Il rifiuto del lavoratore ad essere assunto da nuovo appaltatore durante la pandemia giustifica il suo licenziamento?

La nullità del licenziamento collettivo o per giustificato motivo oggettivo intimato durante il periodo di divieto di recesso previsto dall’articolo 46 d.l. numero 18/2020 è esclusa solamente dall’assunzione del lavoratore presso l’impresa che è subentrata nell’appalto e dall’insussistenza di un rifiuto legittimo del lavoratore.

Pertanto, il licenziamento del lavoratore adottato durante il periodo di vigenza del divieto di recesso previsto dal citato articolo 46 deve ritenersi nullo, con conseguente applicazione, ratione temporis, dell'articolo 18, comma 1, l. numero 300/1970. Il caso La Corte d'Appello di Roma, in riforma della sentenza di primo grado, ha ritenuto nullo il licenziamento di un lavoratore in quanto disposto in violazione del divieto di licenziamento previsto dall'articolo 46 d.l. numero 18/2020 convertito nella l. numero 27/2020. Secondo la Corte territoriale, il fatto che la norma di carattere eccezionale esclude dal divieto di licenziamento collettivo le ipotesi di subentro effettivamente realizzato presso un nuovo appaltatore deve far ritenere che la sola deroga alla nullità del licenziamento collettivo e per giustificato motivo oggettivo sia l'avvenuto passaggio alle dipendenze del nuovo appaltatore, non essendo ammissibili ulteriori interpretazioni atte ad estendere la fattispecie derogatoria. Inoltre, il rifiuto del lavoratore a passare alle dipendenze del nuovo appaltatore non era ingiustificato né contrario a principi di correttezza e buona fede, considerati la mancata convocazione delle organizzazioni sindacali di settore, l'applicazione da parte del datore di lavoro subentrante di un diverso CCNL e l'assegnazione a mansioni di contenuto diverso, con diversa anzianità di servizio. Il blocco dei licenziamenti durante la fase acuta pandemia Come è noto, il legislatore ha previsto il blocco dei licenziamenti con riguardo alla procedura di mobilità, a quelle che preludono al licenziamento collettivo dopo l'esperimento infruttuoso della CIGS, ed alle procedure di licenziamento collettivo non precedute da tale ammortizzatore sociale, con esclusione dei casi di subentro negli appalti, per il quale il divieto di licenziamento viene meno soltanto a seguito di una seria e concreta proposta di assunzione da parte del nuovo appaltatore. Dunque, la condizione di legittimità del licenziamento è rappresentata dalla nuova assunzione da parte dell'appaltatore subentrante e la mancata accettazione della proposta di assunzione da parte del lavoratore può essere rilevante solamente nella misura in cui sia ispirata a principi di correttezza e buona fede incombendo sul lavoratore un onere di collaborazione al buon fine della procedura , come nelle ipotesi in cui il nuovo rapporto di lavoro prevede un'apprezzabile modifica del trattamento economico e/o normativo. Ne consegue che la proposta di assunzione, oltre ad essere concreta ed effettiva, debba essere idonea a mantenere complessivamente invariate le condizioni e economiche e normative di cui il lavoratore godeva in precedenza. Il licenziamento è nullo se il rifiuto del lavoratore alla nuova assunzione è giustificato Secondo la Corte di Cassazione, richiamati i principi appena delineati, il licenziamento intimato a seguito del rifiuto del lavoratore all'assunzione a condizioni difformi da quelle precedenti è contrario all'articolo 41 Cost., secondo il quale l'iniziativa economica privata, pur libera, non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da arrecare danno alla sicurezza, alla libertà ed alla dignità umana nonché al citato articolo 46 d.l. numero 18/2020, precetto di contenuto specifico rispondente ad interessi pubblici fondamentali rispetto ai quali, secondo il bilanciamento operato dal legislatore, il potere di recesso del datore di lavoro diviene temporaneamente subvalente rispetto alle esigenze di ordine pubblico emergenziale. La violazione di una norma imperativa determina la nullità della condotta vietata, di talché nel caso in esame il licenziamento del lavoratore adottato durante il periodo di vigenza del divieto di recesso previsto dall'articolo 46 D. L. numero 18/2020 deve ritenersi nullo, con conseguente applicazione dell'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori.

Presidente Manna - Relatore Boghetich Fatti di causa 1. La Corte di appello di Roma, in riforma della pronuncia del Tribunale della stessa sede e in sede di reclamo ex articolo 1, comma 58, della legge numero 92 del 2012, ha ritenuto nullo il licenziamento intimato a I. S., operaio elettricista – 5° livello di cui al CCNL Metalmeccanico Industria privata, in data 30.6.2020 in quanto disposto in violazione del divieto di licenziamento previsto dall'articolo 46 del d.l. numero 18 del 2020 convertito nella legge numero 27 del 2020 in considerazione della diffusione della pandemia Covid-19. 2. La Corte territoriale ha ritenuto che il tenore lessicale della disposizione normativa che esclude, dal divieto di licenziamento collettivo, le ipotesi di subentro presso un nuovo appaltatore , la ratio volta a introdurre il blocco assoluto e temporaneo dei licenziamenti, salvo il caso in cui l'effetto del subentro di un nuovo appaltatore si sia effettivamente realizzato e l'eccezionalità della normativa emergenziale inducano a ritenere che la sola deroga alla nullità del licenziamento collettivo e per giustificato motivo oggettivo sia l'avvenuto passaggio alle dipendenze del nuovo appaltatore, non essendo ammissibili anche solo per esigenze di certezza dettate dall'emergenza ulteriori interpretazioni atte ad estendere volta per volta e a seconda del caso concreto la fattispecie derogatoria in ogni caso, la Corte territoriale ha ritenuto che il rifiuto del lavoratore di passare alle dipendenze del nuovo appaltatore non era ingiustificato né contrario a principi di correttezza e buona fede considerati la mancata convocazione delle organizzazioni sindacali del settore metalmeccanico agli incontri sindacali preliminari la stipula dell'accordo sul passaggio del personale, le modifiche che avrebbe subito il rapporto di lavoro dell'I.S. con riguardo al CCNL di riferimento, al contenuto delle mansioni di cui alla nuova qualifica di assegnazione, all'anzianità di servizio di conseguenza, ravvisata la violazione di una norma di carattere imperativo e di ordine pubblico, il giudice di merito ha dichiarato la nullità del licenziamento, ha ordinato la reintegrazione nel posto di lavoro del lavoratore, con condanna al risarcimento del danno dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, oltre accessori di legge e versamento dei contributi previdenziali e assistenziali. 3. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la società con tre motivi il lavoratore ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso si denunzia violazione e falsa applicazione dell'articolo 46 del d.l. numero 18 del 2020 ex articolo 360, primo comma, numero 3, c.p.c. avendo, la Corte territoriale, trascurato la vera ratio della norma, ossia quella di garantire al singolo lavoratore di non rimanere senza lavoro in tutte le situazioni in cui in colpevolmente sarebbe stato privato del proprio reddito l'intenzione del legislatore nella fase emergenziale non è stata sicuramente quella di imporre il divieto di licenziare anche nel caso in cui lo status di disoccupato fosse imputabile ad un comportamento dello stesso lavoratore, a fronte della “ effettività” dell'assunzione presso la società subentrante nell'appalto effettiva proposta di assunzione risultante dal quadro probatorio acquisito . Inoltre, la norma deve essere interpretata nel senso che l'eccezione al divieto di licenziamento concernente il subentro nell'appalto opera sia per i licenziamenti collettivi che per i licenziamenti individuali per giustificato moti o oggettivo. 2. Con il secondo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione dell'articolo 2697 c.c. ex articolo 360, primo comma, numero 3, c.p.c. avendo, la Corte territoriale, errato nel trascurare che la società subentrante nell'appalto aveva formulato al lavoratore una formale proposta di assunzione contenente tutti gli elementi necessari proposta volontariamente ed immotivatamente rifiutata dall'I. S. inoltre, la Corte territoriale ha ritenuto ricorrente un giustificato motivo di rifiuto del passaggio a nuova impresa senza aver acquisito prove al riguardo. 3. Con il terzo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione degli articolo 1418 cod.civ. e 18 della legge numero 300 del 1970 avendo, la Corte territoriale, trascurato che la mancata assunzione è dipesa dal rifiuto del lavoratore e che, comunque, la violazione del precetto potrebbe semmai comportare la inefficacia del licenziamento non la nullità trattandosi di fenomeno eccezionale e transeunte. 4. Il ricorso non merita accoglimento. 5. L'articolo 46 del d.l. 17 marzo 2020, numero 18 convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, numero 27 e modificato dall'articolo 80 del d.l. 19 maggio 2020, numero 34, a sua volta convertito dalla legge 17 luglio 2020, numero 77 , rubricato «Disposizioni in materia di licenziamenti collettivi e individuali per giustificato motivo oggettivo» prevedeva «1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto l'avvio delle procedure di cui agli articoli 4,5 e 24, della legge 23 luglio 1991, numero 223 è precluso per cinque mesi e nel medesimo periodo sono sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell'appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto d'appalto. Sino alla scadenza del suddetto termine, il datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, non può recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell'articolo 3, della legge 15 luglio 1966, numero 604. Sono altresì sospese le procedure di licenziamento per giustificato motivo oggettivo in corso di cui all'articolo 7 della legge 15 luglio 1966, numero 604. 1-bis. Il datore di lavoro che, indipendentemente dal numero dei dipendenti, nel periodo dal 23 febbraio 2020 al 17 marzo 2020 abbia proceduto al recesso del contratto di lavoro per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell'articolo 3 della legge 15 luglio 1966, numero 604, può, in deroga alle previsioni di cui all'articolo 18, comma 10, della legge 20 maggio 1970, numero 300, revocare in ogni tempo il recesso purché contestualmente faccia richiesta del trattamento di cassa integrazione salariale, di cui agli articoli da 19 a 22, a partire dalla data in cui ha efficacia il licenziamento. In tal caso, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità, senza oneri né sanzioni per il datore di lavoro». 6. Dal tenore testuale della norma emerge che il legislatore dell'emergenza ha previsto il blocco dei licenziamenti con riguardo alle procedura di mobilità, ovvero a quelle che preludono al licenziamento collettivo dopo l'esperimento infruttuoso della cassa integrazione guadagni straordinaria, nonché direttamente alle procedure di licenziamento collettivo non precedute dall'intervento della cassa integrazione straordinaria le ipotesi individuate dagli articolo 4, 5 e 24, legge numero 223 del 1991 in assenza di ulteriori specificazioni, non può che rientrare nelle ipotesi descritte anche il caso del licenziamento collettivo per cessazione di attività. 7. La Legge di conversione numero 27 del 2020 del d.l. numero 18/2020 ha provveduto ad aggiungere al primo periodo del comma 1 dell'articolo 46 in esame, una specifica ipotesi di esclusione, dal blocco dei licenziamenti, consistente nei casi di subentro negli appalti. In particolare, a prescindere dalla riferibilità o meno di tale eccezione esclusivamente ai licenziamenti collettivi o anche a quelli individuali per giustificato motivo oggettivo considerata la collocazione formale di detta eccezione nel primo periodo dell'articolo 46, dedicato ai licenziamenti collettivi , aspetto non rilevante nel caso di specie, il tenore testuale della disposizione normativa rende chiaro che il divieto di licenziamento viene meno soltanto a seguito di una seria e concreta proposta di assunzione da parte del nuovo appaltatore. Invero, l'uso del verbo “sia riassunto” rappresenta un dato letterale assolutamente univoco che disvela agevolmente la ratio perseguita dal legislatore dell'emergenza, ossia l'esigenza, di ordine pubblico, di evitare in via provvisoria che le generalizzate conseguenze economiche della pandemia si traducessero nella soppressione immediata di posti di lavoro, con immediata perdita della capacità reddituale dei dipendenti ed impossibilità di reimpiego. 8. In particolare, la condizione per la legittimità del licenziamento è rappresentata dalla nuova assunzione del lavoratore da parte dell'appaltatore subentrante la mancata accettazione della proposta di assunzione da parte del lavoratore può essere rilevante solamente nella misura in cui sia ispirata a principi di correttezza e buona fede incombendo, sul lavoratore, un onere di collaborazione al buon fine della procedura , come nell'ipotesi in cui il nuovo rapporto di lavoro preveda un'apprezzabile modifica del trattamento economico e normativo. Invero, come già sottolineato dalla Corte Costituzionale, per effetto delle misure di contenimento della pandemia, nel periodo dell'emergenza sanitaria vi è stato l'arresto di fatto di numerose attività economiche con conseguente situazione di difficoltà di ampi strati della popolazione, per fronteggiare le quali è stata posta in essere un'ampia e reiterata normativa dell'emergenza con l'impiego di consistenti risorse economiche nella logica della solidarietà collettiva sentenza numero 213 del 2021 in questa ottica, il legislatore ha inteso garantire alle fasce più deboli della popolazione la conservazione del trattamento economico e normativo, non solo attraverso la temporanea limitazione posta al potere di recesso del datore di lavoro che ha trovato un bilanciamento nella previsione del ricorso ad una varietà di misure economiche di sostegno, a cominciare dalla cassa integrazione ma altresì attraverso la possibilità di conservare il posto di lavoro in caso di cambio di gestione dell'appalto con passaggio dei lavoratori all'impresa nuova aggiudicatrice . La ratio della disciplina in esame è, infatti, volta a garantire la salvaguardia occupazionale del personale in un particolare momento di emergenza e la sola lettura compatibile con tale ratio è quella di ritenere che la proposta di assunzione debba essere concreta ed effettiva nonché idonea a mantenere complessivamente invariate le condizioni economiche e normative di cui godeva il lavoratore, risultandone solamente così adeguatamente tutelata la sua posizione. 9. Nel caso di specie, la Corte territoriale non ha correttamente interpretato l'articolo 46 del d.l. numero 18 del 2020 ove ha ritenuto che – al fine dell'operatività dell'eccezione avverso il blocco dei licenziamenti – fosse rilevante esclusivamente l'avvenuto passaggio di fatto alle dipendenze della società subentrata nell'appalto, a prescindere da un profilo di illegittimità del rifiuto del lavoratore. 10. Peraltro, la stessa Corte territoriale ha effettuato una indagine, altresì, sulle motivazioni che hanno sorretto la mancata accettazione della proposta di passaggio alle dipendenze del nuovo appaltatore, e, pur a fronte di una proposta concreta ed effettiva, ha verificato - con accertamento insindacabile in questa sede di legittimità - che il lavoratore avrebbe subito sostanziali modifiche alla regolamentazione del rapporto di lavoro consistenti, essenzialmente, nella modifica del CCNL di riferimento, nel riconoscimento di una qualifica avente ambito di professionalità e di autonomia deteriori, nel mancato adeguamento dell'anzianità di servizio . Sotto questo aspetto, il secondo motivo di ricorso deve ritenersi inammissibile, non potendo, questa Corte, procedere a valutazione di merito e non essendo in alcun modo ravvisabile un sovvertimento dell'onere probatorio, avendo, la Corte territoriale, accertato – sulla base degli elementi probatori acquisiti - che la nuova assunzione presso la società subentrata nell'appalto avrebbe modificato, in senso sfavorevole, le condizioni di lavoro per una molteplicità di aspetti tutti elencati a pag. 8 della sentenza impugnata . 11. In conclusione, pur dovendo, ai sensi dell'articolo 384, quarto comma, c.p.c., correggersi la motivazione della sentenza impugnata, deve confermarsi il provvedimento, in quanto il dispositivo è conforme alla corretta interpretazione dell'articolo 46 del d.l. 17 marzo 2020, numero 18, che richiede, al fine di inverare l'eccezione alla disciplina del blocco dei licenziamenti, il passaggio effettivo alle dipendenze del nuovo appaltatore e OMISSIS . 12. Il terzo motivo di ricorso non è fondato. 13. In tema di nullità contrattuale cosiddetta «virtuale», ossia non espressamente sancita dal legislatore, che rileva anche in ambito lavoristico, i principi affermati dalle S.U. di questa Corte numero 26724 del 2007, più di recente ripresi e sviluppati dalla sentenza numero 8472 del 2022 hanno affermato che la mancanza di una espressa sanzione di nullità non è decisiva per escludere che l'atto negoziale sia nullo, atteso che l'articolo 1418, primo comma, cod. civ., è espressione di un principio di carattere generale, ed è volto ad impedire che possano essere produttivi di effetti negozi giuridici posti in essere in violazione di norme imperative. In particolare, è stato affermato che è ravvisabile la nullità del contratto in tutti i casi in cui esso, pur formalmente rispondente al tipo legale quanto ai requisiti richiesti dall'articolo 1325 cod. civ., «è stato stipulato in situazioni che lo avrebbero dovuto impedire», evenienza, questa, che si verifica ogniqualvolta il legislatore faccia divieto di concludere il negozio o richieda la presenza di condizioni soggettive o oggettive per la sua stipulazione Cass. S.U. numero 33719 del 2022 vedi anche Cass. S.U. numero 5556 del 2023 . 14. Ebbene, considerato che i principi innanzi richiamati valorizzano i limiti posti dal legislatore all'esercizio del potere di autonomia dei privati e prospettano una ricostruzione dell'invalidità che tiene conto delle indicazioni che si traggono dall'articolo 41 Cost. secondo cui l'iniziativa economica privata, pur libera, non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da arrecare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana , è da ricondurre alle norme imperative, che determinano nullità ex articolo 1418, primo comma, cod. civ., il divieto di licenziamento posto dall'articolo 46 del d.l. numero 18 del 2020 in quanto trattasi di precetto con un contenuto specifico, preciso ed individuato nonché rispondente ad interessi pubblici fondamentali rispetto ai quali, secondo il bilanciamento operato dal legislatore, il potere di recesso del datore di lavoro viene ad essere temporaneamente subvalente rispetto alle esigenze di ordine pubblico emergenziale. 15. La violazione di una norma imperativa determina come anche sottolineato dalla sentenza numero 22 del 2024 della Corte Costituzionale la nullità della condotta vietata nel caso di specie, pertanto, il licenziamento del lavoratore adottato durante il periodo di vigenza del divieto di recesso previsto dall'articolo 46 del d.l. numero 18 del 2020 deve ritenersi nullo, con conseguente applicazione – ratione temporis – dell'articolo 18, primo comma, della legge numero 300 del 1970. 16. Va, pertanto, affermato il seguente principio di diritto la nullità del licenziamento collettivo o per giustificato motivo oggettivo intimato durante il periodo di divieto di recesso previsto dall'articolo 46 del d.l. numero 18 del 2020 è esclusa solamente dall'assunzione del lavoratore presso l'impresa che è subentrata nell'appalto e dall'insussistenza di un rifiuto legittimo del lavoratore. 17. In conclusione, il ricorso va rigettato. Le spese di lite del presente giudizio di legittimità seguono il criterio della soccombenza dettato dall'articolo 91 cod.proc.civ. 18. Sussistono le condizioni di cui all'articolo 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida in euro 200,00 per esborsi e in euro 5.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% e accessori di legge. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, nel testo introdotto dall'articolo 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, numero 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.