Idoneità all’attività lavorativa del minore

In tema di idoneità all’attività lavorativa del minorenne, è penalmente responsabile il genitore datore di lavoro in caso di mancata effettuazione della visita che ne accerti l’idoneità allo svolgimento delle mansioni alle quali è adibito, prevista dall’articolo 8, comma 1, l. 17 ottobre 1967, numero 977. Per il Tribunale di Potenza, infatti, la tutela del minore – in aderenza ai principi ispiratori del sistema di cui all’articolo 37 Cost. – si estende anche al lavoratore minorenne nei rapporti di lavoro c.d. “a dimensione familiare”. 

La vicenda Alla proprietaria di un bar-tabacchi veniva contestata la mancata effettuazione della visita pre-assuntiva del figlio minore ivi lavoratore prevista dall’articolo 8, comma 1, l. 17 ottobre 1967, numero 977, nonché l’averlo adibito alla somministrazione al minuto di bevande alcoliche.  Assolvendo con formula dubitativa l’imputata dal secondo capo contestatole, il Tribunale di Potenza, sezione penale, in composizione monocratica, ne affermava invece la penale responsabilità in riferimento alla mancata effettuazione della visita medica di accertamento dell’idoneità del minore all’impiego. Nonostante la specifica richiesta sul punto, la prevenuta non aveva difatti prodotto la certificazione di idoneità all'attività lavorativa del figlio.  La stessa veniva quindi condannata, previa concessione delle attenuanti generiche, alla pena dell’ammenda di euro 150, oltre al pagamento delle spese processuali. Pena sospesa.   L’articolo 8, comma 1, l. 17 ottobre 1967, numero 977 sancisce, infatti, che «i bambini nei casi di cui all'articolo 4, comma 2, e gli adolescenti, possono essere ammessi al lavoro purché siano riconosciuti idonei all'attività lavorativa cui saranno adibiti a seguito di visita medica», prevedendosi al successivo articolo 26 – come sostituito dall’articolo 1 d.lgs. 9 settembre 1994, numero 566 – la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda in caso di mancata ottemperanza alla suddetta previsione.  I motivi della statuizione Il Giudice monocratico del Tribunale di Potenza, nella parte motiva della pronuncia, preso atto della mancata produzione della certificazione attestante il compimento della visita medica pre-assuntiva del minore adibito all’attività lavorativa, ritiene configurati tanto gli elementi oggettivi quanto quelli soggettivi della fattispecie ex articolo 8, comma 1, l. 17 ottobre 1967, numero 977.  Si argomenta, sul punto, che nonostante l’articolo 42 d.l. 21 giugno 2013, numero 69 abbia eliminato l'obbligatorietà di numerose certificazioni sanitarie, permanga l’obbligatorietà della visita pre-assuntiva per tutti i lavoratori minorenni che intendono intraprendere un'attività lavorativa, pure a titolo di tirocinio o apprendistato. Diversa, invece, è l’ipotesi in cui ci si trovi al cospetto di lavorazioni c.d. a rischio, come ad esempio proprio quelle che presuppongono la somministrazione di sostanze alcoliche in tale eventualità rimane infatti fermo l'obbligo delle certificazioni sanitarie.  Il Tribunale rileva, ad ogni modo, che la tutela apprestata dal Legislatore a favore del lavoratore minore preveda non soltanto che l’idoneità psico fisica dello stesso debba essere in tal modo previamente accertata, ma che – ai sensi del 2° comma dello stesso articolo 8 – l’idoneità in questione debba inoltre essere verificata periodicamente fino al raggiungimento della maggiore età, mediante visite da effettuarsi a intervalli non superiori ad un anno.  Si soggiunge che la peculiare normativa concernente il lavoratore minore si applica anche ai lavoratori minorenni nei rapporti di lavoro c.d. a dimensione familiare, come è nel caso di specie ciò appare peraltro coerente con i principi informatori del sistema e, precipuamente, con l’articolo 37, comma 4, Cost., per cui «la Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione».  Il Tribunale nega, in conclusione, l’applicazione dell’invocata causa di non punibilità ex articolo 131-bis c.p. a favore della prevenuta, «resasi responsabile di fatti non valutabili in termini di particolare tenuità perché in violazione della tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti» osservando che trattasi di soggetto non incensurato e valorizzando, inoltre, la necessità di prevenire il pericolo di commissione di altri reati. 

Giudice Cirillo Motivi in fatto e diritto della decisione  Ritiene il Tribunale che risulta provata alla stregua delle risultanze in atti la responsabilità dell'odierna imputata in ordine al reato addebitatole al capo 2 di imputazione, sussistendone tutti gli elementi costitutivi oggettivi e soggettivi, imponendosi di converso una pronuncia assolutoria, seppure con formula dubitativa, con riguardo al reato ascrittole al capo 1 di imputazione perché il fatto non sussiste. Giova nel merito rilevare che gli elementi di prova utilizzabili da questo Giudice sono essenzialmente rappresentati dalle dichiarazioni rese in dibattimento dai testi di Polizia Giudiziaria Pi.Gi. e Lo.An., entrambi in servizio presso il Nucleo Mobile della Guardia di Finanza di Viggiano e autori della perlustrazione del 24 luglio 2021.  Completano il quadro probatorio il verbale di sopralluogo redatto il 24 luglio 2021 ai sensi dell'articolo 347 c.p.p.  acquisito con il consenso delle parti , nonché la documentazione anagrafica ed economica presente in atti.  possibilità di vendere anche siffatta tipologia di prodotti presente in prossimità del bancone .  In ogni caso, sia in quella sede che nei successivi controlli, nonostante la richiesta specifica sul punto, la Ia. non ha prodotto la certificazione di idoneità all'attività lavorativa del figlio De.Ga., espressamente prevista dalla normativa volta alla tutela del lavoro dei minori ai sensi dell'articolo 8 co. 1 l. 977/1967. Così riassunto il contenuto delle prove assunte nel corso dell'istruttoria, passando alla loro valutazione, va rilevato che questo Giudice considera il narrato dei testi pienamente attendibile nel suo contenuto intrinseco.  Non vi sono infatti contraddizioni logiche macroscopiche, incidenti su aspetti fattuali essenziali della vicenda e la ricostruzione dei fatti, risultata dal riscontro tra le varie deposizioni, appare sostanzialmente univoca.  Va anche detto che tale valutazione di attendibilità è confortata dalla provenienza delle dichiarazioni da soggetti che rivestono la qualifica di pubblico ufficiale nell'esercizio delle proprie funzioni, nonché dai riscontri documentali relativi alla documentazione anagrafica e societaria .  Così ricostruite e valutate le prove a sostegno dell'accusa, l'imputata non ha reso dichiarazioni utilizzabili nel presente procedimento. Né la Difesa ha prodotto prove a discarico, orali e documentali, idonee a sconfessare l'assunto accusatorio, finendo così per non ricostruire una versione alternativa dei fatti.  Dunque, le risultanze probatorie, da un lato, non hanno dimostrato con il grado di certezza richiesto in materia penale che l'imputata avesse adibito il figlio minore alla somministrazione al minuto di bevande alcoliche nell'esercizio commerciale relativo al bar-tabacchi Gran Cavaliere sito in Viggiano PZ . Ed invero, sul punto, entrambi i testi di Polizia Giudiziaria escussi in dibattimento, hanno confermato che De.Ga. non è stato visto nell'atto di somministrare bevande alcoliche ai clienti del punto vendita, non essendo sufficiente ai fini della condanna la mera - e non oltre che rigidi divieti in relazione a determinate lavorazioni - l'effettuazione di una visita medica che ne accerti l'idoneità alla specifica attività lavorativa cui sarà adibito. La normativa laburistica in materia prevede anche che l'idoneità alla mansione del minorenne debba essere accertata periodicamente fino alla maggiore età, mediante visite da effettuarsi a intervalli non superiori a un anno. Il giudizio di idoneità o di inidoneità al lavoro, inoltre, deve essere comunicato, oltre che al minore e al datore di lavoro, anche ai titolari della potestà genitoriale, che hanno facoltà di chiedere copia della documentazione sanitaria.  Sul punto, va anche detto che se l'articolo 42 d.l. 69/2013 ha eliminato l'obbligatorietà di numerose certificazioni sanitarie, la visita preassuntiva resta ancora obbligatoria per tutti i lavoratori minorenni che intendono intraprendere un'attività lavorativa anche a titolo di tirocinio o apprendistato e deve essere svolta secondo modalità precise allo scopo precipuo di valutare l'idoneità fisica e psicologica allo svolgimento delle mansioni cui il minore è adibito, rimanendo fermo l'obbligo delle certificazione sanitarie per le lavorazioni c.d. a rischio tra le quali possono farsi rientrare quelle, come nel caso di specie, che presuppongono il contatto e la somministrazione di sostanze alcoliche e superalcoliche .  Ebbene, non vi è dubbio che tale normativa, posta a tutela del lavoratore minorenne, in linea con i principi costituzionali che informano il sistema articolo 37 Cost. , si riferisca -come nel caso di specie - anche ai lavoratori minorenni nei rapporti di lavoro c.d. a dimensione familiare.  Risultano dunque integrati nel caso di specie tutti gli elementi costitutivi oggettivi e soggettivi della fattispecie prevista dall'articolo 8 1. 977/1967.  Non sussistono gli estremi per il riconoscimento della invocata causa di non punibilità ex articolo 131 bis c.p. in favore dell'imputata, resasi responsabile di fatti non valutabili in termini di particolare tenuità perché in violazione della tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti oltre che non incensurata, bensì gravata da un precedente penale per condannato ed alla prevenzione del pericolo di commissione di altri reati da parte dello stesso. Come emerge dal certificato del Casellario Giudiziale in atti, e come poc'anzi già evidenziato, infatti, nonostante le precedenti condanne, Ia.Ri. ha pervicacemente posto in essere altre condotte penalmente rilevanti in violazione delle normativa laburistica, peraltro a danno di minori, mostrando l'ostinata indifferenza dell'imputata ai continui richiami dell'autorità.  Alla condanna discende in ogni caso per legge, ai sensi dell'articolo 535 c.p.p., l'obbligo in capo all'imputato di pagare le spese processuali.  P.Q.M.  Letti gli articolo 533 - 535 c.p.p., dichiara Ia.Ri. responsabile del reato a lei ascritto al capo 2 di imputazione e, per l'effetto, concesse le circostanze attenuanti generiche, la condanna alla pena di euro 150,00 di ammenda, oltre al pagamento delle spese di giudizio. Pena sospesa.  Letto l'articolo 530 cpv. c.p.p., assolve Ia.Ri. dal reato a lei ascritto al capo 1 di imputazione perché il fatto non sussiste.  Letto l'articolo 544, co. 3 c.p.p. indica in giorni 90 il termine per il deposito della motivazione.