Partorito il primo figlio, la donna aveva rinunciato alla propria carriera per dedicarsi completamente alla famiglia, consentendo così all’ex marito, suo collega, di progredire professionalmente, raggiungendo notevoli risultati, anche sul piano economico.
I giudici di merito, con sentenza di divorzio, hanno sancito l'obbligo dell'uomo di versare alla donna 800 euro mensili a titolo di assegno divorzile. Ciò anche, anzi soprattutto, alla luce dell'impegno familiare sostenuto esclusivamente dalla donna durante i venticinque anni di matrimonio intercorsi. Non a caso, viene evidenziato, ella ha ripreso la propria professione solo dopo la pronuncia di separazione dal marito. Di parere opposto, ovviamente, l'uomo, che con ricorso per cassazione sosteneva non vi fosse prova alcuna che l'ex moglie avesse «sacrificato la propria vita professionale per agevolare l'attività del marito». In questa ottica, inoltre, sottolineava la mancanza di prove in merito alla presunta «perdita di occasioni professionali della donna in ragione della scelta maturata all'esito del matrimonio e condivisa» col marito «di dedicarsi alla famiglia». Secondo il ricorrente, la donna «non ha provato in alcun modo il suo sacrificio o l'accordo con il marito» e, quindi, non vi sono «i presupposti per l'assegno divorzile che è stato concesso» alla donna, la quale, sempre secondo il marito «ha messo da parte, negli anni e con la propria professione, almeno 200mila euro, oltre ad essere proprietaria dell'immobile locato all'ex marito» e da questi utilizzato come sede di un ambulatorio «che le produce reddito». Per i giudici di Cassazione, il ricorso è inammissibile. Decisivo il quadro probatorio emerso tra primo e secondo grado. E' stato accertato, difatti, che «all'epoca delle nozze, l'uomo, medico veterinario, aveva aperto una clinica con un collega, mentre la donna – anch'essa laureata in veterinaria – aveva iniziato il praticantato in un ambulatorio» in un'altra città ma, poi, «per agevolare l'attività professionale del marito, si era trasferita, lasciando il vecchio lavoro per cercarlo, d'accordo col coniuge, in un luogo diverso dalla clinica del marito». A quel punto, però, la donna ebbe, nel giro di pochi anni, primo e secondo figlio e, a seguito di quest'ultima nascita decise, d'accordo col marito, di «sacrificare definitivamente le proprie aspirazioni professionali per dedicarsi alla famiglia, contribuendo nei venticinque anni di vita matrimoniale a soddisfarne i bisogni con il suo lavoro di casalinga e vivendo interamente mantenuta dal marito». E', inoltre, emerso che «la donna ha dato un contributo economico importante alla crescita professionale del marito ed al consolidamento del suo patrimonio, devolvendo i suoi risparmi per l'acquisto dell'immobile in ove è ubicata la clinica del marito e rinunciando ad incassare il pagamento dei canoni di locazione maturati per ben ventidue anni, aiutandolo così ad incrementare i suoi risparmi e nulla ricevendo in cambio». Alla luce di tali informazioni, i giudici di Cassazione hanno affermato che «l'assegno divorzile spetta alla donna non in funzione assistenziale bensì in funzione perequativa-compensativa, proprio per le scelte da lei operate durante il matrimonio, avendo sacrificato la sua attività di veterinaria – iniziata solo a seguito della separazione dal marito – per dedicarsi alla cura dei figli e quindi della famiglia, permettendo quindi all'allora marito di incrementare la sua attività di veterinario con la gestione della clinica». E' stato, dunque, ritenuto necessario riconoscere l'assegno di divorzio all'ex coniuge, in funzione esclusivamente compensativa, avendo ella fornito la prova del contributo offerto alla comunione familiare, con tanto di rinuncia – concordata con l'allora marito – ad occasioni lavorative e di crescite professionale in costanza di matrimonio, e con conseguente apporto alla realizzazione del patrimonio familiare e personale dell'ex marito. Rilevante la comparazione delle condizioni economiche dei due ex coniugi. Il Collegio, infatti, rileva «una condizione di disparità reddituale e patrimoniale» – a sfavore della donna –, «condizione che porta a ritenere corretta la corresponsione dell'assegno divorzile all'ex moglie, anche tenuto conto che la sperequazione è dovuta anche per il contributo, non economico, da lei fornito sacrificando le proprie aspettative professionali per dedicarsi alla famiglia ed ai figli durante i venticinque anni di matrimonio e consentendo all'allora marito di incrementare il patrimonio con la gestione della clinica, ove la donna non ha operato per volontà del marito, pur ricevendo il versamento dei contributi previdenziali in previsione di una pensione».
Presidente Acierno Relatore Meloni Fatti di causa Il Tribunale di Milano dichiarava lo scioglimento del matrimonio dei coniugi C.A. e B.S. con sentenza numero 10010/2021 emessa in data 17 novembre 2021 e pubblicata il successivo 2 dicembre 2021, che così statuiva “1 dichiara lo scioglimento del matrimonio celebrato tra le parti 2 dispone l'assegnazione dell'abitazione coniugale di proprietà esclusiva di C.A. a B.S. 3 pone a carico di C.A. il pagamento di € 600,00 mensili – come già rivalutati all'epoca della separazione a titolo di mantenimento per la figlia C., da versare entro il 5 di ogni mese alla made oltre il 50% delle spese straordinarie disciplinate come da protocollo 4 pone a carico di C.A., il pagamento di € 800,00 mensili a titolo di assegno divorzile in favore di S.B., rivalutati annualmente con decorrenza dalla pubblicazione della sentenza.” La Corte di Appello di Milano confermò la sentenza di primo grado. Avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano, sezione delle persone, dei minori e della famiglia, numero 113/2023 emessa in data 22 giugno 2022 e pubblicata il 17 gennaio 2023, ha proposto ricorso in cassazione C.A S.B. resiste con controricorso. Ragioni della decisione I motivi di ricorso sono 1 Ai sensi dell'articolo 360, comma 1, numero 5 c.p.c., per violazione dell'articolo 132, comma 2, numero 4 c.p.comma per motivazione apparente, e comunque assente con omessa considerazione di risultanze e/o richieste istruttorie aventi carattere decisivo, tenuto conto che le sentenze di primo e secondo grado non sono speculari in quanto non hanno a fondamento le stesse ragioni e i medesimi fatti. 2 Ai sensi dell'articolo 360, comma 1, numero 5, c.p.c., per omesso esame di un fatto storico, principale, risultante dal testo della sentenza e/o dagli atti processuali, oggetto di discussione tra le parti ed avente natura decisiva, tenuto conto che le sentenze di primo e secondo grado non sono speculari in quanto non hanno a fondamento le stesse ragioni e i medesimi fatti. Il fatto consisterebbe nella la nascita dei due figli gemelli del ricorrente che, per quanto, come rilevato dalla Corte, lo stesso possa contare, per la loro crescita, sull'apporto della compagna sig.ra D.M., hanno comportato il sorgere di nuovi obblighi di carattere economico che incidono pesantemente sulla situazione economica complessiva del C.A. e che andavano attentamente considerati. 3 Ai sensi dell'articolo 360, comma 1, numero 3 c.p.comma per violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 5 comma sesto, della L. 898/1970 e degli articolo 115 e 116 cpc per avere la Corte in modo erroneo e illegittimo riconosciuto in capo a S.B. l'assegno divorzile applicando in maniera erronea, al caso di specie, i presupposti che lo legittimano e per essere la Corte incorsa in un evidente errore di giudizio e di valutazione ed interpretazione delle prove dedotte componente compensativa . Il ricorrente rileva come non vi sia prova alcuna che la S.B. abbia sacrificato la propria vita professionale per agevolare l'attività del marito per mancanza di prova della perdita di occasioni professionali della S.B. in ragione della scelta maturata all'esito del matrimonio e condivisa di dedicarsi alla famiglia. La S.B. non avrebbe provato in alcun modo il suo sacrificio o l'accordo con il marito e, non essendo stata disposta istruttoria ulteriore dal giudice di prime cure non sussiste il presupposto per l'assegno divorzile che è stato concesso. Tantopiù che ella, negli anni e con il lavoro di veterinaria, avrebbe messo da parte almeno € 200.000,00 oltre ad essere proprietaria dell'immobile locato all'ex marito che le produce reddito. Il ricorso è infondato per tutti e tre i motivi che possono essere trattati congiuntamente in quanto tutti sostanzialmente miranti all'eliminazione dell'assegno divorzile riconosciuto alla S.B. nella misura di euro 800 mensili. La Corte di merito sul punto così ha motivato “I coniugi C.A. e S.B. si sono sposati il 12 ottobre 1991 ed il loro matrimonio è durato 25 anni all'epoca delle nozze il C.A. , medico veterinario aveva aperto con il collega dott. P. la clinica a Milano nell'attuale sede di Via OMISSIS , mentre la sig.ra S.B. neolaureata anch'essa in veterinaria aveva iniziato il praticantato in un ambulatorio veterinario a OMISSIS del dott. C. ma, per agevolare l'attività professionale del marito, si è trasferita a vivere nella villetta in OMISSIS MI lasciando il lavoro a OMISSIS per cercarlo in luogo diverso dalla clinica del marito , per volontà dello stesso circostanza non contestata ma rimane incinta dapprima di L. nato il OMISSIS e poi di C. nata l' OMISSIS dalla cui nascita, per scelta condivisa dai coniugi, la sig.ra S.B. sacrificherà definitivamente le proprie aspirazioni professionali per dedicarsi alla famiglia, contribuendo nei 25 anni di vita matrimoniale a soddisfarne i bisogni con il suo lavoro di casalinga e vivendo interamente mantenuta dal marito circostanza sulla quale non è stato documento il contrario . La sig.ra S.B. ha dato un contributo economico importante alla crescita professionale del marito ed al consolidamento del suo patrimonio devolvendo i suoi risparmi per l'acquisto nel 1994 – circostanza non contestata dall'appellante docomma 12 di S.B. dell'immobile in Milano di via OMISSIS ove era ed è ancora ubicata la clinica del dott. C.A. e rinunciando ad incassare il pagamento dei canoni di locazione maturati nei 22 anni successivi dal 1994 al 2016 circostanza non contestata aiutandolo così ad incrementare i suoi risparmi e nulla ricevendo in cambio fino al 2016 .” Se questi sono i fatti emersi e riconosciuti da parte dei Giudici di Appello, come anche correttamente statuito dai Giudici di primo grado che richiamano ovviamente gli stessi principi stabiliti dal Supremo Collegio che hanno riconosciuto l'assegno divorziale quantificandolo in € 800,00 mensili, l'assegno divorzile spetta alla sig.ra S.B. non in funzione assistenziale bensì in funzione perequativa compensativa proprio per le scelte operate dalla stessa durante il matrimonio, avendo sacrificato la sua attività di veterinario iniziata a novembre 2015 solo a seguito della separazione per dedicarsi alla cura dei figli e quindi della famiglia permettendo quindi al C.A. di incrementare la sua attività di veterinario con la gestione della clinica veterinaria. Infatti appare altresì opportuno rammentare che le Sezioni Unite di questa Corte Sez. U, nr. 18287 del 11/07/2018 hanno affermato “Il riconoscimento dell'assegno di divorzio in favore dell'ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi dell'articolo 5, comma 6, della l. numero 898 del 1970, richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge istante, e dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell'assegno. Il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all'età dell'avente diritto. La funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch'essa assegnata dal legislatore all'assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi” sul punto anche Cass. 5603/2020 e 17098/2019 . Ciò premesso nel caso concreto, le censure risultano infondate posto che risulta accertato nel merito il diritto al riconoscimento di un assegno di divorzio a carico dell'ex coniuge, in funzione esclusivamente compensativa avendo la richiedente fornito la prova del contributo offerto alla comunione familiare la rinuncia concordata ad occasioni lavorative e di crescite professionale in costanza di matrimonio l'apporto alla realizzazione del patrimonio familiare e personale dell'ex coniuge Cassazione SSUU nr. 32198 del 5/11/2021 . In base alla comparazione delle condizioni economiche delle parti, sussiste poi una evidente condizione di disparità reddituale e patrimoniale , che porta a ritenere corretta la corresponsione dell'assegno divorzile anche tenuto conto che la sperequazione è dovuta anche per il contributo, non economico, fornito dalla S.B. che ha sacrificato le proprie aspettative professionali, per dedicarsi alla famiglia ed ai figli durante i 25 anni di matrimonio consentendo al C.A. , fino al 2016 , di incrementare il patrimonio con la gestione della clinica in associazione professionale ove la S.B. non ha operato per volontà del marito, pur ricevendo il versamento dei contributi previdenziali in previsione di una pensione . La censura relativa all'omessa prova testimoniale risulta non autosufficiente non essendo stati riprodotti i capitoli di prova o indicato dove tra la documentazione in atti essi si potevano reperire. Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente alle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00.