Quali sono le diverse tipologie di accordi che le parti possono raggiungere in sede di separazione consensuale?

«In tema di separazione consensuale, per distinguere i patti che integrano il contenuto eventuale degli accordi da quelli che costituiscono il contenuto essenziale, i quali non sono suscettibili di modifica o revoca ex articolo 710 c.p.c. né possono essere sostituiti dalle condizioni conseguenti al divorzio, ma sono negozi autonomi, che regolano i reciproci rapporti dei coniugi ai sensi dell’articolo 1372 c.c., l’interprete è chiamato a indagare la comune intenzione delle parti, accertando se si tratti di patti che hanno nella separazione una mera occasione, e non la loro causa concreta, facendo uso dei canoni interpretativi forniti dall’articolo 1362 e ss. c.c., secondo i quali il primo strumento da utilizzare è il senso letterale delle parole e delle espressioni adoperate».

Questo il principio di diritto affermato nella pronuncia in esame e che ha portato la Suprema Corte a cassare con rinvio la sentenza impugnata. Il caso Nella fattispecie in esame, la materia del contendere ruota intorno alle condizioni di separazione consensuale, omologata dal Tribunale, ove le parti avevano previsto, oltre ad un assegno mensile in favore della moglie, anche l'assegnazione a quest'ultima della casa coniugale, già adibita a residenza familiare, senza corresponsione di canone. In particolare, nel giudizio di legittimità l'ex marito censurava la sentenza della Corte di appello, da un parte, laddove aveva affermato che il Tribunale si era pronunciato sull'assegnazione della casa familiare, revocandola, senza che fosse stata a lui fatta la relativa richiesta e, dall'altra, nella parte in cui aveva ritenuto che, su tale statuizione, il giudice del divorzio non avrebbe comunque potuto statuire, perché l'attribuzione in godimento della casa familiare, prevista in sede di separazione consensuale, era espressione di un accordo autonomo e distinto rispetto alle vere e proprie condizioni di separazione. Gli accordi assunti in occasione della separazione Come noto, i coniugi possono concludere negozi con cui porre consensualmente termine alla convivenza, i quali possono racchiudere una pluralità di pattuizioni, oltre a quelle che integrano il suo contenuto imprescindibile. Al riguardo, si è soliti distinguere un contenuto essenziale o necessario degli accordi di separazione, collegato direttamente al rapporto matrimoniale, e uno eventuale o accessorio degli stessi, collegato in via soltanto estrinseca con i patti principali. I negozi in questione non si configurano come convenzioni matrimoniali ex articolo 162 c.c., ma costituiscono espressione di libera autonomia contrattuale, volta a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico, ai sensi dell'articolo 1322 c.c. La disciplina giuridica Le pattuizioni aventi causa concreta nella separazione volte ad assolvere ai doveri di solidarietà coniugale per il tempo immediatamente successivo alla separazione e quelle aventi mera occasione nella stessa finalizzate semplicemente a regolare situazioni patrimoniali che non è più interesse delle parti mantenere invariate possono coesistere nello stesso atto, ma la relativa disciplina giuridica è profondamente diversa. Infatti, gli accordi che disciplinano il contenuto necessario della separazione possono essere revocati e modificati ai sensi dell'articolo 710 c.p.c. nella specie applicabile ratione temporis, poi sostituito dall'attuale articolo 473 bis.29. c.p.c. e, con riguardo ai coniugi, sono destinati ad essere superati dalla pronuncia di divorzio, che reca con sé nuove condizioni correlate all'acquisto del nuovo status, mentre gli accordi semplicemente occasionati dalla procedura separativa sono assoggettati alla disciplina propria dei negozi giuridici e sono sottratti alla statuizione del giudice del divorzio, che non può revocarli o modificarne il contenuto. Ne consegue, quindi, che il giudice del merito, nell'esaminare l'accordo destinato a disciplinare la separazione consensuale, deve individuare la comune intenzione delle parti, nel rispetto dei criteri fissati dall'articolo 1362 c.c. ss., verificando se le condizioni di separazione contengano patti riconducibili all'una o all'altra categoria. La soluzione Nel caso che ci occupa, secondo la Cassazione, la sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione dei principi esposti, essendosi limitata a rilevare che le parti avevano previsto l'attribuzione di un diritto personale di godimento, e non l'assegnazione della casa familiare, senza verificare, secondo i canoni ermeneutici di cui agli articolo 1362 c.c. ss., sopra richiamati e, dunque, valutando prima di tutto il senso letterale delle parole e delle espressioni adoperate, se tale attribuzione rispondesse a finalità proprie delle condizioni essenziali della separazione, e in particolare a quella di assicurare al coniuge economicamente più debole il diritto di ricevere dall'altro quanto è necessario al suo mantenimento, secondo quanto previsto dall'articolo 156 c.c., oppure no.

Presidente Genovese - Relatore Reggiani Svolgimento del processo Ma.Gr. contraeva matrimonio concordatario con Ca.Gi. in data 15/09/2001, dal quale non nascevano figli. Le parti concordavano la separazione consensuale omologata in data 04/09/2014. Gli accordi di separazione prevedevano l'erogazione di un assegno di Euro 6.000,00 al mese in favore della Ca.Gi. e l'attribuzione a quest'ultima del diritto di godimento della casa familiare, alle condizioni previste dall'articolo 337-sexies, comma 1, c.c., con la precisazione che l'attribuzione di tale diritto di godimento costituiva contributo al mantenimento della moglie. Con ricorso depositato in data 10/10/2017 Ma.Gr., chiedeva pronunciarsi la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario senza alcuna ulteriore statuizione, deducendo che la donna aveva notevolmente ampliato la attività imprenditoriale di creazione e vendita di articoli di moda, di cui era già titolare da prima della separazione. Nel costituirsi in giudizio, Ca.Gi. aderiva alla domanda di cessazione degli effetti civili del matrimonio, ma chiedeva l'attribuzione di un assegno divorzile di Euro 15.000,00 mensili o, in subordine, di Euro 25.000,00, qualora non le fosse stata assegnata la casa coniugale. Con sentenza parziale numero 660/2019 il Tribunale di Vicenza dichiarava la cessazione degli effetti civili del matrimonio e, non ammesse le prove orali richieste dalle parti, fissava udienza di precisazione delle conclusioni, all'esito della quale pronunciava la sentenza numero 203/2022, con la quale revocava l'assegnazione della casa familiare e respingeva la richiesta di attribuzione dell'assegno divorzile in favore della Ca.Gi. Avverso tale sentenza proponeva appello quest'ultima sulla base di tre motivi. Con il primo motivo, l'appellante lamentava l'error in iudicando nell'adozione del provvedimento di revoca dell'assegnazione della casa coniugale, eccependo la nullità della sentenza sul punto per vizio di ultrapetizione, in violazione dell'articolo 112 c.p.c., oltre che di omessa motivazione. Evidenziava, in particolare, che la casa coniugale era stata oggetto di un accordo, e non di un'assegnazione secondo la disciplina ordinaria, e che le parti, in sede di separazione consensuale, avevano concluso una convenzione per la concessione della villa in godimento all'ex moglie proprio in quanto dal matrimonio non erano nati figli. Aggiungeva che il Ma.Gr. non aveva avanzato in giudizio alcuna istanza di revoca dell'assegnazione della casa, ma al contrario aveva esplicitamente richiesto che il Tribunale si astenesse dall'adozione di qualunque provvedimento in proposito. Con il secondo motivo, l'appellante deduceva la violazione dell'obbligo di motivazione in ordine al rigetto delle domande e istanze istruttorie, nonché alla complessiva valutazione del materiale probatorio offerto in ordine alle consistenze patrimoniali e reddituali dell'ex marito. Con il terzo motivo, lamentava il vizio di motivazione e l'errore di diritto in merito al mancato riconoscimento in suo favore del diritto all'assegno divorzile, nonché la contraddittorietà della motivazione sul punto. Nel costituirsi in giudizio, il Ma.Gr. chiedeva il rigetto del gravame. Con la sentenza numero 189/2023, la Corte d'Appello riformava la decisione di primo grado, annullando il capo della sentenza che aveva disposto la revoca dell'assegnazione della casa familiare e ponendo a carico del Ma.Gr., con decorrenza dalla data di pubblicazione della sentenza del Tribunale, l'obbligo di corrispondere a Ca.Gi. la somma mensile di Euro 3.500,00, a titolo di assegno divorzile, da rivalutarsi annualmente secondo gli indici Istat. La Corte d'Appello rilevava che la casa coniugale, nella fase di separazione, era stata oggetto di un accordo privato, e non di un'assegnazione secondo la disciplina ordinaria , avendo i coniugi concluso una convenzione poi omologata dal Tribunale per la concessione della casa familiare in godimento alla moglie, tant'è che il Ma.Gr., nel ricorso di primo grado, non aveva avanzato alcuna istanza di revoca dell'assegnazione della casa familiare alla ex moglie, ma aveva richiesto al Tribunale di astenersi da ogni pronunciamento sul punto. Secondo il giudice di secondo grado, dunque, nel disporre la revoca dell'assegnazione della casa familiare, il Tribunale aveva violato il disposto dell'articolo 112 c.p.c., avendo statuito ultra petitum su una domanda mai formulata dal ricorrente, anzi da questi espressamente esclusa, e su cui comunque lo stesso Tribunale non avrebbe potuto provvedere, trattandosi di convenzione autonoma tra le parti raggiunta in fase di separazione, che non poteva essere assoggettata alla disciplina ordinaria che attiene al divorzio. Passando all'esame del secondo e del terzo motivo di appello, la menzionata Corte riteneva insussistenti i presupposti per riconoscere a favore della Ca.Gi. un assegno divorzile in funzione perequativo-compensativa, mentre poteva esserle attribuito un assegno divorzile di natura assistenziale, dovendo darsi conto - dello squilibrio eccezionalmente rilevante nella capacità patrimoniale e reddituale delle parti - della significativa durata del matrimonio 13 anni - dell'età della ex moglie quasi 50 anni e delle sue condizioni di salute, confermate nella certificazione medica del 25/11/2022 da ultimo prodotta sindrome ansioso-depressiva, che dimostrava la sua obiettiva difficoltà nel realizzare un pieno, proficuo e redditizio inserimento nel modo del lavoro, pur svolgendo un'attività economica imprenditoriale nel mondo della moda caratterizzata da modesti introiti . Considerata anche l'entità del contributo a favore della moglie concordato tra le parti in sede di separazione, e dovendo attribuire all'assegno divorzile una finalità meramente assistenziale, la Corte d'Appello riteneva congruo determinare in Euro 3.500,00 mensili l'importo dovuto dal Ma.Gr. a decorrere dalla data di pubblicazione dell'impugnata sentenza di primo grado, da versare entro il giorno 5 di ogni mese, e annualmente rivalutato secondo indici Istat. Avverso tale pronuncia Ma.Gr. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi. L'intimata si è difesa con controricorso e ha formulato un motivo di ricorso incidentale, cui il ricorrente principale ha replicato con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria difensiva. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso principale è dedotta l'illegittimità della sentenza impugnata ai sensi dell'articolo 360, comma 1, numero 3 c.p.c., per violazione e falsa applicazione dell'articolo 1362 c.c., in relazione all'articolo 5, comma 6, L. numero 898 del 1970 come sostituito dall'articolo 11 L. numero 74 del 1987 , con riferimento all'interpretazione data dalla Corte d'Appello dell'accordo omologato in sede di separazione personale dei coniugi. Secondo il ricorrente principale, la Corte di merito ha erroneamente affermato che il Tribunale non potesse pronunciarsi sulla domanda di assegnazione della casa familiare, in ragione del fatto che l'accordo raggiunto in sede di separazione consensuale era sottratto alla cognizione del giudice del divorzio, operando una interpretazione di tale accordo violativa dell'articolo 1362 c.c., tenuto conto che dal tenore letterale dello stesso si evinceva chiaramente che la casa era stata attribuita a titolo di diritto personale di godimento senza il pagamento di alcun corrispettivo, con i limiti di cui all'articolo 337-sexies, comma 1, parte seconda, c.c. e con esclusione di alcuni lotti di terreno , e con la inequivoca precisazione che tale attribuzione costituiva contributo al mantenimento della moglie da parte del marito. In tale ottica, poiché la pronuncia di divorzio determinava la cessazione dello stato di separazione, anche la regolamentazione del godimento della casa familiare, correlata a tale stato, era destinata a venire meno. Con il secondo motivo di ricorso principale è dedotta l'illegittimità della sentenza impugnata, ai sensi dell'articolo 360, comma 1, numero 3 c.p.c., per violazione e falsa applicazione dell'articolo 6, comma 6, L. numero 898 del 1970 come sostituito dall'articolo 11 L. numero 74 del 1987 . Come già anticipato nell'illustrazione del primo motivo, secondo il ricorrente, la Corte d'Appello non ha tenuto conto del fatto che le condizioni economiche di separazione tra i coniugi, anche di natura consensuale, sono comunque destinate - a meno che non comportino un trasferimento della proprietà di beni - ad una perdurante vigenza soltanto sino alla introduzione di un nuovo regolamento patrimoniale fissato ex nunc dal giudice in sede divorzile, secondo i criteri ex lege previsti, sicché nella specie il giudice del divorzio era chiamato a valutare la spettanza o meno dell'assegnazione della casa familiare alla ex moglie, tenuto conto che il Ma.Gr. aveva espressamente chiesto di escluderla e la Ca.Gi. aveva chiesto che venisse confermata. Con il terzo motivo di ricorso principale è dedotta l'illegittimità della sentenza ai sensi dell'articolo 360, comma 1, numero 4 c.p.c., per violazione e falsa applicazione dell'articolo 112 c.p.c. e del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Secondo il ricorrente, la Corte d'Appello, in evidente violazione e falsa applicazione dell'articolo 112 c.p.c., ha travisato le richieste formulata dal Ma.Gr. in primo grado, il quale aveva chiesto che il Tribunale non adottasse nessuna statuizione in ordine all'assegnazione della casa familiare 2 nessuna statuizione di contenuto economico in favore della moglie o in ordine alla assegnazione della casa ex familiare , domanda ribadita anche a p. 4 della memoria integrativa depositata davanti al medesimo Tribunale in data 21/12/2018 dichiarare che nessun assegno divorzile è dovuto da Ma.Gr. a Ca.Gi. non sussistendone i presupposti di fatto e diritto nessuna statuizione in ordine alla assegnazione della casa ex familiare , non perché il giudice del divorzio non poteva modificare il patto contenuto negli accordi di separazione, ma perché le condizioni di separazione sarebbero venute meno con la sentenza di divorzio, con la conseguenza che il Tribunale era chiamato a definire ex novo la regolamentazione dei rapporti economici tra gli ex coniugi, escludendo l'assegnazione della casa familiare. Il ricorrente principale ha anche evidenziato che la sua richiesta di non assegnazione della casa di sua proprietà alla ex moglie era facilmente evincibile anche dagli argomenti spesi nella memoria integrativa in primo grado, ove aveva evidenziato che non poteva essere mantenuto il diritto personale di godimento della casa coniugale, concesso in favore della Ca.Gi. all'atto della separazione, stante l'assenza di figli. La stessa parte ha, poi, aggiunto che, in ogni caso, la questione era stata posta anche dalla controparte, che, a sua volta, aveva chiesto la conferma dell'assegnazione dell'abitazione alla ex moglie, come si leggeva nella conclusioni della stessa, riportate negli atti del giudizio di primo grado, nella sentenza del Tribunale, nel ricorso in appello ed anche nella sentenza impugnata. Con il quarto motivo di ricorso principale è dedotta l'illegittimità della sentenza impugnata ai sensi dell'articolo 360, comma 1, numero 3 c.p.c., per violazione e falsa applicazione dell'articolo 6, comma 6, L. numero 898 del 1970 come sostituito dall'articolo 11 L. numero 74 del 1987 . Secondo il ricorrente principale, la Corte d'Appello ha finito per assegnare la casa familiare all'appellante, nonostante mancasse in concreto il presupposto indefettibile di tale provvedimento giudiziale, non essendo nati figli dal matrimonio. Con il quinto motivo di ricorso principale è dedotta l'illegittimità della sentenza impugnata, ai sensi dell'articolo 360, comma 1, numero 4 c.p.c., per violazione e falsa applicazione degli articolo 111 e 24 Cost., avendo la Corte d'Appello ritenuto l'impossibilità di Ca.Gi. di inserirsi nel modo del lavoro in base ad una certificazione medica, datata 25/11/2022, acquisita in violazione del principio del contraddittorio, essendo stata allegata alle note di trattazione scritta del 07/12/2022, depositate dalla controparte in vista dell'udienza di discussione finale del 12/12/2022, celebratasi in modalità cartolare, ove il Collegio ha trattenuto la causa in decisione, senza che il Ma.Gr. avesse potuto dedurre alcunché circa tale nuova produzione. Con il sesto motivo di ricorso principale è dedotta l'illegittimità della sentenza ai sensi dell'articolo 360, comma 1, numero 4 c.p.c. per violazione e falsa applicazione dell'articolo 115 c.p.c., in relazione alla ritenuta impossibilità di Ca.Gi. di inserirsi nel modo del lavoro in modo redditizio a causa delle sue condizioni di salute, affermata sulla base di una prova inesistente. Secondo il ricorrente principale, la Corte d'Appello ha ritenuto, sulla base della certificazione medica del 25/11/2022, sopra menzionata, che la patologia depressiva, che affliggeva la Ca.Gi., le precludesse di procurarsi autonomamente mezzi adeguati per vivere, ma in tale certificazione non era rappresentato nulla, né riguardo ad un peggioramento della condizione ansioso-depressiva della donna né riguardo alle capacità reddituali e lavorative di quest'ultima, incorrendo perciò in un errore di percezione del contenuto oggettivo del certificato. 2. Con l'unico motivo di ricorso incidentale è dedotta l'illegittimità della sentenza ai sensi dell'articolo 360, comma 1, numero 3 c.p.c., per violazione e falsa applicazione dell'articolo 5 L. numero 898 del 1970 in relazione alla ritenuta insussistenza dei presupposti fondanti la funzione perequativo-compensativa dell'assegno divorzile in favore della signora Ca.Gi. ed anche con riguardo alla riduzione dell'importo stabilito dalle parti in sede di separazione. Secondo la ricorrente incidentale, in considerazione dell'enorme divario economico esistente tra gli ex coniugi, avrebbe dovuto ottenere l'attribuzione di un assegno divorzile di importo grandemente superiore a quello liquidato, da determinarsi considerando anche la funzione perequativo-compensativa dello stesso, ingiustamente non riconosciuta, per avere la parte allegato e offerto di provare tutte le circostanze poste a fondamento di entrambe le componenti costitutive dell'assegno divorzile, mentre, invece, la mancata ammissione delle istanze istruttorie formulate con la seconda memoria ex articolo 183, comma 4, c.p.c. dalla signora Ca.Gi. si era risolto in un pregiudizio per quest'ultima. 3. È infondata l'eccezione di novità del primo motivo di ricorso principale, nella parte in cui è dedotta la violazione delle regole ermeneutiche dei contratti, con riferimento all'interpretazione degli accordi intercorsi tra le parti in sede di separazione consensuale omologata. Dalla stessa lettura della sentenza in questa sede impugnata si evince che la questione era stata già oggetto del giudizio di merito, tenuto conto che con il primo motivo di appello la Ca.Gi. aveva criticato la statuizione del primo giudice, deducendo che la casa coniugale era stata oggetto di un accordo intercorso tra le parti, e non di un'assegnazione secondo la disciplina ordinaria p. 9 della sentenza impugnata , e che pertanto non poteva essere revocata in sede di divorzio, soluzione contrastata dal Ma.Gr., ma fatta propria dal giudice del gravame. 4. Il primo, il secondo e il terzo motivo di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, stante la intima connessione esistente, e si rivelano fondati, sia pure nei limiti di seguito precisati. 5. Si deve subito precisare che la materia del contendere ruota intorno alle condizioni di separazione consensuale, omologata dal Tribunale di Vicenza il 10/09/2014, ove le parti hanno previsto, oltre ad un assegno mensile di Euro 6.000,00 in favore della Ca.Gi., quanto segue A titolo di diritto personale di godimento con i limiti di cui all'articolo 337-sexies1 co. parte II Cod. Civ. cessazione della stabile abitazione, convivenza more uxorio la moglie rimarrà nella casa di A, Via omissis , di proprietà esclusiva del marito, già adibita a residenza familiare, senza corresponsione di canone dalla casa sono esclusi i lotti di terreno censiti al Catasto Terreni la moglie consentirà l'accesso ai predetti lotti da parte degli incaricati dal marito alla manutenzione. La attribuzione del godimento della casa già familiare costituisce contributo al mantenimento della moglie da parte del marito p. 11 - 12 del ricorso per cassazione p. 2 del controricorso contenente ricorso incidentale p. 3 della sentenza in questa sede impugnata . 6. La Corte d'Appello, con riferimento al primo motivo di gravame, ove era stata censurata la statuizione del Tribunale che ha statuito come segue Il Tribunale, nel disporre la revoca dell'assegnazione della casa familiare, ha violato il disposto di cui all'articolo 112 c.p.c., avendo statuito ultra petitum su domanda mai formulata dal ricorrente, anzi da questi espressamente esclusa, e su cui comunque lo stesso Tribunale non avrebbe potuto provvedere, trattandosi di convenzione autonoma tra le parti raggiunta in fase di separazione, che pertanto per le ragioni esposte dallo stesso ricorrente in primo grado non può essere attratto dalla disciplina ordinaria che regola il divorzio. Trattasi infatti di clausola privata contenuta nella separazione consensuale omologata, in merito al quale il giudice del divorzio non è legittimato a pronunciarsi. È evidente che la pronuncia si fonda su due distinte rationes decidendi, entrambe censurate nel presente giudizio di legittimità. Da una parte, la Corte d'Appello ha affermato che il Tribunale si è pronunciato sull'assegnazione della casa familiare, senza che fosse stata a lui fatta la relativa richiesta e in riferimento a tale statuizione è formulato il terzo motivo di ricorso principale per cassazione . Dall'altra, la stessa Corte d'Appello ha ritenuto che, su tale statuizione, il giudice del divorzio non avrebbe comunque potuto statuire, perché l'attribuzione in godimento della casa familiare, prevista in sede di separazione consensuale, era espressione di un accordo autonomo e distinto rispetto alle vere e proprie condizioni di separazione e in riferimento a tale statuizione sono formulati il primo e il secondo motivo di ricorso principale per cassazione . 7. In tale quadro, il terzo motivo di ricorso principale, che attinge la descritta prima ratio della decisione impugnata, deve essere esaminato con priorità, riguardando la prospettazione di un vizio del processo. 7.1. Occorre tenere presente che il principio della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato deve ritenersi violato ogni qual volta il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri uno degli elementi obiettivi di identificazione dell'azione petitum e causa petendi , attribuendo o negando ad uno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non compreso, nemmeno implicitamente o virtualmente, nell'ambito della domanda o delle richieste delle parti Cass., Sez. 6 - 5, Ordinanza numero 17897 del 03/07/2019 Cass., Sez. 3, Sentenza numero 22595 del 26/10/2009 . 7.2. Contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d'Appello, nel caso di specie, deve senza dubbio escludersi che il giudice di primo grado sia incorso in tale vizio. Il Ma.Gr. ha evidenziato richiamando puntualmente gli atti a cui ha fatto riferimento, e il loro contenuto di avere esplicitato più volte la volontà che il giudice del divorzio non provvedesse sull'assegnazione della casa familiare, non perché riteneva che fosse ad esso inibita la statuizione sul punto, in ragione della fonte negoziale dell'attribuzione del diritto di godimento su detto bene come ha ritenuto dalla Corte d'Appello , ma perché non intendeva conservare le condizioni concordate in sede di separazione e, perciò, evidenziava che non vi erano i presupposti la casa familiare alla ex moglie, dato che dal matrimonio non erano nati figli v. le conclusioni del ricorso introduttivo di primo grado e della memoria integrativa, riportate a p. 16 del ricorso principale . Che, poi, la questione dell'assegnazione della casa familiare fosse entrata a far parte della materia del contendere già nel primo grado di giudizio si evince chiaramente dallo svolgimento del processo, come ricostruito dalla Corte territoriale nella sentenza impugnata, ove si precisa, con riferimento alle domande e alle conclusioni delle parti, che il Ma.Gr. aveva chiesto che non venisse disposta l'assegnazione, sebbene la casa fosse stata attribuita in godimento alla ex moglie in sede di separazione consensuale, mentre la Ca.Gi. aveva diversificato la misura dell'assegno divorzile richiesto, a seconda che le venisse o meno confermata l'assegnazione della casa familiare v. in particolare p. 2 - 3 e p. 5 - 6 della sentenza impugnata . È vero che il Tribunale, nel pronunciare sul divorzio, ha espressamente revocato l'assegnazione della casa familiare, sebbene il Ma.Gr. avesse espressamente chiesto solo che non venisse disposta l'assegnazione in sede di divorzio, ma il risultato era sicuramente quello voluto dal ricorrente, che, si ribadisce, aveva chiaramente espresso la volontà di non conservare in sede di divorzio gli accordi raggiunti sul punto in sede di separazione, i quali, tuttavia, erano stati confermati all'esito dell'udienza presidenziale in sede di divorzio v. p. 3 del controricorso con ricorso incidentale della Ca.Gi. e, quindi, sono stati espressamente eliminati quando alle statuizioni provvisorie e urgenti del Presidente sono state sostituite quelle che hanno definito il giudizio di primo grado. 8. Ciò non toglie che la Corte d'Appello, investita della questione relativa all'assegnazione della casa familiare, non voluta dal Ma.Gr. e richiesta dalla Ca.Gi., sia stata chiamata a valutare, prima di tutto, la possibilità, in sede di divorzio contenzioso, di modificare o revocare la pattuizione contenuta negli accordi di separazione consensuale del 2014, che aveva previsto, oltre all'erogazione di un assegno periodico in favore della Ca.Gi., l'attribuzione alla stessa di un diritto personale di godimento a titolo gratuito della casa familiare, di proprietà esclusiva del marito, stabilendo espressamente che tale attribuzione costituiva contributo al mantenimento da parte del marito p. 11 - 12 del ricorso per cassazione p. 2 del controricorso contenente ricorso incidentale p. 3 della sentenza impugnata . Tale questione attiene alla seconda ratio decidendi della sentenza impugnata, censurata con il primo e il secondo motivo di ricorso principale per cassazione. 8.1. Questa Corte ha più volte affermato che l'accordo mediante il quale i coniugi pongono consensualmente termine alla convivenza può racchiudere una pluralità di pattuizioni, oltre a quelle che integrano il suo contenuto imprescindibile. Viene, in particolare, operata la distinzione tra contenuto essenziale o necessario degli accordi di separazione, collegato direttamente al rapporto matrimoniale, e contenuto eventuale o accessorio degli stessi, collegato in via soltanto estrinseca con i patti principali. In quest'ultimo caso, si tratta di negozi che non hanno causa nella separazione personale dei coniugi, risultando semplicemente occasionati dalla separazione medesima Cass., Sez. 1, Sentenza numero 24321 del 22/11/2007 . Tali negozi non si configurano come convenzioni matrimoniali ex articolo 162 c.c., ma costituiscono espressione di libera autonomia contrattuale, volta a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico, ai sensi dell'articolo 1322 c.c., che rispondono, di norma, ad un originario e unitario spirito di sistemazione, a seguito della crisi della coppia, di tutta quell'ampia serie di rapporti anche del tutto frammentari aventi significati anche solo riflessi patrimoniali, maturati nel corso della convivenza matrimoniale v. in particolare Cass., Sez. 1, Sentenza numero 4306 del 15/05/1997 Cass., Sez. 2, Sentenza numero 11342 del 17/06/2004 Cass., Sez. 1, Sentenza numero 8516 del 12/04/2006 . In sintesi, l'accordo mediante il quale i coniugi pongono consensualmente termine alla convivenza può racchiudere pattuizioni distinte da quelle che integrano il suo contenuto essenziale riguardanti, cioè, il consenso dei coniugi a vivere separati, il mantenimento del coniuge e dei figli, l'affidamento e la frequentazione di questi ultimi, l'assegnazione della casa familiare, ove ne ricorrano i presupposti , e che ad esso non sono immediatamente riferibili. Si tratta di quegli accordi assunti in occasione della separazione, i quali costituiscono espressione di libera autonomia negoziale, nel senso che servono a costituire, modificare od estinguere rapporti giuridici patrimoniali, ai sensi dell'articolo 1321 c.c. a solo titolo esemplificativo, la divisione dei beni in comunione, la destinazione degli animali domestici, la disciplina del godimento della casa di vacanza, l'impegno a vedere un bene comune e a estinguere il mutuo fondiario con i proventi, ecc , e sono finalizzati a risolvere le questioni che si presentano con la cessazione della vita in comune, da ritenersi vincolanti per le parti secondo le ordinarie regole civilistiche negoziali e del tutto leciti, purché non ledano diritti inderogabili Cass., Sez. 1, Sentenza numero 16909 del 19/08/2015 . 8.2. Ben possono, le dette pattuizioni - quelle aventi causa concreta nella separazione volte ad assolvere ai doveri di solidarietà coniugale per il tempo immediatamente successivo alla separazione e quelle aventi mera occasione nella separazione finalizzate semplicemente a regolare situazioni patrimoniali che non è più interesse delle parti mantenere invariate -, coesistere nello stesso atto, ma la relativa disciplina giuridica è profondamente diversa, poiché gli accordi che disciplinano il contenuto necessario della separazione possono essere revocati e modificati ai sensi dell'articolo 710 c.p.c. nella specie applicabile ratione temporis, poi sostituito dall'attuale articolo 473-bis 29, c.p.c. e, con riguardo ai coniugi, sono destinati ad essere superati dalla pronuncia di divorzio, che reca con sé nuove condizioni correlate all'acquisto del nuovo status, mentre gli accordi semplicemente occasionati dalla procedura separativa sono assoggettati alla disciplina propria dei negozi giuridici e sono sottratti alla statuizione del giudice del divorzio, che non può revocarli o modificarne il contenuto cfr. sulla diversità di disciplina, Cass., Sez. 1, Ordinanza numero 24687 del 11/08/2022 . 8.3. In sintesi, la distinzione delle diverse tipologie di accordi raggiunti dalle parti in sede di separazione consensuale assume un rilievo fondamentale, poiché solo le pattuizioni che sono state adottate semplicemente in occasione della separazione sono regolate dalla disciplina comune dei negozi di diritto privato e non seguono la sorte di tutte le condizioni di separazione che, con riguardo ai rapporti tra coniugi, sono superate dalla nuova regolamentazione che segue al divorzio. 8.4. La distinzione tra contenuto necessario e contenuto eventuale delle condizioni di separazione non corrisponde automaticamente alla distinzione tra pattuizioni tipiche o atipiche, poiché le parti possono prevedere modalità atipiche di regolamentazione dei loro rapporti a seguito della separazione che, però, attengono al contenuto essenziale delle condizioni di separazione, in quanto destinate ad assolvere ai doveri di solidarietà coniugale per il tempo immediatamente successivo alla separazione. L'interprete è, dunque, tenuto a verificare se la pattuizione in esame, pur contenendo prestazioni diverse da quelle tipiche, assolve alla finalità proprie delle statuizioni necessarie, conseguenti alla separazione, oppure no. Solo nel primo caso può ritenersi che la pattuizione, riferita ai rapporti tra coniugi, effettuata in sede di separazione consensuale, sia suscettibile di essere travolta dalla pronuncia di divorzio. Occorre, dunque, che il giudice del merito, nell'esaminare l'accordo destinato a disciplinare la separazione consensuale, individui la comune intenzione delle parti, nel rispetto dei criteri fissati dall'articolo 1362 c.c. e ss., verificando se le condizioni di separazione contengano patti riconducibili all'una o all'altra categoria. In tale quadro, il primo strumento da utilizzare è il senso letterale delle parole e delle espressioni adoperate, mentre soltanto se esso risulti ambiguo può farsi ricorso ai canoni strettamente interpretativi contemplati dall'articolo 1362 all'articolo 1365 c.c. e, in caso di loro insufficienza, a quelli interpretativi integrativi previsti dall'articolo 1366 c.c. all'articolo 1371 c.c. Cass., Sez. 2, Ordinanza numero 33451 del 11/11/2021 Cass., Sez. 2, Ordinanza numero 17063 del 20/06/2024 . 8.5. La sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione dei principi esposti, essendosi limitata a rilevare che, nella specie, le parti avevano previsto l'attribuzione di un diritto personale di godimento, e non l'assegnazione della casa familiare, senza verificare, secondo i canoni ermeneutici di cui agli articolo 1362 c.c. e ss., sopra richiamati e, dunque, valutando prima di tutto il senso letterale delle parole e delle espressioni adoperate, se tale attribuzione rispondesse a finalità proprie delle condizioni essenziali della separazione, e in particolare a quella di assicurare al coniuge economicamente più debole il diritto di ricevere dall'altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento , secondo quanto previsto dall'articolo 156 c.c., oppure no cfr. per una fattispecie simile v. Cass., Sez. 1, Sentenza numero 16909 del 19/08/2015 . 9. L'esame del quarto motivo di ricorso principale risulta superfluo, all'esito dell'accoglimento dei precedenti motivi di ricorso, dovendo pertanto ritenersi assorbito. 10. Il quinto motivo di ricorso principale è inammissibile. 10.1. Il ricorrente principale ha affermato che la decisione sulla spettanza dell'assegno divorzile in favore della Ca.Gi., in riferimento all'assenza di mezzi adeguati e all'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, si è fondata anche su una certificazione medica acquisita al processo in asserita violazione del diritto al contraddittorio, essendo stata allegata alle note di trattazione scritta del 07/12/2022, depositate dalla controparte prima dell'udienza di discussione finale del 12/12/2022, celebratasi in modalità cartolare, senza che egli avesse avuto la possibilità di dedurre alcunché circa la nuova produzione documentale avversaria. Nella sentenza impugnata, si legge che il documento è stato acquisito perché nuovo, in conformità al disposto dell'articolo 345, comma 3, c.p.c. A riscontro della patologia depressiva di cui è affetta la sig.ra Ca.Gi., v. pure certificazione medica di data 25.11.2022 prodotta sub doc. h , da ritenersi ammissibile in quanto documento sopravvenuto . 10.2. Si deve rilevare che, nel giudizio in questione, l'udienza di precisazione delle conclusioni si è celebrata ai sensi dell'articolo 221, comma 4, D.L. numero 34 del 2020, conv. con modif. in L. numero 77 del 2020, che, com'è noto, ha continuato ad applicarsi fino al 31/12/2022 in virtù di disposizioni normative che ne hanno prorogato la vigenza v. in particolare, l'articolo 7, comma 1, D.L. numero 105 del 2021, conv. con modif. in L. numero 126 del 2021, e l'articolo 16, comma 1, D.L. numero 228 del 2021, conv. con modif. in L. numero 15 del 2022 . Con l'applicazione della disposizione appena riportata, l'udienza ove il contraddittorio tra le parti si svolge in regime di oralità e alla presenza del giudice è sostituita da una procedura composita, in cui il contraddittorio è svolto tra le parti per iscritto e senza la presenza del giudice, che esamina le loro allegazioni e deduzioni successivamente, provvedendo, poi, ad assumere le proprie decisioni. 10.3. Assume rilievo preliminare ricordare che, in base alla disciplina applicabile ratione temporis, il giudizio divorzile in appello si svolge, ai sensi dell'articolo 4, comma 15, L. numero 898 del 1970, secondo il rito camerale, di per sé caratterizzato dalla sommarietà della cognizione e dalla semplicità delle forme, che comunque deve garantire un pieno e completo contraddittorio tra le parti Cass., Sez. 1, Ordinanza numero 27234 del 30/11/2020 cfr. Cass., Sez. 1, Ordinanza numero 37301 del 29/11/2021, con riferimento alla prodizione di documenti all'udienza di discussione in un altro procedimento disciplinato dall'articolo 737 c.p.c. . La produzione, ritenuta ammissibile dalla Corte d'Appello, in quanto relativa a documento sopravvenuto, non può ritenersi effettuata in violazione del contraddittorio, tenuto conto che, come sopra evidenziato, la procedura cartolare sostituisce l'udienza e il documento sopravvenuto risulta essere stato offerto all'esame della controparte, in quanto depositato con le note che sostituiscono la discussione. Il Ma.Gr. avrebbe, dunque, potuto depositare ulteriori note per contestare in rito o nel merito la produzione avversaria, prima della data del 12/12/2022. Parte ricorrente non ha, invece, indicato la specifica lesione al diritto di difesa che avrebbe subito, per effetto della descritta condotta processuale. E, come più volte evidenziato da questa Corte, la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l'interesse all'astratta regolarità dell'attività giudiziaria, ma garantisce solo l'eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione. Ne consegue che è inammissibile l'impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l'erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito Cass., Sez. 3, Ordinanza numero 26419 del 20/11/2020 . 11. Anche il sesto motivo di ricorso è inammissibile. Parte ricorrente ha dedotto che la Corte di appello ha attribuito un significato alla certificazione medica del 25/11/2022, prodotta con la nota del 07/12/2022, sopra menzionata, che invece non aveva, ma non ha riportato il contenuto del documento, sicché la censura si rivela del tutto generica e insuscettibile di essere valutata sulla base della semplice lettura del ricorso, in violazione dell'articolo 366, comma 1, numero 4, c.p.c. 12. È inammissibile, infine, l'unico motivo di ricorso incidentale. Nella parte in cui è prospettata l'eccessiva esiguità dell'assegno divorzile, le censure si sostanziano un una critica alle valutazioni di merito operate dal giudice di appello, non condivise e ritenute ingiuste dalla parte, che sollecita un inammissibile riesame del giudizio di fatto. Nella parte in cui è criticata la mancata ammissione delle prove richieste, ai dedotti fini della dimostrazione della spettanza dell'assegno divorzile anche per la funzione perequativo-compensativa, il motivo è estremamente generico e indeterminato e, oltre a non essere corredato dalla indicazione delle norme asseritamente violate, non contiene alcuna illustrazione dei capitoli di prova formulati, né della loro decisività. 13. In conclusione, deve essere accolto il primo, il secondo e il terzo motivo di ricorso principale, nei termini di cui in motivazione, mentre deve essere dichiarato assorbito il quarto, e dichiarati inammissibili il quinto e il sesto. Deve, inoltre, essere dichiarato inammissibile il ricorso incidentale. La sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata con rinvio della causa alla Corte d'Appello di Venezia, in diversa composizione, chiamata a statuire anche sulle spese del presente giudizio di legittimità, la quale dovrà dare applicazione dei seguenti principi di diritto In tema di separazione consensuale, gli accordi dei coniugi hanno un contenuto essenziale, che ha causa concreta nella separazione, recante le pattuizioni volte ad assolvere ai doveri di solidarietà coniugale per il tempo immediatamente successivo alla separazione, cui può aggiungersi un contenuto eventuale, che ha mera occasione nella separazione, recante pattuizioni finalizzate a regolare situazioni patrimoniali che non è più interesse delle parti mantenere in vita. La disciplina giuridica di tali pattuizioni è profondamente diversa, poiché gli accordi che disciplinano il contenuto essenziale della separazione possono essere revocati e modificati ai sensi del previgente articolo 710 c.p.c. ovvero in applicazione dell'attuale articolo 473-bis 29, c.p.c. e, con riguardo ai rapporti tra coniugi, sono destinati ad essere superati dalla pronuncia di divorzio, che reca con sé nuove condizioni correlate all'acquisto del nuovo status, mentre gli accordi semplicemente occasionati dalla procedura separativa sono assoggettati alla disciplina propria dei negozi giuridici e il giudice adito non può revocarli o modificarne il contenuto . In tema di separazione consensuale, per distinguere i patti che integrano il contenuto eventuale degli accordi da quelli che costituiscono il contenuto essenziale - i quali non sono suscettibili di modifica o revoca ex articolo 710 c.p.c. né possono essere sostituiti dalle condizioni conseguenti al divorzio, ma sono negozi autonomi, che regolano i reciproci rapporti dei coniugi ai sensi dell'articolo 1372 c.c. - l'interprete è chiamato a indagare la comune intenzione delle parti, accertando se si tratti di patti che hanno nella separazione una mera occasione, e non la loro causa concreta, facendo uso dei canoni interpretativi forniti dall'articolo 1362 e ss. c.c., secondo i quali il primo strumento da utilizzare è il senso letterale delle parole e delle espressioni adoperate. 14. In applicazione dell'articolo 13, comma 1-quater, D.P.R. numero 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente incidentale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto per l'impugnazione proposta, se dovuto. 15. In caso di diffusione, devono essere omesse le generalità delle parti e dei soggetti menzionati nella decisione, a norma dell'articolo 52 D.Lgs. numero 196 del 2003. P.Q.M. la Corte accoglie il primo, il secondo e il terzo motivo del ricorso principale, dichiarando assorbito il quarto e inammissibili il quinto e il sesto dichiara inammissibile il ricorso incidentale cassa la decisione impugnata, nei limiti dei motivi accolti, e rinvia la causa alla Corte d'Appello di Venezia, in diversa composizione, chiamata a statuire anche sulle spese del presente giudizio di legittimità dà atto, in applicazione dell'articolo 13, comma 1-quater, D.P.R. numero 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente incidentale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto per l'impugnazione proposta, se dovuto dispone che, in caso di diffusione della presente ordinanza, siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti menzionati, a norma dell'articolo 52 D.Lgs. numero 196 del 2003.