Licenziamento basato solo su un singolo reparto: è illegittimo

Quando un'azienda deve licenziare alcuni dipendenti, deve fornire spiegazioni chiare e specifiche. Se l'azienda non indica esattamente quali reparti o settori saranno colpiti dai licenziamenti, questi ultimi sono considerati illegittimi.

Con la pronuncia numero 18215, depositata il 3 luglio 2024, la Cassazione ha affermato che l'azienda non può scegliere di licenziare i lavoratori basandosi soltanto su un singolo reparto, ma deve considerare l'intera organizzazione. Inoltre, se l'azienda decide di ridurre il personale in un certo reparto o settore, deve spiegare perché questa decisione non può essere evitata tramite il trasferimento dei dipendenti in altre parti dell'azienda più vicine. Questo permette alle organizzazioni sindacali di controllare se i licenziamenti pianificati sono davvero necessari, verificando il collegamento tra le ragioni che portano all'eccesso di personale e le parti dell'azienda che si intende ridurre. Infatti, la regola generale scritta nel primo comma dell'articolo 5, l. numero 223/1991, è che «l'individuazione dei lavoratori da licenziare deve avvenire avuto riguardo al complesso aziendale» Cass. numero 5373/2019 . Inoltre, «la platea dei lavoratori interessati alla riduzione di personale può essere limitata agli addetti ad un determinato reparto o settore o sede territoriale, ma purché il datore indichi nella comunicazione ex articolo 4, comma 3, della legge numero 223 del 1991, sia le ragioni che limitino i licenziamenti ai dipendenti dell'unità o settore in questione, sia le ragioni per cui non ritenga di ovviarvi con il trasferimento ad unità produttive vicine, ciò al fine di consentire alle organizzazioni sindacali di verificare l'effettiva necessità dei programmati licenziamenti», con la conseguenza che «qualora nella comunicazione si faccia generico riferimento alla situazione generale del complesso aziendale, senza alcuna specificazione delle unità produttive da sopprimere, i licenziamenti intimati sono illegittimi per violazione dell'obbligo di specifica indicazione delle oggettive esigenze aziendali» Cass. numero 4678/2015 Cass. numero 22178/2018 Cass. numero 12040/2021 Spetta sempre al datore di lavoro dimostrare che ci sono effettivamente delle necessità tecniche o produttive che giustificano i licenziamenti e che queste necessità sono in linea con quanto comunicato precedentemente secondo l'articolo 4, comma 3, l. cit. Se l'azienda non può dimostrare questi fatti, la scelta dei lavoratori da licenziare potrebbe essere considerata illegittima.

Presidente Esposito – Relatore Amendola Rilevato che 1. la Corte di Appello di Milano, con la sentenza impugnata, ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva respinto l'opposizione proposta, nell'ambito di un procedimento ex lege numero 92 del 2012, da Gruppo Ba. Spa avverso l'ordinanza che aveva dichiarato l'illegittimità del licenziamento intimato il 6.7.2021 a Ro.Ma., all'esito di una procedura ex lege numero 223 del 1991, con riconoscimento della tutela prevista dal comma 4 del novellato articolo 18 S.D.L. 2. la Corte territoriale, in estrema sintesi, ha ritenuto che, innanzitutto, la comunicazione di avvio della procedura ex articolo 4, comma 3, L. numero 223 del 1991, non contenesse da un lato l'esposizione delle ragioni per le quali l'ambito in cui operare la scelta dei lavoratori da licenziare sia stato limitato al sito di Vi. e dall'altro le ragioni per le quali i lavoratori di Vi. non svolgessero mansioni fungibili con quelli dei siti di Ce. ed Od. che l'accordo positivo raggiunto con le OO. SS. il 1 luglio 2021 non fosse idoneo a sanare la riscontrata carenza della comunicazione di apertura della procedura, anche perché non emergeva da detto accordo che siano state comunicate dalla società e verificate consapevolmente e compiutamente dalle organizzazioni sindacali le ragioni per le quali la platea dei lavoratori soggetti al licenziamento sia stata limitata al sito di Vi. nonché le ragioni per le quali le mansioni dei lavoratori di Vi. debbano considerarsi non fungibili rispetto a quelle dei lavoratori degli altri siti della società che l'onere di provare la fungibilità nelle diverse mansioni era stato dalla Ro.Ma. dedotto e documentalmente provato quanto alla tutela, la Corte milanese ha considerato come l'illegittima, , delimitazione della platea dei lavoratori sui quali operare la scelta ai fini del licenziamento ai soli lavoratori del sito di Vi., implichi conseguentemente e necessariamente una non corretta applicazione dei criteri di scelta indicati , con conseguente applicazione del comma 4 dell'articolo 18 L. numero 300 del 1970 3. per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la società soccombente con cinque motivi, cui ha resistito l'intimata con controricorso parte ricorrente ha anche comunicato memoria all'esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell'ordinanza nel termine di sessanta giorni Considerato che 1. i motivi di ricorso possono essere sintetizzati come di seguito 1.1. col primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell'articolo 4, co. 3, della L. numero 223/1991 nonché dell'articolo 5 della L. numero 223/1991, in relazione all'articolo 360, co. 1, numero 3 c.p.c., per avere la Corte milanese ravvisato un vizio di forma della comunicazione di apertura della procedura di licenziamento collettivo, individuando un'omissione informativa nell'assenza di indicazioni circa l'infungibilità delle mansioni dei licenziandi senza che il relativo onere fosse prescritto dalla normativa anzidetta, per come interpretata dalla giurisprudenza di legittimità 1.2. con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell'articolo 4, co. 12, della L. numero 223/1991, in relazione all'articolo 360, co. 1, numero 3 c.p.c., per aver escluso l'efficacia sanante all'accordo sindacale raggiunto all'esito dell'esame congiunto ed aver ammesso la contestazione avversaria sulla correttezza dei criteri di scelta in assenza dell'eccezione e della prova circa la maliziosa elusione dei poteri di controllo sindacale da parte della datrice di lavoro 1.3. con il terzo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell'articolo 2697 c.c. nonché dell'articolo 115 c.p.c., in relazione all'articolo 360, co. 1, numero 3 c.p.c., perché la sentenza impugnata avrebbe erroneamente attribuito in capo all'azienda l'onere di provare l'infungibilità delle mansioni, sostenendo che la giurisprudenza di legittimità grava il lavoratore di eccepire e provare la fungibilità delle mansioni nonché per aver erroneamente considerato incontestate le mansioni dedotte dalla lavoratrice, quando le allegazioni sono state espressamente contestate dalla datrice di lavoro 1.4. col quarto mezzo si denuncia nullità della sentenza per travisamento delle prove ex articolo 115 c.p.c. in relazione all'articolo 360, co. 1, numero 4 c.p.c. si deduce che la Corte territoriale avrebbe travisato le prove testimoniali e documentali acquisite in giudizio su aspetti controversi quali il contenuto della comunicazione di apertura della procedura di licenziamento collettivo, il contenuto dell'accordo sindacale concluso all'esito dell'esame congiunto ed il trasferimento della lavoratrice antecedente al licenziamento 1.5. con il quinto motivo la sentenza impugnata viene censurata per violazione e falsa applicazione dell'articolo 5, co. 3 L. numero 223/1991 in relazione all'articolo 360, co. 1 numero 3 c.p.c. per aver confermato l'applicazione della tutela reintegratoria - in luogo di quella indennitaria ex articolo 18, co. 5 e 7 L. numero 300/1970 - a fronte di un rilevato seppur inesistente vizio di forma nella comunicazione di avvio della procedura di licenziamento collettivo 2. il ricorso non può trovare accoglimento 2.1. il primo motivo è infondato, in quanto la pronuncia impugnata è conforme a consolidata giurisprudenza di questa Corte in punto di delimitazione della platea dei lavoratori entro la quale effettuare la scelta dei destinatari di un licenziamento collettivo da ultimo, diffusamente, v. Cass. numero 1512 del 2024 2.1.1. la regola generale scritta nel primo comma dell'articolo 5, L. numero 223 del 1991, è che l'individuazione dei lavoratori da licenziare deve avvenire avuto riguardo al complesso aziendale cfr. Cass. numero 5373 del 2019 la giurisprudenza di questa Corte ha consentito che la platea dei lavoratori interessati alla riduzione di personale possa essere limitata agli addetti ad un determinato reparto o settore o sede territoriale, ma purché il datore indichi nella comunicazione ex articolo 4, comma 3, della legge numero 223 del 1991, sia le ragioni che limitino i licenziamenti ai dipendenti dell'unità o settore in questione, sia le ragioni per cui non ritenga di ovviarvi con il trasferimento ad unità produttive vicine, ciò al fine di consentire alle organizzazioni sindacali di verificare l'effettiva necessità dei programmati licenziamenti , con la conseguenza che qualora nella comunicazione si faccia generico riferimento alla situazione generale del complesso aziendale, senza alcuna specificazione delle unità produttive da sopprimere, i licenziamenti intimati sono illegittimi per violazione dell'obbligo di specifica indicazione delle oggettive esigenze aziendali Cass. numero 4678 del 2015 Cass. numero 22178 del 2018 v., ancora di recente, Cass. numero 12040 del 2021 la delimitazione della platea dei lavoratori destinatari del provvedimento di messa in mobilità o di licenziamento è, peraltro, condizionata cfr. Cass. numero 981 del 2020 Cass. numero 14800 del 2019 agli elementi acquisiti in sede di esame congiunto, non potendo rappresentare l'effetto dell'unilaterale determinazione del datore di lavoro, ma dovendo essere giustificata dalle esigenze organizzative fondanti la riduzione del personale adeguatamente esposte nella comunicazione di cui all'articolo 4, comma 3, della legge numero 223 del 1991, onde consentire alle OO. SS. di verificare il nesso fra le ragioni che determinano l'esubero di persone e le unità lavorative che l'azienda intenda concretamente espellere ex plurimis Cass. numero 32387 del 2019 Cass. numero 203 del 2015 Cass. numero 880 del 2013 Cass. numero 22825 del 2009 ove ricorrano oggettive esigenze tecnico-produttive, infatti, è necessario che queste siano coerenti con le indicazioni contenute nella comunicazione di cui all'articolo 4, terzo comma, legge numero 223 del 1991, ed è onere del datore di lavoro provare il fatto che giustifica il più ristretto ambito nel quale la scelta è stata effettuata sin da Cass. numero 8474 del 2005 e, più di recente, Cass. numero 15953 del 2021 Cass. nnumero 203, 4678 e 21476 del 2015 Cass. nnumero 2429 e 22655 del 2012 Cass. numero 9711 del 2011 , ma anche che gli addetti prescelti non svolgessero mansioni fungibili con quelle di dipendenti assegnati ad altri reparti o sedi cfr., tra le altre, Cass. numero 13783 del 2006 Cass. numero 203 del 2015 Cass. numero 15953 del 2021 infatti, si è precisato che la comparazione dei lavoratori - al fine di individuare quelli da avviare alla mobilità - non deve necessariamente interessare l'intero complesso aziendale, ma può avvenire secondo una legittima scelta dell'imprenditore ispirata al criterio legale delle esigenze tecnico - produttive nell'ambito della singola unità produttiva, purché la predeterminazione del limitato campo di selezione sia giustificata dalle suddette esigenze tecnico-produttive ed organizzative che hanno dato luogo alla riduzione del personale tuttavia, si è esclusa da ultimo Cass. numero 20671 del 2023 la sussistenza di dette esigenze ove i lavoratori da licenziare siano idonei - per acquisite esperienze e per pregresso svolgimento della propria attività in altri reparti dell'azienda - ad occupare le posizioni lavorative di colleghi addetti ad altri reparti o sedi tra le recenti v. Cass. nnumero 21306, 18416 e 2221 del 2020 in precedenza Cass. numero 13783 del 2006 Cass. numero 21015 del 2015 in altri termini, l'individuazione della platea dei lavoratori interessati non può coincidere automaticamente con quelli addetti all'unità produttiva da sopprimere, senza una ulteriore specificazione relativa alle mansioni effettivamente svolte e alla loro comparabilità con quelle dei lavoratori degli altri settori o unità dell'impresa cfr. Cass. numero 13953 del 2015 Cass. numero 21015 del 2015 Cass. numero 22672 del 2018 Cass. numero 21886 del 2020 ne consegue l'illegittimità della scelta in ragione dell'impiego dei lavoratori da porre in mobilità in un reparto soppresso o ridotto, senza tener conto del possesso di professionalità equivalente a quella di addetti ad altri settori aziendali Cass. numero 33889 del 2022 , professionalità equivalente dei lavoratori non coinvolti dalla procedura che ci occupa che appare incontestata nella fattispecie all'attenzione del Collegio in particolare, poi, è stato ribadito il principio secondo cui, di per sé, in tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale, non assume rilievo, ai fini dell'esclusione della comparazione con i lavoratori di equivalente professionalità addetti alle unità produttive non soppresse e dislocate sul territorio nazionale, la circostanza che il mantenimento in servizio di un lavoratore appartenente alla sede soppressa esigerebbe il suo trasferimento in altra sede, con aggravio di costi per l'azienda e interferenza sull'assetto organizzativo , non contemplandosi, tra i parametri dell'articolo 5, L. numero 223 del 1991, la sopravvenienza di costi aggiuntivi connessi al trasferimento di personale o la dislocazione territoriale delle sedi, rispondendo la regola legale all'esigenza di assicurare che i procedimenti di ristrutturazione delle imprese abbiano il minor impatto sociale possibile e non potendosi aprioristicamente escludere che il lavoratore, destinatario del provvedimento di trasferimento a seguito del riassetto delle posizioni lavorative in esito alla valutazione comparativa preferisca una diversa dislocazione alla perdita del posto di lavoro v. Cass. numero 17177 del 2013 Cass. numero 32387 del 2019 Cass. numero 22040 del 2023 2.1.2. nella specie la Corte milanese applica consapevolmente gli esposti princìpi se la regola legale è che l'individuazione dei lavoratori da licenziare deve avvenire avuto riguardo al complesso aziendale nella sua interezza, al fine di restringere il campo in cui è delimitata la platea dei licenziandi, il datore di lavoro dovrà indicare nella comunicazione ex articolo 4, comma 3, della legge numero 223 del 1991, le ragioni che limitino i licenziamenti ai dipendenti di una determinata unità produttiva o settore aziendale, ma anche le ragioni per le quali gli addetti alla unità o settore soppresso o ridimensionato non possano essere utilizzati e comparati con dipendenti del restante complesso aziendale, perché, ad esempio, non svolgano mansioni fungibili con quelle di coloro che lavorano nel resto dell'azienda nella sentenza impugnata si afferma chiaramente che la comunicazione di avvio della procedura non conteneva tali specificazioni, di modo che le censure di parte ricorrente non evidenziano realmente errori di diritto, quanto piuttosto ci si duole dell'interpretazione offerta dai giudici del merito di detta comunicazione e dei suoi allegati, ma ciò involge apprezzamenti di merito sottratti al sindacato di questa Corte 2.2. non merita condivisione anche il secondo motivo di ricorso l'articolo 1, comma 45, della legge numero 92 del 2012 ha introdotto all'articolo 4, comma 12, della legge numero 223 del 1991, il seguente periodo Gli eventuali vizi della comunicazioni di cui al comma 2 del presente articolo possono essere sanati, ad ogni effetto di legge, nell'ambito di un accordo sindacale concluso nel corso della procedura di licenziamento collettivo questa Corte ha già precisato che si tratta di un elemento del tutto innovativo nell'ambito della procedura che assicura il controllo sindacale sulla riduzione del personale, privo di efficacia retroattiva si è pure precisato che la ratio ispiratrice dell'intervento del legislatore sta nella possibilità solamente eventuale, considerato che le parti possono provvedere a sanare di concludere un accordo prevedendo, espressamente, la sanatoria di eventuali vizi Cass. numero 3045 del 2017 ne deriva che la sottoscrizione dell'accordo sindacale in cui viene dato atto dell'espletamento positivo dell'esame congiunto mediante il raggiungimento di un accordo non ha, di per sé sola, efficacia sanante, occorrendo, invece, interpretare la volontà negoziale delle parti per verificare se abbiano inteso sanare i vizi formali della comunicazione di cui al comma 2 dell'articolo 4 della L. numero 223 del 1991 nella specie, i giudici del merito, nel doppio grado, hanno escluso l'efficacia sanante dell'accordo sindacale raggiunto in corso di procedura, anche perché - come ricordato nello storico della lite - dall'accordo del 1 luglio 2020 non emerge che siano state comunicate dalla società e verificate consapevolmente e compiutamente dalle organizzazioni sindacali le ragioni per le quali la platea dei lavoratori soggetti al licenziamento sia stata limitata al sito di Vi. nonché le ragioni per le quali le mansioni dei lavoratori di Vi. debbano considerarsi non fungibili rispetto a quelle dei lavoratori degli altri siti della società peraltro, nel caso all'attenzione del Collegio, la mancata indicazione delle ragioni che limitassero i licenziamenti ai dipendenti di una determinata unità produttiva o settore aziendale non rappresentava un mero vizio formale della comunicazione ex articolo 4, comma 3, L. numero 223/91, ma attendeva ad un presupposto sostanziale che poteva consentire la delimitazione della platea dei licenziandi in deroga alla regola generale stabilita dal comma 1 dell'articolo 5 della stessa legge 2.3. il terzo motivo di ricorso è inammissibile in quanto non si confronta adeguatamente con la ratio decidendi della sentenza impugnata sul punto la Corte territoriale non ha affatto deciso in applicazione della regola formale imposta dall'articolo 2697 c.c., statuendo la soccombenza della società per non aver assolto ad un onere probatorio sulla medesima incombente al contrario, ha ritenuto che l'onere di provare la fungibilità nelle diverse mansioni fosse stato dalla Ro.Ma. dedotto e documentalmente provato , mentre le critiche a tale valutazione esorbitano dai confini del giudizio di legittimità 2.4. parimenti inammissibile il quarto motivo questa Corte a Sezioni unite ha oramai chiarito, disattendendo l'indirizzo cui viene fatto cenno nel motivo di ricorso, che Il travisamento del contenuto oggettivo della prova, il quale ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé, e non di verifica logica della riconducibilità dell'informazione probatoria al fatto probatorio, trova il suo istituzionale rimedio nell'impugnazione per revocazione per errore di fatto, in concorso dei presupposti richiesti dall'articolo 395, numero 4, c.p.c., mentre, ove il fatto probatorio abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare, e cioè se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti, il vizio va fatto valere, in concorso dei presupposti di legge, ai sensi dell'articolo 360, nnumero 4 e 5, c.p.c., a seconda si tratti di fatto processuale o sostanziale Cass. SS. UU. numero 5792 del 2024 concorso dei presupposti di legge che, per quanto riguarda il vizio di cui al numero 4 dell'articolo 360 c.p.c., ricorre esclusivamente, per il tramite delle norme che impongono al giudice l'obbligo di motivazione, nella quadruplice nota declinazione che le stesse Sezioni Unite più volte ne hanno dato la mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico e la motivazione apparente il contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e la motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile cfr., tra le altre, Cass. SS. UU. numero 22232 del 2016 v. pure Cass. SS. UU. numero 16599 del 2016 mentre i presupposti di legge per evocare il vizio di cui al numero 5 dell'articolo 360 c.p.c. sono stati definiti nei ristretti limiti posti da Cass. SS. UU. nnumero 8053 e 8054 del 2014, presupposti neanche prospettati con il motivo in scrutinio inoltre, Cass. SS. UU. numero 5792/2024 ha pure evidenziato che, se si ammettesse la ricorribilità per cassazione in caso di travisamento della prova, , rendendo pervio l'articolo 115 c.p.c. ben oltre il significato che ad esso è riconosciuto cfr. Cass. SS. UU. numero 20867 del 2020 , il giudizio di cassazione obbiettivamente scivolerebbe verso un terzo grado destinato a svolgersi non sulla decisione impugnata, ma sull'intero compendio delle carte processuali, sicché la latitudine del giudizio di legittimità neppure ripristinerebbe l'assetto ante riforma del 2012, ma lo espanderebbe assai di più , assegnando alla Corte di cassazione il potere di rifare daccapo il giudizio di merito il che è quanto sollecitato dalla censura in esame che, pertanto, va dichiarata inammissibile 2.5. l'ultimo motivo di ricorso è infondato in quanto la sentenza impugnata sul punto è conforme alla giurisprudenza di questa Corte di recente, tra molte, v. Cass. numero 22040 del 2023 2.5.1. invero, in tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale, qualora il progetto di ristrutturazione aziendale debba riferirsi a più unità produttive ma il datore di lavoro, nella fase di individuazione dei lavoratori da collocare in mobilità, tenga conto unilateralmente dell'esigenza aziendale collegata all'appartenenza territoriale ad una sola di esse, si determina violazione dei criteri di scelta per la quale l'articolo 5, comma 1, della L. numero 223 del 1991, come sostituito dall'articolo 1, comma 46, della L. numero 92 del 2012, prevede l'applicazione del comma 4 dell'articolo 18 novellato della L. numero 300 del 1970 v. Cass. numero 18847 del 2016 Cass. numero 20502 del 2018 da tempo, infatti, questa Corte Cass. numero 12095 del 2016 Cass. numero 19320 del 2016 Cass. numero 2587 del 2018 Cass. numero 19010 del 2018 ha interpretato il comma 3 dell'articolo 5 della l. numero 223 del 1991, come sostituito dall'articolo 1, comma 46, L numero 92 del 2012, distinguendo il caso di violazione delle procedure richiamate all'articolo 4, comma 12 , per il quale opera la tutela meramente indennitaria, dal caso di violazione dei criteri di scelta previsti dal comma 1 , per il quale si applica la tutela reintegratoria mentre la non corrispondenza della comunicazione al modello legale di cui al comma 9 dell'articolo 4 della L. numero 223 del 1991 costituisce violazione delle procedure , il diverso caso di violazione dei criteri di scelta si ha non nell'ipotesi di incompletezza formale della comunicazione di cui all'articolo 4, comma 9, bensì allorquando i criteri di scelta siano, ad esempio, illegittimi, perché in violazione di legge, o illegittimamente applicati, perché attuati in difformità dalle previsioni legali o collettive 2.5.2. del tutto coerentemente, quindi, la Corte territoriale ha ritenuto che, nella specie, non ricorresse una mera violazione procedurale per incompletezza delle comunicazioni prescritte bensì una violazione sostanziale rappresentata dall'applicazione di criteri di scelta ad una platea di licenziabili illegittimamente delimitata rispetto all'intero complesso aziendale, con conseguente applicazione della tutela prevista dall'articolo 18, comma 4, L. numero 300 del 1970, come novellato dalla L. numero 92 del 2012 3. conclusivamente, il ricorso deve essere respinto nel suo complesso, con spese che seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo 3.1. non può, invece, essere accolta la sollecitazione di parte controricorrente alla condanna della società ex articolo 96, comma 3, c.p.c. come noto detta disposizione prevede una sanzione di carattere pubblicistico, autonoma ed indipendente rispetto alle ipotesi di responsabilità aggravata previste dai commi 1 e 2 dello stesso articolo, volta alla repressione dell'abuso dello strumento processuale la sua applicazione, pertanto, richiede, quale elemento costitutivo della fattispecie, il riscontro non dell'elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, bensì di una condotta oggettivamente valutabile alla stregua di abuso del processo , quale l'avere agito o resistito pretestuosamente Cass. numero 20018 del 2020 e Cass. numero 3830 del 2021 reputa il Collegio che tale abuso non sia ravvisabile nella specie, non ricorrendo un'ipotesi assimilabile ad una di quelle esemplificativamente previste da questa Corte, quali la proposizione di un ricorso per cassazione basato su motivi palesemente inammissibili, oppure incoerenti con il contenuto della sentenza impugnata, o completamente privi di autosufficienza oppure contenenti la mera complessiva richiesta di rivalutazione nel merito della controversia, oppure fondati sulla deduzione del vizio di cui all'articolo 360, numero 5 c.p.c., ove sia applicabile, ratione temporis, l'articolo 348-ter u.c. c.p.c. v. Cass. numero 22208 del 2021 3.2. invece, ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater, del D.P.R. numero 115 del 2002, nel testo introdotto dall'articolo 1, comma 17, della legge numero 228 del 2012, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13 cfr. Cass. SS. UU. numero 4315 del 2020 P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 5.000,00, oltre esborsi pari ad Euro 200,00, spese generali al 15% ed accessori secondo legge. Ai sensi dell'articolo 13, co. 1-quater, D.P.R. numero 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto. Così deciso in Roma, nell'adunanza camerale del 23 aprile 2024. Depositata in Cancelleria il 3 luglio 2024.