Obbligo di repêchage anche per mansioni inferiori e con contratto a tempo determinato

Non risulta assolto l’obbligo di repêchage ove all’atto di licenziamento per giustificato motivo oggettivo risultino esistenti nell’organico aziendale mansioni inferiori, anche a termine, ed il datore non abbia effettuato alcuna offerta di demansionamento al lavoratore né comunque allegato e provato in giudizio che il lavoratore non rivesta le competenze professionali richieste per l’espletamento delle stesse mansioni.

Un lavoratore ricorreva presso la Corte di Cassazione contro la sentenza emessa dalla Corte d'appello di Roma sentenza numero 2670/2021 , la quale aveva riconosciuto la legittimità del licenziamento intimatogli nel 2018 da parte della società presso cui era assunto. La società datrice, infatti, a seguito della chiusura del reparto presso la quale il lavoratore prestava la propria attività in modo prevalente, aveva avviato la procedura di conciliazione preventiva presso l'Ispettorato del lavoro per poi procedere al suo licenziamento per giustificato motivo oggettivo, dichiarando l'impossibilità di ricollocarlo in posizioni di lavoro equivalenti. Sia il Tribunale di Frosinone che la Corte di Appello di Roma avevano ritenuto che l'obbligo di repêchage sussistente in capo al datore di lavoro fosse stato correttamente espletato, valorizzando a tal fine il fatto che la società non avesse assunto personale a tempo indeterminato, tantomeno con funzione impiegatizia equivalente a quella del ricorrente, instaurando nuovi rapporti di lavoro a solo tempo determinato e per mansioni inferiori, ed aveva altresì proceduto ad ulteriori quattro licenziamenti. La Corte di Cassazione, con la pronuncia in commento, ritiene, in merito, che l'interpretazione fornita dalla Corte di Appello non sia conforme all'ordinamento per come quest'ultimo si è sviluppato in virtù – fra l'altro – della più recente giurisprudenza in materia di repêchage. Ricorda infatti sul punto che – richiamando la recentissima ordinanza della Corte di Cassazione numero 2739 del 30 gennaio 2024 –contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte di merito, l'onere della prova in materia di repêchage si configura a carico del datore di lavoro, non determinandosi a carico del lavoratore neppure l'onere di allegazione. Gli Ermellini proseguono nell'iter argomentativo facendo riferimento a numerosa giurisprudenza tra cui Cass. civ. 26 marzo 2010, numero 7381 Cass. civ. 11 giugno 2014, numero 13112 Cass. civ. 24 giugno 2015, numero 13116 a supporto del principio secondo il quale l'onere della prova in capo al datore di lavoro si debba intendere esteso sino a ricomprendere anche le mansioni inferiori rispetto a quelle detenute dal lavoratore oggetto di licenziamento. A tal riguardo viene infatti valorizzata la circostanza secondo la quale, in base alle dichiarazioni del legale rappresentante della società, al momento del licenziamento esistevano delle mansioni inferiori cui il licenziando avrebbe potuto essere collocato, quando all'atto del licenziamento era stato espressamente riportato il contrario. Coerentemente ai principi richiamati, ed alla luce di ulteriore molteplice giurisprudenza tra cui da ultima Cass. civ. ord. numero 31561 del 13/11/2023 , la Suprema Corte conclude sostenendo che – prima di intimare il licenziamento al lavoratore in presenza di mansioni inferiori cui è possibile adibirlo – il datore di lavoro sia tenuto ad offrirgli la mansione alternativa anche inferiore, in attuazione del principio di correttezza e buona fede, potendo recedere solo ove la soluzione alternativa non venga accettata dal lavoratore. Pertanto, afferma la Corte di Cassazione che, il datore di lavoro – al fine di sottrarsi all'annullamento del licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato – debba «allegare e provare, sulla base di circostanze oggettivamente riscontrabili ed avuto riguardo alla specifica condizione ed alla intera storia professionale di un ben individuato lavoratore, che il lavoratore non rivesta le competenze professionali richieste per l'espletamento delle stesse mansioni, rilevando come nel caso di specie il datore non avesse proceduto in tal senso né abbia allegato e provato il perché non abbia proceduto in tal senso». La Corte censura ulteriormente l'interpretazione fornita dalla Corte di Appello, dichiarando altresì irrilevante la circostanza – invece valorizzata da quest'ultima – secondo la quale il datore, successivamente al licenziamento, avesse proceduto a sole assunzioni di lavoratori a tempo determinato. La Corte, nel rinviare la decisione alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione in merito all'unico motivo di ricorso accolto, conclude che il licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato al dipendente in presenza, al momento del recesso, di posizioni di lavoro alternative anche con in mansioni inferiori ed anche a tempo determinato ed in assenza di una offerta di lavoro né a tempo indeterminato, né a tempo determinato relativa a quelle mansioni, consiste in una violazione dell'articolo 3 l. numero 604/1966.

Presidente Esposito - Relatore Riverso Fatti di causa La Corte d'Appello di Roma, con la sentenza in atti, ha rigettato il reclamo proposto da Fr.Anumero avverso la sentenza che aveva respinto la sua domanda di impugnazione del licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimatogli in data 13/7/2018 da Modenese Srl. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione Fr.Anumero con sette motivi ai quali ha resistito la società datrice di lavoro Modenese Srl con controricorso. La parte ricorrente ha depositato memoria. Il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell'articolo 380-bis, secondo comma, ult. parte c.p.c. Ragioni della decisione 1.- Col primo motivo di ricorso si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 2, comma 2, della legge 604 del 1966 con riferimento alla manifesta inosservanza da parte del datore di lavoro del principio di immutabilità delle ragioni del licenziamento per avere il datore addotto nel corso del tempo tre diverse motivazioni a sostegno del medesimo licenziamento. 2.- Col secondo motivo di ricorso si sostiene la violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 2, comma 2 della legge 604 del 1966 derivante dalla manifesta omissione, genericità e/o carenza della comunicazione dei motivi di licenziamento. I primi due motivi di ricorso possono essere affrontati unitariamente per connessione e sono infondati. 2.1.- Con tali censure il ricorrente ripropone le doglianze sollevate in appello e disattese in modo argomentato dalla Corte territoriale che aveva affermato come il lavoratore non avesse contestato quanto correttamente affermato in proposito dal primo giudice ossia che che la semplice lettura della comunicazione dell'11.6.2018 di avvio del procedimento ex articolo 7 fa comprendere che la resistente ha addotto come causa giustificativa del licenziamento -sinteticamente ma non genericamente - la cessazione della sede lavorativa ove il ricorrente prestava la sua attività che era il capannone locato per sviluppare il settore Composito e l'impossibilità di una sua ricollocazione all'interno dell'azienda . Nel corso del tentativo di conciliazione, la resistente non aveva mutato le motivazioni del recesso, ma aveva solo specificato un dato che già poteva dirsi implicito nella comunicazione dell'11.6.2018 ovvero che la chiusura della sede di assegnazione dell'attore comportasse inevitabilmente la soppressione delle mansioni dallo stesso svolte. Non vi era stato, quindi, il denunciato mutamento delle ragioni tecniche, organizzative e produttive indicate nella comunicazione dell'11.6.2018 rispetto a quelle solo specificative addotte in sede di tentativo di conciliazione. Né a diversa conclusione poteva pervenirsi valorizzando la circostanza che, nel corso della prima fase del giudizio, la società avesse affermato che il licenziamento in contestazione fosse conseguente alla chiusura dello specifico reparto deputato alla produzione di materiale in composito, al quale il ricorrente sarebbe stato assegnato in via esclusiva al riguardo bastava osservare che già nella richiesta di tentativo obbligatorio di conciliazione la società aveva fatto riferimento alla cessazione della sede lavorativa ove il Fr.Anumero prestava l'attività che non poteva che coincidere con una delle unità operative della società in quanto altrimenti ci sarebbe trattato della cessazione dell'intera attività aziendale . In sostanza l'unica novità contenuta in tale ultima dichiarazione era costituita dalla specificazione della sede lavorativa o reparto in cui il lavoratore prestava la propria attività. 2.2. Il lavoratore ha contestato nel merito tali tesi ma si tratta di censure inammissibili perché tendenti ad inficiare la logica e motivata interpretazione degli atti della procedura di licenziamento che ha portato a negare sia la genericità dei motivi di licenziamento, sia la violazione del principio di immutabilità effettuata da entrambi i giudici di merito in modo conforme a legge e che non è comunque sindacabile da parte di questa Corte di cassazione alla stregua della differente soluzione opposta dal ricorrente senza nemmeno prospettare la violazione dei criteri ermeneutici negoziali applicabili anche agli atti unilaterali. 3.- Col terzo motivo di ricorso si sostiene la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 116 e seguenti c.p.c. e degli articoli 2702 e 2712 c.c. con riferimento al valore probatorio attribuito alla documentazione versata in atti dal ricorrente violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 116 c.p.c. con riferimento alla valutazione delle risultanze istruttorie. È un motivo inammissibile, con cui vengono dichiaratamente criticati gli accertamenti e le valutazioni delle testimonianze effettuati dalla Corte in materia di mansioni svolte, ruolo e qualifica rivestiti dal lavoratore, le quali sono state all'uopo richiamate e trascritte in ricorso. Questa Corte di legittimità, però, non può, sostituendosi al giudice di appello, ritenere che il Modenese svolgesse un certo tipo di mansioni o rivestisse un determinato ruolo diverso da quello dichiarato dai primi giudici e quindi ripetere le valutazioni delle circostanze di fatto, o riesaminare il materiale probatorio, il contenuto degli atti di causa già valutati in maniera motivata dalla Corte d'Appello. Fatta salva l'omessa valutazione di un fatto decisivo non ricorrente nel presente caso, il potere di selezionare e valutare le prove idonee ai fini della dimostrazione del fatto appartiene al giudice di merito e non può essere sindacato in questa sede. Le censure sollevate dal ricorrente sono pertanto inammissibili perché censurano valutazioni probatorie e vizi del tutto inesistenti. Esse solo formalmente denunciano plurimi errores in iudicando, anche attraverso l'improprio riferimento all'articolo 116 c.p.c., mentre nella sostanza criticano la sentenza impugnata per come ha valutato le prove e ricostruito, in base ad esse, i fatti di causa. 4.- Col quarto motivo si deduce l'omessa pronuncia circa la doglianza espressa dal ricorrente in ordine alla violazione da parte del Tribunale di Frosinone degli articoli 214, 215 e 216 c.p.c. alla luce dell'assoluta inesistenza di qualsivoglia documento atto a comprovare l'esclusiva e/o prevalente collocazione del ricorrente presso il reparto di produzione compositi della Modenese Srl. Anche tale motivo è inammissibile nella parte in cui le censure sollevate dal ricorrente criticano le valutazioni delle prove ed è invece infondato laddove postula la necessità della prova documentale per comprovare le mansioni effettivamente svolte da un lavoratore, che non è invece richiesta dall'ordinamento. 5.- Col quinto motivo si sostiene l'omesso esame circa un fatto decisivo ai fini della soluzione della controversia costituito dalla asserita prevalenza delle mansioni svolte dall'ingegner Fr.Anumero nel reparto compositi e/o dall'effettiva durata, operatività ed esistenza, presso la Modenese Srl di tale attività produttiva. Il motivo è inammissibile posto che il ricorrente denuncia l'esistenza del vizio di cui al numero 5 dell'articolo 360 c.p.c. in una ipotesi preclusa dalla ricorrenza di una cd. doppia conforme cfr. articolo 348 ter, ultimo comma, c.p.c., in seguito articolo 360, comma 4, c.p.c., per le modifiche introdotte dall'articolo 3, commi 26 e 27, D.Lgs. numero 149 del 2022 , senza indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell'appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse v. Cass. numero 26774 del 2016 conf. Cass. numero 20944 del 2019 . 6.- Con il sesto motivo si sostiene la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 3 e 7 della legge 604/ 66 violazione dei principi normativi e/o giurisprudenziali attenenti all'onere della prova e/o al mancato assolvimento dell'onere di repechage violazione e/o integrale disapplicazione dell'articolo 2733 c.c. nonché degli articoli 116,228 e 229 c.p.c. La Corte di appello aveva sbagliato ad affermare che esiste un onere di allegazione dei posti disponibili a carico del lavoratore senza l'assolvimento del quale neppure sorgerebbe l'onere della prova del datore . Inoltre doveva comunque ritenersi processualmente accertata la possibilità di una ricollocazione dell'ingegner Fr.Anumero presso la Modenese Srl seppure con mansioni inferiori posto che lo stesso amministratore legale rappresentante della Modenese Srl aveva espressamente e spontaneamente ammesso nel corso del libero interrogatorio che c'era la possibilità di ricollocare il ricorrente con mansioni operaie siffatta ipotesi tuttavia non era stata mai prospettata all'ingegner Fr.Anumero che non aveva ricevuto alcuna proposta in tal senso dal datore. La Corte d'Appello aveva invece valorizzato ai fini della impossibilità dell'assolvimento dell'onere della prova la mancata assunzione di personale a tempo indeterminato dopo il gennaio 2018. Ed aveva affermato inoltre che non potesse valorizzarsi quanto riferito dal legale rappresentante nell'interrogatorio libero difettando a monte tra le allegazioni di parte ricorrente una idonea allegazione in ordine alla possibilità di essere adibito ad altre mansioni, rilevando altresì la tardività della relativa doglianza siccome non formulata nella prima difesa successiva a tale pretesa ammissione di controparte ma solo nel ricorso in opposizione ex articolo 1, commi 51 seguenti legge numero 92 del 2012 pag. 14 . Oltre all'errore circa la necessità di una allegazione specifica, non risponde al vero neanche il rilievo circa la tardività della doglianza, dal momento che il lavoratore aveva sollevato la questione anche nelle note conclusionali depositate presso il Tribunale di Frosinone nel procedimento sommario e, pertanto, nel primo atto successivo al rilascio della citata ammissione sul punto si trascrivono le citate note conclusionali oltre che nel ricorso in opposizione dove veniva poi di nuovo evidenziata. 6.1. Il sesto motivo è fondato sotto tutti i profili evidenziati. 6.2. La Corte di appello ha affermato che sul tema del repechage il giudice di prime cure avesse correttamente valorizzato - a fronte della generica affermazione del ricorrente secondo cui in virtù della sua ampia esperienza professionale avrebbe potuto svolgere qualsiasi incarico all'interno dell'organico aziendale - quanto risultante dalla documentazione in atti ossia che la società non avesse assunto personale a tempo indeterminato, tantomeno con qualifica impiegatizia dopo il gennaio 2018. Di contro, nell'anno 2018, sono cessati i rapporti lavorativi di Fo.Gi. 31 maggio 2018 , Ca.Se. 31 maggio 2018, Ba.Gi. 31 maggio 2018, Ro.Al. 25 giugno 2018 come si evince dal LUL aziendale depositato come all. 6 dalla società nella fase sommaria del giudizio. Le uniche assunzioni sono state effettuate con contratti a termine, per la sostituzione di operai non impiegati in ferie o malattia cfr. all.7 MODENESE . Ha pure sostenuto la Corte di appello che sul punto non potesse invece valorizzarsi quanto riferito dal legale rappresentante nell'interrogatorio libero ossia che non c'era la possibilità di riallocare l'attore se non con mansioni operaie , difettando a monte una idonea allegazione del ricorrente in ordine alla possibilità di essere adibito ad altre mansioni per di più inferiori e di natura operaia, laddove lo stesso era pacificamente un impiegato di alto livello rilevando altresì la tardività della relativa doglianza, siccome non formulata nella prima difesa successiva a tale pretesa ammissione di controparte ma solo nel ricorso in opposizione ex articolo 1, commi 51 seguenti legge numero 92 del 2012 pag. 14 . 6.3. Le tesi sostenute dalla Corte territoriale in materia di repechage non sono conformi all'ordinamento, per come lo stesso si è sviluppato in virtù della giurisprudenza anche recente di questa Corte. Gli stessi accertamenti, comunque effettuati in proposito dalla Corte, non rilevano e non soddisfano l'obbligo del repechage che si pone a monte con riferimento, anzitutto, all'organizzazione aziendale esistente al momento del licenziamento. 6.4. Ed invero, in primo luogo, va ricordato che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte di merito, l'onere della prova in materia di repèchage è a carico del datore di lavoro, mentre sul lavoratore non grava alcun onere, neppure di allegazione ordinanza numero 2739 del 30/01/2024 . 6.5. In secondo luogo, l'onere della prova del datore è esteso anche alle mansioni inferiori, sicché egli è tenuto a provare che al momento del licenziamento non esista nessuna altra posizione lavorativa in cui possa utilmente ricollocarsi il licenziando, tenuto conto della organizzazione aziendale esistente all'epoca del licenziamento Cass. 26 marzo 2010, numero 7381 Cass. 11 giugno 2014, numero 13112 Cass. 24 giugno 2015, numero 13116 . 6.6. Va perciò escluso che possa rilevare il momento processuale in cui il ricorrente specifichi la sua doglianza in proposito circa la mancanza di un'offerta di ricollocazione anche inferiore , trattandosi di una mera difesa non soggetta a preclusioni di sorta. 6.7. In terzo luogo, va rilevato che nel presente giudizio era emerso dalle dichiarazioni del legale rappresentante che al momento del licenziamento esistevano collocazioni alternative in mansioni inferiori. Nell'atto di licenziamento era stato invece detto espressamente il contrario. 6.8.- A fronte dell'esistenza di mansioni inferiori il datore di lavoro, prima di intimare il licenziamento, deve offrire la mansione alternativa anche inferiore al lavoratore, prospettandone il demansionamento, in attuazione del principio di correttezza e buona fede, potendo recedere dal rapporto solo ove la soluzione alternativa non venga accettata dal lavoratore cfr. da ultimo Cass. Ordinanza numero 31561 del 13/11/2023, Cass. numero 10018 del 2016 v. pure Cass. numero 23698 del 2015 Cass. numero 4509 del 2016 Cass. numero 29099 del 2019 6.9. In mancanza di tali condizioni, per sottrarsi all'annullamento del licenziamento il datore deve allegare e provare, sulla base di circostanze oggettivamente riscontrabili ed avuto riguardo alla specifica condizione ed alla intera storia professionale di un ben individuato lavoratore, che il lavoratore non rivesta le competenze professionali richieste per l'espletamento delle stesse mansioni ordinanza numero 31561 del 13/11/2023, Cass. numero 6497/2021, con la giurisprudenza ivi citata al punto 6 . 6.10.- Nel caso di specie il datore non l'ha fatto, né ha allegato e provato perché non l'ha fatto. 6.11. Né può rilevare che si trattasse di mansioni operaie invece che impiegatizie siccome neppure risulta dagli atti di causa che il lavoratore anche in relazione all'ampiezza delle competenze rivestite non potesse svolgere tali mansioni inferiori al riguardo la Corte di appello non ha effettuato una qualche verifica in proposito essendosi limitata, erroneamente, a rilevare il difetto di allegazione a monte da parte del lavoratore. 6.12. Non rileva, quindi, la disamina della Corte sul fatto che invece successivamente al licenziamento siano state fatte solo delle assunzioni a termine. 6.13. Quello che invece è determinante è che il lavoratore sia stato licenziato in violazione dell'articolo 3 legge 604/1966, pur essendovi all'atto del recesso delle posizioni di lavoro alternative ancorché in mansioni inferiori anche a tempo determinato e non sia stata effettuata alcuna offerta di lavoro né a tempo indeterminato, né a tempo determinato per la ricollocazione in queste mansioni. 7.- Col settimo motivo si sostiene la violazione e falsa applicazione dell'articolo 18, comma 1 e 3 della legge 300/1970 e dell'articolo 18, comma 5 della legge 300 1970 e dell'articolo 18 comma 7 omessa pronuncia circa l'insussistenza degli estremi del giustificato motivo oggettivo ex articolo 3 della legge 604 del 66, stante la manifesta insussistenza delle circostanze indicate a fondamento del licenziamento alla luce di quanto ampiamente argomentato doveva ritenersi accertato come tutti e tre i distinti motivi di licenziamento riferiti, dedotti dalla datrice del lavoro si fossero rilevati fondati su circostanze materiali insussistenti laddove 1.- risultava comprovato che la sede di lavoro dell'ingegner Fr.Anumero era ubicata presso la sede legale della Modenese Srl che non è mai cessata ed è ancora esistente 2.- la figura del responsabile tecnico commerciale della modenese Srl non è mai stata soppressa ed anzidetto in carico a tutt'oggi risulta espletato dall'amministratore ingegner Ivan Gazzetti come espressamente riconosciuto dalla controparte 3.- non poteva esserci correlazione tra la chiusura del reparto compositi e licenziamento dell'istante sia in quanto egli svolgeva le sue mansioni con riferimento a tutti i settori aziendali sia perché detto settore avviato due anni dopo l'assunzione del Fr.Anumero è chiuso due anni prima del suo licenziamento non è mai stato operativo. Inoltre nessuna delle ragioni tecniche organizzative rappresentate dalla Modenese Srl al fine di dare corso al licenziamento presentava gli estremi del giustificato motivo oggettivo previsto dall'articolo 3 della legge 604 del 66. Il motivo presenta profili di infondatezza e profili di inammissibilità. Quanto ai presupposti del licenziamento gmo la Corte ha accertato in conformità all'articolo 3 L. 604/1966 che il settore dei cd. compositi dove operava in maniera assolutamente prevalente il ricorrente dal 2015 non raggiunse mai la fase alla produzione ed aveva ingenerato pesanti perdite di esercizio che indussero la società datrice di lavoro a dismetterlo alla fine del 2017, cui fece seguito la chiusura dello specifico reparto ed il venir meno delle mansioni cui era stato assegnato il ricorrente peraltro dal gennaio a giugno del 2018 con lo svolgimento dell'attività saltuaria e sporadica . Per il resto il motivo è inammissibile perché censura valutazioni probatorie e vizi di motivazione del tutto inesistenti anche alla luce del dirimente e corretto accertamento effettuato dalla Corte di appello il quale risulta argomentato e conforme all'ordinamento. Le censure solo formalmente denunciano plurimi errores in iudicando, cfr. Cass. numero 23940 del 2017 e Cass. numero 25192 del 2016, con la giurisprudenza ivi richiamata , mentre nella sostanza criticano la sentenza impugnata per come ha valutato le prove e ricostruito, in base ad esse, i fatti di causa. In proposito, occorre considerare che gli accertamenti di fatto non sono sindacabili in sede di legittimità oltre i limiti imposti dal novellato articolo 360, co. 1, numero 5, c.p.c., così come rigorosamente interpretato dalle Sezioni unite di questa Corte con le sentenze numero 8053 e numero 8054 del 2014 con principi costantemente ribaditi dalle stesse Sezioni unite v. numero 19881 del 2014, numero 25008 del 2014, numero 417 del 2015, oltre che dalle Sezioni semplici , di cui parte ricorrente non tiene alcun conto, pretendendo piuttosto una rivalutazione degli accadimenti ed una revisione del giudizio di fatto non ammissibile in questa sede. 8.- Sulla scorta di quanto osservato va quindi accolto il sesto motivo di ricorso e rigettati tutti gli altri. La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolti con rimessione al giudice di rinvio indicato in dispositivo il quale dovrà procedere alla prosecuzione della causa e provvedere altresì sulle spese del giudizio di cassazione, conformandosi al seguente principio di diritto Non risulta assolto l'obbligo di repechage ove all'atto di licenziamento per gmo risultino esistenti nell'organico aziendale mansioni inferiori, anche a termine, ed il datore non abbia effettuato alcuna offerta di demansionamento al lavoratore né comunque allegato e provato in giudizio che il lavoratore non rivesta le competenze professionali richieste per l'espletamento delle stesse mansioni . 9.- Non sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, numero 23535 . P.Q.M. La Corte accoglie il sesto motivo di ricorso, rigettati gli altri cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d'Appello di Roma in diversa composizione anche per le spese del giudizio di cassazione. Così deciso nella camera di consiglio del 23 aprile 2024. Depositato in Cancelleria il 10 luglio 2024.