1997 . Secondo questo orientamento, la natura subordinata ed accessoria dell'intervento ad adiuvandum conduce ad escludere l'autonoma impugnabilità di una pronuncia che la parte principale ha deciso di non impugnare poiché i poteri processuali di questa peculiare tipologia d'interveniente traggono esclusiva origine e legittimazione dalla partecipazione in giudizio della parte adiuvata, non possono oltrepassare questo limite, salvo che l'impugnazione riguardi solo la statuizione sulle spese, in relazione alla quale una posizione giuridica autonoma può configurarsi. Un orientamento contrario, si fonda sulla inscindibilità del rapporto che si crea tra interventore ad adiuvandum e parte principale, con conseguente applicazione dell'articolo 331 c.p.c. nei gradi successivi al primo atteso che se è consentito ad un soggetto di intervenire per sostenere le ragioni di una delle parti in causa, restando unico ed indivisibile il giudizio, si deve necessariamente configurare un litisconsorzio processuale nei successivi giudizi di impugnazione poiché le ragioni che consentono e giustificano la presenza di parti accessorie non si esauriscono in un grado di giudizio persistendo l'interesse dell'interventore adesivo ad influire con una propria difesa sull'esito della lite. Il principio è stato espresso in Cass. 6760 del 1996 e ripreso dalla più recente Cass. 6357 del 2022. Il Collegio non ritiene di dare continuità a questo orientamento, del tutto minoritario, e con riferimento alla pronuncia più recente, privo di un confronto critico con lo stratificato orientamento contrario. Si ritiene che la inscindibilità della posizione della parte principale con quella dell'interventore ad adiuvandum, affermata nella pronuncia numero 2760 del 1996, può essere sostenuta al fine di sottolineare il vincolo di subordinazione e dipendenza della seconda dalla prima e non per invocare impropriamente l'applicazione dell'articolo 331 c.p.c., creando un vincolo processuale inscindibile con un partecipante al processo che è privo di un proprio interesse ad agire ed a contraddire ma, in via indiretta, ha interesse a sostenere le ragioni di una parte. Ragioni che possono medio tempore non essere più proprie della parte principale con esposizione al concreto rischio di un contrasto potenziale tra giudicati nel caso si ritenga che l'esito del giudizio portato avanti dal solo interventore ad adiuvandum non possa vincolare le parti che hanno prestato acquiescenza. Più gravi le conseguenze nell'ipotesi contraria, ove si ritenga che invece l'acquiescenza delle parti non costituite non escluda il travolgimento della decisione precedente, con reale pregiudizio per esse, essendosi formato un pieno litisconsorzio processuale. Ove si cali nel caso di specie l'astratta applicazione di questo minoritario principio della giurisprudenza di legittimità, deve osservarsi che l'accoglimento del ricorso ove riferito in via esclusiva all'interventore ad adiuvandum, sarebbe inidoneo a rettificare l'atto nell'ipotesi contrapposta determinerebbe la rettifica dell'atto nonostante la sopravvenuta carenza d'interesse delle parti. 8.2 In conclusione, dal difetto di legittimazione ad agire per mancanza di un interesse proprio delle parti ricorrenti consegue la loro qualificazione giuridica di intervenienti ad adiuvandum e la inammissibilità della autonoma ed esclusiva impugnazione della pronuncia di secondo grado. 9. La novità delle questioni sostanziali e processuali trattate induce alla compensazione integrale delle spese processuali. L'attinenza alla materia minorile esclude l'applicabilità del raddoppio del contributo unificato. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e compensa le spese processuali.