«Non deve farsi luogo alla sanzione processuale di cui all’ultimo comma dell’articolo 380-bis c.p.c. laddove la definizione collegiale del ricorso prescinda del tutto dalla proposta di definizione anticipata, come nel caso in cui, a fronte d’una proposta di rigetto o d’inammissibilità nel merito, il ricorso venga dichiarato improcedibile o inammissibile ab origine, oppure, come nel caso in esame, venga rigettato prendendo in esame motivi non vagliati in sede di proposta».
A seguito di un lungo contenzioso veniva accertato che una società semplice deteneva, senza averne titolo, un complesso immobiliare di proprietà, per successione paterna, della figlia e della seconda moglie del de cuius. Veniva, quindi, chiamata in giudizio, dalla discendente, la società che, riconoscendo di non avere la titolarità dei beni, formulava domanda riconvenzionale d'acquisto per usucapione, a cui aderiva la seconda moglie. La domanda veniva accolta dal Tribunale competente. Adita dalla soccombente, la Corte d'appello di Genova, con sentenza non definitiva, accoglieva l'impugnazione e, in riforma della statuizione di primo grado, rigettava la domanda riconvenzionale, condannando la società convenuta a restituire gli immobili, con rimessione della causa in istruttoria al fine di determinare il danno da mancato godimento. Successivamente, con sentenza definitiva, la Corte d'appello condannava la società al pagamento di un'ingente somma di denaro a titolo di risarcimento. La società semplice, dunque, proponeva ricorso per cassazione avverso entrambe le sentenze d'appello sulla base di quattro motivi. In particolare, nella valutazione del quarto motivo, la Suprema Corte ha colto l'occasione per enunciare un importante principio di diritto in materia di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati ex articolo 380-bis c.p.c. La ricorrente denunciava violazione degli articolo 102, comma 1, 88 e 96 c.p.c., anche in relazione all'articolo 360, comma 5 c.p.c., assumendo che la Corte di merito aveva omesso di esaminare la «manovra ingannatoria», attuata dalla figlia del de cuius in danno alla seconda moglie, «mediante la finta chiamata di terzo, notificata abusivamente». I giudici di legittimità, ritenendo inammissibile il motivo, hanno precisato che l'omesso esame della c.d. manovra ingannatoria, non è in tale sede, configurabile, poiché «non si verte in ipotesi di mancata considerazione di un fatto storico-documentale, avente carattere di decisività, bensì di rivendicazione di un diverso apprezzamento del complesso delle emergenze di causa». Inoltre, prosegue la Corte «per evidente errore materiale la proposta di definizione anticipata non ha preso in esame il terzo e il quarto motivo non risulta essersi avverato il presupposto per applicare il terzo e quarto comma dell'articolo 96 c.p.c., richiamati dall'ultimo comma dell'articolo 380-bis c.p.c. Non può, invero, reputarsi che il provvedimento collegiale odierno sia conforme alla proposta, non avendo, per l'anzidetta ragione, il proponente esaminato gli anzidetti due motivi». Ciò premesso, la Suprema Corte, nel rigettare il ricorso, ha ritenuto utile enunciare il seguente principio di diritto «non deve farsi luogo alla sanzione processuale di cui all'ultimo comma dell' articolo 380-bis c.p.c. laddove la definizione collegiale del ricorso prescinda del tutto dalla proposta di definizione anticipata, come nel caso in cui, a fronte d'una proposta di rigetto o d'inammissibilità nel merito, il ricorso venga dichiarato improcedibile o inammissibile ab origine, oppure, come nel caso in esame, venga rigettato prendendo in esame motivi non vagliati in sede di proposta».
Presidente Mocci - Relatore Grasso Osserva 1. Dopo lungo contenzioso venne definitivamente accertato che la società Semplice OMISSIS deteneva senza averne titolo un complesso immobiliare di proprietà, per successione paterna, di B.R.L.R. e, al 50%, di C.B., seconda moglie del padre. Sulla base di una tale premessa la B.R.L.R. chiamò in giudizio la OMISSIS perché, dichiarato che la convenuta deteneva “sine titulo” gli immobili, fosse condannata alla restituzione, nonché al pagamento delle somme indebitamente percepite sfruttando l'occupazione, nonché, infine, a corrispondere l'indennità d'occupazione. La convenuta, costituitasi, non negò di non avere la titolarità dei beni, ma formulò domanda riconvenzionale d'acquisto per usucapione. La C.B. aderì alla domanda riconvenzionale. Il Tribunale accolse la domanda riconvenzionale. 2. La Corte d'appello di Genova, adita dalla soccombente attrice, con sentenza non definitiva, accolta l'impugnazione, in riforma della statuizione di primo grado, rigettò la domanda riconvenzionale e condannò la società convenuta a restituire gli immobili. La causa venne rimessa in istruttoria in ordine alla determinazione del danno a titolo di mancato godimento. 3. Con la sentenza definitiva la medesima Corte condannò la società appellata a pagare alla B.R.L.R. la somma di € 66.922,35, corrispondente alla quota del 50%. 4. La società semplice OMISSIS proponeva ricorso avverso entrambe le sentenze d'appello sulla base di quattro motivi, avversati da B.R.L.R. con controricorso. 5. Il Consigliere delegato della Sezione propose definirsi il ricorso ai sensi dell'articolo 380-bis cod. proc. civ. 6. La ricorrente, con istanza sottoscritta dal difensore munito di una nuova procura speciale, ha chiesto decidersi il ricorso. Il processo è stato fissato per l'adunanza camerale del 5 giugno 2024. Entrambe le parti hanno depositato memorie. 7. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione dell'articolo 102, co. 1, cod. proc. civ., assumendo che l'attrice, avendo chiamato in giudizio solo l'esponente e non anche la comproprietaria pro-indiviso C.B., aveva violato l'integrità del contraddittorio in causa non scindibile. 8. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione dell'articolo 102, co. 2, cod. proc. civ., poiché, a suo dire, l'attrice, < < al fine di far credere con l'inganno che sarebbe stato il G.U. ad ordinarle l'integrazione del contraddittorio ex articolo 102, comma 2, c.p.c. nei confronti> > della C.B., aveva notificato a costei l'originaria citazione, la comparsa di risposta e il verbale di prima udienza, contenente il provvedimento del Giudice, senza, tuttavia, formulare conclusioni. 9. Entrambi i motivi sono manifestamente infondati, non sussistendo il prospettato litisconsorzio necessario. Si è già avuto modo di condivisamente affermare che in materia di comunione nei diritti reali, la domanda di risarcimento danni da fatto illecito del terzo nella specie, realizzazione di manufatto abusivo sul fondo confinante esperita da uno dei comproprietari, pur riguardando anche gli altri non richiede l'integrazione necessaria del contraddittorio trattandosi di azione a tutela della proprietà comune, non implicante l'accertamento della titolarità del proprio o dell'altrui diritto di proprietà Sez. 3, numero 29506, 14/11/2019, Rv. 655832 – 01 ma già, Cass. numero 24/1963 . Analogamente quanto all'azione di rivendicazione anche se qui, si trattò d'azione d'accertamento della proprietà, la soluzione non muta l'azione di rivendicazione, non inerendo ad un rapporto giuridico plurisoggettivo unico ed inscindibile e non tendendo ad una pronuncia con effetti costitutivi, non introduce un'ipotesi di litisconsorzio necessario, con la conseguenza che essa può essere esercitata da uno solo o da taluni dei comproprietari Sez. 2, numero 6697, 10/05/2002, Rv. 554287 – 01 conf. Cass. 685/2011 . 10. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione dell'articolo 112 cod. proc. civ. assumendo che la sentenza impugnata aveva accolto < < la domanda risarcitoria, che la B.R.L.R. aveva già azionato contro la sola OMISSIS nel processo affidato al Giudice Cento, che poi aveva rinunciato in sede di precisazione delle conclusioni> > e, quindi, la domanda non era riproponibile nel successivo giudizio. 10.1. Il motivo è manifestamente infondato. La rinuncia a cui si fa riferimento, sulla base di quanto affermato dalla stessa ricorrente pagg. 5 e 6 , investì la domanda di divisione giudiziaria, che non poteva coltivarsi nei confronti della OMISSIS , che comproprietaria non era e in assenza della vera comproprietaria la C.B. , siccome aveva anticipato con ordinanza il Giudice. 11. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia violazione dell'articolo 102, co 1, 88 e 96 cod. proc. civ., anche in relazione al numero 5 dell'articolo 360, assumendo che la Corte di merito aveva omesso di esaminare la < < manovra ingannatoria, attuata dalla B.R.L.R. in danno della OMISSIS mediante la finta chiamata di terzo, notificata abusivamente> > . 11.1. Il motivo è palesemente inammissibile. Deve richiamarsi quanto già precisato a riguardo del “gemello” secondo motivo. A volere prescindere da ogni altra considerazione, l'omesso esame non sarebbe stato, in ogni caso, qui configurabile, non vertendosi in ipotesi di mancata considerazione di un fatto storico-documentale, avente carattere di decisività, bensì di rivendicazione di un diverso apprezzamento del complesso delle emergenze di causa cfr., ex multis, Cass. numero 18886/2023 . 12. Poiché, per evidente errore materiale la proposta di definizione anticipata non ha preso in esame il terzo e il quarto motivo non risulta essersi avverato il presupposto per applicare il terzo e quarto comma dell'articolo 96 cod. proc. civ., richiamati dall'ultimo comma dell'articolo 380 bis cod. pro. civ. Non può, invero, reputarsi che il provvedimento collegiale odierno sia conforme alla proposta, non avendo, per l'anzidetta ragione, il proponente esaminato gli anzidetti due motivi. Appare utile sul punto enunciare il seguente principio di diritto “non deve farsi luogo alla sanzione processuale di cui all'ultimo comma dell'articolo 380 bis cod. proc. civ. laddove la definizione collegiale del ricorso prescinda del tutto dalla proposta di definizione anticipata, come nel caso in cui, a fronte d'una proposta di rigetto o d'inammissibilità nel merito, il ricorso venga dichiarato improcedibile o inammissibile ab origine, oppure, come nel caso in esame, venga rigettato prendendo in esame motivi non vagliati in sede di proposta”. 13. Nel complesso il ricorso merita rigetto. Il regolamento delle spese segue la soccombenza e le stesse vanno liquidate, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonché delle svolte attività, siccome in dispositivo, in favore del controricorrente. 14. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater D.P.R. numero 115/02 inserito dall'articolo 1, comma 17 legge numero 228/12 applicabile ratione temporis essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013 , sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori di legge. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater D.P.R. numero 115/02 inserito dall'articolo 1, comma 17 legge numero 228/12 , si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.