Devastazione e danneggiamento: differenze sostanziali e formali

I danneggiamenti plurimi trasmodano in devastazione se la loro estensione e profondità raggiungono un adeguato livello di compromissione, avendo indotto nella popolazione allarme, sensazione di pericolo, sentimento di insicurezza.

La questione Nella sentenza in commento, la prima sezione penale della Corte ha affrontato la problematica relativa all'inquadramento giuridico del reato di devastazione di cui all'articolo 419 c.p. che, secondo gli Ermellini, non è stato correttamente individuato, dai giudici della Corte di Appello di Roma, nella sentenza gravata. Nel caso di specie, a Roma, nel corso di una manifestazione di opposizione alle misure di contenimento della pandemia da virus Sars-COV2, alcuni manifestanti facevano accesso presso la sede nazionale della CGIL distruggendo diffusamente arredi e suppellettili, tra cui anche strumenti informatici del sindacato. Il riferimento normativo La norma di cui all'articolo 419 c.p., inserita tra i delitti contro l'ordine pubblico, inquadra la figura del reato di devastazione che si configura ogni qualvolta chiunque, al di fuori dei casi di cui all'articolo 285 c.p., e dunque senza lo scopo di attentare alla sicurezza dello Stato, “commette fatti di devastazione”, che vengono puniti con la pena della reclusione da otto a quindici anni, aumentata ove il fatto sia commesso nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico. L'elemento oggettivo Sotto il profilo oggettivo, la giurisprudenza, ormai consolidata, ha precisato che il reato è integrato tutte quelle volte in cui il soggetto ponga in essere qualunque azione, con qualsiasi modalità, produttiva di rovina, distruzione o danneggiamento, complessivo, indiscriminato e profondo, di una notevole quantità di cose mobili o immobili, tale da determinare non solo il pregiudizio del patrimonio di uno o più soggetti, ma altresì l'offesa e il pericolo concreto dell'ordine pubblico, inteso come buon assetto dell'ordine sociale, del vivere civile, cui corrisponde, d'altra parte, il senso di tranquillità e di sicurezza della popolazione Cass. Sez. 2, numero 6961/2022 . Ciò, dunque, consente di distinguere la devastazione dal mero danneggiamento che, in base al principio di specialità, ne risulta assorbito. L'oggetto del reato, che è, per l'appunto, il bene dell'ordine pubblico, non è espressamente descritto dalla fattispecie penale, ma è considerato, dal legislatore, intrinseco alla condotta ed è punto di riferimento necessario ed essenziale per definire la condotta all'interno della cornice normativa indicata dall'articolo 419 c.p Pertanto, affinchè si possa qualificare una condotta di danneggiamento quale devastazione, si deve necessariamente guardare alla corretta comprensione e definizione della nozione di ordine pubblico in senso penalistico che non estenda oltremodo i limiti di tutela della norma, come nel caso di specie ha fatto la Corte di merito . La nozione “penale” di ordine pubblico Secondo la giurisprudenza di legittimità, l'ordine pubblico è quel bene di natura immateriale che riflette il senso di tranquillità e sicurezza che i cittadini ripongono nello Stato e traggono dall'ordinario svolgimento del vivere civile e in cui si esprime la pace sociale e l'ordinata convivenza dei consociati Cass. Sez. 1 numero 4135/1973 . Tale definizione è molto diversa e più ristretta rispetto a quella che si ricava dal diritto civile, secondo la quale il concetto di ordine pubblico costituisce, in genere, il limite all'autonomia dei privati. Elementi costitutivi del delitto di devastazione Ciò che preme evidenziare è che trattandosi di reato di pericolo, è indifferente la gravità del danno che deriva dall'azione illecita, nondimeno, i fatti devono aver leso non solo il patrimonio, ma anche l'ordine pubblico come appena definito. Nel caso in cui, peraltro, i fatti, oltre all'aver provocato un'offesa all'ordine pubblico, abbiano anche prodotto un ingente danno, è configurabile sicuramente l'aggravante prevista dall'articolo 61, numero 7 c.p Ove ciò non bastasse, come precisa la Cassazione, i fatti di danneggiamento devono essere plurimi, in quanto la pluralità degli atti implica il carattere esteso, indiscriminato e profondo, per cui un singolo atto di violenza non potrebbe rilevare Cass. Sez. 6 numero 15543/2009 . Di contro, l'obiettivo della devastazione potrebbe essere unico o far capo a un singolo soggetto, cionondimeno deve necessariamente essere oggetto di distruzioni vaste e realizzate con modalità così incisive da minare il suddetto senso di tranquillità e sicurezza dei cittadini. Le modalità della condotta, in altri termini, devono concretamente rappresentare una minaccia per la vita collettiva e ingenerare una sensazione di insicurezza e precarietà, insite proprio nella tipologia di reato di pericolo. Il concorso di persone Relativamente alla possibile realizzazione del reato in concorso tra più soggetti, la Corte ha precisato che non è richiesto che il compartecipe abbia materialmente posto in essere atti di danneggiamento, bastando che abbia preso parte ai disordini, compiendo atti relativi a una frazione del fatto o abbia casomai fornito solo un aiuto materiale nella fase preparatoria o un mero impulso psicologico, agevolatore della condotta. In ogni caso, il singolo apporto deve aver rivestito efficacia causale diretta costituendo una condizione necessaria per la realizzazione del fatto, sempre che, però, l'agente fosse consapevole di contribuire al fenomeno distruttivo complessivamente inteso, comprendente la messa in pericolo del bene dell'ordine pubblico. Conclusioni In definitiva, dunque, perché si possa configurare il delitto di devastazione è necessario che il giudice, da un lato, accerti e motivi sulla vastità, ampiezza e profondità delle distruzioni, e dall'altro, evidenzi l'idoneità offensiva delle azioni violente nei confronti del bene tutelato dalla norma. Nel caso specifico, secondo la Suprema Corte, si doveva verificare se l'assalto ai locali del CGIL avesse prodotto l'effetto di compromissione del sentimento di sicurezza e allarme sociale che la norma vuole tutelare, non già a causa del luogo violato, ma per le modalità di assalto e la percezione che del fatto potesse essere derivata alla collettività.

Presidente Santalucia – Relatore Centofanti Ritenuto in fatto 1. B.F., B.R., C.F., P.M., F.T. e U.M. sono imputati di concorso nei reati di devastazione articolo 419, primo e secondo comma, cod. penumero , ascritto al capo A e resistenza a pubblico ufficiale articolo 337 e 339 cod. penumero , ascritti al capo B , in relazione ad accadimenti verificatisi in Roma, nel pomeriggio del 9 ottobre 2021. In tale data erano state organizzate, nella Capitale, distinte manifestazioni pubbliche di protesta e di opposizione rispetto alle misure, adottate dall'Autorità governativa, di contenimento della pandemia da virus SARS-CoV-2, in particolare rispetto all'introduzione dell'obbligo del c.d. Green pass per svolgere una serie di attività e accedere ad una serie di luoghi, tra cui gli ambienti di lavoro. Secondo la ricostruzione giudiziale, le manifestazioni, programmate in contemporanea, dovevano svolgersi in parti diverse della città Piazza del Popolo, l'una, Bocca della Verità, l'altra , ma i cortei erano finiti per confluire, dando luogo ad una compresenza di partecipanti eccedente il limite preventivato. Le forze dell'ordine avevano avuto difficoltà a controllare i relativi numeri, inattesi. Taluni manifestanti, deviando dal percorso originariamente assentito, avevano ad un certo punto raggiunto la sede nazionale della OMISSIS , in Corso OMISSIS , invocando lo sciopero generale contro le misure emergenziali. Una parte di costoro, giunti dinanzi al palazzo del sindacato, dopo averne forzato gli accessi erano penetrati all'interno, vincendo l'opposizione dei tutori dell'ordine, e avevano distrutto in maniera diffusa gli arredi e le suppellettili che vi si trovavano, inclusi molti strumenti informatici. L'azione dannosa aveva coinvolto anche i beni della società OMISSIS srl, comodataria nel palazzo di alcuni locali. 2. Gli imputati odierni erano stati dunque identificati, per mezzo di immagini di videosorveglianza, tra i protagonisti delle condotte testé descritte. In particolare, B.F., già alla testa del corteo che in piazza OMISSIS si scontra con il cordone di sicurezza della polizia, era ulteriormente ritratto mentre tentava di sfondare la porta d'ingresso dell'edificio di Corso OMISSIS , con azione violenta e insistita, attuata anche mediante uso di un cono stradale spartitraffico. B.R. era ripreso davanti alla sede della OMISSIS mentre partecipava alle azioni violente volte a forzare lo schieramento di polizia, nonché in prosieguo all'interno dei locali del sindacato mentre gettava in terra un tavolo del desk office. C.F., protagonista di violenti scontri in piazza OMISSIS , ove faceva uso di un'asta per colpire gli automezzi del Reparto mobile e lanciava sassi verso le forze dell'ordine, era altresì inquadrato come uno dei partecipi all'assalto del portone della sede sindacale, infine divelto per favorire l'ingresso dei facinorosi una volta entrato, si univa ai correi nel danneggiare gli arredi interni. P.M., già ripreso mentre partecipava agli scontri con le forze dell'ordine in piazza OMISSIS , sferrando calci e lanciando un casco all'indirizzo del personale operante, era riconoscibile come protagonista delle seguenti ulteriori azioni giunto davanti alla sede della OMISSIS , contribuiva allo sfondamento del portone d'ingresso, entrava, si dirigeva verso una finestra a destra e, rompendone il vetro, facilitava l'ingresso di altri manifestanti le telecamere quindi lo ritraevano intento a divellere i fermi interni dello stesso portone su cui saranno rinvenute le sue impronte digitali , ad alzare le braccia e ad incitare la folla i successivi fotogrammi lo presentavano con un mano sporca di sangue e tracce ematiche saranno repertate all'interno dello stabile. F.T. era ritratto mentre, all'esterno della sede del sindacato, applaudiva all'invasione dell'immobile appena perpetrata, e poi si opponeva energicamente al tentativo di chiusura del portone d'ingresso da parte de i Carabinieri, lanciando al loro indirizzo un oggetto contundente. U.M. era visibile dapprima nel corteo diretto verso la sede della OMISSIS , munito di megafono e inneggiante la folla, e, in seguito, nell'atto di presidiare la parte antistante l'ingresso dello stabile, al cui interno infine penetrava dalla finestra. A conclusione dell'azione violenta, alzava le braccia in segno di vittoria. 3. Rinviati a giudizio, gli imputati chiedevano di essere processati secondo il rito abbreviato. Con sentenza, pronunciata l'11 luglio 2022, il G.u.p. del Tribunale di Roma li riconosceva colpevoli dei reati loro ascritti, uniti in continuazione, condannando - C.F., alla pena principale di sei anni di reclusione, previo riconoscimento delle attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti, recidiva inclusa - B.R., P.M. e U.M., alla pena principale di sei anni di reclusione ciascuno, previo riconoscimento delle attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti, recidiva esclusa - B.F. e T.F., alla pena principale di quattro anni e sei mesi di reclusione ciascuno, previo riconoscimento delle attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti. Gli imputati erano altresì condannati al risarcimento dei danni patiti dalle parti civili OMISSIS e OMISSIS s.r.l., da liquidarsi in sede civile, e al pagamento di provvisionali. 4. Gli imputati appellavano la sentenza di primo grado, contestando tra l'altro, a vario titolo, la loro partecipazione penalmente rilevante ai fatti contestati, anche in rapporto ai principi sul concorso di persone nel reato, nonché l'inquadramento giuridico delle condotte loro ascritte al capo A . 5. Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte di appello di Roma respingeva integralmente i gravami. 6. Rispetto al delitto di devastazione di cui al capo A , il giudice di appello ricostruiva, in via pregiudiziale, l'interesse protetto dalla norma incriminatrice e delineava le componenti costitutive astratte del reato, rapportando poi le relative considerazioni al caso di specie. Il ragionamento giudiziale può essere sintetizzato nei seguenti termini. 6.1. L'articolo 419 c.p. prevede un reato posto a tutela dell'ordine pubblico. L'accezione di ordine pubblico, assunta dal codice penale del 1930, non sarebbe però quella in senso stretto, fatta propria dalle difese degli imputati, non coincidendo essa con i confini dell'ordine pubblico che l'Amministrazione dell'Interno è preposta a mantenere. La nozione in questione sarebbe ben più ampia e profonda, in una certa misura «trascend endo i limiti rigorosi del diritto penale». Bisognerebbe fare dunque riferimento alla nozione civilistica di ordine pubblico, o alla nozione di ordine pubblico che l'articolo 31 disp. prel. cod. civ. ora abrogato pone come limite all'ingresso nel nostro ordinamento del diritto straniero ordine pubblico inteso, dunque, come il minimo etico della collettività in un dato momento del suo sviluppo, come il suo assetto politico fondamentale delineato alla luce dei valori costituzionali. La nozione risulterebbe ignota alla tradizione germanica, ma sarebbe comunemente recepita nelle legislazioni di matrice latina. La nozione avrebbe contenuto elastico e storicamente variabile, abbracciando attualmente anche l'ordine economico e sociale. L'elasticità non comporterebbe una violazione del principio di tassatività della fattispecie penale, riguardando il bene protetto in sé considerato e non la descrizione normativa dei suoi elementi. Questo concetto di ordine pubblico, ricomprendente l'ordine economico e sociale, tutelerebbe anche il diritto al lavoro e l'esercizio dell'attività sindacale. La violazione dell'ordine pubblico sarebbe evidente, nel caso concreto, sulla base dell'obiettivo prescelto dai manifestanti, cioè una sede sindacale. Pur non essendo le associazioni sindacali organi istituzionali dello Stato, l'aggressione alle relative sedi si risolverebbe in un'aggressione rivolta ad uno dei luoghi tipici di aggregazione dei cittadini, in cui si forma la volontà di coloro che dal sindacato si sentono rappresentati concorrendo, con metodo democratico, in maniera decisiva, alla vita sociale ed economica della collettività statale in una parola, in un'aggressione ad uno dei luoghi paradigmatici della democrazia. L'aggressione aveva in concreto lo scopo di esercitare una pressione forte sulla OMISSIS , e sul mondo sindacale in genere, per costringere l'una e l'altro a mutare la politica sindacale in materia di sostanziale appoggio, fin lì, alle decisioni governative riguardanti la prevenzione dell'infezione da Covid-19 sui luoghi di lavoro . I manifestanti si erano mossi in forza di una vera e propria «chiamata alle armi», lanciata nei comizi, avente lo scopo di costringere una forza sindacale di primario rilievo nazionale a mutare le proprie politiche. Un'aggressione avente tali caratteristiche allarmerebbe la collettività nel suo insieme e, ledendo un suo interesse primario di rilevo costituzionale, offenderebbe necessariamente l'ordine pubblico nel senso precisato. 6.2. L'incriminazione, recata dall'articolo 419 cod. penumero , sarebbe funzionale a garantire la tutela dell'ordine pubblico come sopra inteso. Il reato in questione non avrebbe necessariamente natura plurisoggettiva benché normalmente commesso da una moltitudine di persone, esso potrebbe essere realizzato da un unico autore. Sarebbe un reato di pericolo concreto. La parola «fatti di devastazione», normativamente utilizzata, avrebbe significato indeterminato e non evocherebbe una necessaria pluralità di danneggiamenti o depredazioni. La commissione di una serie di fatti, purché in continuità tra loro, costituirebbe, d'altra parte, un unico reato. Affinché vi potesse essere devastazione in senso tecnico-penalistico, sarebbe richiesta l'esistenza di un danneggiamento complessivo, indiscriminato, vasto e profondo di una notevole quantità di cose mobili o immobili. Nel caso concreto ciò sarebbe puntualmente avvenuto. L'azione si era concentrata in un'ora di tempo e non, come sostenuto da alcune difese, in pochi minuti . L'estensione spazio-temporale della condotta, comunque, non rileverebbe, dovendosi guardare agli esiti della stessa. Essendo un reato posto a tutela dell'ordine pubblico, e non del singolo consociato, il numero dei soggetti danneggiati dalle condotte di devastazione non sarebbe rilevante. Lo sarebbe, viceversa, il fatto che i locali della OMISSIS e della società OMISSIS srl fossero stati messi a soqquadro e che le due organizzazioni non avessero potuto operare per un apprezzabile periodo di tempo. I danni, inoltre, non sarebbero soltanto quelli esteriori e patrimoniali, ma riguarderebbero l'intrinseco. Erano andati distrutti computer, fascicoli, appunti e documenti cartacei, e con loro si era irrimediabilmente perduta la memoria storica e documentale di importanti avvenimenti passati. 7. Rispetto ad entrambi i capi di imputazione, il giudice di appello rammentava che la responsabilità concorsuale, ex articolo 110 cod. penumero , non postula necessariamente l'ascrivibilità al compartecipe di una condotta materiale, e ancor meno di una condotta materiale in sé sola conforme al tipo, essendo sufficiente una sua attività di sostegno morale, anche nel senso della determinazione o del rafforzamento dell'altrui proposito criminoso. Anche la sola consapevole presenza del concorrente, quindi, quando rivestita di tali caratteristiche, esulerebbe dalla mera connivenza e sarebbe penalmente rilevante. Il giudice territoriale richiamava, quindi, l'antefatto delle condotte criminose, a partire dalle incitazioni ai manifestanti, provenienti dal palco di piazza del Popolo, a formare un corteo e a dirigersi verso la sede della OMISSIS allo scopo di ottenere la proclamazione dello sciopero generale. I manifestanti avevano, di seguito, violentemente superato i cordoni delle forze dell'ordine e, raggiunto il sito, ne avevano forzato gli ingressi, distruggendo tutto ciò che si trovava all'interno. Chiunque avesse compartecipato, in forma materiale o morale, all'azione corale rispondeva, conclusivamente, dei reati di cui in imputazione, non potendo certo sostenere di averlo fatto in modo causalmente inefficiente, o perché convinto di partecipare a una manifestazione autorizzata. 8. Dopo avere riesaminato le posizioni individuali, la Corte di appello ravvisava gli estremi di una compartecipazione siffatta in capo a tutti gli imputati, in ciò interamente convergendo con l'accertamento operato in primo grado e osservando, in conclusiva sintesi, che - B.F. era stato chiaramente individuato sia in piazza OMISSIS negli scontri con la polizia, sia nelle fasi dell'assalto alla sede della OMISSIS - B.R. era presente in tutti i momenti cruciali della vicenda, in maniera inequivocabilmente inserita nell'azione criminale in corso. - C.F. risultava protagonista dell'intero pomeriggio di violenze. La difesa, nell'atto di appello, aveva tentato di distinguerlo da altro soggetto, che sarebbe stato identicamente vestito e sarebbe stato il reale autore delle condotte penalmente rilevanti. Osservava però il giudice territoriale che gli atti di polizia giudiziaria riferivano sempre e solo all'imputato immagini e fotogrammi e che l'approfondimento del tema avrebbe richiesto la celebrazione del dibattimento, cui l'interessato aveva rinunciato. - P.M., T.F. e U.M. erano stati ripresi in maniera inequivocabile nel corso degli accadimenti criminosi e in tutte le loro diverse fasi. 9. Ai profili circostanziali e al trattamento sanzionatorio erano dedicati passaggi conclusivi della sentenza in epigrafe. L'attenuante di cui all'articolo 114 cod. penumero non era configurabile per alcuno degli imputati, dovendo essere esclusa la marginalità dei singoli apporti. Neppure poteva riconoscersi l'attenuante di cui all'articolo 62, numero 3 , cod. penumero , essendo stati gli stessi imputati, nel caso di specie, a dare vita ai tumulti aderendo ad un'iniziativa della quale erano evidenti, sin dall'inizio, portata e finalità. Infondata era giudicata anche la richiesta di alcuni imputati di dichiarare le attenuanti generiche prevalenti rispetto alle aggravanti. Gli aumenti a titolo di continuazione erano reputati, infine, contenuti e la Corte di appello non ravvisava l'esigenza di ridimensionarli ulteriormente, stante la consistenza degli atti di resistenza commessi. Quanto alla pena base per il reato di cui all'articolo 419 cod. penumero , quest'ultima era stata determinata in misura coincidente con il minimo edittale. La Corte di appello respingeva, riguardo alla pretesa eccessività di un tale minimo, i sollevati dubbi di legittimità costituzionale, non ravvisando né eccesso di potere legislativo, né sproporzione sanzionatoria rispetto al ben più grave trattamento riservato dall'articolo 285 c.p. ai fatti di devastazione commessi allo scopo di attentare alla sicurezza nazionale. 10. Ricorrono per cassazione tutti gli imputati, per il tramite dei rispettivi difensori di fiducia. I ricorsi sono di seguito illustrati, nei limiti stabiliti dall'articolo 173, comma 1, disp att. cod. proc. penumero 11. Il ricorso di B.F., sottoscritto dall'avvocato Gaia Minuti, è articolato in cinque motivi. 11.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione dell'articolo 419 cod. penumero La condotta di cui al capo A , a suo giudizio, avrebbe dovuto essere qualificata come danneggiamento aggravato. I fatti si erano per intero svolti all'interno della sede del sindacato, rimanendo confinati al primo piano dello stabile. La fattispecie incriminatrice di cui all'articolo 419 c.p. presupporrebbe, viceversa, l'assenza di un obiettivo predeterminato, o almeno la volontà, pur di colpirlo, di porre in essere atti di indiscriminata violenza verso chicchessia. La fattispecie sarebbe integrata solo a cospetto di danni vasti e profondi, quindi di un'azione distruttrice di tipo diffusivo, qui non risultante. 11.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce, sempre a proposito del capo A , l'apparenza della motivazione concernente la ricostruzione delle modalità della condotta e la valutazione delle prove, in rapporto ai motivi di appello. La Corte di appello avrebbe omesso di apprezzare adeguatamente l'annotazione di polizia giudiziaria, in cui si sarebbe dato atto che l'occupazione della sede della OMISSIS era durata solamente cinque minuti. La sentenza riteneva erroneamente, invece, che fosse durata un'ora. Sarebbe evidente che nel lasso di soli cinque minuti, in considerazione dei mezzi a disposizione dei manifestanti, era impossibile effettuare un'attività di danneggiamento vasta e indiscriminata. Elemento temporale e mezzi impiegati costituirebbero elementi imprescindibili di valutazione, nel paradigma segnato dall'articolo 419 cod. penumero , e non avrebbero dovuto essere trascurati. Inoltre, il danno complessivo sarebbe ammontato a circa sessantamila euro, somma non irrilevante, ma neppure rapportabile ad una diffusività distruttiva indiscriminata. 11.3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce la violazione degli articolo 419 e 635, terzo comma, cod. penumero nel testo novellato dal d.l. 14 giugno 2019, numero 53, conv. dalla legge 8 agosto 2019, numero 77 , che incrimina il danneggiamento perpetrato in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico, e il vizio conseguente della motivazione. Si sostiene che la Corte di appello abbia falsamente ritenuto che l'unica differenza tra il reato di devastazione e quello di danneggiamento stia nel bene giuridico protetto, definito peraltro in modo erroneo ed evanescente. Avendo aprioristicamente ritenuto che i fatti commessi violassero il bene dell'ordine pubblico, la Corte stessa li avrebbe per ciò solo inquadrati nella devastazione, invertendo l'ordine logico del ragionamento mentre essa sarebbe dovuta partire dall'analisi delle condotte, per capire se esse fossero sussumibili in seno alla fattispecie più grave. La responsabilità penale dipenderebbe, infatti, dalla violazione di uno specifico precetto normativo e del relativo comando o divieto, e non dal confronto tra la condotta e il bene giuridico dal precetto protetto o la sua libera reinterpretazione. Essendo il reato ex articolo 419 cod. penumero un reato di pericolo concreto, questo requisito di fattispecie sarebbe mancante. L'assalto alla sede sindacale non avrebbe creato pericolo alcuno, reale ed effettivo, per i lavoratori, per gli iscritti al sindacato, per la generalità dei consociati e, quindi, non avrebbe nemmeno compromesso l'ordine pubblico. Non potrebbe essere la natura del soggetto leso a meno che esso non sia direttamente un'Istituzione dello Stato il discrimen per stabilire la sussistenza dell'offesa all'ordine pubblico. 11.4. Con il quarto motivo il ricorrente deduce vizio della motivazione in relazione alla ritenuta sua partecipazione alle condotte di distruzione. B.F. sarebbe stato solamente ritratto in testa al corteo, ma la circostanza non apparirebbe in sé sintomatica di un'azione di violenza, né rifletterebbe il concorso materiale e/o morale. Di fatto, B.F. non era mai entrato nella sede della OMISSIS e non aveva preso parte agli scontri. 11.5. Con il quinto motivo deduce l'assenza totale della motivazione in ordine al ritenuto suo concorso nel reato di resistenza a pubblico ufficiale. 11.6. In data 16 aprile 2024 è stata presentata memoria difensiva, che illustra ulteriormente i tratti distintivi tra le fattispecie della devastazione e del danneggiamento, torna sulla funzione del bene giuridico nel diritto penale e sulla nozione penalistica di ordine pubblico e sviluppa considerazioni conclusive in tema di concorso di persone nel reato e di elemento soggettivo. 12. Il ricorso di B.R., sottoscritto dall'avvocato Alessandro Marcucci, è articolato in quattro motivi. 12.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione degli articolo 419 e 635, terzo comma, cod. penumero , e il vizio della motivazione. Il fatto di cui al capo A avrebbe dovuto essere qualificato come danneggiamento aggravato, e non come devastazione, alla luce di una precisa e corretta nozione di ordine pubblico penalistico, che la Corte di appello avrebbe invece relativizzato, attribuendogli contenuto elastico e storicamente variabile in violazione del principio di tassatività. La giurisprudenza riterrebbe integrato il reato di cui all'articolo 419 cod. penumero , a patto che il pregiudizio recato al patrimonio sia vasto e indiscriminato, interessi un complesso di cose mobili e immobili e sia tale da comportare una generale percezione della messa in pericolo dell'ordinato vivere collettivo. Questi elementi non sarebbero ravvisabili nel caso concreto. In primo luogo, la sopravvenuta intenzione dei manifestanti di raggiungere la sede della OMISSIS era stata anticipatamente portata a conoscenza dei responsabili dell'ordine pubblico, che l'avevano di fatto avallata. I manifestanti avevano quindi aggirato in maniera pacifica lo sbarramento delle forze dell'ordine. Il solo accesso all'interno dei locali sindacali era avvenuto con la violenza. Nessuno, però, era rimasto ferito. Era stato danneggiato uno stabile, ma le distruzioni erano state selettive e non indiscriminate. Non erano state utilizzate spranghe, picconi, pale o altri strumenti di demolizione. Il valore dei danni ammontava a sessantamila euro. Nonostante, poi, la Corte avesse ritenuto che il reato di cui all'articolo 419 cod. penumero potesse essere commesso anche da un singolo, l'orientamento interpretativo prevalente lo inquadrerebbe tra le fattispecie a concorso necessario. Il riferimento ai «fatti di devastazione», operato dalla norma incriminatrice, starebbe ad indicare, secondo autorevole dottrina, che ad integrare il tipo di incriminazione sia necessaria una pluralità di condotte ed eventi in difetto, non sarebbe messa in pericolo la sicurezza collettiva. Sarebbe quindi richiesta un'accurata valutazione, in quest'ottica, delle azioni perpetrate da ogni singolo manifestante e del loro effetto sinergico. Infine, posto che la norma incriminatrice stabilisce una pena edittale molto elevata, la previsione risulterebbe costituzionalmente legittima solo se la pena fosse in concreto applicata con particolare mitigazione. 12.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione in relazione al suo ritenuto concorso nel reato di devastazione. La Corte di merito non offrirebbe alcuna valida argomentazione al riguardo, limitandosi a constatare come B.R. fosse risultato presente a tutte le fasi della vicenda. La mera adesione al corteo, e il suo mancato allontanamento dopo il compimento dei fatti di cui al capo A , non potrebbero però assumere, di per sé, valenza illecita. La condotta avrebbe dovuto essere inquadrata in termini di mera connivenza. B.R., infatti, contrariamente a quanto affermato dalla sentenza impugnata, apparirebbe nei filmati in posizione isolata, senza alcun contatto o interlocuzione con i presenti. Manterrebbe un atteggiamento neutro e passivo. L'unica azione materiale, da lui compiuta, sarebbe stata quella di far cadere a terra il bancone del desk office. Si tratterebbe di un'azione occasionale, casuale e del tutto estemporanea. 12.3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce vizio della motivazione in relazione al suo ritenuto concorso nel reato di resistenza a pubblico ufficiale. La Corte di merito si sarebbe limitata a negare che la partecipazione al corteo potesse essere frutto di ingenuità, e della convinzione che la manifestazione fosse autorizzata, senza offrire alcun solido elemento a sostegno di tale convincimento. Ciò premesso, l'imputato non avrebbe compiuto alcuna azione idonea ad essere ricondotta nel reato di resistenza. Quest'ultimo sarebbe stato ascritto a suo carico a titolo di responsabilità oggettiva, in assenza di ogni atteggiamento consapevolmente oppositivo. 12.4. Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell'attenuante di cui all'articolo 62, numero 3 , cod. penumero , al mancato bilanciamento delle attenuanti generiche in termini di prevalenza rispetto alle aggravanti e alla misura degli aumenti di pena a titolo di continuazione. 13. Il ricorso di C.F., sottoscritto dall'avvocato Lorenzo Cantucci, è articolato in due motivi. Motivi nuovi sono stati tempestivamente formulati, nell'interesse di C.F., dall'avvocato Carlo Taormina. 13.1. Con il primo motivo originario il ricorrente deduce la violazione dell'articolo 419 cod. penumero La difesa chiede preliminarmente che il caso venga rimesso alle Sezioni Unite perché queste chiariscano quale sia la corretta nozione di ordine pubblico, da assumere nell'interpretazione della norma incriminatrice. L'interpretazione estensiva della nozione, proposta dalla sentenza impugnata, sarebbe infatti da ripudiare. Contrariamente a quanto affermato dalla Corte di appello, in ogni caso, i manifestanti non avevano in alcun modo attaccato il diritto di sciopero, dal momento che quello che essi chiedevano era giustappunto la proclamazione dello sciopero generale. A prescindere da ciò, quel che verrebbe in rilievo sarebbe, nell'ottica della fattispecie, l'effettività della lesione inferta al bene giuridico dell'ordine pubblico, che la sentenza impugnata non avrebbe adeguatamente apprezzato. L'effettività della lesione sarebbe correlata all'entità delle distruzioni in assenza di una molteplicità indiscriminata di atti così connotati, sarebbero configurabili soltanto danneggiamenti aggravati plurimi, avvinti dal vincolo della continuazione. Nel caso di specie, i danneggiamenti non sarebbero stati indiscriminati, né strutturali, né irrimediabili, ma avrebbero riguardato alcuni beni mobili che si trovavano all'interno dei locali siti nel solo piano terra dello stabile, per un valore di sessantamila euro complessivi. Si sarebbe trattato di beni facilmente riparabili, o sostituibili, la cui compromissione, avvenuta essenzialmente mediante mero esercizio di forza muscolare, non poteva condurre alla condanna per il grave reato ascritto. Quest'ultimo, più che un reato di pericolo concreto, sarebbe un reato di evento. Le condotte distruttive lo integrerebbero, se capaci di tradursi in una vera e propria devastazione. Tale evento dovrebbe necessariamente realizzarsi perché il reato possa dirsi consumato. Il solo pericolo di devastazione realizzerebbe un mero tentativo. La difesa aveva prospettato una tale riqualificazione giuridica, ma la sentenza impugnata appariva silente sul punto. 13.2. Con il secondo motivo originario il ricorrente deduce vizio di motivazione in ordine all'avvenuta sua identificazione come reale autore delle condotte contestate. Vi sarebbe stato un altro individuo, vestito in maniera molto simile a C.F., arrestato quello stesso giorno prima di lui. Gli inquirenti avrebbero confuso le due identità. La Corte di appello si sarebbe sbrigativamente sbarazzata della doglianza. 13.3. Con il primo motivo nuovo il ricorrente deduce la violazione degli articolo 110,337 e 339 cod. penumero e la mancanza assoluta della motivazione in ordine alla condotta, ritenuta a suo carico, di resistenza a pubblico ufficiale. Per i comportamenti oppositivi tenuti nei pressi del Parlamento e in piazza OMISSIS , F.C. era stato processato separatamente. Nessun comportamento oppositivo ulteriore, commesso dinanzi alla sede OMISSIS , poteva essergli fondatamente attribuito. La sentenza impugnata, pur a fronte di specifico motivo di gravame, sarebbe connotata da «imbarazzante» silenzio sul punto. 13.4. Con il secondo motivo nuovo il ricorrente deduce la violazione degli articolo 110,337 e 419 cod. penumero e il vizio della motivazione, per avere la sentenza impugnata ritenuto che la fattispecie concorsuale, rispetto ad entrambi i reati contestati, possa ritenersi integrata «dal solo fatto di partecipare presenziando fisicamente all'altrui condotta», così confondendo concorso e mera connivenza. La sentenza impugnata, nel ricostruire il contesto, avrebbe dimenticato che i fatti di causa si erano verificati nell'ambito di una manifestazione pubblica, regolarmente autorizzata inizialmente in forma statica, e poi anche in forma dinamica e convocata a tutela del diritto al lavoro. A tale manifestazione avevano partecipato, nell'esercizio di libertà costituzionali, decine di migliaia di persone e tutto si era svolto senza incidenti, sin quando il corteo era giunto presso la sede del sindacato. Qui pochi facinorosi avevano messo in atto comportamenti penalmente rilevanti, la cui responsabilità non poteva essere traslata su altri manifestanti senza la prova rigorosa di condotte loro proprie materialmente partecipative, o di istigazione o di determinazione dell'altrui agire. La semplice contiguità fisica, in un contesto del genere, sarebbe ininfluente sotto il profilo oggettivo e soggettivo. Uno degli organizzatori aveva, a un certo punto della manifestazione, promosso la formazione del corteo diretto in Corso d'Italia, dopo che esso era stato assentito dalle forze dell'ordine, ma non aveva di certo incitato alla violenza o impartito l'ordine di effettuare distruzioni. Il corteo era governato dalle forze dell'ordine, ancorché in forme rivelatesi inadeguate, e il solo superamento dello sbarramento di polizia non poteva far presagire la degenerazione degli eventi quale a consuntivo registratasi. 13.5. Con il terzo motivo nuovo il ricorrente deduce la violazione dell'articolo 419 cod. penumero e il vizio di motivazione, per avere la sentenza impugnata a travisato la dinamica dei fatti, essendosi trattato di una manifestazione pubblica intervenuta nell'esercizio delle libertà costituzionali di espressione del pensiero e di riunione, e per motivi attinenti alla tutela di altri valori costituzionali, come il diritto al lavoro tale nobile intento risulterà poi oscurato da una «cassa mediatica di risonanza», che avrebbe ingigantito i pur verificatisi episodi di violenza b travisato i «titoli di appartenenza» delle decine di migliaia di partecipanti, essendosi trattato di manifestazione a-partitica c travisato le caratteristiche della partecipazione dei manifestanti, assolutamente pacifica d travisato le ragioni della formazione del corteo e il tipo di rapporto istituitosi tra gli organizzatori e le forze dell'ordine primi cercavano soltanto un'interlocuzione con il più importante sindacato italiano, di cui riconoscevano il ruolo e travisato quanto accaduto lungo la marcia del corteo tutto si svolse regolarmente sino all'arrivo presso la sede OMISSIS , sbarrata f travisato la ricostruzione delle fasi dell'ingresso nella sede OMISSIS , non avvenuto tramite il portone principale, ma tramite finestra laterale, e ad opera di non più di venti facinorosi, non controllabili dagli organizzatori g travisato l'entità dei danni, assolutamente circoscritti nel motivo sono quantificati in circa quarantamila euro h travisato il comportamento degli organizzatori, giacché C. non era mai entrato nei locali del sindacato, proprio per evitare emulazioni mentre F. era entrato in un secondo momento, allo scopo di riportare ordine i ritenuto la sussistenza di una lesione del bene giuridico dell'ordine pubblico, avendovi fatto a torto rientrare la tutela della libertà sindacale, del diritto al lavoro e del diritto allo sciopero, mentre, ai fini dell'applicazione dell'articolo 419 cod. penumero , la nozione sarebbe ristretta al fenomeno della sicurezza pubblica. 14. Il ricorso di P.M., sottoscritto dall'avvocato Flavia Moscioni, è articolato in due motivi. 14.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione degli articolo 419 e 635 cod. penumero La sentenza impugnata avrebbe operato una ricostruzione errata e fuorviante della nozione di ordine pubblico, attingendo erroneamente a fonti extrapenali. Sarebbe stato dato rilievo al fatto, viceversa indifferente, che l'obiettivo dell'azione fosse una sede sindacale. L'equiparazione, istituita dalla Corte di appello tra «assalto ad un luogo della democrazia» e turbativa dell'ordine pubblico, sarebbe destituita di ogni fondamento. La nozione penalistica andrebbe, invece, riportata alla sua corretta accezione facente leva sul regolare andamento della vita civile e sul senso di sicurezza della generalità dei cittadini e alla stregua di quest'ultima andrebbe finalmente misurata l'entità della lesione ai fini del corretto inquadramento penalistico della vicenda di cui al capo A . 14.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce vizio della motivazione sia sull'entità delle distruzioni di cui al capo A - in correlazione con la nozione di ordine pubblico che sarebbe stato corretto assumere, anziché con quella indebitamente prefigurata sia sul rilievo dell'elemento psicologico corrispondente. 15. Il ricorso di F.T., sottoscritto dall'avvocato Rosita Aurelio, è articolato in dieci motivi. 15.1. Con il primo motivo il ricorrente eccepisce l'illegittimità costituzionale dell'articolo 419 cod. penumero , in relazione agli articolo 3 e 27 Cast., ove stabilisce la pena edittale minima di diciotto anni di reclusione, esorbitante rispetto alle altre fattispecie delineate dal titolo V del libro II del codice penale e al sistema normativo complessivo. 15.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione degli articolo 419 e 635 cod. penumero , dolendosi dell'omessa derubricazione della condotta di cui al capo A nella fattispecie meno grave. Non risulta essere stata turbata, ad avviso del ricorrente, la pace sociale generale. In tale turbamento soltanto, e non nella coartazione della libertà sindacale, poteva ravvisarsi la lesione dell'ordine pubblico. I fatti distruttivi, dunque, non avevano assunto carattere tecnico di «devastazione», in quanto non erano stati né estesi né indiscriminati, e non avevano messo in crisi le condizioni di sicurezza della vita associata. Il contesto spazio-temporale starebbe a dimostrarlo. 15.3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce vizio della motivazione in ordine al rilievo dell'elemento soggettivo del reato di cui al capo A . L'imputato, si osserva, partecipava ad una lecita manifestazione. Aveva accompagnato il corteo, gridato le ragioni della manifestazione, al più lanciato un «legnetto» senza colpire alcuno o danneggiare alcunché. Egli non aveva alcuna consapevolezza di porre in essere atti eccedenti e non avrebbe potuto immaginare quanto verificatosi non era neppure fuggito, mentre lo avrebbe fatto nel momento in cui questa consapevolezza fosse in lui insorta. Mancherebbe, in definitiva, il dolo generico di partecipazione. 15.4. Con il quarto motivo il ricorrente deduce vizio della motivazione quanto all'individuazione delle specifiche condotte dotate, rispetto al reato di devastazione, di efficienza causale. Sarebbe, infatti, priva di tipicità la condotta che, pur confluente nei disordini integranti devastazione, fosse risultata priva di significativa influenza, materiale o anche solo morale, sulla produzione dell'evento. 15.5. Con il quinto motivo il ricorrente deduce vizio di motivazione in relazione alla riaffermata penale responsabilità per la resistenza. 15.6. Con il sesto motivo il ricorrente deduce vizio di motivazione in ordine al diniego delle attenuanti di cui agli articolo 62, numero 3 , e 114 cod. penumero 15.7. Con il settimo motivo il ricorrente deduce vizio di motivazione in ordine al diniego dell'attenuante di cui all'articolo 116, cpv., cod. penumero 15.8. Con l'ottavo motivo il ricorrente deduce vizio di motivazione sulla dosimetria della pena. 15.9. Con il nono motivo il ricorrente deduce vizio di motivazione circa la mancata revoca o sospensione della provvisionale accordata in favore delle parti civili. 15.10. Con il decimo motivo il ricorrente deduce, in prospettata connessione con l'accoglimento del motivo ottavo, vizio di motivazione circa la mancata concessione della sospensione condizionale della pena. 16. Il ricorso di U.M., sottoscritto dall'avvocato Nicola Trisciuoglio, è articolato in due motivi originari e in tempestivi motivi nuovi. 16.1. Con il primo motivo originario il ricorrente deduce vizio di motivazione quanto alla ribadita affermazione di penale responsabilità sul capo A , alle circostanze del reato e alla pena. In primo luogo, la sentenza impugnata avrebbe elaborato un concetto di ordine pubblico avulso da quello codicistico e contrastante con esso. Nel concludere che l'ordine pubblico avesse subito reale pregiudizio, la Corte di appello si sarebbe discostata dalla sua nozione tipica, violando così il principio di tassatività. Erroneamente il concetto di ordine pubblico sarebbe stato direttamente riferito all'esercizio dell'attività sindacale. Esercitare pressioni sul sindacato per fargli cambiare politica, e indurlo alla proclamazione dello sciopero nazionale, non costituirebbe azione in grado di compromettere l'ordine pubblico. In secondo luogo, la mera partecipazione di U.M. al corteo, e la prosecuzione di una tale partecipazione anche dopo il verificarsi di eventi ipoteticamente riconducibili al reato di cui all'articolo 419 c.p., non assumerebbe di per sé portata illecita. La Corte di merito avrebbe dovuto individuare, da un lato, le specifiche condotte dotate di efficienza causale rispetto alla produzione dell'evento lesivo e, dall'altro, il dolo di partecipazione. Viceversa, non sarebbe stato rilevato, né sarebbe ravvisabile, alcun comportamento tenuto da U.M. avente valenza concorsuale rispetto al reato di devastazione, quale contributo di ordine morale o materiale all'azione distruttiva. Quanto al dolo, si sarebbe dovuta dimostrare non solo la volontà della condotta distruttiva, ma anche la consapevolezza, in capo all'imputato, del suo inserirsi in un contesto che la rendeva concausa di un evento devastante non sarebbe affatto bastato all'imputato, per acquisire una tale consapevolezza, osservare ciò che stava accadendo, come semplicisticamente ritenuto dal giudice di appello. Inoltre, la difesa aveva eccepito l'illegittimità costituzionale dell'articolo 419 cod. penumero , nella parte in cui esso edittalmente prevede la pena minima di otto anni di reclusione. La Corte di appello non aveva pronunciato sull'eccezione. La difesa aveva infine invocato l'attenuante di cui all'articolo 62, numero 3 , cod. penumero , senza ricevere risposta soddisfacente. 16.2. Con il secondo motivo il ricorrente si duole della mancata assunzione, in appello, di prova decisiva sopravvenuta, costituita dalla testimonianza del funzionario di polizia F.S., che in un parallelo procedimento penale aveva riferito circa l'autorizzazione data al corteo di spostarsi in direzione della sede OMISSIS di Corso d'Italia. Tale circostanza sarebbe stata decisiva nella chiave di una diversa valutazione dell'elemento psicologico del reato di cui al capo A , in relazione alla ritenuta eversione dell'ordine pubblico. 16.3. Con i motivi nuovi il ricorrente riprende le censure già oggetto di ricorso principale in tema di ordine pubblico, quale bene tutelato dall'articolo 419 cod. penumero , evidenziando alla loro stregua la carenza degli elementi costitutivi del reato di devastazione. Egli infine si duole dell'insufficiente considerazione, ai fini del riscontro della sua compartecipazione criminosa nel reato in esame anche in rapporto al principio di personalità della responsabilità penale , della sua posizione individuale. 17. La difesa della parte civile OMISSIS ha svolto attività difensiva, mediante deposito, in data 23 aprile 2024, di argomentate conclusioni scritte. 18. All'udienza odierna le parti hanno discusso il processo e presentato le richieste in epigrafe trascritte. Considerato in diritto 1. La memoria dell'imputato B.F. e l'atto scritto conclusionale della parte civile OMISSIS risultano tardivi, in quanto trasmessi oltre il termine dei quindici giorni antecedenti la data della discussione, stabilito dall'articolo 611, comma 1, cod. proc. penumero e applicabile anche ai ricorsi esaminati in udienza pubblica, una volta che sia stata richiesta e disposta la trattazione orale ai sensi dell'articolo 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, numero 137, conv. in legge 18 dicembre 2020, numero 176 del 2020. L'inosservanza del termine esime la Corte di cassazione dal compito di prendere in esame il contenuto di tali atti defensionali Sez. 3, numero 5602 del 21/01/2021, P., Rv. 281647-02 . 2. Alla disamina dei motivi dei proposti ricorsi - che sarà svolta in prosieguo anche in forma congiunta, ove la comunanza dei temi e le esigenze di razionalizzazione della motivazione lo giustificheranno - è opportuno premettere una sintetica ricostruzione del quadro giuridico di riferimento. Essa deve interessare, in particolare, la fattispecie incriminatrice sulla cui interpretazione ed applicazione, così come operate dalla sentenza impugnata, converge con parziale fondamento, come si può sin d'ora anticipare parte consistente delle censure, che è dunque la fattispecie della «devastazione» contemplata, alternativamente al «saccheggio», nell'articolo 419 cod. penumero 3. La disposizione è inserita nel titolo V del libro II del codice stesso, che tratta «dei delitti contro l'ordine pubblico», e la figura di reato si configura rispetto a «chiunque», fuori dei casi preveduti dall'articolo 285, ossia senza lo scopo di attentare alla sicurezza dello Stato, «commette fatti di devastazione». La pena comminata è quella della reclusione da otto a quindici anni, aumentata, tra l'altro, se il fatto è commesso nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico. La fattispecie è oggetto di ampia e approfondita elaborazione ad opera, oltre che della dottrina, della giurisprudenza di questa Corte, giunta ormai ad approdi sistematici che possono ritenersi consolidati e non richiedono l'intervento nomofilattico chiarificatore delle Sezioni Unite. 4. Sotto il profilo oggettivo, la devastazione è integrata da qualsiasi azione, posta in essere con qualsivoglia modalità, produttiva di rovina, distruzione o anche di danneggiamento - comunque complessivo, indiscriminato, vasto e profondo - di una notevole quantità di cose mobili o immobili, tale da determinare non solo il pregiudizio del patrimonio di uno o più soggetti, e con esso il danno sociale conseguente alla lesione della proprietà privata, ma anche l'offesa e il pericolo concreti dell'ordine pubblico, inteso come buon assetto o regolare andamento del vivere civile, cui corrispondono, nella collettività, l'opinione e il senso della tranquillità e della sicurezza Sez. 2, numero 6961 del 06/10/2022, dep. 2023, Raducci, Rv. 284143-02 Sez. 6, numero 37367 del 06/05/2014, Seppia, Rv. 261932-01 Sez. 1, numero 20313 del 29/04/2010, Vischia, Rv. 247451-01 Sez. 1, numero 22633 del 01/04/2010, Della Malva, Rv. 247418-01 Sez. 1, numero 16553 del 01/04/2010, Orfano, Rv. 246941-01 . A queste condizioni la devastazione ex articolo 419 cod. penumero si distingue dal mero danneggiamento, che resta assorbito in funzione del criterio di specialità Sez. 1, numero 946 del 05/07/2011, dep. 2012, Proietti, Rv. 251665-01 Sez. 1, numero 25104 del 16/04/2004, Marzano, Rv. 228133-01 , alla pari del furto rispetto al saccheggio alternativamente incriminato dalla disposizione in parola e parimenti connotato in termini di estensione e offensività . 5. Il bene dell'ordine pubblico, che costituisce l'oggetto giuridico del reato e il motivo ispiratore della norma penale, non entra espressamente nella descrizione del tipo legale, come elemento costitutivo o condizione di punibilità, avendolo il legislatore considerato insito nella condotta incriminata Sez. 1, numero 4135 del 25/01/1973, Azzaretto, Rv. 124141-01 . Esso è dunque elemento implicito di fattispecie e, come tale, punto di riferimento essenziale per la selezione dei fatti che ricadono nel perimetro dell'incriminazione. E' grazie ad un tale riferimento che la previsione normativa, avuto riguardo alle finalità perseguite e al contesto settoriale in cui si colloca, assume carattere di sufficiente determinazione, consentendo al suo destinatario di avere una percezione sufficientemente chiara ed immediata del valore precettivo in essa contenuto su questo presupposto è stata giudicato manifestamente infondato il dubbio di legittimità costituzionale dell'articolo 419 cod. penumero , per asserito contrasto con il principio di tassatività delle fattispecie penali, tutelato dall'articolo 25, secondo comma, della Costituzione Sez. 1, numero 42130 del \ 13/07/2012, Arculeo, Rv. 253801-01 . Di qui la necessità che la nozione di ordine pubblico, penalisticamente intesa, sia correttamene individuata. Sul punto si annida l'insuperabile criticità della sentenza impugnata v., amplius, oltre § 15 . Ai fini del diritto penale, e specificamente del reato in esame, l'ordine pubblico è quel bene immateriale che riflette il senso di tranquillità e sicurezza che i cittadini traggono dall'ordinario svolgimento della vita civile, e in cui si esprime e trova garanzia la pace sociale che garantisce l'ordinata convivenza dei consociati Sez. 1, numero 4135 del 1973, cit., Rv. 124142-01 . Si tratta di un'accezione del termine appropriata alle esigenze di questo ramo dell'esperienza giuridica, e alle finalità e al senso dell'incriminazione specifica, ed essa non va quindi confusa con i più ampi concetti che il termine delinea in altri settori dell'ordinamento giuridico. Nel diritto civile il concetto di ordine pubblico interno costituisce tradizionalmente lo strumento-limite dell'autonomia dei privati, espresso dal complesso delle regole e dei principi, desumibili da tutto il sistema giuridico positivo, che il legislatore ha reso inderogabili dai privati medesimi, perché considerati funzionali alla diretta tutela di interessi della collettività v. già Sez. 1 civ., numero 690 del 17/03/1970, Rv. 345906-01, nonché, da ultimo, Sez. 1 civ., numero 8718 del 03/04/2024, Rv. 670655-01 , mentre sotto l'egida dell'ordine pubblico e.ci. internazionale, come di recente ribadito da Sez. U civ., numero 38162 del 30/12/2022, Rv. 666544-02, è racchiuso il sistema dei valori che ispira l'ordinamento giuridico italiano e rappresenta il meccanismo di salvaguardia dell'armonia interna dell'ordinamento stesso, sbarrandovi l'ingresso di disposizioni del diritto straniero che, seppure evocate dalle norme strumentali di conflitto, unilaterali o di derivazione pattizia, con quei valori contrastino e non possono pertanto assumere nel nostro diritto alcuna funzione regolatoria. Questi ultimi istituti sono stati evocati in modo inappropriato dalla sentenza impugnata, così come impropria è la sovrapposizione concettuale, cui essa perviene, tra la sfera dell'ordine pubblico penale e gli ambiti, solo eventualmente interferenti, che propriamente attengono all'ordine economico o alla libertà sindacale. 6. L'ordine pubblico, inteso nel senso di ordine legale su cui poggia la convivenza sociale, è esso stesso un valore costituzionale, in quanto consentaneo al regime democratico e legalitario consacrato nella Carta repubblicana v. già Corte cast., numero 19 del 1962 . Nell'ordinamento costituzionale, «ordine e sicurezza pubblica» sono nozioni richiamate dall'articolo 1, comma 3, lett. I , della legge di delegazione 15 marzo 1997, numero 59, in quanto ricomprese nell'ambito materiale escluso dal trasferimento di funzioni alle Regioni, siccome riservato ad eccezione dei compiti di polizia amministrativa locale alla competenza legislativa dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lett. h , Cast. la relativa definizione è data dall'articolo 159, comma 2, d.lgs. delegato 31 marzo 1998, numero 112 «complesso dei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari sui quali si regge l'ordinata e civile convivenza nella comunità nazionale, nonché alla sicurezza delle istituzioni, dei cittadini e dei loro beni» v. anche Corte cast., numero 313 del 2003 . E' indubbio che il turbamento di tali beni e interessi, indotto dall'insorgere di un'illegale minaccia all'ordinata, civile e sicura convivenza della comunità nazionale, è un esito da prevenire e reprimere anche attraverso la leva penale, declinata in modo proporzionato alle singole evenienze e secondo i modelli di intervento propri di tale settore dell'ordinamento giuridico. 7. Non può certo costituire impedimento all'attivazione delle corrispondenti tutele l'esistenza di altri diritti costituzionalmente garantiti, quali il diritto di riunione recessivo, ex articolo 17 Cost., di fronte a «comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica» Corte cost. nnumero 158 del 1971, 15 e 16 del 1973, 71 del 1978 o di libera manifestazione del pensiero che incontra un limite implicito nell'esigenza di scongiurare, in modo conforme alle leggi, le turbative dell'ordine pubblico Corte cost., nnumero numero 1 del 1956, 33, 120 e 121 del 1957 . La tutela costituzionale dei diritti conosce sempre, infatti, un confine insuperabile nell'esigenza che attraverso la loro esplicazione non vengano sacrificati beni, ugualmente garantiti dalla Carta ex multis, Corte cost., numero 126 del 1985 . Il che tanto più vale, quando si tratti di beni che, come l'ordine pubblico, sono patrimonio della collettività intera Corte cost., numero 19 del 1962, cit. e devono essere dunque oggetto di necessaria considerazione e, se del caso, di opportuno bilanciamento. 8. Correttamente definita la nozione di ordine pubblico, nel quadro del reato sancito dall'articolo 419 cod. penumero , occorre di tale reato fissare le ulteriori coordinate oggettive, perché esse verranno utili a saggiare, nelle sue rimanenti parti, la tenuta della sentenza impugnata. E', anzitutto, indifferente la gravità del danno in concreto prodotto dall'azione distruttrice, purché resti appunto accertato che i fatti posti in essere abbiano non soltanto leso il patrimonio, ma anche offeso l'ordine pubblico come sopra inteso Sez. 1, numero 26830 del 08/03/2001, Mazzotta, Rv. 219899-01 quando i fatti di danneggiamento producano, oltre che un'offesa all'ordine pubblico, anche una lesione di rilevante gravità patrimoniale, è configurabile l'aggravante prevista dall'articolo 61, numero 7, cod. penumero Sez. 1, numero 11912 del 18/01/2019, Oppedisano, Rv. 275322-03 . Gli episodi di danneggiamento debbono essere necessariamente plurimi, perché la pluralità è implicata dal fatto che la devastazione è legata al loro carattere esteso, indiscriminato e profondo un singolo atto di violenza non potrebbe da solo rilevare Sez. 6, numero 15543 del 27/03/2009, Mescia, Rv. 243184- 01 . Fermo ciò, l'obiettivo preso di mira può essere anche unico e concentrato, o fare capo ad un singolo soggetto leso, purché le distruzioni siano vaste e siano realizzate con modalità di aggressione così incisive, e potenzialmente espansive, da minare il menzionato senso di tranquillità e sicurezza dei cittadini, portando offesa al corrispondente interesse superindividuale. L'accertamento di tali modalità è rimesso, evidentemente, alla prudente valutazione del giudice di merito, assoggettata a vaglio di legittimità secondo i consueti canoni, senza essere limitato dal rilievo dell'avvenuto impiego di mezzi particolari di distruzione o di una particolare conformazione spazio-temporale della condotta. Deve trattarsi, pur sempre, di modalità idonee a rappresentare una minaccia per la vita collettiva e ad ingenerare la relativa sensazione di insicurezza e precarietà, essendo il reato in discorso un reato di pericolo Sez. 1, numero 5166 del 05/03/1990, Chiti, Rv. 183951-01 . 9. Quanto all'elemento soggettivo, su cui non è inutile comunque in questa sede intrattenersi, il dolo del reato ha natura di dolo generico. Per la sua configurabilità è necessario che l'agente, oltre a rappresentarsi e a volere la propria condotta distruttiva, agisca con la percezione che essa risulti efficiente, nel contesto dato, alla produzione di un risultato qualificabile, per le sue proporzioni, come devastazione Sez. 1, numero 17494 del 29/11/2022, dep. 2023, Tonin, Rv. 284476-01 Sez. 6, numero 37367 del 2014, cit., Rv. 261934-01 10. Il reato, infine, non è a concorso necessario, sicché può essere realizzato anche da un singolo agente, la cui condotta abbia consapevolmente prodotto un effetto distruttivo su larga scala Sez. 1, numero 9520 del 03/12/2019, dep. 2020, P., Rv. 278502-01 . Ai fini della sussistenza della responsabilità a titolo di concorso eventuale non è, d'altra parte, richiesto che il compartecipe abbia compiuto materialmente atti di danneggiamento, bastando che abbia preso scientemente parte ai disordini diffusi. E' in altre parole sufficiente che abbia posto in essere una frazione del fatto tipico o, in difetto, abbia anche solo fornito a un aiuto materiale nella preparazione o nella esecuzione del reato c.d. concorso materiale , ovvero b un semplice impulso psicologico in tale direzione, purché agevolatore o rafforzatore del proposito criminoso altrui c.d. concorso morale . In linea generale, infatti, il singolo contributo assume rilevanza nel diritto penale, in base al paradigma di cui all'articolo 110 cod. penumero , sia quando abbia rivestito efficacia causale diretta, costituendo condicio sine qua non della realizzazione del fatto, sia quando si sia limitato ad incrementare le relative chances, facilitandone la consumazione ed aumentandone le possibilità Sez. 1, numero 11912 del 2019, cit., Rv. 275322-03 Sez. 1, numero 3759 del 07/11/2013, dep. 2014, Chiacchieretta, Rv. 258601-01 sempre che, rispetto alla devastazione, sia dimostrabile la consapevolezza dell'agente di contribuire al fenomeno distruttivo complessivamente inteso, comprendente la messa in pericolo del bene protetto dell'ordine pubblico Sez. 1, numero 45646 del 05/06/2015, Gentile, Rv. 265277-01 . 11. Nella cornice legale, risultante dall'esegesi che precede, deve essere ora calato lo scrutinio delle censure avanzate negli atti di impugnazione rivolti a questa Corte, ad iniziare da quelle primo e secondo motivo del ricorso B.F., nonché, nelle parti corrispondenti, primo motivo del ricorso B.R., primo motivo originario del ricorso C.F., secondo motivo del ricorso P.M., secondo motivo del ricorso T.F., primo motivo e motivi nuovi del ricorso U.M. che rimproverano alla sentenza impugnata di avere indebitamente apprezzato la vastità e l'estensione delle distruzioni, riportandole ad un contesto normativo quello di cui all'articolo 419 cod. penumero inidoneo a ricomprenderle per il solo fatto di avere esse riguardato un obiettivo specifico, anche soggettivamente ben individuato, e comunque inidoneo a ricomprenderle in rapporto ai mezzi adoperati, al tempo impiegato e al danno patrimoniale arrecato. Tale censure sono infondate, alla luce dei principi di diritto indicati al precedente § 8 e della congrua motivazione resa al riguardo dalla sentenza impugnata, che ha posto correttamente l'accento sull'ampiezza del vandalismo, in termini di esiti non solo quantitativi è stata comunque messa a soqquadro la sede del principale sindacato italiano , ma anche qualitativi, essendo andato distrutto - al riguardo non si registrano obiezioni - un patrimonio informativo archivistico, conservato su memoria digitale, difficilmente recuperabile. Al di là, dunque, delle connotazioni spazio-temporali delle condotte la cui potenzialità offensiva non si è proiettata all'interno soltanto dell'immobile, né è rimasta confinata al relativo tempo di occupazione, avendo le distruzioni interessato anzitutto gli infissi dello stabile ed essendo principiate anteriormente all'ingresso in esso , e quali che siano stati gli strumenti materiali di aggressione, l'obiettiva portata dei danneggiamenti è stata compiutamente rilevata dalla Corte di appello. Essa non risulta, in radice, incoerente con il paradigma normativo prefigurato. 12. Vengono a questo punto in considerazione il quarto motivo del ricorso B.F., il secondo motivo del ricorso B.R., il secondo motivo nuovo del ricorso C.F., il quarto motivo del ricorso T.F. e il primo motivo del ricorso U.M. ripreso dai motivi nuovi , nella parte in cui si addebita alla Corte di appello di non avere specificamente vagliato, in spregio ai motivi di gravame, le posizioni individuali dei ricorrenti e di non avere quindi rilevato, principalmente ma non soltanto in riferimento alle condotte di cui al capo A , l'insignificanza penale dei singoli apporti, al più qualificabili in termini di mera connivenza non punibile. Le censure sono infondate. La sentenza impugnata opera una rivisitazione del materiale istruttorio che appare adeguata alle esigenze argomentative del caso. Occorre tenere presente che, allorquando i giudici del gravame, esaminando le doglianze proposte da parte appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice, e recependo sostanzialmente i passaggi logico-giuridici della prima decisione, concordino nell'analisi e nella valutazione degli elementi probatori che la sorreggono, la nuova sentenza si salda con la precedente, così da formare un convergente corpo motivazionale, assoggettabile nel suo insieme al vaglio di legittimità Sez. 2, numero 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218-01 Sez. 3, numero 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595-01 Sez. 3, numero 13926 del 01/12/2011, dep. 2012, Valerio, Rv. 252615-01 Sez. 2, numero 5606 del 10/01/2007, Conversa, Rv. 236181-01 . La decisione di primo grado illustra in dettaglio i fotogrammi che, rispetto ai momenti cruciali dell'assalto, ritraggono i singoli imputati in azione ed entrambe le sentenze si soffermano sulle caratteristiche di ciascuna condotta, mettendo partitamente in evidenza i requisiti di compartecipazione criminosa in termini di generale coerenza con i principi di diritto enunciati nel precedente § 10. Fermo il rilievo che l'apprezzamento degli estremi del concorso punibile, in capo all'agente, va conclusivamente operato in rapporto alla specifica figura di reato ritenuta a suo carico, una volta che essa sia stata esattamente definita e sul compiuto inquadramento giuridico del fatto sub A sarà nella specie necessario, come si vedrà, un nuovo giudizio , la generale esclusione di situazioni di mera connivenza è sorretta, nella trama motivazionale, da robuste considerazioni, non scalfite dalle confutazioni difensive. Nessuno degli imputati, come reso esplicito dalle immagini descritte, ha invero mantenuto un comportamento esclusivamente passivo, di sola inerte e indifferente presenza in tali termini la fisionomia del connivente è delineata dalla giurisprudenza di questa Corte tra le molte, Sez. 5, numero 2805 del 22/03/2013, dep. 2014, Grosu, Rv. 258953-01 , e tutti hanno invece fornito, in diversa misura, un contributo partecipativo efficiente - se non altro di tipo morale, in chiave di obiettivo stimolo all'azione criminosa altrui e di infusione nei correi di un maggiore senso di sicurezza - suscettibile di essere inserito nello schema normativo disegnato dall'articolo 110 cod. penumero 13. Separata disamina meritano il secondo motivo originario del ricorso C.F. e il suo terzo motivo aggiunto, quest'ultimo nella parte concernente i denunciati travisamenti probatori. Le censure rispettive sono infondate. 13.1. Il tema della esatta identificazione di C.F. è adeguatamente sviluppato nella sentenza impugnata, che, dando sul punto ragionato credito alle risultanze investigative, direttamente acquisite e congruamente valutate nell'ambito del celebrato giudizio abbreviato, lasciano serenamente intendere che, dietro le condotte all'imputato riferite, si celi sempre e solo la stessa persona. Afferma la Corte di appello, quindi, che nessun dubbio è lecito nutrire sulla reale paternità delle azioni intestate a C.F. sulla base delle videoriprese. Trattasi di un apprezzamento di fatto, esaurientemente motivato, in ordine al quale il ricorrente sollecita un sindacato che chiaramente eccede il ruolo e la funzione del giudizio di legittimità. 13.2. Quanto agli asseriti travisamenti probatori, occorre premettere che, secondo consolidata giurisprudenza, il controllo di legittimità sulla motivazione mira soltanto a verificare che gli elementi posti a base della decisione siano stati valutati seguendo le regole della logica e secondo linee giustificative adeguate, che rendano persuasive, sul piano della consequenzialità, le conclusioni tratte, senza potersi estendere alla rivalutazione dei risultati dell'interpretazione delle prove Sez. U, numero 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074-01 . La mancata rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali può tuttavia essere dedotta, quale motivo di ricorso, qualora comporti il così detto «travisamento della prova» consistente nell'utilizzazione di un'informazione inesistente, o nell'omissione della valutazione di un elemento esplicativo viceversa presente, o nella falsificazione dell'estrinseco , purché sia indicato in maniera specifica ed inequivoca il dato che si pretende essere stato travisato, nelle forme di volta in volta adeguate alla natura degli atti in considerazione, e sempre che il dato probatorio che si assume travisato rivesta il carattere della decisività nell'ambito dell'apparato motivazionale sottoposto a critica tra le molte, Sez. 6, numero 10795 del 16/02/2021, F., Rv. 281085-01 . Ciò posto, rispetto ai travisamenti denunciati, ove mai esistenti, detto requisito di decisività non sarebbe apprezzabile. Non è stato intentato, nelle aule di giustizia della Repubblica, un processo a generico carico delle persone che, nell'esercizio delle loro libertà costituzionali, hanno partecipato ad una manifestazione politica lecitamente indetta. Non era allora compito dei giudici del merito approfondirne e men che meno approvarne o disapprovarne le finalità o valutare i titoli e le ragioni delle adesioni individuali. Non si registra, al riguardo, alcun travisamento probatorio di natura omissiva. Sotto processo sono legittimamente cadute le evidenti degenerazioni cui, da un determinato momento del suo svolgimento, la manifestazione ha dato luogo, per opera di un numero circoscritto ancorché non insignificante di aderenti. Sono state elevate specifiche imputazioni nei confronti di costoro, nella misura in cui si è creduto di individuarli, quali autori di inauditi e ingiustificabili atti di violenza, che nessun diritto costituzionale è in grado di scriminare per quanto già osservato al § 7. Sotto altro aspetto, è certamente priva di rilievo dirimente la circostanza che, in corso di manifestazione, possa esserne stata autorizzata la trasformazione in vista di un suo svolgimento in forma dinamica, comprendente la possibilità del corteo di avvicinarsi alla sede della OMISSIS o di sfilare sotto di essa. Non si vede proprio come tale dato, quand'anche male interpretato dalla sentenza impugnata il che non è peraltro affatto evidente , possa realmente influire, fosse anche solo dal lato dell'elemento psicologico, sulla valutazione dei comportamenti di coloro che hanno forzato il cordone di polizia posto a delimitazione del corteo, ovvero hanno sfogato la loro furia distruttrice sullo stabile che ospita la sede sindacale. Non provati, e comunque ininfluenti, appaiono infine i travisamenti residui, dal ruolo pacificatore che il ricorrente intesta nella vicenda a C. e F., all'individuazione dell'esatta via di accesso allo stabile in questione, come anche per le ragioni invero già precisate all'asserita modestia dei danni patrimoniali arrecati. 14. Essendo priva di rilievo dirimente come testé rilevato la circostanza che, in corso di manifestazione, possa esserne stata autorizzata la trasformazione in vista di un suo svolgimento in forma dinamica, è anche infondato il secondo motivo del ricorso U.M., ripreso dai motivi nuovi, che si duole del mancato approfondimento istruttorio al riguardo. 15. I ricorsi passano quindi al vaglio del Collegio, nella parte in cui terzo motivo B.F., ulteriore contenuto del primo motivo B.R., ulteriore contenuto del primo motivo originario e del terzo motivo nuovo C.F., primo motivo P.M., ulteriore contenuto del secondo motivo F.T., primo motivo U.M. e relativi motivi nuovi essi si appuntano sulla ricostruzione giuridica della fattispecie di reato di cui all'articolo 419 cod. penumero , risultante dalla sentenza impugnata, e sul conclusivo giudizio di sussunzione. Le censure sono globalmente fondate, nei termini di seguito precisati. 15.1. Si è già detto della natura di pericolo del reato in esame, integrato da fatti distruttivi di imponenza tale da minare il buon assetto e il regolare andamento del vivere civile e il corrispondente affidamento che vi ripongono i consociati. La devastazione non si risolve in un esteso danneggiamento si tradurrebbe, altrimenti, in un reato di danno , ma postula che le relative condotte producano il ridetto effetto di turbativa dell'ordine pubblico. Trattasi di effetto che, secondo quanto già osservato, attiene sia pure in via interpretativa, in funzione restrittiva dell'ambito dell'incriminazione al piano della tipicità. Per ritenere il fatto conforme al tipo, è necessario che il giudice di merito non solo motivi adeguatamente sulla vastità, ampiezza e profondità delle distruzioni, ma ne evidenzi l'idoneità offensiva rispetto al bene dell'ordine pubblico, muovendo evidentemente dalla corretta identificazione di quest'ultimo, pena la fa Isa applicazione dell'articolo 419 cod. penumero 15.2. La sentenza impugnata ha errato in una tale identificazione, per le ragioni esposte al § 5. Essa non è incorsa soltanto in un'eccedenza definitoria, come sostenuto dal Procuratore generale requirente a sostegno della ritenuta ininfluenza della circostanza, ma nel vero e proprio snaturamento dell'oggetto giuridico della tutela, che l'ha indotta a confondere le nozioni privatistiche e pubblicistiche dell'istituto, nonché a far coincidere l'ordine pubblico in senso penalistico con l'ordine economico e sociale, a sua volta collegato alla libera esplicazione dell'azione sindacale. Da tale errata operazione ermeneutica sono derivate due conseguenze, che ridondano in altrettanti vizi specifici della decisione. 15.2.1. Anzitutto, con singolare inversione metodologica, la Corte di appello ha preso le mosse dall'impropria nozione di ordine pubblico anche penalisticamente rilevante da essa elaborata per stabilire, solo e direttamente sulla base di un tale confronto, la rilevanza penale di comportamenti rispetto ad una fattispecie incriminatrice, quale l'articolo 419 cod. penumero , senz'altro pensata e delineata a protezione di quel bene giuridico, ma comunque ritagliata su un ambito specifico e delimitato di sua tutela, anche in omaggio al principio di necessaria frammentarietà del diritto penale. Ciascuna fattispecie incriminatrice è dettata per prevenire e reprimere predeterminate modalità di aggressione al bene tutelato e possiede quindi una tassativa formulazione, su cui nel tempo si consolida generalmente una data interpretazione, come è anche accaduto per il reato in esame. E' a questa formulazione e a questa interpretazione che il giudice, per ragioni di legalità penale, deve necessariamente riportarsi, senza poter trasformare il bene giuridico, che la norma incriminatrice tutela e a cui dà fondamento e conformazione, in un meccanismo indebitamente estensivo dei confini della punibilità. 15.2.2. L'enfatizzazione del concetto di bene giuridico, ben oltre l'ambito proprio del diritto penale, ha poi impedito alla Corte di appello di mettere correttamente a fuoco il punto giuridicamente nodale, interessato da plurime contestazioni difensive, consistente nel ricostruire il corretto nesso di derivazione eziologica che deve intercorrere tra l'entità delle distruzioni e la compromissione dell'ordine pubblico in senso penalistico. I danneggiamenti plurimi trasmodano in devastazione, se la loro estensione e profondità raggiungono un adeguato livello di compromissione, avendo indotto nella popolazione allarme, sensazione di pericolo, sentimento di insicurezza. Occorreva allora stabilire se l'assalto vandalico al palazzo della OMISSIS avesse prodotto un tale effetto, non già per il luogo violato in sé e per sé, o per le insite finalità di condizionamento della dirigenza sindacale come sembra ritenere la sentenza impugnata , quanto per le modalità dell'assalto stesso in rapporto alla sua intensità oggettiva e soggettiva e, di risulta, per la visibile e inevitabile percezione che ne potesse essere derivata in capo alla collettività, anche in dipendenza di eventuali ed ulteriori incidenti caratteristiche simbolicità dell'obiettivo, natura proditoria dell'azione, sfondo ideologico, etc. La tipicità della condotta, alla stregua dell'articolo 419 cod. penumero , passa - ineludibilmente - per un accertamento siffatto, indebitamente omesso dalla sentenza impugnata. L'obiettivo preso di mira poteva e potrà, in sede di rinnovata valutazione giocare indubbiamente un ruolo importante nel delicato apprezzamento giudiziale. Il fatto che nell'accaduto sia stata direttamente coinvolta, con amplificazione mediatica ampiamente prevedibile, la sede del più importante sindacato italiano, rilevante protagonista della dialettica politico-istituzionale del Paese, non è certo né neutro né indifferente ai fini del giudizio in discorso. Quest'ultimo, tuttavia, andrà pur sempre orientato a misurare, nel contesto dato, la capacità delle condotte di aggressione di turbare la pace sociale e il senso di sicurezza collettivo. 16. L'accoglimento dei motivi testé scrutinati importa, con la caducazione allo stato della pronuncia di responsabilità relativa al capo A , l'assorbimento di tutte le censure in tema di elemento soggettivo del relativo reato, riconoscimento di attenuanti e loro bilanciamento, dosimetria della pena e sua sospensione condizionale primo motivo, in parte qua, e quarto motivo del ricorso B.R. primo, terzo, sesto, settimo, ottavo e decimo motivo del ricorso T.F. secondo motivo, in parte qua, del ricorso P.M. primo motivo, in parte qua, del ricorso U.M. e relativi motivi nuovi . 17. Sono quindi da esaminare le censure formulate in rapporto al reato di resistenza a pubblico ufficiale quinto motivo del ricorso B.F., terzo motivo del ricorso B.R., primo e secondo motivo nuovo del ricorso C.F., quinto motivo del ricorso T.F. . Le deduzioni di T.F. sul punto sono inammissibili, per l'assoluta genericità della loro formulazione. Le doglianze degli altri imputati non sono fondate. Il reato di resistenza a pubblico ufficiale tutela, come è noto, l'attività funzionale della pubblica amministrazione, mettendo al riparo coloro che sono tenuti a svolgerla da ingerenze violente e minacciose. Se l'azione esecutiva consiste nell'impiego di tali mezzi in funzione di indebito contrasto all'operato del funzionario, il dolo che la sorregge ha natura specifica, concretandosi nella coscienza e volontà di usare violenza o minaccia al fine di opporsi al compimento dell'atto di ufficio, mentre del tutto estranei sono lo scopo mediato della condotta ed i motivi avuti di mira dall'agente Sez. 6, numero 35277 del 20/10/2020, Moretti, Rv. 280166-01 Sez. 6, numero 38786 del 17/09/2014, Eki, Rv. 260469-01 . Concorre moralmente nel delitto colui che, anche senza tenere specifiche condotte violente o minatorie, rafforzi l'altrui azione criminosa, o ne aggravi gli effetti, incitando l'offensore o agevolandone in qualunque modo il comportamento Sez. 6, numero 18485 del 27/04/2012, Carta, Rv. 252690-01 . In applicazione di tali principi di diritto, l'affermazione di penale responsabilità per il reato in questione risulta ineccepibile sotto ogni profilo. I ricorrenti B.F., B.R. e C.F. alla pari degli altri imputati non si limitarono ad azioni di fiancheggiamento, di contrapposizione ostile rispetto alle forze dell'ordine che avrebbero potuto comunque assumere rilievo nell'ambito del concorso ideale , ma parteciparono fisicamente agli scontri, anche dinanzi alla sede della OMISSIS , tenendo le condotte violente ed oppositive, efficacemente individuate e descritte sin dalla sentenza di primo grado e che sono sintetizzate al § 2 della narrativa. Nessuna efficacia scriminante potrebbero assumere, rispetto alle condotte stesse, il fatto che il corteo diretto in OMISSIS fosse stato autorizzato, l'eventuale maturazione negli imputati del relativo convincimento o le ulteriori considerazioni svolte nei ricorsi sulla natura e le finalità della manifestazione. Le condotte in esame sono state appropriatamente richiamate, in tutta la loro eloquenza, dalla sentenza impugnata, la cui motivazione - ancorché per relationem - non può essere giudicata apparente o elusiva. Essa, infatti, incorpora, mutuandoli dalla prima decisione, i contenuti ricostruttivi e valutativi degli accadimenti, senza ometterne - a cospetto delle confutazioni difensive - una ragionata condivisione. I fatti di resistenza, per cui C.F. viene dunque condannato in questo giudizio, sono quelli svoltisi in Corso d'Italia, dinanzi alla sede del sindacato. Non si registra alcuna duplicazione di accusa rispetto a fatti di resistenza anteriori, distintamente giudicati. 18. In rapporto, infine, al nono motivo del ricorso F.T., basti rilevare che non è impugnabile con ricorso per cassazione la statuizione pronunciata in sede penale e relativa alla concessione e quantificazione di una provvisionale, trattandosi di decisione di natura discrezionale, meramente delibativa e non necessariamente motivata, per sua natura insuscettibile di passare in giudicato e destinata ad essere assorbita dalla liquidazione definitiva o dal definitivo accertamento della sua mancata spettanza Sez. 2, numero 44859 del 17/10/2019, Tuccio, Rv. 277773-02 . 19. Dalle considerazioni che precedono derivano - l'annullamento della sentenza impugnata, in ordine al capo concernente il reato di devastazione, e il rinvio per il corrispondente nuovo giudizio a carico degli imputati da condurre secondo i canoni ermeneutici tracciati ad altra sezione della Corte di appello di Roma - la reiezione dei ricorsi nelle loro parti rimanenti, non assorbite. A quest'ultima pronuncia consegue articolo 624, comma 2, cod. proc. penumero la sopravvenuta irrevocabilità della sentenza impugnata, limitatamente all'afferma­ zione di penale responsabilità degli imputati in ordine al reato di resistenza a pubblica ufficiale loro ascritto. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al capo A, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Roma. Rigetta nel resto i ricorsi.