Danno terminale: alcune note sulla liquidazione

Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione ribadisce l’opportunità di adottare ai fini della liquidazione del danno terminale le Tabelle di Milano vigenti al momento della decisione.

Il 24 giugno 2011, un pedone viene investito da un motociclista mentre attraversa la strada le lesioni sono molto gravi e, dopo qualche mese, lo conducono alla morte. I congiunti dello sfortunato pedone convengono in giudizio la compagnia assicuratrice dell'investitore, chiedendone la condanna al ristoro dei danni patiti iure proprio e iure hereditatis a seguito della morte del loro caro. Il Tribunale accoglie parzialmente le pretese risarcitorie avanzate dagli attori, accertando un concorso di responsabilità della vittima al verificarsi dell'evento dannoso nella misura del 30%. La pronuncia viene riformata in sede di gravame sia sotto il profilo dell'accertamento di responsabilità per l'accaduto sia sotto il profilo della liquidazione dei danni risarcibili il sinistro stradale viene imputato all'esclusiva responsabilità dell'investitore e l'importo dovuto a titolo di ristoro viene ridotto, anche in considerazione delle somme già versate dalla compagnia assicuratrice. Insoddisfatta dell'esito dell'impugnazione, la compagnia assicuratrice soccombente ricorre in Cassazione, censurando, fra l'altro e per quanto di interesse, la decisione della Corte d'Appello nella misura in cui aveva liquidato il danno c.d. terminale, applicando non già i criteri previsti dalle Tabelle di Milano del 2018 vigenti al momento della decisione , bensì – con alcuni adattamenti – i criteri previsti dalle Tabelle di Milano del 2014. La prospettazione della ricorrente viene accolta dalla Suprema Corte che cassa sul punto la sentenza, rinviando la causa alla Corte d'Appello. A sostegno della determinazione, viene infatti rilevato che, ai fini della liquidazione equitativa del danno non patrimoniale, è opportuno far riferimento alle Tabelle di Milano che, anche per l'ampia diffusione sul territorio nazionale, sono in grado di assicurare uniformità di trattamento nel rispetto dell'articolo 3 Cost. v. Cass. 7 giugno 2011, numero 12408 Cass. 23 dicembre 2011, numero 28290 Cass. 25 febbraio 2014, numero 4447 , fermo restando l'onere per il danneggiato di chiederne l'applicazione v. Cass. 10 novembre 2021, numero 33005 considerare i criteri contenuti nelle Tabelle di Milano vigenti al momento della decisione e non già al momento del fatto illecito v. Cass. 15 giugno 2022, numero 19229 .

Presidente Frasca Relatore Gianniti Fatti di causa 1. Ga.Ma., Ca.Ge. e Ga.Vi. rispettivamente figlio ed erede, madre e fratello di Ga.Al., deceduto il 25/2/2012 convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Chieti la Vittoria Assicurazioni chiedendo la condanna della convenuta al risarcimento dei danni conseguenti al sinistro occorso il 24 giugno 2011 in Francavilla al Mare al proprio congiunto Ga.Al., allorquando questi, mentre era intento ad attraversare a piedi viale Alcione con direzione ovest-est, era stato investito dal motociclo Suzuki VL250 tg. Omissis , condotto dal proprietario Di.Pi. ed assicurato per la rca con la Spa Vittoria Assicurazioni, che procedeva sul predetto viale con direzione nord-sud. A seguito del sinistro Ga.Al. riportava lesioni, che alcuni mesi dopo lo conducevano alla morte. Nella contumacia del Di.Pi. si costituiva la compagnia Vittoria Assicurazioni, eccependo il concorso di colpa dello sfortunato pedone che aveva attraversato la strada al di fuori delle strisce pedonali , di cui anche alla sentenza di patteggiamento nelle more intervenuta e contestando alcune voci di danno che, in tesi difensiva, non erano ammissibili e/o comunque costituivano duplicazione e/o comunque erano non dovute e/o esagerate . Istruita la causa a mezzo di prova per testi e ctu medico legale, il giudice di primo grado, accogliendo parzialmente la domanda attorea, attribuiva al pedone vittima del sinistro un concorso di responsabilità pari al 30% in ragione della condotta colposa consistita nell'effettuare l'attraversamento stradale fuori dalle strisce pedonali presenti a distanza di circa venti metri rispetto al punto di urto come ricostruito dalla Polizia Municipale intervenuta nell'immediatezza e condannava il Di.Pi. e la Vittoria Ass.ni, in solido tra loro, al risarcimento in favore degli attori, nei limiti del 70%, dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti Ga.Ma. sia iure hereditatis che iure proprio, gli altri solo iure proprio in conseguenza del sinistro, quantificati nei suddetti limiti ed al lordo degli acconti già percepiti, pari ad Euro 170.000,00 quanto a Ga.Ma., ad Euro 120.000,00 quanto a Ca.Ge. e ad Euro15.000,00 quanto a Ga.Vi. in Euro 418.159,00 in favore di Ga.Ma. di cui Euro 140.000,00 per il danno non patrimoniale patito dal padre nel corso degli otto mesi di degenza ospedaliera, Euro 68.159,00 per danno patrimoniale iure proprio consistito nella perdita della contribuzione economica del genitore in misura pari al 50% del reddito da questi percepito in vita ed Euro 210.000,00 per danno da perdita del rapporto parentale con il padre in Euro 210.000,00 in favore di Ca.Ge. per la perdita del rapporto parentale con il figlio ed in Euro 42.000,00 in favore di Ga.Vi. per la perdita del rapporto parentale con il fratello . Sulla differenza tra le suddette somme liquidate all'attualità e gli acconti già corrisposti venivano riconosciuti interessi legali dalla data di percepimento dell'acconto fino al saldo effettivo . Infine, i convenuti venivano condannati al rimborso in favore solidale degli attori delle spese di lite, mentre le spese di CTU venivano poste a carico delle parti nelle percentuali rispettive del 30% e del 70%. 2. Avverso la sentenza del giudice di primo grado proponeva impugnazione la compagnia Vittoria, che, dopo avere dedotto di avere corrisposto agli appellati ulteriori somme in spontanea esecuzione della sentenza stessa, ne chiedeva la riforma in punto di quantum debeatur, censurandola sulla base di tre motivi così sintetizzabili a nella parte in cui aveva liquidato il danno non patrimoniale patito dal de cuius e trasmesso iure hereditatis a Ga.Ma., la sentenza avrebbe violando o malamente applicando una serie di norme e le tabelle del Tribunale di Milano riconosciuto una somma immotivatamente eccessiva, in quanto ha conferito rilevanza ai numerosi interventi chirurgici subiti dalla vittima primaria ed alle correlate sofferenze le quali, però, secondo l'appellante sarebbero già ricompresi nella diaria quotidiana della IT quali conseguenze ordinarie di lesioni fratturative ed avrebbero potuto comportare al più una quantificazione prossima al massimo della forbice risarciroria, tabellarmente prevista ha ritenuto in re ipsa il danno morale catastrofale, nonostante che il decesso di Ga.Al. fosse stato determinato da concause patologiche eccezionalmente innestatesi nel semplice politrauma fratturativo causato dal sinistro, che avrebbe altrimenti avuto evoluzione anche statisticamente benigna sicché, in assenza di specifica prova delle condizioni psichiche e morali del sig. Ga.Al. , non si sarebbe dovuta presumere alcuna lucida agonia o alcuna consapevolezza dell'approssimarsi della fine della vita, tanto da pervenire come ha fatto la sentenza ad una liquidazione corrispondente alla somma di Euro 809,71 per ciascuno dei 247 giorni intercorsi tra l'incidente ed il decesso, anziché ad altra che l'appellante riteneva di indicare in Euro 240,00/die più adeguata al caso concreto b nella parte in cui aveva liquidato il danno patrimoniale patito iure proprio da Ga.Ma., la sentenza anche qui violando o malamente applicando una serie di norme sarebbe pervenuta ad una quantificazione eccessiva in conseguenza dell'erroneo ed indimostrato presupposto che il padre destinasse il 50% del proprio reddito lordo anziché netto alle esigenze del figlio pur studente ed in giovane età , mentre secondo l'id quod plerumque accidit ben raramente la quota destinata da un genitore ad un figlio studente supera il 30%, senza tenere conto che la contribuzione paterna, comunque non destinata a protrarsi vita natural durante , avrebbe potuto venire meno in conseguenza di eventuali seconde nozze, e che Ga.Ma. aveva percepito circostanza incontrovertibile ancorché non documentata il TFS spettante al padre quale dipendente pubblico in misura calcolabile in circa 48.000 euro c nella parte in cui aveva liquidato il danno non patrimoniale patito iure proprio da tutti gli attori-appellati, la sentenza avrebbe violando o malamente applicando una serie di norme e le tabelle del Tribunale di Milano riconosciuto, in difetto di specifica allegazione, di riscontro probatorio e di adeguata motivazione, somme prossime ai valori massimi anziché minimi della forbice tabellare quanto a Ga.Ma., senza considerare la genericità delle circostanze confermate dai testi Ot. e Zi. da cui non risultavano le caratteristiche concrete del rapporto affettivo e dei rapporti amicali, né la durata del periodo di abbandono degli studi universitari e l'assenza di elementi presuntivi trattandosi di un giovane di 21 anni, maggiorenne, studente, maturo e con la personalità già formata, che ha potuto ammortizzare l'evento infausto quanto a Ca.Ge., superando i limiti quantitativi Euro 210.000,00 entro cui la domanda era stata precisata in comparsa conclusionale ed omettendo di considerare che costei, madre anche di Ga.Vi., da oltre un lustro non era convivente con il figlio Ga.Al. al momento del sinistro, essendo ritornata a Francavilla solo dopo il decesso della nuora la moglie di Ga.Al. per sopperire alle incombenze logistico-domestiche che solo una donna soprattutto di generazione paesane può assicurare , ma non per accudire il figlio che riceveva già l'assistenza ospedaliera quanto a Ga.Vi., senza considerare che costui si era da tempo immemorabile trasferito a Roma, senza che risultasse essersi occupato del fratello durante il periodo di degenza ospedaliera, facendo le notti o andandolo a trovare . Ga.Ma., Ca.Ge. e Ga.Vi., nel costituirsi tempestivamente nel giudizio di appello, resistevano al gravame, chiedendone il rigetto, e proponevano appello incidentale per ottenere la riforma della sentenza sia in punto di an che di quantum debeatur a nella parte in cui aveva attribuito a Ga.Al. un concorso di colpa parti al 30%, sottovalutando ed anzi non considerando la dichiarazione della teste @8G.@, che assistette all'investimento del pedone mentre questi stava attraversando su apposito passaggio pedonale rialzato, e le circostanze di luogo e tempo nelle quali il sinistro era avvenuto, nonché sopravalutando il rapporto dei Vigili Urbani di Francavilla al Mare intervenuti in luogo dei Carabinieri, colleghi del motociclista investitore , che avevano basato l'individuazione del punto di urto sulle sole tracce di sangue nella zona di rinvenimento del corpo del pedone senza avere accertato la velocità della moto ed il tipo di urto tra questa ed il pedone stesso, senza provvedere al sequestro della moto né alla analitica e precisa descrizione dei danni riscontrati sul mezzo, senza raccogliere elementi relativi alle caratteristiche somatiche del motociclista e del pedone, né effettuare rilievi fotografici o descrittivi delle tracce dell'investimento sugli indumenti da quest'ultimo indossati e sulla posizione del motociclista dopo la caduta dalla moto senza valutare le lesioni da questi subite, senza raccogliere informazioni testimoniali, pur risultando dal filmato girato nell'immediatezza del sinistro la presenza di numerose persone, del resto prevedibile nel giorno, nell'ora e nel luogo in cui l'incidente si era verificato, senza annotare nel rapporto il limite di velocità vigente nella zona del sinistro, salvo dichiarare in sede testimoniale di un limite di 30 km/h , limitando gli approfondimenti accertativi all'irrilevante e secondario fenomeno di abbagliamento solare del motociclista b nella parte in cui aveva incongruamente liquidato per difetto il danno biologico e morale catastrofale o terminale subito dalla vittima primaria, applicando, quanto al primo, la somma di Euro 46/die, inferiore a quella minima prevista dalle tabelle milanesi Euro 96/die , peraltro da aumentare fino al massimo Euro 145/die per adeguarla alle caratteristiche del caso concreto, e non dando adeguato rilievo, quanto al secondo, alla eccezionale gravità ed intensità della sofferenza patita da Ga.Al. nel corso degli otto mesi di ricovero ospedaliero, caratterizzato da numerosi interventi chirurgici, da insufficienza renale, da infezioni delle ferite, da vari shock settici che ne avevano più volte messo in pericolo la vita fino a portarlo infine a morte c nella parte in cui aveva erroneamente liquidato il danno patrimoniale subito da Gasperi Ga.Ma., assumendo a base un reddito netto di Euro 20.000,00 anziché di Euro 21.798,00 come documentato con buste paga e dichiarazioni dei redditi d nella parte in cui aveva omesso di liquidare in favore di Ga.Ma. anche il danno biologico causatogli dalla morte del padre che faceva seguito a quella della madre ed accertato mediante la CTU medico-legale esperita in primo grado, che aveva quantificato nel 7% i postumi permanenti del diagnosticato disturbo dell'adattamento cronico con prevalenti aspetti emozionali , causalmente ricondotto dal consulente alla perdita del congiunto e nella parte in cui aveva erroneamente riconosciuto ai danneggiati gli interessi legali dalla data di corresponsione degli acconti anziché dalla data della morte di Ga.Al. f nella parte in cui aveva parzialmente compensato le spese processuali, senza considerare che essi attori avevano dovuto agire in giudizio per essere risarciti di un danno palese ed indiscutibile, in relazione al quale solo nel corso della prima udienza erano stati offerti insufficienti acconti. Di.Pi., non costituitosi a seguito della notificazione dell'appello principale, ometteva di svolgere attività difensiva anche a seguito della notificazione dell'appello incidentale. La Corte d'Appello di L'Aquila con sentenza numero 1692/2020, decidendo sull'appello principale della Spa Vittoria Assicurazioni e sull'appello incidentale di Ga.Ma., Ca.Ge. e Ga.Vi. in parziale riforma della sentenza impugnata, dichiarata la esclusiva responsabilità di Di.Pi. per la causazione del sinistro stradale nel quale perse la vita Ga.Al., rideterminati come in motivazione i conseguenti crediti risarcitori spettanti agli appellanti incidentali e tenuto conto delle somme già a questi ultimi corrisposti nel corso del giudizio di primo grado e in esecuzione della sentenza impugnata dalla Spa Vittoria Assicurazioni, condannava quest'ultima, in solido con Di.Pi., al pagamento dei crediti risarcitori che all'epoca residuavano, come di seguito quantificati a in favore di Ga.Ma., Euro 329.869,84, oltre interesse legali dalla sentenza al saldo b in favore di Ca.Ge., Euro 12.216,07, oltre interessi legali dalla sentenza al saldo c in favore di Ga.Vi., Euro 1.638,96, oltre interessi legali dalla sentenza al saldo condannava la Spa Vittoria Assicurazioni e Di.Pi., in solido, a rimborsare a Ga.Ma., Ca.Ge. e Ga.Vi., in solido, le spese di entrambi i gradi di giudizio, che liquidava a quanto al primo grado in Euro 38.925,00, oltre rimborso forfettario del 15% ed IVA e CAP come per legge, per compensi ed in Euro 2.537,80 per esborsi b quanto al secondo grado in Euro 42.095,30, oltre rimborso forfettario del 15% ed IVA e CAP come per legge, per compensi ed in Euro 785,40 per esborsi poneva le spese di CTU liquidate in primo grado a definitivo carico esclusivo e solidale della Spa Vittoria Assicurazioni e di Di.Pi. 3. Avverso la sentenza della corte territoriale ha proposto ricorso la compagnia Vittoria Assicurazioni. Hanno resistito con controricorso Ga.Ma., Ga.Vi. e Ca.Ge. nella suddetta qualità. Per l'odierna adunanza il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte mentre i Difensori di entrambe le parti hanno depositato memoria a sostegno delle rispettive ragioni. Ragioni della decisione 1. La compagnia assicuratrice Vittoria Assicurazioni articola in ricorso sette motivi. 2. I motivi numero 1 e numero 1-bis sono qui trattati congiuntamente in quanto censurano entrambi la statuizione con la quale la corte territoriale riformando la sentenza del giudice di primo grado che aveva statuito un concorso del 30% a carico dello sfortunato pedone ha attribuito la responsabilità dell'incidente in modo esclusivo al motociclista Di.Pi. Precisamente 2.1. Con il motivo numero 1 la compagnia ricorrente, in relazione all'articolo 360 co.1 numero 3 c.p.c., denuncia violazione e falsa applicazione degli articolo 2054-2697-2727 segg. -salvo altri c.c., degli articolo 112-115-116-191 segg. c.p.c. nonché dei comuni principi regolatori della materia, come applicati ed interpretati dalla S.comma di cassazione . Osserva che la corte territoriale, non facendo buon governo delle risultanze processuali, ha rovesciato la sentenza del giudice di primo grado in punto di allocazione geometrica del punto di primo contatto sull'asfalto tra moto e pedone traiettoria di moto e pedone velocità di moto e pedone cautele del pedone nell'iniziare l'attraversamento distanza del punto di primo contatto dal marciapiede evoluzioni post urto di moto e pedone con possibilità o meno di un volo per ca. 20 mt danni alla moto e lesioni del pedone. Si duole che la corte del merito, pur senza espresso richiamo agli articoli applicati e senza i vari nomina iuris atti a identificare formalmente il proprio ragionamento presuntivistico a ha considerato come gravi, precisi e concordanti elementi indiziari che, invece, sono privi di queste caratteristiche b non ha considerato elementi indiziari, da essa compagnia valorizzati, che, se valutati alla stregua delle regole di fisica, cinematica e medica, avrebbero determinato una decisione diversa c ha inferito da un fatto erroneamente ritenuto noto pedone sbalzato per ca. 20 mt , come probabile il fatto ritenuto ignorato pedone attinto su strisce pedonali . Invocando principi di diritto affermati dalle Sezioni Unite numero 8053-8054/2014 numero 1785/2018 , lamenta, quale vizio di legge, l'errore di sussunzione commesso dalla corte per mancata connotazione dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, avendo erroneamente ricondotto sotto i tre caratteri individuatori della presunzione fatti concreti accertati che, invece, non sono rispondenti a quei caratteri . Si duole altresì che la corte di merito non si è posta neppure il problema di vagliare la condotta del pedone al fine di riscontrare i palesi sussistenti profili di cooperazione colposa a suo carico ex plurimis S.C.numero 5627/2020 , che fecero sì che il centauro non potè evitare di essere attinto sulla fiancata dx della moto . Sostiene che la Corte -acclarata la corresponsabilità del pedone in riferimento alle incartate circostanze che avevano dimostrato la di lui colpa in concreto avrebbe dovuto ridurre progressivamente la percentuale di colpa presunta a carico del centauro ex plurimis S.comma numero 2241/2019 8663/2017 24472/2014 3964/2014 . Con il motivo numero 1-bis, in relazione all'articolo 360 co.1 numero 5 c.p.c., denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti . Sostiene che la corte di merito, nel ricostruire la dinamica del sinistro a non ha vagliato le sue argomentazioni, come suffragate dai rilievi fotografici dei VV.UU., dalle CT dell'Ing. Ci. e del Dr. Co. e soprattutto dalla CT del PM Dr. Fe. terzo ed imparziale rispetto ai Convenuti negli aspetti rilevati e valorizzati circa le lesioni subite dal pedone e loro allocazione nei distretti anatomici interessati nonché le cause dell'exitus b non ha considerato che essa compagnia, fin dal primo grado, aveva valorizzato dette CT al pari di altri aspetti, tutti costituenti indici inequivoci del fatto che il pedone aveva attinto perpendicolarmente la moto entrando in contatto con la sua parte sx contro la fiancata dx della moto ed il corpo del centauro c ha ritenuto che la moto possedesse una velocità talmente elevata da far sbalzare il pedone per ca. 20 mt., senza considerare che tale evenienza non poteva essere possibile alla stregua delle leggi fisiche-tecniche e mediche, stante le lesioni subite dal pedone ed i danni sulla moto d ha conferito attendibilità assoluta alla teste Ga 2.2. I motivi sono inammissibili, in quanto, da un lato, sollecitano una diversa ricostruzione del fatto attraverso la rivalutazione delle emergenze probatorie e, dall'altra, deducono violazione di legge in tema di prova per presunzione al di fuori del relativo paradigma normativo. Invero, nel motivo numero 1 si prospetta di voler dedurre la violazione delle norme sulle presunzioni e si evoca Cass., Sez. Unumero , numero 1785 del 2018, ma nell'illustrazione ci si astiene sia dall'individuare, proprio secondo i criteri indicati da tale decisione ai cui paragrafi numero 4 e ss. della motivazione si rimanda , come la sentenza impugnata avrebbe violato i paradigmi della gravità, precisione e concordanza e come le avrebbe falsamente applicati o avrebbe omesso di applicarli. L'illustrazione si risolve solo nella prospettazione di una ricostruzione della dinamica del sinistro in base alle risultanze evocate, diversa da quella ritenuta dalla sentenza e, dunque, si sollecitata solo un sindacato sulla ricostruzione della quaestio facti, precluso nella vigenza del numero 5 dell'articolo 360 c.p.c. Il motivo 1-bis si struttura nello stesso senso non individua fatti omessi, ma lamenta sempre pretesa erronea valutazione delle risultanze istruttorie già evocate nel motivo 1. 3. I motivi numero 2 e numero 2-bis sono qui trattati congiuntamente, in quanto censurano entrambi la statuizione con cui la corte territoriale ha liquidato il danno cd. terminale, in tesi difensiva, al di fuori di ogni criteriologia liquidatoria come prevista dalle tabelle di Milano 2018 nella relativa sezione . Precisamente 3.1. Con il motivo numero 2 la compagnia ricorrente, in relazione all'articolo 360 co.1 numero 3 cpc, denuncia violazione e falsa applicazione degli articolo 1226-2056-2059-2697-2727 segg. c.c., degli articolo 112-115-116 segg. c.p.c. nonché delle tabelle di Milano anno 2018 e dei comuni principi regolatori della materia, promananti da dette norme e tabelle, come applicati ed interpretati dalla S.comma di cassazione, stante la loro erronea applicazione e non applicazione . Osserva che la corte di merito ha liquidato la somma complessiva di Euro 282.815 per il danno cd. terminale e, per giungere a detta liquidazione, a per il danno biologico da inabilità temporanea totale ITT , ha applicato le tabelle milanesi aggiornate al 2014 b per il danno morale terminale ha applicato una liquidazione che non può essere ancorata . ai suddetti valori tabellari . Si duole che la corte territoriale a non ha applicato le Tabelle di Milano del 2018 coeve alla propria decisione che prevedono una sezione ad hoc relativa alla disciplina della figura del danno c.d. terminale b non ha vagliato che la mancata od erronea adozione delle Tabelle di Milano e la mancata applicazione dei parametri di cui ai Criteri Orientativi dell'Osservatorio della Giustizia Milanese integrano il vizio di violazione di legge per violazione dell'articolo 1226 c.c. in relazione alle Tabelle de quibus cfr. S.comma 28496/2019, 4447/2014 ed altre decisioni rientrante nel numero 3 co.1 dell' articolo 360 cpc c pur avendo fatto ricorso alle Tabelle del 2014 per la liquidazione degli importi reclamati ha misconosciuto il principio consolidato ed incontestato secondo cui il Giudice, anche di secondo grado, deve applicare le tabelle in vigore al momento della propria decisione, ove medio tempore quelle poste a fondamento della sentenza di primo grado siano state sostituite S.comma 27/11/2015 numero 24210 6/3/2014 numero 5254 11/5/2012 numero 7272 non ha motivato il perché non ha utilizzato i parametri ad hoc appositamente fissati dalle Tabelle 2018 per il danno c.d. terminale e già vigenti al momento della decisione Cass. numero 17018/2018 . Indica, quali punti critici della sentenza, il fatto che la corte territoriale ha liquidato il danno biologico da inabilità temporanea totale ITT autonomamente, secondo i vecchi criteri e non secondo quelli proposti dall'Osservatorio G.M.2018, ha liquidato per il danno morale terminale da lucida agonia la somma di Euro 1.000 pro die per 247 gg intercorrenti dall'investimento all'exitus mentre avrebbe dovuto liquidare tale voce componentistica di danno, secondo i parametri predeterminati dalle Tabelle di Milano 2018. Osserva che, contrariamente a quanto si può verificare nella liquidazione di altre tipologie di danni es. biologico/non patrimoniale o da perdita parentale , nella liquidazione del danno biologico terminale, non sussistono casi o situazioni eccezionali che rendono un caso più gravoso o penoso di un altro e che impongono di travalicare il max della personalizzazione, poiché purtroppo chi si trova degente in ospedale ha avuto il suo destino già segnato dal tragico incidente anche in termini di dolore per cure ed operazioni chirurgiche e di timore per l'inesorabile avvicinarsi del fin di vita che ne ha determinato l'exitus solo ad effetto differito. In definitiva, secondo la compagnia ricorrente, la corte avrebbe superato il massimo liquidabile di oltre 150 mila Euro più del dovuto, come risultante dai valori massimi di personalizzazione predeterminati dai Criteri 2018 ed il fatto che il lesionato sia rimasto in vita per alcuni mesi non necessariamente implica che abbia diuturnamente vissuto con la percezione o la sensazione o l'angoscia dell'approssimarsi dell'exitus. Con il motivo numero 2-bis, in relazione all'articolo 360 co. 1 numero 5 c.p.c., si denuncia motivazione assente circa la mancata applicazione della sezione criteri orientativi per la liquidazione del danno cd. terminale delle tabelle di Milano anno 2018, con riferimento agli articolo 111 co.6 Costituzione e 132 co.2 numero 4 c.p.c. . Secondo la compagnia ricorrente, la corte territoriale, senza alcuna motivazione, non ha utilizzato i Criteri tabellari del 2018 che disciplinavano la figura del danno cd. tanatologico predeterminandone gli importi anche a mezzo personalizzazione ad hoc nella ricorrenza di particolari situazioni di disagio. 3.2. I motivi sono fondati. Invero a nella liquidazione del danno biologico, quando manchino criteri stabiliti dalla legge, l'adozione della regola equitativa di cui all'articolo 1226 c.c., deve garantire non solo una adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l'uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, non essendo rispondente ad equità che danni identici possano essere liquidati in misura diversa sol perché esaminati da differenti Uffici giudiziali Cass. numero 12408/2011 b il riferimento al criterio di liquidazione, predisposto dal Tribunale di Milano ed ampiamente diffuso sul territorio nazionale, garantisce tale uniformità di trattamento, in quanto questa Corte, in applicazione dell'articolo 3 Cost., riconosce ad esso la valenza, in linea generale, di parametro di conformità della valutazione equitativa del danno biologico alle disposizioni di cui agli articolo 1226 e 2056 c.c., salvo che non sussistano in concreto circostanze idonee a giustificarne l'abbandono Cass. numero 28290/2011 c il valore delle tabelle milanesi va inteso non già nel senso che le dette tabelle ed i loro adeguamenti siano divenute esse stesse in via diretta una normativa di diritto, bensì nel senso che esse forniscono gli elementi per concretare il concetto elastico previsto nella norma dell'articolo 1226 c.c. norma questa che necessariamente viene in rilievo allorquando debba liquidarsi il danno non patrimoniale, che per definizione non si presta ad essere provato nel suo preciso ammontare . In sostanza, come è stato rilevato Cass. numero 4447/2014 è come se questa Corte avesse riscontrato, come Le compete nella ricerca del significato di ogni elemento testuale di cui si compone una norma dell'ordinamento, che il concetto di valutazione equitativa previsto nell'articolo 1226, una volta applicato al problema della liquidazione del danno non patrimoniale alla persona, esige, per gli svolgimenti che il problema ha avuto nelle applicazioni pratiche, che si debba fare riferimento alle Tabelle Milanesi come basate su criteri che, per il fatto stesso che hanno svolto efficacia persuasiva di gran lunga prevalente nelle applicazioni giurisprudenziali, sono idonee a meglio individuare il concetto di liquidazione equitativa di quel danno . In definitiva, poiché dette Tabelle rilevano come parametri per la valutazione equitativa del danno non patrimoniale alla persona e, dunque, per l'individuazione di un elemento di una norma giuridica, qual è quella dell'articolo 1226 c.c., il motivo si può ritenere correttamente dedotto in iure ai sensi dell'articolo 360 c.p.c. numero 3, là dove prospetta in buona sostanza che la Corte territoriale avrebbe male applicato le Tabelle, perché così facendo denuncia un errore di violazione dell'articolo 1226 c.c. Tanto premesso e ribadito, occorre aggiungere che a ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale mediante l'applicazione del criterio tabellare, il danneggiato ha l'onere di chiedere che la liquidazione avvenga in base alle tabelle, ma non anche quello di produrle in giudizio, in quanto esse, pur non costituendo fonte del diritto, integrano il diritto vivente nella determinazione del danno non patrimoniale conforme a diritto Cass. numero 33005/2021 b in assenza di diverse disposizioni di legge, il danno alla persona dev'essere liquidato sulla base delle regole vigenti al momento della liquidazione, e non già al momento del fatto illecito Cass. numero 19229/2022 . Di tali principi di diritto non ha tenuto conto la corte territoriale che, nel liquidare il danno terminale tanatologico ha applicato le Tabelle di Milano del 2014, mentre avrebbe dovuto applicare quelle pubblicate nel 2018, anteriori di oltre due anni rispetto alla data di deliberazione della sentenza qui impugnata. D'altronde il ricorrente ha correttamente specificato, come era suo onere fare, come, nel caso in esame, l'applicazione delle tabelle milanesi avrebbe generato un esito maggiormente adeguato e corretto, in relazione all'effettivo danno concretizzatosi, della quantificazione operata dal giudice d'appello. Invero, ha osservato che la corte territoriale, per il danno tanatologico, ha utilizzato un mixtum tra il danno biologico terminale, liquidato secondo i valori massimi delle Tabelle di Milano 2014, ed il danno catastrofale da lucida agonia, facendo riferimento ad un criterio equitativo puro, che è stato superato dalle Tabelle di Milano 2018, secondo le quali detto criterio può e deve essere esercitato mediante l'utilizzo della personalizzazione fino al 50%. Occorre aggiungere che il giudice di merito può far ricorso alla prova presuntiva ex articolo 2729 c.c. per fondare il proprio convincimento in punto di prova della sofferenza delle lesioni, ma sulle sensazioni interiori, sugli stati d'animo, sulla consapevolezza di dover morire non può adottarsi legittimamente alcun ragionamento presuntivo in difetto di riscontro di documentazione medica e/o di testi che sentirono esternazioni di tale tipo. In altri termini, come di recente precisato Cass. numero 5753/2024 , una volta ammessa la distinzione tra la sofferenza avente base organica il c.d. dolore nocicettivo e la sofferenza non avente base organica il c.d. dolore psicosociale , non vi è alcuna implicazione reciproca tra l'una e l'altra dunque è corretta la decisione di merito che, dinanzi ad un caso di sopravvivenza quodam tempore, incrementi il risarcimento del danno biologico temporaneo per tenere conto dell'intensità e della gravità delle lesioni, ma non ravvisi un pregiudizio non patrimoniale da lucida agonia . 4. I motivi numero 3, numero 3 bis e numero 3 ter sono anch'essi trattati qui congiuntamente, in quanto concernono tutti la statuizione con cui la corte territoriale ha liquidato le spese di lite del secondo grado, in tesi difensiva, in modo immotivato, arbitrario ed in totale difformità da quanto previsto dal d.m. 55/2014 . Precisamente 4.1. Con il motivo terzo la compagnia ricorrente, in relazione all'articolo 360 co.1 numero 3 c.p.c., denuncia violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto con riferimento all'articolo 10 cpc ed al D.M. 55/2014 e, segnatamente, agli articolo 2-4-5 e relative tabelle parametri forensi numero 1 e 2 nonché all' insegnamento della S.comma sul punto. Violazione degli articolo 91-92 c.p.c. . Si duole che la corte territoriale ha liquidato nel p.q.m. ben 42.095,30 Euro senza considerare che a lo scaglione tariffario della decisione era quello fino a 520 mila euro b nella fase di appello non vi era stata fase istruttoria e/o decisoria. Deduce che l'accoglimento parziale del motivo numero 3 dell'appello principale, in virtù del quale la Corte ha riliquidato in minus il danno non patrimoniale in favore di Ca.Ge. e Ga.Vi. dagli originari Euro 300 mila e Euro 60 mila liq. in sentenza di I grado, ad Euro 210 mila e Euro 42 mila, sent. 2 gr. pagg.23-24 punti 9.5 e 9.6 avrebbe dovuto determinare la compensazione, almeno parziale, delle spese di lite verso questi due soggetti. Richiama precedenti con cui questa Corte ha ritenuto legittima la compensazione ancorché parziale delle spese in caso di divario più o meno notevole tra quanto domandato e quanto attribuito dal Giudice S.comma 812/2020, 22021/2018, 901/2012, 8532/200, 2653/1994 . Con il motivo terzo-bis, in relazione all'articolo 360 co.1 numero 5 c.p.c., denuncia motivazione apparente e/o contradittoria od illogica e, comunque, non collimante con la liquidazione e, pertanto, nulla con riferimento agli articolo 111 co.6 Cost.ne e 132 co.2 numero 4 c.p.c. in ordine alla liquidazione delle spese di lite ed ai parametri di cui al D.M. 55/2014 Osserva che la corte territoriale ha liquidato nel dispositivo la somma di Euro 42.095,30 in blocco, senza alcun riferimento alle fasi in cui si è snodato il giudizio di secondo grado e senza alcun calcolo relativo ai compensi per le varie fasi. Si duole che ciò ha determinato la impossibilità di ricostruire il percorso logico-giuridico sulla base del decisum e, quindi, di poter comprendere la effettiva ratio liquidandi. Con il motivo terzo ter, in relazione all'articolo 360 co.1 numero 4 c.p.c., denuncia nullità della sentenza in parte qua con riferimento agli articolo 111 co.6 Cost.ne e 132 co.2 numero 4 e 156 co.2 c.p.c. . Sostiene che la corte territoriale, non avendo adeguatamente motivato la effettiva liquidazione nel PQM nel senso che la motivazione non collimerebbe con quanto esternato nelle premesse motivazionali di pag. 32 , sarebbe incorsa anche nel vizio denunciato con il motivo in esame. 4.2. I motivi in esame, una volta cassata la sentenza in accoglimento dei motivi 2 e 2-bis, restano assorbiti, in quanto le statuizioni sulle spese restano caducate a norma dell'articolo 336, primo comma, c.p.c. 5. Per le ragioni che precedono, dell'impugnata sentenza s'impone la cassazione in relazione al motivo 2 ed al motivo 2-bis, dichiarati inammissibili i motivi 1 e 1-bis ed assorbiti i motivi 3, 3-bis e 3-ter. Ne segue il rinvio alla Corte d'Appello di L'Aquila, che, in diversa composizione, procederà a nuovo esame dando applicazione ai principi, sopra esposti. Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione. Stante l'accoglimento del ricorso, non sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della compagnia ricorrente, ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater, D.P.R. 30 maggio 2002 numero 115, nel testo introdotto dall'articolo 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, numero 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello eventualmente dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13. P.Q.M. La Corte accoglie i motivi 2 e 2-bis, e, dichiarati inammissibili i motivi 1 e 1-bis ed assorbiti i motivi 3, 3-bis e 3-ter, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di L'Aquila, in diversa composizione personale, perché proceda a nuovo e motivato esame dell'atto di appello tenendo conto dei principi indicati nella motivazione che precede. Così deciso in Roma, il 2 maggio 2024, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile. Depositata in Cancelleria il 16 luglio 2024.