L’articolo 17, comma 1, lettera h , della legge numero 247 del 2012 fissa in positivo il requisito della condotta irreprensibile, ma non determina il contenuto della regola giuridica in via generale ed astratta, secondo la tecnica della norma a fattispecie. Nel ricostruire l’ambito e la portata di questa disposizione, il giudice deve evitare di attribuire ad essa significati incostituzionali, attribuendo alla mera pendenza del carico penale una valenza automaticamente ostativa.
E', pertanto, illegittima la pronuncia del Consiglio nazionale forense, che, nel basarsi esclusivamente, quanto alla sussistenza della condotta ostativa, sulla condizione di imputato del richiedente, per fatti di circa nove anni addietro, ha finito con l'ancorare il proprio orizzonte conoscitivo e valutativo a quella condizione, incorrendo in una incoerenza metodologica rispetto alla linea tendenziale dell'ordinamento di radicare il presupposto di operatività delle misure limitative extrapenali nell'avvenuto accertamento della responsabilità penale del sottoposto mediante l'emissione di una pronuncia di condanna, sia pure non definitiva. Il giudizio di primo grado Il Consiglio dell'ordine degli avvocati di Palermo ha rigettato l'istanza del dott. A.L. di essere iscritto nel registro dei praticanti avvocati. Il Consiglio dell'ordine ha ravvisato la ragione ostativa all'accoglimento dell'istanza nell'insussistenza, in capo al richiedente, del requisito della «condotta irreprensibile secondo i canoni previsti dal codice deontologico forense», di cui alla lettera h del comma 1 dell'articolo 17 della legge 31 dicembre 2012, numero 247. Il COA ha dato rilievo al fatto che il dott. L. ha riportato una condanna per il delitto previsto e punito dall'articolo 392 c.p. esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose , è sottoposto a procedimento penale per il delitto di ricettazione commesso nell'ambito di procedimenti giurisdizionali e ha in corso altri procedimenti penali, per guida sotto l'influenza dell'alcool e per calunnia. Il giudizio di secondo grado Avverso il rigetto dell'istanza il dott. L. ha proposto ricorso innanzi al Consiglio nazionale forense d'ora in poi anche CNF . Il CNF ha respinto il ricorso. Secondo il Consiglio nazionale forense, la delibera impugnata, sebbene motivata succintamente, ha dato, comunque, atto della complessiva posizione del dott. L., attinto sia da una sentenza di condanna, seppur datata, sia da altri procedimenti, ancora in itinere. Sulla base di queste circostanze, il CNF ha ritenuto che il Consiglio dell'ordine territoriale, con una valutazione d'insieme, abbia correttamente ravvisato la sussistenza di elementi ostativi all'iscrizione. I comportamenti, penalmente rilevanti, posti in essere dal richiedente denotano, ad avviso del CNF, la mancanza dell'autorevolezza, della credibilità e dell'affidabilità necessarie per essere iscritti nel registro dei praticanti. Il ricorso per cassazione Per la cassazione della sentenza del Consiglio nazionale forense il dott. A.L. ha proposto ricorso sulla base di un unico motivo. Con esso il dott. L. denuncia la violazione dei principi di eguaglianza, proporzionalità e ragionevolezza, dei principi informatori la funzione rieducativa della pena e la presunzione di non colpevolezza di cui agli articolo 3,4,25 e 27 Cost., nonché dell'articolo 6 CEDU, in riferimento all'articolo 360, primo comma, numero 3, c.p.c. Nella fattispecie in esame, il dott. L., alla data di presentazione della domanda di iscrizione, versava nella seguente condizione aveva riportato una condanna alla multa di euro 2.000, con sentenza divenuta irrevocabile il 10 dicembre 2015 e con il beneficio della sospensione condizionale della pena. Alla data della presentazione dell'istanza di iscrizione nel registro dei praticanti 27 gennaio 2022 erano trascorsi i termini e ricorrevano le condizioni perché il reato fosse dichiarato estinto ai sensi degli articolo 163,178 e 179 c.p. Il dott. L. era anche imputato in altri procedimenti penali per fatti precedenti il 10 dicembre 2015 data in cui la prima condanna era divenuta definitiva e come tale – si sostiene nel ricorso – presunto non colpevole ai sensi dell'articolo 27, secondo comma, Cost. e dell'articolo 6 CEDU. La decisione delle S.U. La complessiva doglianza interroga il Supremo Collegio sulla portata, alla luce delle direttive generali dell'ordinamento, dell'articolo 17, comma 1, lettera h , della legge professionale forenze, numero 247 del 2012, il quale indica tra i requisiti necessari per l'iscrizione all'albo degli avvocati e, in forza del comma 4 della stessa disposizione, nel registro dei praticanti l'«essere di condotta irreprensibile secondo i canoni previsti dal codice deontologico forense». L'interpretazione dell'articolo 17, comma 1, lettera h della legge professionale forense La norma introduce una clausola elastica. Come tale, essa reca un dispositivo di adattamento della norma ordinaria alla specificità del caso individuale, filtrato attraverso i canoni previsti dal codice deontologico dell'ordinamento professionale. Nella ricostruzione del significato dell'enunciato entrano in gioco anche i principi costituzionali evocati dal ricorrente ragionevolezza e presunzione di non colpevolezza . Ai sensi dell'articolo 17, costituisce requisito per l'iscrizione non essere sottoposto ad esecuzione di pene detentive, di misure cautelari o interdittive lettera f e il non avere riportato condanne per i reati di cui all'articolo 51, comma 3-bis, c.p.p. nonché per i delitti di falsa testimonianza, falsa perizia o interpretazione, frode processuale, false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all'autorità giudiziaria o alla Corte penale internazionale, intralcio alla giustizia, induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria, patrocinio o consulenza infedele, altre infedeltà del patrocinatore e del consulente tecnico, previsti dagli articolo 372, 373, 374, 374-bis, 377, 377-bis, 380 e 381 c.p. lettera g . L'essere di condotta irreprensibile secondo i canoni previsti dal codice deontologico forense costituisce un requisito di chiusura e completamento un requisito che, affidato a una formula meno enfatica e solenne, e più circostanziata, rispetto a quella previgente, prende il posto della condotta “specchiatissima ed illibata”, alla quale si riferiva, all'articolo 17, la legge professionale forense del 1933 regio decreto-legge numero 1578 del 1933 . Si tratta, quindi, di un requisito sulle qualità morali del richiedente, rivolto ad assicurare, nell'interesse pubblico, il corretto svolgimento dell'attività o della pratica professionale e l'affidamento della collettività e della clientela, il cui riscontro negativo può dipendere da condotte del soggetto interessato, costituenti reato ma non solo , comunque significative di una menomazione della propria reputazione personale e dell'immagine della professione che si vorrebbe svolgere. Non possono essere considerate né valutate in termini preclusivi dell'iscrizione condotte che, per la loro natura, per la loro occasionalità o per la loro distanza nel tempo, o per altri motivi comunque significativi di una scarsa lesività in concreto, non appaiano ragionevolmente suscettibili di incidere attualmente cioè al momento in cui il requisito della condotta assume rilievo sulla affidabilità di colui che aspira ad iscriversi. Ove, infatti, si debba procedere a valutazioni suscettibili di precludere in via definitiva la possibilità delle persone di svolgere un'attività professionale che richieda l'iscrizione ad un albo, i requisiti reputazionali devono essere apprezzati con sufficiente rigore e colti, con uno sguardo aperto agli interessi confliggenti su cui vanno ad incidere, in una dimensione funzionale, valutandone l'incidenza e la ricaduta sullo svolgimento delle attività rispetto alle quali quella valutazione si pone come prodromica Cass., Sez. II, 21 gennaio 2014, numero 1171 . A tal fine, la valutazione deve ricomprendere la natura e l'occasionalità delle condotte ostative, la distanza nel tempo e, comunque, tutti quegli elementi che consentono di poter valutare l'affidabilità del soggetto all'espletamento della professione o allo svolgimento della pratica professionale. C'è, insomma, un confine di compatibilità, oltrepassato il quale il diniego di iscrizione si risolve in un illegittimo sacrificio del diritto dell'interessato e ci sono differenti gradi di disvalore che necessariamente connotano i fatti concreti sussumibili nell'alveo della clausola elastica, cui pure l'interprete deve rivolgere una doverosa considerazione. Quantunque la valutazione della presenza o meno del requisito della condotta irreprensibile sia connotata da ampia discrezionalità, nondimeno occorre che l'Ordine professionale proceda ad un adeguato apprezzamento della situazione di fatto e motivi la ritenuta insussistenza del requisito delle qualità morali in relazione alle circostanze concrete del caso e alle ragioni per le quali l'aspirante non darebbe affidamento per il futuro, tenuto conto dell'attività che questi è chiamato a esercitare. L'Ordine professionale, in particolare, nell'operare la valutazione della condotta irreprensibile secondo i canoni del codice deontologico, deve accertare se i fatti commessi dal soggetto che chiede l'iscrizione siano tali da dar luogo, all'esito di un procedimento disciplinare, all'applicazione di una sanzione interdittiva. I criteri che devono orientare il Giudice speciale Due profili del complessivo tessuto normativo orientano in una direzione contrassegnata dalla necessità di ricercare la ricaduta funzionale della condotta e il rispetto del principio di proporzionalità. Per un verso, la connessione, sotto il profilo lessicale, tra la qualificazione in termini di irreprensibilità della condotta e i canoni previsti dal codice deontologico forense, essenziali per la realizzazione e la tutela dell'affidamento della collettività e della clientela, della correttezza dei comportamenti, della qualità ed efficacia della prestazione professionale, e applicabili anche ai comportamenti nella vita privata quando, per la mancata osservanza dei doveri di probità, dignità e decoro, risulti compromessa la reputazione personale dell'interessato o l'immagine della professione forense. Per l'altro verso, l'inserimento del requisito in questione, disciplinato dalla lettera h , in un sistema – quello prefigurato dalle lettere f e g – che dà rilievo, in funzione preclusiva, non a qualsiasi fatto penalmente rilevante, ma soltanto a quelle condotte caratterizzate da una significativa gravità. Ne consegue che il giudice speciale dell'Ordinamento professionale forense e, prima ancora, il Consiglio dell'ordine territoriale , nell'operare la valutazione della condotta irreprensibile secondo i canoni del codice deontologico, deve, in particolare, accertare se i fatti commessi dal soggetto che chiede l'iscrizione abbiano il connotato della gravità e siano, pertanto, indicativi di una non idoneità dell'interessato, sotto il profilo della onorabilità, a svolgere la professione o la pratica forense. A fronte dell'entità delle ripercussioni che il diniego di iscrizione nel registro dei praticanti è suscettibile di produrre sui diritti fondamentali della persona interessata, e tenuto conto che l'iscrizione nel registro dei praticanti è finalizzata alla formazione del tirocinante ai fini del superamento dell'esame di Stato, una lettura costituzionalmente orientata, sotto il profilo del principio di ragionevolezza, postula che sia effettuata una valutazione di proporzionalità, dal peculiare angolo visuale della ricaduta sulla inidoneità dell'aspirante, sotto il profilo morale, a svolgere la pratica forense, in relazione anche alle esigenze di salvaguardia dell'immagine della classe forense. Si tratta di un approdo interpretativo che si muove nell'ottica della garanzia della coerenza intrasistematica, mirando a garantire la non contraddittorietà della portata della lettera h rispetto alla ratio dello stesso corpus normativo nel quale la previsione è inserita. I vizi della sentenza impugnata La sentenza impugnata si presenta carente sotto il profilo della ricostruzione della portata del requisito in questione. La conseguenza è il deficit nell'operazione di sussunzione, rilevante sotto il profilo della denunciata violazione di legge. La valutazione della condanna penale Innanzitutto, con riguardo all'intervenuta condanna penale per il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose, il giudice dell'iscrizione non ha considerato la risalenza nel tempo della condotta e della sentenza divenuta irrevocabile che ha applicato al dott. L. una pena pecuniaria euro 2.000 di multa , né ha valutato in termini concreti le conseguenze della commissione di tale reato sulla affidabilità del soggetto in ordine al corretto svolgimento della pratica forense. La presa in esame della risalenza nel tempo avrebbe consentito di avere riguardo all'eventuale percorso di cambiamento intrapreso dal condannato, la cui personalità è pensata dalla Costituzione come sempre aperta a una possibile, e auspicabile, evoluzione. La condizione di imputato Quanto, poi, alle altre vicende per le quali da tempo pende procedimento penale per ricettazione, guida in stato di ebbrezza e calunnia , la sentenza del CNF ha dato rilievo, puramente e semplicemente, alla condizione di imputato del dott. L., senza circostanziare, nella collocazione temporale e nella dimensione effettuale, le condotte che sarebbero state ascritte all'istante e senza darsi cura di precisare se su tali condotte sia mai intervenuta una sentenza, sia pure non definitiva, affermativa della penale responsabilità. In altri termini, rispetto a queste vicende, la sentenza del CNF non indica se sia stato compiuto un accertamento giudiziale, per quanto ancora non definitivo, della responsabilità del dott. L. Viene, allora, in rilievo la questione del se, e fino a che punto, l'ipotetica attribuzione di un reato al richiedente l'iscrizione possa essere valutata per accertare il requisito della condotta irreprensibile. Per rispondere al quesito, occorre muovere dalla constatazione che, per il solo fatto di essere sottoposto al processo, l'imputato viene a trovarsi in una posizione particolare. Accanto alle ripercussioni, inevitabili, dell'imputazione sul piano sociale nella pubblica opinione e specificamente nella vita di relazione dell'individuo , si tratta di valutare se l'ordinamento consenta o meno di desumerne una ricaduta negativa, al di fuori dell'ambito strettamente processuale, sul piano del requisito morale della condotta irreprensibile ai fini della iscrizione nel registro dei praticanti o, più in generale, all'albo degli avvocati se, cioè, dalla sottoposizione al processo derivi una menomazione giuridica che si espande anche al di fuori del processo. La linea tendenziale dell'ordinamento Il Collegio delle Sezioni Unite ritiene opportuno porre a confronto il diritto vivente, formatosi sulla portata della norma per l'accesso alla professione forense, con una recente linea tendenziale dell'ordinamento. La linea tendenziale è che lo specifico presupposto di operatività di effetti extrapenali riposa sulla necessità che l'accertamento della responsabilità penale sia stata oggetto di un primo vaglio giudiziario, sicché sia ravvisabile un nesso affidabile – quale riflesso del diritto dell'indagato a non essere considerato colpevole, nel procedimento penale, sino all'emanazione di un provvedimento irrevocabile di condanna – tra la possibile responsabilità penale e l'idoneità a svolgere determinate attività richiedenti particolari requisiti di moralità. È ricorrente, infatti, l'evenienza che l'ordinamento riconnetta, all'accertamento di specifici delitti, identificati in base al bene giuridico tutelato dalle relative norme incriminatrici o in base all'entità della pena da queste comminata, la produzione di effetti extrapenali, con implicazioni limitative delle facoltà inerenti ai diritti soggettivi delle persone interessate dall'accertamento medesimo. Al di fuori del settore delle leggi antimafia nel quale le esigenze di prevenzione trovano la loro massima espressione, queste misure extrapenali scattano in genere quando l'accertamento penale ha raggiunto un certo stadio di affidabilità, corrispondente, se non al grado di certezza derivante dalla emissione di una sentenza definitiva di condanna o di applicazione della pena oppure di un decreto penale irrevocabile, quanto meno a quello derivante da una condanna non definitiva Corte cost., sentenza numero 152 del 2022 . Le conclusioni delle S.U. Tornando alla disposizione dell'articolo 17, comma 1, lettera h , della legge numero 247 del 2012, essa fissa in positivo il requisito della condotta irreprensibile, ma non determina il contenuto della regola giuridica in via generale ed astratta, secondo la tecnica della norma a fattispecie. Nel ricostruire l'ambito e la portata di questa disposizione, il giudice deve evitare di attribuire ad essa significati incostituzionali, attribuendo alla mera pendenza del carico penale una valenza automaticamente ostativa. Nella specie, la pronuncia del Consiglio nazionale forense, nel basarsi esclusivamente, quanto alla sussistenza della condotta ostativa, sulla condizione di imputato del richiedente, per fatti di circa nove anni addietro, ha finito con l'ancorare il proprio orizzonte conoscitivo e valutativo a quella condizione, incorrendo in una incoerenza metodologica rispetto alla linea tendenziale dell'ordinamento di radicare il presupposto di operatività delle misure limitative extra-penali nell'avvenuto accertamento della responsabilità penale del sottoposto mediante l'emissione di una pronuncia di condanna, sia pure non definitiva. Il CNF avrebbe dovuto considerare se le condotte, non prossime nel tempo e per le quali l'imputato si era dichiarato innocente, fossero state accertate anche dal giudice penale, ancorché con sentenza non ancora divenuta irrevocabile, e, in caso positivo, valutare se esse, per il loro concreto disvalore secondo i canoni previsti dal codice deontologico forense, fossero tali da incidere, anche considerando l'epoca della loro commissione, sulla reputazione e sull'immagine dell'aspirante a svolgere il ruolo attribuito dall'ordinamento al professionista forense.
Presidente Cassano – Relatore Giusti Fatti di causa 1. - Il Consiglio dell'ordine degli avvocati d'ora in poi anche COA di Palermo, con delibera assunta nell'adunanza del 17 febbraio 2022, ha rigettato l'istanza del dott. Lu.Anumero di essere iscritto nel registro dei praticanti avvocati. Il Consiglio dell'ordine ha ravvisato la ragione ostativa all'accoglimento dell'istanza nella insussistenza, in capo al richiedente, del requisito della condotta irreprensibile secondo i canoni previsti dal codice deontologico forense , di cui alla lettera h del comma 1 dell'articolo 17 della legge 31 dicembre 2012, numero 247. Il COA ha dato rilievo al fatto che il dott. Lu.Anumero ha riportato una condanna per il delitto previsto e punito dall'articolo 392 cod. penumero esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose , è sottoposto a procedimento penale per il delitto di ricettazione commesso nell'ambito di procedimenti giurisdizionali e ha in corso altri procedimenti penali, per guida sotto l'influenza dell'alcool e per calunnia. 2. - Avverso il rigetto dell'istanza il dott. Lu.Anumero ha proposto ricorso innanzi al Consiglio nazionale forense d'ora in poi anche CNF . 3. - Il CNF ha respinto il ricorso. Secondo il Consiglio nazionale forense, la delibera impugnata, sebbene motivata succintamente, ha dato comunque atto della complessiva posizione del dott. Lu.Anumero , attinto sia da una sentenza di condanna, seppur datata, sia da altri procedimenti, ancora in itinere. Sulla base di queste circostanze, il CNF ha ritenuto che il Consiglio dell'ordine territoriale, con una valutazione d'insieme, ha correttamente ravvisato la sussistenza di elementi ostativi all'iscrizione. I comportamenti, penalmente rilevanti, posti in essere dal richiedente denotano, ad avviso del CNF, la mancanza dell'autorevolezza, della credibilità e dell'affidabilità necessarie per essere iscritti nel registro dei praticanti. In generale, secondo il Consiglio nazionale forense, ai fini della sussistenza del requisito della condotta irreprensibile, i comportamenti non conformi alla disciplina positiva o alle regole deontologiche rilevano in quanto idonei ad incidere negativamente sull'affidabilità del richiedente, anche e soprattutto in ordine al corretto svolgimento dell'attività forense. La sussistenza di tale requisito - ha osservato il CNF - va esclusa allorché la valutazione compiuta in modo autonomo dal COA non abbia dato esiti positivi in forza di una valutazione complessiva e mirata, indipendente anche dall'esito dell'eventuale procedimento penale che possa aver coinvolto l'interessato con la conseguente condanna. Per il Consiglio nazionale forense, non possono in generale essere considerate ostative all'iscrizione nel registro dei praticanti condotte che, per la loro natura occasionale o per la loro distanza nel tempo, non appaiano suscettibili di incidere attualmente sull'affidabilità del soggetto in ordine al corretto svolgimento della specifica attività. Guardando al caso specifico, il CNF ha tuttavia considerato che il ricorrente, nel corso dell'interrogatorio avvenuto nel febbraio 2022, ha dichiarato a di essere stato condannato in via definitiva alla multa di Euro 2.000,00 con pena sospesa per il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose per avere rifiutato, quale amministratore di una società, di aprire un cancello per consentire ad un debitore della società, poi fallito, di recuperare un furgone che era stato consegnato a garanzia del pagamento del debito b ancora, di essere sottoposto a procedimento penale innanzi al Tribunale di Palermo per il reato di ricettazione ex articolo 648 cod. penumero l'accusa riguarda l'applicazione, in procedimenti dinanzi al giudice tributario, di alcuni contributi unificati provento di furto c di essere, infine, sottoposto a procedimento penale, sempre davanti al Tribunale di Palermo, per guida sotto l'influenza dell'alcool articolo 186 del codice della strada , procedimento in ordine al quale, da parte del dott. Lu.Anumero , è stata presentata una denuncia di falsità del verbale dei vigili urbani. Dalle dichiarazioni del dott. Lu.Anumero emerge, secondo l'Organo di giurisdizione speciale, un quadro di condotte non apprezzabili sotto il profilo morale, che non depone per una valutazione in positivo dei requisiti soggettivi occorrenti per l'iscrizione. Ad avviso del giudice speciale, l'avvocato deve sempre ispirarsi nel proprio agire ai doveri di dignità, probità e decoro, sia nella vita privata che nei rapporti con i terzi, come prescritto anche dal codice deontologico forense. Secondo la sentenza del CNF, la condotta tenuta dal ricorrente violerebbe gli articolo 9 e 63 del codice deontologico forense. Sono, infatti, censurabili, sotto il profilo deontologico, contegni posti in essere da avvocati, al di fuori dell'attività professionale, in violazione dei doveri di probità, dignità e decoro, quando ledano l'immagine e la dignità della professione. I fatti occorsi - ha osservato conclusivamente il Consiglio nazionale forense - hanno inciso negativamente sul prestigio, sulla dignità e sul decoro della classe forense, perché l'avvocato, in quanto collaboratore della giustizia, deve improntare la sua condotta a criteri di correttezza. 4. - Per la cassazione della sentenza del Consiglio nazionale forense il dott. Lu.Anumero ha proposto ricorso, con atto notificato il 22 novembre 2023, sulla base di un unico motivo. 5. - Nessuno degli intimati ha svolto attività difensiva in questa sede. 6. - In prossimità dell'udienza, il Pubblico Ministero ha depositato una memoria, chiedendo che la Corte respinga il ricorso. L'Ufficio del Procuratore generale sottolinea che la motivazione della sentenza impugnata, comunque congrua e logicamente conseguente alle risultanze acquisite, valutate alla luce della normativa applicabile, non appare sindacabile dalle Sezioni Unite, non integrando né la mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico, né una motivazione apparente o incomprensibile o che presenti un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili. Il generale comportamento del richiedente non consentirebbe una valutazione in positivo dei requisiti soggettivi occorrenti per l'iscrizione e ciò in considerazione della condanna definitiva per il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose e degli altri procedimenti penali in corso. Ragioni della decisione 1. - Il ricorso per cassazione è affidato ad un solo motivo. Con esso il dott. Lu.Anumero denuncia la violazione dei principi di eguaglianza, proporzionalità e ragionevolezza, dei principi informatori la funzione rieducativa della pena e la presunzione di non colpevolezza di cui agli articolo 3,4,25 e 27 Cost., nonché dell'articolo 6 CEDU, in riferimento all'articolo 360, primo comma, numero 3, cod. proc. civ. Il ricorrente ricorda che, secondo la Corte europea dei diritti dell'uomo, la presunzione di innocenza impone condizioni riguardanti in particolare l'onere della prova e il diritto di non contribuire all'auto-incriminazione, non dovendo il giudice partire dall'idea preconcetta che l'imputato abbia commesso il fatto di cui è accusato. Inoltre, il dubbio deve giovare all'imputato. Nella fattispecie in esame, il dott. Lu.Anumero , alla data di presentazione della domanda di iscrizione, versava nella seguente condizione aveva riportato una condanna alla multa di Euro 2.000,00 con sentenza divenuta irrevocabile il 10 dicembre 2015 e con il beneficio della sospensione condizionale della pena. Alla data della presentazione dell'istanza di iscrizione nel registro dei praticanti 27 gennaio 2022 - si rileva - erano trascorsi i termini e ricorrevano le condizioni perché il reato fosse dichiarato estinto ai sensi degli articolo 163,178 e 179 cod. penumero Il dott. Lu.Anumero era anche imputato in altri procedimenti penali per fatti precedenti il 10 dicembre 2015 data in cui la prima condanna era divenuta definitiva e come tale - si sostiene nel ricorso - presunto non colpevole ai sensi dell'articolo 27, secondo comma, Cost. e dell'articolo 6CEDU. Il ricorrente ricorda inoltre che l'iscrizione nel registro dei praticanti è finalizzata alla formazione del tirocinante ai fini del superamento dell'esame di Stato. La decisione impugnata avrebbe omesso di considerare questioni decisive riguardanti diritti inviolabili che, se opportunamente valutate, avrebbero comportato l'accoglimento del ricorso. Le circostanze trascurate sarebbero le seguenti a il reato per il quale il ricorrente era stato condannato era estinto ai sensi degli articolo 163,178 e 179 cod. penumero b la sola qualità di imputato non consentiva di ritenere colpevole il ricorrente, che si è protestato innocente c la preclusione della formazione finalizzata al superamento degli esami di Stato vanificherebbe sine die le aspettative riposte negli studi sostenuti e il diritto al lavoro secondo le proprie possibilità e la propria scelta. 2. - Il motivo è fondato, nei termini e nei limiti di seguito precisati. 3. - La complessiva doglianza interroga questa Corte sulla portata, alla luce delle direttive generali dell'ordinamento, dell'articolo 17, comma 1, lettera h , della legge professionale forense, numero 247 del 2012, il quale indica tra i requisiti necessari per l'iscrizione all'albo degli avvocati e, in forza del comma 4 della stessa disposizione, nel registro dei praticanti Tessere di condotta irreprensibile secondo i canoni previsti dal codice deontologico forense . 4. - È opportuna una premessa di ordine generale sull'enunciato normativo e sul contesto in cui esso si inserisce. 4.1. - Il citato articolo 17, comma 1, lettera h , introduce una clausola elastica. Come tale, essa reca un dispositivo di adattamento della norma ordinaria alla specificità del caso individuale, filtrato attraverso i canoni previsti dal codice deontologico dell'ordinamento professionale. Nella ricostruzione del significato dell'enunciato entrano in gioco anche i principi costituzionali evocati dal ricorrente ragionevolezza e presunzione di non colpevolezza , i quali - oltre a porsi, attraverso il giudizio incidentale affidato alla Corte costituzionale, come parametro di legittimità della normativa ordinaria - concorrono a plasmare, nel momento interpretativo e applicativo ad opera del giudice comune, la sostanza normativa della disposizione in modo da renderla conforme al patrimonio positivizzato di valori racchiusi in quei principi, anche di fonte convenzionale. 4.2. - Quanto, poi, allo specifico contesto in cui l'enunciato si colloca, va sottolineato che, ai sensi dell'articolo 17, costituisce requisito per l'iscrizione non essere sottoposto ad esecuzione di pene detentive, di misure cautelari o interdittive lettera f e il non avere riportato condanne per i reati di cui all'articolo 51, comma 3-bis, cod. proc. penumero nonché per i delitti di falsa testimonianza, falsa perizia o interpretazione, frode processuale, false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all'autorità giudiziaria o alla Corte penale internazionale, intralcio alla giustizia, induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria, patrocinio o consulenza infedele, altre infedeltà del patrocinatore e del consulente tecnico, previsti dagli articolo 372,373,374,374-bis, 377,377-bis, 380 e 381 cod. penumero lettera g . L'essere di condotta irreprensibile secondo i canoni previsti dal codice deontologico forense costituisce un requisito di chiusura e di completamento un requisito che, affidato a una formula meno enfatica e solenne, e più circostanziata, rispetto a quella previgente, prende il posto della condotta specchiatissima ed illibata , alla quale si riferiva, all'articolo 17, la legge professionale forense del 1933 regio decreto-legge numero 1578 del 1933 . Il requisito stabilito dalla nuova legge professionale forense permette al Consiglio dell'ordine di considerare altre condotte, non ricomprese nell'elenco della precedente lettera g , al fine di valutare se colui che chiede l'iscrizione all'albo degli avvocati o nel registro dei praticanti sia o meno affidabile per il corretto espletamento della professione o della pratica forense . Si tratta, quindi, di un requisito sulle qualità morali del richiedente, rivolto ad assicurare, nell'interesse pubblico, il corretto svolgimento dell'attività o della pratica professionale e l'affidamento della collettività e della clientela, il cui riscontro negativo può dipendere da condotte del soggetto interessato, costituenti reato ma non solo , comunque significative di una menomazione della propria reputazione personale e dell'immagine della professione che si vorrebbe svolgere. Nessuna rilevanza ostativa al riscontro negativo del requisito della condotta irreprensibile può attribuirsi alla circostanza che le violazioni della legge penale riguardino fatti non rientranti nell'attività professionale forense e comunque anteriori alla domanda. Il requisito di cui si discute non è limitato, infatti, alle condotte astrattamente rientranti nell'attività professionale forense, ma si estende alla, più generale, condotta dell'aspirante all'iscrizione. In ogni caso, affinché siano rispettati i principi costituzionali, e in particolare il principio di eguaglianza e le libertà fondamentali riconosciute dalla Costituzione, occorre operare una distinzione tra condotte aventi rilievo e incidenza rispetto alla affidabilità del soggetto per il corretto svolgimento dell'attività che viene in rilievo, e che dunque possono essere legittimamente oggetto di valutazione a questi effetti e condotte riconducibili esclusivamente a una dimensione privata o alla sfera della vita e della libertà individuale, come tali non suscettibili di essere valutate ai fini del requisito di iscrizione Corte cost., sentenza numero 311 del 1996 . Non possono essere considerate né valutate in termini preclusivi dell'iscrizione condotte che, per la loro natura, per la loro occasionalità o per la loro distanza nel tempo, o per altri motivi comunque significativi di una scarsa lesività in concreto, non appaiano ragionevolmente suscettibili di incidere attualmente cioè al momento in cui il requisito della condotta assume rilievo sulla affidabilità di colui che aspira ad iscriversi. Ove, infatti, si debba procedere a valutazioni suscettibili di precludere in via definitiva la possibilità delle persone di svolgere un'attività professionale che richieda l'iscrizione ad un albo, i requisiti reputazionali devono essere apprezzati con sufficiente rigore e colti, con uno sguardo aperto agli interessi confliggenti su cui vanno ad incidere, in una dimensione funzionale, valutandone l'incidenza e la ricaduta sullo svolgimento delle attività rispetto alle quali quella valutazione si pone come prodromica Cass., Sez. II, 21 gennaio 2014, numero 1171 . A tal fine, la valutazione deve ricomprendere la natura e l'occasionalità delle condotte ostative, la distanza nel tempo e, comunque, tutti quegli elementi che consentono di poter valutare l'affidabilità del soggetto all'espletamento della professione o allo svolgimento della pratica professionale. C'è, insomma, un confine di compatibilità, oltrepassato il quale il diniego di iscrizione si risolve in un illegittimo sacrificio del diritto dell'interessato e ci sono differenti gradi di disvalore che necessariamente connotano i fatti concreti sussumibili nell'alveo della clausola elastica, cui pure l'interprete deve rivolgere una doverosa considerazione. Quantunque la valutazione della presenza o meno del requisito della condotta irreprensibile sia connotata da ampia discrezionalità, nondimeno occorre che l'Ordine professionale proceda ad un adeguato apprezzamento della situazione di fatto e motivi la ritenuta insussistenza del requisito delle qualità morali in relazione alle circostanze concrete del caso e alle ragioni per le quali l'aspirante non darebbe affidamento per il futuro, tenuto conto dell'attività che questi è chiamato a esercitare. L'Ordine professionale, in particolare, nell'operare la valutazione della condotta irreprensibile secondo i canoni del codice deontologico, deve accertare se i fatti commessi dal soggetto che chiede l'iscrizione siano tali da dar luogo, all'esito di un procedimento disciplinare, all'applicazione di una sanzione interdittiva. 5. - Due profili del complessivo tessuto normativo orientano in una direzione contrassegnata dalla necessità di ricercare la ricaduta funzionale della condotta e il rispetto del principio di proporzionalità. Per un verso, la connessione, sotto il profilo lessicale, tra la qualificazione in termini di irreprensibilità della condotta e i canoni previsti dal codice deontologico forense, essenziali per la realizzazione e la tutela dell'affidamento della collettività e della clientela, della correttezza dei comportamenti, della qualità ed efficacia della prestazione professionale, e applicabili anche ai comportamenti nella vita privata quando, per la mancata osservanza dei doveri di probità, dignità e decoro, risulti compromessa la reputazione personale dell'interessato o l'immagine della professione forense. Per l'altro verso, l'inserimento del requisito in questione, disciplinato dalla lettera h , in un sistema - quello prefigurato dalle lettere f e g - che dà rilievo, in funzione preclusiva, non a qualsiasi fatto penalmente rilevante, ma soltanto a quelle condotte caratterizzate da una significativa gravità vuoi perché a seguito del loro compimento vi è stata la sottoposizione all'esecuzione di pene detentive o di misure cautelari e interdittive lettera g vuoi perché si tratta di condanne per delitti contro l'amministrazione della giustizia articolo 372,373,374,374-bis, 377,377-bis, 380 e 381 cod. penumero o per effetto del richiamo ai reati di cui all'articolo 51, comma 3-bis, cod. proc. penumero per i delitti, consumati o tentati, di cui agli articolo 416, sesto e settimo comma, cod. penumero , 416 cod. penumero , realizzato allo scopo di commettere taluno dei delitti di cui agli articolo 12, commi 1, 3 e 3-ter, e 12-bis del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, numero 286, 416 cod. penumero , realizzato allo scopo di commettere delitti previsti dagli articolo 473 e 474,517-quater, 600,601,602, 416-bis, 416-ter, 452-quaterdecies e 630 cod. penumero , per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonché per i delitti previsti dall'articolo 74 del testo unico approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, numero 309, e dall'articolo 291-quater del testo unico approvato con D.P.R. 23 gennaio 1973, numero 43. Ne consegue che il giudice speciale dell'Ordinamento professionale forense e, prima ancora, il Consiglio dell'ordine territoriale , nell'operare la valutazione della condotta irreprensibile secondo i canoni del codice deontologico, deve, in particolare, accertare se i fatti commessi dal soggetto che chiede l'iscrizione abbiano il connotato della gravità e siano, pertanto, indicativi di una non idoneità dell'interessato, sotto il profilo della onorabilità, a svolgere la professione o la pratica forense. A fronte dell'entità delle ripercussioni che il diniego di iscrizione nel registro dei praticanti è suscettibile di produrre sui diritti fondamentali della persona interessata, e tenuto conto che l'iscrizione nel registro dei praticanti è finalizzata alla formazione del tirocinante ai fini del superamento dell'esame di Stato, una lettura costituzionalmente orientata, sotto il profilo del principio di ragionevolezza, dell'articolo 17, comma 1, lettera h , della legge numero 247 del 2012 postula che sia effettuata una valutazione di proporzionalità, dal peculiare angolo visuale della ricaduta sulla inidoneità dell'aspirante, sotto il profilo morale, a svolgere la pratica forense, in relazione anche alle esigenze di salvaguardia dell'immagine della classe forense. Si tratta di un approdo interpretativo che si muove nell'ottica della garanzia della coerenza intrasistematica, mirando a garantire la non contraddittorietà della portata della lettera h rispetto alla ratio dello stesso corpus normativo nel quale la previsione è inserita. 6. - La sentenza impugnata si presenta carente sotto il profilo della ricostruzione della portata del requisito in questione. La conseguenza è il deficit nell'operazione di sussunzione, rilevante sotto il profilo della denunciata violazione di legge. 7. - Innanzitutto, con riguardo all'intervenuta condanna penale per il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose, il giudice dell'iscrizione non ha considerato la risalenza nel tempo della condotta e della sentenza divenuta irrevocabile che ha applicato al dott. Lu.Anumero una pena pecuniaria euro 2.000,00 di multa , né ha valutato in termini concreti le conseguenze della commissione di tale reato sulla affidabilità del soggetto in ordine al corretto svolgimento della pratica forense. La presa in esame della risalenza nel tempo avrebbe consentito di avere riguardo all'eventuale percorso di cambiamento intrapreso dal condannato, la cui personalità è pensata dalla Costituzione come sempre aperta a una possibile, e auspicabile, evoluzione. 8. - Quanto, poi, alle altre vicende per le quali da tempo pende procedimento penale per ricettazione, guida in stato di ebbrezza e calunnia , la sentenza del CNF ha dato rilievo, puramente e semplicemente, alla condizione di imputato del dott. Lu.Anumero , senza circostanziare, nella collocazione temporale e nella dimensione effettuale, le condotte che sarebbero state ascritte all'istante e senza darsi cura di precisare se su tali condotte sia mai intervenuta una sentenza, sia pure non definitiva, affermativa della penale responsabilità. In altri termini, rispetto a queste vicende, la sentenza del CNF non indica se sia stato compiuto un accertamento giudiziale, per quanto ancora non definitivo, della responsabilità del dott. Lu.Anumero 9. - Viene, allora, in rilievo la questione del se, e fino a che punto, l'ipotetica attribuzione di un reato al richiedente l'iscrizione possa essere valutata per accertare il requisito della condotta irreprensibile. 10. - Per rispondere al quesito, occorre muovere dalla constatazione che, per il solo fatto di essere sottoposto al processo, l'imputato viene a trovarsi in una posizione particolare. Accanto alle ripercussioni, inevitabili, dell'imputazione sul piano sociale nella pubblica opinione e specificamente nella vita di relazione dell'individuo , si tratta di valutare se l'ordinamento consenta o meno di desumerne una ricaduta negativa, al di fuori dell'ambito strettamente processuale, sul piano del requisito morale della condotta irreprensibile ai fini della iscrizione nel registro dei praticanti o, più in generale, all'albo degli avvocati se, cioè, dalla sottoposizione al processo derivi una menomazione giuridica che si espande anche al di fuori del processo. 11. - La giurisprudenza di questa Corte ha affermato che la presunzione di non colpevolezza dell'imputato fino alla condanna definitiva, posta dall'articolo 27, secondo comma, della Costituzione, non osta a che i fatti materiali addebitati all'imputato nel processo penale possano essere valutati a fini diversi, e quindi anche nella prospettiva del requisito della condotta irreprensibile, necessario per l'iscrizione nel registro dei praticanti Cass., Sez. Unumero , 9 novembre 1994, numero 9291 Cass., Sez. Unumero , 4 maggio 2004, numero 8429 Cass., Sez. Unumero , 25 novembre 2008, numero 28050 . 12. - Il Collegio delle Sezioni Unite ritiene opportuno porre a confronto il diritto vivente, formatosi sulla portata della norma per l'accesso alla professione forense, con una recente linea tendenziale dell'ordinamento. La linea tendenziale è che lo specifico presupposto di operatività di effetti extrapenali riposa sulla necessità che l'accertamento della responsabilità penale sia stata oggetto di un primo vaglio giudiziario, sicché sia ravvisabile un nesso affidabile - quale riflesso del diritto dell'indagato a non essere considerato colpevole, nel procedimento penale, sino all'emanazione di un provvedimento irrevocabile di condanna - tra la possibile responsabilità penale e l'idoneità a svolgere determinate attività richiedenti particolari requisiti di moralità. È ricorrente, infatti, l'evenienza che l'ordinamento riconnetta, all'accertamento di specifici delitti, identificati in base al bene giuridico tutelato dalle relative norme incriminatrici o in base all'entità della pena da queste comminata, la produzione di effetti extrapenali, con implicazioni limitative delle facoltà inerenti ai diritti soggettivi delle persone interessate dall'accertamento medesimo. Al di fuori del settore delle leggi antimafia nel quale le esigenze di prevenzione trovano la loro massima espressione, queste misure extrapenali scattano in genere quando l'accertamento penale ha raggiunto un certo stadio di affidabilità, corrispondente, se non al grado di certezza derivante dalla emissione di una sentenza definitiva di condanna o di applicazione della pena oppure di un decreto penale irrevocabile, quanto meno a quello derivante da una condanna non definitiva Corte cost., sentenza numero 152 del 2022 . Su queste basi, la Corte costituzionale, con la citata sentenza numero 152 del 2022, ha dichiarato costituzionalmente illegittima, per violazione dell'articolo 3 Cost., una disposizione contenuta nel D.Lgs. numero 20 del 2018, che prevedeva che i rappresentanti, gli amministratori e il personale addetto degli enti accreditati a svolgere i compiti di controllo e certificazione dei prodotti di agricoltura biologica non dovessero, tra l'altro, essere interessati da procedimenti penali in corso per delitti non colposi per i quali la legge commina la pena della reclusione non inferiore nel minimo a due anni o nel massimo a cinque anni, ovvero per certi delitti specificamente indicati. La Corte ha rilevato che il vulnus risiede nel fatto che la misura extrapenale limitativa di un diritto soggettivo era destinata a scattare, in correlazione con taluni delitti, sin dal momento della sottoposizione della persona al procedimento penale, senza richiedere non solo che l'accertamento penale fosse stato consacrato in una sentenza di condanna, anche non definitiva, ma prevedendo che esso potesse mancare del tutto. Analogamente, con la sentenza numero 8 del 2024, la Corte costituzionale, nel ribadire la necessità che l'accertamento della responsabilità penale sia stato almeno oggetto di un primo vaglio giudiziario, ha caducato una legge della Regione Puglia nella parte in cui prevedeva che la dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, da allegare alla domanda di ammissione all'esame di idoneità all'esercizio dei servizi di taxi e di noleggio con conducente, attestasse l'assenza di carichi pendenti. La giurisprudenza costituzionale insegna da tempo che il principio di non colpevolezza sino alla condanna definitiva è violato allorché la legge preveda una misura che costituisca, nella sostanza, una sanzione anticipata in assenza di un accertamento definitivo di responsabilità sentenze numero 206 del 1999, numero 239 e numero 141 del 1996 e numero 248 del 2019 . Non viola la presunzione di non colpevolezza la previsione normativa di un requisito rispondente ad una logica in senso lato cautelare sentenza numero 248 del 2019, in materia di esclusione dai finanziamenti regionali delle imprese i cui titolari abbiano riportato condanna, anche in via non definitiva, per certi reati contro l'amministrazione pubblica o il patrimonio sentenza numero 276 del 2016, in tema di sospensione dalle cariche elettive in caso di condanne non definitive per taluni reati sentenza numero 454 del 2000, in materia di inabilitazione del notaio sottoposto a procedimento disciplinare sentenza numero 206 del 1999, in tema di sospensione dall'ufficio dei dipendenti pubblici sottoposti a procedimento penale sentenza numero 563 del 1989, in materia di sospensione provvisoria dell'iscrizione all'albo nazionale dei costruttori in caso di condanna non definitiva per determinati reati . Una simile logica è stata ritenuta compatibile con la presunzione di non colpevolezza. Rispetto a una misura ispirata ad una finalità cautelare, infatti, la presunzione di non colpevolezza - ha precisato il Giudice delle leggi - potrebbe essere chiamata in causa solo indirettamente, in quanto la misura, per i suoi caratteri di irragionevolezza assoluta o di sproporzione o di eccesso rispetto alla funzione cautelare, dovesse in realtà apparire, non come una cautela ma come una sorta di sanzione anticipata, conseguente alla commissione del reato sentenza numero 206 del 1999 . Significative in questa medesima direzione appaiono anche le sentenze della Corte costituzionale numero 141 del 1996 e numero 172 del 2012, le quali - pur ritenendo assorbite le censure sollevate in riferimento all'articolo 27, secondo comma, Cost. - hanno dichiarato l'illegittimità costituzionale, la prima, della radicale incandidabilità a cariche elettive di coloro per i quali fosse stato disposto il mero rinvio a giudizio per determinati reati, in ragione degli effetti irreversibili di tale misura, come tali giustificabili soltanto sulla base di una sentenza definitiva di condanna nonché, la seconda, della previsione dell'impossibilità per il lavoratore extracomunitario di ottenere la regolarizzazione del proprio titolo di soggiorno in caso di condanna, definitiva o meno, per tutti i reati per i quali è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza. Della medesima linea di tendenza dell'ordinamento è espressione l'articolo 335-bis cod. proc. penumero inserito dall'articolo 15, comma 1, lettera b, del D.Lgs. 10 ottobre 2022, numero 150, a decorrere dal 30 dicembre 2022 , il quale chiarisce che la mera iscrizione nel registro di cui all'articolo 335 cod. proc. penumero non può, da sola, determinare effetti pregiudizievoli di natura civile o amministrativa per la persona alla quale il reato è attribuito. 13. - Anche la giurisprudenza del Consiglio di Stato Seconda Sezione, 12 giugno 2023, numero 5740 ha precisato che la pendenza di un procedimento penale a carico di un partecipante al concorso per l'arruolamento nelle forze armate o per l'assunzione nel corpo della Polizia penitenziaria, in coerenza con la presunzione di innocenza sancita dall'articolo 27 Cost., non può fondare alcuna valutazione negativa circa il possesso delle qualità morali e di condotta del candidato, così da giustificarne l'esclusione, ma semmai può costituire unicamente una circostanza che induce all'ammissione con riserva dell'aspirante, essendo comunque compito dell'amministrazione di vigilare sull'esito di un siffatto procedimento. Si è così statuito che è affetto da palese irragionevolezza il provvedimento che fondi la mancanza del requisito della condotta incensurabile sulla mera pendenza del procedimento penale in assenza di qualunque accertamento del fatto addebitato e di qualunque vaglio del giudice penale in ordine all'effettiva commissione del reato da parte del candidato . L'esclusione dal concorso, senza riserve e con carattere di definitività, per mancanza del requisito della condotta incensurabile sulla base della mera pendenza del procedimento penale si pone in contrasto con i principi costituzionali e non è conforme ai parametri di logicità, proporzionalità e adeguatezza dell'azione amministrativa, oltre che ai principi espressi dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo . 14. - Si tratta di un approdo interpretativo del quale si rinvengono applicazioni anche nella giurisprudenza del giudice a quo. Nella sentenza 30 settembre 2022, numero 157, infatti, il Consiglio nazionale forense ha affermato che l'ordinamento professionale non prevede una autonoma inibizione dell'iscrizione nei confronti di coloro che abbiano un procedimento penale in corso, tanto più quando si tratti di episodi risalenti nel tempo. Il giudice speciale ha rilevato che una interpretazione costituzionalmente conforme non può che consentire al soggetto richiedente la possibilità di dimostrare che egli è in possesso delle qualità necessarie per esercitare con decoro la professione. Conseguentemente - si sottolinea nella citata pronuncia - la valutazione del requisito della condotta irreprensibile deve essere compiuta in modo autonomo ed indipendente dal COA anche rispetto all'esito dell'eventuale procedimento penale. In quel caso, il CNF, nel ritenere meritevole di accoglimento il reclamo dell'interessato, ha valorizzato la risalenza dei fatti ad oltre undici anni addietro, la rinuncia alla prescrizione, il principio costituzionale di presunzione di non colpevolezza e l'assenza di elementi suscettibili di indicare una condotta che impedisca attualmente l'iscrizione. 15. - Tornando alla disposizione dell'articolo 17, comma 1, lettera h , della legge numero 247 del 2012, essa fissa in positivo il requisito della condotta irreprensibile, ma non determina il contenuto della regola giuridica in via generale ed astratta, secondo la tecnica della norma a fattispecie. Nel ricostruire l'ambito e la portata di questa disposizione, il giudice deve evitare di attribuire ad essa significati incostituzionali, attribuendo alla mera pendenza del carico penale una valenza automaticamente ostativa. Se la presunzione di non colpevolezza non preclude che i fatti materiali addebitati all'imputato nel processo penale possano essere valutati dall'Ordine professionale al fine di ritenere non soddisfatto il requisito della condotta irreprensibile, la considerazione, tuttavia, che l'imputazione penale non è ancora accertamento della responsabilità penale e l'osservanza di una regola di necessaria prudenza e cautela nell'adozione del provvedimento di diniego dell'iscrizione impongono - là dove il processo penale sia in corso da tempo - di non fermarsi allo stadio iniziale dell'avvio del processo, ma di tener conto del suo sviluppo, e quindi di valutare se vi sia stato un accertamento della responsabilità dell'imputato, sia pure non definitivo. È la dialettica del processo, infatti, con il dispiegarsi del contraddittorio, che consente di ricostruire in maniera completa la condotta e la specificità di ogni vicenda, dissipando le ombre e le incertezze e restituendo alla collettività un quadro oltre il ragionevole dubbio. La decisione del giudice non esaurisce la sua rilevanza nel legittimare un determinato trattamento punitivo il processo ha, innanzi tutto, una funzione di strumento gnoseologico, ponendosi come meta di un'attività conoscitiva in base alla quale si stabilisce se un illecito penale è stato commesso e se l'imputato ne è l'autore. 16. - Nella specie, la pronuncia del Consiglio nazionale forense, nel basarsi esclusivamente, quanto alla sussistenza della condotta ostativa, sulla condizione di imputato del richiedente, per fatti di circa nove anni addietro, ha finito con l'ancorare il proprio orizzonte conoscitivo e valutativo a quella condizione, incorrendo in una incoerenza metodologica rispetto alla linea tendenziale dell'ordinamento di radicare il presupposto di operatività delle misure limitative extrapenali nell'avvenuto accertamento della responsabilità penale del sottoposto mediante l'emissione di una pronuncia di condanna, sia pure non definitiva. Il CNF avrebbe dovuto considerare se le condotte, non prossime nel tempo e per le quali l'imputato si era dichiarato innocente, fossero state accertate anche dal giudice penale, ancorché con sentenza non ancora divenuta irrevocabile, e, in caso positivo, valutare se esse, per il loro concreto disvalore secondo i canoni previsti dal codice deontologico forense, fossero tali da incidere, anche considerando l'epoca della loro commissione, sulla reputazione e sull'immagine dell'aspirante a svolgere il ruolo attribuito dall'ordinamento al professionista forense. 17. - Il ricorso è accolto, nei sensi di cui in motivazione, e la sentenza impugnata è cassata. La causa deve essere rinviata al Consiglio nazionale forense, che la deciderà in diversa composizione. La complessità delle questioni affrontate giustifica la compensazione delle spese di legittimità. 18. - Sussistono i presupposti di cui all'articolo 52, comma 1, del D.Lgs. 30 giugno 2003, numero 196, a tutela dei diritti e della dignità della parte interessata, per disporre l'oscuramento delle generalità del ricorrente nonché di qualsiasi altro dato idoneo a identificarlo. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al Consiglio nazionale forense, in diversa composizione dichiara interamente compensate le spese del giudizio di cassazione. Ordina di procedere all'oscuramento delle generalità del ricorrente nonché di qualsiasi altro dato idoneo a identificare la stessa parte interessata. Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del 9 luglio 2024. Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2024.