«In caso di concordato con continuità aziendale ex articolo 186-bis l.fall., l’eventuale surplus finanziario determinato dalla prosecuzione utile dell’attività d’impresa è da intendersi quale incremento di valore dei fattori produttivi aziendali, rientrando nell’oggetto della garanzia generica del credito prevista dall’articolo 2740 c.c. […]».
«[…] Ne consegue che esso non è perciò liberamente distribuibile dal debitore, ma soggiace al divieto di alterazione delle cause legittime di prelazione». Il fatto processuale Il Tribunale di La Spezia dichiarava l'inammissibilità della domanda di concordato ed il fallimento di una società e dei soci illimitatamente responsabili, contestando alla società la qualificazione dei proventi derivanti dalla prosecuzione dell'attività come finanza esterna, non allocabili liberamente ai fini della soddisfazione dei creditori, ma da destinarsi ai creditori osservando l'ordine delle cause legittime di prelazione. Interposto reclamo, la Corte di appello di Genova confermava il provvedimento di primo grado contestando in particolare che il divieto di alterazione delle cause legittime di prelazione non può essere circoscritto al patrimonio del debitore esistente al momento della presentazione della domanda di concordato, nè a «quelle situazioni la cui soddisfazione derivava dalla attivazione della responsabilità patrimoniale del debitore ex articolo 2740 e 2741,1 comma, c.c.» pertanto non è ammissibile escludere dalla suddetta garanzia patrimoniale «sia la nuova finanza esogena, nella forma di un effettivo apporto estraneo, sia quella prodotta dalla prosecuzione dell'attività». La pronuncia della Cassazione La società impugnava il decreto dinanzi alla Corte di Cassazione contestando la violazione e falsa applicazione in particolare degli articolo 160,186-bis l. fall. e 2740 e 2741 c.c. La Corte di Cassazione ravvisava quale quaestio iuris su cui pronunciarsi «se il surplus derivante dalla continuazione dell'attività d'impresa [fosse] liberamente destinabile dal debitore senza vincoli di distribuzione i.e., senza rispettare l'ordine di graduazione delle cause legittime di prelazione ovvero se anche tale valore economico debba sottostare all'ordine delle cause legittime di prelazione ai sensi dell'articolo 160, comma 2, l. fall., nel rispetto del principio generale della responsabilità patrimoniale sancito dell'articolo 2740 c.c.». Secondo la Corte, la previsione dell'articolo 160, comma 2, l. fall. sia che la si interpreti come trasposizione della cd. absolute priority rule che della cd. relative priority rule prescrive comunque che il trattamento previsto per ciascuna classe non possa avere l'effetto di alterare l'ordine delle cause legittime di prelazione. Lungi dall'essere il surplus concordatario «ogni utilità frutto della prosecuzione dell'attività” il surplus è quella parte di utilità che ecceda “la somma destinata al pagamento dei creditori, secondo il piano concordatario». Altro è, invece, il surplus finanziario che possa essere generato dalla continuità aziendale – qual era proprio quello in discussione – «che altro non è che l'incremento del valore dell'azienda realizzato tramite la continuità aziendale programmata tramite il piano concordatario di cui all'articolo 186-bis l.fall »- e che in quanto “bene futuro” non sottraibile secondo i principi della responsabilità patrimoniale di cui all'articolo 2740 c.c. al soddisfacimento dei creditori secondo l'ordine di graduazione quale previsto dal combinato disposto di cui agli articolo 2741e 160, comma 2, l.fall. Nel corroborare la motivazione resa, la Corte ha ritenuto di dover precisare che il surplus finanziario laddove «determinato dalla continuità aziendale ex articolo 186-bis l.fall. non può essere ricondotto, in alcun modo, nella categoria concettuale della finanza esterna apportata dal terzo finanziatore del piano concordatario, posto che, nell'un caso, il flusso finanziario “eccedentario” […] risulta pur sempre collegato e funzionalmente collegato ai fattori produttivi aziendali e, dunque, in ultima istanza, al patrimonio del debitore e dunque alla garanzia patrimoniale insita nello stesso […] , mentre nell'altro caso, la finanza esterna è rappresentata da un apporto finanziario di un soggetto terzo rispetto al patrimonio del debitore, apporto che, se assistito dal […] requisito di neutralità, sfugge alle stringenti regole della responsabilità patrimoniale» sì da risultare liberamente disribuibile dall'impresa in concordato preventivo. Per altro verso, «la scelta del debitore di destinare soltanto una parte del proprio patrimonio attuale e futuro al rispetto dell'ordine delle cause di prelazione non sarebbe di per sé inammissibile, ma richiederebbe il consenso individuale dei singoli creditori, non potendosi ammettere che una decisione maggioritaria disponga di una norma imperativa, quale l'articolo 2740 c.c., sacrificando in tal modo il diritto individuale del singolo creditore senza il suo consenso». La Cassazione ha precisato che le regole distributive del valore liquidabile in favore dei creditori prevedono, anche in sede concorsuale, il rispetto delle cause di prelazione pertanto, una diversa distribuzione - mediante la conservazione dell'utilità per il debitore ovvero attraverso la distribuzione del surplus a categorie di creditori subordinate, senza l'integrale soddisfazione dei crediti privilegiati – «costituirebbe il “tradimento” proprio del criterio che dovrebbe governare tali procedure, ossia il migliore soddisfacimento del ceto creditorio». Nel richiamare un proprio pronunciamento precedente, il Collegio sottolineava che soltanto laddove caratterizzato dalla “neutralità” rispetto al patrimonio del debitore l'apporto da parte di un terzo di finanza esterna può sottrarsi alle regole proprie della par condicio creditorum e delle cause legittime di prelazione. In tal caso, infatti, «l'apporto del terzo si sottrae al divieto di alterazione della graduazione dei crediti privilegiati solo allorché risulti neutrale rispetto allo stato patrimoniale della società, non comportando né un incremento dell'attivo patrimoniale della società debitrice, sul quale i crediti privilegiati dovrebbero in ogni caso essere collocati secondo il loro grado, né un aggravio del passivo della medesima, con il riconoscimento di ragioni di credito a favore del terzo, indipendentemente alla circostanza che tale credito sia stato postergato o no». In conclusione, secondo quanto statuito dalla Corte di Cassazione, « i flussi finanziari, generati dalla continuità aziendale secondo il programma di esdebitamento previsto nel piano concordatario non sono assimilabili a nuova finanza, non potendosi fenomenicamente prescindere, nella loro ontologica descrizione, già dalla loro fonte, che non è un terzo, bensì, […] lo stesso patrimonio del debitore». A chiosa dell'articolata motivazione la Corte ha enunciato il seguente principio di diritto «in caso di concordato con continuità aziendale ex articolo 186-bis l.fall., l'eventuale surplus finanziario determinato dalla prosecuzione utile dell'attività d'impresa è da intendersi quale incremento di valore dei fattori produttivi aziendali, rientrando nell'oggetto della garaznia generica del credito prevista dall'articolo 2740 c.c. ne consegue che esso non è perciò liberamente distribuibile dal debitore, ma soggiace al divieto di alterazione delle cause legittime di prelazione».
Presidente Ferro - Relatore Amatore Fatti di causa 1. ALL. ST.AR. GROUP aveva presentato al Tribunale de La Spezia ricorso diretto ad ottenere l'ammissione al concordato preventivo con continuità ex articolo 186-bis L. Fall. 2. Il Tribunale, dopo aver assegnato alla parte ricorrente termine di giorni 15 per apportare modifiche alla proposta, aveva dichiarato l'inammissibilità della domanda di concordato ed il fallimento della società e dei soci illimitatamente responsabili, evidenziando la erroneità della configurazione, da parte della ricorrente, come finanza esterna, allocabile liberamente ai fini della soddisfazione dei creditori, dei proventi derivanti dalla prosecuzione dell'attività e dunque la violazione del divieto di alterare l'ordine delle cause legittime di prelazione. 3. Avverso il provvedimento di inammissibilità del concordato e la sentenza dichiarativa del fallimento ha proposto reclamo All Star, sostenendo l'assimilabilità alla finanza esterna dei redditi prodotti dalla prosecuzione dell'attività di impresa. La Corte di Appello di Genova, decidendo sul reclamo ex articolo 18 L. Fall., ha -nella resistenza del Fallimento che aveva chiesto la conferma del provvedimento reclamato - respinto l'impugnazione, con la sentenza numero 53/2018, depositata il 21 maggio 2018, qui oggetto di ricorso. La Corte territoriale ha rilevato che i tra i precetti applicabili al concordato con continuità aziendale, previsti in via generale, vi fosse anche quello, dettato dall'ultimo comma dell'articolo 160, L. Fall., secondo cui non sarebbe possibile nella proposta superare il divieto di alterare l'ordine delle cause legittime di prelazione ii non era neanche condivisibile la tesi, perorata dal reclamante nel primo motivo di ricorso, secondo cui il divieto di alterazione delle cause legittime di prelazione sarebbe circoscritto al patrimonio del debitore esistente al momento della presentazione della domanda di concordato, nonché a quelle situazioni la cui soddisfazione derivava dalla attivazione della responsabilità patrimoniale del debitore ex articolo 2740 e 2741,1 comma, cod. civ., con la conseguenza che ne rimarrebbero esclusi sia la nuova finanza esogena, nella forma di un effettivo apporto estraneo, sia quella prodotta dalla prosecuzione dell'attività iii tale tesi - non condivisa - si sarebbe fondata sulla efficacia del decreto di omologazione della proposta di concordato assunto a diaframma tra la fase procedimentale-concorsuale ed il ritorno in bonis dell'impresa debitrice la quale, attraverso la ristrutturazione del debito e dei benefici connessi alla falcidia delle poste debitorie, recupererebbe da quel momento un proprio nuovo equilibrio finanziario e patrimoniale iv la tesi sovraesposta sarebbe invece sostenibile solo per le obbligazioni future, in quanto il pagamento di tutti i creditori - per i quali il concordato è obbligatorio, ai sensi dell'articolo 184 L. Fall. -, e dunque anche di quelli destinati ad essere soddisfatti con i proventi della continuazione dell'attività di impresa, risultava integralmente regolato dalle condizioni del piano approvato v più in particolare, nel concordato con continuità aziendale, il piano fa affidamento, per la soddisfazione dei creditori, anche sugli utili prodotti dal proseguimento dell'attività, per cui la chiusura della procedura, ai sensi dell'articolo 180 c.p.c., e la esdebitazione prevista dall'articolo 184 L. Fall. non comporterebbero l'affrancazione del debitore, obbligato a pagare i creditori anche con i proventi della futura attività vi anche l'argomento focalizzato sulla possibilità del pagamento dei creditori cd. strategici, anteriori alla procedura, ai sensi dell'articolo 182-quinquies5 comma L. Fall., in violazione del principio della par condicio creditorum, non era condivisibile, in quanto la norma in esame subordina tale possibilità alla doppia condizione che i crediti derivino da prestazioni essenziali per la prosecuzione dell'attività di impresa e che siano funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori. 2. La sentenza, pubblicata il 21.5.2018, è stata impugnata da ALL. ST.AR. GROUP - ALLESTIMENTI STANDS ARREDAMENTI Snc DI MO.GI. E C. sulla base di due motivi, cui il FALLIMENTO ALL. ST.AR. GROUP - ALLESTIMENTI STANDS ARREDAMENTI Snc DI MO.GI. E C. ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria. Il P.G. ha chiesto il rigetto del ricorso. Ragioni decisione 1. Con il primo motivo la società ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 360, primo comma, numero 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell'articolo 160, comma 2, in combinato disposto con gli articolo 45, 55, 168, 182-ter e 186-bis del R.D. 16.3.1942 numero 267, anche in combinato disposto con gli articolo 27402741 cod. civ. e 2777-2778 cod. civ. 2. Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell'articolo 360, primo comma, numero 3, cod. proc. civ., dell'articolo 160 comma 2, in combinato disposto con gli articolo 182-quinquies, 186-bis del R.D. 16.3.1942 numero 267, anche in combinato disposto con gli articolo 2740-2741 cod. civ. e 27772778 cod. civ. 3. I due motivi - che possono essere esaminati congiuntamente, stante la stretta connessione delle questioni proposte - sono infondati. 3.1 La fattispecie può richiamare in conferma il nucleo centrale dei principi già affermati da questa Corte nel precedente arresto rappresentato da Cass. numero 9373/2012, con le precisazioni che, di qui a breve, saranno tuttavia rappresentate. Invero, la quaestio iuris consiste nello stabilire se il surplus derivante dalla continuazione dell'attività d'impresa sia liberamente destinabile dal debitore senza vincoli di distribuzione i.e., senza rispettare l'ordine di graduazione delle cause legittime di prelazione ovvero se anche tale valore economico debba sottostare all'ordine delle cause legittime di prelazione ai sensi dell'articolo 160, co. 2, L. Fall., nel rispetto del principio generale della responsabilità patrimoniale sancito dell'articolo 2740 cod. civ. Ritiene la Corte corretta, in relazione alla fattispecie di causa e all'assetto normativo applicabile, la seconda delle due soluzioni sopra prospettate. 3.3 Orbene, l'articolo 160, co. 2, L. Fall., nel prescrivere che il trattamento stabilito per ciascun classe non può avere l'effetto di alterare l'ordine delle cause legittime di prelazione , può essere inteso - in via astratta - in due modi diversi i come trasposizione della cd. absolute priority rule, nel senso che una classe di grado inferiore non può ricevere alcun soddisfacimento se quella di grado poziore non sia stata integralmente soddisfatta v. in tal senso, Cass. numero 17155/2022 ii come espressione della cd. relative priority rule, nel senso che una classe di grado inferiore può ricevere una qualche soddisfazione anche laddove la classe di grado poziore non sia stata integralmente soddisfatta, purché quest'ultima venga soddisfatta in misura maggiore della prima. Una necessaria preliminare impostazione definitoria dei presupposti del problema, sopra solo tratteggiato e al fine di evitare fraintendimenti, impone di chiarire cosa si intenda per surplus concordatario . In realtà, con tale termine può ragionevolmente intendersi, ai fini di causa, non già ogni utilità frutto della prosecuzione dell'attività, come pur suggestivamente ipotizzato, bensì soltanto quella parte di essa che ecceda la somma destinata al pagamento dei creditori, secondo il piano concordatario. Preme infatti al Collegio precisare, in termini più generali, che il surplus finanziario, cui si faceva riferimento nel piano concordatario in esame e al quale si richiamano le parti nell'odierno dibattito processuale, altro non è che l'incremento del valore dell'azienda realizzato tramite la continuità aziendale programmata tramite il piano concordatario di cui all'articolo 186-bis L. Fall. , incremento che, pertanto, deve ritenersi pacificamente rientrante nel paradigma di bene futuro che, secondo i principi generali della responsabilità patrimoniale fissati dall'articolo 2740 cod. civ., non può essere sottratto al soddisfacimento dei creditori, secondo l'ordine di graduazione fissato dal successivo articolo 2741 cod. civ. e al rispetto, nell'ambito concordatario che qui ci riguarda , dell'ordine delle cause legittime di prelazione ex articolo 160, co. 2, L. Fall. 3.4 II filo conduttore sotteso alla opzione ermeneutica qui accolta potrebbe essere sintetizzato, per vero, nei seguenti termini posto che a l'articolo 160, co. 2, L. Fall. vieta l'alterazione delle cause di prelazione e che b consentire al debitore di distribuire liberamente le risorse provenienti dalla continuazione dell'attività d'impresa potrebbe determinare l'alterazione delle cause di prelazione allora c il debitore non è libero di distribuire il surplus derivante dalla continuazione dell'attività d'impresa, perché quest'ultimo costituisce un bene futuro rientrante nella più generale garanzia patrimoniale del debitore e dunque nel rispetto del divieto dell'alterazione delle cause legittime di prelazione. Ciò implicherebbe, sul piano concreto, che laddove fossero presenti creditori muniti di privilegio generale - rispetto ai quali il piano non avesse previsto l'integrale soddisfazione - l'eventuale utilità prodotta dalla continuità aziendale, prima di poter essere destinata ai creditori chirografari, dovrebbe essere ai primi attribuita. Come già sopra precisato, i redditi prodotti dalla prosecuzione dell'attività d'impresa ed i relativi flussi finanziari costituiscono, sul piano giuridico, beni futuri , ricompresi ai sensi dell'articolo 2740 c.c. nella garanzia patrimoniale generica del creditore e, pertanto, vincolati - ex articolo 2741 c.c. e 160, co. 2, L. Fall. - al soddisfacimento dei crediti secondo l'ordine delle cause legittime di prelazione. In realtà, va osservato che la scelta del debitore di destinare soltanto una parte del proprio patrimonio attuale e futuro al rispetto dell'ordine delle cause di prelazione non sarebbe di per sé inammissibile, ma richiederebbe il consenso individuale dei singoli creditori, non potendosi ammettere che una decisione maggioritaria disponga di una norma imperativa, quale l'articolo 2740 cod. civ., sacrificando in tal modo il diritto individuale del singolo creditore senza il suo consenso cfr., in tale senso anche Cass. numero 5906/2018, secondo cui, verbatim, prima ancora che il testo letterale della norma, i principi generali in materia concorsuale non consentono di ritenere che la maggioranza dei creditori, con la mera manifestazione del voto in adunanza, possa sopprimere o ridurre i diritti di prelazione spettanti ex lege a taluni di essi . Ne consegue che una deroga assunta a maggioranza ai principi dettati dall'articolo 160, co. 2, L. Fall. sarebbe ammissibile, a rigore, unicamente laddove fosse la legge stessa a prevederlo. Occorre inoltre precisare che la continuità aziendale costituisce un mero strumento funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori , in quanto le regole distributive del valore liquidabile in favore dei creditori prevedono, anche in sede concorsuale, il rispetto delle cause di prelazione, con la conseguenza che una destinazione diversa da questa - sia che si realizzi mediante la conservazione dell'utilità per il debitore, sia che si realizzi attraverso la distribuzione del surplus a categorie di creditori subordinate, senza l'integrale soddisfazione dei crediti poziori - costituirebbe il tradimento proprio del criterio che dovrebbe governare tali procedure, ossia il migliore soddisfacimento del ceto creditorio. 3.5 Proprio nel solco di tale orientamento si colloca il precedente di questa corte già sopra citato Cass. numero 9373/2012 , secondo il quale l'apporto del terzo si sottrae al divieto di alterazione della graduazione dei crediti privilegiati solo allorché risulti neutrale rispetto allo stato patrimoniale della società, non comportando né un incremento dell'attivo patrimoniale della società debitrice, sul quale i crediti privilegiati dovrebbero in ogni caso essere collocati secondo il loro grado, né un aggravio del passivo della medesima, con il riconoscimento di ragioni di credito a favore del terzo, indipendentemente dalla circostanza che tale credito sia stato postergato o no . Sul punto, il Collegio ha la necessità di precisare che, pur essendo condivisibile il richiamo al principio della inderogabilità del divieto di alterazione della graduazione dei crediti privilegiati , in caso di apporto di finanza esterna, contenuto nell'arresto da ultimo citato, occorre comunque evidenziare che il cd. surplus finanziario, determinato dalla continuità aziendale ex articolo 186-bis L. Fall., non può essere ricondotto, in alcun modo, nella categoria concettuale della finanza esterna apportata dal terzo finanziatore del piano concordatario, posto che, nell'un caso, il flusso finanziario eccedentario , rispetto al programmato pagamento dei creditori previsto nel piano stesso, risulta pur sempre collegato e dunque funzionalmente riconducibile ai fattori produttivi aziendali e, dunque, in ultima istanza, al patrimonio del debitore e dunque alla garanzia patrimoniale insita nello stesso, ai sensi dei sopra richiamati articolo 2740 e 2741 cod. civ. , mentre, nell'altro caso, la finanza esterna è rappresentata da un apporto finanziario di un soggetto terzo rispetto al patrimonio del debitore, apporto che, se assistito dal sopra ricordato requisito di neutralità , sfugge alle stringenti regole della responsabilità patrimoniale e risulta, secondo i principi già affermati da questa Corte, liberamente distribuibile dal debitore. Detto altrimenti, risulta evidente che - sulla base dei principi già affermati nell'arresto più volte menzionato Cass. numero 9373/2012, cit. supra - la volontà del legislatore va nella direzione che la formazione delle classi non possa alterare, in alcun modo, l'ordine di graduazione dei crediti muniti di cause di prelazione, che riceve il suo fondamento giuridico nella legge e che, per quanto già sopra detto, non risulta disponibile dalle parti. In realtà, l'argomento logico sistematico - secondo il quale l'intangibilità dell'ordine delle cause di prelazione trova il suo limite nel patrimonio del debitore, e non vieta al terzo di condizionare il suo apporto finanziario alla soddisfazione preferenziale di crediti posposti nel caso sopra esaminato della cd. finanza esterna - s'infrange, comunque, contro la constatazione che la liquidità offerta, qualora transiti nel patrimonio del debitore, pone le premesse della soddisfazione dei crediti secondo l'ordine delle prelazioni, essendo a questi effetti irrilevante quale sia l'origine e la provenienza dei mezzi finanziari con i quali il debitore paga i suoi creditori. Ciò detto, occorre pertanto ribadire per riprendere ab ovo la soluzione della quaestio iuris qui in discussione che i flussi finanziari, generati dalla continuità aziendale secondo il programma di esdebitamento previsto nel piano concordatario non sono assimilabili a nuova finanza, non potendosi fenomenicamente prescindere, nella loro ontologica descrizione, già dalla loro fonte, che non è un terzo, bensì, per quanto sopra detto, lo stesso patrimonio del debitore, con la conseguenza che nemmeno risulta necessario richiamare, nel caso in esame, il requisito della neutralità patrimoniale, per ritenere superabili i sopra descritti limiti della responsabilità patrimoniale e del rispetto delle cause legittime di prelazione, dettati dagli articolo 2740 e 2741 cod. civ. per come ripresi nell'ambito concorsuale dall'articolo 160, secondo comma, L. Fall. . 3.6 Risulta così ed anche dubitabile, a livello definitorio sul piano concorsuale, che possa parlarsi, in realtà, di surplus concordatario, rappresentando lo stesso l'ordinaria affluenza di cassa ovvero di ritorno commerciale di risorse liquide o meno , revenienti dall'utile dell'attività d'impresa. Piuttosto, l'esasperazione classificatoria di tale nozione, per lo meno nell'accezione qui non condivisa, rischia di circoscrivere il corrispettivo satisfattivo del concordato preventivo in continuità alla mera continuità in sé, svuotando l'impegno satisfattivo che comunque, anche in tale concordato, il piano deve prevedere, per poter essere dichiarato ammissibile e negoziabile con i creditori. 3.7 Sarebbe, pertanto, improprio parlare, nel caso in esame, di neutralità dei flussi generati dalla continuità aziendale, nell'accezione recepita da Cass. 9373/2012, in quanto è proprio attraverso essi che il patrimonio del debitore si incrementa e si realizza, al contempo, un corretto contesto satisfattivo, all'interno del quale è il debitore che paga i crediti . In realtà, nel concordato con continuità aziendale, attraverso l'omologazione del piano e della proposta concordataria, il piano di esdebitazione del debitore si fonda anche sugli incrementi determinati dall'esercizio dell'impresa, che risultano, pertanto, destinati al pagamento dei creditori per i quali il concordato preventivo diviene obbligatorio, ai sensi dell'articolo 184 L. Fall., non verificandosi alcuna affrancazione del debitore. 3.8 Osserva ancora il Collegio come la regola del divieto di alterazione dell'ordine delle cause legittime di prelazione scatta pubblicisticamente proprio al momento satisfattivo ed è posta, nella sua affermazione di principio, a giustificazione selettiva delle deroghe di fonte legale alla par condicio creditorum la portata del comando è tanto più cogente laddove l'articolo 160, comma 2, L. Fall. sanziona l'effetto in sé dell'alterazione, e, dunque, a prescindere da come essa si realizza. A ciò va aggiunto che l'omologazione del concordato non instaura alcuna separazione patrimoniale rispetto ai beni e agli incrementi che nascono, quali generati dalla continuità aziendale manca, invero, in tale prospettiva, solo suggestiva da un punto di vista descrittivo, qualunque pubblicistico-iscrizionale, e cioè un elemento costitutivo e comunque rivolto ai terzi ovvero riconoscibile per i beni, mobili, crediti ecc., non soggetti a requisiti di registro degli atti che li riguardano. È dunque la stessa garanzia patrimoniale - che si proietta al futuro, come semplicemente declinata nell'articolo 2740 cod. civ., e che non perimetra al passato la responsabilità del debitore, limitandola, cioè, ai beni che gli erano propri all'insorgenza del credito - a costituire il fondamento giuridico, di matrice normativa, legittimante la responsabilità del debitore in concordato con continuità, nei confronti dei propri creditori, anche con i beni futuri, generati dalla prosecuzione dell'attività aziendale secondo le scansioni temporali previste nel piano e nel rispetto, anche qui come nel concordato liquidatorio , delle cause legittime di prelazione legislativamente previste. Del resto, se un bene appartiene al patrimonio del debitore, lo stesso non può che servire, poi, al soddisfacimento dei suoi creditori concordatari Cass. Sez. 1, Ordinanza numero 13391 del 17/05/2019 Cass. numero 10884/2020 , secondo le modalità normativamente previste articolo 160,2 comma, L. Fall. . 3.9 Le regole normative di distribuzione del patrimonio del debitore tra creditori privilegiati e creditori chirografari si rinvengono, infatti, proprio nell'articolo 160, comma 2, L. Fall. che, da un lato, consente la possibilità di un pagamento non integrale dei creditori privilegiati, ma a condizione che il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione dei beni oggetto della garanzia e, dall'altro lato, precisa, come sopra già ricordato, che il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l'effetto di alterare l'ordine delle cause legittime di prelazione . Così deve ritenersi che, a norma dell'articolo 160, comma 2, L. Fall., il soddisfacimento parziale dei creditori muniti di privilegio generale può trovare un fondamento giustificativo solo nell'incapienza del patrimonio mobiliare del debitore, sicché il soddisfacimento dei creditori chirografari non può che dipendere, in tal caso, dalla presenza di beni immobili ovviamente per la parte che non è deputata a garantire i creditori che vantino un titolo di prelazione su di essi o da liquidità estranee al patrimonio del debitore stesso Cass. 10884/2020 per medesime considerazioni Cass. 34539/2019 che ha dichiarato l'inammissibilità di una proposta di concordato preventivo che prevedeva un soddisfacimento in percentuale dei creditori postergati in concomitanza con i creditori chirografari, e non residuale e posposto all'integrale soddisfacimento di questi ultimi . Va infatti ricordato che, già prima dell'entrata in vigore del CCII, la giurisprudenza di questa Corte di legittimità ricordava che l'articolo 160, comma 2, L. Fall. , laddove impone che il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l'effetto di alterare l'ordine delle cause legittime di prelazione , viene tradizionalmente interpretato come norma traspositiva, già in fase di ammissione del concordato preventivo, del criterio di matrice nordamericana della cd. absolute priority rule, per cui una classe di grado inferiore non può ricevere alcun soddisfacimento se quella di grado poziore non sia stata integralmente soddisfatta così, Cass. 17155/2022 . 3.10 In ordine alle sopra sintetizzate doglianze articolate dalla società ricorrente, occorre ricordare che la menzionata regola dell'absolute priority rule non esclude tout court la coesistenza di un soddisfacimento parziale dei crediti chirografari e di quelli muniti di privilegio generale, sottolineando già la giurisprudenza di questa Corte che una simile evenienza è possibile proprio a fronte dell'apporto di cd. finanza esterna, sia pure - per quanto sopra detto - in condizione di neutralità v. Cass. 9373/2012, 12864/2019, 13391/2019 . Più in generale, va sottolineato che in tutte le ipotesi di continuità e come argomentato dal Procuratore generale, i creditori sono normalmente esposti, in misura e per tempi dipendenti dalla struttura del piano di concordato, a un duplice rischio riduzione dei valori e maturazione della prededuzione. Ne consegue che, in assenza di un esplicito consenso non è concepibile l'idea di addossare ai creditori specie se privilegiati il rischio della continuità, senza contestualmente beneficiarli attraverso l'attribuzione delle potenzialità reddituali da essa scaturenti. 3.11 Né tracce per una diversa ricostruzione sistematica si rinvengono nell'articolo 182-quinquies, quinto comma, L. Fall., il quale consente di autorizzare il debitore a pagare i creditori anteriori anche chirografari se un professionista attesta che le loro prestazioni siano essenziali per la prosecuzione dell'attività e funzionali al miglior soddisfacimento dei creditori, o anche senza attestazione, laddove i pagamenti siano eseguiti mediante nuovi fondi apportati al debitore senza obbligo di restituzione o con obbligazione di rimborso postergata alla soddisfazione dei creditori. Come correttamente ancora osservato anche dalla Procura Generale, da tale norma non può trarsi un principio generale di libera allocabilità dei flussi generati dalla prosecuzione dell'attività imprenditoriale nel concordato in continuità. Trattasi, infatti, di una norma eccezionale che consente il pagamento di alcuni specifici creditori antecedenti, dei fornitori di beni e servizi indispensabili per il mantenimento in vita dell'impresa, di fornitori strategici e non sostituibili con altri operatori presenti sul mercato. Ma la stessa rappresenta, comunque, una deroga al concorso sottoposta alla duplice condizione delPattestazione specifica di un professionista da cui risulti che si tratta di crediti relativi a prestazioni essenziali per la prosecuzione dell'attività e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori e della successiva autorizzazione del Tribunale. Va dunque osservato che, a fronte dell'evidente specificità ed eccezionalità di tale previsione, sia con riferimento ai profili sostanziali beneficiari dei pagamenti sono soltanto alcuni specifici creditori che procedurali necessità di una specifica attestazione di un professionista sul duplice profilo dell'essenzialità delle prestazioni e della loro funzionalità alla miglior soddisfazione dei creditori e successiva autorizzazione del Tribunale non può dirsi che tale norma ponga sullo stesso piano la finanza esterna e l'incremento patrimoniale generato dalla prosecuzione dell'attività. Deve pertanto ritenersi che la stessa rappresenti una norma eccezionale che, come tale, non è suscettibile di applicazione al di fuori delle ipotesi tassativamente previste. 3.12 Né, peraltro, una diversa ricostruzione può essere tratta dalle norme del CCII ed in particolare dall'articolo 84 comma 6, in forza del quale Nel concordato in continuità aziendale il valore di liquidazione è distribuito nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione per il valore eccedente quello di liquidazione è sufficiente che i crediti inseriti in una classe ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore. In primo luogo, risulta evidente come l'articolo 84 comma 6 CCII detti una regola diversa rispetto a quella propugnata dalla ricorrente per la destinazione del cd. plusvalore da concordato. A ciò va comunque e in via assorbente aggiunto come la norma di cui all'articolo 84 comma 6 CCII costituisca una rilevante novità rispetto alla pregressa disciplina, come essa è stata costantemente interpretata dalla Corte, non potendosi dunque ritenere che ricorra un ambito di continuità tra il regime fallimentare e quello successivo e che la nuova norma sia pertanto idonea a rappresentare un utile criterio interpretativo degli istituti della legge fallimentare, secondo le chiare indicazioni offerte dalla giurisprudenza, formatasi dinanzi alle Sezioni Unite, in merito al limite e alle condizioni di rilevanza di una simile metodologia ermeneutica Cass. Sez. U numero 12476-20, Cass. Sez. U numero 2061-21, Cass. Sez. numero 8504-21, Cass. Sez. U numero 42093-21, e infine anche Cass. Sez. U numero 8557-23 e Cass. Sez. U. 7337-24 . Il sopra riferito richiamo non rappresenta, pertanto, un elemento di raffronto utile sul versante esegetico perché l'effetto che si pretende finisce con l'interferire sul terreno della vigenza della legge, connesso alla sua entrata in vigore e al correlato ambito di applicazione temporale l'articolo 84, comma 6 CCII non ha disposto una semplice revisione della disciplina anteriormente rinvenibile negli articolo 160 e 161 L. Fall., ma ha invero introdotto un precetto nuovo all'interno dell'ordinamento positivo, così astrigendo i poteri interpretativi del Giudice e influendo sulla funzione dichiarativa della giurisprudenza - anche di legittimità - da contenere all'interno del confine proprio della norma da interpretare v. già Cass. Sez. U numero 21095-04, Cass. Sez. U numero 413519, Cass. Sez. U numero 2061-21 . Come correttamente osservato anche dalla Procura generale, L'attività di interpretazione, per quanto la si voglia dilatare in funzione evolutiva e in molti casi è opportuno dilatarla in tale chiave onde superare altrimenti inaccettabili lacune dell'ordinamento , non può mai spingersi fino a superare il limite di tolleranza e di elasticità di un enunciato, ossia - come efficacemente è stato detto - del significante testuale della disposizione che il legislatore ha posto, giacché da quel significante, previamente individuato, non può che muovere la dinamica di inveramento della norma nella concretezza del suo operare cfr. ultima fol. requisitoria scritta Procura generale . Ne deriva l'infondatezza del ricorso. Occorre pertanto affermare il seguente principio di diritto In caso di concordato con continuità aziendale ex articolo 186bis L. Fall., l'eventuale surplus finanziario determinato dalla prosecuzione utile dell'attività d'impresa è da intendersi quale mero incremento di valore dei fattori produttivi aziendali, rientrando nell'oggetto della garanzia generica del credito prevista dall'articolo 2740 cod. civ. ne consegue che esso non è perciò liberamente distribuibile dal debitore, ma soggiace al divieto di alterazione delle cause legittime di prelazione . Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo. Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13 Cass. Sez. Unumero 23535 del 2019 . P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 10.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell'articolo 13 comma 1-quater del D.P.R. numero 115 del 2002, inserito dall'articolo 1, comma 17 della L. numero 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.