Riabilitazione dopo la condanna per bancarotta solo se vengono attivati i contatti con l’Agenzia delle Entrate

Per ottenere la riabilitazione, il condannato deve provvedere al ristoro dei danni patiti dalle persone offese, dovendo a tal fine attivare una trattativa con tali soggetti per individuare una eventuale ed adeguata offerta riparatoria.

Il Tribunale di sorveglianza rigettava la richiesta di riabilitazione in relazione a due condanne per il mancato adempimento, da parte dell’istante, delle obbligazioni civili da reato relative ad una delle due sentenze. La pronuncia è stata impugnata in Cassazione, senza però avere successo. La decisione del Tribunale di sorveglianza era fondata sull’assenza di documentazione del risarcimento del danno in favore delle parti offese del reato e, in particolare, a favore dell’Agenzia delle Entrate trattandosi di condanne per plurimi fatti di bancarotta. Risultava adempiuta la sola provvisionale fissata in sede civile. Secondo i Giudici di legittimità, la decisione di merito è conforme ai principi giurisprudenziali consolidati in tema di riabilitazione. La giurisprudenza richiede infatti che il condannato, anche nel caso in cui le persone danneggiate non abbiano avanzato richieste risarcitorie, debba assumersi l’onere di consultare queste ultime per individuare una eventuale ed adeguata offerta riparatoria – anche in via equitativa –. Risultano ininfluenti dunque sia il fatto che le persone offese non si siano costituite parti civili nel processo, sia che non abbiano chiesto al condannato il ristoro dei danni patiti in sede civile. Spetta al condannato, in altre parole, avviare una trattativa con tutti i potenziali danneggiati per poter poi accedere al procedimento di riabilitazione. Egli potrebbe anche ottenere una dichiarazione delle persone offese di non aver nulla da pretendere o altro da pretendere rispetto a quanto già ottenuto, e ciò indipendentemente dal fatto che la sentenza di condanna si sia pronunciata o meno sul risarcimento. Si rivela dunque priva di valenza la tesi del ricorrente secondo cui l’Agenzia delle Entrate non avrebbe risposto alla richiesta di determinare il maggiore danno subito, rispetto alla provvisionale già versata. Anzi, l’AdE ha espressamente affermato di non poter aderire ad una proposta transattiva manifestando così la sua indisponibilità a ridurre la pretesa creditoria rispetto al credito accertato in sede di condanna per bancarotta.

Presidente Casa – Relatore Aprile Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento impugnato, il Tribunale di sorveglianza di Firenze ha rigettato l'opposizione proposta nell'interesse di C.R. avverso l'ordinanza 25 luglio 2023 che aveva rigettato la richiesta di riabilitazione in relazione a due condanne, evidenziando il mancato adempimento alle obbligazioni civili da reato in relazione a una di esse sentenza Corte d'appello di Brescia in data 11 maggio 2009 per plurimi fatti di bancarotta fraudolenta . 2. Ricorre C.R., a mezzo del difensore avv. Luca Bisori, che chiede l'annullamento dell'ordinanza impugnata, denunciando la violazione di legge e il vizio della motivazione. Il ricorrente osserva, in particolare, che sussiste la prova del fatto che non vi fosse stato alcun danno ulteriore rispetto a quelli determinati in sede di provvisionale con la curatela erano intervenuti accordi risarcitori nessun creditore ha evidenziato di aver subito ulteriori danni la sentenza di condanna era stata annullata sugli obblighi risarcitori nei confronti dei coimputati. Al pronto pagamento della provvisionale, non residuava alcun ulteriore debito l'Agenzia delle entrate, unico creditore, non aveva richiesto alcuna ulteriore somma e si era rifiutata di interloquire con il ricorrente. Considerato in diritto 1. Il ricorso, che presenta numerose doglianze inammissibili, è nel complesso infondato. 1.1. C.R. ha proposto opposizione avverso l'ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Firenze di rigetto della istanza di riabilitazione relativa a due sentenze di condanna riportate nel certificato penale per non essere stato documentato il risarcimento del danno in favore delle parti offese dai reati commessi, in particolare a favore dell'Agenzia delle entrate. Il Tribunale di Sorveglianza rigettava l'istanza ritenendo che le condizioni rappresentate, ovvero la circostanza che in relazione alla condanna per bancarotta fraudolenta non fosse provato alcun danno, ed anzi l'iter processuale avesse fornito in qualche modo prova del contrario, non fossero corrispondenti a quanto pacificamente richiesto dalla giurisprudenza di legittimità. 2. Va anzitutto chiarito che, come il ricorso non contesta specificamente, alla condanna penale per bancarotta fraudolenta consegue l'obbligo del risarcimento del danno subito dalle persone offese massa dei creditori nel giudizio di merito alla parte civile, in particolare, venne assegnata una provvisionale, questa soltanto adempiuta. È priva di rilievo la deduzione, peraltro del tutto generica, che la condanna risarcitoria pronunciata nei confronti dei coimputati sia stata, in tesi, annullata dalla Corte di cassazione, poiché analoga pronuncia non risulta essere stata emessa a favore del ricorrente sul quale, quindi, grava la statuizione di condanna generica del giudice di merito che è divenuta irrevocabile. 2.1. Non è, del pari, controverso che il principale creditore del fallimento, per una ingente somma, è l'Agenzia delle entrate. 3. Tanto premesso, il Tribunale ha congruamente e adeguatamente motivato in ordine alle ragioni della mancata concessione del beneficio, ovvero in ordine al mancato, intervenuto, adempimento degli obblighi previsti per legge. 3.1. La giurisprudenza di legittimità, infatti, ha da tempo chiarito che «in tema di riabilitazione, l'adempimento dell'obbligazione risarcitoria, o comunque l'attivarsi del condannato al fine di eliminare tutte le conseguenze di ordine civile derivanti dal reato, costituisce condizione imprescindibile per la concessione del beneficio anche quando sia mancata nel processo la costituzione di parte civile e non vi sia stata alcuna pronuncia in ordine alle obbligazioni civili conseguenti al reato» Sez. 1, numero 49446 del 07/11/2014, P.G. in proc. Zurita Ramirez, Rv. 261276, la Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza del Tribunale di Sorveglianza che aveva concesso la riabilitazione all'imputato senza che ricorresse la prova dell'adempimento degli oneri contributivi, il cui precedente omesso pagamento aveva integrato il reato per il quale era stata chiesta l'applicazione del beneficio . Non va, inoltre, dimenticato che «in tema di riabilitazione, l'attivarsi del condannato al fine dell'eliminazione, per quanto possibile, di tutte le conseguenze di ordine civile derivanti dalla condotta criminosa ha valore dimostrativo della sua emenda e costituisce condizione imprescindibile per l'ottenimento del beneficio, anche nel caso in cui nel processo penale non vi sia stata pronuncia in ordine alle obbligazioni civili conseguenti al reato» Sez. 1, numero 7752 del 16/11/2011 - dep. 2012, Liberatore, Rv. 252412 . In conclusione, la giurisprudenza richiede che il condannato, anche nel caso nel quale le persone danneggiate non abbiano avanzato richieste risarcitorie, assuma l'onere della consultazione con queste ultime per l'individuazione di una eventuale, adeguata, offerta riparatoria anche in via equitativa, per il ristoro degli interessi della collettività. 4. Sono ininfluenti, perciò, ai fini della valutazione della impossibilità di adempiere le obbligazioni civili derivanti dal reato, sia la circostanza che le persone offese non si siano costituite parti civili nel processo, sia che esse non abbiano chiesto al condannato il ristoro dei danni patiti a causa della sua condotta di reato. 4.1. Il condannato avrebbe dovuto, non tanto ai fini della prova del risarcimento del danno, bensì ai fini della definizione del procedimento di riabilitazione, avviare una trattativa con tutti i potenziali danneggiati dal reato e ottenere da essi dichiarazioni espresse di non avere nulla a pretendere o altro a pretendere rispetto a quanto già eventualmente ottenuto. Ciò, come già ampiamente precisato nell'ordinanza, indipendentemente dal fatto che la pronuncia di condanna si fosse o meno espressa in tema di risarcimento. 4.2. Come altrettanto ampiamente precisato nel provvedimento impugnato, e in quello di prima istanza che lo ha preceduto, non risulta che in tal senso si sia in alcun modo prodigato il condannato egli non ha assunto alcuna effettiva iniziativa di consultazione per l'individuazione di una adeguata offerta riparatoria o per la rappresentazione, ad opera dei potenziali danneggiati, di non avere subito alcun danno o di essere stati compiutamente ristorati. 4.3. È, quindi, priva di qualunque valenza l'osservazione difensiva, che peraltro contrasta con quanto rilevato dal Tribunale, secondo la quale l'Agenzia delle entrate non avrebbe risposto alla richiesta del condannato di determinare il maggiore rispetto alla provvisionale danno subito, poiché il giudice di merito ha piuttosto rimarcato, richiamando le parole del suddetto creditore, di non poter aderire ad una eventuale proposta transattiva . Il ricorso non contesta, dunque, che, come affermato dal Tribunale, non si sia trattato di una offerta di risarcimento integrale del dovuto, quanto piuttosto della richiesta esplorativa del condannato che pretendeva di ridurre la pretesa creditoria dell'Agenzia fiscale, evenienza che risulta incompatibile con l'obbligo di attivarsi per il risarcimento del danno. Non è, infatti, consentito, che il condannato, il quale aspiri alla riabilitazione, si presenti al creditore danneggiato dal reato proponendo una transazione, ovvero una somma minore rispetto a quella dallo stesso creditore vantata ciò equivale a non rispettare la previsione normativa dell'articolo 179, sesto comma, numero 2, cod. penumero che richiede l'adempimento delle obbligazioni civili derivanti da reato. 5. Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. penumero , la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.