Sufficiente una fotografia, la quale certifichi il tradimento, ai fini dell’addebito della separazione coniugale.
Per i giudici di merito è inequivocabile il comportamento tenuto dall'uomo, ossia il tradimento da lui perpetrato nei confronti della consorte, poiché certificato da una fotografia. Tale prova ha, infatti, permesso di addebitare a costui la separazione, con conseguente obbligo di versare, ogni mese, alla donna un assegno di mantenimento di 700 euro. Cifra poi ridotta in appello a 500 euro. Con ricorso per cassazione, la difesa del soccombente sosteneva fosse evidente l'errore compiuto in appello «si è ritenuta accertata l'infedeltà dell'uomo, con relativo addebito della separazione, sulla scorta di quanto emerso da una fotografia», mentre, aggiungeva, è stato trascurato «il progressivo logoramento del rapporto affettivo tra i coniugi», con conseguente «disgregazione, in atto da tempo, del nucleo familiare». Per la Cassazione, il ricorso è inammissibile. Ritiene, infatti, corretto il convincimento dei giudici di merito, i quali individuano nel tradimento il motivo della rottura dell'unione coniugale. L'uomo non ha, inoltre, fornito nessun elemento probatorio valido a ledere la tesi colpevolista, sostenuta dalla donna e comprovata dalle fotografie. Sul punto, la Corte ribadisce «in tema di separazione, grava sulla parte che richieda l'addebito l'onere di provare sia la contrarietà del comportamento del coniuge ai doveri che derivano dal matrimonio, sia l'efficacia causale di questi comportamenti nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, mentre è onere di chi eccepisce l'inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda, e quindi dell'infedeltà nella determinazione dell'intollerabilità della convivenza, provare le circostanze su cui l'eccezione si fonda, vale a dire l'anteriorità della crisi matrimoniale rispetto all'accertata infedeltà, con la precisazione che l'anteriorità della crisi della coppia rispetto all'infedeltà di uno dei due coniugi esclude il nesso causale tra quest'ultima condotta, violativa degli obblighi derivanti dal matrimonio e l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza, sicché è rilevabile d'ufficio, purché sia allegata dalla parte a ciò interessata e risulti dal materiale probatorio acquisito al processo».
Presidente Valitutti - Relatore Tricomi Considerato che 2.- Il primo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell'articolo 143 c.c. e dell'articolo 151, secondo comma, c.c. e la violazione e falsa applicazione dell'articolo 2697 c.c. Il ricorrente si duole che la Corte di appello abbia accertato l'infedeltà dell'appellante ed abbia ritenuto provato il relativo addebito della separazione, sulla scorta di quanto emerso da una fotografia. 3.- Il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell'articolo 143 c.c. e dell'articolo 151, secondo comma, c.c. e l'omessa valutazione di un fatto storico, oggetto di discussione tra le parti, avente carattere decisivo in relazione alla pronuncia di addebito della separazione, individuato nel progressivo logoramento del rapporto affettivo tra i coniugi. Il ricorrente si duole che la Corte di merito non abbia tributato rilievo alle argomentazioni da lui esposte, volte a provare come la disgregazione del nucleo familiare fosse già da tempo in atto oltre che a negare la violazione dell'obbligo di fedeltà. 4.- I due motivi di ricorso, da trattare congiuntamente per connessione, sono inammissibili. In tema di separazione, grava sulla parte che richieda l'addebito l'onere di provare sia la contrarietà del comportamento del coniuge ai doveri che derivano dal matrimonio, sia l'efficacia causale di questi comportamenti nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza Cass. numero 16691/2020 , mentre è onere di chi eccepisce l'inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda, e quindi dell'infedeltà nella determinazione dell'intollerabilità della convivenza, provare le circostanze su cui l'eccezione si fonda, vale a dire l'anteriorità della crisi matrimoniale all'accertata infedeltà Cass. numero 3923/2018 , con la precisazione che l'anteriorità della crisi della coppia rispetto all'infedeltà di uno dei due coniugi esclude il nesso causale tra quest'ultima condotta, violativa degli obblighi derivanti dal matrimonio, e l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza, sicché, integrando un'eccezione in senso lato, è rilevabile d'ufficio, purché sia allegata dalla parte a ciò interessata e risulti dal materiale probatorio acquisito al processo Cass. numero 20866/2021 . Orbene, nel caso di specie, la Corte territoriale ha motivatamente espresso le ragioni della pronuncia di addebito evidenziando gli elementi probatori evidenza del reperto fotografico, contegno processuale del resistente ex articolo 116 c.p.c. e ne ha tratto le conseguenze sul piano dell'addebito le due censure, sia pure svolte come violazioni di legge, sollecitano una diversa valutazione degli elementi probatori acquisiti. Invero, nel caso di specie, la Corte d'appello ha evidenziato gli elementi probatori foto, contegno processuale del resistente, ex articolo 116 c.p.c. dai quali ha tratto il convincimento che la rottura dell'unione coniugale fosse ascrivibile al tradimento posto in essere da quest'ultimo. La Corte ha altresì evidenziato che nessun elemento di segno contrario, che potesse fornire una spiegazione alternativa dei fatti era stato fornito dall'odierno ricorrente. Tali elementi non sono stati individuati ‒ nel senso di averli sottoposti al giudice di appello ‒ neanche nel ricorso per cassazione, che ‒ del tutto genericamente ‒ deduce che la crisi coniugale sarebbe più risalente del preteso tradimento, senza evidenziare ‒ con autosufficiente allegazione ‒ alcun elemento di riscontro al riguardo fornito nel giudizio di seconde cure, palesemente sollecitando una inammissibile rivisitazione del merito. Al riguardo, va peraltro ribadito che l'indagine sulla responsabilità di uno o di entrambi i coniugi nella determinazione dell'intollerabilità della convivenza è riservata al giudice del merito ed è, quindi, censurabile in sede di legittimità nei limiti previsti dall'articolo 360, primo comma, numero 5, c.p.c. Cass. numero 2960/2017 vizio, nella specie, chiaramente insussistente. 5.- In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza, nella misura liquidata in dispositivo. Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del d.lgs. numero 196 del 2003, articolo 52. Raddoppio del contributo unificato, ove dovuto. P.Q.M. - Dichiara inammissibile il ricorso - Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio che liquida in euro 3.500,00=, oltre euro 200,00= per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15% ed accessori di legge