Inutilizzabili le videoregistrazioni il cui oggetto siano comportamenti non comunicativi

In tema di acquisizione ed utilizzazione delle videoregistrazioni effettuate dalla Polizia Giudiziaria, è necessario distinguere se, per quelle eseguite all’interno del domicilio, oggetto della captazione siano comportamenti comunicativi o non comunicativi.

Se, infatti, nel primo caso la disciplina applicabile è quella dettata dagli articolo 266 e ss. del Codice di rito, nella seconda ipotesi le operazioni di videoregistrazione non possono essere eseguite, in quanto lesive dell'articolo 14 Cost. Conseguentemente, essendo vietata la loro acquisizione ed utilizzazione e, in quanto prova illecita, non potrà trovare applicazione la disciplina dettata dall'articolo 189 c.p.p. Secondo oramai consolidato orientamento della Corte di Legittimità, le videoregistrazioni in luoghi pubblici, ovvero aperti o esposti al pubblico, eseguite dalla Polizia Giudiziaria vanno incluse nella categoria delle prove atipiche, soggette alla disciplina dettata dall'articolo 189 c.p.p. Come noto, l'articolo in parola prevede che, nel caso in cui sia richiesta una prova non disciplinata dalla legge, il Giudice può assumerla solo se questa risulti «idonea ad assicurare l'accertamento dei fatti» e non pregiudichi «la libertà morale della persona». Ebbene, i Giudici di Piazza Cavour, nel rigettare il quarto motivo di ricorso proposto, sostengono che, quando le videoregistrazioni sono eseguite, invece, all'interno del domicilio, sia necessario operare una netta distinzione in punto di oggetto della captazione. Nel caso in cui vengano ripresi comportamenti comunicativi, «la disciplina applicabile è quella dettata dagli articolo 266 e ss. cod. proc. penumero ». Al contrario, se oggetto della captazione siano comportamenti non comunicativi, le operazioni di videoregistrazione non potranno essere eseguite, «in quanto lesive dell'articolo 14 Cost.». Gli Ermellini, pertanto, ne fanno discendere il divieto della loro acquisizione ed utilizzazione. Non solo. In quanto prova illecita, non potrà trovare applicazione nemmeno la summenzionata disciplina di cui all'articolo 189 c.p.p. Ora, punto decisivo è capire se i locali nei quali vengono effettuate le videoregistrazioni possano o meno essere qualificati come domicilio. Ebbene, il concetto di domicilio «non può essere esteso fino a farlo coincidere con un qualunque ambiente che tende a garantire intimità e riservatezza». Non vi è alcun dubbio, come ricordato anche dalle Sezioni Unite con sentenza numero 26795 del 2006, che «il concetto di domicilio individui un rapporto tra la persona ed un luogo, generalmente chiuso, in cui si svolge la vita privata, in modo anche da sottrarre chi lo occupa alle ingerenze esterne e da garantirgli, quindi, la riservatezza». Vero è, tuttavia, che affinché sussista e possa operare la tutela di cui all'articolo 14 Cost., non è sufficiente che un determinato comportamento attinente alla sfera personale venga tenuto in luoghi di privata dimora. I Giudici delle Leggi, infatti, rammentano che «occorre, altresì, che esso avvenga in condizioni tali da renderlo tendenzialmente non visibile a terzi». Purtuttavia, se l'azione può essere liberamente osservata dagli estranei, senza ricorrere a particolari accorgimenti, il titolare del domicilio, allora, «non può accampare una pretesa alla riservatezza e le videoregistrazioni a fini investigativi soggiacciono al medesimo regime valevole per le riprese visive in luoghi pubblici o aperti al pubblico». In conclusione, per quanto concerne il caso di specie, la Corte di Legittimità si riporta ad un'altra storica pronuncia Cass. Penumero , Sez. II, numero 33580 del 6.07.2023 affermando il principio secondo cui «sono utilizzabili, senza previo provvedimento autorizzativo del giudice, le videoriprese effettuate dalla polizia giudiziaria all'interno di un garage condominiale, pur se con accesso delimitato da cancello con dispositivo di apertura in uso ai soli condomini, in quanto non costituente luogo di privata dimora».

Presidente Pezzullo – Relatore Belmonte Ritenuto in fatto 1. Con la ordinanza impugnata, il Tribunale del riesame di Milano ha rigettato l'impugnazione avverso l'ordinanza del giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano, in data 06/12/2023, che, ai sensi dell'articolo 27 cod. proc. penumero , aveva applicato nei confronti di Al.Anumero la misura cautelare della custodia in carcere, siccome gravemente indiziato di una molteplicità di furti aggravati in appartamento, consumati e tentati, oltre che di riciclaggio per complessivi numero 18 fatti compendiati in altrettante provvisorie imputazioni . 2. Ricorre per cassazione l'indagato, per il tramite del difensore di fiducia, avvocato Francesco Mavilla, che svolge quattro motivi. 2.1. Con il primo motivo, è denunciata inosservanza dell'articolo 309 comma quinto, cod. proc. penumero . per la omessa trasmissione al Tribunale del riesame degli allegati 5 e 7 DVD contenenti conversazioni rilevanti e relativi brogliacci , atti definiti fondamentali ai fini dell'emissione dell'ordinanza cautelare, con conseguente inefficacia della misura cautelare. Chiarisce il ricorrente che, nel rispetto del termine legale dei 5 giorni prima dell'udienza, erano stati trasmessi i supporti fisici dei file informatici, ma non la chiave di accesso, fornita solo successivamente, il 14 dicembre 2023 rispetto alla udienza camerale che si è tenuta il 18.12.2023 , quindi, tardivamente. 2. Con il secondo motivo, è denunciata l'inutilizzabilità dei risultati delle operazioni di intercettazione ambientale per mancanza di motivazione dei decreti di convalida del G.I.P., in cui non sarebbero state esplicitate le ragioni della necessità di effettuare le captazioni, in violazione del combinato disposto di cui agli articolo 267 - 271 cod. proc. penumero In particolare, è dedotta l'inutilizzabilità patologica dei risultati delle intercettazioni ambientali di cui ai RIT nnumero 2205/23 e 2566/23, dal momento che il G.I.P. avrebbe giustificato il provvedimento con mere clausole di stile. 3.Il terzo motivo denuncia l'inutilizzabilità dei dati del GPS installato sulle autovetture utilizzate durante i furti, per mancanza dei decreti autorizzativi e dei verbali di acquisizione e conservazione dei dati captati. In particolare, denuncia il ricorrente che le prove così acquisite, nell'ambito del procedimento penale, siano da considerarsi inutilizzabili, in quanto acquisite senza le garanzie proprie di un documento informatico. Si denuncia, inoltre, che, nell'incarto processuale, mancherebbero il decreto del 4 ottobre 2023 di autorizzazione delle operazioni tecniche di monitoraggio a mezzo di sistema di glocalizzazione satellitare GPS relativi all'Audi S3, il verbale di polizia giudiziaria attestante le modalità di installazione del GPS su detta autovettura, e le modalità di estrapolazione dei dati. 4. Il quarto motivo denuncia la inutilizzabilità delle videoriprese, eseguite di iniziativa dalla polizia giudiziaria, dei box auto, ove erano custoditi i mezzi utilizzati per commettere i reati, trattandosi di pertinenze di abitazioni private, utilizzati come parcheggi interrati, cosicché detta attività avrebbe dovuto essere autorizzata con provvedimento dell'A.G. Considerato in diritto 1. Il ricorso non è fondato e deve essere rigettato. 2. Non ha pregio il primo motivo, con il quale è denunciata violazione dei commi 5 e 10 dell'articolo 309 cod. proc. penumero , in ragione della mancata tempestiva trasmissione al Tribunale del riesame di alcuni atti, giacché detta doglianza è stata correttamente risolta dalla ordinanza impugnata, in pertinente applicazione del principio enunciato da questa Corte, per il quale la trasmissione incompleta o difettosa degli atti non equivale alla mancata trasmissione. 2.1. La giurisprudenza di legittimità, che ha esaminato, in più occasioni, le conseguenze della mancata trasmissione, da parte del P.M., di atti di varia natura al Tribunale per il riesame, è pervenuta all'affermazione che, in tema di riesame di misure coercitive, la perdita di efficacia della misura, di cui al comma decimo dell'articolo 309 cod. proc. penumero , consegue solo in caso di mancata trasmissione, in violazione del comma quinto dell'articolo 309 del medesimo codice, di tutti gli atti presentati al giudice con la richiesta di applicazione della misura, mentre, quando al Tribunale del riesame perviene solo parte degli atti, tale organo ha il dovere di valutare quelli trasmessi e, se li ritiene insufficienti ai fini della giustificazione dell'adozione della misura, deve annullare l'ordinanza impugnata, con conseguente liberazione dell'imputato Sezioni Unite numero 21 del 1997 Rv. 206955 numero 4501 del 1998 Rv. 210069 numero 4498 del 1998, Rv. 210828 numero 6231 del 2000 Rv. 216242, numero 8114 del 2006 Rv. 233530 . 2.2. Nel caso in esame, come emerge dalla stessa deduzione difensiva, non ci si trova di fronte a una omessa trasmissione di atti, ma, in realtà, neppure ad una parziale trasmissione di atti, perché, per quanto dedotto, i supporti sui quali erano riversati i files numerati come allegati 5 e 7 erano stati rimessi al Riesame, mancando solo il deposito delle password necessarie per la apertura dei documenti informatici, le quali sono state trasmesse quattro giorni prima della udienza, verosimilmente, in seguito alla sollecitazione ad integrare la documentazione da parte del Tribunale Cass. Sez. 5 numero 39013/2018 . Inoltre, come efficacemente rilevato nella ordinanza impugnata, dopo la trasmissione delle password, la difesa benché a conoscenza dell'avvenuto deposito delle password non ha chiesto al P.M. l'accesso agli atti e l'estrazione di copia degli stessi, e neppure un rinvio dell'udienza finalizzato a un compiuto esame di tali atti. 2.3. Correttamente, il provvedimento impugnato ha escluso la perdita di efficacia della misura, ai sensi dell'articolo 309, comma quinto, cod. proc. penumero , in ragione della trasmissione al Tribunale del riesame dell'intera documentazione informatica posta a disposizione del Giudice per le indagini preliminari e da questi utilizzata per la decisione della domanda cautelare, benché non immediatamente leggibile Sez. 5, numero 39013 del 27/06/2018, Rv. 273879 , come è stato affermato in una fattispecie analoga, che ha escluso la perdita di efficacia della misura, ai sensi dell'articolo 309, comma 5, cod. proc. penumero , qualora la copia di uno degli atti, compreso nell'indice di quelli che la cancelleria del Tribunale del riesame attesta come ricevuti a seguito di caricamento nel sistema ed. TIAP da parte del pubblico ministero, risulti non reperito o non leggibile, derivando, appunto, tale inefficacia dalla sola mancata trasmissione e non anche dalla trasmissione difettosa Cass. penumero Sez. II Sent., 20/10/2021, numero 37780 rv. 282201-01. 2.4. È opportuno anche osservare che, nella specie, l'ordinanza impugnata non ha utilizzato i documenti informatici in questione, ma solo l'informativa di polizia giudiziaria, con riferimenti ai ed. brogliacci, senza che possa ritenersi che l'omesso deposito, in sede di riesame, del cosiddetto brogliaccio di ascolto e dei files audio delle registrazioni di conversazioni oggetto di intercettazione sia sanzionato da nullità o inutilizzabilità, dovendosi, piuttosto, ritenere sufficiente la trasmissione, da parte del P.M., di una documentazione anche sommaria ed informale, che dia conto sinteticamente del contenuto delle conversazioni riferite negli atti della polizia giudiziaria, fatto salvo l'obbligo del Tribunale di fornire congrua motivazione in ordine alle difformità specificamente indicate dalla parte fra i testi delle conversazioni telefoniche richiamati negli atti e quelli risultanti dall'ascolto in forma privata dei relativi files audio Sez. 6, numero 22570 del 11/04/2017, Rv. 27003 . 2.5. Infine, deve osservarsi che il Tribunale del riesame ha ben chiarito come, in realtà, non vi sia stata alcuna attività difensiva volta a rappresentare concretamente quale sia stato il pregiudizio per la difesa correlate alla tardiva trasmissione della password di accesso, comunque avvenuta quattro giorni prima dell'udienza. Ciò che integra un'altra ragione per ritenere l'eccezione difensiva infondata, giacché è affermazione costante che l'effetto caducatorio, anche quando vi sia una omissione effettiva e non si tratti di mera incompletezza o illeggibilità dell'atto non è automatico, ma soggetto alla ed. prova di resistenza l'inosservanza della disposizione di cui all'articolo 309, 5 co. ha effetti invalidanti e caducatori solo quando gli elementi di prova di cui sia omessa la trasmissione siano idonei ad assumere in concreto una specifica rilevanza probatoria in favore dell'impugnante già secondo S.U., 29.5.2008, Rv. 239699 . Prova di resistenza che, nella specie, è mancata da parte della difesa ricorrente. 3. Il secondo motivo, concernente l'omessa motivazione dei decreti autorizzativi di alcune intercettazioni, è inammissibile per difetto di autosufficienza il ricorrente non ha allegato gli atti di cui chiede la inutilizzabilità, né ha reso altrimenti accessibili alla cognizione di questo giudice di legittimità, i decreti autorizzativi, in relazione ai quali lamenta il vizio di motivazione, documenti il cui accesso diretto è precluso al giudice di legittimità, essendo stato eccepito, in definitiva, non tanto un error in procedendo , quanto piuttosto la mancanza di adeguata motivazione Sez. u., 31.10.2001, numero 42792, Rv. 220092 sez. 1, 17/01/2011, n, 5833 sez. 6, 08/07/2010, numero 29263, Rv. 248192 sez. 6A, 31765 del 08/07/2009 . 3.1. In base al principio di autosufficienza del ricorso, in tema di ricorso per cassazione, la parte che deduca la nullità/inutilizzabilità di un atto processuale che non fa parte del fascicolo trasmesso al giudice di legittimità, ha l'onere di indicare ed allegare al ricorso gli atti sui quali l'eccezione si fonda Cass., sez. unumero , 16/07/2009, numero 39061 Rv. 244329 conf. da ultimo, Sez. 6 numero 37074 del 01/10/2020, Rv. 28055101 , principio affermato anche in tema di intercettazioni qualora in sede di legittimità venga eccepita l'inutilizzabilità dei relativi risultati, è onere della parte, a pena di inammissibilità del motivo per genericità, indicare specificamente l'atto che si ritiene affetto dal vizio denunciato, a cui si accompagna l'ulteriore onere di curare la produzione dell'atto e delle risultanze documentali addotte a fondamento del vizio processuale, curando che l'atto sia effettivamente acquisito al fascicolo o provvedendo a produrlo in copia Sez. 4, numero 18335 del 28/06/2017 dep. 2018 Rv. 273261, Sez. U, numero 45189 del 17/11/2004, Rv. 22924501 . 3.2. Ulteriore ragione di inammissibilità dei relativi motivi di ricorso, va individuata, altresì, nella circostanza - debitamente evidenziata nella gravata sentenza - che, come da tempo, affermato da un orientamento assolutamente consolidato nella giurisprudenza di legittimità e condiviso dal Collegio, poiché la sanzione di inutilizzabilità degli esiti dell'intercettazione di conversazioni o comunicazioni disposti in via d'urgenza con decreto del pubblico ministero è prevista dall'articolo 267 cod. proc. penumero solo nel caso di mancata convalida da parte del giudice per le indagini preliminari, intervenuta tale convalida, resta sanato ogni vizio formale del provvedimento del pubblico ministero, ivi compresa la mancanza del requisito dell'urgenza Sez. 2, 22/11/1994, numero 2533, Rv. 200986 Sez. 1, 22.4.2004, numero 23512, Rv. 228245 Sez. 6, 16.7.2009, numero 35930, Rv. 244872 Sez. 5, 16.3.2010, numero 16285, Rv. 247266 . 4. Non ha alcun pregio il terzo motivo di ricorso, concernente l'inutilizzabilità dei dati del GPS installato, che, oltre a risultare del tutto generico nelle allegazioni, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, risulta a-specifico anche nella sua formulazione delle censure, con confusa sovrapposizione di questioni, peraltro articolate con deduzioni astratte, omettendo anche di esplicitare in quali termini la modalità di estrazione dei dati effettuata in concreto, nel caso di specie, dalla polizia giudiziaria, abbia alterato o, comunque, in qualche modo, compromesso la genuinità dei dati catturati a mezzo del sistema di controllo a distanza c.d. G.P.S 4.1. Dunque, in sintesi, va ricordato che l'attività di indagine volta a seguire i movimenti di un soggetto e a localizzarlo, controllando a distanza la sua presenza in un dato luogo in un determinato momento attraverso il sistema di rilevamento satellitare cosiddetto GPS , costituisce una forma di pedinamento eseguita con strumenti tecnologici, non assimilabile in alcun modo all'attività di intercettazione prevista dagli articolo 266 e seguenti cod. proc. penumero essa non necessita, quindi, di alcuna autorizzazione preventiva da parte del giudice per le indagini preliminari poiché, costituendo mezzo atipico di ricerca della prova, rientra nella competenza della polizia giudiziaria Sez. 2, numero 21644 del 13/02/2013 Rv. 255542, conf.Sez. 2 numero 23172 del 04/04/2019 Rv. 2769 6602 Sez. 4 numero 21856 del 21/04/2022, Rv. 28338601 . La mancanza di decreti di autorizzazione dell'autorità giudiziaria non integra alcuna nullità né i risultati dell'attività investigativa sono inutilizzabili. 4.2. Quanto alla deduzione incentrata sulla mancata indicazione delle modalità esecutive relative alla captazione dei dati mediante GPS e alla conservazione dei dati capitati, la giurisprudenza si è già occupata della situazione dedotta con il ricorso, affermando, in tema di intercettazioni ambientali, che le operazioni di collocazione e disinstallazione del materiale tecnico necessario per eseguire le captazioni costituiscono atti materiali rimessi alla contingente valutazione della polizia giudiziaria, e che l'omessa documentazione delle operazioni svolte dalla polizia giudiziaria non dà luogo ad alcuna nullità o inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni ambientali Sez. 6, numero 39403 del 23/06/2017, Rv. 2709419 . Con specifico riferimento alla attività di localizzazione mediante il sistema di rilevamento satellitare cosiddetto GPS , si è anche precisato che l'assenza del supporto informatico contenente l'originale dei tracciati non inficia l'attendibilità probatoria dei dati concernenti le coordinate degli spostamenti di una persona sul territorio segnalate dal sistema e trasfusi nelle annotazioni e nelle relazioni di servizio Sez. 4, numero 48279 del 27/11/2012, Rv. 253954 . 4.3. Viene in rilievo, ancora una volta, ai fini della dedotta inutilizzabilità dei dati acquisiti attraverso il c.d. pedinamento satellitare, il consolidato principio della giurisprudenza di legittimità, affermato anche dalle Sezioni Unite, per cui, in tema di ricorso per cassazione, è onere della parte che eccepisce l'inutilizzabilità di atti processuali indicare quelli specificamente affetti dal vizio, il quale deve essere adeguatamente descritto ai fini della specificità del ricorso, e chiarirne, altresì, la incidenza sul complessivo compendio indiziario già valutato, ai fini della cosiddetta prova di resistenza , sì da potersene inferire la decisività in riferimento al provvedimento impugnato Sez. U, numero 23868 del 23/04/2009, Fruci, Rv. 243416 Sez. 6 numero 1219 del 12/11/2019 dep. 2020 Rv. 278123 . Ai fini della dedotta inutilizzabilità, cioè, la parte deducente avrebbe dovuto chiarire in che modo le modalità di acquisizione e conservazione dei dati catturati mediante il pedinamento satellitare avrebbero compromesso la genuinità del dato. 4.4. Del tutto inconferente si rivela il generico riferimento al Codice dell'amministrazione digitale, che attiene alle modalità di conservazione interna dei documenti informatici da parte delle PP.AA., né può assumere rilievo la previsione di cui all'articolo 254 bis cod. proc. penumero , sulle modalità di estrazione di dati informatici acquisiti presso privati fornitori di servizi informatici, telematici e di telecomunicazioni , qui vertendosi iri una attività investigativa della polizia giudiziaria, che ha proceduto alla installazione del GPS. 5. Non coglie nel segno neppure il quarto motivo, concernente l'inutilizzabilità delle videoriprese dei box auto ove erano custoditi i mezzi utilizzati per commettere i reati. 5.1. Secondo oramai consolidato insegnamento di questa Corte, le videoregistrazioni in luoghi pubblici, ovvero aperti o esposti al pubblico, eseguite dalla polizia giudiziaria vanno incluse nella categoria delle prove atipiche, soggette alla disciplina dettata dall'articolo 189 cod. proc. penumero 5.2. Quanto a quelle eseguite, invece, all'interno del domicilio, è necessario distinguere se oggetto della captazione siano comportamenti comunicativi o non comunicativi mentre nel primo caso, la disciplina applicabile è quella dettata dagli articolo 266 e ss. cod. proc. penumero , nel secondo, le operazioni di videoregistrazione non possono essere eseguite, in quanto lesive dell'articolo 14 Cost. Ne consegue che è vietata la loro acquisizione ed utilizzazione e, in quanto prova illecita, non può trovare applicazione la disciplina dettata dal citato articolo 189 del codice di rito Sez. Unumero , numero 26795 del 28 marzo 2006, Prisco, Rv. 234267-234270 . 5.3. Dirimente è la questione se i locali nei quali sono state svolte le videoriprese possano o meno essere qualificati come domicilio, giacché dalla stessa dipende sia la rilevanza o meno della natura dei comportamenti captati, sia quella della eventuale necessità che gli atti investigativi venissero compiuti seguendo la procedura delle intercettazioni. 5.4. Ponendosi nell'ottica ermeneutica richiamata, va osservato che, nel caso di specie, l'ordinanza impugnata ha chiarito che le riprese interessavano il corsello, parte comune di accesso, e non l'interno del box sembra, cioè, evincersi che la telecamera fosse stata installata, dalla polizia giudiziaria, su un luogo aperto al pubblico o accessibile al pubblico. Se così è, deve escludersi che i locali oggetto delle captazioni di cui si discute nel presente procedimento possano essere equiparati ad un vero e proprio domicilio o intesi quali pertinenze di esso. 5.5. E infatti, come già evidenziato nella sopra ricordata pronunzia delle Sezioni Unite, il concetto di domicilio non può essere esteso fino a farlo coincidere con un qualunque ambiente che tende a garantire intimità e riservatezza. Non c'è dubbio che il concetto di domicilio individui un rapporto tra la persona e un luogo, generalmente chiuso, in cui si svolge la vita privata, in modo anche da sottrarre chi lo occupa alle ingerenze esterne e da garantirgli, quindi, la riservatezza. In altre parole, la vita personale che vi si svolge, anche se per un periodo di tempo limitato, fa sì che il domicilio diventi un luogo che esclude violazioni intrusive. Il luogo descritto nell'ordinanza non sembra assumere tali connotazioni, proprio perché le videoriprese hanno avuto a oggetto la rampa comune di accesso ai box, e non l'interno degli stessi, atteso che il Tribunale del riesame ha fatto esplicito riferimento al corsello , che è, appunto, il corridoio di accesso ai box pg. 10 dell'ordinanza . 5.6. Sotto altro profilo, va anche ricordato che il giudice delle leggi, nell'occuparsi di questi temi cfr. Corte Cost. numero 135/2002, ma soprattutto numero 149/2008 , ha avuto modo di precisare come, affinché sussista la tutela di cui all'articolo 14 Cost., non basta che un certo comportamento attinente alla sfera personale venga tenuto in luoghi di privata dimora ma occorre, altresì, che esso avvenga in condizioni tali da renderlo tendenzialmente non visibile ai terzi. Per contro, se l'azione - pur svolgendosi in luoghi di privata dimora - può essere liberamente osservata dagli estranei, senza ricorrere a particolari accorgimenti, il titolare del domicilio non può accampare una pretesa alla riservatezza e le videoregistrazioni a fini investigativi soggiacciono al medesimo regime valevole per le riprese visive in luoghi pubblici o aperti al pubblico. In una simile ipotesi, difatti, secondo la Corte Costituzionale, le videoregistrazioni non differiscono dalla documentazione filmata di un'operazione di osservazione o di appostamento, che ufficiali o agenti di polizia giudiziaria potrebbero compiere collocandosi, di persona, al di fuori del domicilio del soggetto bersaglio. Viene in conto cioè, quale criterio dirimente, quello della visibilità non protetta di tale luogo, che lo caratterizza per l'appunto come luogo esposto al pubblico. Sez. 5, numero 11419 del 17/11/2015 dep. 2016 Rv. 266372 . 5.7. Il principio di diritto a cui fare riferimento è, allora, quello secondo cui sono utilizzabili, senza previo provvedimento autorizzativo del giudice, le videoriprese effettuate dalla polizia giudiziaria all'interno di un garage condominiale, pur se con accesso delimitato da cancello con dispositivo di apertura in uso ai soli condomini, in quanto non costituente luogo di privata dimora Sez. 2 ri. 33580 del 06/07/2023, Rv. 285126 . Il Tribunale distrettuale si è uniformato a tale arresto, peraltro conforme a precedenti pronunce di legittimità afferenti a videoriprese effettuate dalla polizia giudiziaria all'interno dell'atrio e del vano scale di un immobile comune a più abitazioni, Sez. 6, numero 5253 del 13/11/2019, dep. 2020, Rv. 278342 o nelle scale condominiali e nei relativi pianerottoli Sez. 5, numero 34151 del 30/05/2017, Rv. 270679 , non trattandosi di zone che assolvono alla funzione di consentire l'esplicazione della vita privata al riparo da sguardi altrui, essendo destinati all'uso di un numero indeterminato di soggetti in senso conforme, da ultimo, v. Sez. 6, numero 39570 del 20/09/2022, Quinci, non mass. . 5.8. Giova aggiungere, quale ulteriore elemento di infondatezza del ricorso, che, anche in questo caso, il ricorso non si preoccupa di adempiere all'onere di fornire la prova di resistenza sulla sottrazione dei dati provenienti dalla telecamera installata nei luoghi in questione. 6. Al rigetto del ricorso segue, ex lege, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. 6.1. Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi - ai sensi dell'articolo 94 comma Iter delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale - che copia della ordinanza sia trasmessa al direttore dell'istituto penitenziario in cui l'indagato si trova ristretto, per i provvedimenti stabiliti dal comma Ibis del citato articolo 94 P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'articolo 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. penumero Così deciso in Roma il 15 maggio 2024. Depositato in Cancelleria il 10 luglio 2024.