In tema di associazione con finalità di terrorismo, la nozione di atti di terrorismo rivolti contro uno Stato estero, di cui all'articolo 270-bis, comma terzo, c.p., ricomprende anche le condotte violente, finalizzate ad intimidire la popolazione civile anche se realizzate, come nel caso di specie , in territori illegittimamente occupati e al di fuori dei confini nazionali riconosciuti dall'ordinamento internazionale […].
[…] Posto che la finalità di terrorismo rileva in quanto diretta a colpire lo Stato estero a prescindere dall'ambito meramente territoriale in cui la condotta viene realizzata. Fattispecie in cui il ricorrente, stava programmando un attentato diretto ai danni della popolazione civile, predisponendo mezzi e risorse per una contrapposizione generalizzata - desumibile dall'adesione all'organizzazione e dall'attività di proselitismo - contro la popolazione e l'esercito israeliano, tale da non consentire di ritenere la condotta quale legittima reazione all'occupazione dei territori della Cisgiordania. In applicazione di tale principio la , con la sentenza numero 32710 del 20 agosto 2024, ha annullato l'ordinanza impugnata rinviando per un nuovo giudizio al Tribunale di l'Aquila competente ex articolo 309 c.p.p. I fatti traggono origine, da una sentenza del Tribunale del riesame di L'Aquila confermativa dell' ordinanza con la quale il ricorrente era sottoposto alla custodia cautelare in carcere, essendo stato ritenuto quale un elemento apicale del gruppo terroristico denominato Brigata T. che, a sua volta, costituirebbe una articolazione delle Brigate dei M. di A.A. Secondo la prospettazione accolta nell'ordinanza, il ricorrente stava organizzando un attentato da realizzare presso l'insediamento israeliano di A.H., azione che doveva essere eclatante e coinvolgente un gran numero di persone. Avverso tale ordinanza, il ricorrente ha proposto due motivi di ricorso, preceduti da una premessa volta a richiamare l'attenzione sulla legittimità delle condotte di resistenza, anche armata, poste in essere nei territori palestinesi occupati e aventi ad oggetto esclusivamente obiettivi militari. Più nello specifico, con il primo motivo, il ricorrente deduceva la violazione di legge in relazione all'articolo 270-bis c.p. e il vizio di motivazione, censurando l'attribuzione della natura di gruppo terroristico alle Brigate dei M. di A.A. Si affermava che il Tribunale avrebbe erroneamente applicato le massime giurisprudenziali che danno rilievo all'inserimento di una determinata associazione nella black list dell'Unione Europea, posto che tale elemento andrebbe sempre accompagnato dalla verifica, in concreto, dello svolgimento di attività di natura terroristica. II mero inserimento di un gruppo negli elenchi delle associazioni terroristiche, pertanto, costituirebbe un dato di per sè non dirimente, in assenza della gravità indiziaria in ordine all'attività effettivamente svolta. Il ricorrente, infine, contestava la mancanza di un elemento costitutivo del reato, rispetto al quale l'ordinanza avrebbe sostanzialmente omesso di motivare. Si assumeva che nel caso di specie le presunte attività terroristiche non potevano ritenersi dirette contro uno Stato estero , come richiesto dall'articolo 270-bis, comma 3, c.p., in quanto l'attività risulterebbe circoscritta ai territori della Cisgiordania che, in base a plurime risoluzioni dell'ONU, sono illegittimamente occupati da Israele. Col secondo motivo di ricorso, il ricorrente deduceva la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di partecipazione all'associazione e alla consapevolezza della finalità di terrorismo . La sentenza della S.C. è di particolare interesse perché pone delicati problemi interpretativi non ancora superati, attorno la giuridica configurabilità del reato di cui all'articolo 270-bis c.p. sul delitto di associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico v. in dottrina, Aprile - D'Arcangelo, commento sub articolo 270-bis c.p. in Lattanzi – Lupo Codice Penale Rassegna di Giurisprudenza e di Dottrina, Giuffrè Francis Lefebvre 2022, 111 ss. . Il reato di associazione con finalità di terrorismo previsto dall'articolo 270-bis c.p. che per questa via, non è semplice da interpretare, proprio per la necessità di verificare la presenza degli elementi costitutivi, la sussistenza di un programma criminoso costituito da «atti di violenza, che costituiscono il nucleo centrale del reato la finalità terroristica od eversiva di questi ultimi, ha recentemente costituito oggetto di significativi modifiche legislative e approfondimenti giurisprudenziali. Sotto tale aspetto, la modifica dell'articolo 270-bis c.p. si è resa necessaria a seguito delle mutate forme di manifestazioni del fenomeno che, per finalità, mezzi e ramificazione delle organizzazioni, ha assunto una dimensione sempre più internazionale, dando luogo a programmi delittuosi destinati all'attuazione in Stati diversi da quelli di appartenenza degli affiliati o, comunque, al di fuori dell'ambito territoriale nazionale. In adempimento di obblighi internazionali assunti dallo Stato italiano, si è reso necessario adeguare l'apparato sanzionatorio interno, predisponendo azioni di contrasto al terrorismo internazionale, con la conseguente modifica del testo dell'articolo 270-bis c.p. a seguito della novella introdotta dal d.l. 18 ottobre 2001, numero 374, per effetto della quale e stata inserita nell'intitolazione del reato il riferimento al terrorismo anche internazionale , prevedendo, al comma terzo, che «ai fini della legge penale, la finalità di terrorismo ricorre anche quando gli atti di violenza sono rivolti contro uno Stato estero, un'istituzione o un organismo internazionale». Invero la sentenza, si inserisce in un lungo dibattito volto a definire la condotta ai sensi dell'articolo 270, comma 2, c.p. sollecitando la verifica di una pluralità di aspetti, eterogenei tra di loro che presuppongono il preliminare richiamo alla condizione, sotto il profilo del diritto internazionale, dei territori nel cui ambito le azioni terroristiche sarebbero state realizzate. Il contesto territoriale di riferimento è costituito dalla zona della Cisgiordania oggetto di occupazione da parte dello Stato israeliano, in relazione alla quale vi sono plurime risoluzioni delle Nazioni Unite che hanno dichiarato l'illegittimità dell'occupazione. Partendo dalla situazione di illegalità internazionale derivante dall'occupazione dei territori palestinesi, l'impianto difensivo era essenzialmente volto a dimostrare come l'attività del ricorrente rientrasse appieno in quelle forme di resistenza, anche armata, finalizzata all'esercizio della legittima difesa internazionale e del diritto di autodeterminazione dei popoli, comportanti anche il ricorso al compimento di atti violenti, purchè non rivolti contro la popolazione civile. Ma ulteriori questioni si pongono all'attenzione dell'interprete l'una che attiene alla possibilità o meno di ricondurre la ribellione armata alla nozione di terrorismo, piuttosto che alla lecita reazione, sul piano del diritto internazionale, all'occupazione da parte di Israele dei territori palestinesi della Cisgiordania, l'altra, che coinvolge l'individuazione della nozione, penalisticamente rilevante di Stato estero che, indirettamente, coinvolge anche la nozione di atti con finalità di terrorismo. Ora, in ordine alla prima questione dedotta che attiene alla rilevanza probatoria che assume l'inserimento del gruppo denominato Brigate M. di A.A. il Tribunale del riesame ha ritenuto che l'inserimento del gruppo nella black list europea integri una presunzione, a fronte della quale spetterebbe alla difesa allegare elementi idonei ad escludere la natura terroristica dell'organizzazione. Secondo la S.C. la doglianza difensiva è solo parzialmente fondata, dovendosi riconoscere che l'inserimento di una determinata associazione nella cosiddetta black list non introduce una presunzione, nel senso processuale del termine, valevole in ambito giudiziario, con conseguente inversione dell'onere della prova. Tuttavia, ha osservato la Cassazione, non è neppure corretto sostenere che la valutazione della natura terroristica compiuta da parte di organi internazionali, dotati di elevate conoscenze del fenomeno, sia priva di qualsivoglia rilievo. Il giusto punto di equilibrio è quello che attribuisce un valore indiziario all'inserimento di un'associazione nell'elenco di quelle dedite ad attività terroristiche, con la conseguenza che tale dato, isolatamente considerato, non è autosufficiente per fondarvi la gravita indiziaria, salvo restando che lo stesso ben può essere valorizzato, unitamente ad ulteriori e diverse emergenze processuali, per l'accertamento della finalità di terrorismo. Secondo la Cassazione, inoltre dalla congiunta lettura dell'ordinanza genetica e di quella emessa dal Tribunale del riesame, sono emersi plurimi e concordanti elementi che hanno consentito di ritenere sussistente il requisito della gravità indiziaria in relazione al reato di cui all'articolo 270-bis c.p. Invero, si è ritenuto che l'accertamento della destinazione dell'azione programmata a colpire anche civili è un elemento desunto sulla base di plurimi indizi, oggetto di una valutazione non manifestamente illogica e senza che vi sia alcun elemento idoneo a far ritenere che l'obiettivo fosse esclusivamente militare. Rispetto al quadro indiziario complessivo, la Cassazione ha considerato recessiva la doglianza volta a evidenziare la contraddittoria valutazione del video che ritrae il ricorrente in un centro abitato, nel mentre esplode colpi di arma da fuoco. E dunque osserva la Sesta Sezione come la ricostruzione che è emersa dai provvedimenti resi dai giudici di merito ha offerto elementi ampiamente idonei a sostenere che le organizzazioni nel cui ambito operava il ricorrente perseguono finalità di terrorismo, non essendo in alcun modo possibile una netta separazione tra forme di resistenza legittime secondo il diritto internazionale e condotte di natura terroristica. A ben vedere, infatti, sono stati evidenziati plurimi elementi dai quali è stato possibile desumere - sia pur con il parametro valutativo proprio della fase cautelare - che le azioni erano direttamente o indirettamente destinate a coinvolgere obiettivi civili, il che rende tali forme di reazione armata incompatibile con le ipotesi di legittima contrapposizione in un contesto di tipo bellico. A tal riguardo, la decisione della Corte di Cassazione poggia sul principio giurisprudenziale secondo cui l'articolo 270-sexies c.p. rinvia, quanto alla definizione delle condotte terroristiche o commesse con finalità di terrorismo, agli strumenti internazionali vincolanti per l'Italia, e, in tal modo, introduce un meccanismo idoneo ad assicurare automaticamente l'armonizzazione degli ordinamenti degli Stati facenti parte della comunità internazionale in vista di una comune azione di repressione del fenomeno del terrorismo transnazionale. In tale prospettiva ha evidenziato il Collegio come, a seguito della integrazione della citata norma da parte della Convenzione internazionale per la repressione del finanziamento del terrorismo, fatta a New York 1'8 dicembre 1999 e ratificata dall'Italia con la legge 14 gennaio 2003 numero 7, costituiscono atto terroristico anche gli atti di violenza compiuti nel contesto di conflitti armati rivolti contro un obiettivo militare, quando le peculiari e concrete situazioni fattuali facciano apparire certe ed inevitabili le gravi conseguenze in danno della vita e dell'incolumità fisica della popolazione civile, contribuendo a diffondere nella collettività paura e panico. Con specifico riferimento agli atti di resistenza violenta commessi in un contesto bellico, infatti, la Convenzione ONU di New York del 9 dicembre 1999 per la repressione dei finanziamenti al terrorismo, all'articolo 2, lett. b , espressamente sancisce che ha finalità di terrorismo «qualsiasi altro atto diretto a causare la morte o gravi lesioni fisiche ad un civile, o a qualsiasi altra persona che non ha parte attiva in situazioni di conflitto armato, quando la finalità di tale atto, per la sua natura o contesto, e di intimidire una popolazione, o obbligare un governo o un'organizzazione internazionale a compiere o a astenersi dal compiere qualcosa». La sentenza muove poi un altro passo sul percorso giurisprudenziale e dottrinale della nozione, penalisticamente rilevante, di Stato estero”. Secondo la Cassazione, l'argomento dirimente per superare la tesi secondo cui il reato di cui all'articolo 270-bis c. p., commesso nei confronti di uno Stato estero, non sarebbe configurabile nel caso di condotte violente realizzate su un territorio illegittimamente occupato, è insito nella nozione stessa di atto con finalità di terrorismo e nei limiti normativamente previsti con riguardo ai territori oggetto di contrapposizione armata. Per la Sesta Sezione la personalità internazionale dello Stato - anche estero - è lesa per il semplice fatto che i suoi cittadini siano destinatari della condotta terroristica, a prescindere dal luogo ove questa venga realizzata, con la conseguenza che il reato di cui all'articolo 270-bis c.p. sarà configurabile sia nel caso in cui la popolazione e oggetto di attacco terroristico all'interno dei legittimi confini nazionali dello Stato, sia quando la medesima condotta - avente i requisiti previsti dall'articolo 270-sexies c.p. - venga realizzata al di fuori dei confini nazionali e anche in territori illegittimamente occupati, posto che l'aggressione realizzata ai cittadini in virtù della loro nazionalità si traduce in ogni caso in una lesione all'integrità dello Stato di appartenenza. E dunque, è in quest'ottica, che applicando le linee ermeneutiche tracciate dalla Corte, al caso di specie, ne è conseguito che, a fronte della natura degli atti programmati, nonché del fatto che l'obiettivo erano i cittadini israeliani in quanto tali, le condotte ascritte al ricorrente sono state ritenute compiute ai danni dello Stato israeliano, pur se destinate ad essere commesse al di fuori del suo territorio così come legittimamente individuato dall'ordinamento internazionale.
Presidente Fidelbo – Relatore Di Geronimo Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale del riesame di L'Aquila confermava l'ordinanza con la quale il ricorrente era sottoposto alla custodia cautelare in carcere, essendo stato ritenuto quale un elemento apicale del gruppo terroristico denominato Brigata Tu. che, a sua volta, costituirebbe una articolazione delle Brigate dei Martiri di Al 2. Avverso tale ordinanza, il ricorrente ha proposto due motivi di ricorso, preceduti da un'ampia premessa volta a richiamare l'attenzione sulla legittimità delle condotte di resistenza, anche armata, poste in essere nei territori palestinesi occupati e aventi ad oggetto esclusivamente obiettivi militari. 2.1. Più nello specifico, con il primo motivo, il ricorrente deduce la violazione di legge in relazione all'articolo 270-bis cod. penumero e il vizio di motivazione, censurando l'attribuzione della natura di gruppo terroristico alle Brigate dei Martiri di Al Si afferma che il Tribunale avrebbe erroneamente applicato le massime giurisprudenziali che danno rilievo all'inserimento di una determinata associazione nella black list dell'Unione europea, posto che tale elemento andrebbe sempre accompagnato dalla verifica, in concreto, dello svolgimento di attività di natura terroristica. Il mero inserimento di un gruppo negli elenchi delle associazioni terroristiche, pertanto, costituirebbe un dato di per sé non dirimente, in assenza della gravità indiziaria in ordine all'attività effettivamente svolta. Peraltro, il suddetto vizio risulterebbe ancor più evidente in relazione al Gruppo di Risposta rapida - Brigate Tu. associazione aderente alla cellula madre rappresentata dalla Brigata Martiri di Al Invero, non vi sarebbe prova alcuna del fatto che quest'ultima associazione costituisca un gruppo strutturato al quale aderirebbero ulteriori sottogruppi, tra i quali la Brigata Tu., sussistendo elementi che deporrebbero in senso contrario, posto che il comunicato emesso dalla Brigata martiri di Al. in data 14 gennaio 2024, ampiamente richiamato nell'ordinanza impugnata, attesterebbe come il presunto gruppo madre intenda sconfessare l'esistenza di un collegamento con la nuova associazione. 2.1.1. Il ricorrente ha contestato anche la gravità indiziaria ritenuta con riferimento al compimento di azioni contro obiettivi civili, circostanza che di per sé escluderebbe la liceità internazionale delle azioni violente realizzate in territorio palestinese. Secondo la prospettazione accolta nell'ordinanza, il ricorrente stava organizzando un attentato da realizzare presso l'insediamento israeliano di A, azione che doveva essere eclatante e coinvolgente un gran numero di persone. Sostiene la difesa che, invero, la condotta progettata aveva ad oggetto esclusivamente le strutture militari presenti ad A. Per superare tale prospettazione, il Tribunale avrebbe fatto leva su elementi indiziari non univoci, posto che la rilevanza del fatto non poteva essere riconosciuta solo ove l'attacco avesse riguardato obiettivi civili, bensì anche se l'azione violenta fosse stata diretta al presidio militare di A. Parimenti irrilevante sarebbe la locuzione intercettata li dove il ricorrente consiglia ai presunti esecutori materiali dell'attacco di ritIr.Sa.si all'ingresso dell'esercito in paese con tale frase, infatti, si assume che si intendeva far riferimento all'ingresso dei militari nel paese di provenienza degli assalitori e, cioè, Tu L'ordinanza impugnata, invece, avrebbe immotivatamente interpretato tale locuzione riferendo l'ingresso dei militari ad A a seguito dell'attacco terroristico, leggendo la frase sopra richiamata esclusivamente nell'ottica di ritenere che la condotta sarebbe stata rivolta alla popolazione civile, anziché ai militari. Infine, si segnala l'erronea valorizzazione del contenuto di un video, rinvenuto sul cellulare di Ya., nel quale si vedrebbe un altro associato Ji. intento a sparare nel mezzo di una strada di un centro abitato, senza che vi fossero militari, dal che se ne è dedotto il compimento di attività terroristica ai danni di civili. Sostiene la difesa come il video in questione avrebbe esclusivamente una finalità propagandistica. 2.1.2. Sostiene il ricorrente che il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto sussistente la finalità terroristica, desumendola anche da elementi non significativi, quali la conversazione in cui Ya.Ka.dichiara che le Brigate Tu. sono un'unità suicida pronta ad agire in profondità . Tale dato, invero, risulterebbe neutro, posto che non attesta affatto la volontà di colpire civili israeliani, piuttosto che esclusivamente le unità militari. Peraltro, la locuzione dimostrerebbe unicamente la determinazione a compiere azioni definite suicide in quanto dirette contro un apparato militare che, per mezzi, equipaggiamento e organizzazione, è nettamente superiore rispetto alle forze palestinesi. Del tutto irrilevante, inoltre, sarebbe la richiesta rivolta da Al. a Ya., indicato quale uno dei capi della Brigata dei Martiri di Al., di predisporre carte da gioco raffiguranti i militari costituenti potenziali obiettivi, per consentirne la più agevole individuazione da parte degli affiliati. Non è stato acquisito alcun ulteriore elemento dal quale desumere che tale richiesta si stata adempiuta. 2.1.3. Il ricorrente, infine, contesta la mancanza di un elemento costitutivo del reato, rispetto al quale l'ordinanza avrebbe sostanzialmente omesso di motivare. Si assume che nel caso di specie le presunte attività terroristiche non potevano ritenersi dirette contro uno Stato estero , come richiesto dall'articolo 270-bis, comma 3, cod. penumero , posto che l'attività risulterebbe circoscritta ai territori della Cisgiordania che, in base a plurime risoluzioni dell'ONU, sono illegittimamente occupati da Israele. Il Tribunale, pertanto, sarebbe incorso in una violazione di legge, ritenendo ricompreso nella nozione di Stato estero anche i territori da quest'ultimo illegittimamente occupati. Né tale vizio potrebbe ritenersi superato facendo riferimento alla presunta intenzione del gruppo terrorista di colpire appartenenti del governo israeliano, essendo questa una mera illazione, del tutto priva di obiettivi elementi di riscontro. 2.3. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di partecipazione all'associazione e alla consapevolezza della finalità di terrorismo . L'ordinanza impugnata avrebbe valorizzato elementi dalla labile valenza indiziaria, essenzialmente consistenti nell'interesse mostrato dal ricorrente circa le vicende inerenti alla resistenza palestinese, nonché lo scambio di messaggi e foto con Ya., una delle quali - raffigurante anche un'arma - destinata ad essere pubblicata sui social, con finalità propagandistica. Il ricorrente, inoltre, si interessava e risultava essere al corrente delle dinamiche interne alla Brigata Martiri di Al. e delle Brigate Tu., discutendone con Ya Sostiene la difesa che le notizie apprese da Ir.Sa. erano sostanzialmente prive di contenuti di segretezza e ampiamente diffuse in rete, al contempo, non costituiva un elemento di sospetto l'interesse del ricorrente a vicende direttamente coinvolgenti l'area geografica di provenienza. In tale contesto, non poteva neppure attribuirsi specifico rilievo alla vicenda relativa al comunicato del 14 gennaio 2024, con le quali le Brigate Martiri di Al. prendevano le distanze dalla neocostituita Brigata Tu., inviato da Ir.Sa. a Ya., cui faceva seguito una risposta da parte di quest'ultimo in data 24 gennaio 2024. La mera conseguenzialità temporale di tali fatti non dimostrerebbe, infatti, la partecipazione in prima persona di Ir.Sa. ad attività di natura terroristica. Per quanto riguarda, invece, la diffusione della foto in cui il ricorrente è ritratto, unitamente ai coimputati Ya.Ka.e Ir.Sa., con un fucile rivelatasi essere un'arma da softair si deduce che l'attività di propaganda, anche con riferimento all'uso delle armi, non costituirebbe di per sé reato, se collocata nell'ambito dell'attività di resistenza svolta dai palestinesi nei confronti di Israele e in relazione ai territori occupati della Cisgiordania, in difetto del superamento dei limiti insiti nello svolgimento di tale attività. Infine, si sottolinea come l'estraneità del ricorrente rispetto alle conversazioni del maggio-giugno 2023 intercorse tra Ya.Ka.e altro soggetto identificato in Jh.Ib. e relativo al presunto attentato da eseguirsi ad A, rende le stesse non rilevanti ai fini di ritenere l'appartenenza del ricorrente all'associazione terroristica e, più in generale, il suo diretto coinvolgimento in specifiche attività illecite. Il ricorrente, infatti, emerge nell'ambito delle indagini sono in epoca di molto successiva, il che escluderebbe di per sé la riconducibilità allo stesso di azioni illecite risalenti a molti mesi prima l'emersione del rapporto con Ya Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato nei limiti di seguito indicati, dovendosi premettere che il primo motivo di ricorso è incentrato sulla giuridica configurabilità del reato di cui all'articolo 270-bis cod. penumero e sul coinvolgimento di Ya.Ka. che, secondo la prospettazione accusatoria, rappresenterebbe il legame tra il ricorrente e l'associazione terroristica. I riferimenti alla posizione di Ya., pertanto, sono direttamente funzionali a verificare anche il coinvolgimento del ricorrente. 2. Il primo motivo di ricorso sollecita la verifica di una pluralità di aspetti, eterogenei tra di loro che, tuttavia, presuppongono il preliminare richiamo alla condizione, sotto il profilo del diritto internazionale, dei territori nel cui ambito le azioni terroristiche sarebbero state realizzate. Il contesto territoriale di riferimento, infatti, è costituito dalla zona della Cisgiordania oggetto di occupazione da parte dello Stato israeliano, in relazione alla quale vi sono plurime risoluzioni delle Nazioni Unite che hanno dichiarato l'illegittimità dell'occupazione. La Risoluzione numero 242 del 1967 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha affermato la necessità dell'instaurazione di una pace giusta e duratura in Medio Oriente, basata sul ritiro delle forze armate israeliane dai territori occupati, nonché sulla cessazione di ogni pretesa e il riconoscimento dell'integrità territoriale di ogni Stato della zona. Partendo dalla situazione di illegalità internazionale derivante dall'occupazione dei territori palestinesi, l'impianto difensivo è essenzialmente volto a dimostrare come l'attività del ricorrente rientrasse appieno in quelle forme di resistenza, anche armata, finalizzata all'esercizio della legittima difesa internazionale e del diritto di autodeterminazione dei popoli, comportanti anche il ricorso al compimento di atti violenti, purché non rivolti contro la popolazione civile. Dal recepimento di tale impostazione, ne deriverebbe l'esclusione della natura terroristica sia del gruppo cui il ricorrente avrebbe aderito, sia dei singoli atti programmati. 2.1. La prima questione dedotta attiene alla rilevanza probatoria che assume l'inserimento del gruppo denominato Brigate Martiri di Al. nell'elenco delle organizzazioni terroristiche stilato dall'Unione europea, ai sensi del Reg. numero 2023/1505 del 20 luglio 2023. Il Tribunale del riesame ha ritenuto che l'inserimento del gruppo nella black list europea integri una presunzione, a fronte della quale spetterebbe alla difesa allegare elementi idonei ad escludere la natura terroristica dell'organizzazione. Al contempo, è stato richiamato il principio giurisprudenziale secondo cui in tema di associazioni con finalità di terrorismo internazionale, la natura di associazione terroristica si ricava non solo dall'inclusione dell'organizzazione negli elenchi di associazioni terroristiche stilati dagli organismi sovranazionali, ma anche dalla disamina del concreto manifestarsi dell'organizzazione stessa alla stregua degli indici descrittivi fattuali indicati dall'articolo 270-sexies cod. penumero Sez.5, numero 10380 del 7/2/2019, Koraichi, Rv. 277239 . La difesa sostiene che il Tribunale sarebbe venuto meno alla verifica in concreto delle finalità terroristiche del gruppo, non essendo sufficiente il mero inserimento nel predetto elenco e non potendosi neppure ipotizzare, per effetto di tale dato formale, una sorta di inversione dell'onere probatorio. La doglianza difensiva è solo parzialmente fondata, dovendosi riconoscere che l'inserimento di una determinata associazione nella cosiddetta black list non introduce una presunzione, nel senso processuale del termine, valevole in ambito giudiziario, con conseguente inversione dell'onere della prova. Tuttavia, non è neppure corretto sostenere che la valutazione della natura terroristica compiuta da parte di organi internazionali, dotati di elevate conoscenze del fenomeno, sia priva di qualsivoglia rilievo. Il giusto punto di equilibrio è quello già affermato dalla richiamata pronuncia di questa Corte che attribuisce un valore indiziario all'inserimento di un'associazione nell'elenco di quelle dedite ad attività terroristiche, con la conseguenza che tale dato, isolatamente considerato, non è autosufficiente per fondarvi la gravità indiziaria, salvo restando che lo stesso ben può essere valorizzato, unitamente ad ulteriori e diverse emergenze processuali, per l'accertamento della finalità di terrorismo. L'affermazione di principio in ordine alla valenza presuntiva dell'inserimento nella black list, recepita dal Tribunale del riesame, è errata, tuttavia, dalla complessiva lettura della motivazione emerge come la contraddittorietà stigmatizzata dalla difesa sia meramente espositiva e non sostanziale, posto che il Tribunale ha esaminato in concreto la natura dell'attività svolta dal gruppo Brigate Martiri di Al., verificando in concreto la finalità terroristica e, quindi, non incorrendo nella denunciata violazione di legge. 2.2. La questione centrale dedotta dal ricorrente attiene alla possibilità o meno di ricondurre la ribellione armata alla nozione di terrorismo, piuttosto che alla lecita reazione, sul piano del diritto internazionale, all'occupazione da parte di Israele dei territori palestinesi della Cisgiordania. Si assume che il ricorrente, pur non contestando la sua partecipazione diretta all'attività svolta dalle Brigate Martiri di Al., anche mediante la creazione del gruppo Brigate Tu., si inserirebbe nell'ambito dell'attività svolta politicamente dal partito Omissis , di cui le predette Brigate costituirebbero l'organizzazione armata, senza che ciò implichi necessariamente il compimento di atti terroristici. Quest'ultima connotazione, infatti, sarebbe esclusa dagli elementi indiziari acquisiti nel presente procedimento, posto che non emergerebbe in alcun modo -se non sulla base di forzature logiche - la programmazione di attentati contro civili, piuttosto che nei confronti di apparati militari di Israele. Il motivo sollecita una rivisitazione in punto di fatto dell'articolata motivazione che, tuttavia, non presenta aspetti di manifesta illogicità o contraddittorietà. Dalla congiunta lettura dell'ordinanza genetica e di quella emessa dal Tribunale del riesame, infatti, emergono plurimi e concordanti elementi che consentono di ritenere sussistente il requisito della gravità indiziaria in relazione al reato dì cui all'articolo 270-bis cod. penumero I giudici di merito hanno valorizzato, in primo luogo, la pianificazione di un attentato da compiersi presso l'insediamento israeliano di A, oggetto di plurime conversazioni intercorse tra Ya.Ka. e Jh.Ib. ucciso da appartenenti all'esercito israeliano il 6 novembre 2023 , soggetto a sua volta appartenente all'organizzazione, come desunto non solo dalle suddette conversazioni, ma anche dal fatto che Ji. risultava ritratto, assieme ad altri uomini armati, in una fotografia presente sul profilo Facebook di Y. II contenuto delle intercettazioni, in gran parte riportate nell'ordinanza genetica, è stato univocamente interpretato, con giudizio di merito non sindacabile in questa sede, come dimostrativo della volontà di realizzare un attentato all'interno di un insediamento israeliano, finalizzato a colpire li dove vi era la presenza di più persone ed in modo tale da realizzare un gesto eclatante. La difesa ha tentato di fornire una interpretazione alternativa delle conversazioni intercettate senza, tuttavia, evidenziare profili di manifesta illogicità o irragionevolezza. Peraltro, deve sottolinearsi come gli interlocutori discorrono senza adottare particolari cautele, il che ne ha reso agevole la comprensione delle intenzioni, li dove si fa espressamente riferimento all'intenzione di colpire ove c'è molta gente , locuzione che, in maniera del tutto logica, è stata riferita alla presenza di popolazione civile. Analogamente in tal senso è stata interpretata la frase con la quale Ya.Ka. consigliava a Ji. di ritirarsi all'ingresso dell'esercito in paese non appena arrivavano i militari, frase ritenuta dal Tribunale come riferita alla sollecitazione a darsi alla fuga subito dopo aver compiuto l'attentato all'interno dell'insediamento. La difesa sostiene che il riferimento al paese indicherebbe l'abitato di Tu. e non già l'insediamento di A, ipotizzando che Ya.Ka. consigliasse al complice di ritirarsi, dopo il compimento dell'attentato, nel momento in cui l'esercito israeliano sarebbe entrato nella cittadina di Tu Si sottolinea, in tal modo, come tale intercettazione fornirebbe un dato dall'incerto significato, inidoneo a farne discendere che l'attentato dovesse riguardare i cittadini presenti nell'insediamento israeliano. Premesso che le possibili letture alternative non possono essere esaminate in sede di legittimità, deve sottolinearsi come l'interpretazione complessiva fornita dal Tribunale ai plurimi colloqui intercorsi tra Ya.Ka.e Ji. non presenta aspetti di manifesta illogicità o contraddittorietà. In questa sede è sufficiente sottolineare come, nei predetti colloqui, si parla in maniera sostanzialmente non dissimulata del compimento di un attentato che deve colpire una moltitudine di persone, per la cui realizzazione occorre l'invio di fondi da parte di Ya., nonché della necessità per coloro che l'avrebbero eseguito di dotarsi, oltre che di armi, anche di protezioni , nonché di telecamere per riprendere l'azione, evidentemente in vista di una successiva attività di propaganda. In conclusione, si ritiene che l'accertamento della destinazione dell'azione programmata a colpire anche civili è un elemento desunto sulla base di plurimi indizi, oggetto di una valutazione non manifestamente illogica e senza che vi sia alcun elemento idoneo a far ritenere che l'obiettivo fosse esclusivamente militare. Rispetto al quadro indiziario complessivo, è recessiva la doglianza volta a evidenziare la contraddittoria valutazione del video che ritrae Ji. in un centro abitato, nel mentre esplode colpi di arma da fuoco. Il Tribunale, infatti, ha ritenuto tale dato dimostrativo del fatto che le azioni del gruppo fossero dirette a colpire anche civili, mentre nell'ordinanza cautelare si dava atto che il video raffigurava la città di Tu., dalla quale provengono sia Ya.Ka. che Ji., il che escluderebbe che si trattasse di una precedente condotta aggressiva realizzata ai danni di civili p. 29 ordinanza genetica . A ben vedere, si tratta di un elemento inidoneo a superare il ben più corposo quadro indiziario desunto dalle intercettazioni telefoniche e che, autonomamente, dimostra la sicura disponibilità di armi da parte di Ji. e la sua intenzione di compiere un attentato terroristico. 2.3. Parimenti infondate, oltre che versate in fatto, sono le doglianze con le quali il ricorrente contesta la rilevanza delle conversazioni nel corso delle quali Ya., parlando con Al. individuato quale uno dei vertici delle Brigate Martiri di Al. , accredita la nuova formazione delle Brigate Tu. come un'unità suicida pronta ad agire in profondità. Si afferma che tale locuzione non implicherebbe necessariamente la finalità terroristica, ben potendosi trattare di intenti rivolti esclusivamente nei confronti dell'apparato militare. Il Tribunale, invece, avrebbe applicato massime di esperienza sorte con riguardo al diverso fenomeno del terrorismo islamico. Invero, nella motivazione dell'ordinanza impugnata la richiamata locuzione è stata valorizzata essenzialmente per dimostrare la disponibilità al compimento di atti violenti, senza che emerga alcuna indebita sovrapposizione rispetto alle modalità attuate in diversi contesti di terrorismo. 2.4. Il dato dirimente è rappresentato dall'avvenuta ricostruzione di un apparato organizzativo strutturalmente deputato al compimento di forme di reazione armata che, a differenza di quanto sostenuto dalla difesa, non appaiono affatto dirette unicamente a colpire la presenza militare sui territori occupati. La ricostruzione in punto di fatto che emerge dai provvedimenti resi dai giudici di merito offre elementi ampiamente idonei a sostenere che le organizzazioni nel cui ambito opera Ya.Ka. perseguono finalità di terrorismo, non essendo in alcun modo possibile una netta separazione tra forme di resistenza legittime secondo il diritto internazionale e condotte di natura terroristica. A ben vedere, infatti, sono stati evidenziati plurimi elementi dai quali è possibile desumere - sia pur con il parametro valutativo proprio della fase cautelare - che le azioni erano direttamente o indirettamente destinate a coinvolgere obiettivi civili, il che rende tali forme di reazione armata incompatibile con le ipotesi di legittima contrapposizione in un contesto di tipo bellico. A tal riguardo, deve richiamarsi il principio giurisprudenziale secondo cui l'articolo 270 sexies cod. penumero rinvia, quanto alla definizione delle condotte terroristiche o commesse con finalità di terrorismo, agli strumenti internazionali vincolanti per l'Italia, e, in tal modo, introduce un meccanismo idoneo ad assicurare automaticamente l'armonizzazione degli ordinamenti degli Stati facenti parte della comunità internazionale in vista di una comune azione di repressione del fenomeno del terrorismo transnazionale. Ne consegue che, a seguito della integrazione della citata norma da parte della Convenzione internazionale per la repressione del finanziamento del terrorismo, fatta a New York l'8 dicembre 1999 e ratificata dall'Italia con la legge 14 gennaio 2003 numero 7, costituiscono atto terroristico anche gli atti di violenza compiuti nel contesto di conflitti armati rivolti contro un obiettivo militare, quando le peculiari e concrete situazioni fattuali facciano apparire certe ed inevitabili le gravi conseguenze in danno della vita e dell'incolumità fisica della popolazione civile, contribuendo a diffondere nella collettività paura e panico Sez. 1, numero 1072 dell'11/10/2006, dep. 2007, Bouyahia, Rv. 235288 Sez.5, numero 39545 del 4/7/2008, Ciise, Rv. 241730 . Con specifico riferimento agli atti di resistenza violenta commessi in un contesto bellico, infatti, la Convenzione ONU di New York del 9 dicembre 1999 per la repressione dei finanziamenti al terrorismo, all'articolo 2, lett. b , espressamente sancisce che ha finalità di terrorismo qualsiasi altro atto diretto a causare la morte o gravi lesioni fisiche ad un civile, o a qualsiasi altra persona che non ha parte attiva in situazioni di conflitto armato, quando la finalità di tale atto, per la sua natura o contesto, è di intimidire una popolazione, o obbligare un governo o un'organizzazione internazionale a compiere o a astenersi dal compiere qualcosa . 2.5. Sulla base di tali presupposti, deve affermarsi il principio secondo cui, in base all'articolo 270-sexies cod. penumero e alla Convenzione internazionale per la repressione del finanziamento del terrorismo, fatta a New York l'8 dicembre 1999, ratificata dall'Italia con la legge 14 gennaio 2003 numero 7, costituiscono atto terroristico le condotte che, pur se commesse nel contesto di conflitti armati, consistano in condotte violente rivolte contro la popolazione civile presente in territori che, in base al diritto internazionale, devono ritenersi esser stati illegittimamente occupati. Nel caso di specie, Ya.Ka. stava programmando un attentato diretto ai danni della popolazione civile, predisponendo mezzi e risorse per una contrapposizione generalizzata desumibile dall'adesione all'organizzazione e dall'attività di proselitismo contro la popolazione e l'esercito israeliano, tale da non consentire di ritenere la condotta quale legittima reazione all'occupazione dei territori della Cisgiordania. 3. Superati gli aspetti concernenti la valutazione della gravità indiziaria, si pone la problematica concernente la possibilità di ritenere applicabile al caso di specie il dettato dell'articolo 270-bis, comma terzo, cod. penumero , lì dove estende la nozione di finalità terroristiche anche agli atti di violenza rivolti contro uno Stato estero. Assume il ricorrente che le condotte violente non sarebbero state dirette contro il legittimo e internazionalmente riconosciuto territorio israeliano, bensì erano circoscritte ai cosiddetti territori occupati, dal quale Israele - stando a plurime risoluzioni internazionali - si sarebbe dovuto ritirare fin dal 1967. In quest'ottica, la condotta non sarebbe finalizzata a colpire uno Stato estero sul suo territorio, bensì a resistere - in forma armata - all'occupazione indebita dei territori palestinesi. 3.1. La questione, in punto di diritto, coinvolge in primo luogo l'individuazione della nozione, penalisticamente rilevante, di Stato estero che, indirettamente, coinvolge anche la nozione di atti con finalità di terrorismo. È opportuno richiamare le ragioni sottese alla attuale formulazione della norma incriminatrice, sottolineando come la modifica dell'articolo 270-bis cod. penumero si è resa necessaria a seguito delle mutate forme di manifestazioni del fenomeno che, per finalità, mezzi e ramificazione delle organizzazioni, ha assunto una dimensione sempre più internazionale, dando luogo a programmi delittuosi destinati all'attuazione in Stati diversi da quelli di appartenenza degli affiliati o, comunque, al di fuori dell'ambito territoriale nazionale. In adempimento di obblighi internazionali assunti dallo Stato italiano, si è reso necessario adeguare l'apparato sanzionatorio interno, predisponendo azioni di contrasto al terrorismo internazionale, con la conseguente modifica del testo dell'articolo 270-bis cod. penumero a seguito della novella introdotta dal D.L. 18 ottobre 2001, numero 374, per effetto della quale è stata inserita nell'intitolazione del reato il riferimento al terrorismo anche internazionale , prevedendo, al comma terzo, che ai fini della legge penale, la finalità di terrorismo ricorre anche quando gli atti di violenza sono rivolti contro uno Stato estero, un'istituzione o un organismo internazionale . Il requisito per l'applicabilità di tale disposizione è costituito, in primo luogo, dal necessario riconoscimento da parte dello Stato italiano dello Stato nei cui confronti si realizzata la condotta con finalità di terrorismo. La norma, nel richiamare gli atti rivolti contro uno Stato estero , fa riferimento essenzialmente al profilo della individuazione di un soggetto di diritto internazionale avente la qualifica di Stato sovrano e indipendente, valorizzando il dato della individuazione dell'ente di diritto internazionale, a prescindere dalla sua dimensione territoriale. Già sulla base del dato letterale in esame, deve sottolinearsi come la tesi difensiva non possa essere accolta, in quanto fondata su una nozione eccessivamente limitata di Stato estero , ponendo il bene giuridico tutelato in diretto ed esclusivo collegamento con il territorio dell'entità statale, il che escluderebbe la possibilità di applicare la norma incriminatrice in tutti quei casi in cui l'offesa sia arrecata al di fuori dell'ambito territoriale e non direttamente nei confronti dell'apparato istituzionale. 3.2. Si tratta di una soluzione non condivisibile per una pluralità di motivi, primo tra i quali quello per cui l'elemento territoriale è solo uno degli aspetti caratterizzanti l'ente Stato e, peraltro, non rileva ai fini dell'individuazione del bene giuridico tutelato, posto che l'articolo 270-bis, comma terzo, cod. penumero si applica anche ad altri soggetti - quali le istituzioni o organismi internazionali - di regola non fondati su base territoriale. 3.3. L'argomento dirimente per superare la tesi secondo cui il reato di cui all'articolo 270-bis cod. penumero , commesso nei confronti di uno Stato estero, non sarebbe configurabile nel caso di condotte violente realizzate su un territorio illegittimamente occupato, è insito nella nozione stessa di atto con finalità di terrorismo e nei limiti normativamente previsti con riguardo ai territori oggetto di contrapposizione armata. A tal riguardo occorre richiamare la definizione di condotte con finalità di terrorismo recepita dall'articolo 270-sexies cod. penumero , lì dove si stabilisce che sono considerate con finalità di terrorismo le condotte che, per la loro natura o contesto, possono arrecare grave danno ad un Paese o ad un'organizzazione internazionale e sono compiute allo scopo di intimidire la popolazione in ordine all'individuazione del bene giuridico protetto, si veda .5, numero 75 del 18/7/2008, dep. 2009, Laagoub, Rv. 242355 Sez.5, numero 12252 del 23/2/2012, Bortolato, Rv. 251920 . Tale norma, pertanto, collega la finalità di terrorismo con l'effetto tipico conseguente a tali forme di aggressione violenta, compiute allo scopo di intimidire la popolazione , con la conseguenza che la finalità è desumibile dall'effetto e non certo dal luogo ove le stesse vengono realizzate. In buona sostanza, la personalità internazionale dello Stato - anche estero - è lesa per il semplice fatto che i suoi cittadini siano destinatari della condotta terroristica, a prescindere dal luogo ove questa venga realizzata, con la conseguenza che il reato di cui all'articolo 270-bis cod. penumero sarà configurabile sia nel caso in cui la popolazione è oggetto di attacco terroristico all'interno dei legittimi confini nazionali dello Stato, sia quando la medesima condotta - avente i requisiti previsti dall'articolo 270-bis cod. penumero - venga realizzata al di fuori dei confini nazionali e anche in territori illegittimamente occupati, posto che l'aggressione realizzata ai cittadini in virtù della loro nazionalità si traduce in ogni caso in una lesione all'integrità dello Stato di appartenenza. In tal senso depone anche il già richiamato articolo 2, lett. b della Convenzione di New York del 1999, lì dove la natura terroristica viene direttamente collegata alla finalità di intimidire un popolazione, o obbligare un governo o un'organizzazione internazionale a compiere o a astenersi dal compiere qualcosa . In gran parte sovrapponibile è la definizione di reati terroristici fornita dalla Decisione quadro del Consiglio UE sulla lotta contro il terrorismo del 13 giugno 2002, il cui articolo l, stabilisce che Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché siano considerati reati terroristici gli atti intenzionali di cui alle lettere da a a i definiti reati in base al diritto nazionale che, per la loro natura o contesto, possono arrecare grave danno a un paese o a un'organizzazione internazionale, quando sono commessi al fine di - intimidire gravemente la popolazione, o costringere indebitamente i poteri pubblici o un'organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto, o - destabilizzare gravemente o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche o sociali di un paese o un'organizzazione internazionale . Orbene, sulla base delle principali fonti internazionali che si sono occupate di fornire la nozione di terrorismo , le cui indicazioni sono state recepite nella definizione data dall'articolo 270 - sexies cod. penumero , le forme di attentato contro la popolazione civile, pure se commesse in contesti di belligeranza e finalizzate a intimidire quest'ultima, rientrano nella nozione di atti con finalità di terrorismo, senza che possa rilevare il luogo in cui tali condotte vengono commesse. Ulteriore conferma è desumibile dalla distinzione tra atti commessi ai danni della popolazione civile e delle forze militari in contesti bellici, che presuppone proprio la possibilità che si realizzino reati di terrorismo in contesti di occupazione militare di territori da parte di uno Stato estero. 3.4. Orbene, sulla base delle fonti internazionali sopra richiamate, deve affermarsi il principio secondo cui la nozione di atti di terrorismo rivolti contro uno Stato estero, di cui all'articolo 270-bis, comma terzo, cod. penumero , ricomprende anche le condotte violente, finalizzate ad intimidire la popolazione civile anche se realizzate, come nel caso di specie, in territori illegittimamente occupati e al di fuori dei confini nazionali riconosciuti dall'ordinamento internazionale, posto che la finalità di terrorismo rileva in quanto diretta a colpire lo Stato estero a prescinde dall'ambito meramente territoriale in cui la condotta viene realizzata. Applicando tale principio al caso di specie, ne consegue che, a fronte della natura degli atti programmati, nonché del fatto che l'obiettivo erano i cittadini israeliani in quanto tali, le condotte ascritte a Ya.Ka. possono ritenersi compiute ai danni dello Stato israeliano, pur se destinate ad essere commesse al di fuori del suo territorio così come legittimamente individuato dall'ordinamento internazionale. 4. L'accertata sussistenza della gravità indiziaria a carico di Ya.Ka. non comporta l'estensione del medesimo giudizio anche nei confronti di Ir.Sa. Il Tribunale del riesame ha indicato una serie di circostanze fattuali si veda pg. 13 dalle quali desumere la piena partecipazione di Ir.Sa. all'associazione. Invero, gli elementi indicati appaiono tutti collegati al rapporto di Ir.Sa. con Ya., derivante dal fatto che i predetti dividevano il medesimo appartamento, nonché alla comune provenienza dai territori palestinesi occupati. In tale contesto, è innegabile che Ir.Sa. abbia mostrato un interesse per i movimenti palestinesi, sia condividendo - anche sui social network - foto raffiguranti persone armate appartenenti alla Brigata dei Martiri di Al., sia discorrendo delle dinamiche dei gruppi armati operanti in Palestina. Tuttavia, deve sottolinearsi come l'ordinanza impugnata non dia conto di elementi dai quali desumere Ir.Sa. avesse rapporti con l'associazione in quanto tale e non con il solo Ya Il reato associativo, infatti, presuppone necessariamente che l'associato sia riconosciuto tale dal gruppo di riferimento e, al contempo, che questi fornisca un contributo individuabile e non riconducibile alla mera condivisione dei medesimi intendimenti. Sia pur con riferimento a organizzazioni di diversa tipologia, questa Corte ha già avuto modo di affermare che la partecipazione a organizzazioni terroristiche, ove pure queste prevedano una formula di adesione aperta , richiede non solo la volontà del soggetto di aderire e dare il proprio concreto supporto alla realizzazione degli obiettivi del sodalizio, ma anche la consapevolezza, sia pur mediata o indiretta, di tale adesione da parte del gruppo Sez.6, numero 5461 del 17/11/2020, Benamir, Rv. 280835 . Nel caso di specie, non emergono contatti di Ir.Sa. con soggetti diversi da Ya., né è descritto un contributo fornito all'associazione in quanto tale e da quest'ultimo riconoscibile. 4.1. L'elemento indiziario maggiormente valorizzato dal Tribunale concerne lo scambio di informazioni tra Ir.Sa. e Ya.Ka. circa le dinamiche interne alla Brigata Al., affermandosi che, in alcuni casi, era proprio Ir.Sa. a fornire informazioni a Ya., il che dimostrerebbe la sua autonomia di azione. Si tratta di un argomento contestato dalla difesa, secondo cui gli argomenti oggetto di scambio di informazioni e opinioni tra Ir.Sa. e Ya.Ka. non attenevano in alcun modo a dinamiche interne e segrete, essendo oggetto di ampia diffusione nei gruppi della resistenza palestinese. Tale aspetto avrebbe meritato maggior attenzione, posto che la conoscibilità dei comunicati in questione al di fuori della stretta cerchia degli appartenenti all'associazione terroristica costituirebbe un elemento a favore del ricorrente, dimostrando come il comprensibile interessamento alle vicende riguardanti il territorio palestinese di provenienza non potrebbe essere ritenuto indicativo della partecipazione all'associazione. 4.2. Ancor più sfumati sono gli elementi indiziari concernenti i colloqui vertenti sull'invio di denaro, non essendosi chiarito se Ir.Sa. abbia o meno posto in essere condotte agevolatrici del finanziamento ai gruppi terroristici, né essendo sufficiente il mero fatto che il ricorrente e Ya.Ka.avessero intrattenuto colloqui circa il trasferimento di somme di denaro, peraltro di esigua entità. Ove pure si accertasse che tale trasferimento era disposto da Ya.Ka. in favore del gruppo terroristico di appartenenza, si sarebbe dovuta adeguatamene vagliare la consapevolezza della destinazione del denaro in capo a Ir.Sa. e la condotta, quanto meno agevolatrice, da questi realizzata. 4.3. La vicenda concernente il reperimento di un'arma da parte di Ir.Sa. e del suo utilizzo in una fotografia ritraente anche i coindagati Ya.Ka. e Do. è parimenti di dubbia valenza indiziaria, ove si consideri che l'arma in questione è risultato essere un fucile ad aria compressa, il che esclude che sia stata procurata per un successivo impiego in azioni terroristiche. Rimane il dato relativo alla fotografia e alla sua pubblicazione con frasi inneggianti alla guerra contro Israele che, tuttavia, è anch'essa di dubbia valenza indiziaria, non potendosi desumere dalla mera ideologica adesione alla lotta dei palestinesi contro l'occupazione della Cisgiordania da parte di Israele, l'effettiva appartenenza ad un'associazione terroristica. 4.4. Ulteriore elemento a favore di Ir.Sa. e del tutto non considerato nell'ordinanza impugnata è la circostanza che il ricorrente non avrebbe svolto alcun ruolo nella programmazione dell'attentato ad A, che ha visto coinvolto il solo Ya Si tratta di un elemento di specifico rilievo, posto che tale vicenda è quella che principalmente ha consentito di desumere la natura terroristica delle condotte poste in essere da Ya., sicché, ove si escludesse qualsivoglia coinvolgimento di Ir.Sa. e financo la sua consapevolezza di quanto progettato da Ya., ne scaturirebbe un elemento di esclusione della sua effettiva partecipazione all'attività terroristica. 4.5. In conclusione, la posizione di Ir.Sa. deve essere rivalutata dal Tribunale del riesame, dovendosi individuare elementi - dotati della necessaria gravità indiziaria - dai quali desumere l'effettiva partecipazione di Ir.Sa. all'associazione terroristica, oltre che il compimento di atti concretamente dimostrativi di tale adesione, non limitati alla generica condivisione delle ragioni della contrapposizione tra palestinesi e israeliani. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di L'Aquila competente ai sensi dell'articolo 309, co. 7, c.p.p.