Niente pensione di reversibilità per il figlio disabile non a carico

La reversibilità della pensione di inabilità sussiste solo se il figlio è completamente a carico della madre, successivamente deceduta. Deve sussistere, cioè, l’elemento della “vivenza a carico”.

La vicenda in esame riguarda la domanda proposta dal ricorrente nei confronti dell'INPS, volta a chiedere il pagamento in suo favore della pensione di reversibilità, quale figlio maggiorenne inabile e convivente a carico della madre a far data dalla data del decesso di quest'ultima. Il Tribunale rigettava la richiesta del ricorrente in quanto non vi era prova del requisito della vivenza a carico, alla luce del trattamento pensionistico di assistenza che       già percepiva pensione di invalidità e reddito di cittadinanza . La Corte d'Appello, per contro, ha ritenuto sussistente sia il requisito della vivenza a carico della madre da parte del ricorrente, anche per l'assenza di reddito imponibile, che il requisito sanitario. Contro la sentenza della Corte d'Appello, l'INPS ha proposto ricorso in Cassazione. I Giudici hanno chiarito che il requisito della vivenza a carico , se non si identifica indissolubilmente con lo stato di convivenza né con una situazione di totale soggezione finanziaria del soggetto inabile, «va considerato con particolare rigore, essendo necessario dimostrare che il genitore provvedeva, in via continuativa e in misura quanto meno prevalente, al mantenimento del figlio inabile, e tale accertamento di fatto è rimesso al giudice di merito» Cass. numero 9237/2018 . In buona sostanza, la Corte d'Appello avrebbe dovuto chiarire perché non erano da considerare sufficienti tali redditi a fronte delle reali esigenze di vita del ricorrente, e perché l'intervento di sostegno economico della madre doveva considerarsi effettuato in misura prevalente, a fronte dei sussidi economici che già percepiva. La Cassazione ha dunque accolto il ricorso dell'INPS, ritenendo corretto il ragionamento dei giudici di primo grado.

Presidente Berrino – Relatore Solani Rilevato che Con sentenza del 30.5.22 numero 277, la Corte d'appello di Torino accoglieva il gravame proposto da M.G., avverso la sentenza del tribunale di Asti che aveva respinto la domanda proposta da quest'ultimo nei confronti dell'Inps, volta a chiedere il pagamento in suo favore della pensione di reversibilità, quale figlio maggiorenne inabile e convivente a carico della madre C.R. a far tempo dalla data del decesso, oltre agli arretrati di legge, maturati all'attualità e oltre interessi e rivalutazione monetaria decorrenti dalla domanda amministrativa. Il tribunale ha respinto la domanda ritenendo non sufficientemente provato il requisito della vivenza a carico, alla luce del trattamento pensionistico di assistenza che già percepiva pensione di invalidità e reddito di cittadinanza che aveva indotto il primo giudice ad escludere che il M.G. dipendesse economicamente dalla madre. La Corte d'appello, per quanto ancora d'interesse, ha ritenuto sussistente sia il requisito della “vivenza a carico” della madre da parte del ricorrente, anche per l'assenza di reddito imponibile, che il requisito sanitario. Avverso la sentenza della Corte d'appello, l'Inps ricorre per cassazione, sulla base di tre motivi, mentre M.G. resiste con controricorso. Il Collegio riserva ordinanza, nel termine di sessanta giorni dall'adozione della presente decisione in camera di consiglio. Considerato che Con il primo motivo di ricorso, l'Inps deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell'articolo 22 della legge numero 903/65 e dell'articolo 2 della legge numero 222/84, in relazione all'articolo 360 primo comma numero 3 c.p.c., perché la Corte d'appello aveva riconosciuto il diritto alla prestazione di reversibilità, ritenendo sussistente il requisito sanitario, secondo i parametri previsti in materia di  invalidità civile e non invece alla stregua dei criteri di cui alla citata legge numero 222/84 che riguarda l'accertamento della totale inabilità lavorativa , nonostante l'espressa eccezione sollevata sul punto dall'Istituto, non sussistendo alcuna presunzione di inabilità lavorativa in capo a chi è stato accertato invalido civile al 100%. Con il secondo motivo di ricorso, l'Inps deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell'articolo 22 della legge numero 903/65 in combinato disposto con l'articolo 2697 c.c. e degli articolo 414 e 421 c.p.c., in relazione all'articolo 360 primo comma numero 3 c.p.c., perché la Corte d'appello aveva erroneamente riconosciuto il diritto del richiedente alla prestazione di reversibilità, riconoscendo, a suo favore, la sussistenza del requisito della vivenza a carico della madre, benché fosse decaduto dall'onere della prova, senza che il giudice potesse procedere d'ufficio alla acquisizione dei documenti offerti dalla difesa, con deposito telematico non autorizzato, in quanto i poteri officiosi non potevano essere esercitati in riferimento a fatti non idoneamente allegati dalle parti. Con il terzo motivo di ricorso, l'Inps deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell'articolo 22 della legge numero 903/65, in combinato disposto con l'articolo 2697 c.c. e degli articolo 115 e 116 c.p.c., in relazione all'articolo 360 primo comma numero 3 c.p.c., perché, erroneamente, la Corte d'appello aveva accertato la sussistenza del requisito della vivenza a carico della dante causa del ricorrente, attribuendo valore vincolante a specifici elementi di prova, quali le dichiarazioni rese all'Agenzia delle Entrate a fini reddituali, senza valorizzare tutte le circostanze emerse in corso di causa. Il primo motivo è infondato infatti, la Corte d'appello motiva sulla sussistenza dell'inabilità lavorativa, quand'anche prendendo spunto dal certificato attestante l'invalidità civile al 100% e l'Istituto previdenziale non censura efficacemente tale accertamento di fatto. Il secondo e terzo motivo, che possono essere oggetto di un esame congiunto, sono fondati. Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il requisito della vivenza a carico , se non si identifica indissolubilmente con lo stato di convivenza né con una situazione di totale soggezione finanziaria del soggetto inabile, va considerato con particolare rigore, essendo necessario dimostrare che il genitore provvedeva, in via continuativa e in misura quanto meno prevalente, al mantenimento del figlio inabile e tale accertamento di fatto è rimesso al giudice di merito Cass. numero 9237/18 . Nella specie, il dato valorizzato dalla Corte territoriale del reddito imponibile del ricorrente pari a zero è inconferente a fronte della percezione, da parte dello stesso, dell'importo di € 800,00 mensili a titolo di pensione di invalidità e di reddito di cittadinanza in buona sostanza, la Corte d'appello doveva chiarire perché non erano da considerare sufficienti tali redditi a fronte delle reali esigenze di vita del M.G. e perché l'intervento di sostegno economico della madre del ricorrente doveva considerarsi effettuato in misura prevalente, a fronte dei sussidi economici che il M.G. già percepiva. In accoglimento del secondo e terzo motivo, rigettato il primo, la sentenza va cassata e la causa va rinviata alla Corte d'appello di Torino, affinché, alla luce di quanto sopra esposto, riesamini il merito della controversia. P.Q.M. LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Accoglie il secondo e terzo motivo di ricorso, rigetta il primo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d'appello di Torino, in diversa composizione.