La CEDU con sentenza del 27 agosto, Hrachya Harutyunyan c. Armenia ric.15028/16 , ha ribadito le linee guida sulla tutela dei whistleblowers e chiarito che la loro tutela contro eventuali ritorsioni si estende anche al periodo successivo alla cessazione del rapporto di lavoro.
Nella fattispecie l'informatore che, in forma anonima e confidenziale, usando la sua e-mail privata, aveva inviato segnalazioni all'ex datore su un asserito caso di corruzione di un ex collega, era stato condannato al risarcimento danni di questo ultimo per diffamazione ed ingiuria. Lesa la sua libertà di espressione ex articolo 10 Cedu. Il ricorrente, dal 2002 al 2011 aveva lavorato presso, all'epoca dei fatti, l'unico gestore dell'energia elettrica armena e dal 2008 sino alla cessazione dell'incarico ricopriva il ruolo di capo del dipartimento “Sicurezza e amministrazione”. La società aveva lanciato una campagna di sensibilizzazione volta a contrastare la corruzione interna, indicando il sito dedicato alle segnalazioni anonime e l'iter per il loro vaglio e per l'adozione delle debite misure. Veniva inoltre, comunicata l'opportunità di indicare una persona di contatto e il mezzo di corrispondenza preferito per eventuali ulteriori richieste. Il 26 marzo 2012, dal suo indirizzo e-mail privato il ricorrente, in forma anonima, inviava un report in cui dettagliatamente denunciava il comportamento poco cristallino di alcuni ex colleghi e, in particolare, accusava uno di questi di corruzione. Tale accusa gli costò una condanna a un importante risarcimento. Vani i ricorsi e le obiezioni del ricorrente per estinguere il debito gli furono pignorati l'appartamento e l'auto, venduti poi all'asta. Tutela degli informatori Nella sua relazione A/70/361 dell'8 settembre 2015, il relatore speciale delle Nazioni Unite sulla promozione e la protezione del diritto alla libertà di opinione e di espressione ha affrontato il tema della protezione delle fonti di informazione e degli informatori. Nella sua argomentazione, «gli informatori che, sulla base di una ragionevole convinzione, riportano informazioni che si rivelano non corrette dovrebbero comunque essere protetti da ritorsioni». Il 30 aprile 2014, il Comitato dei Ministri ha adottato la Raccomandazione CM/Rec 2014 7 sulla protezione degli informatori neretto,nda ribadendo la tutela contro le ritorsioni, stante il ruolo centrale del whistleblower sia esso un dipendente pubblico o privato, al fine di rafforzare la trasparenza e la responsabilità democratica. La materia è regolata anche dalla Direttiva 2019/1937/UE, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell'Unione. Queste norme infatti, escludono la protezione solo in caso di informazioni false fornite in malafede e affrontano l'equo bilanciamento degli interessi sottesi alla “soffiata” con i doveri di lealtà e riservatezza nei confronti del datore. Quando un informatore può essere chiamato a rispondere della sua segnalazione? La CEDU, nei casi Halet c. Lussemburgo [GC] del 2023 e Guja c. Moldavia [GC] del 2008, detta le linee guida in materia nonché i criteri sulla tutela dei whistleblowers e sulla loro responsabilità in caso di informazioni palesemente false e che mettano in pericolo la serenità dell'ambiente lavorativo venendo meno ai doveri contrattuali verso il datore. Infatti, per informatore s'intende chi in ragione della sua posizione lavorativa singolarmente o in una piccola categoria, dipendente pubblico o privato viene a conoscenza di informazioni che diffonde allertando il datore o l'opinione pubblica in generale. «La tutela di cui godono gli informatori ai sensi dell'articolo 10 della Convenzione si fonda sulla necessità di tener conto delle caratteristiche proprie dell'esistenza di un rapporto di lavoro da un lato, il dovere di lealtà, di riservatezza e di discrezione inerente al rapporto di subordinazione che esso comporta e, se del caso, l'obbligo di rispettare un obbligo di segretezza previsto dalla legge dall'altro, la posizione di vulnerabilità economica nei confronti della persona, dell'istituzione pubblica o dell'impresa da cui dipendono per l'occupazione e il rischio di subire ritorsioni da parte di quest'ultima . Il vaglio del contesto specifico per riconoscere o meno questa tutela deve tener conto di vari criteri « a se erano disponibili o meno canali alternativi per l'informativa b l'interesse pubblico alle informazioni divulgate c l'autenticità delle informazioni comunicate d il pregiudizio per il datore di lavoro e se l'informatore ha agito in buona fede f la severità della sanzione». Si noti che finora la CEDU ha sempre affrontato il problema delle segnalazioni inviate dai dipendenti, ma non anche dagli ex lavoratori come nella fattispecie, la quale rappresenta una novità rispetto al passato. La CEDU però, evidenzia come le sopra riportate norme internazionali, seppure non opponibili all'Armenia in quanto non facente parte dell'UE, tutelano anche gli ex dipendenti. Applicazione di questi principi alla fattispecie Nel sottolineare la particolarità del caso, caratterizzato dalla cessazione dell'incarico del whisteblower, il quale aveva inviato la segnalazione tramite il canale interno dell'azienda, la CEDU ha stigmatizzato l'eccessivo formalismo delle Corti interne che hanno ignorato i suddetti criteri e principi e non hanno tenuto conto delle peculiarità del caso. Inoltre, le informazioni, salvo alcune apprese da stampa e da un ex deputato, erano tutte state reperite sul luogo di lavoro. Non è stato esplicato poi, quale pregiudizio avessero subito l'ex datore e l'ex collega, la cui reputazione, in realtà, non risultava poi così lesa, visto che la divulgazione di informazioni era rimasta circoscritta all'indagine interna. Infine, nessun motivo è stato fornito dalle Corti interne circa il mancato equo bilanciamento dei contrapposti interessi sono stati privilegiati quelli dell'ex collega piuttosto che quello generale di contrasto della corruzione all'interno del gestore nazionale di elettricità. Tutto ciò non solo è antidemocratico, ma potrebbe avere effetti dissuasivi sugli altri possibili informatori.
CEDU, case of Hrachya Harutyunyan v. Armenia app. n.15028/16 .