Riprendono vigore le obiezioni sollevate da un lavoratore disabile messo alla porta da una società operativa nel settore dell’igiene urbana. Insufficiente, secondo i giudici, il mero richiamo fatto dall’azienda all’esternalizzazione di un servizio e alla inidoneità fisica del dipendente per altre mansioni.
Il datore di lavoro può risolvere il rapporto di lavoro della persona con disabilità assunta obbligatoriamente a patto che, nel caso di significative variazioni dell'organizzazione del lavoro, la speciale commissione medica accerti la definitiva impossibilità di reinserire all'interno dell'azienda il dipendente disabile. Questo il paletto fissato dai magistrati di Cassazione, i quali hanno così messo in dubbio la legittimità del provvedimento con cui una società ha messo alla porta un lavoratore con disabilità e lo ha fatto a seguito della esternalizzazione di un servizio. All'origine della battaglia giudiziaria c'è la decisione presa da una società – operativa nel settore dell'igiene urbana – nei confronti di un dipendente disabile – assunto obbligatoriamente in quanto iscritto negli elenchi previsti dalla legge numero 68 del 1999 –, ossia il suo licenziamento per giustificato motivo oggettivo rappresentato dalla esternalizzazione di un servizio. A fronte delle obiezioni sollevate dal lavoratore, però, i giudici di merito ritengono corretto il provvedimento adottato dall'azienda, poiché, spiegano, «dal compendio probatorio acquisito è emersa la soppressione del posto di lavoro» cui era addetto il soggetto disabile, licenziato, perciò, in quanto il servizio comprensivo delle mansioni a lui assegnate «è stato affidato ad una ditta esterna». In aggiunta, poi, i giudici d'appello hanno anche ritenuto «esclusa la possibilità di repêchage, tenuto conto della circostanza pacifica che, da un lato, il lavoratore non era in possesso dei necessari titoli abilitativi per poter condurre mezzi speciali patente ‘C-D-E' , né aveva esperienze pregresse nelle mansioni impiegatizie, e che, dall'altro, egli, pur idoneo alle mansioni, era tuttavia oggetto di prescrizioni mediche, essendo affetto da rachipatia lombare, che precludevano l'utilizzo in mansioni comportanti movimentazione di carichi oltre i 7 chilogrammi e sopra l'altezza delle spalle ovvero esposizione a forzi ripetitivi e a vibrazioni mano-braccio, per cui non poteva essere assegnato a compiti di raccolta dei rifiuti ‘porta a porta', unica mansione per cui era sufficiente il possesso della patente B. Inoltre, sempre secondo i giudici d'appello, «dall'istruttoria espletata non può trarsi prova, neanche indiziaria, della sussistenza di posti di lavoro disponibili per mansioni equivalenti e, quand'anche inferiori, compatibili con la professionalità del lavoratore disabile licenziato». Per i magistrati di Cassazione, invece, contrariamente a quanto sostenuto dai giudici di merito, vi sono tutti i presupposti per mettere in dubbio la legittimità del licenziamento e per ritenere plausibili, almeno sulla carta, le obiezioni sollevate dal lavoratore disabile. In premessa viene sottolineato un dato di fatto indiscutibile la società ha proceduto al licenziamento del lavoratore disabile – assunto obbligatoriamente – e lo ha fatto al di fuori della procedura prevista dalla normativa. Su questo fronte, in particolare, in appello ci si è limitati a fare riferimento alla violazione della quota di riserva, oltre che all'impossibilità di repêchage sulla base dei criteri ordinari in materia di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, mentre si è anche esclusa la possibilità di un utilizzo del lavoratore in diverse mansioni, e ciò sulla base della mera inidoneità fisica del lavoratore al compimento di mansioni di raccolta rifiuti “porta a porta”, senza, però, che ciò fosse accertato dalla competente commissione medica. E quest'ultimo dettaglio si rivela fondamentale. In premessa, i magistrati di Cassazione ricordano che l'attuale normativa concernente il diritto al lavoro dei disabili ha comportato un passaggio da un sistema prevalentemente ispirato all'idea della configurazione dell'inserimento degli invalidi nelle imprese come un peso da sopportare in chiave solidaristica ad un altro sistema diretto, invece, a coniugare la valorizzazione delle capacità professionali del disabile con la funzionalità economica delle imprese. In ordine, poi, alla tutela del lavoratore che perda, per un aggravamento della originaria disabilità ovvero per fatti sopravvenuti incidenti su di una iniziale piena efficienza lavorativa, l'idoneità alla mansione oggetto della prestazione lavorativa cui è obbligato, la legge pone precise disposizioni e, in particolare, vengono disciplinate talune ipotesi di licenziamento di coloro che sono stati assunti in adempimento degli obblighi gravanti sui datori di lavoro pubblici e privati in materia di assunzioni di lavoratori disabili. Per quanto concerne l'ipotesi specifica del licenziamento per giustificato motivo oggettivo o per riduzione di personale, esercitato nei confronti del lavoratore occupato obbligatoriamente, esso è annullabile qualora, nel momento della cessazione del rapporto, il numero dei rimanenti lavoratori occupati obbligatoriamente sia inferiore alla quota di riserva. Tale ipotesi è stata esplicitamente esclusa dai giudici di merito. Tuttavia, secondo la normativa nel caso di aggravamento delle condizioni di salute o di significative variazioni dell'organizzazione del lavoro, il disabile può chiedere che venga accertata la compatibilità delle mansioni a lui affidate con il proprio stato di salute. Nelle medesime ipotesi, poi, il datore di lavoro può chiedere che vengano accertate le condizioni di salute del disabile per verificare se, a causa delle sue minorazioni, possa continuare ad essere utilizzato presso l'azienda. E qualora si riscontri una condizione di aggravamento che sia incompatibile con la prosecuzione dell'attività lavorativa, o tale incompatibilità sia accertata con riferimento alla variazione dell'organizzazione del lavoro, il disabile ha diritto alla sospensione non retribuita del rapporto di lavoro fino a che persista l'incompatibilità. E durante tale periodo il lavoratore può essere impiegato in tirocinio formativo. I necessari accertamenti sono effettuati dalla commissione medica. Ma la richiesta di accertamento e il periodo necessario per il suo compimento non costituiscono causa di sospensione del rapporto di lavoro, rapporto che può essere risolto nel caso in cui, anche attuando i possibili adattamenti dell'organizzazione del lavoro, la commissione accerti la definitiva impossibilità di reinserire il disabile all'interno dell'azienda. In sostanza, laddove il licenziamento sia determinato dall'aggravamento dell'infermità che ha dato luogo al collocamento obbligatorio, esso è legittimo solo ove vi sia l'accertamento dell'apposita commissione medica, cui spetta altresì la verifica dell'impossibilità di reinserire, anche attuando i possibili adattamenti dell'organizzazione del lavoro, il disabile all'interno dell'azienda, anche nel caso di aggravamento delle condizioni fisiche causate da infermità diversa da quella che ha determinato l'assunzione. Tale visione opera pure nell'ipotesi in cui il datore di lavoro sopprima il posto cui è assegnato il disabile, e lo faccia per ragioni diverse dalla sua disabilità, e sorga, quindi, la questione del se il lavoratore possa comunque essere riutilizzato in azienda in mansioni compatibili con il suo stato di salute. Non è dubbio, secondo i magistrati, che la soppressione della posizione lavorativa a cui è destinato il disabile costituisca una variazione dell'organizzazione del lavoro da considerare significativa per la persona con disabilità, non potendosi limitare la sua tutela alla sola ipotesi in cui il licenziamento per giustificato motivo oggettivo violi la quota di riserva. E compete alla commissione medica, eventualmente adita dal datore di lavoro, verificare se, nonostante la minorazione, il disabile assunto obbligatoriamente possa continuare ad essere utilizzato presso l'azienda. E solo laddove l'organo tecnico in posizione di terzietà accerti la definitiva impossibilità di reinserire il disabile all'interno dell'azienda, anche attuando i possibili adattamenti dell'organizzazione del lavoro nel più ampio spettro dei cosiddetti accomodamenti ragionevoli, il rapporto di lavoro può essere risolto. Di certo, comunque, il datore di lavoro non può procedere al licenziamento sulla scorta di una unilaterale valutazione circa l'incompatibilità della condizione fisica della persona con disabilità con l'espletamento di altre mansioni, senza attivare la procedura prescritta dalla disposizione normativa, come accaduto nella vicenda oggetto processo, poiché si è semplicemente ritenuto che il lavoratore non potesse essere adibito a compiti di raccolta dei rifiuti ‘porta a porta'. Tirando le somme, «il datore di lavoro può risolvere il rapporto di lavoro della persona con disabilità assunta obbligatoriamente» ma può farlo, a fronte di «significative variazioni dell'organizzazione del lavoro», solo nel caso in cui «la speciale commissione medica accerti la definitiva impossibilità di reinserire il disabile all'interno dell'azienda, anche attuando i possibili adattamenti dell'organizzazione del lavoro. Tra le significative variazioni dell'organizzazione del lavoro rientra anche l'ipotesi in cui il datore di lavoro sopprima il posto cui è assegnato il disabile e occorra verificare se questi possa essere riutilizzato in azienda in altre mansioni compatibili con il suo stato di salute».
Presidente Esposito – Relatore Amendola Rilevato che 1. la Corte di Appello di L'Aquila, con la sentenza pubblicata il 20.5.2021 e qui impugnata, nell'ambito di un procedimento ex lege numero 92 del 2012, ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva ritenuto legittimo il licenziamento intimato il 27 novembre 2018 da omissis S.r.l. nei confronti di S.G., disabile assunto obbligatoriamente in quanto iscritto negli elenchi di cui alla legge numero 68/99, per giustificato motivo oggettivo rappresentato dalla “esternalizzazione del servizio di manutenzione” 2. la Corte territoriale, in sintesi e per quanto rileva, ha ritenuto che dal compendio probatorio acquisito fosse emersa la sussistenza della soppressione del posto di lavoro cui era addetto il lavoratore licenziato in quanto affidato a ditta esterna la Corte ha poi ritenuto che, “nel caso di specie, la possibilità di repechage debba essere esclusa, tenuto conto della circostanza pacifica che, da un lato, il lavoratore non era in possesso dei necessari titoli abilitativi per poter condurre mezzi speciali patente C-D-E , né aveva esperienze pregresse nelle mansioni impiegatizie, e che, dall'altro, il S.G., pur idoneo alle mansioni, era tuttavia oggetto di prescrizioni mediche essendo affetto da rachipatia lombare che precludevano l'utilizzo in mansioni comportanti movimentazione di carichi oltre i 7 Kg e/o sopra l'altezza delle spalle ovvero esposizione a forzi ripetitivi e/o a vibrazioni mano-braccio cfr. doc. nnumero 1-2-3 , per cui non poteva essere assegnato a compiti di raccolta dei rifiuti “porta a porta” unica mansione per cui era sufficiente il possesso della patente B – cfr. s.i. V.L., M.G. e S.A.P., nella fase sommaria ” ha quindi espresso il convincimento che “dall'istruttoria espletata in prime cure non può trarsi prova, neanche indiziaria, della sussistenza di posti di lavoro disponibili per mansioni equivalenti e, quand'anche inferiori, compatibili con la professionalità del lavoratore licenziato” la Corte ha anche respinto l'ulteriore motivo di gravame, con cui si lamentava l'omessa ammissione dei mezzi istruttori richiesti nella fase di opposizione 3. per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il soccombente con cinque motivi non ha svolto attività difensiva la società benché intimata in data 17.7.2021, mentre ha resistito con controricorso l'INPS parte ricorrente ha comunicato memoria all'esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell'ordinanza nel termine di sessanta giorni Considerato che 1. i motivi di ricorso possono essere sintetizzati come di seguito 1.1. col primo motivo si denuncia “Violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 3 L. 604/1966 e dell'articolo 18, co. 4 e 7, L. 300/1970, in relazione all'articolo 360, co. 1, numero 5, c.p.c.” si contesta la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto sussistente un giustificato motivo oggettivo di licenziamento 1.2. con il secondo motivo si denuncia la violazione o falsa applicazione dell'articolo 5 della l. numero 604 del 1966 per avere la Corte territoriale ritenuto provato l'adempimento dell'obbligo di repechage gravante sul datore di lavoro, senza tuttavia tenere conto della condizione di invalidità del lavoratore 1.3. con il terzo motivo si denuncia “Violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 5 L. 604/1966 e dell'articolo 10, co. 3, L. 68/99 in relazione all'articolo 360, co. 1, numero 3, c.p.c.” si deduce che sarebbe stato violato “il particolare iter previsto per il licenziamento del disabile delineato dall'articolo 10, co. 3, L. 68/1999, in base al quale l'accertamento delle condizioni di salute in ragione delle minorazioni, sia in caso di aggravamento che di significative variazioni nella organizzazione del lavoro aziendale, deve essere svolto dalla Commissione medica ex articolo 4 L. 104/1992 e, qualora quest'ultima ritenga che dall'aggravamento o l'incompatibilità derivante dalla nuova organizzazione del lavoro pregiudichino la prosecuzione del rapporto, il disabile può fruire di una sospensione non retribuita dal rapporto per tutto il periodo in cui tale incompatibilità persista” si lamenta che la Corte territoriale avrebbe completamente disconosciuto la tutela speciale prevista in materia di collocamento dei disabili, “giungendo ad un diretto pre giudizio di incompatibilità mediante il solo richiamo alle generiche prescrizioni mediche dettate dalla commissione medica integrata in relazione alla iniziale assunzione del lavoratore, nonché al contrario avviso dei sommari informatori di parte resistente, occupanti posizioni di vertice all'interno dell'azienda, e a prescindere dalla formulazione di una specifica valutazione in relazione alla caratteristiche della possibile mansione alternativa ad opera della competente struttura pubblica” 1.4. col quarto mezzo si deduce la violazione dell'articolo 112 c.p.c., in relazione al numero 4 dell'articolo 360 c.p.c., per avere la Corte di Appello, dopo avere espressamente incluso tra i motivi di reclamo la “Omessa applicazione dell'articolo 10, comma 3, L. numero 68/1999”, completamente omesso di pronunciarsi sul predetto motivo 1.5. con l'ultimo motivo si denuncia “Violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 112 c.p.c. e dell'articolo 10, co. 4, L. 68/99 e dell'articolo 5L. 604/1966 in relazione all'articolo 360, co. 1, numero 4, c.p.c.” si eccepisce l'erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha respinto il motivo di reclamo che lamentava la mancata ammissione della prova testimoniale richiesta in prime cure 2. il primo motivo di ricorso non può trovare accoglimento, atteso che la parte ricorrente, pur denunciando un preteso error in iudicando, nella sostanza contesta un accertamento di fatto quale rappresentato dalla effettività della soppressione del posto di lavoro cui era adibito il lavoratore la sentenza impugnata sul punto è, in diritto, dichiaratamente conforme a Cass. numero 25201 del 2016 e ai suoi princìpi ancora di recente ribaditi v. Cass. numero 2739 del 2024, con la giurisprudenza ivi citata 3. invece, il Collegio reputa fondati i motivi secondo, terzo e quarto, nei sensi di espressi dalla motivazione che segue 3.1. è pacifico che la società ha proceduto al licenziamento di disabile assunto obbligatoriamente al di fuori della procedura prevista dall'articolo 10, comma 3, l. numero 68 del 1999 con motivo di reclamo puntualmente riportato nel ricorso per cassazione e del quale la stessa Corte territoriale ha dato atto pag. 3 sentenza impugnata il lavoratore soccombente in primo grado ha lamentato la “omessa applicazione dell'articolo 10, comma 3, l. numero 68/1999” nonostante ciò il Collegio adito si è limitato ad argomentare esclusivamente sul comma 4 dell'articolo 10 l. numero 68/99, concernente la violazione della quota di riserva, oltre che sull'impossibilità di repechage sulla base dei criteri ordinari in materia di licenziamento per giustificato motivo oggettivo tuttavia, ha anche escluso la possibilità di un utilizzo in diverse mansioni sulla base della inidoneità fisica al compimento di mansioni di raccolta rifiuti porta a porta, senza, però, che ciò fosse accertato dalla competente commissione integrata prevista dal comma 3 dell'articolo 10 citato 3.2. orbene, la legge 12 marzo 1999, numero 68, reca Norme per il diritto al lavoro dei disabili , con un passaggio da un sistema prevalentemente ispirato all'idea della configurazione dell'inserimento degli invalidi nelle imprese come un peso da sopportare in chiave solidaristica, secondo l'impostazione della legge 2 aprile 1968, numero 482, ad un altro sistema diretto, invece, a coniugare la valorizzazione delle capacità professionali del disabile con la funzionalità economica delle imprese stesse v, per tutte, Cass. numero 7889 del 2011, in motivazione in ordine alla tutela del lavoratore che perda, per un aggravamento della originaria disabilità ovvero per fatti sopravvenuti incidenti su di una iniziale piena efficienza lavorativa, l'idoneità alla mansione oggetto della prestazione lavorativa cui è obbligato, la legge numero 68 del 1999 pone articolate disposizioni contenute negli articoli 1, 4 e 10 3.3. in particolare, per quanto qui interessa, l'articolo 10, espressamente applicabile come da rubrica al solo Rapporto di lavoro dei disabili obbligatoriamente assunti v. Cass. numero 15080 del 2009 conf. Cass. numero 18645 del 2012 , si preoccupa di disciplinare talune ipotesi di licenziamento di coloro che sono stati assunti in adempimento degli obblighi gravanti sui datori di lavoro pubblici e privati a mente della legge numero 68/99 citata il comma 4 di detto articolo 10 riguarda l'ipotesi specifica del licenziamento per giustificato motivo oggettivo o per riduzione di personale, esercitato nei confronti del lavoratore occupato obbligatoriamente, che è annullabile qualora, nel momento della cessazione del rapporto, il numero dei rimanenti lavoratori occupati obbligatoriamente sia inferiore alla quota di riserva ipotesi, nella fattispecie all'attenzione del Collegio, esplicitamente esclusa dai giudici del merito tuttavia, il precedente comma 3, più in generale, prescrive Nel caso di aggravamento delle condizioni di salute o di significative variazioni dell'organizzazione del lavoro, il disabile può chiedere che venga accertata la compatibilità delle mansioni a lui affidate con il proprio stato di salute. Nelle medesime ipotesi il datore di lavoro può chiedere che vengano accertate le condizioni di salute del disabile per verificare se, a causa delle sue minorazioni, possa continuare ad essere utilizzato presso l'azienda. Qualora si riscontri una condizione di aggravamento che, sulla base dei criteri definiti dall'atto di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 1, comma 4, sia incompatibile con la prosecuzione dell'attività lavorativa, o tale incompatibilità sia accertata con riferimento alla variazione dell'organizzazione del lavoro, il disabile ha diritto alla sospensione non retribuita del rapporto di lavoro fino a che l'incompatibilità persista. Durante tale periodo il lavoratore può essere impiegato in tirocinio formativo. Gli accertamenti sono effettuati dalla commissione di cui alla L. 5 febbraio 1992, numero 104, articolo 4, integrata a norma dell'atto di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 1, comma 4, della presente legge, che valuta sentito anche l'organismo di cui al D.Lgs. 23 dicembre 1997, numero 469, articolo 6, comma 3, come modificato dall'articolo 6 della presente legge. La richiesta di accertamento e il periodo necessario per il suo compimento non costituiscono causa di sospensione del rapporto di lavoro. Il rapporto di lavoro può essere risolto nel caso in cui, anche attuando i possibili adattamenti dell'organizzazione del lavoro, la predetta commissione accerti la definitiva impossibilità di reinserire il disabile all'interno dell'azienda tale norma ha sostituito la precedente norma speciale legge numero 482 del 1968, articolo 10, in relazione all'articolo 20 della stessa legge , con riferimento alla quale questa Corte v. Cass. numero 10347 del 2002 aveva già affermato il principio secondo cui il licenziamento dell'invalido assunto in base alla normativa sul collocamento obbligatorio segue la generale disciplina normativa e contrattuale sol quando è motivato dalla comuni ipotesi di giusta causa e giustificato motivo, mentre, quando è determinato dall'aggravamento dell'infermità che ha dato luogo al collocamento obbligatorio, è legittimo solo in presenza delle condizioni previste dalla L. numero 482 del 1968, articolo 10, ossia la perdita totale della capacità lavorativa o la situazione di pericolo per la salute e l'incolumità degli altri lavoratori o per la sicurezza degli impianti, accertati dall'apposita commissione medica detto principio è stato applicato anche nella vigenza della l. numero 68 del 1999, per cui, ove il licenziamento sia determinato dall'aggravamento dell'infermità che ha dato luogo al collocamento obbligatorio, esso è legittimo solo ove vi sia l'accertamento dell'apposita commissione medica competente prevista dalla L. numero 104 del 1992, cui spetta altresì la verifica dell'impossibilità di reinserire, anche attuando i possibili adattamenti dell'organizzazione del lavoro, il disabile all'interno dell'azienda, anche nel caso di aggravamento delle condizioni fisiche causate da infermità diversa da quella che ha determinato l'assunzione v. Cass. numero 14284 del 2014 3.4. la specialità della disciplina in esame rispetto alle ipotesi di recesso per giustificato motivo regolate dal diritto comune si concreta, in relazione all'interesse della persona con disabilità, in un insieme di modalità procedurali, con effetti anche di carattere sostanziale sulla disciplina del rapporto e della sua risoluzione innanzitutto, l'accertamento della compatibilità delle mansioni affidate al disabile con il suo stato di salute è specificamente demandato alla speciale competenza della commissione di cui alla legge numero 104 del 1992, come appositamente integrata, che valuta sentito anche l'organismo di cui al d. lgs. numero 469 del 1997, articolo 6, comma 3 poi comitato tecnico di cui all'articolo 8, comma 1-bis, della I. numero 68/99, in virtù del d. lgs. numero 151 del 2015, articolo 7, co. 2 qualora la commissione riscontri una condizione di incompatibilità con la prosecuzione dell'attività lavorativa, il disabile ha diritto alla sospensione non retribuita del rapporto di lavoro fino a che l'incompatibilità persista e durante tale periodo il lavoratore può essere impiegato in tirocinio formativo il periodo necessario per l'accertamento non costituisce causa di sospensione del rapporto di lavoro infine il rapporto di lavoro può essere risolto soltanto nel caso in cui, anche attuando i possibili adattamenti dell'organizzazione del lavoro, la predetta commissione accerti la definitiva impossibilità di reinserire il disabile all'interno dell'azienda secondo questa Corte la verifica di tali condizioni [ ] è categoricamente riservata alla competenza della apposita commissione, che valuta le condizioni stesse in funzione della maggior tutela riservata ai disabili in termini Cass. numero 15269 del 2012 conf. Cass. numero 8450 del 2014 tale percorso vincolato dalla legge non può essere surrogato neanche dal giudizio di inidoneità alla mansione espresso dal medico competente nell'ambito della sorveglianza sanitaria esercitata a mente del d. lgs. 9 aprile 2008, numero 81 la conclusione è imposta dalla “speciale protezione accordata al disabile dalla disciplina interna e sovranazionale, finalizzata a ridurre i margini di apprezzamento discrezionale del datore di lavoro allorquando l'inidoneità alla mansione del lavoratore ponga la questione della eventuale risoluzione del rapporto di lavoro, affidando ad un soggetto qualificato con caratteri di terzietà un peculiare giudizio tecnico” v., amplius, Cass. numero 10576 del 2017 v. pure Cass. numero 7524 del 2017 3.5. la ratio di pregnante tutela della disciplina in esame, così ricostruita attraverso i precedenti di questa Corte, consente di interpretare l'inciso - che impone l'osservanza delle modalità procedurali, così come previste dal comma 3 dell'articolo 10 più volte citato, anche “nel caso […] di significative variazioni dell'organizzazione del lavoro” - nel senso che dette modalità operino pure nelle ipotesi in cui il datore di lavoro sopprima il posto cui è assegnato il disabile per ragioni diverse dalla sua disabilità e sorga, quindi, la questione del se possa comunque essere riutilizzato in azienda in mansioni compatibili con il suo stato di salute non è dubbio che la soppressione della posizione lavorativa alla quale è destinato il disabile costituisca una variazione dell'organizzazione del lavoro da considerare significativa per la persona con disabilità, non potendosi limitare la sua tutela alla sola ipotesi in cui il licenziamento per giustificato motivo oggettivo violi la quota di riserva, disciplinata dal comma successivo ai sensi dell'articolo 10, comma 3, l. numero 68 del 1999, compete infatti alla commissione medica integrata, eventualmente adita dal datore di lavoro, come la disposizione ammette, verificare se, nonostante la minorazione, il disabile assunto obbligatoriamente possa continuare ad essere utilizzato presso l'azienda solo laddove l'organo tecnico in posizione di terzietà accerti la definitiva impossibilità di reinserire il disabile all'interno dell'azienda, anche attuando i possibili adattamenti dell'organizzazione del lavoro nel più ampio spettro dei cd. “accomodamenti ragionevoli” per tutte, v. Cass. numero 6497 del 2021 , il rapporto di lavoro può essere risolto di certo, il datore di lavoro non può procedere al licenziamento sulla scorta di una unilaterale valutazione circa l'incompatibilità della condizione fisica della persona con disabilità con l'espletamento di altre mansioni, senza attivare la procedura prescritta dalla disposizione da ultimo citata, come accaduto nella specie laddove si è ritenuto che il S.G. non potesse essere adibito a compiti di raccolta dei rifiuti “porta a porta” 3.6. pertanto, la sentenza impugnata deve essere cassata affinché il giudice del rinvio si pronunci sul motivo di reclamo concernente la “omessa applicazione dell'articolo 10, comma 3, l. numero 68/1999” applicando, ai sensi dell'articolo 384 c.p.c., il seguente principio di diritto Il datore di lavoro può risolvere il rapporto di lavoro della persona con disabilità assunta obbligatoriamente, nel caso di significative variazioni dell'organizzazione del lavoro, solo nel caso in cui la speciale commissione integrata di cui all'articolo 10, comma 3, l. 12 marzo 1999, numero 68, accerti la definitiva impossibilità di reinserire il disabile all'interno dell'azienda, anche attuando i possibili adattamenti dell'organizzazione del lavoro tra le significative variazioni dell'organizzazione del lavoro rientra anche l'ipotesi in cui il datore di lavoro sopprima il posto cui è assegnato il disabile e occorra verificare se questi possa essere riutilizzato in azienda in altre mansioni compatibili con il suo stato di salute 4. conclusivamente, respinto il primo motivo di ricorso, vanno accolti il secondo, il terzo e il quarto, mentre resta assorbito il quinto mezzo attinente al governo delle prove la sentenza impugnata va cassata in relazione alle censure ritenute fondate, con rinvio al giudice indicato in dispositivo che si uniformerà a quanto statuito e provvederà anche a liquidare le spese del giudizio di legittimità va, disposta, da ultimo, per l'ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l'omissione delle generalità e degli altri dati identificativi a norma dell'articolo 52 del d.lgs. numero 196/2003 della parte ricorrente P.Q.M. La Corte, respinto il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, il terzo e il quarto e dichiara assorbito il quinto, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di Appello di L'Aquila, in diversa composizione, anche per le spese. Ai sensi dell'articolo 52 d. lgs. numero 196 del 2003, in caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi di S.G