Tra il 1° gennaio 1941 e il 30 agosto 2015 la manutenzione e custodia dei locali a uso ufficio giudiziario spettavano ai Comuni e il trasferimento di competenze in favore del Ministero non ha modificato la titolarità delle posizioni di debito/credito sussistenti al momento del trasferimento. Pertanto, il Comune, con riferimento a un sinistro occorso nel 2002, oltre a essere proprietario dell’immobile, ne aveva la manutenzione e la custodia.
La Cassazione così conferma il principio di diritto che, sotto la vigenza della l. numero 392/1941, obbligava i Comuni alla manutenzione degli immobili adibiti a ufficio giudiziario. Il sinistro in Tribunale Un dipendente della società appaltatrice del servizio di pulizia del Tribunale di Catanzaro rimase vittima di un infortunio sul lavoro all'interno del palazzo di giustizia. Nei fatti, una finestra blindata, che l'uomo stava aprendo per fare arieggiare il locale, si scardinò dal telaio e gli cadde addosso, provocandogli gravi lesioni con postumi invalidanti, trattate con interventi chirurgici e cicli di fisioterapia. Il sinistro veniva portato a conoscenza del Consegnatario dell'Immobile in persona di un funzionario del Ministero della giustizia, che incaricava un'impresa della riparazione. Il Comune veniva notiziato del sinistro quattro anni dopo la sua verificazione, quando lo stato dei luoghi era stato modificato per effetto della riparazione. Quanto ai fatti, non è rimasto accertato se il malfunzionamento della finestra blindata fosse stato in precedenza segnalato, mentre è rimasto accertato che poche ore prima del sinistro, un agente di polizia penitenziaria si era reso conto del malfunzionamento della finestra e aveva affisso sulla stessa un cartello con la scritta “non aprire perché la finestra è rotta”, cartello che dall'istruttoria non è risultato se fosse ancora presente nel pomeriggio, quando si è verificato l'incidente. Comune condannato L'uomo conveniva in giudizio il Comune, proprietario dell'immobile, e il Ministero della Giustizia, titolare del diritto di uso, per sentirli condannare in solido al pagamento di € 250.000,00 quale risarcimento del danno biologico, esistenziale e patrimoniale conseguente alla riduzione della capacità lavorativa specifica. Il Tribunale dichiarava il difetto di legittimazione passiva del Ministero e condannava il Comune, responsabile dell'infortunio ex articolo 2051 c.c., al pagamento di € 75.876,46, oltre interessi legali, a titolo di risarcimento del danno biologico. Proponeva appello il Comune e il giudice territoriale, in parziale riforma della sentenza, condannava il Comune al pagamento in favore dell'uomo della minor somma di euro 30.191,66, oltre interessi. Manutenzione e custodia in capo al Comune La Cassazione rigetta il ricorso interposto dal Comune, rilevando che, per il periodo tra il 1° gennaio 1941 e il 30 agosto 2015, la manutenzione e custodia dei locali a uso ufficio giudiziario spettavano ai Comuni e che il trasferimento di competenze in favore del Ministero non ha modificato la titolarità delle posizioni di debito/credito sussistenti al momento del trasferimento. Pertanto, il Comune, alla data dell'accaduto 27 febbraio 2002 , oltre a essere proprietario dell'immobile, ne aveva la manutenzione e la custodia. È stata data continuità al principio di diritto Cass. numero 19606/2013 che, sotto la vigenza della legge numero 392/1941, l'obbligo di manutenzione degli immobili, adibiti a ufficio giudiziario, erano i Comuni. Rapporto tra proprietario e manutentore dei locali adibiti a uffici giudiziari e Ministero che li usa Ai fini dell'individuazione del responsabile dei danni provocati dalle parti di quei locali, il rapporto tra Comune e Ministero può essere assimilato a quello tra proprietario e conduttore. La ripartizione dei rispettivi oneri e obblighi in ordine alla gestione dell'immobile individua l'ambito della signoria di fatto sulla cosa custodita che, a sua volta, radica la responsabilità, senza colpa del custode, come acquisito nella giurisprudenza di legittimità, disciplinata dall'articolo 2051 c.c. Per la giurisprudenza Cass. numero 10983/2023 , il proprietario dell'immobile locato conserva la disponibilità giuridica e, quindi, la custodia, delle sole strutture murarie e degli impianti in esse conglobati, su cui il conduttore non ha il potere-dovere di intervenire, ed è pertanto responsabile, in via esclusiva, ai sensi degli articolo 2051 e 2053 c.c., dei danni arrecati a terzi da dette strutture e impianti riguardo alle altre parti e accessori del bene locato, rispetto alle quali il conduttore acquista detta disponibilità, la responsabilità verso i terzi, secondo le previsioni degli articoli 2051 e 1576 c.c., grava sul conduttore/detentore medesimo. Nel giudizio di merito non è rimasta accertata la ragione per la quale la finestra abbia potuto scardinarsi dal telaio per poi cadere addosso all'addetto delle pulizie, ma è rimasto accertato che le finestre blindate allocate nel piano seminterrato del Palazzo di giustizia costituivano parte strutturale dell'immobile. Secondo giurisprudenza avrebbe dovuto essere il custode il Comune , proprietario del bene e quindi delle sue parti che si integrano nella sua struttura infissi a provare che l'evento era dovuto a caso fortuito. Nel giudizio di merito è risultato accertato che il Ministero era titolare di un diritto di uso sull'immobile e che quest'ultimo era stato consegnato al Ministero nella persona del funzionario, ma non è risultato accertato se in forza dell'atto costitutivo del diritto di uso facessero capo al Ministero consegnatario specifici obblighi di manutenzione. Comune tenuto alla manutenzione Il Comune è stato correttamente individuato da ambedue i giudici di merito come responsabile ex articolo 2051 c.c., rispetto alla domanda risarcitoria in quanto proprietario dell'immobile, in quanto soggetto tenuto alla manutenzione dello stesso in base alla normativa all'epoca vigente, in considerazione del fatto che la finestra blindata era parte strutturale dell'immobile e, secondo consolidata giurisprudenza, la manutenzione delle parti strutturali, essendo di straordinaria amministrazione, incombe sul proprietario. Solidarietà passiva È stato ribadito che «la solidarietà passiva nel rapporto obbligatorio è prevista dal legislatore nell'interesse del creditore e serve a rafforzare il diritto di quest'ultimo, consentendogli di ottenere l'adempimento dell'intera obbligazione da uno qualsiasi dei condebitori, mentre non ha alcuna influenza nei rapporti interni tra condebitori solidali, fra i quali l'obbligazione si divide secondo quanto risulta dal titolo o, in mancanza, in parti uguali» Cass. numero 7910/2024 , pertanto «l'impugnazione da parte di uno dei condannati, volta a sostenere la responsabilità anche di altro dei potenziali responsabili o una diversa misura della colpa tra i convenuti già condannati, presuppone il tempestivo e rituale dispiegamento davanti al giudice del merito della domanda di rivalsa nei confronti di costoro, non venendo meno, proprio in forza dell'articolo 2055 c.c., la sua responsabilità per l'intero nei confronti del danneggiato sicché, in difetto di tale domanda, la condanna non aggrava la sua posizione di debitore dell'intero, né pregiudica in alcun modo il suo eventuale diritto di rivalsa, non essendo stato dedotto in giudizio il rapporto interno che lo lega all'altro debitore e, se domanda di rivalsa non vi è stata da parte di uno dei convenuti nei confronti degli altri indicati come corresponsabili e riconosciuti tali, allora i primi non hanno titolo per dolersi della sorte della domanda contro gli altri». Regresso Nella specie, in considerazione della mancata proposizione di domande di regresso da parte del Comune verso il Ministero, è irrilevante l'eventuale concorso colposo di quest'ultimo, come resta irrilevante che il Ministero abbia potuto qualificarsi come titolare di una signoria di fatto sulla cosa custodita concorrente con quella del proprietario. Pertanto, secondo il Collegio romano, va mantenuto fermo il principio per cui il titolare del potere di intervento sul bene custodito Comune resta responsabile direttamente e interamente verso il danneggiato, ma detto titolare potrebbe invocare una rivalsa verso chi Ministero non lo ha messo in condizioni di esercitare la sua signoria di fatto per evitare il pericolo e il danno, ovvero abbia potuto concorrere, coi suoi poteri di fatto sulla cosa custodita, a dar luogo alle condizioni di questa idonee a cagionare il danno.
Presidente De Stefano – Relatore Giannitti Fatti di causa 1. In data 27.2.2002, alle ore 15.30 circa, Ce.Anumero , dipendente della società Amministrazione Catanzaro Servizi Spa, appaltatrice del servizio di pulizia del Tribunale di Catanzaro, rimase vittima di un infortunio sul lavoro all'interno del palazzo di giustizia una finestra blindata del piano seminterrato dove si solito stazionano i detenuti in attesa di processo , che il Ce.Anumero stava aprendo per fare arieggiare il locale, si scardinò dal telaio e cadde violentemente addosso all'addetto delle pulizie, facendolo rovinare a terra e provocandogli gravi lesioni alla gamba destra con postumi invalidanti frattura del collo del femore complicata dalla successiva necrosi della testa femorale , trattate con interventi chirurgici e cicli di fisioterapia. Nell'immediatezza, il sinistro veniva portato a conoscenza non del Comune, che rimaneva ignaro , ma del Consegnatario dell'Immobile tale dott. Severino, funzionario del Ministero della giustizia , che avvertiva l'impresa, incaricata della riparazione. Il Comune veniva notiziato del sinistro soltanto quattro anni dopo la sua verificazione quando lo stato dei luoghi era stato modificato per effetto dell'intervento della impresa di riparazione . Parimenti non è rimasto accertato se il malfunzionamento della finestra blindata fosse stato in precedenza segnalato dal Consegnatario, da personale della ditta incaricata delle pulizie o da altri . È rimasto invece accertato che, proprio la mattina del giorno del sinistro, un agente di polizia penitenziaria, trovandosi nel piano seminterrato, si era reso conto del malfunzionamento della finestra blindata ed aveva affisso sulla finestra un cartello con la scritta non aprire perché la finestra è rotta , cartello che dall'espletata istruttoria non è risultato se fosse ancora presente nel pomeriggio, allorquando si è verificato l'incidente. 2. Nel 2007 il Ce.Anumero conveniva in giudizio il Comune di Catanzaro, quale proprietario dell'immobile, nonché il Ministero della Giustizia, quale titolare del diritto di uso dello stesso, per sentirli condannare in solido al pagamento della somma di Euro 250.000,00 a titolo di risarcimento del danno biologico, del danno esistenziale e del danno patrimoniale conseguente alla riduzione della capacità lavorativa specifica. Entrambe le parti convenute si costituivano in giudizio, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva e contestando nel merito l'esistenza dei presupposti per affermare la loro responsabilità ai sensi dell'articolo 2043 cod. civ. La causa veniva istruita mediante acquisizione della documentazione prodotta dalle parti, prova per testi, consulenza medico legale, nonché mediante acquisizione di informazioni dall'Inail - Sede di Catanzaro. Il Tribunale di Catanzaro, con sentenza numero 1036/2017 - dichiarava il difetto di legittimazione passiva del Ministero della Giustizia, compensando le spese di lite tra l'attore e questo - condannava il Comune di Catanzaro, responsabile dell'infortunio ex articolo 2051 cod. civ. , al pagamento in favore del Ce.Anumero della somma di Euro 75.876,46 rivalutata all'attualità e al netto dell'importo di Euro 40.357,54 liquidato dall'Inail , oltre interessi legali sulla somma devalutata alla data del sinistro fino al soddisfo, a titolo di risarcimento del danno biologico temporaneo e permanente nonché al pagamento delle spese di lite e di CTU. 3. Avverso la sentenza del giudice di primo grado proponeva appello il Comune di Catanzaro articolando due motivi. Con il primo censurava la sentenza nella parte in cui non aveva attribuito la responsabilità esclusiva dell'infortunio al Ministero della Giustizia, quale custode dell'immobile di proprietà comunale e, in via subordinata, nella parte in cui non aveva valutato ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 1227 cod. civ. il comportamento colposo dello stesso danneggiato. Con il secondo motivo contestava l'entità della somma liquidata al danneggiato e, in particolare, oltre a contestare la percentuale d'invalidità permanente riconosciuta dal CTU e dal giudice, pari al 25%, sosteneva che il danno biologico subito dal Ce.Anumero era stato integralmente risarcito dall'Inail e che, in ogni caso, il giudice avrebbe dovuto scorporare dal danno l'importo di Euro 86.000,00 versato dall'Inail e non la minor somma di Euro 40.357,54 . Il Ministero della Giustizia, costituendosi in giudizio, chiedeva il rigetto del primo motivo di gravame e, in via subordinata, aderiva al secondo motivo di gravame dell'appellante principale relativo al quantum. La Corte di appello di Catanzaro, con sentenza numero 317/2021, in parziale riforma della sentenza di primo grado - condannava il Comune di Catanzaro al pagamento in favore del Ce.Anumero della minor somma di Euro 30.191,66, oltre interessi legali come in motivazione - confermava nel resto la impugnata sentenza - provvedeva sulla regolamentazione delle spese processuali. 4. Avverso la sentenza della corte territoriale ha proposto ricorso il Comune di Catanzaro. Ha resistito con controricorso il Ce.Anumero . Per l'adunanza camerale dello scorso 21 dicembre 2023 il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte, mentre il Difensore del Comune ricorrente ed il Difensore del Ce.Anumero hanno depositato memorie a sostegno dei rispettivi assunti. La Corte, ad esito della camera di consiglio, ha rinviato il ricorso a nuovo ruolo in pubblica udienza, disponendo a carico del Comune di Catanzaro ricorrente di procedere al rinnovo della notifica del ricorso al Ministero della giustizia, in persona del Ministro pro tempore, quale rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato con sede in Roma. Ricevuta la notifica del ricorso per cassazione, il Ministero intimato ha ad esso resistito con controricorso a mezzo dell'Avvocatura Generale dello Stato. Per l'odierna udienza pubblica il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso ed il Difensore del Comune resistente ha depositato memoria a sostegno della richiesta di cassazione della sentenza impugnata. Ragioni della decisione 1. Preliminarmente va dichiarata l'inammissibilità del controricorso proposto dall'Avvocatura generale dello Stato nell'interesse del Ministero della giustizia. Al riguardo, occorre osservare che, ai sensi dell'articolo 35 comma quinto del D.Lgs. numero 149/2022, a decorrere dal 1 gennaio 2023, per i giudizi introdotti con ricorso notificato a decorrere da tale data, si applica l'articolo 370, come modificato dall'articolo 3 comma ventisettesimo dello stesso decreto legislativo, in base al quale La parte contro la quale il ricorso è diretto, se intende contraddire, deve farlo mediante controricorso da depositare entro quaranta giorni dalla notificazione del ricorso . In sintesi, il D.Lgs. numero 149/2022, modificando l'articolo 370 c.p.c. , ha eliminato l'obbligo della notificazione del controricorso che, per i procedimenti introdotti con ricorso notificato dal 1 gennaio 2023, deve essere depositato - esclusivamente con modalità telematiche - entro il termine di quaranta giorni dalla notifica del ricorso. Ne consegue che l'atto ed i documenti digitali dovranno essere inseriti nel fascicolo informatico, così da poter essere visibili alle controparti, senza che sia necessario il deposito presso la Cancelleria della Corte. La finalità della modifica è l'adeguamento del giudizio di cassazione alla normativa in tema di deposito obbligatorio degli atti e dei documenti di parte ed alla conseguente telematizzazione del processo civile, anche di cassazione. Orbene, nel caso di specie, il giudizio di legittimità è stato introdotto dal Comune di Catanzaro con ricorso notificato ritualmente al Ce.Anumero ed irritualmente al Ministero della giustizia per il tramite dell'Avvocatura distrettuale dello Stato di Catanzaro in data anteriore al 1 gennaio 2023, con la conseguenza che trova applicazione ratione temporis la precedente normativa, in base alla quale La parte contro la quale il ricorso è diretto, se intende contraddire, deve farlo mediante controricorso da notificarsi al ricorrente nel domicilio eletto entro venti giorni dalla scadenza del termine stabilito per il deposito del ricorso. In mancanza di tale notificazione, essa non può presentare memorie, ma soltanto partecipare alla discussione orale . Ne consegue che il controricorso, depositato dall'Avvocatura generale dello Stato nell'interesse del Ministero della giustizia, poiché non risulta essere stato notificato ad alcuno, deve essere dichiarato inammissibile Cass. numero 822/1968 , conseguendo la sanzione dell'improcedibilità solo per l'eventuale impugnazione incidentale che con quell'atto fosse proposta caso che nella specie non ricorre . In senso contrario non vale osservare che il Comune di Catanzaro ha provveduto al rinnovo della notifica del ricorso al Ministero della giustizia successivamente al 1 gennaio 2023, in quanto a detta data il giudizio di legittimità, da considerarsi in modo necessariamente unitario per tutte le parti e non potendo ammettersi una diversificazione del regime processuale in relazione a ciascuna di queste se non anche per l'effetto retroattivamente sanante della successiva rinnovazione della prima, irrituale, notifica , si era comunque già ritualmente incardinato e tanto in applicazione del seguente principio di diritto il previgente testo dell'articolo 370 cod. proc. civ. , nella parte in cui dispone che il controricorso si propone mediante sua notificazione alle controparti e solo successivo suo deposito, continua ad applicarsi ai giudizi di legittimità intrapresi con ricorso già notificato ad almeno una delle parti in data anteriore al 1 gennaio 2023 . Donde, si ribadisce, l'inammissibilità del controricorso. Tanto, peraltro, non inficia la possibilità, per il controricorrente, di partecipare alla discussione orale invero, la procura speciale conferita dalla parte intimata con un controricorso inammissibile resta valida come atto di costituzione, che consente al difensore della stessa non di produrre documenti nuovi Cass. numero 3054/1978, ma di partecipare alla discussione orale della causa Cass. numero 13183/2013 numero 11619/2010 numero 4683/1981 , diversamente da quanto si verifica nel rito camerale, nel quale la mancata rituale costituzione con notifica -finché imposta dal testo vigente ratione temporis dell'articolo 370 cod. proc. civ. - e deposito del controricorso impedisce ogni attività successiva, tra cui il deposito delle memorie Cass. , numero 17030/2021 numero 34791/2021 Cass. numero 23921/2020 . 2. Ciò posto, prima di procedere all'illustrazione ed alla disamina dei motivi di ricorso, appare opportuno preliminarmente ripercorrere le statuizioni contenute nelle sentenze di merito in relazione alla esclusiva legittimazione passiva del Comune. 2.1. Il Tribunale di Catanzaro, quale giudice di primo grado, ha così motivato per escludere la legittimazione passiva del Ministero Dall'esame degli atti e dalla narrazione dei fatti sono emersi elementi tali da poter ascrivere la responsabilità del sinistro al convenuto Ente, il quale è tenuto alla manutenzione ordinaria della zona interessata, evitando situazioni di insidia per gli utenti Deve conseguentemente essere riconosciuta la responsabilità dell'Amministrazione comunale di Catanzaro per come risulta dalla documentazione in atti, unico legittimato passivo, curando la manutenzione dell'immobile e titolare del potere di gestione dei locali del Palazzo di Giustizia di Catanzaro dove si è verificato il sinistro per cui è causa. Merita accoglimento l'eccezione sollevata dal convenuto Ministero di difetto di legittimazione passiva . D'altra parte, la corte territoriale, respingendo i motivi di appello proposti dal Comune, ha così argomentato Ora, in disparte la considerazione che il proprietario di un immobile risponde ex art 2051 cc dei danni derivanti da vizi strutturali dell'immobile e delle sue pertinenze, categoria nella quale rientrano certamente le finestre blindate allocate nel piano seminterrato del palazzo di giustizia, vi è da rilevare che secondo la legge vigente all'epoca dei fatti articolo 1,2,3 L. 392/1941 superata successivamente dalla legge di stabilità 2015 - L. 190/2014 il Comune, quale ente proprietario dell'immobile era tenuto alla manutenzione e alla gestione dell'immobile, ragione per la quale solo il Comune e non il Ministero titolare di un mero diritto d'uso aveva l'obbligo di esercitare con la dovuta diligenza i doverosi controlli e gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria necessari per tenere in sicurezza l'immobile onde evitare danni a terzi. In tale senso si è espressa la Suprema Corte nella sentenza numero 19606/2013 invocata dalla difesa erariale non smentita da arresti di segno contrario. In detta sentenza i giudici di legittimità hanno affermato, in un caso analogo, la legittimazione passiva dell'Ente comunale ponendo l'accento sul dovere di manutenzione e su quello di pulizia degli uffici giudiziari posti a suo carico dalla legge allora vigente, la cui violazione comporta la responsabilità dell'ente medesimo ex art 205l cc. Né il Comune per sostenere il contrario può validamente incentrare l'attenzione sul fatto che il palazzo di giustizia fosse stato consegnato ad un funzionario del Ministero della Giustizia, e che nessuna segnalazione fosse pervenuta se non a distanza di quattro anni dall'infortunio, poiché la consegna dell'immobile al Ministero della Giustizia per adibirlo a sede di Tribunale non ha affatto comportato il trasferimento del potere di custodia dell'immobile il quale è rimasto, invece, in capo al Comune tenuto per legge all'epoca dei fatti alla sua manutenzione non solo straordinaria ma, ciò che più conta, anche ordinaria. Va da sé, allora, che il malfunzionamento della finestra blindata dell'immobile che sta all'origine dell'infortunio subito dall'addetto alle pulizie non può che essere imputato al comune, indipendentemente dall'omessa segnalazione dell'anomalia, e tanto in ragione degli autonomi poteri di sorveglianza e controllo dell'immobile che, all'evidenza, il Comune non ha esercitato in tempo utile e con la dovuta assiduità . 3. Orbene, il Comune di Catanzaro articola in ricorso sei motivi. 3.1. Con il primo motivo il comune ricorrente denuncia Error iuris in iudicando violazione degli articolo 1,2,3, Legge 24 aprile 1941 numero 392 - Trasferimento ai Comuni del servizio dei locali e dei mobili degli Uffici giudiziari - anche in relazione all'articolo 113 c.p.c. - violazione della disciplina concernente gli oneri in capo al Comune in cui risiede l'ufficio giudiziario vizio dedotto in relazione all'articolo 360, numero 3, c.p.c. pagg. 10-12 del ricorso . Con tale motivo l'Amministrazione ricorrente censura la sentenza impugnata per erronea applicazione e conseguente violazione della disciplina imperativa vigente, in materia di oneri posti a carico del Comune in virtù della normativa testé richiamata . Si duole che la corte territoriale abbia ritenuto di risolvere la questione della legittimazione passiva e della competenza, ponendola a carico del Comune di Catanzaro, poiché, a suo dire, secondo la legge vigente all'epoca dei fatti articolo 1,2,3 L. 392/1941, superati successivamente dalla L. 190/2014, c.d. legge di stabilità 2015 quale ente proprietario dell'immobile era tenuto alla manutenzione e alla gestione dell'immobile, ragione per la quale solo il Comune e non il Ministero titolare di un mero diritto d'uso aveva l'obbligo di esercitare con la dovuta diligenza i doverosi controlli e gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria necessari per tenere in sicurezza l'immobile onde evitare danni a terzi. Sostiene che il combinato disposto di cui agli articolo 1,2 e 3 della legge numero 392/1941, vigente all'epoca dei fatti, poneva in capo all'ente proprietario dell'immobile non la manutenzione, ma soltanto l'accollo delle spese. 3.2. Con il secondo motivo il comune ricorrente denuncia Error iuris in iudicando Violazione e/o falsa applicazione dell'art 2051 C.C. anche in relazione all'art 1576 C.C. e 113 cpc violazione della disciplina relativa al riparto degli oneri manutentivi tra proprietario e detentore che ha la custodia del bene - vizio dedotto in relazione all'art 360 cpc, numero 3 pagg 12-15 del ricorso . Con tale motivo l'amministrazione intende censurare la sentenza nella parte in cui, in violazione dell'art 2051 c.c. e 1576 c.c. , ha ritenuto il Comune responsabile per mancata manutenzione dell'infisso, ritenuto parte strutturale dell'immobile . Si duole che la corte territoriale, incorrendo nel vizio denunciato, non ha considerato che il rapporto tra il Comune e l'immobile adibito a Tribunale sostanzialmente è sovrapponibile al rapporto che si instaura tra il proprietario di qualsiasi immobile e colui che ne è detentore qualificato perché locatario o consegnatario . 3.3. Con il terzo motivo il comune ricorrente denuncia Error iuris in iudicando Violazione dell'art 2051 C.C. in relazione all'art 113 cpc violazione della disciplina relativa alla responsabilità del danno cagionato dalle cose di cui si ha la custodia vizio dedotto in relazione all'art 360 cpc numero 3 pagg 15-17 del ricorso . Con tale motivo si intende censurare la sentenza perché in aperta violazione delle norme sulla responsabilità di cui all'art 2051 c.c. ha dichiarato la responsabilità dell'Ente che non aveva la custodia del bene . 3.4. Con il quarto motivo il comune ricorrente denuncia Error iuris in iudicando Violazione dell'art 2051 C.C. e 2043 C.C. in relazione all'articolo 113 cpc violazione della disciplina relativa all'esonero di responsabilità per la sussistenza del caso fortuito ed all'assenza di dolo e colpa -vizio dedotto in relazione all'art 360 cpc numero 3 pagg 17-18 del ricorso . Con tale motivo si censura la sentenza perché in aperta violazione delle norme sulla responsabilità di cui all'art 2051 c.c. e 2053 c.c. non ha applicato l'esimente del caso fortuito per responsabilità del danneggiato . Sostiene che la corte non avrebbe potuto ritenere il Comune responsabile neppure ai sensi dell'articolo 2043 cod. civ. , in quanto nel giudizio di merito non era stato accertato nessun fatto colposo o doloso imputabile al Comune, mentre era rimasto non contestato che sulla finestra fosse apposto un cartello che segnalava la rottura e quindi il pericolo. Rispetto a tale dato che la corte ha ritenuto inverosimile , la decisione di avvicinarsi e di aprire la finestra ha comportato l'accettazione del rischio da parte del Ce.Anumero , che, con la sua condotta, ha eliso il nesso causale tra la cosa e l'evento. Rileva che proprio in virtù del fatto che l'infortunato e lo stesso Tribunale avevano ritenuto responsabile esclusivamente il Ministero, nell'immediatezza dei fatti non era stata neppure data comunicazione al Comune. 3.5. Con il quinto motivo il comune ricorrente denuncia Error iuris in iudicando violazione dell'art 13 legge 38/2000. Mancata capitalizzazione della rendita - vizio dedotto in relazione all'art 360 cpc numero 3 pagg.19 del ricorso . Con tale motivo si censura il mancato calcolo della rendita Inail ai fini della decurtazione dell'eventuale danno risarcibile . Sottolinea che il denunciato articolo 13 definisce il danno biologico come lesione all'integrità psicofisica, con la conseguenza che lo stesso di fatto sarebbe da ritenersi interamente coperto dall'indennizzo INAIL e dalla rendita costituita. Sottolinea altresì che nulla era dovuto neppure a titolo di danno differenziale, per il quale si deve tenere conto non solo delle indennità corrisposte superiori ad Euro 86.000,00 , ma anche della incontestata rendita vitalizia capitalizzata. 3.6. Con il sesto motivo il comune ricorrente denuncia Nullità della sentenza per omessa valutazione di un fatto decisivo e non controverso - Vizio dedotto in relazione all'articolo 360 cpc numero 4 pagg 1922 del ricorso . Con tale motivo il Comune intende censurare la sentenza per non aver considerato che sull'infisso era apposto un cartello di pericolo circostanza non smentita dalle controparti e per non aver considerato che l'ente fosse venuto a conoscenza del fatto dopo quattro anni . Sottolinea che le suddette circostanze sono pacifiche alla luce della documentazione acquisita in particolare comunicazione dell'allora Presidente del Tribunale e relativi allegati, tra i quali la relazione di servizio del teste Anumero Pa. nonché richiesta 3 febbraio 2006 a firma dell'avv. Gareri , mentre nessuno dei testi escussi aveva riferito di essere stato presente al fatto. In sostanza, si duole che la corte territoriale ha erroneamente valutato le risultanze istruttorie. 4. In disparte ogni considerazione in ordine alla completezza della documentazione relativa alla notifica della sentenza impugnata mancando agli atti la ricevuta di consegna relativa alla notifica, avvenuta a mezzo di posta elettronica certificata , il ricorso non è fondato. 5. Non fondati sono i primi tre motivi, che, in quanto sottendono tutti la questione della individuazione del soggetto legittimato passivo rispetto alla domanda risarcitoria svolta dal Ce.Anumero , sono qui trattati congiuntamente. 5.1. Fermo restando che nel giudizio di merito è risultato pacifico che l'immobile, adibito a Palazzo di Giustizia, è di proprietà del Comune di Catanzaro, circostanza questa che già di per sé indica in detto Comune il custode del bene ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2051 c.c. , occorre qui ripercorrere il quadro normativo di riferimento. Ai sensi dell'articolo 1 comma 1 L. 392/41 Sono obbligatorie per i Comuni 1 le spese necessarie per il primo stabilimento delle corti e sezioni di corti di appello e relative procure generali, delle corti di assise, dei tribunali e relative regie procure, e delle preture e sedi distaccate di pretura 2 le spese necessarie per i locali ad uso degli uffici giudiziari, e per le pigioni, riparazioni, manutenzione, illuminazione, riscaldamento e custodia dei locali medesimi per le provviste di acqua, il servizio telefonico, la fornitura e le riparazioni dei mobili e degli impianti per i detti Uffici nonché per le sedi distaccate di Pretura, anche le spese per i registri e gli oggetti di cancelleria 3 le spese per la pulizia dei locali innanzi indicati, esclusa quella nell'interno delle stanze adibite agli uffici . Ai sensi dell'articolo 2 commi 1 e 2 della citata legge Le spese indicate nell'articolo 1, sono a carico esclusivo dei Comuni nei quali hanno sede gli Uffici giudiziari, senza alcun concorso nelle stesse da parte degli altri Comuni componenti la circoscrizione giudiziaria. Ai detti Comuni sedi di Uffici giudiziari, sarà corrisposto invece dallo Stato, a decorrere dal 1 gennaio 1941, un contributo annuo alle spese medesime nella misura stabilita nella tabella allegata alla presente legge . L'articolo 3, infine, riguarda gli immobili demaniali utilizzati per uffici giudiziari nei quali non rientra il Tribunale di Catanzaro statuendo che la manutenzione ordinaria e le piccole riparazioni per i locali demaniali destinati ad uso di uffici giudiziari sono a carico dei comuni sedi degli uffici stessi . Occorre aggiungere che a secondo l'articolo 8, comma 4, del D.Lgs. numero 155/2012, Le spese di gestione e manutenzione degli immobili sono a carico del Comune ove i medesimi si trovano in base alle disposizioni della legge 24 aprile 1941 numero 392 e che b , ai sensi della L. numero 190/2014 articolo 1, commi 526 e 527 in vigore ratione temporis dal 1.1.2015 A decorrere dal 1 settembre 2015 le spese obbligatorie di cui al primo comma di cui all'articolo 1 della L. 392/41 sono trasferite dai comuni al Ministero della giustizia e non sono dovuti ai comuni canoni in caso di locazione o comunque utilizzo di immobili di proprietà comunale, destinati a sedi di uffici giudiziari. Il trasferimento delle spese obbligatorie non scioglie i rapporti in corso e di cui è parte il comune per le spese obbligatorie di cui al primo comma, né modifica la titolarità delle posizioni di debito e di credito sussistenti al momento del trasferimento stesso. Il Ministero della giustizia subentra nei rapporti di cui al periodo precedente, fatta salva la facoltà di recesso. Anche successivamente al 1 settembre 2015 i locali demaniali adibiti ad uso di uffici giudiziari continuano a conservare tale destinazione . Dal suesposto quadro normativo si evince che, per il periodo compreso tra il 1 gennaio 1941 e il 30 agosto 2015, la manutenzione e custodia dei locali ad uso ufficio giudiziario spettavano ai comuni e che il trasferimento di competenze in favore del Ministero della Giustizia, non ha modificato la titolarità delle posizioni di debito/credito sussistenti al momento del trasferimento stesso. Ne consegue che il Comune di Catanzaro, alla data dell'accaduto 27 febbraio 2002 , oltre ad essere proprietario dell'immobile, aveva la manutenzione e la custodia dell'immobile, che era adibito ad ufficio giudiziario e presso il quale si è verificato l'infortunio al Ce.Anumero . Va dunque data continuità al principio di diritto affermato da Cass. numero 19606/2013 con riferimento ad una caduta verificatasi all'interno di un ufficio giudiziario, a causa della presenza sul pavimento i residui alimentari, e in particolare di grasso, che non erano stati rimossi da chi aveva l'obbligo di farlo tempestivamente che, in relazione a detta fascia temporale e, dunque, vigente la legge numero 392/1941, l'obbligo di manutenzione degli immobili, adibiti ad ufficio giudiziario, erano i Comuni. 5.2. Il rapporto tra Comune proprietario e manutentore dei locali adibiti ad uffici giudiziari e Ministero che li usa può, ai limitati fini dell'individuazione del soggetto responsabile dei danni provocati dalle parti di quei locali, essere assimilato - o, se non altro, trattato in modo analogo - al rapporto tra proprietario e conduttore. Infatti, anche nel primo la ripartizione, sia pure in forza di disposizioni normative, dei rispettivi oneri ed obblighi in ordine alla gestione dell'immobile individua, di conseguenza, l'ambito della signoria di fatto sulla cosa custodita, che, a sua volta, radica la responsabilità - senza colpa del custode, come ormai definitivamente acquisito nella giurisprudenza di legittimità - disciplinata dall'articolo 2051 cod. civ. A questo riguardo, occorre rilevare che, secondo consolidata giurisprudenza di legittimità cfr. , tra le tante, Cass. numero 10983/2023 numero 7526/2018 numero 24737/2007 numero 8195/1995 numero 6896/1991 numero 2178/1978 numero 2359/1973 , il proprietario dell'immobile locato - conserva la disponibilità giuridica e, quindi, la custodia, delle sole strutture murarie e degli impianti in esse conglobati come cornicioni, tetti, tubature idriche, impianti idraulico, elettrico, di riscaldamento e simili , su cui il conduttore non ha il potere-dovere di intervenire, ed è pertanto responsabile, in via esclusiva, ai sensi degli articolo 2051 e 2053 cod. civ. , dei danni arrecati a terzi da dette strutture ed impianti salvo eventuale rivalsa, nel rapporto interno, contro il conduttore che abbia omesso di avvertire della situazione di pericolo - con riguardo invece alle altre parti ed accessori del bene locato, rispetto alle quali il conduttore acquista detta disponibilità con facoltà ed obbligo di intervenire onde evitare pregiudizio ad altri, come ad esempio le finestre non funzionanti per l'usura , la responsabilità verso i terzi, secondo le previsioni del citato articolo 2051 e 1576 cod. civ. , grava sul conduttore/detentore medesimo. Occorre, dunque, trasporre tali pacifici approdi alla fattispecie. Orbene, nel giudizio di merito non è rimasta accertata la ragione per la quale la finestra abbia potuto scardinarsi dal telaio per poi cadere violentemente addosso all'addetto delle pulizie ma è rimasto accertato - con statuizione che non ha formato oggetto di impugnativa e sulla quale pertanto si è formato il giudicato - che le finestre blindate allocate nel piano seminterrato tra le quali, quella che è stata all'origine dell'infortunio per cui è ricorso del Palazzo di giustizia, che ospitava all'epoca dei fatti il Palazzo di Catanzaro, costituivano parte strutturale dell'immobile. E, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, avrebbe dovuto pur sempre essere il custode il Comune di Catanzaro, per quanto detto , proprietario del bene e quindi delle sue parti che si integrano nella sua struttura come gli infissi a provare che l'evento era dovuto a caso fortuito. D'altra parte, nel giudizio di merito è risultato accertato che il Ministero della giustizia era titolare di un diritto di uso sull'immobile e che quest'ultimo era stato consegnato al Ministero nella persona del Severino, ma non è risultato accertato se in forza dell'atto costitutivo del diritto di uso facessero capo al Ministero consegnatario specifici obblighi di manutenzione. 5.3. In definitiva, nella cornice di quanto accertato in punto di fatto, in punto di diritto il Comune di Catanzaro è stato correttamente individuato da entrambi i giudici di merito quale soggetto responsabile ex articolo 2051 cod. civ. , rispetto alla domanda risarcitoria del Ce.Anumero a sia in quanto proprietario dell'immobile, b sia in quanto soggetto tenuto alla manutenzione dello stesso in base alla normativa all'epoca vigente, c sia in considerazione del fatto che la finestra blindata, per cui è ricorso, era parte strutturale dell'immobile e, secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, la manutenzione delle parti strutturali, essendo di straordinaria amministrazione, incombe sul soggetto proprietario. 5.4. In disparte la circostanza che sul punto non è stata formulata in ricorso alcuna censura, non rileva comunque nella presente sede di legittimità affermare che il Ministero della giustizia si trovava nella disponibilità materiale dell'immobile, tanto è vero che aveva nominato un suo dipendente quale Consegnatario, con la conseguenza che la signoria di fatto sul bene sarebbe stata almeno condivisa dal Comune di Catanzaro e dal Ministero della giustizia. Vero che, in correlazione ai poteri conservati anche contrattualmente o per altra previsione cogente tra le parti sulla cosa custodita, è - come sopra ricordato - configurabile il riparto di responsabilità tra titolare del diritto dominicale e titolare del diritto di godimento del bene immobile. E che detto riparto come, ad es. avviene tra proprietario e locatario e tra committente e appaltatrice, ben può avvenire anche tra il titolare del diritto di proprietà ed il titolare del diritto di uso sulla cosa. Ma è anche vero che, nel solco di quanto più volte affermato da questa Corte cfr. Cass. numero 7910/2024, numero 25168/2018, numero 21595/2017 anche a Sezioni Unite cfr. sent. numero 15279/2017 , va qui ribadito che la solidarietà passiva nel rapporto obbligatorio è prevista dal legislatore nell'interesse del creditore e serve a rafforzare il diritto di quest'ultimo, consentendogli di ottenere l'adempimento dell'intera obbligazione da uno qualsiasi dei condebitori, mentre non ha alcuna influenza nei rapporti interni tra condebitori solidali, fra i quali l'obbligazione si divide secondo quanto risulta dal titolo o, in mancanza, in parti uguali , con la conseguenza che l'impugnazione da parte di uno dei condannati, volta a sostenere la responsabilità anche di altro dei potenziali responsabili o una diversa misura della colpa tra i convenuti già condannati, presuppone il tempestivo e rituale dispiegamento davanti al giudice del merito della domanda di rivalsa nei confronti di costoro, non venendo meno, proprio in forza dell'articolo 2055 cod. civ. , la sua responsabilità per l'intero nei confronti del danneggiato sicché, in difetto di tale domanda, la condanna non aggrava la sua posizione di debitore dell'intero, né pregiudica in alcun modo il suo eventuale diritto di rivalsa, non essendo stato dedotto in giudizio il rapporto interno che lo lega all'altro debitore e, se domanda di rivalsa - in senso tecnico - non vi è stata da parte di uno dei convenuti nei confronti degli altri indicati come corresponsabili e riconosciuti tali, allora i primi non hanno titolo per dolersi della sorte della domanda contro gli altri . Nel caso di specie, in applicazione del suddetto principio, in considerazione della mancata proposizione di domande di regresso da parte del Comune di Catanzaro nei confronti del Ministero, è irrilevante l' eventuale concorso colposo di quest'ultimo, come resta irrilevante che il Ministero abbia potuto qualificarsi come titolare di una signoria di fatto sulla cosa custodita concorrente con quella del proprietario. In definitiva, va mantenuto fermo il principio per cui il titolare del potere di intervento sul bene custodito nella specie, il Comune di Catanzaro resta responsabile direttamente ed interamente verso il danneggiato nella specie, il Ce.Anumero , ma detto titolare potrebbe invocare espressamente una rivalsa nei confronti di chi nella specie, il Ministero non lo ha messo in condizioni di esercitare la sua signoria di fatto per evitare il pericolo e, a maggior ragione, il danno, ovvero abbia potuto concorrere, coi suoi poteri di fatto sulla cosa custodita, a dar luogo alle condizioni di questa idonee a cagionare il danno. 6. I motivi residui sono inammissibili. 6.1. Il quarto e il sesto motivo - che concernono rispettivamente il capo della sentenza che ha escluso il caso fortuito e la detraibilità dell'indennizzo ricevuto dal Ce.Anumero dall'Inail - pur deducendo formalmente il vizio di violazione e falsa applicazione di legge il primo ed il vizio di omesso esame di fatto decisivo e non controverso il secondo , inammissibilmente si risolvono entrambi nel sollecitare a questa Corte di rivedere l'apprezzamento di fatto compiuto dalla corte territoriale sulla mancata prova che nel pomeriggio del 27 febbraio 2022, allorché si verificò il sinistro, fosse ancora presente il cartello di pericolo che sarebbe stato apposto la mattina dall'agente di polizia penitenziaria Anumero Pa. . La corte di merito - ad esito di un giudizio di fatto, insindacabile nella presente sede - ha ritenuto che p. 6 e p. 7 dall'attività istruttoria, espletata nel giudizio di primo grado, non era risultato provato che il malfunzionamento della finestra blindata fosse stata segnalata in modo adeguato così da imputare all'imprudenza dell'addetto alle pulizie l'infortunio , con la conseguenza che non si può affermare che il danneggiato con il proprio comportamento abbia eliso il nesso di causalità tra la res oggettivamente pericolosa e l'evento dannoso o che abbia solo contribuito a causarlo . 6.2. Il quinto motivo, concernente la liquidazione del danno e, in particolare, la detraibilità dell'indennizzo ricevuto dal Ce.Anumero dall'Inail , è privo della necessaria autosufficienza. Invero, a fronte dell'analitico riferimento nella sentenza impugnata a tutte le voci liquidate p. 7 e 8 , il Comune ricorrente si duole del mancato calcolo della rendita Inail ai fini della decurtazione dell'eventuale danno risarcibile, ma in ricorso non potendo colmarsene le eventuali lacune con alcun atto successivo nulla allega al riguardo, e neppure indica se, in quali termini e quando detta circostanza di fatto sarebbe stata dedotta nel corso del giudizio di merito. 7. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del Comune ricorrente alla rifusione delle spese sostenute dal resistente Ce.Anumero . Nei rapporti processuali tra il ricorrente principale e il Ministero, invece - pur potendo spettare a quest'ultimo, per l'inammissibilità del controricorso non notificato, almeno le spese per la successiva attività difensiva svolta cfr Cass. numero 22269/2010 attività consentita, come detto, trattandosi di rito in pubblica udienza - è di giustizia l'integrale compensazione delle spese del grado, per la novità, negli esatti termini, della questione di diritto del riparto di responsabilità da custodia tra proprietario e usuario dell'immobile pubblico essendo anche il precedente del 2013 relativo ad immobile per il quale vigeva un regime particolare e non suscettibile di generalizzazione . Consegue, altresì, la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell'importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 numero 4315 . Infine, per la natura della causa petendi, va di ufficio disposta l'omissione, in caso di diffusione del presente provvedimento, delle generalità e degli altri dati identificativi del danneggiato, ai sensi dell'articolo 52 D.Lgs. 196 del 2003. P.Q.M. La Corte - dichiara inammissibile il controricorso presentato nell'interesse del Ministero della giustizia - rigetta il ricorso - condanna il Comune ricorrente al pagamento, in favore del resistente Ce.Anumero , delle spese del presente giudizio, spese che liquida in Euro 5500 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200 ed agli accessori di legge - dichiara compensate le spese del presente giudizio tra il Comune ricorrente e il Ministero della giustizia. Ai sensi dell'articolo 13 comma 1 - quater del D.P.R. numero 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di parte ricorrente al competente ufficio di merito, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1 - bis del citato articolo 13, se dovuto. Dispone che, ai sensi dell'articolo 52 D.Lgs. 196 del 2003, in caso di diffusione del presente provvedimento siano omessi generalità ed altri dati identificativi del danneggiato.