La pronuncia in commento, intervenendo sul reato di commercio clandestino di sostanze dopanti, dichiarato costituzionalmente illegittimo limitatamente alle parole «al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti», ha escluso che una norma penale di “favore”, la quale restringa l’area della punibilità o introduca un trattamento più mite, se successivamente “caducata” dal giudice delle leggi, possa essere applicabile ai fatti commessi anteriormente nel vigore della normativa penale.
I fatti Con sentenza del 13 luglio 2022 la Corte d'appello di Bari confermava la pronuncia di condanna, resa in esito a giudizio abbreviato dal Gup di Bari a carico di un imputato in ordine al delitto di commercio illegale di farmaci e sostanze farmacologicamente e biologicamente attive, a norma dell'articolo 9, comma 7, legge numero 376/2000 poi trasfuso nell'articolo 586, comma 7, c.p., in forza dell'articolo 2, comma 1, lett. d , d.lgs. numero 21/2018, con decorrenza 6 aprile 2018 . I fatti contestati al prevenuto, riguardanti la detenzione di tali prodotti all'interno della propria palestra, del proprio appartamento e dell'autovettura in suo uso, accertati con intercettazioni, perquisizioni e sequestri, risalivano ad un'epoca compresa tra il giugno 2016 e l'aprile 2017, quindi ricadevano nel vigore della succitata legge numero 376/2000. Corte Cost. numero 105/2022 La decisione dei giudici di secondo grado era intervenuta successivamente alla declaratoria di incostituzionalità dell'articolo 586-bis, comma 7, c.p., il quale prevedeva – a differenza della precedente norma incriminatrice di cui all'articolo 9, comma 7, legge numero 376/2000 – la necessità, ai fini dell'integrazione del reato, del «fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti», poi in parte qua dichiarato costituzionalmente illegittimo da Corte cost. numero 105/2022. Il difensore aveva richiesto alla Corte d'appello l'assoluzione perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, ritenendo applicabile, nella specie, la vigente fattispecie incriminatrice, anche nel “segmento” poi dichiarato incostituzionale, in quanto norma di favore, trattandosi di requisito selettivo della punibilità rilevante ai fini del dolo specifico evidentemente nella specie ritenuto insussistente . Il ricorso per Cassazione Avendo i giudici baresi respinto tale tesi, il difensore dell'imputato interponeva ricorso per cassazione, articolato in più motivi, tra i quali col primo denunciava violazione di legge, avendo riguardo alla ritenuta configurabilità del reato in difetto del dolo specifico costituito dal «fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti». Sosteneva, in particolare, il ricorrente - che la Corte Costituzionale, nella succitata sentenza numero 105/2022, ha espressamente rimesso ai giudici ordinari la valutazione degli effetti in relazione alle condotte precedenti all'entrata in vigore dell'articolo 586-bis cod. penumero - che la Corte di Cassazione in più occasioni ha sostenuto l'applicabilità del principio di retroattività favorevole anche rispetto alla persona imputata per un fatto commesso prima dell'entrata in vigore di una norma abolitrice poi dichiarata costituzionalmente illegittima, valorizzando il principio di uguaglianza il riferimento è a Cass. penumero , sez. I, 22 settembre 2017, numero 24834 fattispecie relativa alla dichiarazione di incostituzionalità, ad opera di Corte cost. numero 5/2014, dell'articolo 2268 del d.lgs. numero 66/2010, nella parte in cui, al comma 1, numero 297, aveva abrogato il reato di associazione paramilitare previsto dall'articolo 1 del d.lgs. numero 43/1948, nella quale la Corte ha precisato che l'applicazione della lex mitior che ha abrogato un reato, ancorché dichiarata incostituzionale, a fatti pregressi rispetto all'entrata in vigore di detta legge trova fondamento nel principio di uguaglianza di cui all'articolo 3 Cost. . Il dictum la lex mitior deve risultare validamente emanata, altrimenti è inapplicabile La sentenza in commento, nel rigettare il ricorso dell'imputato, siccome ritenuto complessivamente infondato, richiama anzitutto Corte cost. numero 105/2022 che, per quanto qui di rilievo, ha fatto espresso rinvio alla propria giurisprudenza quanto agli effetti della dichiarazione di illegittimità costituzionale da essa pronunciata in ordine ai fatti commessi anteriormente all'entrata in vigore dell'articolo 586, comma 7, c.p. «quanto agli effetti sui singoli imputati dei giudizi penali principali le cui condotte sono precedenti all'entrata in vigore della disposizione dichiarata costituzionalmente illegittima, competerà ai giudici rimettenti valutare le conseguenze applicative che potranno derivare dalla pronuncia di accoglimento, tenendo conto della costante giurisprudenza di questa Corte» ex plurimis, sentenza numero 394/2006 . Corte Cost. numero 394/2006, a sua volta, nel dichiarare l'illegittimità costituzionale di disposizioni di favore in materia di reati elettorali, ha affermato che per i fatti commessi in precedenza alla formale entrata in vigore di una disposizione penale di favore – tale essendo quella che stabilisca, per determinati soggetti o ipotesi, un trattamento penalistico più mite di quello che risulterebbe dall'applicazione di norme generali o comuni – non viene in rilievo il principio, assolutamente inderogabile, di irretroattività della norma penale sfavorevole articolo 25, comma 2, Cost. , ma, diversamente, il principio di retroattività della norma penale di favore che trova il suo fondamento nel principio di uguaglianza articolo 3 Cost. e deve ritenersi suscettibile di deroghe ove sorrette da giustificazioni oggettivamente ragionevoli v. già Corte Cost. numero 74/1980 Corte Cost. numero 6/1978 Corte Cost. numero 330/1995 . Inoltre, ha significativamente affermato che il principio di retroattività della norma penale più favorevole, in tanto può trovare applicazione, in quanto la norma sopravvenuta sia, di per sé, costituzionalmente legittima. In altre parole, la lex mitior deve essere validamente emanata sia dal punto di vista formale rispetto alla disciplina delle fonti, sia da quello sostanziale del rispetto dei valori espressi dalle norme costituzionali altrimenti, non v'è ragione per derogare alla regola sancita dall'articolo 136, comma 1, Cost. e 30, comma 3, della legge numero 87/1953, ove si esclude in modo testuale, l'«efficacia» e, rispettivamente, l'«applicazione» delle norme dichiarate incostituzionali dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione. Conformandosi a tali autorevoli statuizioni del giudice delle leggi, la Cassazione, con la sentenza in commento, ribadisce il principio di diritto che una disposizione penale di favore, la quale restringa l'area della punibilità o introduca un trattamento più mite, se successivamente dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Consulta, non è applicabile ai fatti pregressi commessi anteriormente alla sua entrata in vigore. Non è infatti il principio di uguaglianza – come aveva sostenuto la difesa – ragione idonea a derogare alla regola sancita ai succitati articolo 136, comma 1, Cost. e 30, comma 3, legge numero 87/1953 non potendosi ammettere che una norma costituzionalmente illegittima – rimasta in vigore, in ipotesi, anche un solo giorno – determini paradossalmente l'impunità o comunque l'abbattimento della risposta punitiva, non soltanto per i fatti commessi quel giorno, ma con riferimento a tutti i fatti pregressi, posti in essere nel vigore dell'incriminazione più severa. I precedenti di legittimità In precedenza, nel senso che la norma dichiarata incostituzionale, ove più favorevole, può continuare a essere applicata, per il principio del favor rei, solo ai fatti commessi sotto la sua apparente vigenza ma non anche ai fatti che siano stati commessi sotto la normativa precedente, si era già espressa la Corte di Cassazione - in tema di cessione di droghe cd. “pesanti” avvenuta nella vigenza dell'articolo 73, comma 1, d.P.R. numero 309/1990, nella versione, meno favorevole, anteriore all'entrata in vigore delle modifiche apportate dalla legge numero 49/2006, successivamente dichiarate incostituzionali da Corte cost. numero 32/2004 Cass. penumero , sez. III, 14 febbraio 2018, numero 41046, Zungri, Rv. 274324 Cass. penumero , sez. III, 19 ottobre 2016, dep. 2017, numero 4185 - in materia edilizia-paesaggistica Cass. penumero , sez. III, 3 marzo 2016, numero 28233 fattispecie relativa alla costruzione di un capanno in legno, in assenza di permesso di costruire e di autorizzazione paesaggistica, in epoca antecedente all'entrata in vigore di una legge regionale che lo avrebbe consentito, successivamente dichiarata incostituzionale .
Presidente Andreazza - Relatore Corbo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza emessa in data 13 luglio 2022, la Corte di appello di Bari ha confermato la sentenza pronunciata dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Foggia che all'esito di giudizio abbreviato aveva dichiarato la penale responsabilità di R.J. per il delitto di commercio illegale di farmaci e sostanze farmacologicamente e biologicamente attive, a norma dell'articolo 9, comma 7, legge numero 376 del 2000 ora articolo 586-bis, settimo comma, cod. penumero Secondo quanto ricostruito dai giudici di merito, R.J. avrebbe commerciato illegalmente farmaci e sostanze farmacologicamente e biologicamente attive, detenendo tali prodotti all'interno della propria palestra, del proprio appartamento e dell'autovettura in suo uso, come accertato in occasione di due perquisizioni effettuate il 9 giugno 2016 ed il 12 aprile 2017. 2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello indicata in epigrafe R.J., con atto sottoscritto dall'avvocato Francesco Santangelo, articolando quattro motivi. 2.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli articolo 9, comma 7, legge numero 376 del 2000, 2 e 586-bis, settimo comma, cod. penumero , 3, 25 e 136 Cost., e 30 legge numero 87 del 1953, a norma dell'articolo 606, comma 1, lett. b , cod. proc. penumero , avendo riguardo alla ritenuta configurabilità del reato in difetto del «fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti». Si deduce che la sentenza impugnata illegittimamente ha respinto la richiesta di assoluzione perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, ritenendo inapplicabile la previsione dell'articolo 586-bis, settimo comma, cod. penumero , dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte costituzionale con sentenza numero 105 del 2022, la quale prevedeva la necessità, ai fini dell'integrazione del reato, del «fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti». Si osserva che la previsione di cui all'articolo 586-bis, settimo comma, cod. penumero , introdotta in forza dell'articolo 2, comma 1, lett. d , d.lgs. 1 marzo 2018, numero 21, assume rilievo, anche nella parte dichiarata incostituzionale, nell'ambito del rapporto di successione tra leggi penali nel tempo, ed ha effetto abrogativo rispetto alla precedente disciplina. Si premette che la Corte costituzionale, nella sentenza numero 105 del 2022, ha espressamente rimesso ai giudici ordinari la valutazione dei suoi effetti in relazione alle condotte precedenti alla data di entrata in vigore dell'articolo 586-bis, settimo comma, cod. penumero Si segnala poi, che 1 altre decisioni della Corte costituzionale si citano Corte cost., sent. numero 28 del 2010 e Corte cost., sent. numero 32 del 2014 hanno precisato l'applicabilità della norma incriminatrice originariamente vigente ai soli fatti successivi alla dichiarazione di incostituzionalità 2 la giurisprudenza di legittimità ha sostenuto l'operatività del principio di retroattività favorevole anche rispetto alla persona imputata per un fatto commesso prima dell'entrata in vigore di una norma abolitrice poi dichiarata costituzionalmente illegittima, valorizzando il principio di uguaglianza il riferimento è a Sez. 1, numero 24834 del 22/09/2017, dep. 2017, Augussori, Rv. 270567 - 01 . 2.2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli articolo 192 e 533 cod. proc. penumero , nonché vizio di motivazione, anche per travisamento della prova, a norma dell'articolo 606, comma 1, lett. b ed e , cod. proc. penumero , avendo riguardo alla ritenuta configurabilità del reato. Si deduce che la sentenza impugnata illegittimamente ha affermato la sussistenza del reato di cui all'articolo 9, comma 7, legge numero 376 del 2000, perché è incorsa in travisamenti della prova e vizi motivazionali nel ravvisare una condotta di commercializzazione delle sostanze vietate da parte dell'imputato. Si rileva, in primo luogo, che vi è stato travisamento dell'intercettazione ambientale effettuata nell'autovettura di F.P.S., perché dalle parole captate non risulta alcun riferimento ad attività di commercializzazione di sostanze vietate da parte dell'imputato, ma, al più, ad attività di mera preparazione atletica si aggiunge che questo significato è confermato anche dalle dichiarazioni testimoniali rese agli inquirenti dal medesimo F.P.S Si segnala, poi, che diversi testi escussi si riportano le dichiarazioni di D.B., A.B. e M.A. , pur dando indicazioni nominative in ordine a chi faceva commercio delle sostanze vietate, non operano mai alcun riferimento all'imputato. Si conclude, quindi, che risulta ragionevole ritenere che l'imputato abbia acquistato le sostanze vietate per uso personale. 2.3. Con il terzo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli articolo 9, comma 7, legge numero 376 del 2000, e 586-bis, settimo comma, cod. penumero , nonché vizio di motivazione, a norma dell'articolo 606, comma 1, lett. b ed e , cod. proc. penumero , avendo riguardo alla ritenuta configurabilità del reato. Si deduce che la sentenza impugnata non fornisce indicazione di condotte di commercializzazione delle sostanze vietate attribuibili all'imputato. Si segnala che, come precisato dalla giurisprudenza, il reato di cui all'articolo 9, comma 7, legge numero 376 del 2000, non può essere integrato dalla semplice condotta di procurare ad altri, somministrare, assumere, o favorire l'utilizzo delle sostanze vietate si cita Sez. 3, numero 46246 del 23/10/2013, Dasic, Rv. 257857 - 01 , e richiede la disponibilità di ingenti quantità di farmaci ed una durevole offerta degli stessi al pubblico si citano Sez. 2, numero 7081 del 09/10/2003, dep. 2005, e Sez. 6, numero 17322 del 20/02/2003 . Si evidenzia che, nel caso di specie, a carico dell'imputato risulta solo la disponibilità di sostanze vietate in due occasioni, a distanza di un anno, e che quindi, è manifesta l'assenza del requisito della professionalità, abitualità e reiterazione, tipo della condotta di commercio. Si aggiunge che la motivazione della sentenza impugnata, in proposito, ripropone acriticamente l'elenco delle fonti di prova, senza procedere ad alcun apprezzamento critico delle stesse. 2.4. Con il quarto motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli articolo 1, comma 1, lett. l , legge numero 134 del 2021, a norma dell'articolo 606, comma 1, lett. b , cod. proc. penumero , avendo riguardo alla mancata applicazione della pena sostitutiva. Si deduce che non vi è alcun motivo ostativo all'applicazione della pena sostitutiva, e che la c.d. Riforma Cartabia ha modificato il limite di ammissibilità, superando ogni incompatibilità con la durata della pena inflitta. Considerato in diritto 1. Il ricorso è nel complesso infondato per le ragioni di seguito precisate. 2. Infondate sono le censure esposte nel primo motivo, che contestano l'affermazione di responsabilità per la ritenuta configurabilità del reato ascritto all'attuale ricorrente in difetto del «fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti», deducendo che questo inciso, introdotto dall'articolo 2, comma 1, lett. d , d.lgs. 1 marzo 2018, numero 21, nella disposizione incriminatrice di cui all'articolo 9, comma 7, legge numero 376 del 2000, in occasione della sua trasposizione nell'articolo 586-bis, settimo comma, cod. penumero , sebbene dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza della Corte costituzionale numero 105 del 2022, resta comunque applicabile ai fatti pregressi, quale disposizione più favorevole. 2.1. La questione posta, nei suoi termini generali, è se una disposizione penale di favore, la quale restringa l'area della punibilità, successivamente dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte costituzionale, sia comunque applicabile ai fatti commessi anteriormente alla sua entrata in vigore, in forza del principio dell'operatività della legge più favorevole. 2.2. In argomento, vanno innanzitutto richiamate le indicazioni fornite proprio dalla sentenza della Corte costituzionale numero 105 del 2022, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 586-bis, settimo comma, cod. penumero , limitatamente alle parole «al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti». Questa decisione, per quanto di diretto interesse in questa sede, ha fatto espresso rinvio alla giurisprudenza costituzionale, e segnatamente a Corte cost. sent. numero 394 del 2006, per gli effetti della dichiarazione di illegittimità costituzionale da essa pronunciata in ordine ai fatti commessi anteriormente all'entrata in vigore dell'articolo 586-bis, settimo comma, cod. penumero Corte cost. sent. numero 105 del 2022, infatti, segnala «Quanto agli effetti sui singoli imputati dei giudizi penali principali, le cui condotte sono precedenti all'entrata in vigore della disposizione dichiarata costituzionalmente illegittima, competerà ai giudici rimettenti valutare le conseguenze applicative che potranno derivare dalla pronuncia di accoglimento, tenendo conto della costante giurisprudenza di questa Corte ex plurimis, sentenza numero 394 del 2006 ». Corte costituzionale numero 394 del 2006, a sua volta, nel dichiarare l'illegittimità di disposizioni penali di favore in materia di reati elettorali, rileva, innanzitutto, che «il principio di legalità non preclude lo scrutinio di costituzionalità, anche in malam partem, delle c.d. norme penali di favore ossia delle norme che stabiliscano, per determinati soggetti o ipotesi, un trattamento penalistico più favorevole di quello che risulterebbe dall'applicazione di norme generali o comuni». Osserva, poi, che, per i fatti commessi in epoca precedente alla formale entrata in vigore di una disposizione penale di favore, non viene in rilievo il principio di irretroattività della norma penale sfavorevole, ma, diversamente, «il distinto principio di retroattività della norma penale più mite». Rappresenta, quindi, che il principio di retroattività della norma penale più mite trova il suo fondamento nel principio di uguaglianza. Precisa però «Il collegamento del principio della retroattività in mitius al principio di eguaglianza ne segna, peraltro, anche il limite nel senso che, a differenza del principio della irretroattività della norma penale sfavorevole - assolutamente inderogabile - detto principio deve ritenersi suscettibile di deroghe legittime sul piano costituzionale, ove sorrette da giustificazioni oggettivamente ragionevoli sentenze numero 74 del 1980 e numero 6 del 1978 ordinanza numero 330 del 1995 ». E, decisivamente, con riguardo alla questione esaminata in questa sede, aggiunge «Ma soprattutto, per quanto interessa nella specie, è giocoforza ritenere che il principio di retroattività della norma penale più favorevole in tanto è destinato a trovare applicazione, in quanto la norma sopravvenuta sia, di per sé, costituzionalmente legittima. Il nuovo apprezzamento del disvalore del fatto, successivamente operato dal legislatore, può giustificare - in chiave di tutela del principio di eguaglianza - l'estensione a ritroso del trattamento più favorevole, a chi ha commesso il fatto violando scientemente la norma penale più severa, solo a condizione che quella nuova valutazione non contrasti essa stessa con i precetti della Costituzione. La lex mitior deve risultare, in altre parole, validamente emanata non soltanto sul piano formale della regolarità del procedimento dell'atto legislativo che l'ha introdotta e, in generale, della disciplina delle fonti v., con riferimento alla mancata conversione di un decreto-legge, sentenza numero 51 del 1985 ma anche sul piano sostanziale del rispetto dei valori espressi dalle norme costituzionali. Altrimenti, non v'è ragione per derogare alla regola sancita dai citati articolo 136, primo comma, Cost. e 30, terzo comma, della legge numero 87 del 1953, non potendosi ammettere che una norma costituzionalmente illegittima - rimasta in vigore, in ipotesi, anche per un solo giorno - determini, paradossalmente, l'impunità o l'abbattimento della risposta punitiva, non soltanto per i fatti commessi quel giorno, ma con riferimento a tutti i fatti pregressi, posti in essere nel vigore dell'incriminazione o dell'incriminazione più severa». 2.3. Alle indicazioni della giurisprudenza costituzionale risulta allineato l'indirizzo ampiamente prevalente della giurisprudenza di legittimità. Invero, costituisce affermazione costante quella per cui la norma dichiarata incostituzionale, ove più favorevole, può continuare ad essere applicata, per il principio del favor rei, soltanto ai fatti commessi sotto la sua apparente vigenza, ma non anche ai fatti che siano stati commessi nella operatività della normativa precedente, dovendo escludersi che una norma costituzionalmente illegittima possa determinare un trattamento più favorevole anche con riferimento a fatti pregressi, posti in essere nel vigore della normativa più severa. In particolare, il principio è stato applicato a con riguardo alla cessione di droghe c.d. pesanti avvenuta nella vigenza dell'articolo 73, comma 1, del d.P.R. numero 309 del 1990 nella versione, meno favorevole, anteriore all'entrata in vigore delle modifiche apportate dalla legge numero 49 del 2006, successivamente dichiarate incostituzionali con la sentenza della Corte costituzionale numero 32 del 12 febbraio 2014 cfr. Sez. 3, numero 41046 del 14/02/2018, Zungri, Rv. 274324 - 01, nonché Sez. 3, numero 4185 del 19/10/2016, dep. 2017, Facciuto, Rv. 269068 - 01 b in materia edilizia, relativamente alla costruzione di un capanno in legno, in assenza di permesso di costruire e di autorizzazione paesaggistica, in epoca antecedente all'entrata in vigore di una legge regionale, che lo avrebbe consentito, ma che successivamente era stata dichiarata incostituzionale cfr. Sez. 3, numero 28233 del 03/03/2016, Menti, Rv. 267410 - 01 . 2.4. Il principio sopra richiamato - secondo cui una disposizione penale di favore, la quale restringa l'area della punibilità, o introduca un trattamento più mite, se successivamente dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte costituzionale, non è applicabile ai fatti commessi anteriormente alla sua entrata in vigore - deve essere confermato anche dalla presente decisione. La difesa ha sostenuto l'operatività di un opposto principio - secondo cui la disposizione penale di favore, pur se successivamente dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte costituzionale, sarebbe applicabile ai fatti commessi anteriormente alla sua entrata in vigore - in ragione delle esigenze sottese al principio di uguaglianza e richiamando un precedente giurisprudenziale di legittimità Sez. 1, numero 24834 del 22/09/2017, dep. 2017, Augussori, Rv. 270567 - 01 . Precisamente, si è osservato, in linea con la decisione appena citata, che, quando una norma di favore rimane in vigore per un apprezzabile periodo di tempo, la stessa trova applicazione per altri soggetti, i cui processi vengono definiti prima della dichiarazione di incostituzionalità, sicché l'applicazione di un diverso trattamento sanzionatorio alle persone giudicate in epoca successiva costituirebbe una irragionevole violazione del principio di uguaglianza in danno di queste ultime. L'obiezione appena evidenziata, in realtà, non risulta dirimente. Il principio dell'uguaglianza, infatti, come osservato da Corte cost., sent. numero 394 del 2006, non è ragione idonea a «derogare alla regola sancita dai citati articolo 136, primo comma, Cost. e 30, terzo comma, della legge numero 87 del 1953, non potendosi ammettere che una norma costituzionalmente illegittima - rimasta in vigore, in ipotesi, anche per un solo giorno - determini, paradossalmente, l'impunità o l'abbattimento della risposta punitiva, non soltanto per i fatti commessi quel giorno, ma con riferimento a tutti i fatti pregressi, posti in essere nel vigore dell'incriminazione o dell'incriminazione più severa». Precisamente, le disposizioni di cui all'articolo 136, primo comma, Cost. e 30, terzo comma, della legge numero 87 del 1953, escludono, in modo testuale, la prima l'«efficacia» e la seconda l'«applicazione» delle norme dichiarate incostituzionali dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione. Né una deroga implicita a tali previsioni normative può essere riconosciuta in via interpretativa individuando una soluzione che consenta ad una norma costituzionalmente illegittima di determinare, al di fuori di ogni sindacato, «l'impunità o l'abbattimento della risposta punitiva», con riguardo ai fatti realizzati «nel vigore dell'incriminazione o dell'incriminazione più severa». E questo, tanto più se si considera che permarrebbe comunque un trattamento diverso, e deteriore, in termini di configurabilità dell'illecito penale, o di più severa sanzionabilità, per tutti i fatti giudicati prima dell'entrata in vigore della disposizione, poi dichiarata costituzionalmente illegittima. 3. Infondate, nel complesso, sono le censure formulate nel secondo e nel terzo motivo, da esaminare congiuntamente, perché strettamente connesse, che contestano l'affermazione della configurabilità del reato oggetto di condanna, deducendo che, nella specie, non è attribuibile all'imputato una condotta di commercializzazione di sostanze vietate, siccome questa richiede la disponibilità di ingenti quantità di farmaci ed una durevole offerta degli stessa al pubblico, e, però, tali circostanze fattuali non sono state correttamente evidenziate nella sentenza impugnata. 3.1. Occorre premettere che, secondo un principio giurisprudenziale assolutamente consolidato, integra il delitto di commercio di anabolizzanti di cui all'articolo 9, comma 7, legge 14 dicembre 2000, numero 376, e oggi di cui all'articolo 586-bis, settimo comma, cod. penumero , qualsiasi attività - purché svolta in forma continuativa e con il supporto di un'organizzazione anche elementare - di predisposizione e tenuta di canali di commercio sovrapponibili e alternativi a quelli costituiti dalle farmacie e dispensari autorizzati, unici centri di vendita all'interno dei quali il commercio non deve ritenersi clandestino cfr., nella vigenza dell'articolo 586-bis, settimo comma, cod. penumero , Sez. 3, numero 26289 del 14/05/2019, Battistelli, mass, per altro, nonché, in precedenza, tra le tante Sez. 3, numero 19198 del 28/02/2017, Forti, Rv. 269935 - 01 Sez. 3, numero 46246 del 23/10/2013, Dasic, Rv. 257857 - 01 Sez. 6, numero 17322 del 20/02/2003, Frisinghelli, Rv. 224957 - 01 . Va poi evidenziato che ripetuto e non contrastato è anche l'indirizzo ermeneutico secondo cui il delitto di commercio di anabolizzanti di cui all'articolo 9, comma 7, legge 14 dicembre 2000, numero 376, e oggi di cui all'articolo 586-bis, settimo comma, cod. penumero , si configura con la mera immissione della merce sul mercato, sia pure tramite canali riservati o pubblicizzati con specifici accorgimenti, e non presuppone l'individuazione di specifici acquirenti, non essendo richiesto, ai fini del perfezionamento del delitto, la vendita dei medicinali in questione, che costituisce solo un posterius rispetto alla fattispecie incriminatrice così Sez. 3, numero 26289 del 14/05/2019, Battistelli, Rv. 276083 - 01, e Sez. 2, numero 7081 del 09/10/2003, dep. 2005, Randazzo, Rv. 230790 - 01, quest'ultima relativa a fattispecie di sequestro di una notevole quantità di sostanze proibite all'interno dell'autovettura dell'imputato e nella sua abitazione, circostanze che lasciavano configurare la predisposizione di un'attività nella prospettiva di una offerta al pubblico destinata a durare nel tempo e che i prodotti fossero a disposizione di un pubblico, ancorché non avessero formato oggetto di un negozio di compravendita . 3.2. La sentenza impugnata ha affermato la responsabilità dell'attuale ricorrente, gestore della palestra omissis , per il reato di cui all'articolo 586-bis, settimo comma, cod. penumero , sulla base di risultati di intercettazioni nonché di perquisizioni e sequestri. Quanto ai risultati delle intercettazioni, si segnalano, in particolare, le conversazioni intercettate tra il 24 ed il 25 maggio 2016. Si rappresenta, precisamente, che a in una conversazione del 24 maggio 2016, G.A. chiedeva all'attuale ricorrente di dedicare un poco di tempo ad un amico, il quale «vorrebbe allenarsi e comunque devi fare scheda alimentazione queste cose qua» b il successivo 25 maggio 2016, come verificato a mezzo di un servizio di osservazione della polizia giudiziaria, A. si recava presso la palestra omissis ed incontrava l'attuale ricorrente c dopo l'incontro, il medesimo 25 maggio 2016, A. inviava a L. T. un s.m.s. nel quale scriveva « omissis », e riceveva in risposta il messaggio « omissis ». Quanto alle perquisizioni e ai sequestri, si richiamano gli atti compiuti il 9 giugno 2016 e il 12 aprile 2017. Si evidenzia che la perquisizione del 9 giugno 2016, ha permesso di rinvenire e sequestrare, nella palestra omissis , nonché nell'abitazione dell'attuale ricorrente, un rilevante quantitativo di farmaci dopanti, di variegata tipologia, puntualmente elencati nell'imputazione di cui al capo D si tratta complessivamente di non meno di 282 compresse, nonché di 30 fiale, e di ulteriori due confezioni , alcuni dei quali particolarmente pericolosi perché costituiti da anabolizzanti per cani. Si segnala, poi, che la perquisizione del 12 aprile 2017, ha permesso di rinvenire e sequestrare, nella palestra omissis , nell'abitazione dell'attuale ricorrente, ed in un'automobile in uso al medesimo, una ulteriore elevata quantità di prodotti dopanti di pronta consegna, puntualmente elencati nell'imputazione di cui al capo E si tratta di flaconi, confezioni contenenti ampolle, confezioni contenenti cinquanta tablets da 10 mg. ciascuno, e di una siringa riempita con sostanza liquida , unitamente a fogli manoscritti riportanti programmi chimici di allenamento con riferimenti specifici proprio a detti farmaci. Si rappresenta, ancora, che l'imputato, in occasione del primo sequestro, ha sostenuto di aver acquistato i prodotti pochi giorni prima ad una fiera, ad un prezzo di cui non ricordava l'importo, per farne uso personale, ed ha però poi negato di aver mai fatto uso delle sostanze rinvenute. Sulla base di questi elementi, la sentenza impugnata conclude, che la reiterazione delle condotte da parte dell'attuale ricorrente, a distanza di tempo, con riferimento a quantitativi elevati di sostanze proibite, complessivamente superiori a duecento tra fiale, compresse e confezioni, detenute in più luoghi, e in particolare nella palestra gestita dal medesimo, unitamente ai fogli manoscritti riportanti programmi chimici di allenamento da compiere con tali sostanze, evidenzia sia un apparato organizzativo, pur elementare, di predisposizione e tenuta di canali di commercializzazione illecita, sia la continuità di tale illecita attività. Aggiunge che, a fronte degli elementi acquisiti, risulta irrilevante l'assenza di dichiarazioni accusatorie da parte delle diverse persone sentite nell'ambito del procedimento, a maggior ragione se si considera che dette persone risiedevano in un Comune diverso da quello in cui abitava e gestiva la palestra l'attuale ricorrente. 3.3. Le conclusioni della sentenza impugnata sono immuni da vizi. La Corte d'appello ha fatto applicazione dei consolidati, e non contestati, principi giurisprudenziali pertinenti alla fattispecie in esame, indicando elementi di fatto precisi e congrui. Invero, sia il profilo organizzativo, sia il profilo della continuità sono correttamente desunti dalla ripetuta disponibilità, da parte dell'attuale ricorrente, di notevoli quantità di sostanze proibite, dalla varietà delle stesse, dalla allocazione dei prodotti anche in palestra, e dalla presenza dei fogli manoscritti riportanti programmi chimici di allenamento da compiere con tali sostanze. Particolarmente significativo, ai fini del giudizio affermativo della legittimità della motivazione della sentenza impugnata, è l'elevato numero di confezioni, fiale e compresse rinvenute nella disponibilità dell'imputato si tratta, infatti, di un dato che, a maggior ragione se valutato unitamente agli altri elementi appena segnalati, è precisamente indicativo della predisposizione, da parte dell'attuale ricorrente, di un'attività di offerta al pubblico di sostanze proibite destinata a durare nel tempo. 4. Manifestamente infondate sono le censure enunciate nel quarto motivo, che contestano la mancata applicazione della pena sostitutiva, deducendo che, nella specie, la stessa è applicabile in forza delle modifiche ai limiti di ammissibilità introdotti dal d.lgs. 10 ottobre 2022, numero 150. Invero, al momento della pronuncia della sentenza impugnata, emessa il 13 luglio 2022, non erano applicabili i più ampi limiti di ammissibilità di applicazione della pena pecuniaria sostitutiva introdotti dal d.lgs. numero 150 del 2022, siccome successivo e, fino alla data di entrata in vigore del d.lgs. cit., la pena detentiva poteva essere sostituita con pena pecuniaria solo se fissata nel limite dei sei mesi, mentre l'imputato è stato condannato alla pena di un anno di reclusione e 4.000,00 di multa. Ciò posto, la questione dell'eventuale applicabilità delle pene sostitutive sulla base della disciplina di cui al d.lgs. numero 150 del 2022, in caso di procedimento pendente davanti alla Corte di cassazione, può essere proposta soltanto davanti al giudice dell'esecuzione, attesa l'espressa previsione di cui all'articolo 95, comma 1, del medesimo d.lgs. 5. Alla complessiva infondatezza delle censure seguono il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Per completezza, deve precisarsi che non è decorso il termine di prescrizione nemmeno con riguardo al primo episodio, innanzitutto perché il reato di cui all'articolo 586-bis, settimo comma, cod. penumero è reato abituale, e, poi, perché, quand'anche si volesse prendere in considerazione il primo episodio in modo atomistico, ricorrono cause di sospensione determinate dall'applicazione della disciplina emergenziale per il COVID e dai rinvii delle udienze del 1 ottobre 2021, del 21 gennaio 2022 e dell'8 aprile 2022, disposti tutti su istanza del difensore dell'attuale ricorrente per concomitante impegno professionale. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.