Le società d’ambito godono di piena autonomia giuridica rispetto agli enti pubblici che le partecipano, non sussistendo alcun rapporto d'immedesimazione organica. Pertanto, anche i rapporti contrattuali tra gli stessi rientrano nella nozione di transazione commerciale di cui al d.lgs. numero 231/2002 in caso di ritardo nel pagamento di quanto dovuto alla società d'ambito per lo svolgimento del servizio di gestione dei rifiuti, il Comune è tenuto a corrispondere gli interessi moratori.
In questi termini si è espressa la Prima Sezione della Corte Suprema di Cassazione, con ordinanza numero 23386 del 30 agosto 2024. La questione in lite Un Ente comunale si opponeva al decreto ingiuntivo notificatogli dalla società che aveva incaricato della gestione del servizio di igiene ambientale. A sostegno dell'opposizione, il Comune eccepiva, per quanto d'interesse, il difetto di legittimazione attiva della società in quanto legata al Comune stesso da un rapporto d'immedesimazione organica. Nel corso del giudizio il Comune pagava il debito per sorte capitale e la società insisteva per il riconoscimento a suo favore anche degl'interessi ex d.lgs. 9 ottobre 2002, numero 231. Il Tribunale, prima, e la Corte d'Appello, poi, condannavano il Comune al pagamento degli interessi calcolati al tasso previsto dal citato d. lgs. 231/20022. Il Comune ha proposto ricorso per cassazione insistendo, tra l'altro, sulla sussistenza di un rapporto d'immedesimazione organica tra le società d'ambito e gli enti territoriali che vi partecipano e la non riconducibilità dei rapporti tra gli stessi alla nozione di transazione commerciale, nel senso di cui al d.lgs. numero 231 del 2002. Cos'è l'immedesimazione organica? La Corte ricorda in primo luogo che la posizione dell'ente pubblico partecipante all'interno della società è unicamente quella di socio in base al capitale conferito all'ente pubblico non è difatti consentito influire sul funzionamento della società attraverso l'esercizio dei suoi poteri pubblicistici, non essendo il legame partecipativo assimilabile ad una relazione interorganica, neppure nel caso in cui sia previsto il c.d. controllo analogo, mediante il quale l'azionista pubblico è in grado di esercitare un'influenza dominante sulla società partecipata. D'altronde il controllo analogo non comporta un'alterazione della natura privata della società, né incide, sotto il profilo giuridico-formale, sulla distinzione tra l'ente pubblico partecipante e l'ente privato societario, il quale resta pur sempre un centro autonomo d'imputazione di rapporti e posizioni giuridiche soggettive, diverso dall'ente partecipante cfr. Cass., 9 aprile 2024, numero 9593 Cass., 22 febbraio 2019, numero 5346 . Giurisdizione amministrativa o ordinaria? Tale rapporto di assoluta autonomia, in virtù del quale si ritiene preclusa all'ente partecipante la facoltà d'incidere unilateralmente sullo svolgimento del rapporto sociale e sull'attività della società mediante l'esercizio di poteri autoritativi o discrezionali – ritenendosi consentito soltanto il ricorso agli strumenti previsti dal diritto societario, da esercitarsi attraverso i membri di nomina pubblica presenti negli organi della società – ha indotto ad escludere anche la riconducibilità alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo della controversia avente ad oggetto l'annullamento di provvedimenti comunali di non approvazione del bilancio e conseguente revoca degli amministratori di società per azioni, anche nel caso in cui il Comune ne sia unico socio, e ad affermarne la spettanza al Giudice ordinario ciò in quanto gli atti impugnati non costituiscono espressione di potestà amministrativa, ma dei poteri conferiti al Comune dagli articolo 2383,2458 e 2459 c.c., e quindi manifestazione di una volontà essenzialmente privatistica, con la conseguenza che la posizione soggettiva degli amministratori revocati è configurabile in termini di diritto soggettivo cfr. Cass., S.U., 1° dicembre 2016, numero 24591 Cass., 23 gennaio 2015, numero 1237 Cass., 15 aprile 2005, numero 7799 . La società a partecipazione pubblica può fallire? Nella medesima prospettiva, si è ritenuto che la società a partecipazione pubblica esercente un'attività commerciale possa essere assoggettata a fallimento, ove ne ricorrano i presupposti, senza che assuma alcun rilievo, in contrario, la circostanza che la stessa risulti affidataria di servizi d'interesse pubblico o gestisca beni di natura demaniale, non creandosi in tal modo un rapporto d'immedesimazione organica, idoneo ad escluderne la sottoposizione alla procedura concorsuale cfr. Cass., 28 marzo 2023, numero 8794 . Che disciplina si applica ai dipendenti della società a partecipazione pubblica? La sussistenza di un rapporto d'immedesimazione con l'ente pubblico è stata inoltre esclusa in riferimento ai rapporti di lavoro del personale dipendente della società, i quali rimangono assoggettati alla disciplina del lavoro privato cfr. Cass., 22 marzo 2018, numero 7222 , ed ai profili di carattere fiscale, relativamente ai quali è stata riconosciuta la sussistenza di un autonomo titolo giuridico per la deduzione di costi e la detrazione dell'IVA anche per le operazioni poste in essere con l'ente partecipante cfr. Cass., 29 luglio 2021, numero 21658 . Alterità giuridica tra ente pubblico e società partecipata In definitiva, la Corte di Cassazione ritiene che l'esistenza di un rapporto di alterità giuridica tra la società a partecipazione pubblica e l'ente pubblico partecipante costituisca un dato ormai acquisito nella giurisprudenza di legittimità, rispetto al quale la qualificazione della società come longa manus della Pubblica Amministrazione e della sua organizzazione come mera articolazione interna della stessa, per effetto del controllo analogo esercitato dall'ente pubblico sugli organi e l'attività dell'ente privato, assumono rilievo esclusivamente ai fini della spettanza alla Corte dei conti della giurisdizione in ordine all'azione di responsabilità per danno erariale esercitata nei confronti degli amministratori, ai sensi dell'articolo 12, d.lgs. numero 175/2016 cfr., ex multis, Cass., S.U., 22 marzo 2023, numero 5569 ed ai fini dell'affidamento diretto di contratti ad opera dell'ente partecipante, a determinate condizioni in deroga alle regole dell'evidenza pubblica cfr. articolo 16, comma 1, d.lgs. numero 175/2016 , nonché, per converso, ai fini della necessaria applicazione di tali regole ai contratti stipulati dalla società per l'acquisto di lavori, beni e servizi cfr. articolo 16, comma 7, d.lgs. numero 175/2016 cfr. Tar Toscana, Firenze, 14/12/2017, numero 1566, citata dallo stesso ricorrente . Le società cc.dd. d'ambito Ad avviso della Suprema Corte i principi appena ricordati devono ritenersi applicabili anche alle società d'ambito costituite dagli enti territoriali per lo svolgimento dei servizi di gestione dei rifiuti ai sensi dell'articolo 23, comma 4, d.lgs. 5 febbraio 1997, numero 22, il quale consente a tal fine il ricorso alle forme previste dall'articolo 22 della legge 8 giugno 1990, numero 142, tra cui è compresa la società per azioni a prevalente capitale pubblico locale la società d'ambito costituisce infatti una modalità di gestione di un servizio esercitato in forma associativa e collettiva da tutti gli enti inclusi nell'ambito territoriale ottimale, i quali vi partecipano in qualità di soci, nominando gli organi sociali ed esercitando i loro diritti di socio in conformità della disciplina civilistica, affidando alla società lo svolgimento del servizio attraverso la stipulazione di appositi contratti, ed attribuendole le potestà pubbliche necessarie mediante provvedimenti di natura concessoria sicché anche il corrispettivo previsto dal contratto di affidamento non è qualificabile come un mero rimborso delle spese sostenute dalla società per il servizio svolto per conto dell'Amministrazione, costituendo piuttosto la controprestazione dovuta per la gestione dello stesso. L'autonoma soggettività giuridica delle società d'ambito Appurata l'autonomia soggettiva delle società d'ambito rispetto agli enti pubblici che vi partecipano, la Corte ritiene infondata la tesi sostenuta dal Comune, secondo cui il rapporto d'immedesimazione organica esistente tra la società e l'ente pubblico di cui costituisce espressione esclude la configurabilità di un rapporto contrattuale tra gli stessi, rientrante nell'alveo della nozione di transazione commerciale di cui al d.lgs. numero 231/2002. Ad avviso della Corte pertanto gli interessi moratori, introdotti da detto decreto in attuazione della direttiva 2000/35/UE, trovano applicazione a tutti i contratti tra imprese o tra queste e le Pubbliche Amministrazioni, comunque denominati, che implichino, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi, e sono quindi compatibili anche con il contratto di appalto, come definito dall'articolo 1655 c.c. cfr. Cass., 25 luglio 2023, numero 22260 . I giudici di legittimità concludono quindi affermando che, anche in caso di ritardo nel pagamento del corrispettivo dovuto alla società d'ambito per lo svolgimento del servizio di gestione dei rifiuti l'ente territoriale partecipante è tenuto al pagamento degl'interessi moratori al tasso previsto dall'articolo 4 del d.lgs. numero 231/2002, configurandosi la predetta prestazione non già come il rimborso delle spese sopportate da un'articolazione organizzativa dell'Amministrazione, ma come la contropartita dovuta per un servizio reso in esecuzione di un contratto di appalto stipulato tra soggetti diversi.
Presidente Valitutti – Relatore Mercolino Fatti di causa 1. Il Comune di OMISSIS convenne in giudizio l' OMISSIS S.p.a., proponendo opposizione al decreto ingiuntivo numero 17/07, emesso il 18 gennaio 2017, con cui il Tribunale di Catania, Sezione distaccata di OMISSIS , gli aveva intimato il pagamento della somma di Euro 4.216.255,53, oltre interessi, a titolo di corrispettivo per la gestione del servizio di igiene ambientale nel periodo compreso tra i mesi di gennaio e ottobre 2006. A sostegno dell'opposizione, eccepì l'erroneità della somma richiesta, l'esistenza di controcrediti per spese relative al personale comandato, all'utilizzazione dei locali ed ai consumi elettrici e telefonici, e il difetto di legittimazione attiva dell' OMISSIS , legata al Comune da un rapporto d'immedesimazione organica. Nel corso del giudizio, l' OMISSIS rinunciò alla domanda, limitatamente alla somma richiesta per sorte capitale, dando atto dell'intervenuto pagamento della stessa ed insistendo per la condanna del Comune al pagamento degl'interessi. 1.1. Con sentenza del 4 febbraio 2011, il Tribunale di Catania accolse parzialmente l'opposizione, revocando il decreto ingiuntivo e condannando il Comune al pagamento della somma di Euro 452.316,41, a titolo d'interessi calcolati al tasso previsto dal d.lgs. 9 ottobre 2002, numero 231. 2. L'impugnazione proposta dal Comune è stata rigettata dalla Corte d'appello di Catania, che con sentenza dell'8 gennaio 2018 ha parzialmente accolto l'appello incidentale proposto dall' OMISSIS , condannando il Comune al pagamento degl'interessi legali sulla somma di Euro 452.316,41, con decorrenza dalla data di pagamento delle fatture. A fondamento della decisione, la Corte ha dichiarato inammissibile il motivo d'impugnazione riguardante la legittimazione attiva, rilevando che il Comune si era limitato a ribadire le proprie argomentazioni, senza curarsi di confutare le considerazioni con cui il Tribunale aveva escluso la configurabilità del rapporto d'immedesimazione organica. Ha ritenuto comunque condivisibili tali considerazioni, osservando che la previsione contrattuale dell'emissione delle fatture e dell'obbligo di rimborso delle relative somme sarebbe stata priva di senso, ove il soggetto che le aveva emesse non avesse potuto agire per la riscossione. Ha confermato inoltre l'applicabilità del d.lgs. numero 231 del 2002, rilevando che l'appellante non aveva fornito la prova dell'avvenuta emissione delle fatture per il rimborso di spese anticipate, ed aggiungendo che nelle stesse risultavano chiaramente indicati dei servizi. 3. Avverso la predetta sentenza il Comune ha proposto ricorso per cassazione, articolato in cinque motivi, illustrati anche con memoria. L' OMISSIS ha resistito con controricorso, proponendo ricorso incidentale condizionato, affidato ad un solo motivo, ed anch'esso illustrato con memoria. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo d'impugnazione, il Comune denuncia la nullità della sentenza impugnata per violazione dell'articolo 132, secondo comma, numero 4 cod. proc. civ. e dell'articolo 111, sesto comma, Cost., nonché l'omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, censurando la sentenza impugnata per aver omesso di esaminare la questione riguardante il rapporto d'immedesimazione esistente tra l'Amministrazione e l' OMISSIS . Sostiene infatti che la motivazione della sentenza impugnata non consente di comprendere le ragioni che hanno determinato il rigetto delle censure formulate al riguardo, avendo la Corte territoriale omesso di valutarle, ed avendo ritenuto sufficiente, ai fini della prova dell'autonomia delle parti e dell'esistenza dell'operazione commerciale, l'avvenuta emissione delle fatture da parte dell' OMISSIS . 2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione degli articolo 81,110 e 112 cod. proc. civ., dell'articolo 113 del d.lgs. 18 agosto 2000, numero 267, dell'articolo 13 del d.l. 4 luglio 2006, numero 223, dell'articolo 23bis del d.l. 25 giugno 2008, numero 112 e dell'articolo 15 del d.l. 25 settembre 2009, numero 135, nonché l'omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, osservando che, nel ritenere provata l'autonomia delle parti, la sentenza impugnata non ha tenuto conto della natura dell' OMISSIS , società d'ambito costituita per la gestione ottimale dei rifiuti in adempimento di disposizioni adottate dal Commissario delegato per l'emergenza rifiuti nella Regione Sicilia. Premesso che per tali società il legislatore ha previsto un vero e proprio trasferimento di funzioni da parte dei Comuni, afferma che il rapporto che s'instaura con l'Amministrazione è riconducibile allo schema della delegazione interorganica, in virtù del quale la società deve considerarsi una longa manus del Comune, dal quale dipende e con il quale s'identifica. Aggiunge che, in quanto costituita per legge, anziché per contratto, totalmente partecipata da enti pubblici ed assoggettata all'influenza dominante di pubblici poteri, la società può considerarsi solo formalmente privata, risultando sostanzialmente assimilabile ad un ente pubblico territoriale essa rappresenta soltanto una modalità obbligatoria di gestione di un servizio attribuito in forma associativa e collettiva a tutti gli enti inclusi nell'Ambito territoriale ottimale, e non può quindi essere titolare di diritti da far valere nei confronti del Comune. 3. Con il terzo motivo, il Comune lamenta la violazione e la falsa applicazione dell'articolo 100 cod. proc. civ., degli articolo 1324 e ss. cod. civ. e dell'articolo 113 del d.lgs. numero 267 del 2000, sostenendo che il rapporto con l' OMISSIS non ha la sua fonte in un contratto, e le somme ad essa corrisposte non costituiscono la controprestazione di un servizio, ma il rimborso delle spese sostenute per la gestione dello stesso per conto dell'Amministrazione. Ribadisce che la società d'ambito non ha la qualità di terzo rispetto al Comune, essendo legata a quest'ultimo da un rapporto organico o di delegazione interorganica, e le controversie che insorgono con la stessa costituiscono vicende interne all'Amministrazione l'adozione della formula societaria rappresenta soltanto il mezzo per rendere più efficace e funzionale l'attività economica, mantenendo l'impresa uno spiccato rilievo pubblicistico, in virtù del quale è qualificabile come organismo di diritto pubblico, ed è assoggettata al controllo della Corte dei conti. 4. Con il quarto motivo, il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione degli articolo 1 e 2 del d.lgs. numero 231 del 2002 e delle direttive del Parlamento Europeo nnumero 35/2000 e 7/2011 e l'omesso esame di fatti controversi e decisivi per il giudizio, nonché la violazione degli articolo 113116 cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata per violazione dell'articolo 132, secondo comma, numero 4 cod. proc. civ. e il travisamento dei fatti, osservando che, nell'individuare l'oggetto delle fatture prodotte in giudizio, la Corte territoriale ha travisato il contenuto dell'atto di appello, avendo ritenuto, contrariamente al vero, che esso ricorrente avesse dichiarato che le fatture fossero state emesse soltanto per il rimborso delle spese anticipate. Premesso inoltre che l'ambito di applicazione del d.lgs. numero 231 del 2002 è limitato ai pagamenti da effettuarsi a titolo di corrispettivo per transazioni commerciali, sostiene di non avere alcun rapporto commerciale con l' OMISSIS , non essendo questa ultima una società esercente un'attività commerciale, ma una società la cui costituzione è stata imposta dalla legge, ed avente come soci gli stessi Comuni, i quali esercitano su di essa un controllo analogo a quello esercitato sui propri uffici. 5. Con il quinto motivo, il Comune deduce la violazione e la falsa applicazione degli articolo 199 e ss. del d.lgs. 3 aprile 2006, numero 152, dell'articolo 97 Cost. e degli articolo 34, commi ventesimo e ventitreesimo, del d.l. 18 ottobre 2012, numero 179, sostenendo che l'applicazione degl'interessi moratori previsti dal d.lgs. numero 231 del 2002, in caso di ritardo nei pagamenti, si pone in contrasto con gli obiettivi di economicità, socialità, efficienza e qualità del servizio perseguiti dal legislatore attraverso la previsione dell'affidamento del servizio di gestione dei rifiuti a società in house, trattandosi di un debito privo di copertura finanziaria, che andrebbe a vantaggio esclusivamente della società partecipata, a titolo di risarcimento del danno. 6. Con il primo motivo del ricorso incidentale condizionato, l' OMISSIS lamenta la violazione degli articolo 115, primo comma, 153 e 183, sesto comma, cod. proc. civ., nonché l'omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, censurando la sentenza impugnata per aver ritenuto assorbito l'appello incidentale, con cui essa controricorrente aveva dedotto l'inammissibilità dell'eccezione d'improponibilità della domanda sollevata dal Comune in relazione all'asserita sussistenza di un rapporto d'immedesimazione tra le parti. Premesso che con l'atto di opposizione il Comune si era limitato ad eccepire l'insussistenza parziale del credito azionato e la compensazione con il proprio controcredito relativo al rimborso delle spese sostenute per l'utilizzazione di beni e risorse, osserva che il rapporto d'immedesimazione era stato fatto valere soltanto con la memoria di cui all'articolo 183, sesto comma, numero 1 cod. proc. civ., la quale aveva pertanto comportato l'introduzione di un nuovo tema d'indagine. Aggiunge che, in quanto riguardante non già la legittimazione attiva, ma la titolarità attiva del credito azionato, la predetta eccezione avrebbe dovuto essere sollevata dal Comune nella prima difesa utile, identificabile nello atto di opposizione al decreto ingiuntivo. 7. Con il secondo motivo, la controricorrente insiste sulla violazione degli articolo 115, primo comma, 153 e 183, sesto comma, cod. proc. civ., nonché sull'omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, censurando la sentenza impugnata per aver ritenuto assorbito l'appello incidentale, con cui essa controricorrente aveva dedotto l'inammissibilità della questione riguardante l'applicabilità degl'interessi previsti dal d.lgs. numero 231 del 2002, in quanto sollevata dal Comune soltanto nella comparsa conclusionale depositata nel giudizio di primo grado. 8. Prioritario rispetto all'esame del ricorso principale è quello del ricorso incidentale condizionato, con cui la controricorrente insiste sull'inammissibilità delle questioni riguardanti la configurabilità di un rapporto d'immedesimazione organica tra le parti e l'inapplicabilità degl'interessi di cui al d.lgs. numero 231 del 2002, da essa dedotta con l'appello incidentale, e non esaminata dalla sentenza impugnata. Qualora infatti, come nella specie, questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito, rilevabili d'ufficio, non abbiano costituito oggetto di decisione esplicita o implicita da parte del giudice di merito, il ricorso incidentale proposto dalla parte interamente vittoriosa dev'essere esaminato con priorità rispetto a quello principale della parte soccombente, anche se proposto condizionatamente all'accoglimento di quest'ultimo, giacché l'interesse al ricorso sorge per il fatto stesso che la vittoria conseguita sul merito è resa incerta dalla proposizione del ricorso principale e non dalla sua eventuale fondatezza, e che le regole processuali concernenti l'ordine logico delle questioni da definire, applicabili anche al giudizio di legittimità, non subiscono deroghe su sollecitazione delle parti cfr. Cass., Sez. lav., 12/08/2022, numero 24750 Cass., Sez. III, 14/03/2018, numero 6138 1/03/2007, numero 4795 . 8.1. Il ricorso incidentale è peraltro infondato. Avendo ad oggetto la sussistenza di un rapporto contrattuale con l' OMISSIS , priva di autonoma soggettività in quanto configurabile come mera articolazione organizzativa dell'Amministrazione, e la conseguente inapplicabilità della disciplina introdotta dal d.lgs. numero 231 del 2002, le questioni sollevate dal Comune attenevano alla titolarità attiva e passiva del diritto azionato ed alla misura degl'interessi moratori legalmente applicabile all'obbligazione controversa, e non potevano quindi considerarsi inammissibili, anche se proposte, rispettivamente, nella memoria di cui all'articolo 183, sesto comma, numero 1 cod. proc. civ. e nella comparsa conclusionale esse costituivano infatti mere difese, essendo rilevabili anche d'ufficio da parte del Giudice di primo grado, la prima se fondata su elementi di fatto risultanti dagli atti di causa cfr. Cass., Sez. Unumero , 16/02/2016, numero 2951 Cass., Sez. lav., 1/09/2021, numero 23721 Cass., Sez. III, 15/05/2018, numero 11744 , la seconda in base al principio jura novit curia, che impone al giudice di ricercare ed applicare la disciplina speciale che regola, in determinate materie, la misura degl'interessi legali in maniera difforme da quella generale cfr. Cass., Sez. I, 28/08/2000, numero 11225 . 9. Passando all'esame del ricorso principale, è infondato il primo motivo, riflettente il difetto di motivazione della sentenza impugnata. La Corte territoriale non ha affatto omesso di esaminare le censure formulate con l'atto di appello, ma le ha dichiarate inammissibili, in quanto volte a ribadire le argomentazioni disattese dalla sentenza di primo grado, e non accompagnate da deduzioni volte a confutare le ragioni poste a fondamento della stessa nonostante tale rilievo, avente carattere pregiudiziale, le ha prese in esame anche nel merito, richiamando il nucleo essenziale delle considerazioni, da essa ritenute interamente condivisibili, in virtù delle quali il Tribunale aveva escluso la sussistenza di un rapporto d'immedesimazione organica tra le parti. In quanto recante un'esposizione concisa ma intellegibile delle ragioni di natura processuale e sostanziale per cui l'appello è stato rigettato, tale motivazione deve ritenersi idonea ad attingere la soglia del minimo costituzionale prescritto dall'articolo 111, sesto comma, Cost. e dall'articolo 132, secondo comma, numero 4 cod. proc. civ., ai fini del quale non occorre che il giudice esamini tutte le deduzioni delle parti, ma è sufficiente che dalle considerazioni svolte possa desumersi con chiarezza il percorso logico-giuridico seguito per giungere alla decisione, sì da doversi ritenere implicitamente disattese tutte le argomentazioni con esso incompatibili cfr. Cass., Sez. III, 9/02/2021, numero 3126 15/11/ 2019, numero 29721 Cass., Sez. VI, 2/12/2014, numero 25509 . In quest'ottica, può considerarsi conforme al dettato delle norme citate anche la sentenza di appello che, come quella in esame, richiami integralmente la motivazione di quella di primo grado, purché il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione, ovvero dell'identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, in modo tale che dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente cfr. Cass., Sez. I, 5/08/2019, numero 20883 19/07/2016, numero 14786 Cass., Sez. lav. 5/11/2018, numero 28139 . Nella specie, peraltro il rinvio alla sentenza di primo grado, ai fini del rigetto dell'appello nel merito, trova ampia giustificazione proprio nel pregiudiziale rilievo della genericità delle censure proposte dall'appellante, la cui portata meramente riproduttiva delle deduzioni svolte in primo grado escludeva la necessità di replicarvi in dettaglio come ripetutamente affermato da questa Corte, infatti, l'articolo 342 cod. proc. civ., nel testo modificato dall'articolo 54, comma primo, del d.l. 22 giugno 2012, numero 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, numero 134, dev'essere interpretato nel senso che l'appello, pur non richiedendo l'uso di forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione, da contrapporre a quella di primo grado, deve contenere, a pena d'inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice cfr. Cass., Sez. Unumero , 13/12/2022, numero 36481 16/11/2017, numero 27199 Cass., Sez. VI, 30/05/2018, numero 13535 . L'assenza di quest'ultima parte dispensa pertanto il giudice d'appello dal dovere di fornire una risposta ai motivi d'impugnazione, il cui esame si risolverebbe in una mera duplicazione delle argomentazioni svolte dal giudice di primo grado, e quindi in un inutile dispendio di attività decisoria, in contrasto con i principi di economia cui devono essere improntati lo svolgimento e la definizione del processo. 10. Sono parimenti infondati gli altri motivi, riguardanti la sussistenza di un rapporto d'immedesimazione organica tra le società d'ambito e gli enti territoriali che vi partecipano e la riconducibilità dei rapporti tra gli stessi intercorrenti alla nozione di transazione commerciale, nel senso di cui al d.lgs. numero 231 del 2002. In tema di società a partecipazione pubblica, questa Corte ha infatti affermato che la posizione dell'ente pubblico partecipante all'interno della società è unicamente quella di socio in base al capitale conferito, non essendogli consentito d'influire sul funzionamento della società attraverso l'esercizio dei suoi poteri pubblicistici e non essendo il legame partecipativo assimilabile ad una relazione interorganica, neppure nel caso in cui sia previsto il c.d. controllo analogo, mediante il quale l'azionista pubblico è in grado di esercitare un'influenza dominante sulla società partecipata, giacché tale controllo non comporta un'alterazione della natura privata della società, né incide, sotto il profilo giuridico-formale, sulla distinzione tra l'ente pubblico partecipante e l'ente privato societario, il quale resta pur sempre un centro autonomo d'imputazione di rapporti e posizioni giuridiche soggettive, diverso dall'ente partecipante cfr. Cass., Sez. I, 9/04/2024, numero 9593 22/02/2019, numero 5346 . Tale rapporto di assoluta autonomia, in virtù del quale si ritiene preclusa all'ente partecipante la facoltà d'incidere unilateralmente sullo svolgimento del rapporto sociale e sull'attività della società mediante l'esercizio di poteri autoritativi o discrezionali, ritenendosi consentito soltanto il ricorso agli strumenti previsti dal diritto societario, da esercitarsi attraverso i membri di nomina pubblica presenti negli organi della società, ha indotto tra l'altro ad escludere la riconducibilità alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo della controversia avente ad oggetto l'annullamento di provvedimenti comunali di non approvazione del bilancio e conseguente revoca degli amministratori di società per azioni, anche nel caso in cui il Comune ne sia unico socio, e ad affermarne la spettanza al Giudice ordinario, in virtù dell'osservazione che gli atti impugnati non costituiscono espressione di potestà amministrativa, ma dei poteri conferiti al Comune dagli articolo 2383,2458 e 2459 cod. civ., e quindi manifestazione di una volontà essenzialmente privatistica, con la conseguenza che la posizione soggettiva degli amministratori revocati è configurabile in termini di diritto soggettivo cfr. Cass., Sez. Unumero , 1/12/2016, numero 24591 23/01/2015, numero 1237 15/04/2005, numero 7799 . Nella medesima prospettiva, si è ritenuto che la società a partecipazione pubblica esercente un'attività commerciale possa essere assoggettata a fallimento, ove ne ricorrano i presupposti, senza che assuma alcun rilievo, in contrario, la circostanza che la stessa risulti affidataria di servizi d'interesse pubblico o gestisca beni di natura demaniale, non creandosi in tal modo un rapporto d'immedesimazione organica, idoneo ad escluderne la sottoposizione alla procedura concorsuale cfr. Cass., Sez. I, 28/03/2023, numero 8794 in proposito si è osservato in particolare che, mentre l'articolo 1 del r.d. 16 marzo 1942, numero 267 esclude dall'area della concorsualità gli enti pubblici, le società pubbliche restano assoggettate alle norme del codice civile cfr. articolo 4, comma tredicesimo, del d.l. 6 luglio 2012, numero 95, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, numero 135, e articolo 1, comma terzo, del d.lgs. 19 agosto 2016, numero 175 , nonché a quelle sul fallimento, sul concordato preventivo e sull'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi cfr. articolo 14 d.lgs. numero 175 del 2016 , aggiungendosi che vanno respinte le suggestioni dirette alla compenetrazione sostanzialistica tra tipi societari e qualificazioni pubblicistiche, al di fuori della riserva di legge di cui all'articolo 4 della legge 20 marzo 1975, numero 70, che vieta la istituzione di enti pubblici se non in forza di un atto normativo cfr. Cass., Sez. I, 7/02/ 2017, numero 3196 . La sussistenza di un rapporto d'immedesimazione con l'ente pubblico è stata inoltre esclusa in riferimento ai rapporti di lavoro del personale dipendente della società, i quali rimangono assoggettati alla disciplina del lavoro privato cfr. Cass., Sez. lav., 22/03/2018, numero 7222 , ed ai profili di carattere fiscale, relativamente ai quali è stata riconosciuta la sussistenza di un autonomo titolo giuridico per la deduzione di costi e la detrazione dell'IVA anche per le operazioni poste in essere con l'ente partecipante cfr. Cass., Sez. V, 29/07/2021, numero 21658 . In definitiva, può dirsi che l'esistenza di un rapporto di alterità giuridica tra la società a partecipazione pubblica e l'ente pubblico partecipante costituisce un dato ormai acquisito nella giurisprudenza di legittimità, rispetto al quale la qualificazione della società come longa manus della Pubblica Amministrazione e della sua organizzazione come mera articolazione interna della stessa, per effetto del controllo analogo esercitato dall'ente pubblico sugli organi e l'attività dell'ente privato, assumono rilievo esclusivamente ai fini della spettanza alla Corte dei conti della giurisdizione in ordine all'azione di responsabilità per danno erariale esercitata nei confronti degli amministratori, ai sensi dell'articolo 12 del d.lgs. numero 175 del 2016 cfr. Cass., Sez. Unumero , 22/02/2023, numero 5569 28/06/2022, numero 20632 18/05/2022, numero 15979 ed ai fini dell'affidamento diretto di contratti ad opera dell'ente partecipante, a determinate condizioni, in deroga alle regole dell'evidenza pubblica cfr. articolo 16, comma primo, del d.lgs. numero 175 del 2016 , nonché, per converso, ai fini della necessaria applicazione di tali regole ai contratti stipulati dalla società per l'acquisto di lavori, beni e servizi cfr. articolo 16, comma settimo, del d.lgs. numero 175 del 2016 cfr. Tar Toscana, Firenze, 14/12/2017, numero 1566, citata dallo stesso ricorrente . 10.1. Tali principi devono ritenersi applicabili anche alle società d'ambito costituite dagli enti territoriali per lo svolgimento dei servizi di gestione dei rifiuti ai sensi dell'articolo 23, comma quarto, del d.lgs. 5 febbraio 1997, numero 22, il quale consente a tal fine il ricorso alle forme previste dall'articolo 22 della legge 8 giugno 1990, numero 142, tra cui è compresa la società per azioni a prevalente capitale pubblico locale la società d'ambito costituisce infatti una modalità di gestione di un servizio esercitato in forma associativa e collettiva da tutti gli enti inclusi nell'ambito territoriale ottimale, i quali la costituiscono e vi partecipano in qualità di soci, nominando gli organi sociali ed esercitando i loro diritti di socio in conformità della disciplina civilistica, affidando alla società lo svolgimento del servizio attraverso la stipulazione di appositi contratti, ed attribuendole le potestà pubbliche necessarie mediante provvedimenti di natura concessoria, sicché anche il corrispettivo previsto dal contratto di affidamento non è qualificabile come un mero rimborso delle spese sostenute dalla società per il servizio svolto per conto dell'Amministrazione, costituendo piuttosto la controprestazione dovuta per la gestione dello stesso. Nessun rilievo può assumere, in contrario, l'obbligatorietà della costituzione delle società d'ambito, che consente di provvedervi anche d'autorità, in mancanza di un'iniziativa volontaria degli enti territoriali interessati, trattandosi, come precisato dalla stessa giurisprudenza amministrativa richiamata dalla difesa del ricorrente, di una caratteristica collegata alla gestione ottimale dei servizi pubblici locali per ambiti territoriali omogenei, prevista dalla normativa più recente in conformità ai principi comunitari di adeguatezza ed efficienza dell'organizzazione, che ha comportato il superamento del modello fondato sulla gestione frammentaria dei servizi da parte dei singoli comuni cfr. Tar Sicilia, Palermo, 10/05/2006, numero 1061 , ma non incide sulla natura delle predette società, dotate di personalità giuridica distinta da quella degli enti pubblici che vi partecipano, nonché di autonomia organizzativa, patrimoniale e finanziaria. Parimenti ininfluente deve ritenersi il trasferimento di beni e funzioni disposto dagli enti pubblici partecipanti in favore della società d'ambito al fine di consentirle di esercitare la propria attività, configurandosi lo stesso come un fenomeno di successione tra enti cfr. Tar Sicilia, Catania, 26/10/2006, numero 1993 2/12/2003, numero 1974 , attuato mediante atti negoziali o provvedimenti amministrativi, che, lungi dallo smentire, conferma semmai la distinzione tra le rispettive sfere giuridiche, in assenza della quale l'attribuzione potrebbe aver luogo mediante atti aventi efficacia meramente interna all'organizzazione dell'ente pubblico. 10.2. L'autonoma soggettività giuridica di cui sono dotate le società d'ambito rispetto agli enti pubblici che vi partecipano consente di ritenere infondata anche la tesi sostenuta dalla difesa del Comune, secondo cui il rapporto d'immedesimazione organica esistente tra la società e l'ente pubblico di cui costituisce espressione esclude la configurabilità di un rapporto contrattuale tra gli stessi, riconducibile alla nozione di transazione commerciale di cui al d.lgs. numero 231 del 2006. Quanto poi all'inapplicabilità di tale decreto ai rapporti con le Pubbliche Amministrazioni, va richiamato il principio enunciato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui, in quanto aventi funzione deterrente e risarcitoria nei confronti dei debitori inadempienti al pagamento del corrispettivo nelle transazioni commerciali, gl'interessi moratori introdotti dal medesimo decreto in attuazione della direttiva 2000/35/UE trovano applicazione a tutti i contratti tra imprese o tra queste e le Pubbliche Amministrazioni, comunque denominati, che implichino, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi, e sono quindi compatibili anche con il contratto di appalto, come definito dall'articolo 1655 cod. civ. cfr. Cass., Sez. III, 25/07/2023, numero 22260 . L'operatività del d.lgs. numero 231 del 2002 nei rapporti con le Pubbliche Amministrazioni ha trovato conferma anche in materia sanitaria, con riferimento alle prestazioni erogate in favore dei soggetti assistiti dal Servizio sanitario nazionale da strutture private operanti in regime di accreditamento o pre-accreditamento, essendo stato affermato che la connotazione pubblicistica del rapporto intercorrente con l'ente pubblico competente non esclude, in caso di ritardo nel pagamento delle somme dovute a titolo di corrispettivo, la natura negoziale dell'atto fondante la pretesa al pagamento degl'interessi moratori, la cui causa resta sempre e comunque riconducibile allo schema civilistico del contratto a prestazioni corrispettive, ancorché inquadrato nello ambito dell'intervento pubblico, in quanto scaturente da un contratto con cui l'ente assume l'obbligo di retribuire, alle condizioni e nei limiti ivi indicati, determinate prestazioni di cura erogate dalla struttura privata cfr. Cass., Sez. Unumero , 14/12/2023, numero 35092 Cass., Sez. III, 2/07/2019, numero 17665 13/ 07/2017, numero 17341 11/10/2016, numero 20391 14/07/2016, numero 14349 . Può quindi ritenersi che, anche in caso di ritardo nel pagamento del corrispettivo dovuto alla società d'ambito per lo svolgimento del servizio di gestione dei rifiuti l'ente territoriale partecipante sia tenuto al pagamento degl'interessi moratori al tasso previsto dall'articolo 4 del d.lgs. numero 231 del 2002, configurandosi la predetta prestazione non già come il rimborso delle spese sopportate da un'articolazione organizzativa dell'Amministrazione, ma come la contropartita dovuta per un servizio reso in esecuzione di un contratto di appalto stipulato tra soggetti diversi. La riconducibilità del contratto di appalto pubblico alla nozione di transazione commerciale, nel senso previsto dall'articolo 2, lett. a , del d.lgs. numero 231 del 2002 trova d'altronde conforto nella giurisprudenza unionale, la quale, nel fornire l'interpretazione della direttiva 2000/35/UE, con effetto vincolante per il giudice nazionale, ha affermato che tale contratto rientra nell'ambito di applicazione ratione materiae della direttiva, implicando la consegna di «merci» o la prestazione di «servizi», ai sensi degli articoli 28 e 57 del TFUE, aggiungendo che l'esclusione delle transazioni commerciali relative agli appalti pubblici dal beneficio dei meccanismi di lotta contro i ritardi di pagamento previsti dalla direttiva 2000/35/UE contrasterebbe con l'obiettivo di tale direttiva e avrebbe necessariamente la conseguenza di ridurre l'effetto utile dei suddetti meccanismi, anche rispetto alle transazioni che possono coinvolgere operatori provenienti da diversi Stati membri, e precisando inoltre che nel settore degli appalti pubblici i ritardi di pagamento possono porre problemi molto più rilevanti che in altri settori cfr. Corte di Giustizia UE, sent. 18/11/2020, in causa C299/19, Techbau S.p.a. v. anche, in materia sanitaria, sent. 28/01/2020, in causa C122/18, Commissione c. Italia . Non può quindi condividersi la tesi sostenuta dalla difesa del Comune, secondo cui l'applicazione del d.lgs. numero 231 del 2002 ai rapporti tra la società d'ambito e gli enti pubblici partecipanti si porrebbe in contrasto con gli obiettivi di economicità, socialità, efficienza e qualità del servizio, il cui perseguimento, oltre a non giustificare l'inosservanza da parte dell'ente pubblico dei termini previsti per l'adempimento delle sue obbligazioni, non può andare a detrimento dell'equilibrio economico-finanziario della società partecipata, che risulterebbe compromesso in caso di grave e reiterato ritardo nella remunerazione delle prestazioni rese. 11. Entrambi i ricorsi vanno pertanto rigettati, con l'integrale compensazione delle spese processuali, avuto riguardo alla reciproca soccombenza. P.Q.M. rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale. Compensa integralmente le spese processuali. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, inserito dall'articolo 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, numero 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale e il ricorso incidentale dal comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.