Dichiarazione dello stato di adottabilità di un minore: quali valutazioni è necessario compiere?

In tema di dichiarazione di adottabilità di minori, la dichiarazione dello stato di abbandono morale e materiale richiede un accertamento in concreto e nell’attualità dei presupposti, all’esito di un attento monitoraggio delle figure genitoriali e dei parenti entro il quarto grado disponibili ad accudire il bambino, al fine di stabile se il best interest del minore sia quello di crescere nella famiglia di origine o altrove [ ].

[ ] Valutando poi, ove i genitori risultino inidonei, le capacità vicarianti dei menzionati familiari anche con l’ausilio di interventi di supporto, ovvero la possibilità di procedere ad un’adozione mite, eventualità queste ultime in grado di impedire la dichiarazione di adottabilità, e comunque verificando la presenza delle condizioni per mantenere, sempre nell’interesse del minore, incontri tra il medesimo e detti familiari, pur a seguito della dichiarazione di adottabilità. Fatti di causa Il Tribunale per i Minorenni di Milano, a seguito di un procedimento aperto a tutela di un minore, accertato lo stato di abbandono morale e materiale del bambino emetteva sentenza con la quale veniva dichiarato lo stato di adottabilità di quest'ultimo. La nonna materna del piccolo, appena ricevuta la decisione ricorreva avanti la Corte d'Appello che, vista la situazione molto complessa, disponeva una CTU al fine di valutare le competenze genitoriali della madre del minore e della ricorrente. Espletata la Consulenza Tecnica nonché esaminate le risultanze dell'istruttoria e richiamate le relazioni del servizio sociale, la Corte d'Appello di Milano respingeva il gravame della ricorrente. Secondo la Corte territoriale la nonna materna non era in grado di svolgere una funzione vicariante per il nipote dal momento che da un lato era implicata nel conflitto genitoriale con la figlia, mamma del minore, e dall'altro era tesa a minimizzare circostanze importanti, quali l'uso di sostanze stupefacenti da parte di quest'ultima, anche durante la gravidanza. Presupposti per la dichiarazione dello stato di adottabilità Avverso la decisione di secondo grado, la nonna materna del minore proponeva ricorso avanti la Corte di Cassazione lamentando un solo motivo di impugnazione violazione dell'articolo 7 l. 184/83 in ordine alla ritenuta sussistenza dei presupposti per la dichiarazione di adottabilità del minore. Secondo la ricorrente la Corte d'Appello non aveva tenuto conto che il minore non si era mai trovato in una condizione di abbandono né morale né materiale ed era sempre stato circondato dall'amore e dall'affetto della famiglia d'origine sin dalla nascita. La donna inoltre, rilevava l'inutilità delle osservazioni della CTU svolta in secondo grado in quanto il consulente nominato dalla Corte d'Appello non aveva mai osservato alcun incontro tra la nonna ed il minore e pertanto le sue valutazioni si fondavano unicamente su quanto già relazionato dal servizio sociale senza tenere in debito conto l'importante legame tra la nonna ed il nipote. Letto il ricorso la Corte di Cassazione dichiarava fondato il motivo di impugnazione. Gli Ermellini infatti, evidenziano che, come ormai noto, la dichiarazione dello stato di adottabilità di un minore è consentito solo in presenza di fatti gravi, indicativi, in modo certo, dello stato di abbandono morale e materiale che devono essere provati in concreto e soprattutto nell'attualità. Qualora poi, dall'indagini effettuate nel corso del procedimento i genitori risultino inidonei, il giudice è tenuto a valutare anche le figure vicariali dei parenti più stretti, se hanno un rapporto significativo con il minore e se si sono resi disponibili alla cura e all'educazione del piccolo. Il Collegio inoltre, ricorda come recentemente la Corte di Cassazione ha fornito un'interpretazione adeguatrice dell'articolo 27 comma 3 l. 184/83, nella parte in cui è stabilito che il minore adottato non può mantenere legami con la famiglia d'origine, affermando che nel caso in cui si debba procedere con una dichiarazione dello stato di adottabilità, tale decisione non esclude la possibilità per il giudice di ravvisare un preminente interesse del minore a mantenere talune positive relazioni socio affettive con componenti della famiglia d'origine. In sintesi, evidenzia la Corte, anche qualora il giudice ritenga sussistenti i presupposti per la dichiarazione di adottabilità di un minore, la nuova interpretazione dell'articolo 27 l. 184/83 impone all'autorità di valutare se la cessazione delle relazioni con la famiglia biologica corrisponda all'interesse del minore. La decisione Nel caso di specie, la Corte di Cassazione evidenzia come la sentenza di secondo grado non risulta conforme ai principi sopramenzionati. La valutazione infatti, della figura della nonna era stata esclusa dal giudice di secondo grado sulla base di relazioni del servizio sociale molto vecchie, generiche e superficiali nonché sulla base delle risultanze della CTU che però non aveva provveduto ad effettuare una seria e attenta osservazione dei rapporti tra la nonna ed il nipote. La Corte d'Appello, secondo gli Ermellini, al fine di effettuare un giudizio concreto ed effettivo circa lo stato di abbandono del minore, avrebbe dovuto basarsi su una valutazione concreta e soprattutto attuale sulle figure di riferimento principali verificando anche il rapporto della madre con la nonna materna e quello tra quest'ultima ed il minore al fine di stabilire se il best interest di quest'ultimo fosse quello di crescere con la famiglia d'origine o altrove, valutando in concreto anche la possibilità di un'adozione mite o comunque verificando la possibilità di mantenere il rapporto tra il nipote e la nonna anche a seguito della dichiarazione di adottabilità. Considerato pertanto, che il giudice di secondo grado non aveva valutato in concreto e nell'attualità la sussistenza di una condizione di abbandono materiale e morale del minore, la Corte di Cassazione cassava la sentenza impugnata e rinviava alla Corte territoriale la causa.

Presidente Valitutti - Relatore Reggiani Motivi della decisione 1. Con l'unico motivo di ricorso è dedotta la violazione dell'articolo 7 l. numero 184 del 1983, in ordine alla ritenuta sussistenza dei presupposti per la dichiarazione di adottabilità del minore K La ricorrente ha evidenziato che la dichiarazione di adottabilità costituisce una extrema ratio, poiché il diritto del minore a crescere all'interno della propria famiglia d'origine va sacrificato soltanto in presenza di una situazione che denota carenze significative, e non semplicemente un'inadeguatezza superabile dei genitori e dei familiari, che sia tale da pregiudicare in modo grave e non transeunte lo sviluppo psico-fisico del minore, tenuto conto dei tempi e dei meccanismi evolutivi della personalità minorile. Negli altri casi è necessario optare per il ricorso a forme di sostegno della famiglia e dell'affidamento familiare, ovvero, considerare l'ipotesi dell'adozione mite o, comunque, il mantenimento di rapporti aperti con i genitori o familiari. Secondo la ricorrente, nella specie, occorreva tenere conto che il minore non si era mai trovato in una condizione di abbandono, né morale, né materiale ed era sempre stato circondato dall'amore e dall'affetto della famiglia d'origine sin dai primi giorni di vita. I nonni, sia materni che paterni, a turno, si erano recati in visita ogni sera, presso il reparto TIN dell'Ospedale OMISSIS di OMISSIS , preoccupati della salute del piccolo e volenterosi di fargli sentire il proprio affetto, quantomeno sino al momento in cui non è intervenuto il Tribunale per i minorenni, che aveva limitato l'accesso dei parenti al nosocomio. Parimenti, la decisione di interrompere gli incontri del minore con i genitori e i familiari era stata unicamente dettata dall'intervento della sentenza di primo grado dichiarativa dell'adottabilità. A nulla valevano, poi, le asserzioni sia della Corte d'appello che della CTU, che affermavano l'incapacità della nonna materna di comprendere il vissuto di K. o di avere un rapporto sano con lo stesso, poiché il consulente del giudice non aveva mai avuto alcun incontro con la ricorrente e con K. contemporaneamente, pertanto, le sue valutazioni si fondavano unicamente su quanto già relazionato dai servizi sociali in primo grado e quanto appreso in tre incontri di un'ora con la sola C.B., che aveva dimostrato sin da subito la volontà di partecipare attivamente alla vita del minore, giungendo fino a chiederne l'affido del bambino. La stessa si era resa disponibile a seguire un percorso psicologico ed a collaborare coi servizi, seppur talvolta non comprendendone appieno le ragioni e, anzi, percependo di non venir tutelata abbastanza. La ricorrente ha aggiunto che la metodologia degli incontri, soprattutto quelli iniziali peraltro, interrottisi a causa del Covid, quando il bambino aveva circa 8 mesi in cui erano presenti più familiari contemporaneamente, ha di fatto contrastato, più che agevolato l'instaurazione, di un rapporto affettivo fra K. e la propria famiglia ma, nonostante ciò, la signora C.B. non si era mai arresa, essendo desiderosa di fornire tutto il proprio affetto al nipote e di farlo crescere nell'amore della propria famiglia d'origine. 2. Il motivo di ricorso è fondato, sia pure nei termini di seguito evidenziati. 2.1. Com'è noto, la dichiarazione dello stato di adottabilità di un minore è consentita solo in presenza di fatti gravi, indicativi, in modo certo, dello stato di abbandono, morale e materiale, che devono essere specificamente dimostrati in concreto e nell'attualità, senza possibilità di dare ingresso a giudizi sommari di incapacità genitoriale, seppure espressi da esperti della materia, non basati su precisi elementi fattuali idonei a dimostrare un reale pregiudizio per il figlio e di cui il giudice di merito deve dare conto Cass., Sez. 1, Sentenza numero 7391 del 14/04/2016 . Come ribadito dalle Sezioni Unite di questa Corte, infatti, la dichiarazione di adottabilità è una misura estrema, che si fonda sull'accertamento dell'irreversibile non recuperabilità della capacità di assistenza morale e materiale, in presenza di fatti gravi, indicativi in modo certo dello stato di abbandono, morale e materiale, a norma dell'articolo 8 l. numero 183 del 1984, che devono essere dimostrati in concreto, senza dare ingresso a giudizi sommari di incapacità non basati su precisi elementi di fatto Cass., Sez. U, Sentenza numero 35110 del 17/11/2021 . L'accertamento va compiuto tenendo conto dei genitori e dei familiari entro il quarto grado, che si sono dichiarati disposti ad accudire il minore. L'irreversibile non recuperabilità della capacità genitoriale deve essere, infatti, effettuata, tenendo conto che il legislatore, all'articolo 1 l. numero 184 del 1983, ha stabilito il prioritario diritto del minore di rimanere nel nucleo familiare, anche allargato, di origine, quale tessuto connettivo della sua identità. La natura non assoluta, ma bilanciabile, di tale diritto impone un esame approfondito, completo e attuale delle condizioni di criticità non solo dei genitori, ma anche dei familiari entro il quarto grado disponibili a prendersi cura del minore, da effettuarsi sempre nell'attualità e in concreto, considerando le loro capacità di recupero e cambiamento, ove sostenute da interventi di supporto adeguati anche al contesto socioculturale di riferimento Cass., Sez. 1, Ordinanza numero 24717 del 14/09/2021 cfr. Cass., Sez. 1, Sentenza numero 3915 del 16/02/2018 . In particolare, ove i genitori siano considerati privi della capacità genitoriale, la natura personalissima dei diritti coinvolti e il principio secondo cui l'adozione ultrafamiliare costituisce l'extrema ratio impongono di valutare anche le figure vicariali dei parenti più stretti, tra i quali non possono non essere considerati i nonni, se hanno rapporti significativi con il bambino e si sono resi disponibili alla cura e all'educazione del minore Cass., Sez. 1, Ordinanza numero 4746 del 14/02/2022 . In tale ottica, questa Corte ha specificato che l'indagine sulla condizione di abbandono morale e materiale del minore sia completa e non trascuri alcun rilevante profilo inerente i diritti del minore, verificando, in particolare, se l'interesse di quest'ultimo a non recidere il legame con la famiglia di origine debba prevalere o recedere rispetto al quadro deficitario delle capacità dei genitori o dei parenti in grado di assisterlo, che potrebbe essere integrato, almeno in via temporanea, da un regime di affidamento extrafamiliare potenzialmente reversibile o sostituibile da un'adozione “mite” ex articolo 44 l. numero 184 del 1983 cfr. Cass., Sez. 1, Ordinanza numero 3643 del 13/02/2020Cass., Sez. 1, Ordinanza numero 1476 del 25/01/2021 Cass., Sez. 1, Ordinanza numero 20322 del 23/06/2022 Cass, Sez. 1, Ordinanza numero 21024 del 01/07/2022 . Occorre, inoltre, considerare che la Corte costituzionale, in una recente sentenza Corte cost., Sentenza numero 183 del 28/09/2023 , ha dichiarato infondata la questione di costituzionalità dell'articolo 27, comma 3, l. numero 184 del 1983, sollevata da questa Corte di legittimità Cass., Sez. 1, Ordinanza numero 230 del 05/01/2023 , proprio con riferimento alla parte in cui è stabilito che il minore adottato non può mantenere legami con la famiglia di origine, operando, tuttavia, una lettura costituzionalmente orientata della norma richiamata. Dopo aver ricostruito l'istituto dell'adozione e la sua ratio, nel chiarire l'infondatezza delle questioni, la menzionata Corte ha fornito un'interpretazione adeguatrice dell'articolo 27, comma 3, l. numero 184 del 1983, rispetto al perseguimento in concreto del superiore interesse del minore, affermando che la perdita dei legami di sangue non implica necessariamente quella dei legami sociali e di fatto. La Corte costituzionale ha valutato la legittimità costituzionale della norma censurata in riferimento agli articolo 2,30 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'articolo 8 CEDU e agli articolo 3, 20, comma 3, e 21 della Convenzione sui diritti del fanciullo, informati alla tutela del prioritario interesse del minore e alla difesa della sua identità personale. Operando un'interpretazione conforme a Costituzione dell'articolo 27, comma 3, l. numero 184 del 1983, il Giudice delle leggi ha ritenuto che tale norma, anche nel caso in cui debba procedersi all'adozione piena, non esclude la possibilità per il giudice di ravvisare un preminente interesse del minore a mantenere talune positive relazioni socio-affettive con componenti della famiglia di origine. Secondo la Corte costituzionale, infatti, la cessazione dei rapporti con la famiglia biologica, prevista dalla norma in esame, attiene al solo piano delle relazioni giuridico-formali. Quanto, invece, alla interruzione dei rapporti di natura socio-affettiva, la norma racchiude una presunzione solo iuris tantum che il distacco di fatto dalla famiglia d'origine realizzi l'interesse del minore. Simile presunzione non esclude che, sulla scorta degli indici normativi desumibili dalla stessa legge numero 184 del 1983, letti nella prospettiva costituzionale della tutela del minore e della sua identità, il giudice possa accertare che la prosecuzione di significative, positive e consolidate relazioni socio-affettive con alcuni componenti della famiglia d'origine realizzi il migliore interesse del minore e, per converso, la loro interruzione sia tale da poter cagionare allo stesso un pregiudizio. La combinazione di indici astratti e di accertamenti di fatto consente, pertanto, al giudice di vincere la presunzione, sottesa all'articolo 27, comma 3, della legge numero 184 del 1983, che la cessazione delle relazioni socio-affettive, in conseguenza della rottura del legame giuridico-parentale, sia in concreto nell'interesse del minore. Questa Corte di legittimità ha già precisato come la statuizione della Corte costituzionale, che ha certamente valenza rilevante ai fini interpretativi, si riferisca al disposto dell'articolo 27, comma 3, l. numero 184 del 1983, il quale si colloca in una fase successiva alla pronuncia di adottabilità, perché attiene alla pronuncia di adozione, essendo tuttavia evidente che, laddove risulti conforme all'interesse del minore mantenere rapporti affettivi con alcuni dei componenti della famiglia di origine, tale esigenza non può non essere assecondata già al momento della dichiarazione di adottabilità Cass. Sez. 1, Sentenza numero 10278 del 16/04/2024 . In sintesi, anche ove il giudice di merito ritenga la sussistenza dei presupposti per una pronuncia di adottabilità, l'interpretazione costituzionalmente orientata dell'articolo 27, comma 3, l. numero 184 del 1983, di cui alla sentenza della Corte costituzionale numero 183 del 2023, impone al giudice di valutare se la cessazione delle relazioni socio-affettive con la famiglia biologica, in conseguenza della rottura del legame giuridico-parentale, sia in concreto conforme all'interesse del minore così da ultimo Cass., Sez. 1, Sentenza numero 11138 del 24/04/2024 v. anche Cass., Sez. 1, Ordinanza numero 12223 del 06/05/2024 . 2.2. Nella specie, la sentenza impugnata non risulta conforme ai principi sopra illustrati. La valutazione d'inadeguatezza della funzione vicariante di C.B. è fondata, nella sentenza impugnata, su tre relazioni dei servizi sociali e sulla relazione del CTU. La relazione dei servizi sociali dell'11/11/2021, redatta circa dieci mesi prima della sentenza della Corte d'appello, è richiamata nella parte in cui sono espressi giudizi del tutto vaghi sulla ricorrente, sul suo ambiente familiare e, in generale, sui familiari del minore, non accompagnati dall'indicazione di fatti e circostanze in grado di giustificare tale valutazione p. 14 della sentenza impugnata . La relazione dei servizi sociali del 17/07/2020, redatta quando il minore aveva poco più di un anno, è menzionata dalla Corte di merito nella parte in cui è espressa una ritenuta non empatizzazione della nonna materna in relazione al vissuto del piccolo K., in riferimento a opinioni da quest'ultima espresse o ad atteggiamenti genericamente riportati, senza alcuna contestualizzazione degli stessi, e senza l'indicazione della sperimentazione di eventuali interventi di sostegno p. 16-17 della sentenza impugnata . È, inoltre, dato rilievo a quanto riferito nella relazione dei servizi sociali del 20/04/2021, ove è rappresentato che la ricorrente, violando le prescrizioni all'epoca vigenti, ha consentito che la madre del minore incontrasse il bambino durante una visita da lei effettuata in spazio neutro, mostrando, poi, un atteggiamento oppositivo nei confronti degli operatori che avevano stigmatizzato tale condotta p. 14-15 della relazione peritale . A tale episodio, senza dubbio significativo, non è, però, seguita l'indicazione di successivi analoghi episodi specifici, in grado di supportare, nell'attualità, un giudizio sull'idoneità della donna ad accudire il minore. Né, tanto meno, è stato evidenziato dalla Corte territoriale un ipotetico pregiudizio, derivato al minore da tale condotta. La CTU disposta avrebbe dovuto, poi, espletare un attento monitoraggio della relazione tra nonna e nipote, verificando, in fatto e nell'attualità, le dinamiche relazionali, per contro, il consulente d'ufficio, come dedotto dalla ricorrente, non ha effettuato nessun incontro, non solo tra la madre ed il minore, ma neppure tra la nonna ‒ incontrata tre volte sempre da sola ‒ ed il minore, per cui l'inidoneità della medesima a svolgere un ruolo vicariante risulta fondata sulle osservazioni dei servizi sociali, senza essere stata approfondita come dovuto nei termini di concretezza e attualità sopra menzionati. La possibilità per nonna materna di svolgere funzioni vicarianti è stata dalla Corte d'appello esclusa, riportando valutazioni del CTU operate senza un effettivo confronto della donna con il minore, e sulla base di giudizi dei servizi sociali, fondati su elementi generici e secondari ‒ riguardanti soprattutto la nonna come persona o i sui rapporti con le figlie ‒ che, in difetto di una seria ed attenta osservazione dei rapporti tra la nonna ed il minore finiscono per rivelarsi apodittici e, quindi, non in grado di fondare il giudizio di irreversibile inadeguatezza. La valutazione in ordine all'impraticabilità dell'adozione “mite” risente delle stesse menzionate carenze di accertamento e la decisione impugnata è, comunque, mancante ogni considerazione in ordine alla possibilità di mantenere incontri tra la nonna e il minore, anche a seguito della dichiarazione di adottabilità, pur richiesti dalla ricorrente p. 3 della sentenza impugnata e p. 8 del ricorso per cassazione . 2.3. Per effettuate un giudizio concreto ed effettivo circa lo stato di abbandono del minore, la Corte d'appello avrebbe dovuto basarsi su un attento monitoraggio, effettuato in concreto e nell'attualità, delle tre figure principali della vicenda, la nonna materna, la madre ed il minore essendo incontroversa l'inidoneità del padre , nelle loro dinamiche relazionali, anche verificando quanto il rapporto della madre con la nonna materna potesse, sempre in concreto e nell'attualità, influire sulle capacità vicarianti di quest'ultima, al fine di stabilire se il best interest del bambino fosse quello di crescere nella famiglia di origine o altrove, valutando in particolare, sempre in concreto e nell'attualità, le capacità della nonna materna, disposta ad accudire il minore, anche con l'ausilio di interventi di supporto, ovvero la possibilità di procedere a un'adozione mite, e comunque verificando la possibilità di mantenere, nell'interesse del minore, incontri tra il minore e la nonna, come richiesto, pur a seguito della dichiarazione di adottabilità. 3. In conclusione, il ricorso va accolto in applicazione del seguente principio “In tema di dichiarazione di adottabilità di minori, la dichiarazione dello stato di abbandono morale e materiale richiede un accertamento in concreto e nell'attualità dei suoi presupposti, all'esito di un attento monitoraggio delle figure genitoriali e dei parenti entro il quarto grado disponibili ad accudire il bambino, al fine di stabilire se il best interest del minore sia quello di crescere nella famiglia di origine o altrove, valutando, poi, ove i genitori risultino inidonei, le capacità vicarianti dei menzionati familiari anche con l'ausilio di interventi di supporto, ovvero la possibilità di procedere a un'adozione mite, eventualità queste ultime in grado di impedire la dichiarazione di adottabilità, e comunque verificando la presenza delle condizioni per mantenere, sempre nell'interesse del minore, incontri tra il medesimo e detti familiari, pur a seguito della dichiarazione di adottabilità.” La sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d'appello di Milano, in diversa composizione, la quale è chiamata a statuire anche sulle spese del presente giudizio di legittimità. 4. In caso di diffusione, devono essere omesse le generalità delle parti e dei soggetti menzionati nella decisione, a norma dell'articolo 52 d.lgs. numero 196 del 2003. P.Q.M. la Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d'appello di Milano, in diversa composizione, la quale è chiamata a statuire anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.