Dubbia l’applicazione dell’aggravante prevista in caso di omicidio stradale frutto della condizione di guida alterata del conducente. Necessario un appello bis per appurare se l’eventuale presenza di dati sintomatici della condotta di guida imprudente, ritenuta causativa dell’incidente, sia dipesa effettivamente da una condizione di alterazione derivante dall’assunzione di stupefacenti.
I risultati forniti dall'esame del sangue e dall'esame delle urine non bastano per riconoscere l'aggravante della condizione di alterazione psico-fisica a carico dell'automobilista colpevole di omicidio stradale. Scenario del drammatico episodio, che ha dato il ‘la' al procedimento penale, è un tratto stradale nella provincia di Napoli. Una vettura slitta e impatta ripetutamente contro alcuni ostacoli fissi. A seguito delle gravissime lesioni riportate, uno dei tre passeggeri perde la vita e la conducente dell'autovettura viene condannata, in primo grado, per il reato di omicidio stradale. Ciò perché, viene poi chiarito in appello, è emersa in maniera palese «l'imprudente condotta di guida della conducente, vittima di un evidente calo di attenzione», imprudente condotta che causò, secondo i giudici, «l'improvvisa perdita di controllo della vettura, che, per la viscosità del manto stradale, reso umido dalla pioggia in precedenza caduta, per la scarsa illuminazione esistente e per la presenza, in loco, di giunti di connessione – fattori noti e, comunque segnalati –, slittò a lungo e impattò ripetutamente contro gli ostacoli fissi esistenti, sì da cagionare il decesso della passeggera». A rendere ancora più delicata la posizione dell'automobilista, poi, anche l'aggravante della accertata «condizione di alterazione dovuta alla precedente assunzione di sostanze stupefacenti e di alcool». Proprio sulle precarie condizioni di guida della donna è centrato il ricorso proposto in Cassazione dalla difesa. Nello specifico, secondo il legale, «il risultato delle analisi delle urine e del sangue eseguite sull'automobilista, presso il presidio ospedaliero ove avvenne il ricovero, necessitava di conferma mediante l'effettuazione di una ‘cromatografia-spettrometria di massa', in concreto mai eseguita». In aggiunta, poi, il legale sostiene che «l'avvenuta assunzione di droga, da parte della donna, non avrebbe potuto intendersi come dimostrativa del fatto che la guida della vettura fosse avvenuta» in occasione dell'incidente stradale «sotto l'effetto» della sostanza stupefacente. Per i giudici di Cassazione non vi sono dubbi sulla responsabilità della donna, colpevole di omicidio stradale. Ciò premesso, è possibile mettere in dubbio l'aggravante prevista in caso di conducente che si mette alla guida in condizioni alterate a causa dell'assunzione di droga o di alcool. Nello specifico, si sottolinea «l'assenza di elementi certi per affermare che il sinistro stradale ebbe a verificarsi in ragione della precedente assunzione di sostanze stupefacenti da parte della conducente del veicolo». La Suprema Corte chiarisce che «l'eseguito esame ematico, così come quello delle urine, non sono, di per sé soli, dimostrativi della circostanza che la donna versasse in una condizione di alterazione dovuta alla pregressa assunzione di droga, allorquando, con condotta di guida imprudente, cagionò il sinistro stradale mortale». A consolidare tale assunto, il principio secondo cui «in tema di omicidio stradale, ai fini della configurabilità della circostanza aggravante della guida in stato di alterazione da stupefacenti, l'esito positivo dell'accertamento compiuto sui campioni biologici del conducente non è sufficiente a dimostrare l'attualità dello stato di alterazione, dovendo questo essere riscontrato da dati sintomatici della pregressa assunzione di sostanza drogante, rilevati al momento del fatto». I giudici d'appello si sono limitati, secondo i giudici di legittimità «a valorizzare le sole convergenti risultanze degli esami ematochimico e delle urine eseguiti, nell'immediato, nei confronti della conducente del veicolo», mentre «sarebbe stato necessario che tale elemento fosse confortato da dati sintomatici del fatto che la condotta di guida imprudente, ritenuta causativa dell'incidente, fosse dipesa effettivamente da una condizione di alterazione derivante dall'assunzione di stupefacenti». E a tale scopo «sarebbe stato doveroso valutare le concrete modalità di verificazione del fatto, onde individuare eventuali indicatori dell'effettiva ricorrenza di tale condizione, non potendo assumere, per converso, particolare significato il contegno serbato dalla conducente all'atto del controllo, posto che dagli esami ematochimici eseguiti è emerso che costei versava anche in un lieve stato di ebbrezza il tasso alcolemico nel sangue era risultato di valore inferiore a 0,5 grammi per litro , peraltro non rilevante ai fini della configurabilità dell'aggravante» ipotizzata. A fronte delle legittime obiezioni sollevate dalla difesa e delle considerazioni compiute dai giudici di Cassazione, la sentenza impugnata é stata annullata limitatamente all'ipotesi di cui all'articolo 589-bis, comma 2, c.p. con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte d'Appello di Napoli.
Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 27/11/2023, la Corte di appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza con cui, il precedente 19/03/2019, il giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Napoli-nord, in esito a giudizio abbreviato, aveva affermato la penale responsabilità di A.M. in ordine al delitto di omicidio stradale, aggravato dalla condizione di alterazione dell'agente dovuta alla precedente assunzione di sostanze stupefacenti e alla contravvenzione di guida in stato di alterazione dovuta all'assunzione di sostanze stupefacenti, aggravata dalla causazione di un sinistro stradale e l'aveva quindi condannata alla pena ritenuta di giustizia, ha ritenuto la contravvenzione assorbita nel delitto e ha conseguentemente rideterminato l'entità della pena. 2. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i difensori di fiducia della A.M., avv.ti Paolo Trofino e Vittorio Guadalupi, che hanno articolato tre motivi di ricorso, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell'articolo 173 disp. att. cod. proc. penumero 2.1. Con il primo motivo di ricorso lamentano, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lett. c ed e , cod. proc. penumero , l'inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità di cui agli articolo 192 e 533 cod. proc. penumero e il vizio di motivazione in punto di affermata responsabilità dell'imputata in ordine al delitto contestatole. Sostengono, in particolare, che la decisione della Corte territoriale, per un verso, fonderebbe su presupposti indimostrati, non consentendo le consulenze del pubblico ministero e della difesa di stabilire, con certezza, le cause dell'incidente e, per altro verso, contrasterebbe con la regola processuale secondo cui la condanna postula l'accertamento della penale responsabilità al di là di ogni ragionevole dubbio , non essendo state in alcun modo confutate le prospettate ricostruzioni alternative dell'accaduto, escludenti la responsabilità dell'imputata. 2.2. Con il secondo motivo di ricorso si dolgono, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lett. b ed e , di violazione di legge in relazione a quanto previsto dagli articolo 142,186-bis e 187, commi 1 e 2, d.lgs. numero 285 del 1992 e di vizio di motivazione per carenza in punto di confutazione delle prospettazioni difensive. Assumono, al riguardo, che la decisione della Corte di appello sarebbe frutto di un'inesatta interpretazione delle evocate disposizioni e risulterebbe, inoltre, erroneamente argomentata, in quanto il risultato delle analisi delle urine e del sangue eseguite, nei confronti dell'imputata, presso il presidio ospedaliero ove avvenne il ricovero necessitava di conferma mediante l'effettuazione di una cromatografia-spettrometria di massa , in concreto mai eseguita e che, l'avvenuta assunzione di droga da parte della predetta non avrebbe potuto intendersi, come pur dedotto nell'atto di appello, come dimostrativa del fatto che la guida fosse avvenuta sotto il suo effetto. 2.3. Con il terzo motivo di ricorso lamentano infine, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lett. b , cod. proc. penumero , violazione di legge in relazione a quanto previsto dall'articolo 62, numero 6, cod. penumero Sostengono segnatamente che, a fronte dell'offerta risarcitoria effettuata dalla compagnia assicuratrice e della sua accettazione ad opera delle parti lese, con conseguente revoca della costituzione di parte civile, risulterebbe illegittima l'omessa concessione dell'indicata attenuante, costituendo principio consolidato quello secondo cui il riconoscimento della diminuente non va escluso nel caso in cui il risarcimento sia effettuato da un terzo nella specie l'assicurazione e l'imputato manifesti la volontà di farlo proprio. Considerato in diritto 1. Il ricorso proposto nell'interesse di A.M. è parzialmente fondato e merita accoglimento nei limiti e per le ragioni che, di seguito, si espongono. 2. Destituito di fondamento è il primo motivo di ricorso, con cui si lamenta l'inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità di cui agli articolo 192 e 533 cod. proc. penumero e il vizio di motivazione in punto di affermata responsabilità dell'imputata in ordine al delitto contestatole, sostenendo che la decisione della Corte territoriale, per un verso, fonderebbe su presupposti non dimostrati, non consentendo le contrapposte consulenze tecniche di parte, di stabilire, con certezza, le cause dell'incidente e, per altro verso, contrasterebbe con la regola processuale secondo cui la condanna postula l'accertamento della penale responsabilità al di là di ogni ragionevole dubbio , posto che non risulterebbero confutate le prospettate ricostruzioni alternative dell'accaduto, escludenti la responsabilità dell'imputata. Ritiene in proposito il Collegio che il motivo di ricorso di cui trattasi, nella parte in cui è dedotto il vizio motivazionale in punto di affermata responsabilità dell'imputata, è del tutto infondato, avendo la Corte territoriale puntualmente individuato nell'imprudente condotta di guida della predetta, vittima di un evidente calo di attenzione, le cause dell'improvvisa perdita di controllo della vettura, che, per la viscosità del manto stradale, reso umido dalla pioggia in precedenza caduta, per la scarsa illuminazione esistente e per la presenza in loco di giunti di connessione fattori noti e, comunque segnalati , slittò a lungo e impattò ripetutamente contro gli ostacoli fissi esistenti, sì da cagionare il decesso della passeggera in conseguenza delle gravissime lesioni riportate a seguito degli urti così, in specie, a pag. 6 della sentenza impugnata . I giudici del merito hanno, d'altro canto, rilevato, con argomentato congruo, lineare e tutt'altro che illogico, che escludevano di fatto il concorso di fattori estranei o di situazioni imprevedibili nella causazione dell'evento le dichiarazioni rese dai testi G.F. e A.G., che viaggiavano a bordo dell'auto condotta dall'imputata. Orbene, a fronte di un impianto argomentativo siffatto, appare evidente l'infondatezza dell'agitata doglianza, che, con precipuo riguardo alla mancata confutazione dell'ipotesi alternativa concretamente prospettata, pure formante oggetto di deduzione, si caratterizza per un'assoluta genericità. Ad analoga conclusione si perviene, poi, in relazione al vizio di violazione di legge ulteriormente contestato con il motivo in oggetto, avendo chiarito la Suprema Corte, nel suo più ampio consesso, che «In tema di ricorso per cassazione, è inammissibile il motivo con cui si deduca la violazione dell'articolo 192 cod. proc. penumero , anche se in relazione agli articolo 125 e 546, comma 1, lett. e , stesso codice, per censurare l'omessa o erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti o acquisibili, in quanto i limiti all'ammissibilità delle doglianze connesse alla motivazione, fissati specificamente dall'articolo 606, comma 1, lett. e , cod. proc. penumero , non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui alla lettera c della medesima disposizione, nella parte in cui consente di dolersi dell'inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità» così Sez. U., numero 29541 del 16/07/2020, Filardo, Rv. 280027-04 . 3. Fondato appare, invece, il secondo motivo di ricorso, con cui ci si duole di violazione di legge in relazione a quanto previsto dagli articolo 142,186-bis e 187, commi 1 e 2, d.lgs. numero 285 del 1992 e di vizio di motivazione per carenza in punto di confutazione delle prospettazioni difensive, sostenendo che la decisione della Corte territoriale in punto di ritenuta configurabilità dell'aggravante dello stato di alterazione dell'agente dovuto alla pregressa assunzione di stupefacenti sarebbe frutto di un'erronea interpretazione delle citate disposizioni e risulterebbe, inoltre, male argomentata, atteso che il risultato delle analisi delle urine e del sangue eseguite presso il nosocomio ove avvenne il ricovero avrebbe necessitato di una conferma, di fatto mai intervenuta, mediante l'effettuazione di una cromatografia-spettrometria di massa e che, comunque, l'avvenuta assunzione di droga da parte della conducente non avrebbe potuto intendersi di per sé dimostrativa del fatto che la guida dell'autovettura fosse avvenuta sotto l'effetto della stessa. Ritiene in proposito il Collegio che la doglianza colga nel segno, evidenziando l'attenta disamina dell'impianto motivazionale che l'argomentato risulta, in parte qua, del tutto congetturale, stante l'assenza di elementi certi per affermare che il sinistro stradale ebbe a verificarsi in ragione della precedente assunzione di sostanze stupefacenti da parte della conducente del veicolo. E invero, è d'uopo rilevare che l'eseguito esame ematico, così come quello delle urine, non sono, di per sé soli, dimostrativi della circostanza che l'imputata versasse in una condizione di alterazione dovuta alla pregressa assunzione di droga, allorquando, con condotta di guida imprudente, cagionò il sinistro stradale mortale. Al riguardo, si richiama il consolidato insegnamento della Suprema Corte, secondo cui «In tema di omicidio stradale, ai fini della configurabilità della circostanza aggravante della guida in stato di alterazione da stupefacenti, l'esito positivo dell'accertamento compiuto sui campioni biologici del conducente nella specie, l'analisi delle urine non è sufficiente a dimostrare l'attualità dello stato di alterazione, dovendo questo essere riscontrato da dati sintomatici della pregressa assunzione di sostanza drogante, rilevati al momento del fatto» così Sez., 4, numero 48632 del 05/10/2022, Guarino, Rv. 283927, nonché, più di recente, con precipuo riguardo alla specifica contravvenzione, Sez. 4, numero 5890 del 25/01/2023, De Rosa, Rv. 284099-01 . La Corte territoriale, purtuttavia, non ha fatto buon governo del principio di cui innanzi, essendosi limitata a valorizzare le sole convergenti risultanze degli esami ematochimico e delle urine eseguiti, nell'immediato, nei confronti della conducente del veicolo. Sarebbe stato invece necessario che l'indicato elemento fosse confortato da dati sintomatici del fatto che la condotta di guida imprudente, ritenuta causativa del sinistro, fosse dipesa effettivamente da una condizione di alterazione derivante dall'assunzione di stupefacenti. A tal fine, come chiarito in più occasioni dalla giurisprudenza di legittimità, sarebbe stato doveroso valutare le concrete modalità di verificazione del fatto, onde individuare eventuali indicatori dell'effettiva ricorrenza di tale condizione, non potendo assumere, per converso, particolare significato, ai fini di specifico interesse, il contegno serbato dalla predetta all'atto del controllo, posto che dagli esami ematochimici eseguiti è emerso che costei versava anche in un lieve stato di ebbrezza il tasso alcolemico nel sangue era risultato di valore inferiore a 0,5 g/1 , peraltro non rilevante ai fini della configurabilità dell'aggravante di cui trattasi giusta l'inequivoco disposto dell'articolo 589-bis, comma 2, cod. penumero 4. Infondato risulta, infine, anche il terzo motivo di ricorso, con cui si lamenta violazione di legge in relazione a quanto previsto dall'articolo 62, numero 6, cod. penumero , sostenendo che risulterebbe illegittima la mancata concessione della diminuente del risarcimento del danno a fronte dell'offerta risarcitoria effettuata dall'assicurazione e della sua accettazione da parte delle persone offese, cui era peraltro conseguita la revoca della costituzione di parte civile, posto che costituisce principio consolidato quello secondo cui il riconoscimento dell'attenuante de qua non è escluso nel caso in cui il risarcimento risulti effettuato da un terzo e l'imputato abbia manifestato la volontà di farlo proprio. Ritiene in proposito il Collegio che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la decisione sul punto della Corte territoriale non sia viziata dalla dedotta violazione di legge, posto che, secondo l'ermeneusi dell'evocata disposizione normativa costantemente offerta dalla giurisprudenza di legittimità, «Ai fini della configurabilità dell'attenuante di cui all'articolo 62, comma primo, numero 6 cod. penumero , il risarcimento del danno eseguito dal terzo assicuratore deve ritenersi effettuato dall'imputato, anche se soggetto diverso dall'assicurato, a condizione che questi ne abbia avuto conoscenza e abbia mostrato la volontà di farlo proprio» così, da ultimo, Sez., 4, numero 12121 del 14/12/2022, dep. 23/03/2023, Gningue, Rv. 284327-01, nonché, in precedenza, Sez. 4, numero 6144 del 28/11/2017, dep. 08/02/2018, M.V., Rv. 271969-01, Sez. 4, numero 23663 del 24/01/2013, Segatto, Rv. 256194-01, Sez. 4, numero 14523 del 02/03/2011, Di Gioia, Rv. 249937-01 e Sez. 4, numero 13870 del 06/02/2009, Cappelletti, Rv. 243202-01 . I giudici del merito hanno, peraltro, specificato, nelle motivazioni a corredo della decisione impugnata, che della conoscenza del risarcimento effettuato dalla compagnia assicuratrice e della manifestata volontà di farlo proprio l'imputata non ha fornito prova alcuna, argomento, questo, a fronte del quale la doglianza articolata con il motivo di ricorso de quo risulta palesemente aspecifica, non essendosi in alcun modo prospettati argomenti concreti, valevoli a confutare la fondatezza dell'asserto oggetto di contestazione. 5. L'evidenziato difetto argomentativo su un punto, all'evidenza, non irrilevante si traduce in un vizio riconducibile al disposto dell'articolo 606, comma 1, lett. e , cod. proc. penumero e impone, per l'effetto, l'annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla parte relativa alla ritenuta configurabilità dell'aggravante dello stato di alterazione dovuto all'uso di sostanze stupefacenti, con conseguente rinvio, per nuovo giudizio, ad altra Sezione della medesima Corte di appello di Napoli per la rivalutazione, senza vincoli predeterminati, di tale questione. Il ricorso deve essere, invece, rigettato in parte residua. 6. Con riguardo, infine, alla richiesta di revoca della patente di guida, formulata dal Sostituto Procuratore Generale solo in sede di conclusioni, si osserva che la disciplina della materia ha subito una sostanziale modifica per effetto della sentenza della Corte costituzionale numero 88 del 2019, dichiarativa dell'incostituzionalità dell'articolo 222, comma 2, quarto periodo, d.lgs. numero 285 del 1992, nella parte in cui non prevede che, in caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta per i delitti di cui agli articolo 589-bis e 590-bis cod. penumero , il giudice possa disporre, in alternativa alla revoca della patente di guida, la sospensione della stessa ai sensi del secondo e terzo periodo del medesimo comma 2 dell'articolo 222 cod. strada, allorché non ricorra alcuna delle aggravanti previste dai rispettivi commi secondo e terzo degli articolo 589-bis e 590- bis cod. penumero A seguito dell'indicata pronunzia del giudice delle leggi e della lettura da questi effettuata della norma di riferimento, risulta evidente dalle ragioni dell'annullamento che non si versa nel caso di specie, in una delle ipotesi di revoca obbligatoria della patente, circostanza che comporta, di necessità, la rimessione al giudice di merito, in sede di rinvio, della questione relativa alla possibile applicazione della sanzione amministrativa accessoria di cui trattasi. In proposito, è d'uopo, infatti, ribadire, in continuità con il consolidato insegnamento della Suprema Corte, che il divieto di reformatio in peius , stabilito dall'articolo 597, comma 3, cod. proc. penumero per il caso di impugnazione proposta dal solo imputato, attiene alle sole ipotesi di aggravamento, per specie o quantità, della pena principale, di applicazione di una nuova o più grave misura di sicurezza, di pronunzia di proscioglimento con formula meno favorevole all'imputato o di revoca di benefici, non riguardando, invece, l'applicazione, in un successivo grado di giudizio, di una nuova o più grave sanzione amministrativa accessoria, qual è la revoca della patente di guida in tal senso, in motivazione, Sez. 4, numero 32248 del 28/06/2022, Cudalb, Rv. 283523-01 . P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente all'ipotesi di cui all'articolo 589- bis, comma 2, cod. penumero con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli. Rigetta il ricorso nel resto.