“Oltre” l’indennizzo: il risarcimento danni da occupazione d’emergenza

Nei tempi di opere di ammodernamento infrastrutturale nella specie autostradale , la Cassazione si pronuncia su una questione di evidente ricaduta pratica e di interesse generale oltre all’indennizzo derivante dal decreto prefettizio di occupazione di urgenza, quale spazio vi è per il risarcimento dei danni a seguito dei lavori eseguiti?

Il caso Il danneggiato agiva in giudizio per il ripristino dello stato dei luoghi e il risarcimento del danno procurato all'immobile di proprietà a causa delle opere di realizzazione di un ampliamento autostradale. La convenuta opponeva che l'attrice aveva sottoscritto due verbali di amichevole accordo, a seguito del decreto prefettizio di occupazione d'urgenza, con i quali aveva accettato l'indennità corrispostale a causa dell'occupazione e, perciò, la stessa non poteva ignorare che il progetto di ammodernamento autostradale implicava la costruzione di un muro di sostegno posto a lato della strada di accesso al sottovia, in aderenza al muro di confine in essere. Osservò, inoltre, che le lesioni e i danni lamentati al proprio immobile non potevano essere conseguenza dei lavori. I giudici di merito accolsero la domanda. La questione La questione riguarda l'inquadramento giuridico e l'ammissibilità, oltre l'indennità ex articolo 44 T.U. numero 327/2001, dei pregiudizi dipendenti dal progetto di riammodernamento del tratto autostradale ex articolo 2043 c.c. In particolare, ci si interroga se le indennità corrisposte ristorino esclusivamente l'occupazione e l'espropriazione e se i danni lamentati erano prevedibili al momento della firma degli accordi. Se il progetto accettato prevedeva la costruzione di un muro, successivamente è lecito riconoscere un ulteriore risarcimento del danno per riduzione di veduta e soleggiamento e per imposizione di servitù o si integra una inammissibile duplicazione risarcitoria per un danno da attività lecita prevedibile al momento dell'accettazione dell'indennità? Le soluzioni In termini generali, il diritto all'indennizzo per i danni che possano derivare al privato in conseguenza della legittima realizzazione di un'opera pubblica, si fonda sul principio pubblicistico di giustizia distributiva, per cui non è consentito soddisfare l'interesse generale attraverso il sacrificio del singolo, senza che questo ne sia indennizzato tale diritto, pertanto, presupponendo un atto legittimo della p.a., si distingue dal risarcimento del danno ex articolo 2043 c.c., il quale ultimo presuppone, invece, il fatto doloso o colposo della stessa p.a. Ne deriva che, ai fini del riconoscimento dell'indennizzo in questione, devono sussistere le tre condizioni, consistenti nell'attività lecita della p.a., nell'imposizione di una servitù o nella produzione di un danno avente carattere permanente che si concreti nella perdita o nella diminuzione di un diritto , nel nesso di causalità tra l'esecuzione dell'opera pubblica ed il danno. Inoltre, quanto alla posizione soggettiva cui deve aversi riguardo per individuare il titolare del diritto all'indennizzo, essa è quella che deriva dal rapporto tra il proprietario ed il bene contiguo all'opera pubblica realizzata Cassazione civile sez. unumero , 11/06/2003, numero 9341 . Così, in tema di espropriazione per pubblica utilità, rispetto al soggetto espropriato non sono concepibili due distinti crediti, l'uno a titolo di indennità di espropriazione e l'altro quale risarcimento del danno per il deprezzamento che abbiano subito le parti residue del bene espropriato, tenuto conto che questa seconda voce è da considerare ricompresa nella prima che, per definizione, riguarda l'intera diminuzione patrimoniale subita dal soggetto passivo per effetto del provvedimento ablativo Cassazione civile sez. VI, 18/02/2021, numero 4264 . Dunque, il pregiudizio rappresentato dalla diminuzione di valore dell'immobile, a cagione dell'intervento di ampliamento e ammodernamento autostradale, deve considerarsi avere origine nel fatto lecito che aveva dato luogo all'occupazione d'urgenza e, di conseguenza, un tale elemento di pregiudizio rientrava nell'accordo sul complessivo indennizzo. Un pregiudizio imprevedibile implicherebbe la dimostrazione di un sopravvenuto e non progettato mutamento d'intervento. Tuttavia, la Suprema Corte rigetta il ricorso, poiché era rimasto accertato che i danni furono causati dai lavori escavazioni e scuotimenti è contrario ai principi di ermeneutica negoziale articolo 1362,1364 e 1366 c.c. , sostenere, diversamente, che con l'accordo la parte privata avesse inteso rinunciare al risarcimento di qualsivoglia danno che fosse stato procurato al proprio immobile a causa dei lavori, senza, addirittura preventivamente ipotizzarne entità e limiti.   In sostanza, un conto è l'indennità per perdita di valore dell'immobile, un conto è la preventiva autorizzazione a tutti i danni materiali lesioni o altro causati dallo svolgimento dei lavori al fabbricato. Conclusioni Il cd. “accordo amichevole”, volto a determinare l'indennità di cui all'articolo 44 d.P.R. numero 327/2001, salvo l'emergere d'univoca diversa volontà delle parti, è limitato a ristorare il pregiudizio derivante dall'insorgere di una servitù o per una permanente diminuzione di valore dell'immobile per la perdita o la ridotta possibilità di esercizio del diritto di proprietà.

Presidente Orilia – Relatore Grasso Fatti di causa S.L. convenne in giudizio omissis s.pa. perché la convenuta fosse condannata al ripristino dello stato dei luoghi e a risarcire il danno procurato all'immobile dell'attrice a causa delle opere di realizzazione di un ampliamento autostradale. La convenuta si oppose alla domanda evidenziando che l'attrice in data 26/11/2002 e 8/3/2005 aveva sottoscritto due verbali di amichevole accordo, a séguito del decreto prefettizio di occupazione d'urgenza, con i quali aveva accettato l'indennità corrispostale a causa dell'occupazione e, perciò la stessa non poteva ignorare che il progetto di ammodernamento autostradale implicava la costruzione di un muro di sostegno posto a lato della strada di accesso al sottovia, in aderenza al muro di confine in essere. Osservò, inoltre, che le lesioni e i danni lamentati al proprio immobile non potevano essere conseguenza dei lavori. L'adito Tribunale, accolse la domanda e condannò la società convenuta a pagare la complessiva somma di €. 30.412,23, di cui €. 14.353,95 per danno procurato al fabbricato e il rimanente importo di € 16.065,28 per risarcire il danno da deprezzamento dell'immobile, causato dalla realizzazione del nuovo muro, che aveva penalizzato l'ampiezza della visione di cui in precedenza l'edificio godeva. La Corte d'Appello di Napoli rigettò l'impugnazione di omissis s.p.a. omissis s.p.a. ricorre sulla base di quattro motivi contrastati con controricorso della S.L Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del d.P.R. numero 327/2001 e degli articolo 2043 e 844 cod. civ., 112 cod. proc. civ. Osserva la ricorrente che in origine con l'atto di citazione era stato chiesto < < il risarcimento dei danni tutti, da specificarsi in corso di causa a seguito di CTU> > . Con le memorie ex articolo 190 cod. proc. civ. la S.L. aveva chiesto che le fossero corrisposte le somme nell'entità discordanti solo per qualche euro e con la causale di cui alla sentenza del Tribunale. In via di subordine, ove si fosse reputato che si fosse in presenza di attività lecita dannosa, aveva chiesto la corresponsione dell'indennizzo preveduto dall'articolo 44 del d.P.R. numero 327/2001. La ricorrente prosegue affermando che da ciò avrebbe dovuto trarsi che si era in presenza della fattispecie regolata dall'articolo 44 cit., che sarebbe spettato al giudice correttamente inquadrare. Per contro la Corte d'appello, aveva affrontato la questione solo assai marginalmente, precisando essere estranee al < < thema decidendum sottoposto al giudizio di questa Corte le domande di riduzione in pristino dei luoghi e di pagamento dell'indennità ex articolo 44 T.U. numero 327/2001. Infatti, siffatte pretese, per quanto formulate dalla S.L. nel corso del giudizio di primo grado, non costituivano oggetto di statuizione alcuna da parte del Tribunale. Ne discende che, in difetto della proposizione, ad opera dell'originaria attrice, di un appello incidentale sul punto, nessuna pronuncia s'imponga> > . Malgrado la mancanza di puntuali allegazioni in ordine alla responsabilità aquilina dell'appellante, la Corte di Napoli non aveva speso motivazione al fine di qualificare il contenuto sostanziale della domanda. Nonostante fosse rimasto accertato che i pregiudizi lamentati dipendevano dal progetto di riammodernamento del tratto autostradale, il Giudice d'appello non aveva inteso sussumere la fattispecie nell'ipotesi normativa di cui al citato articolo 44, violando inoltre l'articolo 2043 cod. civ. Sussistevano, invero, le tre condizioni richieste dalla giurisprudenza per riportare la vicenda sotto la regolamentazione di cui all'articolo 44 cit. attività lecita della p.a. imposizione da una servitù o di un danno da parte di quest'ultima sussistenza del nesso di causalità. Erroneamente la Corte locale aveva affermato che le indennità, a suo tempo corrisposte, ristoravano esclusivamente l'occupazione e l'espropriazione e che i danni lamentati non erano prevedibili al momento della firma degli accordi. 2. Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell'articolo 44, d.P.R. numero 327/2001, 112, 115 e 116 cod. proc. civ. Viene lamentato che la sentenza d'appello aveva omesso di decidere sulle eccezioni proposte dall'esponente, con le quali si era evidenziato che l'indennità corrisposta copriva ogni danno. 3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli articolo 112,115 e 116 cod. proc. civ., evidenziando < < l'erronea e/o omessa giustificazione della decisione, anche in considerazione delle risultanze istruttorie e della relazione del ctu> > nonché violazione e falsa applicazione degli articolo 44, d.P.R. numero 327/2001, 2043 e 2697 cod. civ. < < sotto l'aspetto della illogicità della motivazione e dell'omessa motivazione sul punto controverso e decisivo> > infine, < < motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile> > . Si lamenta che la sentenza, piuttosto che decidere sulla base della domanda, aveva motivato il proprio convincimento in riferimento all'articolo 2043 cod. civ., pur non essendone stati invocati i presupposti e senza tener conto dell'emergenze di causa. La costruzione di un cordolo sovrastante il preesistente muro, distante  trenta  metri  dall'abitazione,  che  secondo  la  decisione aveva ridotto la panoramicità e il soleggiamento del fabbricato, non era stata ricollegata dall'attrice a un'attività illecita, bensì a un atto lecito e, comunque, la decisione non motivava in alcun modo a riguardo del paradigma di cui all'articolo 2043 cod. civ. La giurisprudenza di legittimità richiamata dalla sentenza impugnata, a riguardo della non prevedibilità del danno al momento della stipula dei verbali di volontario accordo non era pertinente, in quanto che l'opera era ampiamente conosciuta dalla S.L., almeno, si puntualizza, limitatamente al preteso pregiudizio derivante dall'innalzamento del muro, stante che la perdita del valore dominicale era stato considerato e ristorato. Contrariamente rispetto a quanto affermato dalla sentenza gli atti di amichevole accordo avevano contemplato l'indennizzo, non solo per l'occupazione e l'espropriazione, ma anche per tutte < < le circostanze di danni diretti e indiretti istantanei e permanenti, e di servitù di qualsiasi natura ad essa ditta ed ai suoi derivabili dall'occupazione, costruzione ed esercizio dell'autostrada> > . Di conseguenza, la decisione giudiziale aveva paradossalmente procurato l'ingiusto vantaggio alla S.L. di una duplicazione di ristoro. 4. Con il quarto motivo viene denunciata violazione e falsa applicazione degli articolo 115 e 116 cod. proc. civ., 44, d.P.R. numero 327/2001, 844 e 2697 cod. civ., nonché, ancora una volta, motivazione perplessa e illogica e omesso esame di un fatto controverso e decisivo. L'istruttoria non consentiva, secondo l'assunto della ricorrente, di dimostrare provato il deprezzamento di valore dell'immobile a causa del modesto innalzamento del muro di confine e di recinzione, in quanto che gli elementi valorizzati dal c.t.u. apparivano incongrui, arbitrari e non ripercorribili e la Corte d'appello, per contro, aveva, di fatto, apoditticamente, sposato le conclusioni del consulente. 5. I predetti motivi, tra loro collegati, si prestano ad esame unitario ed il ricorso merita di essere accolto limitatamente al disposto risarcimento per il deprezzamento del fabbricato. Invero, il pregiudizio rappresentato dalla prospettata diminuzione di valore dell'immobile, a cagione dell'intervento di ampliamento e ammodernamento autostradale, deve considerarsi avere scaturigine nel fatto lecito che aveva dato luogo all'occupazione d'urgenza e, di conseguenza, un tale elemento di pregiudizio rientrava nell'accordo sul complessivo indennizzo. Né, potrebbe apoditticamente sostenersi che trattavasi di un pregiudizio non prevedibile, non constando dalla decisione impugnata che vi sia stato un sopravvenuto e non progettato mutamento d'intervento. Nel resto la critica è priva di fondamento. Per un verso, è evidente che i danni procurati all'immobile la eziologia non è contestata debbono risarcirsi quale illecito extracontrattuale, avendo la sentenza incensurabilmente condiviso le conclusioni del c.t.u., il quale aveva accertato che essi furono causati dai lavori escavazioni e scuotimenti . Per altro verso, risulta contrario ai principi di ermeneutica negoziale in ispecie a quelli di cui agli articolo 1362,1364 e 1366 cod. civ. , sostenere, come pretende la ricorrente, che con l'accordo di cui detto la parte privata avesse inteso rinunciare al risarcimento di qualsivoglia danno che fosse stato procurato al proprio immobile a causa dei lavori, senza, addirittura preventivamente ipotizzarne entità e limiti. L'accordo, per vero, come sopra si è spiegato, era limitato a ristorare la S.L. del danno lecito corrispondente alla perdita di valore del proprio immobile causata dal nuovo assetto dei luoghi, in esatta corrispondenza con l'articolo 44 del d.P.R. numero 327/2001. Giammai avrebbe potuto la controricorrente con la stipula di un tal negozio dare preventiva licenza per tutti i danni materiali lesioni o altro causati dallo svolgimento dei lavori al fabbricato. In disparte è appena il caso di soggiungere che sono inammissibili i lamentati vizi motivazionali e l'invocata violazione degli articolo 115 e 116 cod. proc. civ. non superano lo scrutinio d'ammissibilità. La ricostruzione probatoria, come noto, anche qualora sostenuta dall'asserita violazione degli articolo 115 e 116, cod. proc. civ., non può essere contestata in questa sede, poiché, come noto, l'apprezzamento delle prove effettuato dal giudice del merito non è, in questa sede, sindacabile, neppure attraverso l'escamotage dell'evocazione dell'articolo 116, cod. proc. civ., in quanto, come noto, una questione di violazione o di falsa applicazione degli articolo 115 e 116 cod. proc. civ. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito cfr., tra le varie, Sez. 6, numero 27000, 27/12/2016, Rv. 642299 . Punto di diritto, questo, che ha trovato recente conferma nei principi enunciati dalle Sezioni unite in epoca più recente sent. numero 20867, 30/09/2020, conf. Cass. numero 16016/2021 , essendosi affermato che in tema di ricorso per cassazione, la doglianza circa la violazione dell'articolo 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato - in assenza di diversa indicazione normativa - secondo il suo prudente apprezzamento , pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria come, ad esempio, valore di prova legale ,  oppure,  qualora  la  prova  sia  soggetta  ad  una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato articolo 360, primo comma, numero 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione Rv. 659037 . E inoltre che per dedurre la violazione dell'articolo 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio , mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall'articolo 116 c.p.c. Rv. 659037 . Come noto la giustificazione motivazionale è di esclusivo dominio del giudice del merito, con la sola eccezione del caso in cui essa debba giudicarsi meramente apparente apparenza che ricorre, come di recente ha ribadito questa Corte, allorquando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito  dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture Sez. 6, numero 13977, 23/5/2019, Rv. 654145 ma già S.U. numero 22232/2016 Cass. numero 6758/2022 e, da ultimo, S.U. numero 2767/2023, in motivazione . A tale ipotesi deve aggiungersi il caso in cui la motivazione non risulti dotata dell'ineludibile attitudine a rendere palese sia pure in via mediata o indiretta la sua riferibilità al caso concreto preso in esame, di talché appaia di mero stile, o, se si vuole, standard cioè un modello argomentativo apriori, che prescinda dall'effettivo e specifico sindacato sul fatto. Come questa Corte ha già avuto modo di chiarire, la riformulazione dell'articolo 360, primo comma, numero 5, cod. proc. civ., disposta dall'articolo 54 del d.l. 22 giugno 2012, numero 83, conv. in legge 7 agosto 2012, numero 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'articolo 12 delle preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione, con la conseguenza che è pertanto, denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali anomalia che si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico , nella motivazione apparente , nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile , esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione S.U., numero 8053, 7/4/2014, Rv. 629830 S.U. numero 8054, 7/4/2014, Rv. 629833 Sez. 6-2, numero 21257, 8/10/2014, Rv. 632914 . Qui non ricorre alcuna delle ipotesi sopra richiamate, essendo del tutto ripercorribile la ratio della decisione e gli accertamenti di fatto che ne sono alla base. In conclusione, la sentenza deve essere cassata nei limiti di cui in motivazione e il Giudice del rinvio Corte d'Appello di Napoli in diversa composizione dovrà riesaminare la vicenda facendo applicazione del seguente principio di diritto “il cd. ‘accordo amichevole', volto a determinare l'indennità di cui all'articolo 44 d.P.R. numero 327/2001, salvo l'emergere d'univoca diversa volontà delle parti, è limitato a ristorare il pregiudizio derivante dall'insorgere di una servitù o per una permanente diminuzione di valore dell'immobile per la perdita o la ridotta possibilità di esercizio del diritto di proprietà”. Il Giudice del rinvio regolerà anche le spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'Appello di Napoli, altra composizione, anche per il regolamento del giudizio di legittimità.