Amministrazione di sostegno: fino a che punto possono spingersi le limitazioni al diritto di autodeterminazione del beneficiario?

La misura dell’amministrazione di sostegno è un istituto teso a proteggere la persona inadeguata a provvedere ai propri interessi senza però mortificarla. Il provvedimento di apertura della tutela deve essere pertanto, modellato dal giudice in relazione allo specifico stato in cui si trova il soggetto beneficiario in vista del concreto e massimo sviluppo delle sue effettive abilità.

Questo significa che il giudice incaricato del caso specifico deve valutare non solo l’an della misura ma anche il quid e il quomodo dovendo privilegiare il rispetto del diritto di autodeterminazione della persona nelle scelte di vita e personali. Fatti di causa A seguito dell'istanza presentata dal Servizio Sociale, con la quale veniva segnalata una donna con menomazioni fisiche e psichiche oltre che con propensione al gioco d'azzardo, il Giudice Tutelare di Alessandria emetteva un decreto con il quale disponeva l'apertura di una amministrazione di sostegno a favore della signora disponendo addirittura la di lei impossibilità a ritirare autonomamente la posta e la chiusura dei di lei conti correnti. Il suddetto provvedimento veniva emesso contro la volontà della donna che nel corso del procedimento aveva più volte espresso la sua forte opposizione affermando di essere in grado di provvedere autonomamente all'amministrazione dei propri interessi. La donna reclamava quindi, il provvedimento avanti il Tribunale che tuttavia, confermava il decreto impugnato. Sebbene infatti, il Tribunale avesse evidenziato come la signora fosse in grado di ben esprimere le proprie volontà e che la misura fosse necessaria con particolare riguardo agli aspetti di straordinaria amministrazione, confermava il provvedimento emesso dal giudice tutelare, ad esclusione del solo punto circa il consenso ai trattamenti sanitari che veniva configurato come mera assistenza La proporzionalità tra le menomazioni del beneficiario e le di lui limitazioni Avverso la decisione del Tribunale la donna proponeva ricorso avanti la Corte di Cassazione lamentando la violazione del diritto di autodeterminazione dell'individuo e la trasformazione della misura di mera assistenza e sussidiarietà, come viene descritta quella relativa all'amministrazione di sostegno dalla normativa di riferimento, in una misura altamente afflittiva che prevedeva la quasi totale sostituzione della beneficiaria. Letto il ricorso, la Corte di Cassazione dichiarava fondato il motivo di gravame. I Giudici, infatti, in tema di amministrazione di sostegno sottolineavano come l'accertamento della sussistenza dei presupposti per l'apertura di tale misura deve essere compiuto in maniera specifica e circostanziata sia rispetto alle condizioni di menomazione del beneficiario, il cui consenso o meno alla misura deve essere tenuto in debito conto qualora pervenga da persona  lucida, sia rispetto all'incidenza delle stesse sulla sua capacità di provvedere ai propri interessi sia personali che patrimoniali valutando anche la possibilità che tali esigenze possano essere tutelate avvalendosi in tutto o in parte ad un sistema di deleghe o di rete familiare. I poteri dell'amministratore, pertanto, devono essere valutati caso per caso e soprattutto devono essere direttamente proporzionati alle esigenze del beneficiario così che la misura risulti specifica e funzionale agli obiettivi individuali di tutela. In punto, poi, la Corte evidenziava come in caso di amministrazione di sostegno anche qualora si pervenga poi ad una limitazione del beneficiario la di lui opinione deve sempre essere tenuta in considerazione. Limitare la capacità del beneficiario nella minore misura possibili significa infatti, non solo individuare con esattezza gli atti che il soggetto non può compiere o non può compiere da solo, ma anche tutelare il di lui diritto ad esprimere la propria opinione nelle decisioni che lo riguardano. Qualora pertanto, come nel caso di specie, il provvedimento contenga limitazioni previste per misure ben più gravose come l'interdizione e l'inabilitazione, il giudice tutelare deve fornire una specifica motivazione a giustificazione della limitazione all'autodeterminazione. Da tali principi, ricorda la Suprema Corte, discende che il giudice tutelare deve accertare caso per caso i bisogni del beneficiario, le di lui competenze e i punti deboli e solo a seguito di tale verifica deve procedere a individuare quali obiettivi la persona può raggiungere in autonomia, quali supportato dalla rete familiare o sociale, per quali invece ha necessità di assistenza e per quali debba essere sostituita.  La decisione Nel caso di specie, la Corte di Cassazione evidenzia come la sentenza di secondo grado non risulta conforme ai principi sopramenzionati. Dal testo dell'ordinanza impugnata infatti, non risultava alcuna valutazione di proporzionalità delle limitazioni imposte alla beneficiaria, che ricordiamo non poteva nemmeno ritirare autonomamente la posta, con gli effettivi profili di fragilità della stessa che nonostante avesse una elevata propensione alle scommesse non aveva mai contratto un debito. Il provvedimento, inoltre, appariva contraddittorio se da una parte infatti veniva evidenziato come la signora avesse “capacità consistenti” dall'altro non solo il di lei dissenso alla misura non veniva tenuto in debito conto ma addirittura le veniva impedita anche la possibilità di compiere atti di ordinaria e soprattutto quotidiana amministrazione senza alcuna motivazione annessa. Alla luce della mancata applicazione dei principi ormai consolidati in giurisprudenza, la Corte di Cassazione in accoglimento del ricorso della signora dispone il rinvio della causa avanti il tribunale di Alessandria per un nuovo esame della situazione.

Presidente Valitutti – Relatore Russo Rilevato che P.G. reclamava il decreto con il quale il giudice tutelare aveva aperto una amministrazione di sostegno in suo favore, provvedimento adottato su istanza presentata, in data 2/5/2023, dai servizi sociali di omissis . La ricorrente aveva espresso la sua forte opposizione alle limitazioni conseguenti alla misura di protezione, argomentando di essere in grado di provvedere autonomamente ai propri interessi sanitari e patrimoniali, contestando i fatti allegati a sostegno del ricorso, in particolare l'influenza del nuovo compagno e la preoccupazione che essa ricorrente potesse venire raggirata. Il Tribunale di Alessandria confermava il decreto impugnato, tranne che sul punto del consenso ai trattamenti sanitari, che configurava in termini di mera assistenza, sul rilievo che la beneficiaria ha una menomazione fisica e psichica, per cui percepisce, oltre che la pensione di invalidità, anche la indennità di accompagnamento e, pur se è in grado di ben esprimere i suoi desideri e la sua volontà, necessita di una misura di protezione con particolare riguardo agli aspetti di “straordinaria amministrazione”, in quanto dai suoi estratti conto emerge che la stessa ha spesso fatto ricorso al credito ed ha speso cifre rilevanti 1.240,00 euro in un mese in locali di giochi e scommesse. Questo dato è stato ritenuto preoccupante, dal momento che la P.G. gode di una pensione di circa euro 1.700,00 mensili, e che è gravata da un canone di locazione di oltre euro 300,00, e non dispone di risparmi. Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione l'interessata, affidato ad un motivo. Non costituita la parte intimata. La ricorrente ha depositato memoria. Ritenuto che 1.- Con il primo e unico motivo di ricorso l'istante lamenta, ai sensi dell'articolo 360 comma 1 numero 3 c.p.c., la erronea e falsa applicazione dell'articolo 404 c.comma e dell'articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo. La ricorrente lamenta la violazione del principio dell'autodeterminazione dell'individuo, per avere il tribunale confermato l'amministrazione di sostegno nonostante il convinto, fermo e deciso parere contrario di essa ricorrente e, per avere di fatto illegittimamente trasformato la misura di mera assistenza e sussidiarietà, prevista dal legislatore, in una misura altamente afflittiva, che prevede la quasi totale sostituzione della beneficiaria. Deduce che le limitazioni previste alla sua libertà di autodeterminazione mal si conciliano con il riconoscimento della sua piena capacità, e tra queste cita la gestione ordinaria del patrimonio mobiliare e immobiliare, il ricevere notifiche di atti, il ritirare ogni genere di corrispondenza, la partecipazione alle assemblee di condominio, la rappresentanza in eventuali procedimenti giudiziari, la gestione ordinaria dei rapporti pensionistici, la chiusura di conti correnti, libretti e depositi postali, l'effettuare i pagamenti necessari alle esigenze del beneficiario, salvo che per le piccolissime spese della quotidianità etc. Osserva la ricorrente che il giudice di merito, nonostante avesse riconosciuto la necessità dell'applicazione dell'amministrazione di sostegno per i soli aspetti di straordinaria amministrazione, ha - dipoi - illegittimamente confermato tutte le prescrizioni di cui sopra e, quindi, anche le ingerenze/limitazioni nella gestione patrimoniale ordinaria della ricorrente. 2.- Il motivo è fondato. Deve qui ribadirsi che l'istituto della amministrazione di sostegno è uno strumento volto a proteggere, senza mortificarla, la persona affetta da una disabilità fisica o psichica tale da renderla inadeguata a provvedere ai suoi interessi la misura è caratterizzata da un alto grado di flessibilità e la legge chiama il giudice all'impegnativo compito di adeguare la misura alla situazione concreta della persona e di variarla nel tempo, così da assicurare all'amministrato la massima tutela possibile con il minor sacrificio della sua capacità di autodeterminazione Cass. sez. unumero , 30/07/2021, numero 21985Corte Cost. 10/05/2019 numero 114 Cass. numero 6079 del 04/03/2020 . La misura, di conseguenza, deve essere modellata dal giudice tutelare in relazione allo stato personale e alle circostanze di vita di ciascun beneficiario e in vista del concreto e massimo sviluppo delle sue effettive abilità il c.d. vestito su misura . In quest'ottica il giudice deve valutare non solo l'an della misura, ma anche il quid ed il quomodo dovendosi privilegiare il rispetto del diritto fondamentale della persona di autodeterminarsi nelle scelte di vita e personali, anche quando non approvate dal contesto familiare e sociale, purché da queste scelte non ne derivi un concreto pregiudizio per la persona stessa. In tal senso si è, posta la giurisprudenza di questa Corte, la quale ha rimarcato che l'accertamento della ricorrenza dei presupposti per l'apertura di tale misura, in linea con le indicazioni contenute nell'articolo 12 della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle persone con disabilità, deve essere compiuto in maniera specifica e circostanziata sia rispetto alle condizioni di menomazione del beneficiario - la cui volontà contraria, ove provenga da persona lucida, non può non essere tenuta in considerazione dal giudice - sia rispetto all'incidenza della stesse sulla sua capacità di provvedere ai propri interessi personali e patrimoniali, verificando la possibilità, in concreto, che tali esigenze possano essere attuate anche con strumenti diversi come, ad esempio, avvalendosi, in tutto o in parte, di un sistema di deleghe o di un'adeguata rete familiare Cass. numero 21887 del 11/07/2022 Cass. numero 21887 del 11/07/2022 . Le caratteristiche dell'istituto impongono, pertanto, che siano perimetrati i poteri gestori dell'amministratore in termini direttamente proporzionati alle esigenze rilevate, alle condizioni di menomazione del beneficiario ed all'incidenza di tali condizioni sulla capacità del medesimo di provvedere ai propri interessi, di modo che la misura risulti specifica e funzionale agli obiettivi individuali di tutela, altrimenti implicando un'ingiustificata limitazione della capacità di agire della persona Cass. numero 10483 del 31/03/2022 Cass. numero 14689 del 27/05/2024 Si deve inoltre osservare che l'articolo 410 c.comma nella parte in cui impone all'amministratore di sostegno di informare il beneficiario circa gli atti da compiere e, in caso di dissenso, il giudice tutelare, dimostra come, in ogni caso, l'opinione del beneficiario debba essere tenuta in considerazione, pur se ne venga limitata la capacità. Limitare la capacità nella minor misura possibile significa pertanto non soltanto selezionare specificamente gli atti che il beneficiario non può compiere o non può compiere da solo, ma altresì preservare, anche con riferimento a questi atti, il diritto del beneficiario di esprimere la propria opinione e di partecipare, nella misura in cui lo consenta la sua condizione, alla formazione delle decisioni che lo riguardano. Da ciò discende che il provvedimento di apertura dell'amministrazione di sostegno, nella parte in cui estende al beneficiario limitazioni previste per l'interdetto e l'inabilitato, deve essere sorretto da una specifica motivazione che giustifichi la ragione per la quale si limita la sfera di autodeterminazione del soggetto e della misura in cui la si limita e le decisioni che non rispettano i desiderata del beneficiario devono fondarsi non solo sulla rigorosa valutazione che egli non sia capace di adeguatamente gestire i propri interessi e di assumere decisioni adeguatamente protettive, ma anche sulla preventiva valutazione della possibilità di ricorrere a strumenti alternativi di supporto e non limitativi della capacità, in modo da proteggere gli interessi della persona senza mortificarla, preservandone la dignità, e solo ove questo non sia possibile, può farsi luogo alle compressione della capacità in questi termini si apprezza la compatibilità della misura con il sistema costituzionale v. Corte Cost. 114/2019, cit. Cass. numero 3751 del 12/2/2024 Deve esservi, in altri termini, nel provvedimento di apertura della amministrazione, una ragionata corrispondenza tra i deficit rilevati, le risorse della persona interessata e della sua famiglia, e i poteri attribuiti all'amministratore devono essere conferiti nell'ottica di perseguire il miglior interesse della persona, senza comprimerne inutilmente la libertà. Deciso l'an della misura, non ne conseguono automatismi, e non possono adottarsi provvedimenti stereotipati, ovvero usare moduli standardizzati, poiché dalla apertura della amministrazione non discende, quale effetto legale, che la persona debba essere assistita o sostituita in tutte le attività giuridicamente rilevanti, ma solo in quegli ambiti in cui il giudice ha rilevato specifiche criticità, vale a dire deficit di competenze decisorie e gestorie che possono causare un serio pregiudizio alla persona. Di conseguenza, il giudice tutelare deve accertare i bisogni della persona del beneficiario, intesi come bisogni oggettivi, ma anche come desideri ed aspirazioni, valutando in che misura questi desideri non siano frutto di volontà distorte ed in contrasto con i bisogni oggettivi. Accertati i bisogni, è necessario procedere ad accertare le competenze della persona e cioè le sue capacità e abilità, e, correlativamente, quali siano i suoi punti deboli, poiché la persona potrebbe essere in grado di autodeterminarsi e di esercitare con sufficiente avvedutezza taluni diritti, ovvero operare in taluni ambiti della vita sociale, eventualmente con il supporto e la protezione della rete familiare, mentre potrebbe non essere abile e competente in altri settori. Una volta definito questo quadro, si può procedere ad individuare quali obiettivi, in questo contesto, la persona può perseguire da sola e con la rete familiare/sociale, per quali ha bisogno solo di assistenza e per quali deve invece essere sostituita, privilegiando sempre la soluzione che comporti la minore limitazione possibile della capacità, e la minore invasività nella sfera di autodeterminazione. Dal che deriva che la misura deve essere decisamente esclusa, ove il soggetto che ne dovrebbe beneficiare si trovi nella piena capacità di determinarsi, anche se versi in condizioni di menomazione fisica. Ne consegue che, salvo che non sia provocata da una grave patologia psichica, tale da rendere l'interessato inconsapevole del bisogno di assistenza, la sua opposizione alla nomina costituisce espressione di autodeterminazione, che deve essere opportunamente considerata Cass. 32542/2022 . Dei principi suesposti i giudici di merito non hanno fatto buon governo, mancando nella ordinanza impugnata la valutazione della proporzionalità delle limitazioni imposte alla beneficiaria - che secondo quanto esposto in ricorso, sono particolarmente incisive e penetranti, spingendosi sino al ritiro della posta e alla chiusura dei conti correnti - con gli effettivi profili di fragilità della persona e cioè con la ritenuta necessità di una misura di protezione con particolare riguardo agli aspetti di “straordinaria amministrazione”, data la sua tendenza a spendere somme al gioco, pur se - come la Corte stessa ha accertato - la donna non ha accumulato debiti e si presenta lucida ed in grado di bene esprimere i suoi desideri, i suoi pensieri, la sua volontà. Il che lascia presumere una considerevole capacità di autodeterminazione in capo alla ricorrente. Il provvedimento è quindi per certi versi contraddittorio, in quanto non spiega perché, dopo avere ritenuto dapprima che la beneficiaria “necessiti di una protezione in termini di assistenza, comunque con riconoscimento delle sue capacità, consistenti”, si traduce, poi, in un decreto che impone alla medesima limitazioni persino nel ritiro della posta per altro verso il provvedimento è carente - in punto verifica dei presupposti per l'applicazione della misura protettiva - in quanto non dà conto delle ragioni per le quali tutte le limitazioni, che sono state imposte nel decreto di apertura della amministrazione, sarebbero corrispondenti alle effettive esigenze di protezione dell'interessata. D'altro canto, il riscontro di “capacità consistenti” in capo a quest'ultima, delle quali lo stesso giudice a quo ha dato atto, avrebbero dovuto indurre il medesimo giudice a tenerne adeguatamente conto, anche valutando le ragioni dell'opposizione della medesima alla misura, costituente espressione evidente di autodeterminazione Cass. 32542/2022 . Ne consegue, in accoglimento del ricorso, la cassazione del provvedimento impugnato ed il rinvio al Tribunale di omissis , in diversa composizione, per nuovo esame e anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. accoglie il ricorso, cassa la ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di omissis , in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri titoli identificativi a norma dell'articolo 52 d.lgs. 196/2003.