«Agli effetti della recidiva non può tenersi conto delle condanne in ordine alle quali, in data anteriore a quella della commissione del delitto in relazione al quale la stessa recidiva è contestata, sia stata pronunciata la dichiarazione di estinzione della pena e di ogni effetto penale determinata dall’esito positivo dell’affidamento in prova al servizio sociale, non potendo diversamente avere alcun rilievo al fine di escludere l’aggravante l’analoga dichiarazione emessa dal Tribunale di sorveglianza in data successiva a quella di commissione del secondo e ulteriore delitto».
La I Sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, ha rigettato il ricorso avverso la sentenza con cui la Corte d'appello ha confermato la sentenza di primo grado di condanna dell'imputato con riconoscimento della contestata recidiva. In merito a quest'ultimo profilo, unitamente ad altre doglianze del pari ritenute infondate dalla Corte, il ricorrente ha osservato che la recidiva era stata erroneamente riconosciuta in capo all'imputato, dal momento che era pendente innanzi al Tribunale di sorveglianza procedimento per la dichiarazione di positiva esecuzione della pena irrogata per una condanna precedente in regime di affidamento in prova al servizio sociale, con conseguente futura estinzione di ogni effetto penale delle stesse. Nelle more del giudizio di legittimità, la difesa dell'imputato ha altresì depositato l'ordinanza intanto emessa dal Tribunale di sorveglianza, con cui era stato constatato l'esito positivo dell'affidamento in prova, con dichiarazione di estinzione della pena e di ogni effetto penale della condanna pregressa. Anche in merito a tali profili, la Corte ha ritenuto infondato il ricorso, richiamando la giurisprudenza delle Sezioni Unite in ordine al percorso trifasico dell'applicazione dell'aggravante, che presuppone la contestazione della recidiva, riservata al Pubblico Ministero, e quindi il controllo da parte del giudice in ordine alla correttezza formale della contestazione. I giudici di legittimità evidenziano che, in tale seconda fase, il giudice è chiamato a verificare la sussistenza dei presupposti della recidiva, valutando se i precedenti vantati dall'imputato possano o meno assumere rilievo. La terza fase consiste invece nella valutazione in ordine alla “più accentuata colpevolezza e maggiore pericolosità del reo” che devono emergere dalla commissione del nuovo reato, in termini di rafforzamento della determinazione criminosa e di potenzialità di commissione di altri reati. Con riferimento al caso di specie, secondo la tesi difensiva, i giudici di merito non avrebbero potuto tener conto della pregressa condanna subita dall'imputato, posto che la pena irrogata era stata eseguita in regime di affidamento in prova ai servizi sociali, con esito positivo e conseguente estinzione di ogni effetto penale della sentenza. La Corte, sul punto, ha ribadito che in caso esito positivo dell'affidamento in prova non possa tenersi conto della sentenza di condanna ai fini del riconoscimento della recidiva, come affermato dalle Sezioni Unite in sentenza numero 5859/2012, Marcianò, precisando tuttavia che la dichiarazione di estinzione della pena e degli effetti penali della condanna deve essere intervenuta prima della commissione del nuovo delitto in relazione al quale sia stata contestata la recidiva. Si osserva infatti che, in siffatte ipotesi, l'imputato commette la nuova violazione quando ormai è stato verificato l'esito positivo della misura alternativa, con conseguente impossibilità di tener conto della condanna ai fini della recidiva. Diverso è invece il caso in cui l'estinzione sia dichiarata successivamente alla commissione del nuovo delitto, dal momento che gli effetti della condanna persistono nel momento in cui l'ulteriore reato sia stato posto in essere dall'imputato, con la conseguenza che il giudice può legittimamente tenerne conto ai fini del riconoscimento della recidiva. La Corte ha infatti affermato che la dichiarazione dell'estinzione della pena e degli effetti penali della condanna opera esclusivamente per il futuro e non già retroattivamente, sicché la condanna deve essere necessariamente tenuta in considerazione nella valutazione della sussistenza dei presupposti della recidiva contestata in relazione a fatti commessi in epoca anteriore alla verifica dell'esito positivo della misura alternativa. È dunque irrilevante che tale verifica avvenga in costanza del nuovo giudizio e che la dichiarazione di estinzione della pena e di estinzione degli effetti penali della condanna sia pronunciata prima della condanna definitiva per il nuovo delitto, rispetto al quale pertanto potrà riconoscersi la contestata recidiva in considerazione della pregressa condanna.
Presidente Rocchi Relatore Monaco Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Catanzaro, con sentenza del 4/7/2023, ha confermato la sentenza di condanna ad anni tre, mesi otto ed euro 2.500,00 di multa pronunciata dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Crotone in data 30/6/2021, nei confronti di P.A. per i reati di cui agli articolo 73, comma 4, D.P.R. 309 del 1990 e 23, commi 1 e 3, L. 110 del 1975, 648 e 697 cod. penumero 2. Nel corso di una perquisizione di un capannone e di un'area agricola riferibile all'imputato è stato rivenuto un borsone con dentro due pistole e della sostanza stupefacente e, nell'area agricola, sempre nella sua disponibilità, dentro a un bidone, numerose munizioni. Nel verbale della perquisizione, sottoscritto quando era in caserma e dopo essersi consultato con il difensore che comunque non aveva partecipato alla perquisizione, è riportato che l'indagato si assume la responsabilità per quanto rinvenuto nel capannone preciso che le armi e le munizioni e la sostanza stupefacente rinvenute a/l'interno dell'officina sono di mia proprietà e mi assumo ogni responsabilità in merito . Il primo giudice, ritenute utilizzabili le dichiarazioni spontanee, ha condannato l'imputato. Avverso la sentenza ha proposto appello la difesa deducendo, tra l'altro, l'inutilizzabilità delle dichiarazioni spontanee che non sarebbero contenute in un autonomo verbale. Nel merito ha censurato la ritenuta riferibilità delle armi all'imputato, la ritenuta consapevolezza della natura clandestina delle stesse per quanto riguarda il reato di ricettazione, la mancata qualificazione del reato di cui all'articolo 73 D.P.R. 309 del 1990 come ipotesi di cui al comma 5 della norma e, infine, il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. La Corte d'appello ha ritenuto infondati tutti i motivi e ha confermato la sentenza di primo grado. 3. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l'imputato che, a mezzo del difensore, ha dedotto i seguenti motivi. 3.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articolo 438, comma 6 bis, 350 e 64 cod. proc. penumero Nel primo motivo la difesa rileva che la conclusione della Corte territoriale in ordine all'utilizzabilità di quanto riportato nel verbale di perquisizione sarebbe errata perché tali dichiarazioni , non potendosi escludere che siano state surrettiziamente stimolate , non sarebbero qualificabili come spontanee. Le stesse, infatti, non sono riportate in un autonomo verbale, unico elemento che consentirebbe di valutarne la genuinità e le renderebbe così utilizzabili. Correttamente espunte le dichiarazioni, d'altro canto, non vi sarebbe in atti alcun elemento dal quale poter inferire che il capannone, l'officina, fosse effettivamente nell'esclusiva disponibilità dell'imputato, ben potendo anche essere avvenuto che qualcuno si sia indebitamente introdotto all'interno e vi abbia occultato il borsone contenente le armi e lo stupefacente. 3.2. Violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla ritenuta responsabilità per il capo d dell'imputazione relativo alla detenzione delle munizioni. Nel secondo motivo la difesa rileva che le munizioni, rinvenute in aperta campagna e non nel capannone, non sarebbero riferibili all'imputato, ciò anche considerato che le dichiarazioni spontanee da questo rese si riferiscono esclusivamente a quanto trovato nell'officina. 3.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità per il reato di cui al capo c dell'imputazione relativo alla ricettazione delle armi. Nel terzo motivo la difesa evidenzia che non sarebbe emersa in atti alcuna prova che l'imputato avesse consapevolezza che le armi all'interno del borsone, chiuso anche con dello scotch, avessero la matricola abrasa e che fossero pertanto clandestine. Circostanza questa che, considerato che la circolazione delle armi comuni da sparo è libera, imporrebbe di escludere che il ricorrente avesse consapevolezza della provenienza illecita delle armi e, quindi, non sussisterebbe l'elemento psicologico tipico del reato di ricettazione. 3.4. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'articolo 73, comma 5 D.P.R. 309 del 1990. Nel quarto motivo la difesa rileva come il dato ponderale non possa essere indicato come elemento esclusivo sul quale fondare il mancato riconoscimento dell'ipotesi attenuata. 3.5. Violazione di legge in ordine alla ritenuta sussistenza della recidiva, ciò considerato che nelle more era fissata l'udienza avanti al Tribunale di sorveglianza per la dichiarazione di positiva esecuzione della pena per le precedenti condanne in regime di affidamento in prova al servizio sociale, decisione che estingue ogni effetto penale e che, pertanto, impedisce di considerare tali pronunce anche agli effetti della recidiva. 4. In data 28 febbraio 2024 sono pervenuti motivi nuovi redatti nell'interesse del ricorrente. 4.1. In prima battuta la difesa approfondisce quanto esposto nel quarto dei motivi originari facendo riferimento a un documento redatto dall'Ufficio del Processo della Sezione Sesta Penale di questa Corte in ordine ai criteri per la configurabilità dell'ipotesi di cui all'articolo 73, comma 5, del D.P.R. 309 del 1990 citato nella sentenza impugnata. Nello specifico il ricorrente evidenzia che la quantità della sostanza non può essere assunta come criterio astratto ma deve farsi riferimento al principio attivo e alle dosi realmente ricavabili. Elemento questo che nel caso di specie sarebbe dirimente considerata la scarsa qualità della sostanza. 4.2. In seconda battuta la difesa, facendo riferimento al quinto motivo del ricorso originario, insiste per l'esclusione della recidiva e a tal fine allega l'ordinanza emessa dal Tribunale di sorveglianza il 1° febbraio 2024 che, constatato l'esito positivo dell'affidamento in prova, ha dichiarato estinta la pena e ogni effetto penale. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 2. Nel primo motivo la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione agli articolo 438, comma 6 bis, 350 e 64 cod. proc. penumero con riferimento alla ritenuta utilizzabilità delle dichiarazioni dell'imputato riportate nel solo verbale di perquisizione. La censura è infondata. 2.1. Ai sensi dell'articolo 438, comma 6 bis, cod. proc. penumero la richiesta di celebrare il processo con le forme del rito abbreviato determina la sanatoria delle nullità, sempre che non siano assolute, e preclude la rilevabilità delle inutilizzabilità, salve quelle derivanti dalla violazione di un divieto probatorio. Nel giudizio abbreviato, soprattutto se non subordinato dall'imputato a eventuali integrazioni probatorie, pertanto, sono utilizzabili tutte gli elementi e le fonti di prova contenuti nel fascicolo del pubblico ministero essendo onere dell'interessato eccepire in limine cioè prima dell'instaurazione del procedimento la loro eventuale illegittima acquisizione, onde impedirne l'apprezzamento da parte del giudice. Se il rito speciale viene instaurato senza che la difesa abbia sollevato contestazioni o senza che il giudice ritenga di formulare rilievi d'ufficio, l'imputato non può poi dolersi della utilizzazione di atti facenti parte del fascicolo del pubblico ministero. Una volta introdotto il rito contratto e -quindi delimitata con certezza e con il concorso della volontà delle parti la piattaforma probatoria ai fini della decisione, infatti, non è più consentita la formulazione di eccezioni sulla validità degli atti o sull'utilizzabilità dei dati probatori contenuti nel fascicolo del pubblico ministero. Salva l'ipotesi, come espressamente previsto dalla norma, che i dati probatori in parola siano stati acquisiti in violazione di specifici divieti normativi, sì da essere affetti da radicale nullità o inutilizzabilità, rilevabili anche d'ufficio in ogni stato e grado del processo così in Sez. 6, numero 8675 del 26/10/2011, dep. 2012, Labonia, Rv. 252279 01, successivamente Sez. 2, numero 22962 del 31/05/2022, Necchia, Rv. 283409 01 Sez. 4, numero 2124 del 27/10/2020, dep. 2021, Minauro, Rv. 280242 01 . 2.2. Le dichiarazioni spontanee rese dalla persona sottoposta alle indagini alla polizia giudiziaria, come espressamente previsto dall'articolo 350, co.7, cod. proc. penumero , sono utilizzabili a fini di prova afferendo l'inutilizzabilità esclusivamente il dibattimento Sez. 6, numero 10685 del 19/01/2023, Moccia, Rv. 284466 02 Sez. 6, numero 8675 del 26/10/2011, dep. 2012, Labonia, Rv. 252279 01 . Come anche evidenziato dalle Sezioni Unite di questa Corte, infatti, «le dichiarazioni spontanee rese dall'indagato alla p.g. o comunque da questa recepite sono pienamente utilizzabili nella fase delle indagini preliminari e, per ciò stesso, nel giudizio abbreviato» Sez. U, 25/9/2008 numero 1150/09, Correnti, Rv. 241884 01 Sez. 4, numero 2124 del 27/10/2020, dep. 2021, Minauro, Rv. 280242 01 Sez. 1, numero 15197 del 08/11/2019, dep. 2020, Fornaro, Rv. 279125 01 Sez. 3, numero 20466 del 03/04/2019, S, Rv. 275752 01 Sez. 5, numero 32015 del 15/03/2018, Carlucci, Rv. 273642 01 Sez. 3, numero 29641 del 14/03/2018, Ermo, Rv. 273209 01 Sez. 5, numero 44829 del 12/06/2014, Fabbri, Rv. 262192 01 senza che assuma rilievo il fatto che queste sono contenute nel verbale di perquisizione Sez. 4, numero 6962 del 14/11/2012, dep. 2013, Memoli, Rv. 254396 01 . Ciò in quanto la polizia giudiziaria a norma dell'articolo 357 c.p.p., comma 2, lett. b , cod. proc. penumero , deve redigere verbale degli atti non ripetibili compiuti e delle dichiarazioni spontanee ricevute dalla persona nei cui confronti vengono svolte indagini ma tale adempimento non comporta l'obbligo di redigere un autonomo verbale per ciascuna delle attività svolte, specialmente se in contestualità spazio-temporale, non essendo ciò prescritto da alcuna disposizione normativa Sez. 6, numero 8675 del 26/10/2011, dep. 2012, Labonia, Rv. 252279 01 . Con l'effetto, allora, come evidenziato nella sentenza impugnata, che nell'ipotesi in cui vengano rese alla polizia giudiziaria mentre procede a perquisizione o a sequestro, le dichiarazioni spontanee processualmente rilevanti da parte dell'indagato, le stesse ben possono essere inserite nel verbale di perquisizione o di sequestro, senza che occorra redigere distinto ed autonomo verbale Sez. 6, numero 10685 del 19/01/2023, Moccia, Rv. 284466 02 Sez. 4, numero 6962 del 14/11/2012, dep. 2013, Memoli, Rv. 254396 01 Sez. 6, numero 8675 del 26/10/2011, dep. 2012, Labonia, Rv. 252279 01 . Ai fini dell'utilizzabilità di suddette dichiarazioni, d'altro canto, è necessario che emerga con sufficiente chiarezza che l'indagato le abbia rese liberamente e consapevolmente, senza aver subito alcuna coercizione o sollecitazione e spetta pertanto al giudice accertare, anche d'ufficio, sulla base di tutti gli elementi disponibili, l'effettiva natura spontanea, dandone atto con motivazione congrua e adeguata Sez. 6, numero 10685 del 19/01/2023, Moccia, Rv. 284466 02 Sez. 2, numero 22962 del 31/05/2022, Nacchia, Rv. 283409 01 Sez. 1, numero 15197 del 08/11/2019, dep. 2020, Fornaro, Rv. 279125 01 Sez. 2, numero 14320 del 13/03/2018, Basso, Rv. 272541 01 , ciò sempre che sul punto la difesa abbia comunque fornito elementi concreti., non potendosi neanche presumere l'assenza di spontaneità, ad esempio, dalla mancata sottoscrizione del verbale in cui queste sono contenute Sez. 3, numero 9354 del 08/01/2020, C., Rv. 278639 01 2.3. Nel caso di specie la Corte territoriale si è conformata ai principi in precedenza indicati. Il processo, infatti, è stato celebrato con le forme del rito abbreviato e la questione dell'utilizzabilità delle dichiarazioni spontanee dell'indagato, inserite nel verbale di perquisizione e sequestro, è stata posta solo in un momento successivo all'instaurazione dello stesso. Né, d'altro canto, esclusa una mera e astratta ipotesi, sono emersi elementi dai quali poter desumere che le dichiarazioni rese non fossero spontanee, ciò anche, come pure evidenziato nella sentenza impugnata, che queste sono inserite nel verbale di perquisizione e sequestro, redatto in caserma e sottoscritto dall'indagato dopo essersi consultato con il proprio difensore, nel frattempo intervenuto. 2.4. Sotto altro profilo, poi, le stesse dichiarazioni non risultano decisive quanto alla tenuta del ragionamento posto a fondamento dell'affermazione di responsabilità. La stessa, infatti, anche eliminando le dichiarazioni spontanee dell'imputato, risulta essere adeguatamente motivata sulla base della disponibilità del ricorrente del capannone dove sono state rinvenute le armi e gli stupefacenti senza che vi fossero elementi dai quali poter desumere che ci sia stata un'effrazione e un indebito uso dello stesso cfr. pag. 2 della sentenza impugnata . 3. Nel secondo motivo la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione quanto alla ritenuta responsabilità per il capo d dell'imputazione relativo alla detenzione delle munizioni che, in quanto rinvenute in aperta campagna e non nel capannone, non sarebbero riferibili all'imputato. La doglianza è infondata. Anche in ordine a tale reato, infatti, il riferimento alla disponibilità da parte dell'indagato dei terreni agricoli dove sono state rinvenute le munizioni rende adeguato conto della riferibilità delle stesse al ricorrente in quanto, in assenza di elementi concreti da quali poter anche solo ipotizzare l'indebita intrusione di terzi in tali luoghi, ogni altra spiegazione risulta priva di qualsivoglia consistenza. 4. Nel terzo motivo la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità per il reato. di cui al capo c dell'imputazione relativo alla ricettazione delle armi evidenziando che non sarebbe emersa in atti alcuna prova che l'imputato avesse consapevolezza che le armi all'interno del borsone, chiuso anche con dello scotch, avessero la matricola abrasa e che fossero pertanto clandestine. La doglianza è infondata. A fronte della ritenuta riferibilità delle armi al ricorrente, infatti, la Corte territoriale, con motivazione coerente e adeguata, si è correttamente conformata quanto alla qualificazione giuridica del fatto accertato al consolidato orientamento di questa Corte per il quale, ai fini della configurabilità del reato di ricettazione, la prova dell'elemento soggettivo può essere raggiunta anche sulla base dell'omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede Sez. 2, numero 43532 del 19/11/2021, Berati, Rv. 282308 01 Sez. 3, numero 40385 del 05/07/2019, De Lisi, Rv. 276935 01 Sez. 2, numero 20193 del 19/04/2017, Kebe, RV. 270120 01 numero 53017 del 22/11/2016, Alotta, RV. 268713 01 numero 29198 del 25/05/2010, Fontanella, Rv. 248265 01 . In tal modo, d'altro canto, non si richiede all'imputato di provare la provenienza del ossesso delle cose, ma soltanto di fornire un'attendibile spiegazione dell'origine del possesso delle cose medesime, assolvendo non ad onere probatorio, bensì ad un onere di allegazione di elementi che potrebbero costituire l'indicazione di un tema di prova per le parti e per i poteri officiosi del giudice e che, comunque, possano essere valutati da parte 6 g del giudice di merito secondo i comuni principi del libero convincimento in tal senso, Sez. U, numero 35535 del 12/07/2007, Ruggiero, Rv. 236914 . Ciò anche considerato, come di recente ribadito, che in generale «il possesso di un'arma clandestina integra di per sé la prova del delitto di ricettazione, poiché l'abrasione della matricola, che priva l'arma medesima di numero e dei contrassegni di cui all'articolo 11 legge 18 aprile 1975, numero 110, essendo chiaramente finalizzata ad impedirne l'identificazione, dimostra, in mancanza di elementi contrari, il proposito di occultamento del possessore e la consapevolezza della provenienza illecita dell'arma» Sez. 1, numero 37016 del 28/05/2019, Spina, Rv. 276868 01 . Né vale a inficiare la tenuta del ragionamento seguito dal giudice di merito la considerazione della difesa che le armi erano chiuse in un borsone, anche assicurato con dello scotch, per cui il ricorrente non avrebbe avuto conoscenza del fatto che la matricola delle stesse era abrasa e che queste erano clandestine. La consapevolezza di detenere armi, pure eventualmente ritenute non clandestine ma comunque occultate e senza avere proceduto a una regolare denuncia, infatti, risulta di per sé significativa della consapevolezza della provenienza illecita delle stesse in considerazione del fatto che «l'elemento psicologico della ricettazione può essere integrato anche dal dolo eventuale, che è configurabile in presenza della rappresentazione da parte dell'agente della concreta possibilità della provenienza della cosa da delitto e della relativa accettazione del rischio» Sez. U, numero 12433 del 26/11/2009, dep. 2010, Nocera, RV. 246324 01 . 5. Nel quarto motivo, poi approfondito nei motivi nuovi, la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all'articolo 73, comma 5 D.P.R. 309 del 1990 rilevando che il dato ponderale non può essere indicato come elemento esclusivo sul quale fondare il mancato riconoscimento dell'ipotesi attenuata. La doglianza è infondata. 5.1. Come anche recentemente ribadito Sez. 3, Sentenza numero 12551 del 14/02/2023, Pascale, Rv. 284319 01 , ai fini del riconoscimento dell'attenuante della lieve entità del fatto si deve fare riferimento all'autorevole insegnamento delle Sezioni Unite Sez. U, numero 51063 del 27/09/2018, Murolo, Rv. 274076 per cui la valutazione degli indici di lieve entità elencati dal comma 5 dell'articolo 73 deve essere complessiva, senza che il giudice possa utilizzarli alternativamente, riconoscendo od escludendo, cioè, la lieve entità del fatto anche in presenza di un solo indicatore di segno positivo o negativo, a prescindere dalla considerazione degli altri che, allo stesso tempo, significa anche che tali indici non devono tutti indistintamente avere segno positivo o negativo. Secondo le Sezioni Unite Murolo all'esito della valutazione globale di tutti gli indici che determinano il profilo tipico del fatto di lieve entità, è poi possibile che uno di essi assuma in concreto valore assorbente e cioè che la sua intrinseca espressività sia tale da non poter essere compensata da quella di segno eventualmente opposto di uno o più degli altri. Ed è parimenti necessario proseguono le Sezioni Unite che il percorso valutativo così ricostruito si rifletta nella motivazione della decisione, dovendo il giudice, nell'affermare o negare la tipicità del fatto ai sensi dell'articolo 73, comma 5, D.P.R. 309 del 1990, dimostrare di avere vagliato tutti gli aspetti normativamente rilevanti e spiegare le ragioni della ritenuta prevalenza eventualmente riservata a solo alcuni di essi. Il che significa che il discorso giustificativo deve dar conto non solo dei motivi che logicamente impongono nel caso concreto di valutare un singolo dato ostativo al riconoscimento del più contenuto disvalore del fatto, ma altresì di quelli per cui la sua carica negativa non può ritenersi bilanciata da altri elementi eventualmente indicativi, se singolarmente considerati, della sua ridotta offensività. In tale ottica è opportuno sottolineare, prosegue la decisione in esame, come anche l'elemento ponderale quello che più spesso assume un ruolo centrale nell'apprezzamento giudiziale non è escluso dal percorso valutativo implicito nella formulazione dell'articolo 73, comma 5, come rivela ancora una volta proprio il raffronto dello stesso con la disposizione di cui all'articolo 80, comma 2, D.P.R. 309 del 1990. In altri termini, anche la maggiore o minore espressività del dato quantitativo deve essere anch'essa determinata in concreto nel confronto con le altre circostanze del fatto rilevanti secondo i parametri normativi di riferimento. Ferma la possibilità che, nel rispetto delle condizioni illustrate, tale dato possa assumere comunque valore negativo assorbente, ciò significa che anche la detenzione di quantitativi non minimali potrà essere ritenuta non ostativa alla qualificazione del fatto ai sensi dell'articolo 73, comma 5, e, per converso, che quella di pochi grammi di stupefacente, all'esito della valutazione complessiva delle altre circostanze rilevanti, risulti non decisiva per ritenere integrata la fattispecie in questione Sez. 3, Sentenza numero 12551 del 14/02/2023, Pascale, Rv. 284319 01 . 5.2. Nel caso di specie i giudici di merito si sono conformati ai principi indicati e non hanno escluso che il fatto potesse essere qualificato ai sensi dell'articolo 73 D.P.R. 309 del 1990 facendo esclusivo riferimento al dato ponderale. A prescindere dalla quantità della sostanza, pari comunque a 970 grammi laddove nello studio richiamato nel ricorso si fa riferimento a una quantità di 250 grammi, infatti, i giudici di merito hanno dato atto di avere proceduto a una valutazione complessiva nella quale hanno attribuito corretto e adeguato rilievo alle modalità cli conservazione e al rinvenimento di un bilancino, dando così conto degli elementi sui quali si fonda la conclusione cui sono pervenuti. Motivazione questa che risulta corretta e che non è pertanto sindacabile, pure considerati i principi indicati dalla giurisprudenza citata dalla difesa Sez. 6, numero 45061 del 03/11/2022, Restivo, Rv. 284149 01 . 6. Nel quinto motivo la difesa deduce la violazione di legge in ordine alla ritenuta sussistenza della recidiva. Nello specifico il ricorrente rileva che la recidiva non avrebbe dovuto essere applicata in quanto la pena inflitta per i reati in precedenza commessi è stata eseguita in regime di affidamento in prova al servizio sociale che, come ulteriormente specificato nei motivi nuovi, constatato l'esito positivo dell'affida mento in prova, si è concluso con l'ordinanza del competente Tribunale di sorveglianza che ha dichiarato estinta la pena e ogni effetto penale. La doglianza è infondata. 6.1. In merito alla recidiva si sono più volte espresse le Sezioni Unite di questa Corte che ne hanno delineato le caratteristiche, anche evidenziando i rapporti tra questa e altri istituti da ultimo Sez. U, numero 49935 del 28/09/2023, Domingo, Rv. 285517 01 alla quale si rinvia per la ricostruzione effettuata in sintesi . Come ribadito in quella sede, per quanto rileva ai fini dell'attuale ricorso, il riconoscimento o meno della circostanza aggravante è il risultato di un percorso che si articola in tre distinte fasi. La prima è quella della contestazione della recidiva, ovviamente riservata al pubblico ministero, in quanto questa non può essere riconosciuta e applicata in difetto di contestazione. La seconda è quella del controllo della correttezza formale della contestazione, cioè quella in cui il giudice è tenuto a verificare l'esistenza dei presupposti dell'aggravante e, quindi, se le condanne relative ai reati in precedenza commessi possono essere valutate o meno ai fini della recidiva. Ad esempio, in prima battuta, se la sentenza che li ha accertati sia divenuta irrevocabile prima o dopo della commissione del fatto in relazione al quale la recidiva stessa è contestata ovvero se sia intervenuta la riabilitazione, se ci sia stato l'esito positivo dell'affidamento in prova ai servizi sociali o la declaratoria cli estinzione del reato conseguente al decorso dei termini e al verificarsi delle condizioni previste dall'articolo 445 cod. proc. penumero , o l'estinzione del reato e degli effetti penali, ai sensi dell'articolo 106, secondo comma, cod. penumero che incide anche sulla recidiva, a volte erroneamente contestata sulla base di condanne che non possono rilevare ai fini di cui si tratta Sez. U, numero 49935 del 28/9/2023, Domingo, Rv. 285517 01 Sez. 2, numero 994 del 25/11/2021, dep. 2022, Raccuia, Rv. 282515-03 . La terza è quella della valutazione, in concreto, in ordine alla «più accentuata colpevolezza e maggiore pericolosità del reo» espresse dal nuovo delitto che come da ultimo rimarcato nella sentenza Sabbatini deve essere «unitaria e consequenziale, nel senso che dall'accertamento di una maggiore colpevolezza, in quanto costituita dal rafforzamento della determinazione criminosa, deriva quello di una pericolosità costituita dalla potenzialità di commissione di altri reati» , in presenza della quale soltanto il giudice di merito, congruamente motivando, deve applicare la recidiva, ma non in una forma più grave di quella contestata Sez. U, numero 32318 del 30/03/2023, Sabbatini, Rv. 284878 01 Sez. U, numero 35738 del 27/5/2010, Calibè, Rv. 247838-01 Sez. 3, numero 14233 del 05/02/2020, Lasic, Rv. 279289-02 Sez. 5, numero 50510 del 20/09/2018, La Cava, Rv. 274446-01 Sez. 3, numero 43795 del 01/12/2016, Bencandato, Rv. 270843-01 Sez. 2, numero 5663 del 20/11/2012, dep. 2013, Alexa, Rv. 254692-01 . 6.2. Nel caso di specie la recidiva è oggetto di specifica contestazione e i giudici di merito ne hanno ritenuto la sussistenza sulla base di quanto risultava dal certificato del casellario. La difesa censura tale conclusione evidenziando che il giudice non avrebbe dovuto tenere conto della condanna posta a fondamento della recidiva in quanto la pena a questa relativa è stata eseguita in regime di affidamento in prova ai servizi sociali e questo si è positivamente concluso con l'ordinanza emessa dal Tribunale di sorveglianza che, nelle more della fissazione e della celebrazione dell'udienza avanti a questa Corte, ha dichiarato l'estinzione di ogni effetto penale della sentenza. La soluzione della questione posta dal ricorrente impone di verificare quale effetto abbia avuto nel caso di specie la pronuncia del Tribunale di sorveglianza che ha dichiarato estinta la pena e ogni altro effetto penale della condanna, se cioè ai fini del riconoscimento della recidiva si debba tenere conto o meno di tale pronuncia. 6.2.1. Il principio riconosciuto dalle Sezioni unite Marcinò per cui «l'estinzione di ogni effetto penale determinata dall'esito positivo dell'affidamento in prova al servizio sociale comporta che delle relative condanne non possa tenersi conto agli effetti della recidiva» Sez. U, numero 5859 del 27/10/2011, dep. 2012, Marcianò, Rv. 251688-01 e Rv. 251690-01 , è pacificamente applicabile alle situazioni analoghe a quelle per la quale è stato pronunciato, ovvero quando l'estinzione della pena e degli effetti penali della condanna è stata dichiarata con ordinanza emessa dal Tribunale cli sorveglianza prima della commissione del fatto in relazione al quale la recidiva è contestata nella pronuncia delle Sezioni Unite si fa espressamente riferimento alla data di commissione del reato, 11 maggio 2010, e a quella in cui è stata emessa l'ordinanza che aveva, in precedenza, il 28 novembre 2003, dichiarato l'estinzione della pena e di ogni effetto penale . In questa ipotesi, infatti, allorché l'imputato ha commesso il secondo reato, il Tribunale ha già concluso la verifica circa l'esito positivo della misura alternativa e gli effetti penali della condanna sono giù stati dichiarati estinti e, per questo, per l'intervenuta dichiarazione di estinzione, non possono essere considerati. 6.2.2. Il caso in cui il giudice della sorveglianza si pronunci in merito alla dichiarazione di estinzione della pena e degli effetti penali della condanna in un momento successivo alla commissione del secondo o ulteriore fatto è differente. In questa situazione, infatti, l'accertamento irrevocabile della responsabilità del soggetto per il reato in precedenza commesso e gli effetti della condanna emessa nei suoi confronti sono efficaci al momento di commissione del secondo 1-eato e possono, anzi devono, essere legittimamente considerati e valutati ai fini della recidiva. In assenza e prima della dichiarazione di estinzione della pena e degli effetti penali della relativa condanna, d'altro canto, il presupposto dal quale deriva la contestazione della recidiva, l'accertata commissione di un precedente reato e il disvalore che questo comporta, sono oggetto di una pronuncia che è valida ed efficace, ciò fino a quando il Tribunale non ha verificato l'esito positivo dell'affidamento e non si è espresso sul punto, essendo questo il momento dal quale, invece, la medesima dichiarazione comporta che non si possa tenere conto della condanna ai fini della recidiva. In una corretta prospettiva sistematica, quindi, la dichiarazione dell'estinzione della pena e degli effetti penali opera per il futuro e non può, evidentemente, far venir meno, ora per allora, il fatto che determina la sussistenza della circostanza aggravante, integrato dalla commessione di un altro reato da chi, allo stato e in quel momento, risulta essere stato condannato per delitto non colposo con una sentenza irrevocabile i cui effetti non sono ancora stati dichiarati estinti. Prima che sia pronunciata la dichiarazione di estinzione degli effetti penali, d'altro canto, gli effetti della situazione cui l'ordinamento attribuisce rilievo ai fini della contestazione e del riconoscimento della recidiva -cioè la specifica condizione soggettiva preesistente nella quale si trova l'imputato che ha commesso il fatto dopo la pronuncia di una sentenza irrevocabile di condanna non sono venuti meno e la condanna deve pertanto essere necessariamente considerata ai fini della verifica della sussistenza o meno della circostanza aggravante con riferimento alla natura dell'accertamento circa la recidiva cfr. Sez. U, numero 49935 del 28/09/2023, Domingo, Rv. 285517 01 Sez. 5, numero 47241 del 02/07/2019, Cassarino, Rv. 277648 01 . 6.2.3. La circostanza che dopo la commissione del secondo reato, anche se prima o nelle more del processo, il condannato sia stato ammesso all'affidamento in prova al servizio sociale e che questo si sia concluso, ovvero si concluda nel corso del giudizio, con esito positivo è, quindi, irrilevante. La dichiarazione di estinzione della pena e degli effetti penali della condanna eventualmente sopravvenuta in un momento successivo a quello in cui l'imputato ha commesso l'altro reato quello per il quale è contestata la recidiva , infatti, come in precedenza evidenziato, spiega i propri effetti dalla data in cui viene emessa e per il futuro e non determina il venir meno del presupposto costitutivo della circostanza aggravante, che si è già realizzato di contrario avviso, implicitamente, Sez. 3, numero 41697 del 08/05/2018, G., Rv. 273941 01 che, senza affrontare la questione, ha applicato in termini generali il principio enucleato dalle Sezioni Unite Marcianò in un caso in cui la dichiarazione di estinzione della pena e di ogni altro effetto penale è sopravvenuta dopo la sentenza di appello . 6.2.4. Sul punto, in conclusione, appare opportuno specificare che «agli effetti della recidiva non può tenersi conto delle condanne in ordine alle quali, in data anteriore a quella della commissione del delitto in relazione al quale la stessa recidiva è contestata, sia stata pronunciata la dichiarazione di estinzione della pena e di ogni effetto penale determinata dall'esito positivo de/l'affidamento in prova al servizio sociale non potendo diversamente avere alcun rilievo al fine di escludere l'aggravante l'analoga dichiarazione emessa dal Tribunale di sorveglianza in data successiva a quella di commissione del secondo e ulteriore delitto». 6.3. Nel caso di specie i fatti in relazione ai quali è contestata la recidiva sono stati commessi in data anteriore a quella in cui è stata dichiarata l'estinzione della pena e di ogni altro effetto penale della precedente condanna. Dalla lettura del ricorso e delle sentenze di merito, infatti, risulta quanto segue. i. Il primo reato, quello sul quale si fonda la contestazione della recidiva nell'attuale processo, è della stessa indole ed è stato commesso il 10 febbraio 2014. ii. La condanna in relazione a tale reato è divenuta irrevocabile il 15 novembre 2018. iii. L'ordine di carcerazione è stato emesso in data 27 novembre 2018. iv. Il condannato ha presentato l'istanza di sospensione dell'esecuzione e di ammissione alle misure alternative alla detenzione il 3 17 dicembre 2018. v. Il Tribunale di sorveglianza di Catanzaro ha ammesso il condannato alla misura dell'affidamento in prova al servizio sociale in data 18 novembre 2021. vi. Il Tribunale di sorveglianza di Catanzaro, constatato l'esito positivo dell'affidamento in prova al servizio sociale, ha dichiarato estinta la pena e ogni altro effetto penale della condanna divenuta irrevocabile il 15 novembre 2018 con pronuncia emessa in data 1° febbraio 2024. vii. I reati oggetto dell'attuale processo, quelli in relazione ai quali è contestata la recidiva, sono stati accertati come commessi a Crotone il 6 agosto 2019. 6.4. La Corte territoriale, facendo riferimento al certificato del casellario e dando atto che da questo risultava la presenza di condanne per armi e stupefacenti, ha fornito una motivazione che risulta adeguata alla censura relativa all'applicazione della recidiva. Alla data del 6 agosto 2019, data di commissione dei reati, infatti, gli effetti penali della condanna divenuta irrevocabile il 15 novembre 2018 non erano venuti meno e di questa si doveva tenere conto nel presente giudizio nel quale, come in precedenza evidenziato, non assume rilievo il fatto che dopo la commissione del secondo reato il condannato sia stato ammesso alla misura dell'affidamento in prova al servizio sociale e che questo, constatato l'esito positivo, si sia successivamente concluso con la dichiarazione di estinzione della pena e di ogni altro effetto penale, sopravventa solo il 1° febbraio 2024. La mancata risposta del giudice d'appello alla specifica questione di diritto posta dalla difesa sul punto, d'altro canto, non determina la nullità della sentenza in quanto, pure in assenza di motivazione, la soluzione adottata dalla Corte territoriale risulta corretta e questa Corte è giudice dei presupposti della decisione stessa, sulla quale esercita il proprio controllo, quale che sia il ragionamento esibito per giustificarla Sez. U, numero 5 del 26/02/1991, Bruno, Rv. 186998 01 Sez. 1, numero 29036 del 06/02/2018, Scordio, Rv. 273296 01 Sez. 5, numero 17979 del 05/03/2013, Iamonte, Rv. 255515 01 Sez. 5, numero 15124 del 19/03/2002, Ranieri, Rv. 221322 01 , e, al limite, anche ove la giustificazione sia del tutto mancata. 7. Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.