Sulla validità della notifica della sentenza effettuata presso la PEC del procuratore costituito

La Suprema Corte di Cassazione, con la pronuncia in esame, ha risolto una controversia in materia di licenziamento collettivo, avente ad oggetto, in particolare, la validità o meno della notificazione al difensore eseguita presso l'indirizzo PEC risultante dall'albo professionale di appartenenza.

Il Collegio ricorda al riguardo che «ai fini della decorrenza del termine breve di impugnazione basta la notifica ad uno soltanto dei difensori e la notifica al difensore costituito, indicato come tale nell'atto, è idonea a determinare la decorrenza del termine breve quand'anche fosse stato eletto domicilio presso un diverso procuratore costituito ovvero fosse stato espressamente richiesto che le comunicazioni di cancelleria venissero eseguite all'indirizzo PEC di un altro difensore costituito». Inoltre, in seguito all'introduzione del domicilio digitale , previsto dall'articolo 16-sexies del di. numero 179 del 2012, conv. con modif. dalla I. numero 221 del 2012, come modificato dal d.l. numero 90 del 2014, conv. con modif. dalla l. numero 114 del 2014, «è sempre valida la notificazione al difensore eseguita presso l'indirizzo PEC risultante dall'albo professionale di appartenenza, in quanto corrispondente a quello inserito nel pubblico elenco di cui all'articolo 6-bis del d.lgs. numero 82 del 2005, atteso che il difensore è obbligato, ai sensi di quest'ultima disposizione, a darne comunicazione al proprio ordine e quest'ultimo è obbligato ad inserirlo sia nei registri INI PEC, sia nel ReGindE, di cui al d.m. 21 febbraio 2011 numero 44, gestito dal Ministero della Giustizia» Cass. 23620/2018 . Pertanto, «la notificazione della sentenza eseguita presso l'indirizzo PEC di uno dei codifensori, ancorché in atti fosse stato espressamente richiesto che le comunicazioni di cancelleria venissero eseguite agli indirizzi PEC degli altri due difensori nominati», come appunto nel caso di specie, «deve ritenersi regolare e validamente effettuata all'indirizzo PEC di uno dei tre difensori di fiducia, quale risultante dal ReGIndE., indipendentemente dalla sua indicazione in atti, ai sensi dell'articolo 16-sexies del d.l. numero 179 del 2012, conv., con modif., in l. numero 221 del 2012, non potendosi configurare un diritto a ricevere le notificazioni esclusivamente presso il domiciliatario indicato e non potendo, quindi, avere portata idonea ad escludere tale notificazione la limitazione della parte dell'indicazione del detto indirizzo per le sole comunicazioni» Cass. numero 3685/2021 . Riprendendo quindi tutta la giurisprudenza di legittimità precedente e rigettando il ricorso in oggetto, il Supremo Consesso afferma che «ai fini della decorrenza del termine breve per proporre il ricorso per cassazione, nonostante l'indicazione della parte destinataria di un domicilio fisico ai sensi dell'articolo 82 del r.d. numero 37 del 1934, è possibile procedere alla notificazione della sentenza d'appello presso il domiciliatario mediante posta elettronica certificata, poiché il domicilio digitale, pur non indicato negli atti, può essere utilizzato per la notificazione in questione in quanto le due opzioni concorrono» «ai fini del decorso del termine breve di impugnazione è sempre valida la notifica della sentenza effettuata presso la PEC del procuratore costituito, ancorché fosse stato espressamente richiesto che le comunicazioni di cancelleria venissero eseguite all'indirizzo PEC di un altro difensore costituito, nei termini affermati dalla sentenza gravata».

Presidente Esposito – Relatore Riverso Fatti di causa La Corte d'appello di Milano, con la sentenza in atti, ha respinto il reclamo proposto da OMISSIS S.p.A. avverso la sentenza del tribunale che aveva dichiarato illegittimo il licenziamento intimato a G.N., nell'ambito di una procedura di licenziamento collettivo, poiché operato in violazione dell'articolo 4, comma 9 legge numero 223 del 1991 ed aveva quindi determinato l'indennità spettante alla lavoratrice nella misura di 15 mensilità, da calcolare sulla base di un tallone retributivo comprensivo dell'indennità di trasferta. La Corte d'appello in via preliminare accogliendo l'eccezione sollevata dalla lavoratrice ha ritenuto la tardività del reclamo depositato l'1/9/2020, oltre i 30 giorni stabiliti a pena di decadenza dall'articolo 1 comma 58 della legge numero 92 del 2012, a decorrere dalla comunicazione all'avvocato P In ogni caso la Corte d'appello, nonostante la tardività del reclamo e la sua inammissibilità, ha riconosciuto comunque infondato il reclamo anche nel merito. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione la OMISSIS S.p.A. con quattro motivi ai quali ha resistito la lavoratrice con controricorso, illustrato da memoria. La parte ricorrente ha depositato memoria. Il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell'articolo 380bis1, secondo comma, ult. parte c.p.c. Ragioni della decisione 1. Col primo motivo di ricorso si sostiene la violazione e/o falsa applicazione, ex articolo 360 numero 3 c.p.c., degli articoli 125,170 e 285 c.p.c. della legge numero 53 del 1994 in relazione alla inammissibilità del ricorso in appello. Rileva che la comunicazione all'avvocato P. della sentenza di primo grado, ai fini della decorrenza del termine ex articolo 1 comma 58 della legge numero 92 del 2012, non era idonea a far decorre il termine breve per l'impugnazione in quanto nell'intestazione del ricorso in opposizione i difensori avevano dichiarato “di voler ricevere le comunicazioni al seguente pec cirocafierordinedegliavvocatidiroma.org”, con conseguente inidoneità della comunicazione effettuata presso l'indirizzo di posta elettronica certificata del codifensore della OMISSIS avv. P. e non dell'avv. C. tale notifica, effettuata in violazione del criterio dell'elezione del domicilio digitale, non era idonea a far correre il termine breve ad impugnandum. 2. Col secondo motivo si deduce la violazione e o falsa applicazione ai sensi dell'articolo 360 numero 3 c.p.c., dell'articolo 4, comma 9, della legge numero 223/1991, per aver la Corte d'appello sostenuto che qualora il datore di lavoro abbia proceduto a recessi differiti, il termine di sette giorni è unico e decorre dall'invio della comunicazione del primo recesso, poiché solo in tal modo è possibile garantire rispetto a tutti i licenziamenti via via intimati quella contestualità fra la comunicazione di recesso e la comunicazione ex articolo 4 comma 9 che consente il controllo sulla correttezza nell'applicazione da parte del datore di lavoro dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare come affermato dalla Corte di cassazione con la sentenza 23034 del 2018 e con la sentenza 21906 del 2018 . 3. Col terzo motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione, ai sensi dell'articolo 360 numero 3 c.p.c., dell'articolo 18legge numero 300 del 1970, ai fini dell'individuazione della misura dell'indennità risarcitoria. 4. Col quarto motivo si prospetta la violazione e/o falsa applicazione ai sensi dell'articolo 360 nnumero 3 e 5 c.p.c., dell'articolo 18 della legge numero 300/1970 per erroneo calcolo dell'indennità risarcitoria liquidata alla signora G.N., dovuto all'inclusione dell'indennità di trasferta nella retribuzione globale di fatto. 5. L'esame del primo motivo ha carattere preliminare ed essendo infondato determina in via assorbente l'inammissibilità degli altri motivi di ricorso. Ed invero, come ribadito da ultimo dalla ordinanza numero 808/2024, secondo la giurisprudenza di legittimità è “sempre” valida la notificazione al difensore eseguita presso l'indirizzo PEC risultante dall'albo professionale di appartenenza. Inoltre, ai fini della decorrenza del termine breve di impugnazione basta la notifica ad uno soltanto dei difensori e la notifica al difensore costituito, indicato come tale nell'atto, è idonea a determinare la decorrenza del termine breve quand'anche fosse stato eletto domicilio presso un diverso procuratore costituito ovvero fosse stato espressamente richiesto che le comunicazioni di cancelleria venissero eseguite all'indirizzo PEC di un altro difensore costituito. 6. In questi termini si è pronunciata anche la sentenza numero 8095/2021, nella quale è stato in particolare osservato che, come indicato dalle Sezioni unite di questa Corte, in seguito all'introduzione del domicilio digitale , previsto dall'articolo 16 sexies del di. numero 179 del 2012, conv. con modif. dalla I. numero 221 del 2012, come modificato dal d.l. numero 90 del 2014, conv. con modif. dalla l. numero 114 del 2014, è sempre valida la notificazione al difensore eseguita presso l'indirizzo p.e.c. risultante dall'albo professionale di appartenenza, in quanto corrispondente a quello inserito nel pubblico elenco di cui all'articolo 6-bis del d.lgs. numero 82 del 2005, atteso che il difensore è obbligato, ai sensi di quest'ultima disposizione, a darne comunicazione al proprio ordine e quest'ultimo è obbligato ad inserirlo sia nei registri INI PEC, sia nel ReGindE, di cui al d.m. 21 febbraio 2011 numero 44, gestito dal Ministero della Giustizia Cass. Sez. U numero 23620-18 . Inoltre, come già detto, per costante e risalente giurisprudenza, nemmeno può rilevare il fatto che la notifica avesse riguardato un solo codifensore in questi sensi Cassazione numero 10129/2021 . 7. Nella stessa scia appena indicata ed a conferma del medesimo orientamento, oramai consolidato, si sono espresse varie pronunce di questa Corte di legittimità. 8. In particolare con sentenza numero 33806 del 12/11/2021, intervenendo sul tema della validità o meno della notifica eseguita all'indirizzo PEC di un codifensore, nominato in atti come domiciliatario fisico e senza indicazione dell'indirizzo, ai fini del decorso del termine breve per la proposizione dell'appello, questa Corte ha statuito che “in materia di notificazioni al difensore, a seguito della introduzione del domicilio digitale, corrispondente all'indirizzo PEC che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell'Ordine di appartenenza Cass. numero 14140/2019 , secondo la previsione di cui all'articolo 16 sexies del d.l. numero 179 del 2012, conv. con modificazioni nella legge numero 114 del 2014, la notificazione dell'atto, nella specie appello, va eseguita all'indirizzo PEC del difensore costituito risultante dal Re.G.Ind.E., pur non indicato negli atti del difensore medesimo Cass. numero 14914/2018 Cass. numero 30139/2017 Cass. numero 17048/2017 ”. Inoltre, la stessa pronuncia ha ribadito che “A seguito dell'istituzione del cd. domicilio digitale , di cui all'articolo 16 sexies del d.l. numero 179 del 2012, convertito con modificazioni in I. numero 221 del 2012, come modificato dal d.l. numero 90 del 2014, convertito con modificazioni in I. numero 114 del 2014, quindi, le notificazioni e comunicazioni degli atti giudiziari, in materia civile, sono ritualmente eseguite in base a quanto previsto dall'articolo 16 ter, comma 1, del d.l. numero 179 del 2012, modificato dall'articolo 45-bis, comma 2, lettera a , numero 1 , del d.l. numero 90 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla I. numero 114 del 2014, e successivamente sostituito dall'articolo 66, comma 5, del d.lgs. numero 217 del 2017, con decorrenza dal 15.12.2013 presso un indirizzo di posta elettronica certificata estratto da uno dei registri indicati dagli articolo 6 bis, 6 quater e 62 del d.lgs. numero 82 del 2005, nonché dall'articolo 16, comma 12, dello stesso decreto, dall'articolo 16, comma 6, del d.l. numero 185 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla I. numero 2 del 2009, nonché dal registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal Ministero della Giustizia e, quindi, indistintamente, dal registro denominato Ini-PEC e da quello denominato Re.G.Ind.E. Cass. numero 2460/2021 . 9. Ne consegue che la notificazione della sentenza eseguita presso l'indirizzo PEC di uno dei codifensori, ancorché in atti fosse stato espressamente richiesto che le comunicazioni di cancelleria venissero eseguite agli indirizzi PEC degli altri due difensori nominati, come appunto nel caso di specie, deve ritenersi regolare e validamente effettuata all'indirizzo PEC di uno dei tre difensori di fiducia, quale risultante dal Re.G.Ind.E., indipendentemente dalla sua indicazione in atti, ai sensi dell'articolo 16 sexies del d.l. numero 179 del 2012, conv., con modif., in I. numero 221 del 2012, non potendosi configurare un diritto a ricevere le notificazioni esclusivamente presso il domiciliatario indicato e non potendo, quindi, avere portata idonea ad escludere tale notificazione la limitazione della parte dell'indicazione del detto indirizzo per le sole comunicazioni Cass. numero 3685/2021 . 10. Deve, poi, ribadirsi -sempre con riferimento al caso de quo il principio che la notificazione della sentenza ad uno soltanto dei difensori nominati dalla parte è idonea a fare decorrere il termine breve per impugnare di cui all'articolo 325 cpc per tutte Cass. numero 10129/2021 Cass. numero 20625/2017 .” 11. Infine, anche l'ordinanza numero 39970 del 14/12/2021 ha chiaramente sostenuto che in caso di elezione di domicilio fisico in capo ad un avvocato, rimane comunque valida la notifica effettuata al domicilio digitale per la notificazione degli atti del processo destinati alla stessa parte Cass., 29/01/2020, numero 1982 . 12. E' stato pertanto affermato che “Ai fini della decorrenza del termine breve per proporre il ricorso per cassazione, nonostante l'indicazione della parte destinataria di un domicilio fisico ai sensi dell'articolo 82 del r.d. numero 37 del 1934, è possibile procedere alla notificazione della sentenza d'appello presso il domiciliatario mediante posta elettronica certificata, poiché il domicilio digitale, pur non indicato negli atti, può essere utilizzato per la notificazione in questione in quanto le due opzioni concorrono”. 13. Sulla scorta delle premesse discende quindi che ai fini del decorso del termine breve di impugnazione è sempre valida la notifica della sentenza effettuata presso la PEC del procuratore costituito, ancorché fosse stato espressamente richiesto che le comunicazioni di cancelleria venissero eseguite all'indirizzo PEC di un altro difensore costituito, nei termini affermati dalla sentenza gravata sicché il ricorso in oggetto deve essere rigettato. 14. Seguono le spese processuali a carico del soccombente secondo l'articolo 91 c.p.c. Sussistono le condizioni di cui all'articolo 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002. P.Q.M. La Corte respinge il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in € 5.500,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfettarie, oltre accessori dovuti per legge. Ai sensi dell'articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. numero 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell'articolo 13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.