Lo Stato deve reagire vigorosamente e punire i crimini d’odio, ivi compresi quelli dettati da omofobia come nella fattispecie in esame. Nel caso qui annotato invece hanno derubricato un’aggressione omofoba in una semplice infrazione minore, lasciando impunito l’aggressore, seppure reo confesso. La CEDU stigmatizza come ciò ingeneri un sentimento d’impunità e favorisca una cultura d’intolleranza e di discriminazione, incitando, di fatto, questi crimini d’odio, omofobi, transfobi, violando, così, gli articolo 3,8 e 14 Cedu in combinato tra loro.
È quanto sancito dalla CEDU Hanovs c. Lettonia 40861/22 del 23 luglio. L'8/11/20 il ricorrente ed il suo partner, tenendosi per la vita, portarono fuori il loro cane quando furono aggrediti, prima ad insulti, poi a calci e pugni da un uomo che non tollerava certe esibizioni di sentimenti in pubblico tra persone dello stesso sesso. Non c'era nulla che indicasse che i due fossero effettivamente gay. Il ricorrente si rifugiò in un negozio di fiori, cercando di tenere la porta chiusa con le mani, mentre l'altro continuava ad aggredirlo, il compagno scappò in direzione opposta e chiamò la polizia. Un momento d'intimità tra loro si era trasformato in un incubo, che era solo all'inizio. La polizia arrestò l'aggressore che fu identificato dalle vittime. L'uomo ammise il tutto e che aveva agito perché odiava i gay e trovava offensiva anche la più minima manifestazione di affetto tra loro. Le autorità interne però non aprirono alcuna indagine effettiva e formale, banalizzando il grave fatto, derubricandolo nella lieve infrazione di hooliganismo minore, nel cui ambito rientrano anche le risse tra ubriachi. Lo Stato deve proteggere le vittime d'odio Non deve attuare una vittimizzazione secondaria non prendendo in debito conto la gravità dei fatti e lasciando impunito il reo confesso. «questo dovere delle autorità di prevenire la violenza motivata dall'odio da parte di privati e di indagare su qualsiasi potenziale connessione tra un motivo discriminatorio e l'atto violento può rientrare nell'aspetto procedurale dell'articolo 3 della Convenzione si veda Identoba e altri c. Georgia del12 maggio 2015 o manifestarsi come un obbligo positivo di garantire il godimento dei diritti sanciti dall'articolo 8 si veda Associazione ACCEPT e altri c. Romania del 1 giugno 2021 . Inoltre, può rientrare tra gli obblighi delle autorità ai sensi dell'articolo 14 di sostenere i diritti fondamentali senza discriminazioni …. o creare un obbligo ai sensi dell'articolo 13 per fornire un ricorso interno effettivo alle vittime di discriminazione» neretto, nda . Vista la forte interazione delle varie disposizioni coinvolte andrà valutato caso per caso quale applicare in base alla gravità ed alla natura dei fatti e delle accuse. Nella fattispecie, però, anche se il ricorrente era riuscito ad evitare lesioni, non è da sottovalutare l'intimidazione e la ragione dell'attacco verbale e fisico contro i due l'aggressore non sopportava che due persone dello stesso sesso si scambiassero in un pubblico innocenti gesti di affetto. La CEDU chiarisce che ciò lede sia la sfera privata delle vittime, rientrando nella loro serenità familiare, sia la loro dignità ed il diritto all'autodeterminazione sessuale. Più precisamente «il concetto di dignità va oltre il mero orgoglio personale o l'autostima, comprendendo il diritto di esprimere la propria identità e il proprio affetto senza timore di ritorsioni o violenze. Attacchi come quello di cui trattasi non solo minano l'incolumità fisica delle vittime, ma anche il loro benessere emotivo e psicologico, trasformando un momento di intimità in un momento di paura e trauma. Inoltre, umiliano e sviliscono le vittime, veicolando un messaggio di inferiorità delle loro identità ed espressioni, e rientrano quindi nel campo di applicazione dell'articolo 3 della Convenzione» neretto,nda . Come detto l'aggressione ed il crimine d'odio però rientrano anche nel campo dell'art.8 Cedu «la paura e l'insicurezza che tali atti instillano inibiscono la capacità delle vittime di esprimere apertamente le emozioni umane fondamentali e le costringono all'invisibilità e all'emarginazione. La minaccia della violenza compromette la loro capacità di vivere in modo autentico e li costringe a nascondere aspetti essenziali della loro vita privata per evitare danni. Di conseguenza, tali attacchi possono limitare la loro libertà di godere del diritto al rispetto della vita privata ai sensi dell'articolo 8 della Convenzione, con la stessa libertà delle coppie eterosessuali, imponendo così uno standard differenziato alla loro espressione della loro identità e delle loro relazioni» neretto,nda . Gli haters vanno puniti non premiati Si è vista la stretta interconnessione tra gli articolo 3 e 8, dato che entrambi impongono doveri di proteggere l'integrità psico fisica di una persona in un continuum con l'art.2 Cedu diritto alla vita .Orbene è chiaro che lo Stato è venuto meno a questi obblighi di cura e protezione e che, sebbene l'ordinamento penale interno punisse i crimini d'odio e prevedesse strumenti e misure atte a prevenire, sanzionare i colpevoli e proteggere le vittime d'odio è rimasto inerte ed ha ignorato la matrice dell'aggressione malgrado la confessione del reo. Non l'ha considerata rivolta ad una minoranza, a sfondo sessuale né ha rilevato il chiaro e dichiarato odio omofobo, considerandola invece diretta verso il solo ricorrente. È stata equiparata ad una rissa tra ubriachi ed il reo è stato punito con una multa da €70. Lo Stato non solo in questo caso è venuto meno ai suoi doveri, in primis di indagare in modo risoluto ed imparziale, ma anche ha instillato nella collettività una cultura omofoba ed intollerante alla diversità incoraggiando questo tipo di aggressioni.
CEDU, sentenza del 23 luglio 2024, Hanovs c. Lettonia 40861/22