Il rapporto fra ingiustificato arricchimento e obbligazione naturale

L’articolo 2041 c.c. pone come elementi costitutivi, a fondamento dell’azione di ingiustificato arricchimento, il fatto che l’incremento patrimoniale di un soggetto sia correlato, attraverso un nesso di causalità, al depauperamento di un altro, nonché il fatto che il detto arricchimento sia privo di una causa legittima. Pertanto, se l’incremento patrimoniale è conseguenza di un contratto, di un atto di liberalità o dell’adempimento di un’obbligazione naturale, esso non si può considerare un ingiustificato arricchimento […].

[…] Il rilievo secondo cui la prestazione ingiustificata rappresenti, in realtà, il semplice adempimento di un dovere morale o di un’obbligazione naturale, configura una mera difesa e non un’eccezione ed in quanto tale è soggetta al relativo regime delle preclusioni. Con l'ordinanza numero 23471 del 2 settembre 2024, la terza sezione civile della Corte di Cassazione ha affrontato il tema dell'indebito arricchimento, previsto dall'articolo 2041 c.c. e dei presupposti della relativa azione processuale. Il fatto La pronuncia della Corte si è mossa a partire dalla decisione della Corte d'Appello territoriale, che aveva confermato la sentenza di primo grado, con cui veniva rigettata la domanda di arricchimento senza giusta causa, proposta da uno dei due ex coniugi e volta ad ottenere la restituzione di somme di denaro, utilizzate per acquistare, in costanza di matrimonio, alcuni immobili, successivamente intestati in maniera non corrispondente al reale valore, nonché la restituzione del prezzo di acquisto dei mobili della casa coniugale, rimasta nella disponibilità dell'altro coniuge. Quest'ultimo, dal canto suo, aveva eccepito la prescrizione dell'azione di arricchimento senza causa, ritenendola comunque infondata ed aveva inoltre, proposto domanda riconvenzionale, per ottenere il pagamento del corrispettivo della compravendita della quota di un immobile, intestata all'attore e alla restituzione di alcuni canoni di locazione. I giudici di merito di entrambi i gradi avevano rigettato la domanda principale e quella riconvenzionale. Avverso la sentenza di secondo grado, l'attore ed appellante proponeva ricorso innanzi alla Corte di Cassazione. Gli elementi costitutivi dell'azione di ingiustificato arricchimento I Giudici della terza sezione hanno spiegato che l'articolo 2041 c.c. pone come elementi costitutivi, a fondamento dell'azione di ingiustificato arricchimento, l'incremento patrimoniale di un soggetto correlato, attraverso un nesso di causalità, al depauperamento di un altro, nonché il fatto che il detto arricchimento sia privo di una causa legittima. Pertanto, se l'incremento patrimoniale è conseguenza di un contratto, di un atto di liberalità o dell'adempimento di un'obbligazione naturale, esso non si può considerare un ingiustificato arricchimento Cass. civ. numero 16864/2023 numero 4909/2023 . A tal proposito, precisa il Collegio, la difesa processuale fondata sul rilievo che la prestazione asserita come ingiustificata rappresenta, in realtà, il semplice adempimento di un dovere morale o di un'obbligazione naturale, configura una mera difesa e non un'eccezione in senso stretto ed in quanto tale non è soggetta al relativo regime delle preclusioni. L'adempimento dell'obbligazione naturale Dopo aver fornito questi chiarimenti, la Suprema Corte ha ritenuto opportuno precisare che le attribuzioni o le prestazioni a carattere patrimoniale, effettuate da un coniuge a favore dell'altro, in costanza di matrimonio, così come quelle eseguite tra conviventi more uxorio, sono da intendersi come adempimento di una obbligazione naturale ex articolo 2034 cod. civ., in quanto espressione della solidarietà fra persone legate in modo stabile e duraturo. Tale valutazione, tuttavia, deve tener conto dei princìpi di proporzionalità ed adeguatezza, il cui contenuto va valutato alla luce di tutte le concrete circostanze del caso specifico, dovendo la prestazione risultare adeguata alle circostanze e proporzionata all'entità del patrimonio ed alle condizioni sociali dei componenti della famiglia. La verifica sulla sussistenza di detti caratteri è compito del giudice di merito, la cui valutazione è sindacabile, in sede di legittimità, esclusivamente in relazione all'eventuale sussistenza di vizi motivazionali.

Presidente De Stefano – Relatore Rossi Fatti di causa 1. Assumendo un arricchimento senza causa ai suoi danni, S.S. chiese giudizialmente la condanna di R.F., sua coniuge separata, al pagamento di determinate somme di denaro, a titolo di rimborso dei maggiori importi dall'attore asseritamente versati per l'acquisto e la ristrutturazione di immobili ubicati in OMISSIS , via OMISSIS , acquistati in costanza di matrimonio ed intestati in maniera non corrispondente ai rispettivi valori, nonché alla restituzione del prezzo di acquisto dei mobili in arredo alla casa coniugale, rimasti nella disponibilità della moglie. 2. Nel resistere, R.F., oltre ad eccepire la prescrizione dell'azione di arricchimento senza causa e comunque sostenerne la infondatezza, dispiegò domanda riconvenzionale per la condanna dell'attore al pagamento del corrispettivo della compravendita della quota di un immobile intestata a S.S., alla restituzione di canoni di locazione di immobili spettanti alla convenuta, al ritiro di beni mobili relitti dall'attore presso cespiti di proprietà convenuta. 3. All'esito del giudizio di prime cure, l'adito Tribunale di Forlì rigettò tutte le domande, proposte in via principale ed in via riconvenzionale. 4. La decisione in epigrafe indicata ha disatteso l'appello interposto da S.S 5. Ricorre per cassazione S.S., affidandosi a tre motivi, cui resiste, con controricorso, R.F 6. Ambedue le parti depositano memoria illustrativa. 7. Il Collegio si è riservato il deposito dell'ordinanza nel termine di cui al secondo comma dell'articolo 380-bis.1 cod. proc. civ Ragioni della decisione 1. In via preliminare, parte controricorrente ha eccepito l'esistenza di giudicato esterno sulle questioni oggetto del contendere in primis, sul fatto che il patrimonio di S.S. derivi in parte dalla sottrazione di somme appartenenti a R.F., per essersi il primo appropriato degli importi provenienti dalla vendita di immobili della seconda , formatosi per effetto delle sentenze rese dapprima dal Tribunale di Forlì, poi dalla Corte di appello di Bologna nel giudizio di separazione tra coniugi, divenute definitive a seguito del rigetto in parte qua della impugnazione di legittimità pronunciato da Cass. 04/04/2011, numero 7618. 1.1. L'eccezione è inammissibile, per distinte ed autonome ragioni. Parte controricorrente deduce di aver già sollevato l'eccezione «in comparsa conclusionale di primo grado e in comparsa di costituzione e risposta avanti alla Corte di appello di Bologna». Sulla introduzione della questione nel thema decidendum nei gradi di merito del giudizio, però, si limita alle testé trascritte generiche affermazioni, inosservanti del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, mancando la trascrizione - sia pure per stralci essenziali o per passaggi d'interesse - del contenuto degli scritti difensivi richiamati, dei quali è altresì omessa, in specifica violazione del disposto dell'articolo 366, primo comma, numero 6, cod. proc. civ., l'indicazione della collocazione nel fascicolo di ufficio e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità sul tema, ex plurimis, Cass., Sez. U., 27/12/2019, numero 34469 Cass., Sez. U., 18/03/2022, numero 8950 . Peraltro, pur ipotizzando la rituale proposizione dell'eccezione de qua, sulla stessa non spende parola la sentenza impugnata sicché l'odierna controricorrente, onde nuovamente sottoporre la stessa al vaglio di questa Corte, avrebbe dovuto spiegare ricorso incidentale lamentando la omessa pronuncia, rilevante ex articolo 112 cod. proc. civ. , non già ribadire l'argomentazione all'esclusivo fine di paralizzare l'accoglimento dell'avverso ricorso. 1.2. Ma l'eccezione di giudicato in discorso è inammissibile anche ove configurata come sollevata per la prima volta in cassazione. Se infatti è noto che nel giudizio di impugnazione di legittimità il giudicato esterno al pari di quello interno è financo rilevabile di ufficio dalla Suprema Corte, va d'altro canto rammentato che l'opponibilità di tale giudicato incontra un limite temporale afferente la sua formazione è orientamento consolidato, infatti, che il giudice di legittimità possa valutare direttamente e per la prima volta l'efficacia di giudicato soltanto in relazione a decisioni divenute definitive dopo la scadenza del termine ultimo per ogni allegazione difensiva in grado di appello cioè successivamente alla scadenza dei termini per il deposito di memorie di replica , in tal caso la produzione della sentenza con attestazione di passaggio in giudicato non trovando ostacolo nel divieto sancito dall'articolo 372 cod. proc. civ. ex plurimis, Cass. 28/07/2023, numero 23106 Cass. 02/09/2022, numero 25863 Cass. 04/02/2021, numero 2675 Cass. 31/05/2019, numero 14883 Cass. 22/01/2018, numero 1534 Cass., Sez. U, 16/06/2006, numero 13916 . Nella specie, quindi, inammissibilmente la controricorrente intende avvalersi di un giudicato esterno formatosi in epoca anteriore alla definizione del giudizio di appello concluso con la pronuncia gravata. 2. Il primo motivo di ricorso denuncia violazione dell'articolo 360, primo comma, numero 4, cod. proc. civ., «per avere la Corte di appello di Bologna valutato tempestiva l'eccezione di ricorrenza di obbligazione naturale avanzata da parte convenuta in primo grado e per la prima volta in comparsa conclusionale , senza opportuna valutazione del fatto che essa rappresentava eccezione in senso stretto, proponibile solo dalla parte, e solo in comparsa di costituzione e risposta, in quanto involgente - e con essa manifestantesi - un diritto potestativo che la parte può esercite o meno». 2.1. La doglianza è infondata. L'azione generale di ingiustificato arricchimento postula che la locupletazione di un soggetto a danno dell'altro sia avvenuta senza «giusta causa» l'assenza di questa, dunque, costituisce elemento che integra la fattispecie contemplata dall'articolo 2041 cod. civ In altri termini, colui che agisce con l'azione in parola è onerato di allegare che il proprio depauperamento, correlato da nesso di causalità con l'altrui arricchimento o con la causa di quest'ultimo, sia privo di una legittima causa dell'attribuzione o trasferimento patrimoniale e tanto concreta il fatto costitutivo tipico della domanda ex articolo 2041 del codice civile. In tal senso può correttamente intendersi, puntualizzandone i riverberi di natura processuale, il consolidato indirizzo esegetico di questa Corte che dalle esposte premesse inferisce che «non è dato invocare la mancanza o l'ingiustizia della causa qualora l'arricchimento sia conseguenza di un contratto, di un impoverimento remunerato, di un atto di liberalità o dell'adempimento di un'obbligazione naturale» cfr., ex plurimis, Cass. 13/06/2023, numero 16864 Cass. 16/02/2023, numero 4909 Cass. 16/02/2022, numero 5086 Cass. 24/06/2020, numero 12405 Cass. 07/06/2018, numero 14732 Cass. 15/05/2009, numero 11330 . A fronte di una domanda di ingiustificato arricchimento in tal guisa conformata, la deduzione della esistenza di un'obbligazione naturale quale ragione giustificante lo spostamento patrimoniale non concreta né comporta l'allegazione di un fatto ulteriore e diverso rispetto a quello posto a fondamento della domanda, munito di efficacia estintiva, impeditiva o modificativa del diritto ex adverso fatto valere si esula, in tutta evidenza, dal concetto di eccezione. Dedurre che la prestazione asserita come ingiustificata rappresenti in realtà l'adempimento di un dovere morale o sociale significa, a ben vedere, prospettare una differente veste giuridica alla vicenda fattuale narrata dalla parte istante l'ascrizione di una ragione causale alla attribuzione patrimoniale è, quindi, negazione del fatto costitutivo della domanda, ovvero, in altre parole, mera difesa, sottratta, in quanto tale, al regime preclusivo delle attività assertive delle parti stabilito dal codice di rito con riferimento alle eccezioni, di rito o di merito. Sulla scorta di ciò, ineccepibile si rivela la conforme qualificazione operata dal giudice territoriale, nonché la conseguente esclusione della tardività del rilievo, sol perché avvenuto per la prima volta con la comparsa conclusionale del giudizio di primo grado. Va, in conclusione, enunciato il seguente principio di diritto «in tema di azione di ingiustificato arricchimento di cui all'articolo 2041 cod. civ., la deduzione che l'attribuzione patrimoniale asseritamente priva di causa sia conseguenza dell'adempimento di un'obbligazione naturale configura una mera difesa, non un'eccezione, sicché non è soggetta al regime delle preclusioni dettate per il dispiegamento di quest'ultima». 3. Con il secondo motivo, per falsa applicazione degli articolo 2033 e 2041 cod. civ. in relazione all'articolo 360, primo comma, numero 3, cod. proc. civ., si lamenta la «sussunzione della fattispecie concreta acquisto immobile-rudere, ristrutturazione integrale con realizzazione di più unità immobiliari e divisione del compendio tra le parti, tuttavia in misura non equa entro una fattispecie giuridica articolo 2034 cod. civ. non pertinente e della quale non ricorrono i presupposti - violazione dell'articolo 116 cod. proc. civ., con imprudente valutazione del materiale probatorio ed errata ricostruzione del fatto». L'intera argomentazione del ricorrente si compendia, in sintesi, nel sostenere che l'attività posta in essere dagli allora coniugi acquisto, ristrutturazione, divisione dei cespiti era stata dagli stessi concepita e gestita, nella sua globalità, come un'operazione negoziale immobiliare, talché nemmeno ipotizzabile era un'obbligazione naturale. 3.1. La censura è inammissibile. A tacer della dubbia deducibilità della questione come ragione di impugnazione di legittimità, siccome apparentemente non sottoposta alla valutazione del giudice territoriale nella sentenza impugnata si narra, quale motivo di appello, della contestazione della proporzionalità dell'apporto del solvens, non della configurabilità in sé dell'obbligazione naturale nella vicenda , a suffragare l'inammissibilità del motivo basti osservare che la doglianza del ricorrente si risolve nel sollecitare questa Corte ad una nuova valutazione del materiale istruttorio acquisito nel corso del giudizio di merito, diretta ad una ricostruzione della quaestio facti in termini differenti da quella operata dal giudice di merito attività, tuttavia, del tutto estranee alla natura ed alla funzione del giudizio di legittimità. Ad ulteriore conforto di quanto sopra, si aggiunga poi che, per costante orientamento di nomofilachia, l'indagine sulla sussistenza di un dovere morale e sociale cioè di un'obbligazione naturale concreta un accertamento in fatto, riservato al giudice di merito, incensurabile in Cassazione se sorretto da motivazione sufficiente ed immune da vizi logici oltre alle citate Cass. numero 16864 del 2023 e Cass. numero 14732 del 2018, cfr., in specie, Cass. 01/07/2021, numero 18721 Cass. 13/03/2003, numero 3713 , anomalie motivazionali nel caso nemmeno adombrate. Inconferente è, da ultimo, la evocata violazione dell'articolo 116 cod. proc. civ., la quale abilita all'impugnazione di legittimità allorquando si deduca che il giudice di merito abbia disatteso il principio del libero apprezzamento delle prove in assenza di una deroga normativamente prevista ovvero, all'opposto, abbia valutato secondo prudente apprezzamento una prova o una risultanza probatoria soggetta a diverso regime Cass., Sez. U, 30/09/2020, numero 20867, cui adde Cass. 31/08/2020, numero 18092 Cass. 18/03/2019, numero 7618 e già Cass. 10/06/2016, numero 11892 vizi non prospettati dal ricorrente. 4. Il terzo motivo, con riferimento all'articolo 360, primo comma, numero 4, cod. proc. civ., prospetta «vizio di omessa pronuncia - error in procedendo - violazione dell'art 112 cod. proc. civ. - motivazione contraddittoria, insufficiente, apparente, perplessa in relazione ai requisiti della presenza di una prestazione spontanea che trova la sua giustificazione causale nella comunione di vita tra le parti e della proporzionalità tra la prestazione eseguita dal solvens, il patrimonio di cui l'adempiente dispone e l'interesse da soddisfare richiesti per la ricorrenza di obbligazione naturale ex articolo 2034 cod. civ.». 4.1. Anche questo motivo è inammissibile. Per fermo convincimento del giudice di nomofilachia, le attribuzioni patrimoniali o le prestazioni a carattere patrimoniale da un coniuge a favore dell'altro effettuate nel corso del matrimonio configurano, al pari di quelle eseguite tra conviventi more uxorio, l'adempimento di una obbligazione naturale ex articolo 2034 cod. civ., dacché espressione della solidarietà che avvince due persone unite da legame stabile e duraturo, a condizione, tuttavia, che siano rispettati i princìpi di proporzionalità ed adeguatezza, il cui contenuto va in concreto parametrato alle condizioni sociali ed economiche dei componenti della famiglia. Detto altrimenti, la proporzionalità ed adeguatezza va vagliata alla luce di tutte le circostanze del caso specifico, dovendo la prestazione risultare adeguata alle circostanze e proporzionata all'entità del patrimonio ed alle condizioni sociali del solvens pertanto, la verifica sulla sussistenza di detti caratteri è compito tipicamente devoluto al giudice di merito, sindacabile in sede di legittimità solo nei circoscritti limiti dei vizi motivazionali rilevanti ai sensi dell'articolo 360, primo comma, numero 5, cod. proc. civ. diffusamente, Cass. numero 16864 del 2023, cit. oltre alle pronunce citate supra, si veda Cass. 25/01/2016, numero 1266 . Orbene, proprio l'apprezzamento di natura fattuale sui connotati dell'attribuzione patrimoniale controversa parte ricorrente intende, al fondo, rimettere in discussione, ma per un verso, chiamando la Corte di legittimità ad un inammissibile riesame delle emergenze istruttorie d'altro canto, denunciando anomalie motivazionali non riconducibili a quelle legittimanti l'adizione del giudice di legittimità, circoscritte alla «mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico», alla «motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» ed alla «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile», esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di «sufficienza» della motivazione sul punto, basti il richiamo a Cass., Sez. U, 22/09/2014, numero 19881 e a Cass., Sez. U, 07/04/2014, numero 8053 . 5. Il ricorso è rigettato. 6. Il regolamento delle spese del giudizio di legittimità segue la regola della soccombenza, con liquidazione operata secondo la vigente normativa secondaria, in conformità alla nota depositata da parte controricorrente. 7. Atteso l'esito del ricorso, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente ufficio di merito da parte della ricorrente - ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, numero 115 - di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alla refusione in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura di euro 7.290 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori, fiscali e previdenziali, di legge.