La violazione della prescrizione sulle distanze tra costruzioni, attesa la natura del bene giuridico leso, determina un danno in re ipsa, con la conseguenza che l’esistenza del danno può essere provata attraverso il ragionamento presuntivo.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame. La vicenda da cui origina la questione sottoposta alla Suprema Corte può essere così sintetizzata la Corte d’Appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, rigettava la domanda di risarcimento dei danni causati dall’installazione illegittima di una canna fumaria posta a trentotto centimetri di distanza dal balcone della ricorrente, ritenendo insussistente il danno alla salute e carente di allegazione e prova il danno derivante dalla compromissione del godimento del bene. Di qui, il ricorso in Cassazione della proprietaria dell’immobile, la quale contesta il ragionamento della Corte d’Appello, richiamando l’orientamento che riconosce il danno in re ipsa nell’ipotesi di violazione delle distanze. La doglianza coglie nel segno. I Giudici, infatti, ricordano che in caso di violazione della normativa sulle distanze tra costruzioni, al proprietario confinante compete sia la tutela in forma specifica finalizzata al ripristino della situazione antecedente, sia la tutela in forma risarcitoria ex multis, Cass. numero 17635/2013 . Ha, quindi, errato la Corte d’Appello ad escludere la tutela risarcitoria per l’assenza di un danno effettivo alla salute, senza prima valutare se gli elementi presuntivi allegati fossero «astrattamente idonei a compromettere il godimento del bene, come l’intrinseca pericolosità della canna fumaria per la composizione in amianto, la difformità della canna alle prescrizioni di legge ed il suo cattivo stato di conservazione». La sentenza impugnata, dunque, non si pone in linea con l’orientamento giurisprudenziale in tema di presunzione di danno correlato alla normale utilità del bene, basato sull’assunto che «il diritto di proprietà ha insite le facoltà di godimento e disponibilità del bene ne è oggetto, sicché una volta soppresse o limitate tali facoltà, l’esistenza di un danno risarcibile può fondarsi su presunzioni» Cass. numero 18108/2023 . La parola, dunque, passa ai giudici del rinvio, che nel decidere la controversia dovranno uniformarsi al seguente principio di diritto «in caso di violazione delle distanze, l’esistenza del danno può essere provata attraverso il ragionamento presuntivo, tenendo conto di una serie di elementi - che concorrono anche alla valutazione equitativa del danno – dai quali possa evincersi una riduzione di fruibilità della proprietà, del suo valore e di altri elementi che devono essere allegati e provati dall'attore».
Presidente Orilia – Relatore Giannaccari Ragioni della decisione Con l'unico motivo di ricorso, si deduce la nullità della sentenza, ai sensi dell'articolo 132, comma 2, numero 4 c.p.c. e la violazione e falsa applicazione degli artt.2056, 1226,2727 e 2697 c.c., in relazione all'articolo 360 comma 1, numero 3 c.p.c., perché la Corte d'appello, pur avendo accertato l'intrinseca pericolosità della canna fumaria posta a distanza inferiore a quella legale, ha rigettato la domanda risarcitoria senza tener conto che l'esistenza di un manufatto in amianto limiterebbe il godimento del bene. La ricorrente contesta la fallacia del ragionamento inferenziale, che, in tema di violazione delle distanze, ammette il ricorso ad elementi presuntivi per l'accertamento e la determinazione del danno e richiama l'orientamento di questa Corte, che riconosce il danno in re ipsa nell'ipotesi di violazione delle distanze. Il motivo è fondato. Il rispetto della distanza prevista per fabbriche e depositi nocivi e pericolosi dall'articolo 890 c.c. è collegato ad una presunzione assoluta di nocività e pericolosità che è assoluta ove prevista da una norma del regolamento edilizio comunale, ed è invece relativa - e, come tale, superabile con la dimostrazione che, in relazione alla peculiarità della fattispecie ed agli accorgimenti usati, non esiste danno o pericolo per il fondo vicino - ove manchi una simile norma regolamentare Cassazione civile sez. II, 20/06/2017, numero 15246 Cassazione civile sez. II, 23/05/2016, numero 10607 Cassazione civile sez. II, 22/10/2009, numero 22389 . Nel caso di specie, la Corte di merito ha accertato la violazione delle distanze della canna fumaria dal balcone di proprietà dell'attrice e la sua intrinseca pericolosità, attesa la sua composizione in amianto e le pessime condizioni manutentive, pericolosità che era superabile con la dimostrazione da parte dei convenuti di aver adottato idonee cautele tecniche al fine di salvaguardare la dispersione nell'ambiente di sostanze nocive. La sentenza impugnata, pur condividendo le conclusioni del CTU sulla natura obsoleta della canna fumaria, realizzata in difformità delle disposizioni di legge, ha escluso il risarcimento in assenza di un danno diretto alla salute, omettendo però di valutare, anche in via presuntiva, se il pericolo concreto ed attuale derivante dall'esposizione ad amianto, abbia limitato il godimento del bene, a prescindere dalla verifica delle immissioni nocive. Quanto alla tutela risarcitoria, le Sezioni Unite, con sentenza del 15.11.2022, numero 33645, in tema di prova del danno da violazione del diritto di proprietà e di altri diritti reali, hanno optato per una mediazione fra la teoria normativa del danno, emersa nella giurisprudenza della II Sezione Civile, e quella della teoria causale, sostenuta dalla III Sezione Civile. La questione se la violazione del contenuto del diritto, in quanto integrante essa stessa un danno risarcibile, sia suscettibile di tutela non solo reale ma anche risarcitoria è risolta dalle Sezioni Unite in senso positivo. E' stato dato seguito al principio di diritto, più volte affermato da questa Corte, secondo cui, in caso di violazione della normativa sulle distanze tra costruzioni, al proprietario confinante compete sia la tutela in forma specifica finalizzata al ripristino della situazione antecedente, sia la tutela in forma risarcitoria ex multis Cass. Sez. II, 18.7.2013, numero 17635 . Le Sezioni Unite hanno confermato la linea evolutiva della giurisprudenza della II Sezione Civile, nel senso che la locuzione danno in re ipsa va sostituita con quella di danno presunto o danno normale , privilegiando la prospettiva della presunzione basata su specifiche circostanze da cui inferire il pregiudizio allegato. Le Sezioni Unite hanno, altresì, definito il danno risarcibile in presenza di violazione del contenuto del diritto di proprietà esso riguarda non la cosa ma il diritto di godere in modo pieno ed esclusivo della cosa stessa sicché il danno risarcibile è rappresentato dalla specifica possibilità di esercizio del diritto di godere che è andata persa quale conseguenza immediata e diretta della violazione. Il nesso di causalità giuridica si stabilisce così fra la violazione del diritto di godere della cosa, integrante l'evento di danno condizionante il requisito dell'ingiustizia, e la concreta possibilità di godimento che è stata persa a causa della violazione del diritto medesimo, quale danno conseguenza da risarcire. Nel caso in cui la prova sia fornita attraverso presunzioni, l'attore ha l'onere di allegare il pregiudizio subito, anche mediante le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza. Ha, quindi, errato la Corte d'appello ad escludere la tutela risarcitoria per l'assenza di un danno effettivo alla salute, senza prima valutare se gli elementi presuntivi allegati fossero astrattamente idonei a compromettere il godimento del bene, come l'intrinseca pericolosità della canna fumaria per la composizione in amianto, la difformità della canna alle prescrizioni di legge ed il suo cattivo stato di conservazione. Sulla base del fatto noto, costituito dalla pericolosità della canna fumaria posta a distanza inferiore a quella legale, la Corte d'appello avrebbe dovuto accertare se, per le condizioni di tempo e di luogo, vi fosse stata una limitazione concreta nel godimento dell'immobile per il rischio di dispersione nell'aria di sostanze altamente nocive. La sentenza impugnata non si pone in linea con l'orientamento di questa Corte in tema di presunzione di danno correlato alla normale utilità del bene, basato sull'assunto che il diritto di proprietà ha insite le facoltà di godimento e disponibilità del bene ne è oggetto, sicchè una volta soppresse o limitate tali facoltà, l'esistenza di un danno risarcibile può fondarsi su presunzioni Cassazione Civile, Sez. II, 23.6.2023, numero 18108 . Il ricorso deve, pertanto, essere accolto per nuovo esame. La sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte d'Appello di Salerno in diversa composizione, che si uniformerà al seguente principio di diritto “in caso di violazione delle distanze, l'esistenza del danno può essere provata attraverso il ragionamento presuntivo, tenendo conto di una serie di elementi - che concorrono anche alla valutazione equitativa del danno - dai quali possa evincersi una riduzione di fruibilità della proprietà, del suo valore e di altri elementi che devono essere allegati e provati dall'attore”. Il giudice di rinvio regolerà le spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d'Appello di Salerno in diversa composizione.