Le S.U. si pronunciano sulla confisca doganale e sulla legittimità costituzionale della sua applicazione all’evasione dell’IVA all’esportazione

È rimessa alla Corte Costituzionale, per violazione dell’articolo 3 Cost. nonché dell’articolo 49 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 70, primo comma, d.P.R. numero 633 del 1972, in relazione agli articolo 282 e 301 d.P.R. numero 43 del 1973 e all’Accordo tra la CEE e la Confederazione elvetica del 19 dicembre 1972 recepito nel reg. numero 2840/72/CEE , nella parte in cui, nel prevedere che «si applicano per quanto concerne le controversie e le sanzioni, le disposizioni delle leggi doganali relative ai diritti di confine», non esclude l’applicabilità dell’articolo 301 TULD.

La confisca ex articolo 301 TULD ha natura di misura di sicurezza, con una finalità special-preventiva finalizzata, tramite l'ablazione del bene, da un lato, a neutralizzare l'attrattiva alla realizzazione dell'illecito ove lo stesso fosse lasciato nella disponibilità del contravventore e, dall'altro, a recuperare all'erario, nella misura più celere e massima, il tributo evaso, dovendosi escludere che la sua irrogazione, con riguardo al mancato versamento dei dazi, si ponga in contrasto con il principio di proporzionalità. I fatti di causa Nella causa decisa con la sentenza numero 18284/2024, l'Agenzia delle dogane emetteva provvedimento di confisca ex articolo 282 e 301 d.P.R. 23 gennaio 1973, numero 43 Testo unico delle leggi doganali - TULD nei confronti di G.M.G. avente ad oggetto un quadro introdotto in Italia dalla Svizzera di cui era stata omessa la dichiarazione ed il pagamento dell'IVA all'importazione. In particolare, il contribuente, a seguito di controllo in data 3 ottobre 2012 presso la sala arrivi dell'Aeroporto di Milano-Linate, veniva trovato in possesso di un quadro di L.F., di ingente valore, sicché, contestata l'indebita importazione e sequestrato il bene, veniva rinviato a giudizio per evasione dell'IVA all'importazione, pari ad € 448.443,00. Il processo penale si concludeva con l'assoluzione per esser il fatto non più previsto come reato a seguito della depenalizzazione del reato di contrabbando semplice, operata con l'articolo 1, comma 1, del d.lgs. 15 gennaio 2016, numero 8, con trasmissione degli atti all'autorità amministrativa per quanto di competenza, che disponeva prima il sequestro e poi la confisca del quadro. Avverso il provvedimento dell'Agenzia delle dogane il contribuente proponeva ricorso che veniva rigettato dalla Commissione tributaria provinciale di Milano. La sentenza era riformata dalla CTR della Lombardia, secondo la quale la confisca ex articolo 301 TULD era stata abrogata per effetto dell'intervento di depenalizzazione del contrabbando semplice non accompagnato dalla previsione di sanzioni accessorie. Era poi priva di rilievo la persistenza della misura per l'ipotesi di contrabbando lieve, la cui estensione in via analogica al contrabbando semplice avrebbe comportato la violazione del principio di legalità, questione che riteneva «ancora in attesa di una chiara definizione da parte del Legislatore». L'Agenzia delle dogane ha proposto ricorso per cassazione. Nella causa decisa con la sentenza numero 18286/2024, la Commissione tributaria regionale della Lombardia - Sezione staccata di Brescia di seguito CTR accoglieva l'appello proposto dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli di seguito ADM avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Brescia, la quale aveva a sua volta accolto il ricorso proposto da C.C. e da A. s.a. avverso un atto di contestazione di violazioni finanziarie e di irrogazione sanzioni. Con l'atto impositivo veniva contestato il mancato pagamento di diritti di confine evasi dazi e IVA all'importazione con riferimento all'importazione non autorizzata di un'autovettura Jaguar di proprietà della società svizzera A. s.a. e condotta da C. C., autovettura che veniva sottoposta a confisca. La CTR accoglieva l'appello proposto dall'Ufficio evidenziando che a C.C., fermato dalla polizia locale alla guida di un'autovettura con targa estera, non aveva immediatamente chiarito di essere dipendente di A. s.a. b i documenti successivamente esibiti non erano autentici e, comunque, non era stata chiesta la prevista autorizzazione all'Agenzia delle dogane c l'autorizzazione alla guida era sì autentica e avente data certa, ma non faceva alcun riferimento al lavoro svolto dal contribuente d la depenalizzazione del contrabbando semplice non escludeva la confisca della vettura per violazione della legge doganale. Avverso la sentenza della CTR C.C. e A. s.a. hanno proposto ricorso per cassazione. Le questioni poste all'esame delle S.U. La Sezione Tributaria, con una prima ordinanza interlocutoria, ha, in primo luogo, ravvisato una questione di massima di particolare importanza in ordine all'applicabilità della confisca ex articolo 301 TULD alle condotte di contrabbando semplice ex articolo 282 TULD, nella specie per l'omesso versamento dell'Iva all'importazione in relazione al richiamo di cui all'articolo 70 del d.P.R. 26 ottobre 1972, numero 633, in seguito alla depenalizzazione intervenuta con il d.lgs. numero 8 del 2016. Inoltre, la Sezione Tributaria, con separata ordinanza, ha ravvisato un'altra questione di massima di particolare importanza in ordine all'applicabilità della confisca ex articolo 301 TULD alle condotte di contrabbando semplice ex articolo 282 TULD, sia per dazi che per l'omesso versamento dell'Iva all'importazione in relazione al richiamo di cui all'articolo 70 d.P.R. numero 633 del 1972, in seguito alla depenalizzazione intervenuta con il d.lgs. numero 8 del 2016. La natura della confisca doganale La confisca, a fronte delle previsioni di carattere generale di cui all'articolo 240 c.p., quale misura di sicurezza patrimoniale, e dell'articolo 20 legge 24 novembre 1981, numero 689, quale sanzione amministrativa accessoria, trova previsione in una varietà di norme dedicate a specifiche discipline, ognuna delle quali caratterizzata da una autonoma natura giuridica, funzioni e diversità di regolamentazione l'elemento unificante delle diverse ipotesi è costituito dall'effetto ablativo della proprietà del bene. La stessa Corte Costituzionale, del resto, aveva avvertito la necessità di puntualizzare che «la confisca può presentarsi nelle leggi che la prevedono, con varia natura giuridica» e, pur consistendo il suo contenuto sempre «nella privazione di beni economici», «può essere disposta per diversi motivi e indirizzata a varie finalità, sì da assumere, volta per volta, natura e funzione di pena, o di misura di sicurezza, ovvero anche di misure giuridica, civile o amministrativa» Corte Cost., sentenza numero 29 del 1961 . In materia di pagamento dei diritti di confine il legislatore ha previsto una ipotesi speciale di confisca con l'articolo 301 TULD, il cui testo, nella formulazione ratione temporis vigente, prevede « Delle misure di sicurezza patrimoniali. Confisca 1. Nei casi di contrabbando è sempre ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono l'oggetto ovvero il prodotto o il profitto. 2. Sono in ogni caso soggetti a confisca i mezzi di trasporto a chiunque appartenenti che risultino adatti allo stivaggio fraudolento di merci ovvero contengano accorgimenti idonei a maggiorarne la capacità di carico o l'autonomia in difformità delle caratteristiche costruttive omologate o che siano impiegati in violazione alle norme concernenti la circolazione o la navigazione e la sicurezza in mare. 3. Si applicano le disposizioni dell'articolo 240 del codice penale se si tratta di mezzo di trasporto appartenente a persona estranea al reato qualora questa dimostri di non averne potuto prevedere l'illecito impiego anche occasionale e di non essere incorsa in un difetto di vigilanza. 4. […] 5. Le disposizioni del presente articolo si osservano anche nel caso di applicazione della pena su richiesta a norma del titolo II del libro VI del codice di procedura penale. 5-bis. Nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per taluno dei delitti previsti dall'articolo 295, secondo comma, si applica l'articolo 240-bis del codice penale». L'articolo 2, comma 1, d.lgs. 4 ottobre 2022, numero 156, di attuazione della dir. numero 2017/1371/UE, ha modificato il primo comma introducendo anche l'ipotesi della confisca per equivalente «Quando non è possibile procedere alla confisca delle cose di cui al periodo precedente, è ordinata la confisca di somme di danaro, beni e altre utilità per un valore equivalente, di cui il condannato ha la disponibilità, anche per interposta persona» . Come emerge dal testo sopra trascritto, la confisca prevista dall'articolo 301 TULD è esplicitamente qualificata come misura di sicurezza ed ha una natura particolarmente afflittiva. Rispetto alla confisca penale ex articolo 240 c.p., infatti, la norma dispone che la confisca è obbligatoria anche «per le cose che servirono o furono destinate a commettere il reato», estendendo la presunzione di pericolosità anche nei confronti di esse, nonché di quelle che ne sono «l'oggetto ovvero il prodotto ed il profitto». La norma del codice penale invece prevede – fatta eccezione per le cose che costituiscono il «prezzo» del reato e per quelle la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisce reato - solo una forma facoltativa di sequestro e confisca delle cose rientranti in queste categorie, imponendo un accertamento in concreto da parte del giudice della pericolosità della cosa in rapporto alla persona che la possiede. Ancor più incisivo è il raffronto con la confisca-sanzione amministrativa di cui all'articolo 20, terzo comma, legge 24 novembre 1981, numero 689 «Le autorità stesse possono disporre la confisca amministrativa delle cose che servirono o furono destinate a commettere la violazione e debbono disporre la confisca delle cose che ne sono il prodotto, sempre che le cose suddette appartengano a una delle persone cui è ingiunto il pagamento» , di cui va rimarcata la mera facoltatività del provvedimento e il più limitato ambito delle cose «prodotto» suscettibili di ablazione. La maggiore afflittività della confisca doganale si giustifica per la necessità di una tutela rigorosa ed efficace in ragione della delicatezza degli interessi protetti, già individuati «nella lesione di primari interessi finanziari dello Stato … per il passaggio clandestino o fraudolento, attraverso la linea doganale, delle merci soggette a diritto di confine» Corte Cost., sentenza numero 5 del 1977 ed ora, ancor più, di beni giuridici di rilevanza unionale poiché i dazi costituiscono un'entrata propria e di rilievo significativo dell'Unione, che esercita una competenza esclusiva. Una volta disposta la confisca, va anche rilevato che l'articolo 337 del r.d. 13 febbraio 1896, numero 65, tuttora vigente, consente di riscattare il bene confiscato, attribuendo all'autorità doganale «la facoltà di restituire al contravventore le cose confiscate quando questi, oltre ai diritti, alle multe e alle spese, ne paghi subito il valore proprio». L'istituto deve essere coordinato, per quanto riguarda i dazi, con le regole del codice doganale, poiché la confisca costituisce una causa di estinzione dell'obbligazione doganale ferma la persistenza delle sanzioni. In conclusione, dunque, la confisca ex articolo 301 TULD ha natura di misura di sicurezza, con una finalità special-preventiva finalizzata, tramite l'ablazione del bene, da un lato a neutralizzare l'attrattiva alla realizzazione dell'illecito ove lo stesso fosse lasciato nella disponibilità del contravventore e, dall'altro, a recuperare all'erario, nella misura più celere e massima, il tributo dovuto. La persistente efficacia della confisca doganale, pur dopo la depenalizzazione del d.lgs. numero 8 del 2016 Un primo intervento di depenalizzazione della disciplina sanzionatoria doganale venne attuato, invero, con la legge 25 giugno 1999, numero 205, che introdusse l'articolo 295 bis TULD rubricato come “Sanzioni amministrative di lieve entità” , secondo il quale «Nei casi previsti dagli articoli 282, 283, 284, 285, 286, 287, 288, 289, 290, 291, 292 e 294, se l'ammontare dei diritti di confine dovuti non supera euro 3.999,96 lire sette milioni settecentoquarantacinquemila e non ricorrono le circostanze indicate dall'articolo 295, secondo comma, si applica, in luogo della pena stabilita dai medesimi articoli, la sanzione amministrativa pecuniaria non minore di due e non maggiore di dieci volte i diritti di confine dovuti. Le disposizioni degli articoli 301, 301-bis e 333 si osservano anche con riguardo alle violazioni previste dal presente articolo. I provvedimenti per i quali, in base alle medesime disposizioni, è competente l'autorità giudiziaria sono adottati dal capo della dogana nella cui circoscrizione la violazione è stata accertata». Con il più recente intervento di depenalizzazione, di incidenza ampia non delimitata o mirata sulle violazioni doganali, il legislatore ha disposto, con l'articolo 1, comma 1, rubricato “Depenalizzazione di reati puniti con la sola pena pecuniaria ed esclusioni” , che «Non costituiscono reato e sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro tutte le violazioni per le quali è prevista la sola pena della multa o dell'ammenda. 2. La disposizione del comma 1 si applica anche ai reati in esso previsti che, nelle ipotesi aggravate, sono puniti con la pena detentiva, sola, alternativa o congiunta a quella pecuniaria. In tal caso, le ipotesi aggravate sono da ritenersi fattispecie autonome di reato. 3. […] 4. La disposizione del comma 1 non si applica ai reati di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, numero 286. 5. […] 6. […]». L'articolo 6, inoltre, ha previsto una clausola di chiusura, stabilendo che «Nel procedimento per l'applicazione delle sanzioni amministrative previste dal presente decreto si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni delle sezioni I e II del capo I della legge 24 novembre 1981, numero 689». A fronte di tale dettato normativo si deve escludere che vi sia stata una abrogazione dell'articolo 301 TULD. Milita in senso contrario, in primo luogo, il dato letterale dell'intero d.lgs. numero 8 del 2016 che in alcun modo ha previsto una abrogazione espressa dell'articolo 301 per le condotte depenalizzate.  Né può ritenersi che l'intento del legislatore di deflazionare il sistema penale possa condurre ad un diverso esito è sufficiente osservare, sul punto, che l'articolo 301 continua ad applicarsi per le ipotesi di contrabbando “lieve” di cui all'articolo 295-bis, già oggetto di depenalizzazione. L'intendo deflattivo, dunque, ha un valore neutro rispetto alla permanenza o meno dell'istituto della confisca doganale. Neppure può fondarsi una abrogazione implicita sul disposto di cui all'articolo 6 cit. che, ai fini procedimentali, rinvia «in quanto applicabili» alle disposizioni delle sezioni I e II del capo I della legge numero 689 del 1981. Va, infatti, osservato che la locuzione «in quanto applicabili» postula, di per sé, una lacuna o un'inadeguata regolamentazione della materia. La disciplina delle sanzioni tributarie, ivi comprese quelle doganali, trova la sua autonoma complessiva regolamentazione nel d.lgs. numero 472 del 1997, che, di per sé, non contempla, nell'apparato sanzionatorio, la confisca. Da ciò, dunque, potrebbe derivare, in ipotesi, l'applicazione del diverso istituto regolato dall'articolo 20 l. numero 689 del 1981. La confisca, peraltro, è prevista da una norma, l'articolo 301 TULD, di carattere speciale rispetto alla disposizione, di carattere generale, di cui all'articolo 20 l. numero 689 del 1981, sicché il rapporto tra tali disposizioni, da effettuarsi in ragione del rinvio di cui all'articolo 6 cit., non può che risolversi nel senso che la locuzione «in quanto applicabili» esclude l'abrogazione implicita della prima norma e, anzi, esclude che vi sia una lacuna normativa. A ciò va aggiunto, come sopra evidenziato, che la misura di cui all'articolo 20 cit. risponde a finalità e presupposti differenti rispetto a quella prevista dall'articolo 301 TULD la prima è una sanzione amministrativa con una finalità chiaramente punitiva-repressiva, in funzione retributiva della violazione commessa la seconda, invece, è una misura di sicurezza che assolve ad una finalità special-preventiva volta a tutelare l'interesse dello Stato alla regolarità delle importazioni e alla completa e tempestiva percezione del tributo di rilievo unionale, corredata, tra l'altro, anche di strumenti restitutori.   Il cumulo sanzionatorio che deriverebbe dall'applicazione dell'articolo 20 cit., senza i correttivi previsti dalla disciplina doganale, finirebbe dunque con l'introdurre un sicuro elemento di criticità rispetto al principio di proporzionalità delle sanzioni, non compensato dalla mera facoltatività della misura, la cui concreta applicazione resta riservata alla valutazione operata di volta in volta. Neppure rileva, in senso contrario, che la giurisprudenza abbia ritenuto, in alcuni casi di depenalizzazione, applicabile l'articolo 20 l. numero 689 del 1981. Le condotte contestate, infatti, in svariate ipotesi, riguardavano condotte relative al mancato pagamento delle accise, la cui ratio e i cui presupposti sono differenti rispetto a quelli in materia di dazi e Iva all'importazione v. Cass. penumero sez. 3, numero 1537 del 28/03/1996 Cass. sez. 3, numero 3133 del 06/02/1995, entrambe in tema di contrassegno per gli apparecchi di accensione . Per contro, l'irragionevolezza dell'interpretazione a favore della delineata abrogazione emerge pure in una prospettiva sistematica. In linea con una tale conclusione, infatti, risulterebbe un regime così articolato per le ipotesi di contrabbando “lieve” inferiore a € 4.000,00 trova applicazione, ex articolo 295 bis TULD, l'articolo 301 TULD per le ipotesi di contrabbando “semplice” tra € 4.000,00 ed € 49.999,00 non troverebbe applicazione alcuna misura ovvero, in alternativa, la misura di cui all'articolo 20 l. numero 689 del 1981 per le ipotesi di contrabbando “aggravato” trova applicazione l'articolo 301 TULD.   Si tratta di un assetto, in lineare evidenza, del tutto incongruo e privo di una ragionevole giustificazione, accomunando le ipotesi più lievi a quelle più gravi e tuttora di rilievo penale e lasciando in un diverso regime - neppure correlato alle esigenze di tutela unionali - quelle intermedie, irragionevolezza suscettibile di risolversi, rispetto all'intero impianto normativo, anche in una violazione del principio di proporzionalità delle sanzioni, sia alla luce dei principi costituzionali che del diritto unionale da ultimo articolo 42 CDU . Non giova rilevare, sul punto, che per le ipotesi “intermedie” sarebbe pur sempre possibile la confisca ex articolo 20 l. numero 689 del 1981, esito inidoneo a colmare le aporie del sistema attese le differenze, sopra evidenziate, tra le misure ablative. Infine, ad abundantiam, non si può non sottolineare che la legge delega del 9 agosto 2023, numero 111, nel fissare, all'articolo 20, i principi e i criteri direttivi per la revisione del sistema sanzionatorio tributario, ha esplicitamente preso in considerazione la disciplina sanzionatoria del Titolo VII, Capo I, TULD, in cui è compreso l'articolo 301, indice di una valutazione da parte dello stesso legislatore di persistente vigenza della norma. Il rapporto tra IVA all'importazione e i dazi doganali Il sistema dell'IVA all'importazione è per sua natura incardinato in quello generale dell'IVA poiché non colpisce il prodotto importato in quanto tale, ma s'inserisce nel sistema fiscale uniforme dell'IVA, che colpisce sistematicamente e secondo criteri obiettivi sia le operazioni degli Stati membri, sia quelle all'importazione Corte giustizia, 17 luglio 2014, causa C-272/13, Equoland 25 febbraio 1988, causa C-299/86, Rainer Drexl, punto 9 5 maggio 1982, causa C-15/81, Schul, punto 21 . L'IVA all'importazione condivide con i dazi la caratteristica di trarre origine dal fatto dell'importazione nell'Unione e della susseguente introduzione nel circuito economico degli Stati membri Corte giustizia 11 luglio 2013, in causa C-272/12, Harry Winston SA, punto 41 , sicché il fatto generatore e l'esigibilità dell'Iva all'importazione sono collegati a quelli dei dazi, pur rimanendo da questi distinti. L'IVA all'importazione, tuttavia, è segnata da specificità correlate al meccanismo dell'importazione, sicché, pur essendo estranea all'obbligazione doganale, rientra tra i tributi che vanno corrisposti in occasione delle operazioni doganali e, in virtù del rinvio contenuto nell'articolo 70 d.P.R. numero 633 del 1972, è soggetta alle disposizioni procedurali e sanzionatorie dettate per i diritti di confine «Si applicano per quanto concerne le controversie e le sanzioni, le disposizioni delle leggi doganali relative ai diritti di confine» . Sul piano procedurale, in particolare, l'IVA alle importazioni va versata per effetto ed in occasione di ciascuna importazione al momento della dichiarazione in dogana. Ne deriva che la competenza al recupero dell'IVA all'importazione è dell'Agenzia delle Dogane nel caso di coincidenza dell'immissione in libera pratica con quella in consumo o quando, pur mancando detta coincidenza, venga riscontrata un'irregolarità nella gestione dei depositi Iva fino al momento della estrazione delle merci, mentre, nella fase successiva, nelle ipotesi di indebite detrazioni operate con il sistema dell'autofatturazione, la relativa competenza spetta all'Agenzia delle Entrate v. Cass. numero 24276 del 04/10/2018 . Il regime sanzionatorio dell'IVA all'importazione Più complessa, invece, è la valutazione con riguardo all'applicabilità delle disposizioni sanzionatorie, qui specificamente rilevanti trattandosi di estensione di un regime – inclusivo della confisca ex articolo 301 TULD atteso l'ampio richiamo della norma - più severo rispetto a quello previsto in caso di violazioni per evasione dell'Iva interna. L'esplicito e puntuale rinvio comporta che l'applicazione delle disposizioni all'Iva all'importazione non possa ritenersi operata in violazione del principio di legalità o in via analogica ma in via diretta. Il rinvio, inoltre, si riferisce al trattamento sanzionatorio e non al novero dei soggetti sanzionabili in tal senso, pertanto, del mancato pagamento dell'Iva all'importazione risponde solo l'importatore e non il rappresentante indiretto ex multis Cass. numero 23526 del 27/07/2022 Corte di giustizia, sentenza 12 maggio 2022, causa C-714/20, U.I. srl . La diversità tra dazi e IVA all'importazione comporta altresì che, ai fini della determinazione delle sanzioni, non può essere cumulato il rispettivo ammontare dei diritti di confine evasi v. Cass. numero 24788 del 18/08/2023, principio affermato in relazione alla sanzione di cui all'articolo 303 TULD ma di pari rilevanza ai fini dell'articolo 282 TULD . Ciò detto, in materia di IVA interna nei soli casi di condotta di rilevanza penale – per il superamento della soglia individuata in relazione alle diverse ipotesi delittuose contemplate dal d.lgs. 10 marzo 2000, numero 74 – è prevista la confisca obbligatoria ex articolo 12 bis d.lgs. numero 74 del 2000, mentre per le altre ipotesi, sanzionate solo in via amministrativa e che rinvengono la loro disciplina nel d.lgs. numero 472 del 1997, non è prevista nessuna misura ablatoria, potendo l'erario solo chiedere le misure cautelari del sequestro e dell'ipoteca. In linea generale, invero, l'applicabilità all'IVA all'importazione delle più severe sanzioni previste dalle leggi doganali per i dazi può essere giustificata, anche in forza della competenza e autonomia degli Stati membri nella determinazione del regime sanzionatorio, per la diversità dei presupposti e degli elementi costitutivi e di accertamento che presiedono, rispettivamente, l'Iva interna e l'Iva all'importazione, più complessi e suscettibili di più difficile rilevazione per quest'ultima v. Corte di giustizia, sentenza 25 febbraio 1988, causa C-299/86, Rainer Drexl, che ha precisato, al punto 22, «le due categorie di infrazioni di cui trattasi si distinguono per diverse circostanze che attengono tanto gli elementi costitutivi dell'infrazione quanto alla difficoltà maggiore o minore di scoprirla. Infatti, l'IVA all'importazione è riscossa all'atto del semplice ingresso fisico del bene nel territorio dello Stato membro interessato, piuttosto che in occasione di uno scambio. Dette differenze implicano che gli Stati membri non sono obbligati ad istituire un regime identico per le due categorie di infrazioni.» . La specificità dell'IVA, imposta armonizzata, impone, in primo luogo, di approfondire la valutazione sulla congruità del regime sanzionatorio in rapporto al principio di proporzionalità di matrice unionale. In caso di doppia pregiudizialità, infatti, come affermato anche recentemente dalla Corte costituzionale sent. numero 67 del 2022 , ove risulti con certezza l'esistenza di un diritto UE direttamente applicabile in ipotesi, derivante da una sentenza della Corte di giustizia , il giudice è tenuto a riscontrare la possibilità di una interpretazione conforme al diritto unionale ovvero la sussistenza dei presupposti per la non applicazione della fonte interna già Corte cost. sent. numero 170 del 1984 . Tale verifica, tuttavia, presuppone l'individuazione dello specifico contesto normativo di riferimento. La vicenda qui in giudizio, infatti, riguarda l'importazione di un bene dalla Svizzera in Italia, sicché l'ambito normativo è costituito dall'Accordo tra la CEE e la Confederazione elvetica del 19 dicembre 1972 e, in ispecie, dall'articolo 18, primo comma, che prevede «Le Parti contraenti si astengono da ogni misura o pratica di carattere fiscale interna che stabilisca, direttamente o indirettamente, una discriminazione tra i prodotti di una Parte contraente ed i prodotti similari originari dell'altra Parte contraente». Orbene, tale specifica connotazione – diversamente da quanto prospettato dal contribuente con la memoria – pare escludere la rilevanza di una valutazione di proporzionalità ai fini unionali e, dunque, esclude la possibilità di un rinvio alla Corte di giustizia ovvero una disapplicazione della norma interna. Tuttavia, la stessa Corte di giustizia ha successivamente escluso sentenza 1° luglio 1993, Metalsa Srl, causa C-312/91 che tali principi fossero estensibili all'applicazione dell'Accordo di libero scambio tra CEE e la Repubblica d'Austria del 22 luglio 1972, il cui contenuto era del tutto sovrapponibile a quello qui in rilievo e, anzi, con riguardo all'articolo 18, di identica formulazione e portata. La Corte, in particolare, ha escluso che ricorressero i presupposti che avevano dato origine alla decisione Rainer Drexl posto che lo scopo dell'accordo non è mirato «all'instaurazione di un mercato comune nel quale sia eliminato ogni intralcio per gli scambi al fine di fondere i mercati nazionali in un mercato unico il più possibile simile ad un vero e proprio mercato interno», ma al solo obbiettivo «di consolidare e di estendere le relazioni economiche esistenti». Da ciò la conclusione che, con riferimento al suddetto Accordo, «una normativa nazionale la quale punisca le infrazioni concernenti l'IVA all'importazione più severamente delle infrazioni concernenti l'IVA sulle cessioni di beni all'interno del paese non è incompatibile con la detta disposizione dell'accordo, anche se tale differenza è sproporzionata rispetto alla diversità delle due categorie di infrazioni». Non sussistono, pertanto, i presupposti per operare un rinvio ex articolo 267 TFUE, né per la disapplicazione della norma interna. I dubbi di costituzionalità delle S.U. Il collegio ritiene, tuttavia, che il combinato disposto dell'articolo 70 d.P.R. numero 633 del 1972 in relazione agli articolo 282 e 301 TULD non si sottragga a dubbi di costituzionalità rispetto ai principi di proporzionalità e ragionevolezza di cui all'articolo 3 Cost., oltre che dell'articolo 49 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea. La Corte Costituzionale in plurime occasioni ha ritenuto sentenze numero 5 del 1977, numero 114 del 1974 e numero 157 del 1972 che il contrabbando doganale presenta peculiari caratteristiche collegate con la lesione di primari interessi finanziari dello Stato tali da giustificare l'imposizione di un trattamento sanzionatorio particolarmente rigoroso e severo nei confronti degli autori del reato stesso disciplina della recidiva, equiparazione tra reato tentato e reato consumato, dichiarazione di abitualità . Tali principi sono stati poi nuovamente affermati con la più recente sentenza numero 3 del 1997 che, nel dichiarare in continuità con le sentenze numero 229 e 259 del 1976 l'illegittimità della norma rispetto alla sua piena applicazione al terzo estraneo, ha ribadito la non irragionevolezza della maggior severità di trattamento nei confronti dell'autore dell'illecito. Il profilo qui in rilievo, nondimeno, appare significativamente differente, concernendo l'ampiezza del cumulo sanzionatorio e l'eccessività di una misura, la confisca, applicata in via fissa - mai prevista per l'Iva interna per le condotte sanzionate solo in via amministrativa e con una articolata disciplina per le condotte di rilevanza penale - a prescindere dalla condotta tenuta dal contribuente. Va evidenziato, sul punto, che costituisce dato pacifico del giudizio - affermato dal ricorrente, non contestato dall'Ufficio e accertato nella sentenza impugnata - che il contribuente ha integralmente versato l'imposta evasa e le sanzioni amministrative pecuniarie irrogate. Ciò detto, sotto il profilo della rilevanza, va sottolineato che la valutata persistenza nell'ordinamento dell'articolo 301 TULD e il richiamo operato dall'articolo 70 d.P.R. numero 633 del 1972 per l'Iva all'importazione al regime sanzionatorio doganale è idonea a determinare, nella vicenda in giudizio, l'applicazione della confisca doganale per la condotta contestata, non venendo neppure in rilievo l'evasione di dazi, non previsti e non contestati. Quanto al versante della non manifesta infondatezza vengono in rilievo una pluralità di considerazioni. Va evidenziato, in primo luogo, che la Corte di giustizia, con la sentenza Rainer Drexl ha già ritenuto, per l'ordinamento nazionale, sussistere «un divario manifestamente sproporzionato nella severità delle sanzioni comminate per le due categorie di infrazioni», sicché, in via generale, per l'Iva all'importazione per gli scambi intraunionali non è compatibile la contestuale applicazione della confisca. In secondo luogo, il medesimo giudizio di disvalore e di sproporzionalità è stato operato, sempre dalla Corte di giustizia, con riguardo all'Iva all'importazione derivante dall'accordo tra la CEE e la Repubblica Austriaca, fattispecie questa del tutto omogenea a quella qui in giudizio Accordo con la Svizzera del 1972 . Sotto questo profilo non sembra assumere rilievo la circostanza che, nonostante la valutata sproporzione, non ne sia derivata una affermazione di incompatibilità, discendendo l'esito dalla valutazione del perimetro della disciplina di rilievo unionale. In terzo luogo, la disciplina sanzionatoria per le condotte di rilievo non penale nel contesto in esame presenta le seguenti caratteristiche per l'Iva all'importazione rispetto alle importazioni dalla Svizzera è prevista l'irrogazione, cumulativa, della sanzione amministrativa e della confisca per l'Iva interna, a parità di disvalore della condotta, consegue solamente l'applicazione delle sanzioni amministrative ai sensi del d.lgs. numero 472 del 1997 per l'Iva all'importazione per gli scambi intraunionali, parimenti, deve conseguire, a parità di disvalore della condotta, solamente l'irrogazione della sanzione amministrativa in conseguenza della sentenza Drexl sopra citata.   L'assetto sanzionatorio risulta ulteriormente divaricato ove poi si considerino condotte di rilevanza penale. Infatti per l'Iva all'importazione rispetto alle importazioni dalla Svizzera l'irrogazione, cumulativa, della sanzione penale multa e, per i casi più gravi, anche pena detentiva e della confisca, non essendovi, per tale profilo, differenze di regime per l'Iva interna, a parità di disvalore della condotta, consegue la sanzione penale applicabile alla fattispecie contestata d.lgs. numero 74 del 2000 , nonché la confisca ex articolo 12 bis d.lgs. numero 74/2000 introdotta con il d.lgs. numero 158 del 2015 in precedenza la confisca era disposta in applicazione dell'articolo 322 ter codice penale ex articolo 1, comma 143, della legge 24 dicembre 2007, numero 244 per l'Iva all'importazione per gli scambi unionali, sempre per effetto delle richiamate decisioni della Corte di giustizia, non può conseguire l'applicazione della confisca ex articolo 301 TULD v. in tal senso Cass. Sez. 3, sentenza numero 9696 del 07/06/1990 Ud. dep. 04/07/1990 , che, peraltro, in termini radicali, ha concluso per l'incompatibilità tout court dell'articolo 70 d.P.R. numero 633 del 1972 .   In linea con tali conclusioni, del resto, la Suprema Corte, con le sentenze Cass. Sez. 3, Sentenza numero 404 del 25/09/2018  dep. 08/01/2019 e, in termini diffusi e articolati, Cass. Sez. 3, Sentenza numero 17835 del 03/03/2005 Ud. dep. 13/05/2005 , ha confermato l'applicabilità dell'articolo 301 TULD in relazione all'articolo 70 d.P.R. numero 633 del 1972 proprio in relazione ad importazioni avvenute dalla Svizzera. A fronte di questo variegato assetto sanzionatorio non risultano sussistere differenze procedurali e di accertamento di significativo impatto tra le diverse fattispecie. Tra l'Iva all'importazione derivante dagli scambi intraunionali e quella per le importazioni dalla Svizzera la situazione è omogenea appare difficile ipotizzare che l'accertamento sia di differente complessità posto che la riscossione avviene, in entrambi i casi, al momento dell'ingresso nel territorio e le difficoltà nell'accertamento appaiono sostanzialmente similari. Rispetto all'Iva interna, la circostanza che l'Iva sia riscossa al momento dello scambio e che, in concreto, possa risultare più agevole l'accertamento delle condotte evasive rispetto all'Iva all'importazione non pare circostanza tale da giustificare, nel secondo caso, la definitiva ablazione della titolarità del bene. In questa prospettiva, un utile termine di raffronto si ricava dalla parallela disciplina della confisca Ne deriva che la confisca va obbligatoriamente irrogata in caso di condanna o applicazione della pena tuttavia se l'imposta evasa è restituita il provvedimento ablatorio non ha più ragione d'essere. La finalità evidentemente perseguita con la disposizione è quella di favorire il recupero del debito impositivo, sicché, qualora questo venga estinto con la restituzione all'Erario del profitto derivante dal reato, viene meno lo scopo perseguito con la confisca. Orbene, al di là del rilievo che la fattispecie qui in giudizio concerne una condotta sanzionata solo in via amministrativa, per la quale si verrebbe ad assistere ad un cumulo sanzionatorio più severo rispetto a condotte di rilevanza penale, si potrebbe comunque sottolineare che la confisca doganale persegue una finalità special-preventiva finalizzata, da un lato, a neutralizzare l'attrattiva alla realizzazione dell'illecito ove lo stesso fosse lasciato nella disponibilità del contravventore e, dall'altro, a recuperare all'erario, nella misura più celere e massima, il tributo dovuto, scopi entrambi assolti con l'ablazione del bene. La persistenza della misura per l'Iva all'importazione, dunque, si potrebbe comunque ritenere giustificata nonostante la restituzione dell'imposta, non essendo venuta meno la parallela esigenza di neutralizzare l'attrattiva dell'illecito in funzione dissuasiva. Ciò non considera, tuttavia, che il regime complessivo che ne resta delineato verrebbe ad essere il più gravoso e ciò anche in raffronto – quale parametro di comparazione esterno – alla disciplina prevista per i dazi, rispetto ai quali la confisca assolve alle medesime finalità special-preventive. L'articolo 124, par. 1, lett. e del Codice Doganale dell'Unione, infatti, prevede che l'obbligazione doganale si estingue «quando le merci soggette a dazi all'importazione o all'esportazione vengono confiscate o sequestrate e contemporaneamente o successivamente confiscate». In tale ipotesi, dunque, l'omogeneità del regime sanzionatorio sarebbe comunque temperata in relazione al complessivo assetto dei rapporti incidenti sul contribuente, per l'estinzione dell'obbligazione tributaria. Tutte le considerazioni che precedono portano a ritenere che il cumulo sanzionatorio, costituito dall'applicazione della confisca in aggiunta alle sanzioni amministrative pecuniarie, per la condotta di evasione dell'Iva all'importazione per le operazioni compiute con la Svizzera, risulti, in sé, di particolare severità e, in ogni caso, maggiore rispetto a quanto previsto per le omologhe condotte sia in tema di Iva interna, sia in tema di Iva all'importazione negli scambi intraunionali. Tale dicotomia persiste anche ove si considerino le fattispecie di rilievo penale, oggettivamente più gravi rispetto a quella in giudizio, sanzionata in via amministrativa. E questa eccessiva afflittività pare emergere anche in relazione al regime dei dazi posto che, a parità di trattamento sanzionatorio, per i dazi doganali, oggetto della massima tutela in quanto specifiche risorse proprie dell'Unione Europea, il provvedimento ablatorio è comunque suscettibile di ricadute sulla posizione del contribuente quale centro di imputazione del complesso dei rapporti obbligatori. Appare significativo ribadire, sul punto, che, nella vicenda in giudizio, il contribuente ha sì importato illegalmente un'opera d'arte, ma ha anche, anteriormente alla stessa adozione del provvedimento di confisca, integralmente versato sia l'imposta evasa sia le sanzioni amministrative irrogate. Non sembra possibile ricondurre questo assetto sanzionatorio nell'ambito dei principi di ragionevolezza e di proporzionalità la natura della sanzione, che si cumula alla sanzione pecuniaria, osta ad una sua possibile graduazione, come invece sarebbe praticabile per le sanzioni pecuniarie anche con il ricorso ai meccanismi di adeguamento previsti dall'articolo 7 del d.lgs. numero 472 del 1997, come recentemente affermato con la sentenza numero 46 del 2023 della Corte costituzionale, la quale, in più occasioni, ha precisato che «il principio di proporzionalità della sanzione rispetto alla gravità dell'illecito» è «applicabile anche alla generalità delle sanzioni amministrative» sentenza numero 112 del 2019 e che anche per le sanzioni amministrative si prospetta «l'esigenza che non venga manifestamente meno un rapporto di congruità tra la sanzione e la gravità dell'illecito sanzionato» sentenza numero 185 del 2021 sentenza numero 95 del 2022 . La natura fissa e automatica della misura, inoltre, finisce per colpire in egual modo fatti tra loro complessivamente differenti avuto riguardo anche alla condotta tenuta dal contravventore seppure in un momento successivo l'avvenuto o meno integrale versamento dell'imposta evasa oltre che delle sanzioni pecuniarie , mentre, per contro, per condotte analoghe l'Iva all'importazione per gli scambi intraunionali o anche di maggiore disvalore l'Iva interna per fattispecie di rilievo penale la misura ablativa non sussiste od è suscettibile di recedere. Il dettato dell'articolo 70 d.P.R. numero 633 del 1972, infine, non pare consentire una interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata, neppure potendosi ipotizzare una estensione, in via interpretativa, dei principi dettati dall'articolo 12 bis d.lgs. numero 74 del 2000, comunque collocati nell'alveo di una disciplina autonoma e distinta, da cui il rischio di generare una distonia di sistema. La questione di legittimità costituzionale In conclusione, non essendo percorribile, data l'insuperabilità della lettera dell'articolo 70 d.P.R. numero 633 del 1972, la strada di una interpretazione della disposizione qui in esame conforme alla Costituzione ed alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, il Collegio ritiene che l'articolo 70, primo comma, d.P.R. numero 633 del 1972, in relazione agli articolo 282 e 301 d.P.R. numero 43 del 1973 e all'Accordo tra la CEE e la Confederazione elvetica del 19 dicembre 1972 recepito nel reg. numero 2840/72/CEE , nella parte in cui, nel prevedere «si applicano per quanto concerne le controversie e le sanzioni, le disposizioni delle leggi doganali relative ai diritti di confine», non esclude l'applicabilità dell'articolo 301 TULD, ponga concreti dubbi di costituzionalità per violazione dell'articolo 3 Cost., nonché dell'articolo 49 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea.