La S.C. sul rapporto tra contestazione suppletiva e difetto di querela, in relazione all’attuazione della riforma Cartabia

I Giudici si occupano dell’intersezione tra libera determinazione del P.M. sul perimetro dell’ipotesi delittuosa ed esigenza di porre termine immediato a giudizi che, per varie ragioni, mai avrebbero dovuto essere iniziati o dovrebbero esser proseguiti . Lo fanno, adoperando in modo accorto gli strumenti interpretativi, per far sì che la posizione espressa, per quanto eterodossa, non generi un conflitto rispetto all’indirizzo stabilito dalle Sezioni Unite.

Il caso Il processo a quo origina dal proscioglimento di un soggetto, giudicato dal Tribunale di Catanzaro per furto aggravato da violenza sulle cose, per carenza della condizione di procedibilità. Più in dettaglio, l'accusa originaria rientrava tra quelle per le quali il d.lgs. numero 150/2022 ha previsto la necessità della querela che, tuttavia, non era mai stata presentata per l'effetto, il Primo Giudice aveva provveduto all'immediata declaratoria ai sensi dell'articolo , 129 c.p.p., nella prima udienza utile e dopo aver accertato la regolare costituzione delle parti. Ricorre per Cassazione il Sostituto Procuratore presso la locale Procura della Repubblica, deducendo, con unico motivo, erronea applicazione della legge penale nella pronuncia, infatti, si trascurerebbe la modifica della contestazione iniziale, intervenuta prima dell'apertura del dibattimento ed estesa alla circostanza aggravante ex articolo 625, numero 7 , c.p. trattandosi di furto di energia elettrica destinata al servizio pubblico , con ripristino della procedibilità d'ufficio. Il grado di legittimità è stato celebrato in forma cartolare, nella quale la difesa dell'imputato ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso, depositando due articolate memorie. La sentenza La V Sezione – su parere conforme del Procuratore generale – accoglie l'impugnazione, rinviando a nuovo giudizio della Corte di Appello di Catanzaro per l'applicazione del principio di diritto espresso. L'Estensore, prima di trattare la doglianza oggetto di scrutinio, espone l'evoluzione storico-normativa, da un lato, dell'obbligo di dichiarare immediatamente l'intervento di cause di proscioglimento senza affrontare il merito e, dall'altro, della prerogativa strutturale dell'Accusa, incontrastata domina dell'imputazione nell'intera fase di cognizione, salva la necessità di assicurare idonee garanzie a chi debba fronteggiarla. Lo fa, avendo cura di specificare le caratteristiche della fattispecie, che la rendono così peculiare da evitare che la distanza con l'esegesi di legittimità pregressa determini l'insorgenza di un conflitto tra gli orientamenti in campo. Il rapporto tra contestazione suppletiva ed immediata declaratoria di improcedibilità L'interrogativo principale, infatti, aveva già trovato soluzione con importanti precedenti giurisprudenziali, resi dal Massimo Consesso dapprima, nel 2005, si è chiarito che l'articolo 129 non fa che confermare le priorità tra le diverse formule che definiscono l'epilogo del procedimento penale, negli stessi termini delle altre disposizioni che le prevedono nelle varie fasi e nei diversi gradi e, dunque, non attribuisce al giudice alcun potere ulteriore Cass., SS. UU. Penumero , 25/1/2005, numero 12283, De Rosa . successivamente, un anno fa, si è decretato che la forza giuridica delle cause estintive trova spazio ex tunc e, pertanto, prevale su ogni successivo atto processuale, neutralizzandolo con l'espandersi “ora per allora” della propria efficacia Cass., SS. UU. Penumero , 28/9/2023, numero 49936, Domingo . Ad avviso del Collegio, però, la pedissequa trasposizione al caso di tale impostazione produrrebbe conseguenze distorte, trascurando le specificità del regime transitorio previsto dalla c.d. Riforma Cartabia, che per i fatti commessi prima della data di entrata in vigore per il quale era mutata la condizione di procedibilità consentiva, all'articolo 85, di presentare la relativa querela entro tre mesi dalla data in vigore della disciplina novellata 30 dicembre 2022 . Qui la querela non era intervenuta, ma neppure il Pubblico Ministero aveva avuto luogo processuale idoneo a modificare l'imputazione, visto che la prima e ultima udienza s'era tenuta dopo plurimi rinvii d'ufficio privi di attività. Nel riferito contesto, ad avviso del Collegio, «un'interpretazione che neghi gli effetti di tale legittimo atto propulsivo […] nei casi in cui il pubblico ministero – a causa della scansione che lo specifico processo ha avuto nel tempo – non ha avuto alcuna possibilità di assumere l'iniziativa necessaria per adeguare il processo alle nuove regole, si pone in contrasto [ ] con l'articolo 517 c.p.p. e con i valori tutelati dagli articolo 3 e 112 Cost.». D'altronde, ragionando a contrario si realizzerebbe il paradosso descritto dalle Sezioni Unite Domingo, rimettendo irragionevolmente alla diligenza dell'Autorità procedente la sorte del processo e dell'imputato , sulla base della tempestività con la quale si rilevi la causa estintiva. Per converso, nella prospettiva promossa qui l'accusato dovrà unicamente confrontarsi con il regime transitorio del nuovo rito e, così, con la legge vigente al momento nel quale il suo processo viene celebrato. La Suprema Corte formula, così, il principio di diritto per il quale «deve essere riconosciuta piena efficacia giuridica ed operativa alla contestazione suppletiva effettuata in udienza dal pubblico ministero, quantomeno in relazione alle coordinate temporali sopra evidenziate e alla novità rappresentata dalla riforma Cartabia sul tema». L'assenza di contrasto Tale approdo, apparentemente distonico rispetto alla genesi ermeneutica descritta, non è suscettibile di radicare un reale conflitto interpretativo, poiché, secondo l'Estensore, sono gli stessi componenti del Collegio delle Sezioni Unite Domingo a non prendere le distanze dal precedente dalla sentenza De Rosa e, inoltre, la decisione resa deve qui tener conto di ulteriori profili normativi che si pongono al di fuori dell'iter logico seguito in precedenza dai giudici supremi. Conclusioni Con questa decisione la Cassazione riesce nel difficile compito di declinare in modo equilibrato principi astratti che, per quanto universali, a fatica dialogano con le particolarità del caso, senza con ciò promuovere una contrapposizione – in realtà, inesistente – con consolidati principi processuali. La lettura è interessante anche poiché costituisce raro esempio di c.d. distinguishing, tecnica redazionale usuale in common law, ma che sta trovando terreno fertile in un sistema di “pervasiva nomofilachia”.

Presidente Pezzullo – Relatore Sessa Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 6.11.2023 il Tribunale di Catanzaro ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di G.A. in ordine al reato a lui ascritto di cui agli articolo 624,625 numero 2 cod. penumero , rilevando che l'azione penale non dovesse essere proseguita per difetto della condizione di procedibilità. 2. Avverso la suindicata sentenza, ricorre per cassazione, il sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Catanzaro, deducendo, con l'unico motivo articolato, l'inosservanza ed erronea applicazione degli articoli 624 e 625 numero 7 cod. penumero Evidenzia che, a differenza di quanto si assuma nel provvedimento impugnato, il reato per cui si procede deve ritenersi tuttora procedibile d'ufficio pure a fronte delle modifiche introdotte dal d.lgs. numero 150/22 al regime di procedibilità dei delitti di furto. Ed invero, la procedibilità a querela disposta dalla novella legislativa è esclusa ove la persona offesa sia incapace per età o per infermità oppure qualora ricorra taluna delle circostanze ex articolo 625 cod. penumero numeri 7, salvo che il fatto sia commesso su cose esposte alla pubblica fede, e 7 bis. Nel caso di specie l'aggravante di cui all'articolo 625 numero 7 è contestata in relazione al fatto che la condotta fu commessa su un bene come l'energia elettrica destinata al servizio pubblico, che, come emerge dalla sentenza impugnata, fu contestata dal P.M. di udienza, e pertanto il reato rimane perseguibile d'ufficio. 3. Il ricorso è stato trattato - ai sensi dell'articolo 23, comma 8, del d.l. numero 137 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, numero 176, che continua ad applicarsi, in virtù del comma secondo dell'articolo 94 del d.lgs. 10 ottobre 2022 numero 150, come modificato dall'articolo 11, comma 7, d.l. 30 dicembre 2023, numero 215, convertito con modificazioni dalla l. del 23.2.2024 numero 18, per le impugnazioni proposte sino al 30.6.2024 - senza l'intervento delle parti che hanno così concluso per iscritto il Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso chiedendo annullarsi la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Catanzaro per l'ulteriore corso il difensore dell'imputato, con le due memorie pervenute in atti, ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso del P.M. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. Il reato risulta procedibile d'ufficio, a seguito della tempestiva contestazione, da parte del P.M., della circostanza aggravante di avere commesso il fatto su bene destinato a pubblico servizio. 2. A seguito della modifica dell'articolo 624, comma 3, cod. penumero , intervenuta per effetto dell'articolo 2, comma 1, lett. i , d.lgs. 10 ottobre 2022 numero 150, in vigore dal 30 dicembre 2022, il delitto di furto anche se aggravato o pluriaggravato ai sensi dell'articolo 625 cod. penumero prima procedibile di ufficio è divenuto punibile a querela della persona offesa, tranne che nei seguenti casi se la persona offesa è incapace, per età o per infermità se ricorre taluna delle circostanze di cui all'articolo 625, numero 7, salvo che il fatto sia commesso su cose esposte alla pubblica fede il reato è, quindi, procedibile di ufficio anche quando il fatto è commesso su cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici, o sottoposte a sequestro o a pignoramento, o destinate a pubblico servizio o a pubblica utilità, difesa o reverenza se ricorre taluna delle circostanze di cui all'articolo 625, numero 7-bis. In relazione ai fatti commessi prima della data di entrata in vigore della suddetta modifica legislativa, l'articolo 85 del d.lgs. numero 150 del 2022 ha stabilito che il termine per la presentazione della querela pari a tre mesi ex articolo 124, primo comma, cod. penumero decorre dalla predetta data 30 dicembre 2022 , se la persona offesa ha avuto in precedenza notizia del fatto costituente reato. La novità normativa riguardante il regime di procedibilità trova, dunque, applicazione anche in ordine a fatti commessi prima del 30 dicembre 2022, data di entrata in vigore del d.lgs. 150 cit., e quindi anche in relazione al reato oggetto del presente procedimento accertato in data 12.2.2020. 3. Venendo al caso in esame, va rilevato che nel termine previsto dall'articolo 85 del d.lgs. numero 150 del 2022, la persona offesa non ha presentato querela il pubblico ministero, alla prima udienza utile, che nel caso di specie è da individuarsi in quella del 15.5.2023 - risultando le precedenti rinviate per motivi processuali che hanno inibito la regolare instaurazione del contraddittorio - subito dopo la costituzione delle parti e prima dell'apertura del dibattimento, ha contestato l'aggravante di avere commesso il fatto su bene destinato a pubblico servizio o pubblica utilità. Ciò nonostante, il Tribunale è addivenuto a declaratoria di improcedibilità per difetto delia querela quale, sopravvenuta, condizione di procedibilità. Ha ritenuto in buona sostanza il Tribunale che la contestazione del P.M., pur ammissibile in linea di principio, non potesse spiegare, per tardività, i propri effetti, essendo questi inibiti dalla ormai sopravvenuta causa di improcedibilità del reato per mancata presentazione della querela, ad opera delia persona offesa, entro la data del 30 marzo 2023. Sicché, non essendo stata ritenuta la circostanza aggravante de qua neppure contestata in fatto, la questione deve essere analizzata sotto il profilo della ratio sottesa alle disposizioni di cui agli articolo 516 e ss. cod. proc., pur col dovuto coordinamento di tali norme con l'articolo 129 cod. proc. penumero , che impone al giudice di pronunciare immediatamente il proscioglimento dell'imputato quando manca una condizione di procedibilità, e con l'articolo 85 d.lgs. numero 150 del 2022, che ha posto una disciplina transitoria in ordine alla presentazione della querela per i reati per i quali la riforma Cartabia ha modificato il regime di procedibilità. 4. Il collegio non condivide l'impostazione del Tribunale, ritenendo, nel solco già delineato da Sez. 5, numero 14891 del 14/03/2024, Buonario - oltre che da numerose altre pronunce di analogo tenore - che la questione debba essere risolta attraverso una lettura coordinata degli articolo 129 e 517 cod. proc. penumero , che tenga conto anche delle particolarità - soprattutto in relazione all'esercizio dei poteri del pubblico ministero - che si sono venute a delineare a seguito della disciplina transitoria posta dall'articolo 85 del d.lgs. numero 150 del 2022. L'analisi letterale e sistematica delle due norme del codice di rito appena richiamate restituisce la conformazione di un sistema che sul versante dell'articolo 129, comma 1, cod. proc. penumero prevede, tra i poteri/doveri del giudice disciplinati in via generale, quello di rilevare la mancanza della condizione di procedibilità «in ogni stato e grado del processo» sul versante dell'articolo 517 cod. proc. penumero , riconosce, nel dibattimento - come anche nella udienza preliminare ai sensi dell'articolo 423 cod. proc. penumero e nella udienza predibattimentale disciplinata dal novello articolo 554-bis cod. proc. penumero - il potere/dovere del pubblico ministero di contestare una circostanza aggravante non menzionata nell'originaria imputazione, senza necessità di autorizzazione del giudice. Lo scopo della contestazione suppletiva, oggi enunciato nel citato articolo 554-bis cod. proc. penumero , consiste nel permettere che il capo di imputazione contenga la descrizione non solo del fatto, ma anche delle circostanze in termini corrispondenti a quanto emerge dal fascicolo, così da far garantire, alla fine del giudizio, il rispetto del principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato . Il nuovo articolo 554-bis cod. proc. penumero - introdotto dalla Riforma Cartabia che ha recepito, estendendola, la regola fissata dalla sentenza delle Sezioni Unite Battistella numero 5307 del 20/12/2007 - fornisce lo spunto per due ulteriori riflessioni. Anzitutto il legislatore, ammettendo contestazioni suppletive in limine litis, ha assegnato forza normativa al principio dettato dalle Sezioni Unite Barbagallo numero 4 del 28/10/1998 , secondo cui la modifica dell'imputazione di cui all'articolo 516 cod. proc. penumero e la contestazione di un reato concorrente o di una circostanza aggravante di cui all'articolo 517 cod. proc. penumero possono essere effettuate anche sulla sola base degli atti già acquisiti dal pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari. E l'articolo 554-bis, comma 6, cod. proc. penumero prevede espressamente che il giudice possa, sulla base degli atti trasmessigli ex articolo 553 cod. proc. penumero , rilevare la mancata corrispondenza tra imputazione e quanto emerge dagli atti medesimi, mentre l'articolo 554-ter cod. proc. penumero prevede, a sua volta, che se in base agli atti trasmessi ex articolo 553 sussiste tra le altre - una causa per la quale l'azione penale non deve essere proseguita, il giudice la rileva e pronuncia sentenza di non luogo a procedere. L'esigenza della corrispondenza tra l'imputazione e il contenuto degli atti è tuttavia preliminare a ogni altra valutazione. Ed infatti, il nuovo articolo 554-ter - che declina, tra l'altro, la regola dell'immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità sulla base degli atti trasmessi - viene dopo l'articolo 554-bis cod. proc. penumero che a monte richiede la verifica della corrispondenza dell'imputazione a quegli atti. Si sono in tal modo disegnate due scansioni processuali in rapporto logico e cronologico tra loro quella della eventuale contestazione - attraverso cui si aggiusta l'imputazione, anche grazie all'intervento del giudice, in modo che l'accusa rappresenti fedelmente il fatto storico principale e le sue connotazioni circostanziali - che rimane comunque di competenza del P.M., e quella dell'eventuale immediata definizione del processo, di competenza del giudice. Rientrando l'aggiustamento della contestazione nell'orbita dell'accusa, anche laddove vi fosse una sollecitazione in tal senso da parte del giudice, non si crea alcuno sconfinamento nella fase successiva della immediata declaratoria della causa di non punibilità che inibisce al giudice di proseguire il giudizio ovvero di adottare tutti quei provvedimenti funzionali ad un esito diverso da quello imposto dalla sussistenza della causa di non punibilità. La regola posta dall'articolo 129, comma 1, cod. proc. penumero , dal canto suo, è stata comunemente descritta, dalla giurisprudenza di legittimità, come quella che vale a stabilire un criterio di prevalenza delle formule proscioglitive in esso previste, sostanziali o processuali - quando queste si presentino chiare - su qualsiasi attività processuale ulteriore, anche volta ad approfondimenti istruttori in favore dell'imputato. 5. La relazione sistematica fra l'articolo 517 e l'art, 129 del codice di rito è stata, in particolare, analizzata dapprima da Sezioni Unite De Rosa numero 12283 del 25/01/2005 , e, successivamente, da Sezioni Unite Domingo numero 49935 del 28/09/2023, Rv. 285517 - 01 , che ha interpretato evolutivamente i precetti antecedentemente enunciati, valorizzando, tra gli altri, quelli della sentenza delle Sezioni Unite Perroni numero 539 del 30/01/2020 . La prima sentenza - nell'affermare che non è consentito arrivare a una pronuncia ex articolo 129 cod. proc. penumero attraverso il rito de plano - ha chiarito che l'articolo 129 non attribuisce al giudice un potere ulteriore e autonomo al di fuori di quello già riconosciutogli dalle specifiche norme che regolano l'epilogo proscioglitivo nelle varie fasi e nei diversi gradi del processo articolo 425, 469, 529, 530 e 531 stesso codice epilogo che dunque deve avvenire con le precisate cadenze e modalità procedimentali e non in modo disancorato da queste. Essa ha, inoltre, posto in rilievo che un'eventuale pronuncia estemporanea e anticipata della causa di non punibilità inciderebbe negativamente sulla partecipazione al procedimento del pubblico ministero, al quale verrebbe precluso l'esercizio delle facoltà tese a meglio definire e suffragare l'accusa, e determinerebbe una violazione del diritto di difesa dell'imputato, al quale verrebbe interdetto l'esercizio di facoltà esperibili solo nell'ambito della fase o grado in essere. Il portato essenziale dell'articolo 129 cod. proc. penumero è stato individuato nell'inibizione al giudice, susseguente alla rilevazione della causa di non punibilità, dei poteri istruttori relativi al thema decidendum, con l'effetto che l'ambito della sua cognizione deve rimanere cristallizzato allo stato degli atti - e ciò, in nome della semplificazione del processo e del favor rei -, ma non anche nell'inibizione dell'attività processuale, diversa da quella istruttoria, che deriva dal diritto delle parti all'ascolto nel contraddittorio, avendo esse la potestà di dare sfogo alle pretese proprie della fase processuale in essere. Tra queste, viene espressamente richiamata - proprio - quella relativa all'esclusiva potestà del pubblico ministero di modificare l'imputazione. La pronuncia delle Sezioni Unite Domingo, riguardante un caso di contestazione suppletiva a fronte della maturata causa di estinzione per prescrizione del reato, ha accolto, espressamente, la suddetta sistematica ma l'ha anche rivista in un punto essenziale ha costruito il rapporto fra la contestazione suppletiva e causa di estinzione precedentemente perfezionatasi in termini di prevalenza della seconda che, per effetto della sentenza, acquisisce forza giuridica ora per allora con riferimento non al momento della sua dichiarazione formale ma a quello della sua maturazione. Ne consegue che l'attività processuale eventualmente svolta dopo tale momento non produce effetti, rimanendo neutralizzata dall'espandersi degli effetti della causa estintiva. La ratio di tale reimpostazione della questione complessiva appare riconducibile all'apprezzamento, del tutto condivisibile, dei principi costituzionali sottesi alia prevalenza massima accordata alla causa di estinzione del reato per prescrizione avente natura esclusivamente sostanziale, direttamente dipendente dal decorso di un tempo così lungo da far venire meno l'interesse punitivo dello Stato e all'accentuazione del suo dover essere dichiarata con immediatezza . 6. Con particolare riferimento all'improcedibilità per difetto di querela, il collegio, nel caso in esame, connotato da normativa processuale specifica e sopravvenuta, ritiene di percorrere una strada diversa per gli effetti distorsivi che deriverebbero dal riconoscimento della prevalenza massima accordata al venire meno della condizione di procedibilità. La strada prescelta è imposta non solo dalla diversità della natura giuridica della causa di non punibilità legata al difetto di querela rispetto a quella della prescrizione, ma soprattutto dalla particolarità delle coordinate fattuali che connotano la vicenda oggetto del presente procedimento che ha visto concretizzarsi la possibilità di proceder alla contestazione solo allorquando era oramai decorso il termine per proporre la querela, ed è in ogni caso segnata dalla sopravvenienza di una nuova normativa in tema di procedibilità. I temi in questione sono quello dell'incidenza della peculiare regolamentazione derivante dalla c.d. riforma Cartabia, che ha coinvolto, nel mutamento delle regole sulla nuova procedibilità a querela, con apposito regime transitorio, anche reati sub iudice originariamente contestati secondo il rito della procedibilità di ufficio quello, correlato, delle ricadute del principio di diritto enunciato dalla sentenza delle Sezioni Unite Domingo, ove applicato in modo automatico al caso processuale in esame quello della possibilità o meno di una valutazione scissa delle plurime ipotesi di non punibilità all'interno dell'articolo 129 cod. proc. penumero Per tale ragione, la presente decisione, pur non ponendosi in linea col precedente rappresentato da Sez. 5, numero 3741 del 2024, Mascali, Rv. 285878, non appare ancora tale da radicare un contrasto interpretativo vero e proprio, dal momento che si propone di rappresentare anche profili di analisi ulteriori e correlati alla peculiarità del regime transitorio della riforma Cartabia in tema di nuova procedibilità a querela. L'analisi della prima questione fa emergere la peculiarità della situazione venutasi a creare, in tema di furto aggravato, con la riforma Cartabia. Il reato è passato dalla procedibilità di ufficio alla procedibilità a querela, salva l'ipotesi - per quanto qui di interesse - dell'articolo 625, numero 7, cod. penumero con ulteriore eccezione riferita all'aggravante della esposizione alla pubblica fede . In relazione ai numerosi reati di tal genere, contestati con aggravanti ex articolo 625 diverse da quella indicata e portati a giudizio nel caso di specie con un atto di citazione risalente addirittura al 10 febbraio 2021 secondo le regole della procedibilità di ufficio poi superata, la normativa in questione ha riconosciuto alla persona offesa il potere di riportare il reato sui binari della procedibilità, presentando querela entro il 30 marzo 2023 tre mesi dall'entrata in vigore della riforma . Va sottolineato che nessun accorgimento occorreva accordare all'organo di accusa, al quale il sistema processuale già apprestava uno speculare e ordinario mezzo per il ripristino della procedibilità d'ufficio, attraverso lo strumento della contestazione suppletiva della circostanza aggravante utile articolo 517 cod. proc. penumero . Tale strumento, però, non è risultato concretamente utilizzabile nei processi in cui, nel periodo di tempo fissato dall'articolo 85 d.lgs. numero 150 del 2022 cioè dall'entrata in vigore della riforma al 30 marzo 2023 , non è stata celebrata alcuna udienza. Ebbene, un'interpretazione che neghi gli effetti di tale legittimo atto propulsivo del pubblico ministero, in ragione dell'operatività della causa di improcedibilità ora per allora , nei casi in cui il pubblico ministero - a causa della scansione che lo specifico processo ha avuto nel tempo - non ha avuto alcuna possibilità di assumere l'iniziativa necessaria per adeguare il processo alle nuove regole, si pone in contrasto, ad opinione di questo collegio, con l'articolo 517 cod. proc. penumero e con i valori tutelati dagli articolo 3 e 112 Cost. Al riguardo, va evidenziato che l'esercizio del potere di contestazione suppletiva dell'aggravante, come riconosciuto dall'articolo 517 cod. proc. penumero , non prevede decadenze o limitazioni, neppure nel caso in cui l'elemento di fatto aggravatore sia emerso già prima dell'esercizio della azione penale. Tale potere deve trovare uno spazio per il suo esercizio anche nei processi in cui, per effetto della novella e del suo regime transitorio, disegnato per l'iniziativa anche fuori udienza della persona offesa, l'eventuale inattività processuale nel periodo 30 dicembre 2022-30 marzo 2023 - per la mancata celebrazione di udienze in tale arco temporale per mancata fissazione o per impedimenti processuali - ha di fatto impedito al pubblico ministero di reagire in tempo e di prevenire il rischio della declaratoria di improcedibilità del reato. Tale spazio deve essere recuperato consentendo al pubblico ministero di esercitare, nella prima udienza utile fissata dopo il 30 marzo 2023, nel contraddittorio tra le parti, il potere di contestazione suppletiva. Il riconoscimento della prevalenza massima al venire meno della condizione di procedibilità, anche nei casi in cui il concreto esercizio del potere di contestazione suppletiva sia dovuto esclusivamente all'inattività processuale durante il periodo indicato all'articolo 85 d.lgs. numero 150 del 2022, infatti, porterebbe a un eccessivo e ingiustificato sacrificio dei poteri del pubblico ministero e del principio di obbligatorietà dell'azione penale. Una lettura coordinata degli articolo 517 cod. proc. penumero e 85 d.lgs. numero 150 del 2022, che tenga conto del potere di contestazione suppletiva, come riconosciuto dal codice di rito, senza decadenze o limitazioni, induce a ritenere consentito l'esercizio di tale potere nella prima udienza utile fissata dopo il 30 marzo 2023. L'apposizione di condizioni al potere integrativo di cui all'articolo 517 c.p.p., nella fattispecie in esame, apparirebbe, in altri termini, irragionevole. In tal modo si perviene ad un'adeguata valorizzazione del principio costituzionale dell'obbligatorietà della azione penale, come tracciato dalla giurisprudenza maggioritaria al di fuori dell'ipotesi analizzata dalla sentenza delle Sezioni Unite Domingo, che non ha inteso prendere le distanze dalla sentenza delle Sezioni Unite De Rosa nel suo impianto generale. 7. Resta, infine, da esaminare la compatibilità dell'opzione interpretativa qui sostenuta con la struttura dell'articolo 129 cod. proc. penumero se, cioè, le diverse situazioni processuali evocate nell'articolo citato esigano un trattamento unitario oppure siano assoggettabili anche a valutazioni talvolta non omogenee. Tale seconda opzione appare consentita, soprattutto quando è funzionale ad una lettura compatibile costituzionalmente con il fenomeno processuale in rilievo. Al riguardo, va rilevato che una prima deroga al trattamento unitario delle diverse situazioni processuali evocate nell'articolo 129 cod. proc. penumero si può cogliere nel secondo comma dello stesso articolo, dove la declaratoria di non doversi procedere per mancanza di condizione di procedibilità non è menzionata assieme alle cause di estinzione del reato che sono assoggettate alla regola della prevalenza del proscioglimento nel merito. Va, poi, menzionata la giurisprudenza a Sezioni Unite Sez. U, numero 24246 del 2004, Rv 227681, Chiasserini che, in tema di rapporto tra giudicato sostanziale da ricorso inammissibile e causa di estinzione del reato per remissione di querela, ha già dato prova di effettuare una distinzione rispetto alle altre cause di estinzione del reato elencate nell'articolo 129 cod. proc. penumero , in ragione della peculiare struttura processuale degli effetti della remissione, ritenendola, a differenza delle altre cause estintive, capace di prevalere sull'inammissibilità del ricorso. Più in generale, va rilevato che la regola di cui all'articolo 129 cod. proc. penumero non può non declinarsi in relazione ai caratteri specifici e alla correlativa modalità operativa delle cause di non punibilità di cui si occupa. Sotto tale profilo, è fin troppo evidente che l'estinzione del reato per prescrizione costituisce una vicenda irreversibile il reato, in un determinato momento, si estingue definitivamente per effetto del decorso del termine previsto dalla legge. La condizione di procedibilità, invece, subisce vicende alterne quando il procedimento viene iniziato potrebbe anche mancare può essere poi presentata querela a discrezione della persona offesa infine, la querela può essere rimessa. Risulta evidente che, nel caso della condizione di procedibilità, non è consentito fare riferimento a un momento determinato in cui essa manca questa all'inizio potrebbe mancare, ma non per questo si arriva a una sentenza di proscioglimento, ora per allora . Nel caso dell'estinzione per prescrizione, invece, vi è un momento determinato in cui il reato si estingue e un'eventuale prosecuzione del processo potrebbe derivare esclusivamente dall'omessa pronuncia della doverosa sentenza liberatoria da parte del giudice. L'omissione di quest'ultimo, che, alla scadenza del termine di prescrizione, avrebbe dovuto pronunciare il proscioglimento, tuttavia, non può creare un pregiudizio all'imputato mediante il meccanismo della contestazione suppletiva che faccia rivivere il reato estinto. Come evidenziato da Sezioni Unite Domingo «diversamente opinando, si rimetterebbe illogicamente alla diligenza del giudice di primo grado la sorte del processo, in presenza di identiche situazioni un imputato beneficerebbe o meno della sentenza favorevole in base al tempestivo rilievo o meno della causa di estinzione del reato da parte del giudice stesso ». La situazione che si è determinata, a seguito della scadenza del termine fissato dall'articolo 85, nei processi in cui non era stata fissata udienza tra l'entrata in vigore della riforma e il 30 marzo 2023 è ben diversa non vi è stata alcuna omissione da parte del giudice e tantomeno del pubblico ministero, che si è trovato nell'impossibilità di esercitare il suo potere di contestazione suppletiva. Seguendo l'interpretazione qui sostenuta, la sorte del processo non finisce per dipendere dalla diligenza del giudice o del pubblico ministero e l'imputato non riceve alcun pregiudizio per condotte omissive del giudice o della parte pubblica, ma si deve solo confrontare con un regime transitorio della nuova disciplina della procedibilità, come determinato dalla lettura coordinata degli articolo 85 e 517 cod. proc. penumero Non aderendo all'interpretazione di questo collegio, invece, si rimetterebbe, illogicamente, la sorte dei processi al calendario delle udienze e, in presenza di identiche situazioni, un imputato beneficerebbe o meno della sentenza favorevole in base al fatto che sia stata o meno fissata udienza nel periodo tra l'entrata in vigore della riforma Cartabia e il 30 marzo 2023. Questo collegio, in definitiva, ritiene che il pubblico ministero può validamente effettuare la contestazione suppletiva di una circostanza aggravante che renda il reato procedibile di ufficio, avendone il potere e l'occasione la prima udienza dopo il 30 marzo 2023 con la contestazione suppletiva, il thema decidendi si estende alla circostanza aggravante e viene eliminato l'ostacolo processuale al prosieguo dell'azione penale il giudice non ha ragione di emettere una sentenza di proscioglimento, poiché non si è realizzato alcun effetto preclusivo definitivo che imponga una pronuncia ora per allora , dato che, nel caso di mancanza della condizione di procedibilità, a differenza dell'ipotesi di estinzione del reato, non si è in presenza di un reato venuto meno nella dimensione sostanziale, che non può rivivere. Il complesso del rapporto così ricostruito fra contestazione suppletiva e mancanza della condizione di procedibilità porta a concludere nel senso che deve essere riconosciuta piena efficacia giuridica ed operativa alla contestazione suppletiva effettuata in udienza dal pubblico ministero, quantomeno in relazione alle coordinate temporali sopra evidenziate e alla novità rappresentata dalla riforma Cartabia sul tema. 8. Nel caso in esame, il pubblico ministero, alla prima udienza utile, subito dopo la costituzione delle parti e prima dell'apertura del dibattimento, ha contestato l'aggravante di avere commesso il fatto su bene destinato a pubblico servizio. Per le ragioni esposte, la contestazione suppletiva ha reso il reato procedibile di ufficio e, conseguentemente, la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio, ai sensi dell'articolo 569, comma 4, cod. proc. penumero , alla Corte di appello di Catanzaro per il relativo giudizio. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per il giudizio alla Corte di Appello di Catanzaro.