La liquidazione solidale delle spese non può essere messa in discussione con riguardo alla ripartizione interna delle spese tra gli esecutati, stante la definitività dell’ingiunzione ex articolo 614 c.p.c. adottata dal Giudice dell’esecuzione, non opposta nei termini di legge ai sensi degli articolo 645 o 617 c.p.c., ossia mediante l’introduzione di un autonomo procedimento di cognizione rientrante nella competenza funzionale dell’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice dell’esecuzione stesso.
I fatti di causa A.T. e G.R., genitori delle odierne parti in causa, proprietari di un immobile e relativo terreno, siti nel Comune di Massa, venivano convenuti in giudizio da G.T. e M.D.P., proprietarie del fondo confinante, che lamentavano la realizzazione di opere su uno dei confini. Il procedimento veniva definito con sentenza del Pretore di Massa, passata in giudicato, con cui, in accoglimento della domanda delle attrici, il Giudice, reputando che le opere realizzate in occasione della copertura del fosso che divideva le due proprietà fossero produttive di danni, condannava i convenuti a dotare la tubazione installata nel fosso divisorio di appositi accorgimenti atti a consentire il libero deflusso delle acque piovane provenienti dai terreni degli attori, nonché a ridurre il livello del loro terreno in corrispondenza della copertura del fosso. A seguito di variazioni dell'originario immobile, per le quali era stata inoltrata domanda di condono edilizio e di frazionamento, con tre distinti atti, A.T. e G.R. donavano uno degli appartamenti, il subalterno numero 2, alla figlia M.R.T. il subalterno numero 3 , costituito da altro appartamento, all'altra figlia P.T. e la nuda proprietà dei subalterni nnumero 1, 5 e 6, costituiti da un appartamento con relativa corte, alla figlia B.T., riservandosi l'usufrutto essendo i coniugi T. – R. rispettivamente deceduti il 26 aprile 1995 ed il 14 agosto 2005, a partire da tale ultima data B.T. acquisiva la piena proprietà dei subalterni nnumero 1, 5 e 6. 2. Non essendo stata data attuazione spontanea alle statuizioni contenute nella sentenza del Pretore di Massa, D.P. e T., con ricorso ex articolo 612 c.p.c., notificato alle sorelle B., M.R. e P.T., chiedevano di determinare le modalità dell'esecuzione. All'esito della tardiva costituzione della sola B.T. e dell'espletamento di c.t.u., il Giudice dell'esecuzione, dando atto che il c.t.u. aveva dichiarato che le opere erano state portate a termine, disponeva l'estinzione della procedura esecutiva e liquidava le spese relative alla c.t.u., all'impresa esecutrice dei lavori e quelle della procedura , ponendole, in solido, a carico delle esecutate. Successivamente, le ricorrenti T. e D.P. intimavano, con atto di precetto, il pagamento delle somme liquidate dal giudice dell'esecuzione a B.T., la quale a ciò provvedeva. B.T., al fine di recuperare le somme precettate, otteneva dal Giudice di pace di Massa due decreti ingiuntivi nei confronti di P. e M.R. T. e quest'ultima proponeva opposizione. Il Giudice di Pace adito revocava il decreto ingiuntivo, ritenendo insussistente la pretesa creditoria, per avere le esecutate raggiunto un accordo che prevedeva la costituzione nel giudizio esecutivo soltanto di B. T., con spese del giudizio interamente a carico di quest'ultima. In particolare, osservava che la sentenza del Pretore di Massa aveva ad oggetto l'accertamento di obblighi di fare relativi ad opere da realizzare sulla corte di pertinenza dell'immobile di cui B.T. aveva acquistato la piena proprietà, per cui le relative statuizioni potevano spiegare effetti nei soli confronti di quest'ultima, e che il provvedimento di liquidazione delle spese nulla statuiva in merito alla ripartizione interna tra le esecutate, tra le quali doveva farsi applicazione dell'articolo 1298 c.c. B.T. ha proposto appello dinanzi al Tribunale di Massa, che lo ha respinto. Dopo avere escluso che potesse ritenersi dimostrata l'esistenza di un accordo tra le sorelle, secondo cui T.B., in quanto esclusiva proprietaria del bene oggetto dell'azione esecutiva, avrebbe dovuto costituirsi e sostenere le spese della procedura, il giudice d'appello ha rilevato che l'esecuzione non avrebbe dovuto essere intrapresa nei confronti di M.R. e P.T., le quali non avevano la possibilità materiale e giuridica di dare esecuzione all'obbligo di fare. L'azione esecutiva era stata intrapresa anche nei confronti delle sorelle non proprietarie del bene e il giudice dell'esecuzione, a conclusione della procedura, aveva posto le spese in solido a carico di tutte le esecutate, ma tale provvedimento nulla disponeva in merito alla ripartizione delle spese nei rapporti interni, che doveva essere regolata sulla base di quanto previsto dall'articolo 1298 c.c. e, quindi, rimanere a carico di B.T., unica proprietaria del bene gravato dell'obbligo di fare, per essere stata l'obbligazione contratta nel suo esclusivo interesse. B.T. propone ricorso, con tre motivi, nei confronti di M.R.T., per la cassazione della suddetta sentenza. Il motivo di ricorso accolto Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 614 c.p.c., per avere il Tribunale affermato che le spese, anziché con ordinanza, avrebbero dovuto essere liquidate a mezzo del decreto ingiuntivo. A sostegno della correttezza di quell'ordinanza evidenzia che il Giudice dell'esecuzione, essendo a conoscenza dei fatti e avendo disposto una c.t.u., con il provvedimento reso aveva, correttamente, condannato le esecutate in solido tra loro, a norma dell'articolo 97 c.p.c., non avendo ravvisato delle proporzioni diverse del rispettivo interesse nella causa. Il terzo motivo, avente natura assorbente, deve essere preliminarmente scrutinato ed è fondato. Il legittimato passivo nell'esecuzione forata In virtù dei principi generali, il titolo esecutivo ed il precetto devono essere notificati a colui che risulti obbligato in base alle risultanze del titolo stesso ovvero al suo successore universale o particolare. In giurisprudenza si è chiarito che, mentre «il problema dei limiti dell'estensione soggettiva del titolo esecutivo costituito dalla sentenza di condanna passata in giudicato è risolto, quanto al lato attivo di tale estensione, dall'articolo 475, secondo comma, c.p.c., il quale prevede che la spedizione del titolo in forma esecutiva può farsi sia alla parte a favore della quale fu pronunciato il provvedimento o stipulata l'obbligazione sia ai suoi “successori”, senza distinguere tra successori a titolo universale o successori a titolo particolare, per atto tra vivi o a causa di morte›, quando si tratti del lato passivo di tale estensione, cioè dell'esecuzione da condursi contro il successore a titolo particolare del soggetto che figura come obbligato nel titolo esecutivo, deve aversi riguardo all'articolo 477 c.p.c., la cui portata non può ritenersi limitata a quella risultante dalla lettera della norma» Cass., numero 3643/13, cit. Cass., sez. 3, 17/01/2003, numero 601 Cass., sez. 3, 28/06/2005, numero 13914 . Il soggetto passivo dell'esecuzione forzata degli obblighi di fare La rilevata utilizzabilità del titolo esecutivo che si sia formato contro il dante causa anche nei confronti dell'avente causa richiede alcune puntualizzazioni con specifico riferimento all'esecuzione per obblighi di fare, nell'ambito della quale la sentenza fatta valere come titolo esecutivo contro l'avente causa non si limita all'accertamento ed alla costituzione di una situazione di diritto sostanziale, ma contiene anche un comando di trasformazione forzata, quello di adeguare uno stato di fatto alla situazione giuridica accertata o costituita. Poiché, infatti, l'esecuzione degli obblighi di fare e non fare analogamente a quella per consegna o rilascio provoca una incisione del possesso o della detenzione del bene dell'obbligato, proprio al fine di consentire il compimento delle operazioni materiali da parte degli ausiliari del giudice, l'unico soggetto che può spontaneamente adempiere il comando contenuto nel titolo esecutivo è il terzo quando egli si trova nel possesso della cosa sulla quale la trasformazione deve essere realizzata in tal senso, Cass., numero 3643/13, cit. Cass., numero 601/2003, cit. in materia di obblighi di consegna e rilascio, Cass., sez. 3, 22/01/1998, numero 603 Cass., sez. 3, 09/01/1991, numero 149 Cass., sez. 3, 14/12/1985, numero 6330 . In altri termini, perché si possa avere l'adeguamento della situazione di fatto a quella di diritto è necessario che il soggetto passivo dell'esecuzione forzata si trovi, rispetto al bene sul quale l'esecuzione deve essere compiuta, in una particolare posizione possessoria, cioè quella stessa che, da un lato, gli consentirebbe di adempiere spontaneamente, dall'altro è di ostacolo all'esecuzione e va superata mediante l'intervento del giudice, per realizzare il risultato dovuto in base al titolo così Cass., sez. 3, 18/03/2003, numero 3990 . Dunque, soggetto passivo dell'esecuzione per obblighi di fare è l'acquirente del diritto sul bene soltanto se si trovi, al tempo dell'esecuzione, nel possesso - inteso, in generale, come signoria anche di fatto, che lo abiliti a provvedere a quanto reso oggetto dal titolo - della cosa sulla quale la trasformazione deve essere realizzata quindi, pur essendo possibile iniziare l'esecuzione nei confronti dell'avente causa utilizzando il titolo che si aveva contro il dante causa, il processo esecutivo, qualora non si sia trasferito anche il possesso, non potrebbe essere efficacemente condotto a termine con la realizzazione coattiva della pretesa perché questa, nell'esecuzione in forma specifica, presuppone che l'esecutato abbia il possesso del bene inciso dall'esecuzione. La fattispecie in esame Applicando i suddetti principi alla fattispecie in esame se ne ricava che soggetto passivo dell'esecuzione per obblighi di fare intrapresa da G.T. e M.D.P. in forza della sentenza numero 112 del 1985 del Pretore di Massa avrebbe dovuto ritenersi la sola odierna ricorrente, divenuta proprietaria dei beni interessati dal comando contenuto nella sentenza in epoca successiva al suo passaggio in giudicato, ma prima dell'inizio dell'esecuzione, e l'unica a trovarsi nel possesso oggetto del bene sottoposto ad esecuzione e a poter soddisfare la pretesa esecutiva delle aventi diritto. Nella specie, tuttavia, il processo esecutivo è stato promosso anche nei confronti di P. e M.R.T., sebbene le stesse non fossero né proprietarie, né in possesso del bene interessato dagli obblighi di fare, e si è concluso con una ordinanza, resa dal giudice dell'esecuzione, che ha condannato, in solido, le tre esecutate al pagamento, in favore delle creditrici, delle spese da queste sostenute per dare attuazione agli obblighi derivanti dalla sentenza azionata. L'odierna controricorrente non si è costituita nell'ambito del processo esecutivo e non ha, pertanto, contestato la qualità di soggetto passivo dell'esecuzione e a contrario di terzo estraneo ad essa , né tanto meno ha esperito impugnazione avverso l'ordinanza che, concludendo il processo esecutivo in cui ella aveva univocamente assunto la veste di co-esecutata, ha provveduto a liquidare le spese di quello ed a porle a carico anche di lei, proprio su tale presupposto. L'omessa impugnazione dell'ordinanza del Giudice dell'esecuzione da parte di M.R.T., diversamente da quanto ritenuto dal giudice a quo, preclude ogni contestazione in merito alla ripartizione interna delle spese di esecuzione, che avrebbe dovuto essere contrastata dall'odierna controricorrente con l'ordinaria opposizione ex articolo 645 c.p.c. o, a tutto concedere, con quella ex articolo 617 c.p.c. Il precedente di Cass. numero 12466 del 2023 A tale soluzione si perviene anche alla luce della recente sentenza di Cass. numero 12466 del 2023, in base alla quale in tema di esecuzione degli obblighi di fare e di non fare, con l'opposizione al decreto ingiuntivo emesso dal giudice dell'esecuzione, ai sensi dell'articolo 614, secondo comma, c.p.c., per il rimborso delle spese anticipate dalla parte istante, l'opponente può in tale sede far valere contestazioni circa la congruità delle spese, o l'avvenuta anticipazione delle stesse, ma non anche contestazioni con cui si neghi la debenza delle somme inerenti ad una o più opere eseguite, in quanto esorbitanti rispetto al titolo esecutivo e, dunque, concernenti l'effettiva portata del titolo stesso , oppure contestazioni inerenti al quomodo dell'esecuzione, giacché dette questioni devono proporsi, rispettivamente, con l'opposizione all'esecuzione, ex articolo 615, secondo comma, c.p.c., o con l'opposizione agli atti esecutivi, ex articolo 617 c.p.c., e ciò al più tardi entro la chiusura del procedimento esecutivo, contenuta nel verbale delle operazioni dell'ufficiale giudiziario, compiute in ottemperanza all'ordinanza del giudice dell'esecuzione ex articolo 612 cod. proc. civ. Pertanto, qualora l'esecutato abbia sollevato le suddette questioni soltanto nell'ambito dell'opposizione al decreto ingiuntivo emesso ai sensi dell'articolo 614 c.p.c., senza tempestivamente e previamente proporre l'opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi a seconda della natura della contestazione , il giudice non può riqualificare la domanda come se proposta ai sensi degli articolo 615 o 617 c.p.c., sia per la diversità degli ambiti operativi di queste ultime, rispetto a quella di cui all'articolo 645 c.p.c., sia perché - qualora il decreto sia stato emesso dopo il definitivo completamento delle opere, risultante dal verbale redatto dall'ufficiale giudiziario – non è più possibile proporre rimedi interni al procedimento esecutivo. La soluzione del caso Dai suesposti principi emerge evidente che, nel caso de quo, la disposta liquidazione solidale delle spese in capo alle tre esecutate – a prescindere da ogni valutazione circa la legittimazione passiva rispetto all'iniziativa esecutiva ex articolo 612 c.p.c., ormai non più discutibile in mancanza di tempestiva proposizione di opposizione esecutiva sul punto – neppure può essere messa in discussione con riguardo alla ripartizione interna delle spese tra le esecutate, stante la definitività dell'ingiunzione ex articolo 614 c.p.c. adottata dal Giudice dell'esecuzione, non opposta nei termini di legge ai sensi degli articolo 645 o 617 c.p.c., ossia mediante l'introduzione di un autonomo procedimento di cognizione rientrante nella competenza funzionale dell'ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice dell'esecuzione stesso Cass., sez. 3, 10/04/2014, numero 9680 . L'incontestabilità dell'ingiunzione ex articolo 614 c.p.c. impedisce, invero, in una successiva azione o in separata sede qualsiasi riferimento ad un eventuale diverso interesse nella causa in capo alle esecutate e impone di ritenere che, all'esito di una valutazione in questa sede non più sindacabile, il giudice dell'esecuzione, nel liquidare le spese, nell'esercizio del potere di cognizione allo stesso attribuito, abbia fatto applicazione dei criteri dettati dall'articolo 97 c.p.c. Dal complesso delle norme contenute nella disposizione da ultimo richiamata risulta, infatti, che se il giudice dispone in ordine alla ripartizione delle spese deve tenere conto dell'interesse di ciascuna parte nella causa e condannare proporzionalmente con discrezionalità limitata, il giudice può pronunciare condanna solidale il limite della discrezionalità è dato dall'interesse comune se il giudice non dispone, la ripartizione delle spese si fa per quote uguali. Si ricava da questo regolamento che la presunzione di solidarietà stabilita in linea generale dall'articolo 1294 c.c. per le obbligazioni con pluralità di debitori, e applicabile anche nel caso in cui l'obbligazione di eseguire la medesima prestazione sia posta a carico di più soggetti da una sentenza, incontra, appunto, l'eccezione, espressamente dettata dall'articolo 97 c.p.c., dell'obbligazione relativa al rimborso delle spese legali Cass., sez. 1, 14/03/1968, numero 814 Cass., sez. 3, 06/06/1975, numero 2259 . Nel caso di pluralità di soccombenti, se la sentenza non statuisce sulla ripartizione delle spese, questa si fa per quote eguali, secondo quanto espressamente dispone l'ultimo comma dell'articolo 97 cod. proc. civ. Cass., sez. 2, 11/05/1967, numero 970 . Ora, nel caso in esame, il giudice dell'esecuzione ha pronunciato condanna solidale delle spese a carico delle tre esecutate e, in assenza di statuizione sulla ripartizione interna, deve reputarsi che abbia inteso che questa dovesse farsi per quote eguali, sia pure in solido a vantaggio dei beneficiari della liquidazione. Tanto porta a ritenere che, nel rigettare il gravame affermando che l'ordinanza che ha chiuso il processo esecutivo ex articolo 612 c.p.c. si sarebbe limitata a liquidare le spese sostenute dal creditore ed a porle a carico delle esecutate, senza entrare nel merito dei rapporti interni tra le sorelle, il Tribunale di Massa sia incorso nel vizio denunciato, per non avere adeguatamente valutato che la mancata impugnazione della liquidazione delle spese di esecuzione, operata dal giudice ai sensi dell'articolo 97 c.p.c., giustifica l'esercizio, da parte dell'odierna ricorrente, dell'azione di regresso, nei confronti dell'odierna controricorrente, per il recupero della quota delle spese di esecuzione da quest'ultima dovuta.
Presidente De Stefano – Relatore Condello Fatti di causa 1. Anumero To. e Gi.Ra., genitori delle odierne parti in causa, proprietari di un immobile e relativo terreno, siti nel Comune di Massa, venivano convenuti in giudizio da Gi.To. e Ma.De., proprietarie del fondo confinante, che lamentavano la realizzazione di opere su uno dei confini. Il procedimento veniva definito con sentenza numero 112 del 1985 del Pretore di Massa, passata in giudicato, con cui, in accoglimento della domanda delle attrici, il Giudice, reputando che le opere realizzate in occasione della copertura del fosso che divideva le due proprietà fossero produttive di danni, condannava i convenuti a dotare la tubazione installata nel fosso divisorio di appositi accorgimenti atti a consentire il libero deflusso delle acque piovane provenienti dai terreni degli attori, nonché a ridurre il livello del loro terreno in corrispondenza della copertura del fosso. A seguito di variazioni dell'originario immobile, per le quali era stata inoltrata domanda di condono edilizio e di frazionamento, con tre distinti atti del 22 febbraio 1995, Anumero To. e Gi.Ra. donavano uno degli appartamenti, il subalterno numero 2, alla figlia To.Ma. il subalterno numero 3 , costituito da altro appartamento, all'altra figlia Pi.To. e la nuda proprietà dei subalterni nnumero 1, 5 e 6, costituiti da un appartamento con relativa corte, alla figlia To.Br., riservandosi l'usufrutto essendo i coniugi Anumero To. -Gi.Ra. rispettivamente deceduti il 26 aprile 1995 ed il 14 agosto 2005, a partire da tale ultima data To.Br. acquisiva la piena proprietà dei subalterni nnumero 1, 5 e 6. 2. Non essendo stata data attuazione spontanea alle statuizioni contenute nella sentenza numero 112/1985, Ma.De. e Gi.To., con ricorso ex articolo 612 cod. proc. civ., notificato alle sorelle To.Br., To.Ma. e Pi.To., chiedevano di determinare le modalità dell'esecuzione . All'esito della tardiva costituzione della sola To.Br. e dell'espletamento di c.t.u., il Giudice dell'esecuzione, con ordinanza del 31 ottobre 2010, dando atto che il c.t.u. aveva dichiarato che le opere erano state portate a termine, disponeva l'estinzione della procedura esecutiva e liquidava le spese relative alla c.t.u., all'impresa esecutrice dei lavori e quelle della procedura , ponendole, in solido, a carico delle esecutate. Successivamente, le ricorrenti Gi.To. e Ma.De. intimavano, con atto di precetto, il pagamento delle somme liquidate dal giudice dell'esecuzione a To.Br., la quale a ciò provvedeva. 3. Nel maggio 2016 To.Br., al fine di recuperare le somme precettate, otteneva dal Giudice di pace di Massa due decreti ingiuntivi nei confronti di Piera e To.Ma. e quest'ultima proponeva opposizione. Il Giudice di Pace adito revocava il decreto ingiuntivo, ritenendo insussistente la pretesa creditoria, per avere le esecutate raggiunto un accordo che prevedeva la costituzione nel giudizio esecutivo soltanto di To.Br., con spese del giudizio interamente a carico di quest'ultima. In particolare, osservava che la sentenza numero 112/85 aveva ad oggetto l'accertamento di obblighi di fare relativi ad opere da realizzare sulla corte di pertinenza dell'immobile di cui To.Br. aveva acquistato la piena proprietà, per cui le relative statuizioni potevano spiegare effetti nei soli confronti di quest'ultima, e che il provvedimento di liquidazione delle spese nulla statuiva in merito alla ripartizione interna tra le esecutate, tra le quali doveva farsi applicazione dell'articolo 1298 cod. civ. 4. To.Br. ha proposto appello dinanzi al Tribunale di Massa, che lo ha respinto. Dopo avere escluso che potesse ritenersi dimostrata l'esistenza di un accordo tra le sorelle, secondo cui To.Br., in quanto esclusiva proprietaria del bene oggetto dell'azione esecutiva, avrebbe dovuto costituirsi e sostenere le spese della procedura, il giudice d'appello ha rilevato che l'esecuzione non avrebbe dovuto essere intrapresa nei confronti di To.Ma. e Pi.To., le quali non avevano la possibilità materiale e giuridica di dare esecuzione all'obbligo di fare. L'azione esecutiva era stata intrapresa anche nei confronti delle sorelle non proprietarie del bene e il giudice dell'esecuzione, a conclusione della procedura, aveva posto le spese in solido a carico di tutte le esecutate, ma tale provvedimento nulla disponeva in merito alla ripartizione delle spese nei rapporti interni, che doveva essere regolata sulla base di quanto previsto dall'articolo 1298 cod. civ. e, quindi, rimanere a carico di To.Br., unica proprietaria del bene gravato dell'obbligo di fare, per essere stata l'obbligazione contratta nel suo esclusivo interesse. 5. To.Br. propone ricorso, con tre motivi, nei confronti di To.Ma., per la cassazione della suddetta sentenza. To.Ma. resiste con controricorso. 6. Fissata la pubblica udienza, entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo è dedotta la violazione e/o falsa applicazione degli articolo 1299 e 2700 cod. civ. e degli articolo 112 e 116 cod. proc. civ., in relazione all'articolo 360, primo comma, numero 3, cod. proc. civ. La ricorrente attinge la decisione impugnata là dove il Tribunale ha affermato che To.Br. quale erede dei danti causa della sorella non era più tenuta ad adempiere ad un obbligo intimamente connesso alla titolarità ed al possesso del bene, né quindi poteva essere oggetto di azione esecutiva . Sostiene, per un verso, che la sentenza del Pretore di Massa numero 112/85 è stata pronunciata nei confronti di Anumero To. e Gi.Ra. e si riferisce all'immobile indiviso, senza specificazione dei subalterni, posto che solo dopo il frazionamento finalizzato alle donazioni l'immobile era stato suddiviso, e, per altro verso, che deve darsi rilievo alla volontà del donante, il quale, avendo dichiarato nell'atto di donazione in favore dell'odierna ricorrente di garantire la piena esclusiva proprietà degli immobili donati, la loro completa disponibilità e la libertà da trascrizioni, iscrizioni o altra formalità comunque pregiudizievole , aveva chiaramente inteso far gravare i costi della rimessa in pristino sull'intera massa ereditaria. 2. Con il secondo motivo la sentenza è censurata per violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 1298 cod. civ., in relazione all'articolo 360, primo comma, numero 3, cod. proc. civ. , nella parte in cui il giudice d'appello ha ritenuto che il provvedimento reso dal giudice dell'esecuzione niente decide in merito alla ripartizione delle spese nei rapporti interni tra le sorelle Tongiani esso, infatti, si limita a liquidare le spese sostenute dal creditore e a porle a carico delle esecutate ma non entra nel merito né avrebbe potuto farlo in mancanza di domanda dei rapporti interni tra le sorelle da regolarsi sulla base dei principi di diritto sostanziale e, in primo luogo, dell'articolo 1298 c.c. secondo cui nei rapporti interni l'obbligazione in solido rimane a carico del debitore nel cui interesse è stata contratta. E nel caso di specie è evidente che l'obbligazione è stata contratta nell'esclusivo interesse di To.Br. che, divenuta piena proprietaria del bene gravato dell'obbligo di fare, era la sola a potere materialmente e giuridicamente darvi esecuzione e comunque la sola interessata sotto il profilo sostanziale alle sorti del bene . La ricorrente ribadisce che l'obbligazione non è stata assunta nel suo esclusivo interesse, dato che nasceva dalla sentenza numero 112/85 emessa a carico dei danti causa relativamente all'intera proprietà indivisa e che, solo a seguito del condono delle opere eseguite sulla piccola casa con terreno tra il 1985 ed il 1990, era stato possibile frazionare il terreno così come poi donato e che il Tribunale non avrebbe fatto buon governo dell'articolo 1298 cod. civ., dal momento che il Giudice dell'esecuzione, non avendo rilevato l'interesse esclusivo dell'obbligazione, aveva ritenuto che le spese gravassero su ciascuna parte in misura uguale, proprio come previsto dalla disposizione richiamata. 3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 614 cod. proc. civ. , per avere il Tribunale affermato che le spese, anziché con ordinanza, avrebbero dovuto essere liquidate a mezzo del decreto ingiuntivo. A sostegno della correttezza di quell'ordinanza evidenzia che il Giudice dell'esecuzione, essendo a conoscenza dei fatti e avendo disposto una c.t.u., con il provvedimento reso aveva, correttamente, condannato le esecutate in solido tra loro, a norma dell'articolo 97 cod. proc. civ., non avendo ravvisato delle proporzioni diverse del rispettivo interesse nella causa. 4. Il terzo motivo, avente natura assorbente, deve essere preliminarmente scrutinato ed è fondato. 4.1. La disamina della doglianza rende necessario premettere che costituisce circostanza non contestata che l'immobile originariamente di proprietà dei danti causa Anumero To. e Gi.Ra., a seguito di variazioni, risalenti al 1990, per le quali è stata presentata domanda di condono in sanatoria, con successivo frazionamento, è stato suddiviso in tre distinti immobili, che sono stati oggetto di separati atti di donazione rispettivamente in favore dell'odierna ricorrente e di To.Ma. e Pi.To. La ricorrente, come chiaramente emerge sia dal ricorso che dalla sentenza qui impugnata, ha acquistato dapprima la nuda proprietà dei subalterni 1, 5 e 6, essendosi i danti causa riservati l'usufrutto, e, a seguito del decesso dei donanti, ossia nel 1995, la piena proprietà degli stessi. I beni di cui si discute non sono, pertanto, mai caduti in successione mortis causa e sono divenuti di proprietà di To.Br. per atto tra vivi a titolo particolare quando la sentenza numero 112/1985 del Pretore di Massa, pronunciata nei confronti dei genitori, all'epoca proprietari del bene poi donato, era già passata in giudicato. 4.2. In virtù dei principi generali, inoltre, va ribadito che il titolo esecutivo ed il precetto devono essere notificati a colui che risulti obbligato in base alle risultanze del titolo stesso ovvero al suo successore universale o particolare. Questa Corte, interrogandosi sugli effetti della vicenda successoria a titolo particolare, dal lato passivo, rispetto al processo esecutivo, specificamente al processo di esecuzione forzata in forma specifica per obblighi di fare, iniziato in forza di sentenza di condanna passata in giudicato, ha già avuto modo di chiarire Cass., sez. 3, 14/02/2013, numero 3643 , con un articolato percorso motivazionale che prende le mosse dall'articolo 2909 cod. civ. che dispone che gli effetti dell'accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato faccia stato non solo nei confronti delle parti, ma anche dei loro eredi o aventi causa , cosicché il diritto, così come accertato nei confronti della parte processuale, resta accertato anche nei confronti del suo avente causa in epoca successiva alla formazione del giudicato cfr. Cass., sez. 3, 22/05/1979, numero 2959 Cass., sez. 3, 23/10/1985, numero 5194 Cass., sez. 3, 12/06/2006, numero 13552 , che mentre il problema dei limiti dell'estensione soggettiva del titolo esecutivo costituito dalla sentenza di condanna passata in giudicato è risolto, quanto al lato attivo di tale estensione, dall'articolo 475, secondo comma, cod. proc. civ., il quale prevede che la spedizione del titolo in forma esecutiva può farsi sia alla parte a favore della quale fu pronunciato il provvedimento o stipulata l'obbligazione sia ai suoi successori , senza distinguere tra successori a titolo universale o successori a titolo particolare, per atto tra vivi o a causa di morte , quando si tratti del lato passivo di tale estensione, cioè dell'esecuzione da condursi contro il successore a titolo particolare del soggetto che figura come obbligato nel titolo esecutivo, deve aversi riguardo all'articolo 477 cod. proc. civ., la cui portata non può ritenersi limitata a quella risultante dalla lettera della norma Cass., numero 3643/13, cit. Cass., sez. 3, 17/01/2003, numero 601 Cass., sez. 3, 28/06/2005, numero 13914 . Si è, tuttavia, spiegato che la rilevata utilizzabilità del titolo esecutivo che si sia formato contro il dante causa anche nei confronti dell'avente causa richiede alcune puntualizzazioni con specifico riferimento all'esecuzione per obblighi di fare, nell'ambito della quale la sentenza fatta valere come titolo esecutivo contro l'avente causa non si limita all'accertamento ed alla costituzione di una situazione di diritto sostanziale, ma contiene anche un comando di trasformazione forzata, quello di adeguare uno stato di fatto alla situazione giuridica accertata o costituita. Poiché, infatti, l'esecuzione degli obblighi di fare e non fare analogamente a quella per consegna o rilascio provoca una incisione del possesso o della detenzione del bene dell'obbligato, proprio al fine di consentire il compimento delle operazioni materiali da parte degli ausiliari del giudice, l'unico soggetto che può spontaneamente adempiere il comando contenuto nel titolo esecutivo è il terzo quando egli si trova nel possesso della cosa sulla quale la trasformazione deve essere realizzata in tal senso, Cass., numero 3643/13, cit. Cass., numero 601/2003, cit. in materia di obblighi di consegna e rilascio, Cass., sez. 3, 22/01/1998, numero 603 Cass., sez. 3, 09/01/1991, numero 149 Cass., sez. 3, 14/12/1985, numero 6330 . In altri termini, perché si possa avere l'adeguamento della situazione di fatto a quella di diritto è necessario che il soggetto passivo dell'esecuzione forzata si trovi, rispetto al bene sul quale l'esecuzione deve essere compiuta, in una particolare posizione possessoria, cioè quella stessa che, da un lato, gli consentirebbe di adempiere spontaneamente, dall'altro è di ostacolo all'esecuzione e va superata mediante l'intervento del giudice, per realizzare il risultato dovuto in base al titolo così Cass., sez. 3, 18/03/2003, numero 3990 . Dunque, soggetto passivo dell'esecuzione per obblighi di fare è l'acquirente del diritto sul bene soltanto se si trovi, al tempo dell'esecuzione, nel possesso - inteso, in generale, come signoria anche di fatto, che lo abiliti a provvedere a quanto reso oggetto dal titolo - della cosa sulla quale la trasformazione deve essere realizzata quindi, pur essendo possibile iniziare l'esecuzione nei confronti dell'avente causa utilizzando il titolo che si aveva contro il dante causa, il processo esecutivo, qualora non si sia trasferito anche il possesso, non potrebbe essere efficacemente condotto a termine con la realizzazione coattiva della pretesa perché questa, nell'esecuzione in forma specifica, presuppone che l'esecutato abbia il possesso del bene inciso dall'esecuzione. 4.3. Dalle premesse che precedono discende che soggetto passivo dell'esecuzione per obblighi di fare intrapresa da Gi.To. e Ma.De. in forza della sentenza numero 112 del 1985 del Pretore di Massa avrebbe dovuto ritenersi la sola odierna ricorrente, divenuta proprietaria dei beni interessati dal comando contenuto nella sentenza in epoca successiva al suo passaggio in giudicato, ma prima dell'inizio dell'esecuzione, e l'unica a trovarsi nel possesso oggetto del bene sottoposto ad esecuzione e a poter soddisfare la pretesa esecutiva delle aventi diritto. 5. Nella specie, tuttavia, il processo esecutivo è stato promosso anche nei confronti di Piera e To.Ma., sebbene le stesse non fossero né proprietarie, né in possesso del bene interessato dagli obblighi di fare, e si è concluso con una ordinanza, resa dal giudice dell'esecuzione, che ha condannato, in solido, le tre esecutate al pagamento, in favore delle creditrici, delle spese da queste sostenute per dare attuazione agli obblighi derivanti dalla sentenza azionata. L'odierna controricorrente non si è costituita nell'ambito del processo esecutivo e non ha, pertanto, contestato la qualità di soggetto passivo dell'esecuzione e a contrario di terzo estraneo ad essa , né tanto meno ha esperito impugnazione avverso l'ordinanza che, concludendo il processo esecutivo in cui ella aveva univocamente assunto la veste di co-esecutata, ha provveduto a liquidare le spese di quello ed a porle a carico anche di lei, proprio su tale presupposto. 5.1. Con specifico riferimento al provvedimento adottato dal Giudice dell'esecuzione, innanzitutto, non ci si può esimere dal rilevare che, nel caso che ci occupa, sebbene l'articolo 614 cod. proc. civ. preveda che la liquidazione debba essere effettuata dal giudice dell'esecuzione con decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, costituente titolo esecutivo contro il soggetto esecutato, non sono state seguite le forme prescritte da tale disposizione. Ma tanto non rileva ai fini di causa sia a volere ritenere, come in passato ritenuto da questa Corte Cass., sez. 3, 30/11/2010, numero 24260 , che il provvedimento reso dal giudice dell'esecuzione abbia il contenuto e gli effetti di un provvedimento monitorio con conseguente prevalenza della sostanza sulla forma ed individuazione, quale rimedio esperibile, di quello previsto per il provvedimento con riguardo non già alla forma ed alla denominazione adottata dal giudice che l'ha pronunciato, ma al contenuto sostanziale dello stesso e, conseguentemente, agli effetti che esso è destinato a produrre Cass., sez. 1, 23/05/2003, numero 8190 Cass., sez. 3, 20/12/2005, numero 28233 Cass., sez. 3, 19/12/2006, numero 27143 Cass., sez. 3, 03/12/2009, numero 25394 Cass., sez. 3, 12/07/2011, numero 15341 sia a volere, invece, seguire il diverso orientamento applicato quanto al processo esecutivo, per il quale in ogni caso il provvedimento del giudice dell'esecuzione, anche quando esorbiti dai suoi poteri, non cessa di essere tale e, pertanto, da impugnare con l'opposizione agli atti esecutivi per tutte, proprio in relazione all'esecuzione per obblighi di fare Cass., sez. 3, 21/07/2016, numero 15015 Cass., sez. 3, 20/10/2021, ord. numero 29025 in relazione all'esecuzione per consegna o rilascio Cass., sez. 3, 17/05/2023, ord. numero 13530 . Infatti, le parti destinatarie della condanna contenuta nel provvedimento del giudice dell'esecuzione non se ne sono dolute in alcun modo ed esso è divenuto definitivo. 5.2. Anche se l'adozione di una erronea forma del provvedimento non può, quindi, spiegare alcuna incidenza sulla condanna alle spese, l'omessa impugnazione dell'ordinanza del Giudice dell'esecuzione da parte di To.Ma., diversamente da quanto ritenuto dal giudice a quo, preclude ogni contestazione in merito alla ripartizione interna delle spese di esecuzione, che avrebbe dovuto essere contrastata dall'odierna controricorrente con l'ordinaria opposizione ex articolo 645 cod. proc. civ. o, a tutto concedere, con quella ex articolo 617 cod. proc. civ. A tale soluzione si perviene anche alla luce della recente sentenza di questa Corte numero 12466 del 2023, alla cui motivazione si rimanda, con la quale si è avuto modo di puntualizzare che in tema di esecuzione degli obblighi di fare e di non fare, con l'opposizione al decreto ingiuntivo emesso dal giudice dell'esecuzione, ai sensi dell'articolo 614, secondo comma, cod. proc. civ., per il rimborso delle spese anticipate dalla parte istante, l'opponente può in tale sede far valere contestazioni circa la congruità delle spese, o l'avvenuta anticipazione delle stesse, ma non anche contestazioni con cui si neghi la debenza delle somme inerenti ad una o più opere eseguite, in quanto esorbitanti rispetto al titolo esecutivo e, dunque, concernenti l'effettiva portata del titolo stesso , oppure contestazioni inerenti al quomodo dell'esecuzione, giacché dette questioni devono proporsi, rispettivamente, con l'opposizione all'esecuzione, ex articolo 615, secondo comma, cod. proc. civ., o con l'opposizione agli atti esecutivi, ex articolo 617 c.p.c., e ciò al più tardi entro la chiusura del procedimento esecutivo, contenuta nel verbale delle operazioni dell'ufficiale giudiziario, compiute in ottemperanza all'ordinanza del giudice dell'esecuzione ex articolo 612 cod. proc. civ. Pertanto, qualora l'esecutato abbia sollevato le suddette questioni soltanto nell'ambito dell'opposizione al decreto ingiuntivo emesso ai sensi dell'articolo 614 cod. proc. civ., senza tempestivamente e previamente proporre l'opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi a seconda della natura della contestazione , il giudice non può riqualificare la domanda come se proposta ai sensi degli articolo 615 o 617 c.p.c., sia per la diversità degli ambiti operativi di queste ultime, rispetto a quella di cui all'articolo 645 c.p.c., sia perché - qualora il decreto sia stato emesso dopo il definitivo completamento delle opere, risultante dal verbale redatto dall'ufficiale giudiziario - non è più possibile proporre rimedi interni al procedimento esecutivo . Nella pronuncia richiamata si è, altresì, sottolineato che se è pur vero che, nell'esecuzione in forma specifica, gli articolo 612-614 c.p.c. non contempla no un atto del giudice che vi pone termine Cass. numero 8339/2003 e che l'ingiunzione può essere richiesta non soltanto al termine dell'esecuzione, ma anche nel corso di essa , come espressamente disposto dall'articolo 614 c.p.c., ciò non toglie che detto potere giurisdizionale si consuma in ogni caso con la chiusura della procedura esecutiva, contenuta nel verbale delle operazioni dell'ufficiale giudiziario, compiute in ottemperanza all'ordinanza del giudice dell'esecuzione, sempreché il verbale e l'ordinanza non siano stati impugnati per vizi concernenti la non conformità di quanto eseguito o disposto rispetto al titolo esecutivo così, Cass. numero 23182/2014 conf., Cass. numero 29347/2019 . Pertanto, allorquando il g.e. procede all'emissione del decreto ingiuntivo ex articolo 614 c.p.c ., egli è investito di un autonomo potere di cognizione, sommario ancorché funzionale al e derivante dal suo ruolo il decreto così adottato, però, non è un atto direttamente riferibile al processo esecutivo quand'anche emesso non già al termine dell'esecuzione, ma nel corso di essa, finalizzato com'è al conseguimento di un separato ed autonomo titolo esecutivo di condanna al pagamento di una somma, quand'anche collegata geneticamente al diverso procedimento di esecuzione in forma specifica e la sua notificazione determina la pendenza del relativo e distinto processo che da esso scaturisce, secondo la regola generale dettata dall'articolo 643 c.p.c., in tema di procedimento monitorio, se del caso seguito dalla fase a contraddittorio pieno, con l'opposizione ex articolo 645 c.p.c. . 5.3. Dai suesposti principi emerge evidente che, nel caso de quo, la disposta liquidazione solidale delle spese in capo alle tre esecutate - a prescindere da ogni valutazione circa la legittimazione passiva rispetto all'iniziativa esecutiva ex articolo 612 cod. proc. civ., ormai non più discutibile in mancanza di tempestiva proposizione di opposizione esecutiva sul punto - neppure può essere messa in discussione con riguardo alla ripartizione interna delle spese tra le esecutate, stante la definitività dell'ingiunzione ex articolo 614 cod. proc. civ. adottata dal Giudice dell'esecuzione, non opposta nei termini di legge ai sensi degli articolo 645 o 617 cod. proc. civ., ossia mediante l'introduzione di un autonomo procedimento di cognizione rientrante nella competenza funzionale dell'ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice dell'esecuzione stesso Cass., sez. 3, 10/04/2014, numero 9680 . L'incontestabilità dell'ingiunzione ex articolo 614 cod. proc. civ. impedisce, invero, in una successiva azione o in separata sede qualsiasi riferimento ad un eventuale diverso interesse nella causa in capo alle esecutate e impone di ritenere che, all'esito di una valutazione in questa sede non più sindacabile, il giudice dell'esecuzione, nel liquidare le spese, nell'esercizio del potere di cognizione allo stesso attribuito, abbia fatto applicazione dei criteri dettati dall'articolo 97 cod. proc. civ. Dal complesso delle norme contenute nella disposizione da ultimo richiamata risulta, infatti, che a se il giudice dispone in ordine alla ripartizione delle spese deve tenere conto dell'interesse di ciascuna parte nella causa e condannare proporzionalmente b con discrezionalità limitata, il giudice può pronunciare condanna solidale il limite della discrezionalità è dato dall'interesse comune c se il giudice non dispone, la ripartizione delle spese si fa per quote uguali. Si ricava da questo regolamento che la presunzione di solidarietà stabilita in linea generale dall'articolo 1294 cod. civ. per le obbligazioni con pluralità di debitori, e applicabile anche nel caso in cui l'obbligazione di eseguire la medesima prestazione sia posta a carico di più soggetti da una sentenza, incontra, appunto, l'eccezione, espressamente dettata dall'articolo 97 cod. proc. civ., dell'obbligazione relativa al rimborso delle spese legali Cass., sez. 1, 14/03/1968, numero 814 Cass., sez. 3, 06/06/1975, numero 2259 . Nel caso di pluralità di soccombenti, se la sentenza non statuisce sulla ripartizione delle spese, questa si fa per quote eguali, secondo quanto espressamente dispone l'ultimo comma dell'articolo 97 cod. proc. civ. Cass., sez. 2, 11/05/1967, numero 970 . Ora, nel caso in esame, il giudice dell'esecuzione ha pronunciato condanna solidale delle spese a carico delle tre esecutate e, in assenza di statuizione sulla ripartizione interna, deve reputarsi che abbia inteso che questa dovesse farsi per quote eguali, sia pure in solido a vantaggio dei beneficiari della liquidazione. 5.4. Tanto porta a ritenere che, nel rigettare il gravame affermando che l'ordinanza che ha chiuso il processo esecutivo ex articolo 612 cod. proc. civ. si sarebbe limitata a liquidare le spese sostenute dal creditore ed a porle a carico delle esecutate, senza entrare nel merito dei rapporti interni tra le sorelle, il Tribunale di Massa sia incorso nel vizio denunciato, per non avere adeguatamente valutato che la mancata impugnazione della liquidazione delle spese di esecuzione, operata dal giudice ai sensi dell'articolo 97 cod. proc. civ., giustifica l'esercizio, da parte dell'odierna ricorrente, dell'azione di regresso, nei confronti dell'odierna controricorrente, per il recupero della quota delle spese di esecuzione da quest'ultima dovuta. L'accoglimento del terzo motivo consente di ritenere assorbite le diverse questioni prospettate con i restanti motivi. 6. In definitiva, in accoglimento del terzo motivo di ricorso, assorbiti i restanti, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio al Tribunale di Massa, in persona di diverso magistrato, per nuovo esame, nonché per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso e dichiara assorbiti i restanti cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Massa, in persona di diverso magistrato, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.