La natura personale della responsabilità per illecito amministrativo

Il sistema introdotto dalla l. numero 689/1981, fondato sulla natura personale della responsabilità per illecito amministrativo, stabilisce che solo la persona fisica che ha commesso il fatto può esserne considerata autrice, mentre non possono esserlo le entità astratte, come le società o gli enti in genere, la cui responsabilità, per gli illeciti commessi dai loro legali rappresentanti o dipendenti, è prevista esclusivamente in via solidale e con funzione di garanzia del pagamento della somma dovuta dal reale autore della violazione.

Questo criterio di collegamento è al tempo stesso il presupposto ed il limite della responsabilità dell'ente, dato che esige soltanto che la persona fisica si trovi con esso in uno dei rapporti suindicati, non rilevando, invece, il mero fatto che abbia operato nell'interesse dell'ente. La Seconda Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, con l'ordinanza interlocutoria numero 20483 del 24 luglio 2024 è intervenuta in materia di responsabilità solidale per illeciti forieri di sanzioni amministrative , specificando la natura del rapporto intercorrente fra la società e le persone fisiche, che in essa ricoprono il ruolo di legali rappresentanti o anche solo di dipendenti. Nel medesimo provvedimento la Corte ha sollevato dubbi di costituzionalità delle norme poste a fondamento dei provvedimenti impugnati, sia per la loro valenza restrittiva nei confronti di libertà fondamentali, tutelate dai trattati comunitari, sia per la proporzionalità delle sanzioni previste dalle stesse. Il fatto La pronuncia della Corte ha come antecedente la decisione della Corte territoriale, che aveva confermato la pronuncia di primo grado di rigetto dell'opposizione all'ordinanza ingiunzione, con cui veniva comminata una pesante sanzione ad un esercente di un'attività commerciale per aver messo a disposizione dei clienti due apparecchiature che, mediante connessione internet, consentivano loro di scommettere su piattaforme di un concessionario autorizzato. I giudici di merito di entrambi i gradi avevano rigettato l'eccezione di tardività della notifica dell'ordinanza ingiunzione, sottolineando l'irrilevanza del fatto che la stessa in un primo momento era stata notificata all'opponente, quale legale rappresentante della società e in un secondo momento, a seguito di annullamento in autotutela, era stata nuovamente notificata allo stesso opponente, ma in quanto persona fisica. Avverso la sentenza di secondo grado, l'ingiunto proponeva ricorso innanzi alla Corte di Cassazione. La responsabilità personale per gli illeciti amministrativi I giudici della Seconda Sezione hanno spiegato che il sistema introdotto dalla l. numero 689/1981 , fondato sulla natura personale della responsabilità per illecito amministrativo , stabilisce che solo la persona fisica che ha commesso il fatto può esserne considerata autrice , mentre non possono esserlo le entità astratte , come le società o gli enti in genere, la cui responsabilità per gli illeciti commessi dai loro legali rappresentanti o dipendenti è prevista esclusivamente in via solidale e con funzione di garanzia del pagamento della somma dovuta dal reale autore della violazione. Questo criterio di collegamento è al tempo stesso il presupposto ed il limite della responsabilità dell'ente , dato che esige soltanto che la persona fisica si trovi con esso in uno dei rapporti suindicati, non rilevando, invece, il mero fatto che abbia operato nell'interesse dell'ente sent. numero 12264/2007 . Conseguentemente, se l'illecito è astrattamente ascrivibile ad una società di persone , non si può automaticamente chiamare a risponderne i soci amministratori, essendo indispensabile accertare che tali soggetti abbiano tenuto una condotta positiva o omissiva che abbia dato luogo all'infrazione, sia pure soltanto sotto il profilo del concorso morale sent. numero 26238/2011 . I dubbi sulla proporzionalità dell' articolo 7, comma 3-quater, del d.l. numero 158/2012 Dopo aver fornito questi chiarimenti, la Suprema Corte ha evidenziato dubbi di incostituzionalità dell'  articolo 7, comma 3- quater , del d.l. numero 158/2012 , posto a fondamento della responsabilità per illecito amministrativo, oggetto del procedimento e della relativa sanzione, rilevando come esso comporti una restrizione di alcune libertà fondamentali, come la libera prestazione di servizi, che sono tutelate dai trattati comunitari. Tale tipologia di norme può ritenersi ammissibile solo ove persegua effettivamente obiettivi quali la lotta alla criminalità o la tutela della salute pubblica, con particolare riguardo ai minori. In ogni caso, è lo Stato membro che le ha introdotte, a dover fornire la prova dell'esistenza degli obiettivi idonei a legittimare la compressione di una libertà fondamentale , garantita da un trattato europeo, nonché il carattere proporzionato delle norme. Proprio sotto quest'ultimo profilo, infatti, i giudici della Suprema Corte avanzano dubbi di legittimità costituzionale del detto articolo, poiché esso include, fra le condotte sanzionabili, la semplice messa a disposizione dei clienti di un esercizio pubblico di qualsiasi genere di apparecchiatura che consenta e quindi semplicemente non impedisca, di collegarsi, anche in piena autonomia, a siti di gioco online dotati di concessione.

Presidente Manna– Relatore Falaschi Svolgimento del processo Con ricorso del 23 giugno 2017 Ta.Anumero , titolare dell'omonima ditta individuale esercente attività di edicola-cartoleria, proponeva - dinanzi al Tribunale di Lecce - opposizione avverso ordinanza-ingiunzione emessa dall'Agenzia delle Dogane e Monopoli ADM - Ufficio dei Monopoli per la Puglia, con cui gli era stato ingiunto il pagamento della sanzione di Euro 20.000,00 per violazione dell' articolo 7, comma 3-quater, D.L. 13 settembre 2012, numero 158 convertito con modificazioni nella legge 8 novembre 2012, numero 189 , deducendo la nullità del provvedimento sanzionatorio per violazione dell' articolo 14 legge 24 novembre 1981, numero 689 , nonché l'illegittimità della L. numero 158/2012 per violazione dei principi comunitari in materia di libera circolazione delle merci. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, revocato il già concesso provvedimento di sospensione dell'efficacia dell'ordinanza de qua, il giudice adito, con sentenza numero 1798 del 2018, rigettava l'opposizione. In virtù di impugnazione interposta dal medesimo Ta.Anumero , la Corte d'Appello di Lecce, nella resistenza dell'Agenzia intimata, con sentenza numero 471 del 2019, rigettava il gravame e per l'effetto confermava la decisione di prime cure, con condanna alle spese dell'appellante. A sostegno della decisione adottata la Corte distrettuale escludeva, preliminarmente, l'asserita nullità della notifica dell'atto di contestazione per essere stata la violazione prot. numero 33830 del 28.04.2016, sufficientemente circostanziata, ritualmente notificata entro i 90 giorni previsto dall' articolo 14, comma 2 legge numero 689 del 1981 ed il successivo atto di contestazione prot. numero 607 del 15.09.2016 aveva la mera funzione rettificativa dell'atto precedente limitatamente alla determinazione della sanzione ridotta da Euro 40.000,00 ad Euro 20.000,00 né era di rilievo il mutamento del destinatario del provvedimento, trattandosi comunque di ditta individuale, priva di personalità giuridica. Nel merito, confermava la sentenza di primo grado nella parte in cui riteneva violato l' articolo 7, comma 3-quater, D.L. numero 158/2012 attraverso la messa a disposizione, da parte dell'opponente, di due apparecchiature pre-indirizzate che - attraverso la connessione telematica - consentivano ai clienti della cartoleria di giocare su piattaforme di gioco messe a disposizione dal concessionario online GI.LU.PI. Srl, in relazione alla piattaforma di gioco online Betitaly. Aggiungeva che, ai fini della violazione della disposizione citata, non era necessario utilizzare apparecchiature aventi la caratteristica dei totem e che, infine, le norme a prevenzione della ludopatia non interferivano con i principi comunitari in materia di libera circolazione delle merci. Avverso la sentenza della Corte di appello di Lecce ha proposto ricorso per cassazione il medesimo Ta.Anumero , in proprio e quale titolare della ditta individuale, affidandolo a quattro motivi. È rimasta intimata l'Agenzia delle Domane e Monopoli - Ufficio dei Monopoli per la Puglia. Il ricorso è stato inizialmente avviato per la trattazione in camera di consiglio, depositata memoria illustrativa dal ricorrente, e all'esito dell'adunanza camerale, fissata al 29.09.2022, con ordinanza interlocutoria numero 24022/2023 depositata il 07.08.2023, il procedimento è stato rimesso dal Collegio alla pubblica udienza in considerazione della esigenza di definire la natura delle apparecchiature utilizzate per l'organizzazione, l'esercizio e la raccolta a distanza di scommesse. In prossimità dell'udienza pubblica la sola parte ricorrente ha curato il deposito di memoria ex articolo 378 c.p.c. Considerato in diritto Le questioni centrali della controversia attengono all'applicabilità alla fattispecie in esame del disposto dell' articolo 7, comma 3-quater, D.L. numero 158/2012 , convertito con modificazioni dalla legge numero 168/2012, nonchè dell'articolo 1, comma 923 della legge numero 208/2015 per i quali la Corte ritiene siano rilevanti e non manifestamente infondati le questioni di legittimità costituzionale per violazione dell' articolo 3 Cost. , in combinato disposto con gli articolo 25,41,42 e 117, primo comma Cost. in relazione all'articolo 1 Prot. addiz. CEDU , firmato a Parigi il 20 marzo 1952, e agli articolo 16 e 17 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea CDFUE , proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007, sotto il duplice profilo. In ogni caso è pregiudiziale all'incidente di costituzionalità la decisione sul primo motivo del ricorso, con il quale il ricorrente ha sottoposto a critica la statuizione della Corte territoriale che ha respinto l'eccezione di nullità dell'ordinanza-ingiunzione per tardività della notifica. Infatti, con il primo motivo il ricorrente lamenta omesso esame del contenuto delle note protocollari numero 33830 del 28.04.2016, e numero 68028 del 29.09.2016 violazione e falsa applicazione dell' articolo 14, comma 2, L. numero 689/1981 , e del combinato disposto dell' articolo 7, comma 3-quater, D.L. numero 158/2012 e successive modifiche , nonché dell' articolo 1, comma 923 della legge numero 208/2015 . Deduce il ricorrente che il primo dei protocolli citati, notificato entro i 90 giorni previsti dall' articolo 14, comma 2, legge numero 689/81 , recava errori riguardanti la tipologia e il numero di apparecchi sottoposti a sequestro, prontamente contestati dall'odierno ricorrente con scritti difensivi datati 09.05.2016. In ragione delle difese spiegate dal Ta.Anumero , ADM emetteva un nuovo atto di contestazione numero 68028 del 29.09.2016 che non rettificava - contrariamente a quanto asserito dalla Corte d'Appello - bensì annullava e sostituiva il precedente atto di contestazione. Veniva, infatti, eliminato l'errato riferimento all' articolo 1, comma 646, legge numero 190/2014 ed espunta ogni descrizione della tipologia di apparecchiatura utilizzata dall'esercente di conseguenza, veniva dimezzata la sanzione Euro 40.000,00 nel primo atto di contestazione Euro 20.000,00 nel secondo . Inoltre, mentre la prima ordinanza-ingiunzione era indirizzata ad Ta.Anumero in qualità di titolare dell'omonima ditta, la seconda contestazione era indirizzata solo alla persona fisica. Da ciò deriverebbe innanzitutto la nullità del primo atto notificato, che si traduce in inesistenza ed inefficacia di diritto, poiché l'azione dell'Amministrazione si sarebbe sostanziata nell'annullamento in autotutela del primo atto di contestazione e nella rinnovazione del provvedimento annullato in secondo luogo, la tardività del secondo atto di contestazione, in violazione dell' articolo 14, comma 2, L. 689/81 , in quanto pervenuto solo in data 03.10.2016, con conseguente estinzione dell'obbligo di pagamento della somma dovuta a titolo di sanzione amministrativa e la nullità ab origine dell'intero procedimento sanzionatorio, che travolge l'ordinanza-ingiunzione prot. numero 37867 del 23.05.2017. La doglianza non coglie nel segno e deve essere disattesa. Secondo un principio già affermato nella giurisprudenza di legittimità, e che va qui ribadito, la ritualità della notifica del verbale di accertamento dell'infrazione, poiché è questo un atto del procedimento amministrativo, forma oggetto dell'accertamento di fatto rientrante nei poteri del giudice del fatto, accertamento che deve essere motivato in modo immune di vizi ex articolo 360 c.p.c. , numero 5 cfr. Cass. 1995 numero 11318 Cass. 2000 numero 10236 Cass. 14526 del 2012 , facendo riferimento alle norme alla stessa applicabili. Invero, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, la Corte di secondo grado ha - con motivazione logica, adeguata e basata sugli accertamenti fattuali emersi in giudizio - rilevato che il fatto contestato non aveva, in effetti, subito alcuna modifica, rientrando nella previsione di cui all' articolo 7, comma 3-quater, D.L. numero 158/2012 , convertito con modificazioni dalla legge numero 168/2012, riferendosi entrambi gli atti notificati alla medesima fattispecie originaria di messa a disposizione di apparecchi idonei a consentire la connessione telematica a siti di gioco on-line, condotta posta in essere nei locali adibiti da Ta.Anumero , titolare della omonima ditta individuale, ad esercizio di attività di edicola-cartoleria , non assumendo alcun rilievo la circostanza del mutamento del destinatario del provvedimento, trattandosi comunque di ditta individuale, priva di personalità giuridica. Dalla sentenza impugnata risulta, infatti, che l'infrazione - di cui all'atto di contestazione numero 105 del 12.02.2016 - è stata notificata, originariamente, ad Ta.Anumero il 29.04.2016, con nota prot. 33830 del 28.04.2016, in quanto titolare dell'omonimo esercizio pubblico, per l'importo di Euro 40.000,00, e successivamente, atto di contestazione numero 607 del 15.09.2016 - con nota prot. numero 68028 del 29.09.2016 - notificato in data 03.10.2016 al Ta.Anumero personalmente per il minore importo di Euro 20.000,00, in relazione alla medesima condotta accertata nella prima contestazione, ragion per cui alcuna lesione del diritto di difesa si era venuta a configurare per aver la competente ADM specificato nell'ordinanza-ingiunzione che la causa dell'accertata violazione era da ricondursi alla connessione telematica delle apparecchiature del Ta.Anumero a siti di gioco on-line. In altri termini, la contestazione - oggetto del verbale di accertamento - riferita alla violazione dell' articolo 7, comma 3-quater, D.L. numero 158/2012 , convertito con modificazioni dalla legge numero 168/2012, era stata effettuata con riferimento in concreto alla condotta constatata, da ricondurre al rinvenimento nei locali gestiti dal Ta.Anumero di apparecchiature con le quali era stata effettuata la connessione a siti di gioco, e ciò sul presupposto che la notificazione del verbale di contestazione, che deve avvenire in applicazione delle disposizioni previste dalle leggi vigenti e quindi con le modalità previste dal codice di procedura civile, correttamente è stata effettuata nei confronti del Ta.Anumero medesimo nell'osservanza delle norme di cui all' articolo 138 c.p.c. , e segg., riguardando una ditta individuale, per la quale vi è coincidenza con la persona fisica del suo titolare, diversamente dalle persone giuridiche per la notificazione alle quali trova applicazione l' articolo 145 c.p.c. D'altro canto questa Corte ha avuto modo di precisare che nel sistema introdotto dalla L. 24 novembre 1981, numero 689 , fondato sulla natura personale della responsabilità, autore dell'illecito amministrativo può essere soltanto la persona fisica che ha commesso il fatto, e non anche un'entità astratta, come società o enti in genere, la cui responsabilità solidale per gli illeciti commessi dai loro legali rappresentanti o dipendenti è prevista esclusivamente in funzione di garanzia del pagamento della somma dovuta dall'autore della violazione, rispondendo anche alla finalità di sollecitare la vigilanza delle persone e degli enti chiamati a rispondere del fatto altrui. Il criterio di imputazione di tale responsabilità è chiaramente individuato dalla L. numero 689 cit., articolo 6, il quale, richiedendo che l'illecito sia stato commesso dalla persona fisica nell'esercizio delle proprie funzioni o incombenze, stabilisce un criterio di collegamento che costituisce al tempo stesso il presupposto ed il limite della responsabilità dell'ente, nel senso che a tal fine si esige soltanto che la persona fisica si trovi con l'ente nel rapporto indicato, e non anche che essa abbia operato nell'interesse dell'ente Cass. 25 maggio 2007 numero 12264 . È stato anche precisato che in tema di sanzioni amministrative, a norma della L. 24 novembre 1981, numero 689, articolo 3, è responsabile di una violazione amministrativa solo la persona fisica a cui è riferibile l'azione materiale o l'omissione che integra la violazione ne consegue che, qualora un illecito sia ascrivibile in astratto ad una società di persone nella specie una Snc , non possono essere automaticamente chiamati a risponderne i soci amministratori, essendo indispensabile accertare che essi abbiano tenuto una condotta positiva o omissiva che abbia dato luogo all'infrazione, sia pure soltanto sotto il profilo del concorso morale Cass. 6 dicembre 2011 numero 26238 . Orbene, nel caso di specie, correttamente la corte distrettuale ha disatteso il motivo di appello relativo alla eccezione di nullità dell'ordinanza-ingiunzione per tardività della seconda notifica effettuata al Ta.Anumero , persona fisica e non già quale titolare della omonima ditta, a cui era riferibile l'azione materiale che integra la violazione contestata né il ricorrente ha svolto argomentazioni idonee a dimostrare la erroneità del convincimento del giudice del merito circa la non riferibilità della violazione allo stesso esercente attività di edicola-cartoleria. Quanto all'argomento centrale dell'impugnata sentenza sopra esposto, del perimetro di applicazione dell' articolo 7, comma 3-quater D.L. numero 158/2012 , conv. con L. 8 novembre 2012, numero 189 , il ricorrente lo censura nei motivi secondo, terzo e quarto, nei termini di seguito illustrati. Con il secondo motivo si deduce omesso esame di fatti decisivi risultanti dalla documentazione in atti e dalle risultanze istruttorie violazione e falsa applicazione dell' articolo 7, comma 3-quater, D.L. numero 158/2012 convertito dalla legge numero 168/2012 dell' articolo 2, comma 2-bis, D.L. 25.03.2010, numero 40 convertito dalla legge 22 maggio 2010, numero 73 dell' articolo 24 legge 7 luglio 2009, numero 88 sul gioco a distanza , cap. ii, articolo 5, lett. g . Contesta il ricorrente l'interpretazione fornita dalla Corte d'Appello di Lecce riguardo l' articolo 7, comma 3-quater, D.L. numero 158/2012 , nel senso di stabilire un generale divieto di messa a disposizione da parte del titolare di un pubblico esercizio di apparecchiature che, attraverso la connessione telematica, consentano ai clienti di giocare su piattaforme di gioco messe a disposizione del concessionario online, sul presupposto che la ratio di tale normativa sia quella di scoraggiare l'accesso al gioco online creando occasioni di incontro tra gli utenti del pubblico esercizio e le piattaforme di gioco. Tale interpretazione, prosegue il ricorrente, determinerebbe l'illegittimità di un esercizio di internet point - come quello gestito dall'odierno ricorrente - ma anche delle postazioni collocate nelle agenzie scommesse a disposizione del pubblico per la prenotazione di puntate da validare poi al desk. Secondo il ricorrente, invece, la norma in questione vieta l'attività di organizzazione della scommessa e di intermediazione della raccolta gioco a distanza o presso luoghi fisici , che si traduca in attività di intermediazione illecita nella raccolta di scommesse ad esempio, predisponendo conti gioco fittizi, o raccogliendo o distribuendo denaro . La complessità interpretativa della normativa rilevante in materia, anche alla luce della giurisprudenza di legittimità, civile e penale, induce a ritenere che non sussista un divieto di promuovere il gioco presso sedi diverse da quella del concessionario, purché tra questi e il titolare dell'esercizio di un internet point a navigazione libera, dove si svolge l'attività di ricarica dei conti di gioco e commercializzazione del gioco pubblico, venga concluso apposito contratto conforme alla normativa regolamentare. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell' articolo 1, comma 923, legge numero 208/2015 . A parere del ricorrente erra il giudice di seconde cure nell'interpretare il combinato disposto di tale norma con l' articolo 7, comma 3-quater D.L. numero 158/2012 nel senso per cui l'ultima disposizione troverebbe applicazione rispetto a qualsiasi apparecchiatura telematica, e non solo ai c.d. totem . Stabilita la corretta ratio del D.L. numero 158/2012 sanzionare la predisposizione di terminali di operatori stranieri, privi di licenza italiana, che raccogliendo gioco pubblico sul territorio nazionale non versano imposte allo Stato italiano , il termine apparecchiature utilizzato dalla normativa in esame si riferisce secondo una nota della Guardia di Finanza, prot. numero 74609 del marzo 2016 alle apparecchiature che, attraverso la connessione telematica, consentono ai clienti di giocare illecitamente sulle piattaforme online definizione, questa di totem che esclude l'apparecchio utilizzabile, invece, come nel caso di specie, in modalità navigazione libera . Con il quarto motivo lamenta il ricorrente violazione e falsa applicazione degli articolo 28, 30, 43, 49 del Trattato CE violazione e falsa applicazione dell'articolo 8, dir. 98/34/CE. La doglianza del ricorrente riguarda la falsa applicazione dell' articolo 7, comma 3-quater D.L. numero 158/2012 traducendosi l'argomentazione del giudice distrettuale sostanzialmente nel divieto di installare qualsiasi tipo di computer in tutti gli esercizi commerciali che effettuino servizio di internet point, si violerebbero le norme citate del Trattato sull'Unione Europea sulle libertà fondamentali di circolazione delle merci e dei servizi norme con effetti diretti negli ordinamenti nazionali, come ha più volte ribadito la Corte di Giustizia Europea. Per poter procedere all'esame delle questioni di diritto poste dal ricorrente è opportuno precisare il quadro normativo nazionale ed eurounitario nei quali circoscrivere la fattispecie de qua. L' articolo 7, comma 3-quater D.L. numero 158 del 2012 , recante Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute , convertito con integrazioni e modificazioni dalla legge numero 189 del 2012 , vieta la messa a disposizione presso qualsiasi esercizio commerciale di apparecchiature che attraverso la connessione telematica consentono agli avventori di giocare sulle piattaforme di gioco offerte dai concessionari on-line da soggetti autorizzati all'esercizio dei giochi a distanza ovvero da soggetti privi di qualsiasi titolo concessorio o autorizzatorio rilasciato dalle competenti autorità, facendo salve le sanzioni previste nei confronti di chiunque eserciti illecitamente attività di offerta di giochi con vincita in denaro. Sul piano sistematico, il comma 3-quater dell'articolo 7 costituisce una delle misure di prevenzione per contrastare la ludopatia , cui si dedica l'intero articolo 7 contenente Disposizioni in materia di vendita di prodotti del tabacco, misure di prevenzione per contrastare la ludopatia e per l'attività sportiva non agonistica . La lotta alla ludopatia, d'altronde, costituisce una delle misure che il decreto Balduzzi adotta al fine di promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute . Nella relazione illustrativa del Decreto, infatti, viene osservato come le misure introdotte dall'articolo 7 siano volte a promuovere l'adozione di un corretto e sano stile di vita, il cui mancato controllo genera patologie per una larga fascia di cittadini ed incremento di spesa per il SSN con particolare riferimento alla ludopatia, viene sottolineato che la diffusione della c.d. sindrome da gioco con vincita di denaro configura una vera e propria emergenza a carattere epidemico. Tuttavia, nel testo originario del decreto in questione, non erano previste norme sanzionatorie analoghe a quella di cui in esame, ma venivano predisposte unicamente misure di natura sanzionatoria in relazione alle attività di promozione e pubblicizzazione di attività di gioco d'azzardo in luoghi pubblici sensibili perché frequentati o potenzialmente frequentabili da soggetti minorenni. Il comma 3-quater è stato infatti introdotto in sede di conversione dalla legge numero 189/2012 . La lettura della norma è complessa in primo luogo la disposizione che prevede il divieto inizialmente non contemplava la sanzione che è stata introdotta dell' articolo 1, comma 923 della legge numero 208 del 2015 , che ha previsto la sanzione amministrativa pecuniaria in misura fissa di Euro 20.000,00 in secondo luogo, la norma configura in capo al concessionario una forma di responsabilità omissiva ed oggettiva. Invero, la parola apparecchiature ex articolo 7, comma 3-quater D.L. 158/2012 conv. in L. 189/2012 non indica i soli totem cioè i dispositivi dedicati in modo stabile ed esclusivo ai giochi on-line , ma si presta a ricomprendere anche i personal computer dotati di connessione telematica, che una volta messi a disposizione possono collegarsi alle piattaforme di concessionari di gioco on-line. Orbene, la finalità di ordine pubblico di contrasto del gioco illegale, a tutela della salute pubblica, specialmente di minorenni, impone un'interpretazione rigorosa del divieto, ma allo stesso tempo deve essere rispettosa e bilanciarsi con la tutela delle libertà degli individui. Fra gli argomenti di supporto alla interpretazione estensiva della norma in questione viene citata la circolare dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli 6/3/2014 , ove le apparecchiature sono descritte come apparecchi terminali connessi ad internet o funzionanti tramite intranet con collegamenti che abilitano una navigazione a circuito chiuso. La circolare precisa che tali apparecchiature sono costituite per lo più dai totem, ma non esclude che si diano altre apparecchiature per mezzo delle quali si possa giocare on-line. Al fine di definire la disciplina sanzionatoria in un settore in rapida evoluzione tecnologica, l' articolo 7, comma 3-quater D.L. 158/2012 conv. in L. 189/2012 sembra avere la funzione di norma di chiusura diretta a colpire l'utilizzo concreto per il gioco illecito di tutti i tipi di videoterminali idonei a ciò. Ciò però non dovrebbe comportare che sia sanzionata la semplice messa a disposizione di personal computer o di apparecchi simili. È sanzionata la provata utilizzabilità come apparecchi di intrattenimento, in virtù della loro collocazione, dell'assenza di accorgimenti tecnici che impediscano di accedere a siti di gioco on-line o di altre circostanze di fatto da apprezzare in concreto caso per caso. Nel caso di specie, il fatto che i personal computer non fossero esclusivamente dedicati al gioco, ma potessero essere utilizzati anche per la libera navigazione in Internet viene ritenuta dalla norma giuridicamente irrilevante, mentre in punto di fatto durante il sopralluogo effettuato dalla Guardia di Finanza risultava la messa a disposizione, da parte del ricorrente, di due apparecchiature pre-indirizzate che - attraverso la connessione telematica - consentivano agli avventori della cartoleria di giocare su piattaforme di gioco messe a disposizione dal concessionario online GI.LU.PI. Srl, in relazione alla piattaforma di gioco online Betitaly, quindi con modalità di accesso del tutto autonome, dovendo i giocatori fornire i propri dati per entrare nell'area riservata al gioco. Il ricorso pone dunque la questione del significato normativo - in questo contesto - della nozione di apparecchiatura rispetto al significato diffuso nel linguaggio della tecnica, cioè, come un complesso d'impianti, di comandi e di strumenti fra loro coordinati, adibiti ad un certo servizio o anche ad una determinata lavorazione la distinzione tra semplice messa a disposizione dell'apparecchiatura e concreta utilizzabilità per finalità illecite gli indici menzionati per ravvisare il profilo della concreta utilizzabilità per illeciti, ossia se sia necessario il carattere permanente ed esclusivo della destinazione, oppure se sia sufficiente una destinazione dell'apparecchiatura transitoria o comunque reversibile e promiscua fattori questi che inciderebbero sul carattere relativamente elastico della fattispecie ex articolo 7 comma 3 quater D.L. 158/2012 conv. in L. 189/2012 . Sul piano della normativa eurounitaria e sua applicazione, la Corte di Giustizia C-390/12 del 2014 ha chiarito che l'articolo 56 TFUE è da interpretare nel senso che esso osta a una normativa nazionale del tipo di quella oggetto di applicazione, solo se essa non persegue effettivamente l'obiettivo della tutela dei giocatori d'azzardo o della lotta alla criminalità. Ancora, la finalità di tutela della salute pubblica, con particolare riguardo ai minori, e la necessità di provvedere con urgenza in tale materia esclude inoltre, in base all'articolo 6, comma 7 direttiva 2015/1535/UE, l'obbligo della previa comunicazione alla Commissione del testo delle disposizioni oggetto di applicazione. Inoltre, questa interpretazione dell'articolo 56 TFUE , confermata dalla sentenza della Corte di Lussemburgo del 14 giugno 2017, resa nella causa C-685/15, deve essere intesa anche nel senso che la libera prestazione dei servizi non osta ad un sistema processuale nazionale, in cui, nell'ambito dei procedimenti amministrativi a carattere penale , il giudice chiamato a pronunciarsi sulla conformità al diritto dell'Unione di una normativa restrittiva dell'esercizio di una libertà fondamentale prevista dai Trattati, come la limitazione della libertà di prestazione di servizi in favore della tutela della salute, è tenuto a istruire d'ufficio gli elementi di prova della controversia di cui è investito nel contesto della verifica dell'esistenza degli illeciti amministrativi, purché con tale attività non si determini una sua sostituzione alle autorità competenti dello Stato membro interessato, sulle quali incombe l'onere di fornire gli elementi di prova necessari per consentire al giudice interno la giustificazione della restrizione. A tale riguardo, infatti, un certo numero di motivi imperativi di interesse generale, quali gli obiettivi di tutela dei consumatori, di prevenzione della frode e dell'incitazione dei cittadini ad una spesa eccessiva collegata al gioco, nonché di prevenzione di turbative all'ordine sociale in generale sono stati ammessi dalla giurisprudenza a giustificazione di una normativa restrittiva di una libertà fondamentale prevista dai Trattati dell'Unione, come la libera prestazione di servizi, messa in discussione nel caso di specie v., in tal senso, sentenze 24 marzo 1994, causa C-275/92, Schindler, Racc. pag. I-1039, punti 57-60 21 settembre 1999, causa C-124/97, Läärä e a., Racc. pag. I-6067, punti 32 e 33 Zenatti, citata, punti 30 e 31, nonché Gambelli e a., citata, punto 67 . Rimane, comunque, onere dello Stato membro che abbia introdotto la normativa più restrittiva fornire elementi di prova intesi a dimostrare l'esistenza degli obiettivi idonei a legittimare l'ostacolo ad una libertà fondamentale garantita dal TFUE e il suo carattere proporzionato, di modo che, nell'inadempimento di tale onere probatorio, il giudice nazionale deve poter trarre tutte le conseguenze derivanti da tale mancanza sentenza CGUE del 28 febbraio 2018, Sporting Odds Ltd, causa C-3/17 . E, per di più, secondo la Corte di Giustizia, l'articolo 56 TFUE deve essere interpretato anche nel senso che non si può constatare che uno Stato membro non abbia adempiuto il proprio onere probatorio giustificativo di una misura restrittiva, per il solo fatto di non avere fornito alcuna analisi degli effetti di tale misura alla data dell'introduzione di essa nella normativa nazionale o alla data dell'esame della misura da parte del giudice nazionale sentenza CGUE del 28 febbraio 2018, Sporting Odds Ltd, causa C-3/17, punto 63 e giurisprudenza ivi citata . Sono diversi, pertanto, i parametri cui il giudice nazionale deve fare riferimento nel verificare la proporzionalità della restrizione della libertà di prestazione dei servizi, effettuando una valutazione globale delle circostanze alla base dell'adozione della normativa nazionale controversa e verificandone gli obiettivi effettivamente perseguiti. In particolare, deve tenere conto delle concrete modalità di applicazione della normativa restrittiva, assicurandosi che questa risponda veramente all'intento di ridurre le occasioni di gioco, di limitare le attività in tale settore e di combattere la criminalità in maniera coerente e sistematica sentenza CGUE del 14 giugno 2017, Online Games Handels GmbH e a., causa C-685/15, punti 51-52 sentenza CGUE del 28 febbraio 2018, Sporting Odds Ltd, causa C-3/17, punto 64 . Infatti, una norma restrittiva di una libertà fondamentale riconosciuta dal TFUE è compatibile con il diritto dell'Unione soltanto qualora ricada nell'ambito di una norma derogatoria espressa, come l'articolo 52 TFUE , ossia della tutela dell'ordine pubblico, della pubblica sicurezza e della sanità pubblica sentenza CGUE del 28 febbraio 2018, Sporting Odds Ltd, causa C-3/17, punto 39 nonché la giurisprudenza ivi citata . Pertanto, ritenuto pacifico che, in considerazione dell'assenza di contatto diretto tra consumatore e operatore, i giochi d'azzardo accessibili via Internet comportano rischi di natura differente e di entità accresciuta rispetto ai mercati tradizionali di tali giochi, anche per eventuali frodi commesse dagli operatori a danno dei consumatori, la norma restrittiva in questione, deve comunque rispettare il carattere di un divieto proporzionato secondo i criteri previsti dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia sentenza CGUE del 28 febbraio 2018, Sporting Odds Ltd, causa C-3/17, punto 41 e la giurisprudenza ivi citata . Tanto precisato, nella specie, il giudizio non può essere risolto prescindendo dall'applicazione della norma della cui legittimità si dubita. Il giudizio di merito ha, infatti, avuto ad oggetto l'applicazione della sanzione relativa alla violazione dell'articolo 7, comma 3-quater. Sia il giudice di primo grado sia la Corte d'Appello, infatti, sulla base delle risultanze fattuali e del verbale di accertamento della violazione in parola, avendo gli ispettori rinvenuto all'interno dell'esercizio commerciale 2 personal computer a navigazione libera dei quali era stato verificato il precedente collegamento a siti di gioco on-line, hanno ritenuto legittima l'ordinanza ingiunzione con la quale è stata irrogata la sanzione in virtù della mera messa a disposizione delle suddette apparecchiature, applicando quindi la norma in contestazione. Occorre, altresì, aggiungere che nella specie il soggetto titolare dell'esercizio commerciale è fornito di specifica autorizzazione alla promozione del gioco con vincita di denaro, con la conseguenza che è stata ritenuta costituire un'unica condotta illecita la mera messa a disposizione degli utenti di personal computer a navigazione libera. Irrilevante, ai fini della applicazione della misura sanzionatoria, risulta essere la verifica dell'effettivo collegamento a siti di gioco on-line, pur accertato nel caso in esame sulla base della disciplina dettata dalla circolare ADM, sanzionando la norma in questione la semplice messa a disposizione di mezzo idoneo al collegamento. La prima questione di legittimità costituzionale che si vuole prospettare alla Corte riguarda l' articolo 7, comma 3-quater del D.L. numero 158/2012 convertito con modificazioni dall' articolo 1 della L. numero 189/2012 , nella parte in cui prevede che sia vietata la generica condotta di messa a disposizione, presso qualsiasi pubblico esercizio, di apparecchiature che, attraverso la connessione telematica, consentano ai clienti di giocare sulle piattaforme di gioco messe a disposizione dai concessionari on-line, da soggetti autorizzati all'esercizio dei giochi a distanza. Il dubbio interpretativo concerne sia la nozione di apparecchiature cui si riferisce la disposizione sia il tipo di condotta che si vuole sanzionare. Quanto al primo elemento, una interpretazione restrittiva consentirebbe, infatti, di ritenere apparecchiature solo quelle che impongono, perché a ciò esclusivamente destinate attraverso sistemi di preimpostazione o di restrizioni di navigazione, il gioco on-line i c.d. Totem . Al contrario, una interpretazione estensiva determina l'inclusione, in tale nozione, di qualsiasi apparecchiatura potenzialmente idonea al collegamento a siti di gioco on-line, compresi personal computer, tablet o strumenti analoghi. Questa Corte, per le ragioni che seguono, ritiene di dover privilegiare tale seconda interpretazione. Sul piano strettamente letterale, infatti, la condotta sanzionabile consiste nella semplice messa a disposizione dei clienti di un esercizio pubblico di qualsiasi genere di apparecchiatura che consenta, e quindi non impedisca, di collegarsi, anche in piena autonomia, a siti di gioco online dotati di concessione. Alla medesima conclusione si perviene attraverso una interpretazione sistematica, non potendo, anche alla luce del diritto vivente formatosi sul tema da ultimo, Cass. numero 42036 del 2021 , ricondurre le apparecchiature di cui all' articolo 7, comma 3-quater, D.L. numero 158/2012 , convertito in L. numero 189/2012 , ai soli apparecchi videoterminali di cui all'articolo 110, comma 6, lett. b , TULPS , la cui messa a disposizione comporta l'applicabilità della sanzione di cui all'articolo 110, comma 9 f-ter, TULPS , determinandosi, in caso contrario, una irragionevole sovrapposizione di condotte sanzionabili. La stessa Agenzia delle dogane e monopoli, d'altronde, non esclude che i personal computer a libera navigazione possano essere inclusi nella nozione di apparecchiature ai sensi della disposizione in parola v. Circolare 6/03/2014 . Ancora, a suffragio di tale tesi vale anche il richiamo alla giurisprudenza penale sviluppatasi in materia di raccolta illecita di scommesse, secondo cui La sola predisposizione presso qualsiasi esercizio di apparecchiature che, attraverso la connessione telematica, consentono ai clienti di giocare sulle piattaforme di gioco messe a disposizione dai concessionari online in violazione del divieto dell' articolo 7, comma 3-quater, del D.L. 158/2012 non configura la contravvenzione di cui all' articolo 4 della L. 401/89 , essendo al contrario necessaria la predisposizione di personale e mezzi conformati in modo tale da concretare la condotta di organizzazione, esercizio e raccolta a distanza di giochi richiesta da tale disposizione Cass., Sez. Terza penale, 1 ottobre 2013, numero 40624 . Ciò significa che, a contrario, la condotta consistente nella mera messa a disposizione del mezzo, irrilevante sul piano della responsabilità penale, rileva invece quale responsabilità amministrativa. Fatte salve, quindi, le norme che prevedono specifiche sanzioni per la messa a disposizione di apparecchiature dotate di caratteristiche tecniche determinate, l'articolo 7, comma 3-quater, assolve la funzione di norma di chiusura che, secondo l'interpretazione che si ritiene di condividere, al fine di tutelare la salute soprattutto dei soggetti minori e di evitare che il divieto di gioco illecito possa essere aggirato, consente di punire, grazie al suo carattere elastico, la messa a disposizione di qualsiasi strumento dotato di collegamento telematico che anche solo potenzialmente sia idoneo alla connessione a siti di gioco on-line. D'altra parte, la prassi applicativa della norma in questione si è consolidata nel senso di ritenere sanzionabile la condotta di chi mette a disposizione apparecchiature idonee nel caso in cui dalle ispezioni svolte risulti che, in concreto, vi siano stati collegamenti ai siti di gioco on-line. Anche tale prassi applicativa suscita perplessità sotto un duplice profilo in primo luogo perché, alla luce di quanto su esposto, questa interpretazione restrittiva si scontra con il dato testuale della disposizione in secondo luogo, perché la norma non disciplina in modo determinato quali condotte dell'esercente possano considerarsi idonee ad esimerlo dalla responsabilità amministrativa. Interpretare la disposizione nel senso di ritenere sussistente nei confronti dell'esercente un obbligo di vigilanza avendo riguardo ai siti ai quali i singoli clienti si collegano all'interno dell'esercizio, d'altronde, si porrebbe in evidente contrasto con la tutela dei dati personali. Lo stesso Garante Privacy ha precisato che, a seguito dell'abrogazione del decreto Pisanu D.L. numero 144/2005 , che imponeva l'obbligo di registrazione con identificazione degli utenti a carico degli esercenti dei c.d. internet point, non solo l'identificazione dell'utente si poneva in contrasto con il diritto alla privacy, ma anche ogni genere di attività di controllo o monitoraggio dell'esercente sugli indirizzi Internet ai quali gli utenti si collegavano. Il compito di richiedere per il conseguente utilizzo i dati personali degli avventori, come la registrazione dei loro documenti, è stata vietata dal Garante della Privacy anche nei pubblici esercizi, come ristoranti e bar, che possono mettere a disposizione dei clienti oltre il wi-fi, anche dispositivi per navigare sul web con richiesta di utilizzo di connettività Internet, ribadendo come i dati personali dei clienti non possano essere utilizzati senza apposito consenso. Uno degli strumenti attraverso il quale l'esercente potrebbe evitare di incorrere nella sanzione de qua è costituito dalla impostazione di filtri di accesso a determinati siti internet all'interno delle apparecchiature messe a disposizione degli utenti. Tuttavia, un tale obbligo non è ricavabile da alcuna disposizione normativa, neppure in via implicita. Né rileva l'eventuale sussistenza di autorizzazioni di cui potrebbe essere dotato l'esercente all'esercizio di giochi a distanza, punendo, la norma, la mera messa a disposizione del mezzo anche da parte di esercenti concessionari o dotati di autorizzazione come peraltro nel caso di specie . La norma, quindi, risulta applicabile sia al caso in cui siano stati messi a disposizione strumenti quali, ad esempio, i c.d. Totem, nei quali non vi è facoltà di scelta dell'utente in ordine al sito al quale collegarsi, essendo tali strumenti caratterizzati da una preimpostazione di schermata che indirizza direttamente l'utente al sito di gioco concessionario che peraltro nella prassi fornisce all'esercente anche lo strumento fisico , sia al caso in cui siano stati messi a disposizione strumenti a navigazione libera, nei quali è l'utente che sceglie l'indirizzo Internet al quale collegarsi, potendo quindi collegarsi anche, ma non solo, ai siti di gioco online con le proprie credenziali e con un proprio conto di gioco. Posto, quindi, che in relazione alla nozione di apparecchiature deve privilegiarsi una interpretazione estensiva, l'altro elemento letterale che necessita di interpretazione consiste nell'espressione che consenta . L'espressione, che si riferisce inequivocabilmente, in ragione della costruzione grammaticale della disposizione, alle apparecchiature, fa riferimento alla loro idoneità al collegamento a siti di gioco on-line. Risulterebbero idonee, quindi, tutte le apparecchiature dotate di un sistema di collegamento a internet, essendo ciò sufficiente a garantire il raggiungimento di siti on-line. La prassi applicativa di cui sopra, tuttavia, sembrerebbe presupporre una diversa interpretazione, che sposta il concetto di idoneità dello strumento in astratto sul comportamento dell'esercente, le cui omissioni, in concreto, consentono l'effettivo collegamento al sito di gioco. Ciò determina l'insorgere di un obbligo di vigilanza, con conseguente rilevanza di condotte omissive in capo all'esercente. Volendo propendere per tale lettura, in ogni caso, la norma non sfugge ai dubbi di costituzionalità, non essendo descritta in alcun modo la condotta omissiva rilevante, lasciando spazio ad un margine di discrezionalità dell'amministrazione del tutto contrastante con i principi costituzionali in materia di potere sanzionatorio della P.A., quale il principio di legalità di cui la riserva di legge costituisce espressione. In conclusione, dovendosi escludere la possibilità di una interpretazione conforme a Costituzione, la norma appare incostituzionale sia in termini di determinatezza sia in termini di ragionevolezza, dovendo, il diritto alla salute che la sottende, come riconosciuto dalle stesse pronunce della Corte di Giustizia sopra richiamate, subire un ragionevole bilanciamento con il diritto di libertà di impresa nonché con il diritto alla privacy degli utenti. Infine, la norma appare incostituzionale anche in termini di colpevolezza, punendo il solo oggettivo comportamento consistente nella mera messa a disposizione del mezzo stesso. La seconda disposizione della cui legittimità si dubita è l' articolo 1, comma 923 della legge 208/2015 , secondo cui in caso di violazione dell' articolo 7, comma 3-quater, del decreto-legge 13 settembre 2012, numero 158 , convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, numero 189 , il titolare dell'esercizio è punito con la sanzione amministrativa di Euro 20.000 la stessa sanzione si applica al proprietario dell'apparecchio . La norma, la cui rilevanza appare del tutto evidente costituendo il fondamento normativo di applicazione della sanzione nel caso di specie, prevede una sanzione a misura fissa che, secondo la giurisprudenza costituzionale in materia di sanzioni amministrative, determina la violazione dell' articolo 3 Cost. , in combinato disposto con gli articolo 42 e 117, primo comma, Cost. , in relazione all'articolo 1 Prot. addiz. CEDU . La sanzione, infatti, non appare in alcun modo modulabile in relazione all'entità della violazione, da desumersi, ad esempio, dal numero delle apparecchiature messe a disposizione, dall'effettivo collegamento riscontratosi, ovvero dalla gradazione dell'elemento soggettivo dell'esercente in relazione al suo obbligo di vigilanza. Assai di recente la Corte costituzionale, con la sentenza numero 185 del 2021, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'articolo 7, comma 6, secondo periodo, del decreto-legge 13 settembre, numero 158, convertito, con modificazioni, nella legge 8 novembre 2012, numero 189 , per violazione dell' articolo 3 Cost. , in combinato disposto con gli articolo 42 e 117, primo comma, Cost. , in relazione all'articolo 1 Prot. addiz. CEDU , il quale puniva con la sanzione amministrativa pecuniaria di Euro 50.000 la mancata osservanza delle disposizioni di cui al comma 4 del medesimo articolo, le quali impongono a coloro che offrono giochi o scommesse con vincite in denaro, una pluralità di obblighi informativi, così d'avvertire il fruitore dei rischi di ludopatia. La Corte costituzionale, riprendendo la sua giurisprudenza, premette che la fissità della sanzione amministrativa impone accorta disamina al fine di superare il dubbio di illegittimità costituzionale, da escludersi solo laddove essa, in risposta a infrazioni di disomogenea gravità, punisca infrazioni tuttavia connotate da un disvalore tale da non renderla manifestamente sproporzionata. Con la conseguenza che essa Corte aveva ritenuto costituzionalmente illegittima la previsione di sanzioni amministrative rigide e di rilevante incidenza sui diritti dell'interessato per ipotesi di gravità marcatamente diversa sentenza numero 88 del 2019 , o suscettibili, comunque sia, di condurre, nella prassi applicativa, a risultati sanzionatori palesemente eccedenti il limite della proporzionalità rispetto all'illecito commesso sentenza numero 112 del 2019 . Nell'ipotesi riportata accerta l'incostituzionalità della norma, giudicando che la fissità del trattamento sanzionatorio non teneva conto della gravità in concreto dei singoli illeciti, esemplificativamente ripresi dalla sentenza ed era foriera di manifesta sproporzionalità per eccesso della risposta sanzionatoria rispetto al concreto disvalore di fatti pure ricompresi nella sfera applicativa della norma . Reputa questa Corte che nel caso in esame il dubbio di illegittimità costituzionale per violazione dei medesimi parametri non appaia manifestamente infondato. L'entità della sanzione, anche in questo caso determinata nella misura fissa di Euro 20.000, risulta di significativo rilievo, anche rapportandola alla capacità economica modesta di imprese di minime dimensioni, quali sono solitamente i gestori di internet point. In altri termini, qualunque scostamento a prescrizioni viene punita con la medesima sanzione pecuniaria fissa di Euro 20.000. Ne deriva che, anche in questo caso, come già affermato dalla stessa Corte costituzionale nella sentenza numero 185/2021 citata, la fissità del trattamento sanzionatorio impedisce di tener conto della diversa gravità concreta dei singoli illeciti e la reazione sanzionatoria può risultare manifestamente sproporzionata per eccesso rispetto al disvalore concreto di fatti pure ricompresi nella sfera applicativa della norma . Va, infine, soggiunto che il tenore della disposizione, che introduce la sanzione fissa, senza prevedere alcuno strumento individualizzante rispetto al concreto disvalore dell'illecito, né individua fattispecie capaci d'incidere sull'entità di essa, non consente di superare il dubbio attraverso un'interpretazione costituzionalmente orientata. Una tale interpretazione, infatti, non può che operare attraverso estensione, anche analogica, di modelli che debbano poter essere rinvenuti all'interno del contesto normativo di riferimento, che qui non lascia alternativa praticabile. Conclusivamente, in punto di rilevanza delle questioni di legittimità costituzionale, dopo aver affermato che il primo motivo di opposizione proposto dal Ta.Anumero non sembrerebbe in grado, nella particolare prospettiva decisionale da adottare nella presente sede, di condurre all'accoglimento dell'opposizione stessa, il Collegio rimettente rileva che la lettera dell' articolo 7, comma 3-quater, del decreto-legge 13 settembre 2012, numero 158 , convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, numero 189 , impone di ritenere, in definitiva, esclusa qualunque ipotesi di interpretazione analogica difettando manifestamente i relativi presupposti ai fini della soluzione della vicenda dedotta nel presente giudizio non è infatti necessario colmare alcuna lacuna normativa si veda, in proposito, Cass. SSUU numero 38596/2021 , par. 5.2.3, ove si precisa che l'analogia postula, anzitutto, che sia correttamente individuata una lacuna , tanto che al giudice sia impossibile decidere, secondo l'incipit del precetto se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione . L'articolo 12, comma 2, preleggi si spiega storicamente soltanto nel senso di evitare, in ragione del principio di completezza dell'ordinamento giuridico, che il giudice possa pronunciare un non liquet, a causa la mancanza di norme che disciplinino la fattispecie. La regola, secondo cui l'applicazione analogica presuppone la carenza di una norma nella indispensabile disciplina di una materia o di un caso cfr. articolo 14 preleggi , discende dal rilievo per cui è, altrimenti, la scelta di riempire un preteso vuoto normativo sarebbe rimessa all'esclusivo arbitrio giurisdizionale, con conseguente compromissione delle prerogative riservate al potere legislativo e del principio di divisione dei poteri dello Stato. Onde non semplicemente perché una disposizione normativa non preveda una certa disciplina, in altre invece contemplata, costituisce ex se una lacuna normativa, da colmare facendo ricorso all'analogia ai sensi dell'articolo 12 preleggi . Né al risultato ermeneutico propugnato dal ricorrente potrebbe pervenirsi adottando una interpretazione asseritamente estensiva nel senso restrittivo del precetto - ma, in effetti, eversiva - del significato della formulazione letterale del comma 3 quater, dell' articolo 7 D.L. numero 158/2012 convertito in L. numero 189/2012 . Secondo l'insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte, infatti, l'interpretazione giurisprudenziale non può che limitarsi a portare alla luce un significato precettivo un comando, un divieto, un permesso che è già interamente contenuto nel significante l'insieme delle parole che compongono una disposizione, il carapace linguistico della norma e che il giudice deve solo scoprire. L'attività interpretativa, quindi, non può superare i limiti di tolleranza ed elasticità dell'enunciato, ossia del significante testuale della disposizione che ha posto, previamente, il legislatore e dai cui plurimi significati possibili e non oltre muove necessariamente la dinamica dell'inveramento della norma nella concretezza dell'ordinamento ad opera della giurisprudenza così Cass. SSUU numero 24413 del 2021 , dove si aggiunge Proprio detti limiti, in definitiva, segnano la distinzione dei piani sui quali operano, rispettivamente, il legislatore e il giudice, cosicché il precedente giurisprudenziale, pur se proveniente dalla Corte della nomofilachia e, dunque, integrativo del parametro legale articolo 360 bis, numero 1, c.p.c. , non ha lo stesso livello di cogenza che esprime, per statuto, la fonte legale cfr. anche Corte cost., sent. numero 230 del 2012 , alla quale soltanto il giudice è soggetto articolo 101, secondo comma, Cost. . È in tal senso, pertanto, che la funzione assolta dalla giurisprudenza è di natura dichiarativa , giacché riferita ad una preesistente disposizione di legge, della quale è volta a riconoscere l'esistenza e l'effettiva portata, con esclusione di qualunque efficacia direttamente creativa . Esclusa, dunque, la possibilità di pervenire, tramite una interpretazione costituzionalmente orientata, al risultato ermeneutico di definire la condotta sanzionabile che non sia, secondo l'inequivocabile tenore letterale, la mera messa a disposizione della clientela delle apparecchiature di qualsiasi genere idonee al collegamento on-line anche a siti di gioco, pure nel caso di soggetto titolare di autorizzazione alla promozione del gioco con vincita di denaro, disposizione che suscita un dubbio di legittimità costituzionale, con riferimento al principio di ragionevolezza emergente dall' articolo 3 Cost. , con gli articolo 25,41,42 e 117, primo comma Cost. , in relazione all'articolo 1 Prot. addiz. CEDU , nella parte in cui esso non prevede, appunto, che la sanzione sia bilanciata con gli altri diritti in gioco, come il diritto di impresa ed il diritto alla privacy, sotto il profilo dell'effettiva sussistenza di un rapporto di connessione razionale e di proporzionalità tra il mezzo predisposto dal legislatore e il fine che lo stesso ha inteso perseguire, avuto riguardo alle rilevanti conseguenze sul piano della tutela dei diritti coinvolti per i principi di equivalenza, comparazione ed effettività . La disposizione in esame, infatti, discrimina gli esercenti di Internet point dai gestori di pubblici esercizi in genere, come ristoranti e bar, che possono mettere a disposizione dei clienti non solo il wi-fi, ma anche dispositivi per navigare sul web con richiesta di utilizzo di connettività Internet, e i criteri individuati dal legislatore al riguardo risultano meramente formali. La seconda disposizione della cui legittimità si dubita è dell' articolo 1, comma 923 della legge numero 208/2015 . La sanzione, infatti, non appare in alcun modo modulabile in relazione all'entità della violazione, da desumersi, ad esempio, dal numero delle apparecchiature messe a disposizione, dall'effettivo collegamento riscontratosi, ovvero dalla gradazione dell'elemento soggettivo dell'esercente in relazione al suo obbligo di vigilanza. Devono, pertanto, rimettersi alla Corte costituzionale le questioni di legittimità costituzionale, che si rilevano d'ufficio, dell' articolo 7, comma 3-quater, D.L. numero 158/2012 , convertito con modificazioni dalla legge numero 168/2012, e dell'articolo 1, comma 923 della legge 208/2015 , secondo cui in caso di violazione dell' articolo 7, comma 3-quater, del decreto-legge 13 settembre 2012, numero 158 , convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, numero 189 , il titolare dell'esercizio è punito con la sanzione amministrativa di Euro 20.000 la stessa sanzione si applica al proprietario dell'apparecchio , per le quali la Corte ritiene siano rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale per violazione dell' articolo 3 Cost. , in combinato disposto con gli articolo 25,41,42 e 117, primo comma Cost. in relazione all'articolo 1 Prot. addiz. CEDU , firmato a Parigi il 20 marzo 1952, e agli articolo 16 e 17 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea CDFUE , proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007. Il giudizio è sospeso per legge articolo 23, comma 2 legge numero 87 del 1953 . P.Q.M. La Corte, visti gli articolo 134 della Costituzion e e 23 della legge 11 marzo 195 3, numero 8 7, rimette alla Corte costituzionale, ritenendone la rilevanza e non manifesta infondata, nei termini di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell 'articolo 7, comma 3 quater del D.L. numero 158/201 2, convertito con modificazioni dalla legge numero 189/2012 e dell'articolo 1 , comma 923 della legge 208/201 5 in relazione all 'articolo 3 Cost ., con gli articolo 25 , 41 , 4 2 e 117, primo comma Cost ., e in relazione all'articolo 1 Prot. addiz. CED U, firmato a Parigi il 20 marzo 1952, e agli articolo 1 6 e 17 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europe a CDFUE , proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007. Dispone la sospensione del presente giudizio. Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti del giudizio di cassazione, al pubblico ministero presso questa Corte ed al Presidente del Consiglio dei ministri. Ordina, altresì, che l'ordinanza venga comunicata dal cancelliere ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Dispone l'immediata trasmissione degli atti, comprensivi della documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte notificazioni e comunicazioni, alla Corte costituzionale.