Google è monopolista

Google è monopolista nel mercato del search e nel mercato della pubblicità degli annunci di ricerca. L’illegalità, secondo la corte USA, si individua nel modo in cui si è garantito questa posizione. I rimedi?

Ridimensionare vendendo a terzi Chrome, Android e Ads oppure imponendo l'interoperabilità. Questa sentenza è storica perché segna la fine di un totale laissez-faire verso le big tech e il recupero di un'applicazione più rigorosa dello Sherman Act per riconquistare la sovranità istituzionale nell'anarchico mondo digitale. I sistemi USA e UE così diversi si scoprono così vicini nell'obiettivo di ridimensionare i signori delle piattaforme. Il caso Nel 2020 il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti avvia contro Google LLC una causa per violazione della Sezione 2 dello Sherman Antitrust Act del 1890 che stabilisce che è illegale qualsiasi condotta volta a «monopolize, or attempt to monopolize, or combine or conspire with any other person or persons, to monopolize any part of the trade or commerce among the several States, or with foreign nations». Google ha tenuto una condotta violativa in tal senso perché ha conservato illegalmente la sua posizione dominante sul mercato del search mediante la costruzione di barriere all'ingresso a eventuali concorrenti stipulando accordi di esclusiva milionari con le maggiori case produttrici di dispositivi come Apple, Samsung e con le maggiori compagnie telefoniche come AT& T affinché il motore di ricerca Google Search venisse implementato di default nei rispettivi prodotti e/o servizi come prima scelta. Perché Alphabet gruppo della controllata Google vuole a tutti i costi che il proprio motore di ricerca sia la prima scelta su tutti i dispositivi fissi e mobili del mondo? Il CEO Sundar Pichai, sentito in giudizio nell'ottobre 2023, ha risposto che il successo di un servizio è determinato dall'apparire come prima scelta per l'utente. Perché Google Search dovrebbe primeggiare sugli altri? Risposta di Pichai perché è il servizio migliore e i contratti di esclusiva stretti con i produttori «sono utili a continuare a offrire il servizio migliore possibile» «Google paga 26 miliardi l'anno per essere il motore di ricerca di default su smartphone e browser», Michela Rovelli, Corriere, Login, 31.10.2023 https //www.corriere.it/tecnologia/23_ottobre_31/google-paga-26-miliardi-l-anno-per-essere-il-motore-di-ricerca-di-default-su-smartphone-e-browser-c0d463f7-225f-4218-b52f-3f1ac798fxlk.shtml Una volta costruite queste cinte perimetrali inespugnabili intorno al mercato del search, Google ha abusato di questa posizione per dettare condizioni economiche arbitrarie più alte rispetto a quanto sarebbero state in un regime di concorrenza sul mercato della pubblicità derivante dagli annunci di ricerca stante la mancanza di competitors. Google, dunque, monopolista sia sul mercato del search sia sul mercato della pubblicità derivante dagli annunci di ricerca. Il processo iniziato il 20 ottobre 2020 e giudicato con sentenza del 5 agosto 2024 si è svolto di fronte alla Corte federale di Washington D.C. United States District Court for the District of Columbia. Il giudice Amit Metha si è pronunciato sul secondo clamoroso caso affrontato negli Stati Uniti in tema di Big Tech e Antitrust. Il primo era stato United States v. Microsoft Corporation del 2001 relativo a una questione analoga Microsoft aveva implementato Internet Explorer come browser di default nel proprio sistema operativo Windows costringendo tutti gli utenti ad utilizzarlo per navigare on line e divenendo di fatto il monopolista del settore. Il giudice Amit Metha ha dato ragione al Dipartimento di Giustizia sul capo di imputazione secondo cui Google è monopolista nel mercato del search e nel derivante mercato pubblicitario. In particolare si ricorda un passaggio della pronuncia «Le prove del processo hanno stabilito saldamente che il potere di monopolio di Google, mantenuto dagli accordi di distribuzione esclusiva, ha permesso a Google di aumentare i prezzi degli annunci di testo senza alcun vincolo competitivo significativo». Il giudizio in parola si è concentrato unicamente sul profilo della responsabilità. Seguirà poi una ulteriore fase per determinare i rimedi per riequilibrare il mercato che dovranno essere proposti dalle parti entro il 4 settembre 2024. Il Dipartimento di Giustizia potrebbe chiedere lo smembramento di Google con la vendita a terzi di alcuni dei suoi prodotti e servizi strategici Chrome, Android e Ads oppure potrebbe optare per rimedi meno drastici come l'imposizione dell'interoperabilità. Una cosa è certa questa sentenza segna la fine del totale laissez-faire americano verso le big tech. Antitrust e Big Tech. USA e UE così diversi ma così vicini nella riaffermazione della sovranità istituzionale Le due sponde dell'Atlantico dimostrano di non tollerare più l'anarchia del mondo digitale e di volersi riprendere la propria sovranità istituzionale. Gli strumenti antitrust si dimostrano un valido aiuto per questa impresa. L'Unione Europea è partita molto prima degli Stati Uniti che solo ora hanno ufficializzato l'abbandono del totale laissez-faire verso le big tech. Gli approcci sono differenti l'antitrust americano si attiva ex post con sanzioni e drastici ridimensionamenti mentre l'antitrust europeo si attiva ex ante imponendo al gatekeeper di evitare strategie di self preferencing e di garantire invece l'interoperabilità Digital Markets Act nonché di evitare l'utilizzo di dati personali degli utenti arricchiti da informazioni derivanti da ulteriori servizi senza il preventivo consenso. L'orientamento antitrust UE non sorprende in quanto si è sempre preferito un regime regolamentativo a un regime di laissez-faire. L'orientamento statunitense assunto in questi ultimi tempi e sancito dalla pronuncia in commento cattura tutta la nostra attenzione perché segna un'inversione di tendenza verso un'applicazione molto rigorosa dello Sherman Act tesa a riaffermare la sovranità istituzionale sull'anarchico mondo delle big tech. Tramonta nel digitale il mito del totale laissez-faire americano per il big business sempre accompagnato dal rischio di cadere nel regime monopolistico. Il Dipartimento di Giustizia sta conducendo altre indagini su Meta, Amazon e Apple nei cui confronti ha già attivato una causa per abuso di posizione dominante teso a svantaggiare gli sviluppatori e i rivali nel mercato degli smartphones. Fatalmente due sistemi giuridici così diversi come quello americano e quello europeo si rivelano così vicini nello stesso obiettivo di riaffermare la sovranità istituzionale sui propri cittadini utenti delle piattaforme digitali.

USA v. Google LLC, Case No. 20-cv-3010 APM e State of Colorado v. Google LLC, Case No. 20-cv-3715 APM