L’iniziativa giudiziale promossa dall’avvocato non deve essere sproporzionata rispetto al credito vantato

È fatto divieto all’avvocato di intraprendere azioni giudiziali, quantunque astrattamente consentite dall’ordinamento positivo, che si rivelino tuttavia onerose e tali da gravare la situazione debitoria della controparte rispetto alle effettive ragioni di tutela del proprio cliente.

Il ricorrente impugnava la delibera con la quale il Consiglio Distrettuale di Disciplina competente territorialmente, applicava nei suoi confronti il provvedimento del richiamo verbale. Il Procuratore Generale chiedeva il rigetto del ricorso. Il professionista era stato sottoposto a procedimento disciplinare per violazione dell'articolo 66 del Codice deontologico vigente, per avere aggravato con onerose iniziative giudiziarie la situazione debitoria del debitore senza ciò che corrispondesse ad effettive ragioni di tutela della parte assistita in particolare, avendo pignorato tre immobili di notevole valore, conoscendone il valore di gran lunga superiore rispetto al credito effettivamente vantato dal cliente. A seguito di attività istruttoria espletata, la Sezione Giudicante del Consiglio Distrettuale di Disciplina deliberava farsi luogo nei confronti del ricorrente a richiamo verbale ex articolo 28 Reg. CNF numero 2/2014, precisando che l'iniziativa giudiziaria promossa dal professionista non era corrispondente alle effettive ragioni di tutela della parte assistita, inoltre l'iniziativa era inutilmente gravosa per la controparte e sproporzionata in quanto attuata attraverso il pignoramento di tre appartamenti quando già uno sarebbe stato ampiamente sufficiente a presidiare il credito azionato, con ciò pregiudicando ingiustamente la parte debitrice. Tuttavia, l'ente giudicante riteneva l'infrazione lieve e scusabile e, pertanto, deliberava semplicemente il richiamo verbale. Avverso tale decisione il ricorrente proponeva impugnazione sulla scorta di sei motivi, chiedendo in via principale e nel merito il proscioglimento con la formula “non esservi luogo a provvedimento disciplinare”, ed in via del tutto subordinata e senza riconoscimenti di sorta, la conferma del richiamo verbale. Con il primo motivo di censura si denunciava il travisamento dei fatti di causa e la mancanza di elementi probatori, nonché l'erroneità di alcune circostanze oggetto di incolpazione con il secondo motivo il ricorrente deduceva la legittimità e correttezza deontologica del suo operato, denunciando l'irrilevanza della pretesa sproporzione tra il credito azionato e valore degli immobili pignorati. Con il terzo motivo di ricorso si denunciava la violazione ed errata interpretazione dell'articolo 66 del Codice Deontologico con il quarto motivo si denunciava l'erroneità della mancata corrispondenza del pignoramento ad effettive ragioni di tutela della parte assistita. Con il quinto motivo si denunciava la violazione ed errata interpretazione da parte del Consiglio adito dell'articolo 66 CDF, nella misura in cui le motivazioni dedotte per giustificare la sussistenza dell'infrazione contestata erano insufficienti e alcun riferimento concreto veniva fatto al comportamento tenuto dall'incolpato evidenziando la natura accusatoria del procedimento disciplinare che non evidenziava la sussistenza di alcun illecito. Con il sesto ed ultimo motivo di impugnazione si denunciava il vizio di illogicità e contraddittorietà della decisione gravata. Il primo motivo di ricorso viene ritenuto infondato con riguardo a tutti i profili di censura in esso dedotti nessun travisamento attinge il fatto oggettivo che il pignoramento fosse fondato su un credito precettato di gran lunga inferiore al valore dei tre distinti cespiti immobiliari, tutti a destinazione abitativa parimenti viene ritenuto infondato il secondo motivo di gravame. La previsione dell'articolo 66 CDF vieta all'avvocato di aggravare con onerose iniziative giudiziali la situazione debitoria della controparte e norma deontologica di condotta di carattere generale che, prescindendo dalle regole del diritto processuale e sostanziale, impone all'avvocato di mantenere comportamenti ispirati a principi di lealtà, correttezza e probità, principi cui l'avvocato deve uniformare i propri comportamenti. È proprio su tali principi fonda il divieto di azioni giudiziali che si rivelino tuttavia onerose e tali da aggravare la situazione debitoria della controparte rispetto alle effettive ragioni del proprio cliente. Anche il terzo motivo è da ritenersi infondato, atteso che non pare convincente e tantomeno condivisibile l'assunto del ricorrente secondo cui il CDD avrebbe equiparato l'onerosità e l'aggravamento della situazione debitoria della controparte. Per meglio dire, l'iniziativa onerosa è consistita nell'aver aggredito tre cespiti immobiliari di valore complessivo enormemente superiore, e perciò sproporzionato rispetto al credito vantato ed azionato in quel momento l'iniziativa ha comportato l'aggravamento della posizione debitoria poiché il pignoramento di uno soltanto degli immobili sarebbe stato sufficiente a presidiare adeguatamente le ragioni creditorie. Anche il quarto motivo è infondato, poiché le ragioni addotte di esigenze di effettiva tutela della parte assistita sotto il duplice profilo oggettivo e soggettivo, non possono assumere rilevanza con riguardo al principio di misura di adeguatezza dell'azione giudiziale che deontologicamente non deve pregiudicare oltre il necessario la posizione del debitore. Il quinto motivo è da ritenersi inammissibile in quanto si risolve non in una critica specifica o in una censura puntuale delle argomentazioni svolte dal CDD, ma sull'assunto che difetterebbero precedenti giurisprudenziali e dottrinali sulla specifica questione. Il sesto motivo di gravame che taccia la decisione impugnata di contraddittorietà ed illogicità, non appare meritevole di condivisione in quanto si fonda su travisamento sostanziale di quanto contemplato dall'articolo 28 del Reg. CNF numero 2/2014 che, pur prevedendo in casi di infrazioni lievi e scusabili l'applicazione dei più mite dei provvedimenti disciplinari, e ciò quello del richiamo verbale, presuppone, comunque, l'accertamento e l'affermazione della sussistenza dell'infrazione, e cioè della violazione del precetto deontologico che nel caso in esame, sulla base delle evidenze anche documentali acquisite in sede istruttoria e dibattimentale, sono state ritenute sussistenti. In conclusione, nessuno dei motivi addotti a sostegno del ricorso è stato ritenuto meritevole di accoglimento, pertanto il Consiglio Nazionale Forense ha respinto il ricorso.

Fatto 1 L'avv. [RICORRENTE] è stata sottoposta a procedimento disciplinare per rispondere delle condotte di cui al seguente capo di incolpazione “Violazione dell'articolo 66 del Codice deontologico vigente per avere aggravato con onerose iniziative giudiziarie la situazione debitoria del debitore [AAA], senza che ciò corrispondesse ed effettive ragioni di tutela della parte assistita, in particolare avendo pignorato tre immobili di notevole valore, conoscendone il valore di gran lunga superiore al credito effettivamente vantato dal cliente di € 34.000,00 circa. In Bolzano in data 08/09/2015, data della richiesta della notifica del pignoramento immobiliare”. 2 Il procedimento trae origine dall'esposto a data 18/11/2015, pervenuto al COA di Bolzano il 10/12/2015, presentato dal Sig. [AAA] nei confronti degli Avv.ti [RICORRENTE] e [BBB] mediante il quale l'esponente lamentava a che in pendenza del giudizio numero [OMISSIS]/2015 R.G. incardinato avanti la Corte di Appello di Trento, Sez. Distaccata di Bolzano, nell'ambito del quale l'appellante [AAA] aveva avanzato istanza di sospensione della provvisoria esecutività della impugnata sentenza di primo grado che lo aveva visto soccombente con condanna delle spese di lite ed al risarcimento del danno ex articolo 96 c.p.c. , gli Avvocati [RICORRENTE] e [BBB] avevano notificato per conto del loro assistito Sig. [CCC] atto di precetto intimando il pagamento di importi non corretti atteso che secondo l'esponente il Tribunale aveva liquidato a titolo di risarcimento ex articolo 96 c.p.comma l'importo di “€ 3.00,00”, da intendersi quindi o € 3,00 ovvero € 300,00, mentre il precetto esponeva per tale voce la somma di € 3.000,00 b che all'undicesimo giorno dalla notifica del precetto gli Avvocati [RICORRENTE] e [BBB] avevano richiesto il pignoramento immobiliare c che tale pignoramento aveva colpito tre appartamenti uno sito in Gries della superficie di mq 246 e due siti in Bolzano, rispettivamente di mq. 42 e 38 il cui valore era di gran lunga superiore al credito vantato dal procedente, ammontante a circa € 16.000,00. Ritenendo tale comportamento processuale non corretto essendo il valore dei beni pignorati enormemente superiore a quanto necessario per assicurare la garanzia del credito di circa € 16.000,00, il Sig. [AAA], riservandosi di promuovere azione di risarcimento danni nei confronti del creditore procedente nonché dei suoi difensori per responsabilità processuale aggravata per eccesso del mezzo esecutivo connotata da dolo e colpa grave, chiedeva all'adito Consiglio Distrettuale di Disciplina di valutare e decidere se fossero o meno condotte conformi alla deontologia professionale la notifica dell'atto di precetto ed il pignoramento immobiliare effettuato il primo giorno dopo la 2 scadenza del termine previsto nell'atto di precetto 11° giorno il pignoramento eseguito su immobili di valore notevolmente superiore al credito azionato, considerato che tanto l'[CCC] che i suoi difensori erano e a perfetta conoscenza del valore di tali cespiti, ed altresì che il pignoramento era stato fatto per mettere in difficoltà e danneggiare esso esponente e per impedire un'eventuale vendita degli stessi immobili. Chiedeva, conseguentemente, che il CDD, valutato quanto esposto e ritenuto il comportamento degli Avv.ti [RICORRENTE] e [BBB] in contrasto con i principi della deontologia professionale, applicasse una sanzione a carico dei predetti secondo giustizia ed equità. In conseguenza di tale esposto il CDD di Trento avviava procedimento disciplinare nei confronti degli Avv.ti [RICORRENTE] e [BBB]. A seguito della comunicazione 12/1/2016 del Presidente del COA di Bolzano con cui i predetti avvocati venivano resi edotti dell'esposto presentato dall'[AAA] e della trasmissione dello stesso al CDD di Trento ed invitati a produrre nel termine di giorni 20 le rispettive deduzioni, gli Avv.ti [RICORRENTE] e [BBB] in data 27/1/2016 inviavano una memoria difensiva corredata di numerosi documenti doccomma 1-21 afferenti le plurime vicende giudiziarie che avevano contrapposto l'[AAA] e l'[CCC], e chiedevano l'archiviazione dell'esposto senza formalità per manifesta infondatezza della notizia del preteso illecito disciplinare. Il CDD disattendeva la richiesta di archiviazione e, costituita la Sezione, nominava il Consigliere istruttore, il quale procedeva alle dovute comunicazioni agli interessati, segnalando le facoltà ed i diritti loro spettanti ed invitandoli a formulare osservazioni e deduzioni, anche istruttorie, nel termine di 30 giorni. A fronte di tale comunicazione gli Avv.ti [RICORRENTE] e [BBB] in data 4/11/2016 producevano una seconda memoria difensiva corredata di ulteriore documentazione docomma 23-28 mediante la quale eccepivano preliminarmente la violazione dell'articolo 14 del Regolamento CNF con conseguente illegittimità, nullità e comunque improcedibilità del procedimento disciplinare chiedendo la remissione degli atti al Presidente con rinnovazione dell'istanza di archiviazione senza formalità in ipotesi, eccepivano il mancato completamento dell'attività istruttoria entri i 6 mesi ai sensi dell'articolo 14, 6° comma, del Regolamento CNF inferendone la conseguente nullità, inefficacia e decadenza del procedimento disciplinare in via subordinata di merito, riproponevano le già svolte difese, altresì evidenziando taluni fatti nuovi intervenuti medio tempore costituiti a dalla sentenza della Corte di Appello Sezione Distaccata di Bolzano che aveva rigettato l'appello proposto dall'[AAA] condannandolo alle spese ed aveva altresì corretto l'errore materiale della sentenza di primo grado laddove l'importo liquidato per risarcimento ex articolo 96 c.p.comma doveva intendersi essere di € 3.000,00 b dal fatto che nella esecuzione immobiliare aveva spiegato intervento Equitalia per un credito di € 3.382,93 c che il debitore esecutato aveva presentato istanza di conversione a fronte della quale il Giudice 3 dell'esecuzione aveva indicato gli importi complessivamente dovuti dall'[AAA] in € 38.400,00 circa. A conclusione della fase di istruttoria preliminare, e dopo l'audizione degli interessati espletata in data 8/2/2017, in esito alla seduta della Sezione del 10/4/2017 quest'ultima, aderendo alle conclusioni del Consigliere istruttore, deliberava di disporre a l'archiviazione della notizia di illecito disciplinare nei confronti dell'Avv. [BBB] in relazione a tutti i fatti oggetto di doglianza b l'archiviazione della notizia di illecito disciplinare nei confronti dell'Avv. [RICORRENTE] in relazione alla errata intimazione di pagamento nell'atto di precetto ed alla eccessiva solerzia della richiesta di notifica dell'atto di pignoramento c l'apertura del procedimento disciplinare nei confronti dell'Avv. [RICORRENTE] formulando il capo di incolpazione nei termini richiesti dal Consigliere istruttore, e come riportato al superiore punto 1 . Nel termine assegnato l'Avv. [RICORRENTE] produceva una terza memoria difensiva datata 20/4/2017 allegando ulteriori nuovi documenti doccomma 29-34 mediante la quale sostanzialmente riproponeva le eccezioni e difese, di rito e di merito, già in precedenza dedotte faceva seguito, in data 16/7/2017, una ulteriore audizione dell'Avv. [RICORRENTE] da parte del Consigliere istruttore. In data 4/12/2017 la Sezione del CDD, su conforme proposta del Consigliere istruttore, deliberava la citazione a giudizio dell'Avv. [RICORRENTE] per rispondere del già formulato capo di incolpazione e quindi, con successivo provvedimento del 15/1/2018, notificato all'interessata il 26/1/2018, fissava per il dibattimento l'udienza del 26/2/2018. Successivamente alla notifica della citazione a comparire l'Avv. [RICORRENTE] in data 2/2/2018 depositava una quarta memoria avente ad oggetto il ricorso per ricusazione nei confronti di tutti i componenti della Sezione Giudicante n° 18, sollevando anche questione di illegittimità costituzionale degli articolo 50 e seguenti della Legge numero 247/2012 come attuata con Regolamento numero 2/2014, allegando ulteriore documentazione doccomma 35-37 . In vista dell'udienza dibattimentale fissata per il 26/2/2018 l'Avv. [RICORRENTE] produceva una quinta memoria difensiva con altra documentazione doccomma 38-56 . Il CDD di Trieste, investito del ricorso per ricusazione, con provvedimento 7/5/2018 ne dichiarava l'inammissibilità. In esito a tale decisione il CDD di Trento, preso atto che avverso la stessa non era stata proposta impugnazione, deliberava nuovamente la citazione a giudizio dell'incolpata per l'udienza del 1/10/2018. In data 11/9/2018 l'Avv. [RICORRENTE] produceva una sesta memoria difensiva allegando altra documentazione doccomma 57-59 , e quindi all'udienza depositava deduzioni scritte ed ulteriori documenti doccomma 60-65 . In tale sede la Sezione procedeva all'audizione dell'esponente [AAA] per poi dare la parola all'incolpata ed al suo difensore. 4 All'esito, la Sezione Giudicante del CDD di Trento, con decisione del 1°-29 ottobre 2018, notificata il 31/10/2018, ritenuta la sussistenza dell'infrazione contestata, e considerato comunque che la stessa era risultata lieve e scusabile, deliberava farsi luogo nei confronti dell'Avv. [RICORRENTE] a richiamo verbale ex articolo 28 Reg CNF numero 2/2014. 4 Nella motivazione della decisione il CDD di Trento, confermato il rigetto delle varie eccezioni pregiudiziali e preliminari già in precedenza disattese ma la questione non assume rilevanza nella presente sede avendo la ricorrente prestato espressa acquiescenza sul punto , riteneva accertate e definite le circostanze oggetto di incolpazione atteso, in particolare, che l'Avv. [RICORRENTE], a fronte di un credito di circa Euro 18.000,00 vantato dal proprio cliente [CCC] aveva pignorato tre appartamenti, di cui uno di 246 mq in Gries, frazione di Canazei, nota località turistica e due, rispettivamente di 42 e 38 mq in Bolzano, via [OMISSIS], di valore complessivo superiore al milione e mezzo di euro. Assumeva la Sezione del CDD di Trento che “tratta va si di iniziativa giudiziaria non corrispondente alle effettive ragioni di tutela della parte assistita”, ed altresì di iniziativa inutilmente gravosa per la controparte e sproporzionata in quanto attuata attraverso il pignoramento di tre appartamenti quando già uno sarebbe stato ampiamente sufficiente a presidiare il credito azionato, con ciò pregiudicando ingiustamente la parte debitrice. A conforto del proprio dictum, ed a confutazione delle argomentazioni difensive reiteratamente svolte dell'incolpata nel corso delle varie fasi del procedimento disciplinare, assumeva il CDD che gli invocati principi di diritto sostanziale e processuale civile che consentono il pignoramento in eccesso e prevedono la riduzione d'ufficio o su istanza del debitore del pignoramento, la richiesta di conversione, la proponibilità di opposizione all'esecuzione ex articolo 615 c.p.comma o ai singoli atti di esecuzione ex articolo 617 c.p.c., dedotti dall'Avv. [RICORRENTE] a giustificazione del proprio operato e della legittimità dello stesso non valgono a giustificare la violazione dell'autonomo e ben distinto dovere deontologico di non aggravare la situazione debitoria della controparte quando ciò non corrisponda ad effettive ragioni di tutela della parte assistita. Affermava ancora il CDD l'irrilevanza del fatto che si tratti di una singola iniziativa giudiziaria o di una pluralità di azioni l'articolo 66 C.D. distingue infatti le iniziative giudiziarie suscettibili di giudizio di disvalore sotto il profilo deontologico in “onerose o plurime”, di talché è la stessa norma a determinare le due categorie ed ammetterle alternativamente iniziative onerose o iniziative plurime ed ancora che l'onerosità delle iniziative neppure può misurarsi in ragione delle correlate e conseguenti spese legali, con il mero conteggio e raffronto degli importi relativi all'una o all'altra procedura. Ciò che ad avviso del CDD rileva sotto il profilo deontologico con riguardo al caso in esame è l'effettiva evidente sproporzione tra il credito vantato circa € 18.000,00 al momento del pignoramento ed il numero ed il valore dei beni immobili pignorati che, anche se non esattamente determinato, era senz'altro rilevante e assolutamente 5 superiore e sproporzionato rispetto al credito fatto valere, anche tenuto conto dell'ipotetico eventuale intervento di altri creditori paventato dall'incolpata la quale, per l'appunto, aveva valorizzato il fatto di dover comunque prevedere la possibilità che nell'esecuzione potessero intervenire altri creditori, avendo tra l'altro avuto notizia, seppure in via ufficiosa, dell'esistenza di un debito dell'[AAA] verso l'Erario, circostanza poi rivelatasi esatta avendo Equitalia spiegato intervento per un credito di € 3.382,93 assistito da privilegio, mentre quello del cliente dell'incolpata era di natura chirografaria. Neppure veniva riconosciuto alcun pregio al fatto, dedotto dall'Avv. [RICORRENTE] a propria giustificazione e difesa, che quest'ultima avesse optato per una esecuzione immobiliare che, per sua natura e forma, si rivelava “più riservata” e di minore clamore e discredito rispetto ad una esecuzione mobiliare, sia presso il debitore che presso terzi. Ritenuta dunque la sussistenza della condotta deontologicamente illecita come contestata, riteneva tuttavia il CDD di accedere alla richiesta subordinata avanzata dalla incolpata di riconoscere, in ipotesi, che si trattava comunque di infrazione lieve e scusabile, e ciò in considerazione dei seguenti fatti che il credito azionato aveva ad oggetto la condanna dell'[AAA] per responsabilità processuale aggravata ex articolo 96 c.p.c. che il debitore era stato condannato in ragione di reiterati comportamenti processuali meramente dilatori e per temeraria resistenza a domande fondate che il debitore aveva richiesto la revoca della provvisoria esecutività della sentenza di primo grado motivando artificiosamente su un mero -ed evidente errore materiale che il debitore aveva contestato un precedente accordo mediante segnalazione disciplinare a carico dell'Avv. [RICORRENTE], poi archiviata che il debitore aveva tenuto un comportamento dilatorio rispetto alla statuizione della condanna che, infine, l'Avv. [RICORRENTE] non aveva alcun precedente disciplinare. Ritenuta pertanto l'infrazione lieve e scusabile, il CDD di Trento ai sensi dell'articolo 28 del Regolamento CNF numero 2/2014 articolo 22, numero 4 Codice Deontologico deliberava il richiamo verbale. 5 Avverso tale decisione la ricorrente ha proposto tempestiva e rituale impugnazione, articolata su sei motivi di ricorso, ed ha chiesto, in via principale e nel merito, il proscioglimento con la formula “non esservi luogo a provvedimento disciplinare”, ed in via del tutto subordinata e senza riconoscimenti di sorta e comunque salvo impugnativa alla Corte Suprema di Cassazione , la conferma del richiamo verbale. 5.1 Con il primo motivo di gravame l'avv. [RICORRENTE] denuncia il travisamento dei fatti di causa da parte del CDD di Trento e la mancanza di elementi probatori, nonché l'erroneità di alcune circostanze oggetto di incolpazione. In particolare, la ricorrente rimarca la non correttezza di alcune affermazione del CDD sia con riguardo al fatto che sebbene il credito iniziale vantato dal cliente dell'avv. [RICORRENTE] fosse di € 18.746,12, a seguito di successivi interventi nell'esecuzione immobiliare lo stesso era aumentato ad € 34.460,68, sia con riguardo alla del tutto omessa circostanza -viceversa importante che nella esecuzione 6 immobiliare era intervenuto il Fisco per un credito privilegiato. Inoltre, da parte del CDD non era stato fornito alcun elemento motivazionale, e men che meno probatorio, in ordine all'effettivo valore di mercato dei tre immobili staggiti, giudicato sproporzionato senza neanche una “semplice consultazione da un qualsiasi sito di valutazioni di immobili on line” verifica di cui viceversa avrebbe dovuto farsi carico la stessa Avv. [RICORRENTE] . 5.2 Con il secondo motivo di gravame la ricorrente deduce la legittimità e correttezza deontologica del suo operato in ordine al criticato “pignoramento di tre immobili di notevole valore conoscendone il valore di gran lunga superiore al credito effettivamente vantato”, e denuncia come illogiche e tautologiche le considerazioni svolte in punto dalla impugnata decisione, nonché la non rispondenza delle stesse “alla realtà processuale dei procedimenti di esecuzione immobiliare e comunque contrarie al Codice Civile articolo 2740 e segg. , al Codice di Procedura Civile in particolare articolo 495 e 496 ed alla relativa giurisprudenza univoca della Corte di Cassazione ed in violazione dell'articolo 66 nuovo Codice deontologico forense”. Segnatamente, l'Avv. [RICORRENTE] denuncia l'irrilevanza della pretesa sproporzione tra credito azionato e valore degli immobili pignorati, non esistendo alcuna norma che predichi tale principio ed affermi l'illiceità o l'invalidità di una richiesta di pignoramento anche in eccesso, neanche essendo configurabile alcun diritto al risarcimento ex articolo 2043 c.c., e stante comunque la piena discrezionalità del giudice circa la riduzione anche ufficiosa del pignoramento ex articolo 496 c.p.c Iniziativa che nel caso di specie il giudice della esecuzione non aveva ritenuto di assumere e che, invero, neppure l'esecutato aveva sollecitato e/o richiesto. Sotto altro profilo la ricorrente censura gli asserti del CDD di Trento circa la presunta conoscenza della sproporzione tra il valore degli immobili pignorati ed il credito vantato dall'[CCC], la possibilità di conoscere tale valore dalla semplice consultazione di siti on line, la consapevolezza che uno dei tre appartamenti sarebbe stato ampiamente sufficiente ad apprestare idonea garanzia al credito. Trattasi, ad avviso dell'Avv. [RICORRENTE], di affermazioni “al di fuori della realtà processuale”, da un lato perché tale genere di informazioni sono scarsamente affidabili e comunque non tengono conto di molteplici fattori regolarità urbanistica, esistenza di vincoli pubblicistico e/o privatistici, stato di degrado dell'immobile e/o condizioni di manutenzione occupazione da parte di del proprietario e/o terzi, ecc. , dall'altro perché la procedura esecutiva implica di per sé fattori di incertezza sul futuro ricavo concreto, anche in relazione al rischio di interventi di altri creditori, in special modo quando, come nel caso di specie, si agisca per un credito chirografario. 5.3 Con il terzo motivo di ricorso l'Avv. [RICORRENTE], ancora ribandendo la legittimità e correttezza deontologica del proprio operato, denuncia violazione ed errata interpretazione dell'articolo 66 del Codice deontologico con riguardo all'asserito aggravamento della situazione debitoria dell'[AAA], anzitutto censurando come tautologiche ed in realtà inesistenti le motivazioni addotte in punto dal CDD che ha equiparato, ed inammissibilmente fatto 7 coincidere, due presupposti autonomi della previsione normativa contestata, e cioè da un lato l'onerosità e dall'altro la pluralità di iniziative giudiziali. Presupposti peraltro insussistenti entrambi in quanto, rivelandosi quella della “sproporzione” categoria giuridica deontologicamente inesistente per le medesime ragioni addotte a sostegno del secondo motivo di gravame, ne consegue che non può discenderne alcun carattere “oneroso” dell'iniziativa giudiziale intrapresa. E neppure la pluralità di iniziative prevista dalla norma, ed evocata dal plurale usato nel capo di incolpazione “… per aver aggravato con onerose iniziative giudiziarie ,,,” , era da ritenersi ricorrente nel caso specie avendo l'Avv. [RICORRENTE] intrapreso un'unica iniziativa esecutiva, e cioè il pignoramento immobiliare da cui ha tratto origine la procedura R.G.Es. numero [OMISSIS]. Non può dunque parlarsi, ad avviso della ricorrente, di aggravamento della situazione debitoria dell'[AAA], fatto in verità neanche contestato dal diretto interessato nel proprio esposto, tra l'altro trattandosi di circostanza non precisata concretamente e comunque non comprovata dal CDD di Trento “… che non ha, in alcun modo, né indicato, né specificato in che cosa consistesse l'onerosità o l'aggravamento della posizione debitoria del dott. [AAA].” , e nemmeno riconducibile agli oneri ed alle spese legali conseguenti alla procedura esecutiva esperita essendo questi rapportati al credito azionato e non al valore dei cespiti aggrediti. 5.4 Con il quarto motivo di ricorso l'Avv. [RICORRENTE], sempre riaffermando la legittimità e correttezza deontologica del proprio operato, denuncia violazione ed errata interpretazione dell'articolo 66 del Codice deontologico in ordine alla mancata corrispondenza del pignoramento ad effettive ragioni di tutela della parte assistita. Si duole più specificamente la ricorrente che il CDD di Trento, senza alcuna ragionevole spiegazione, abbia escluso che il comportamento tenuto dall'Avv. [RICORRENTE] corrispondesse ad effettive ragioni di tutela della parte assistita, semplicisticamente riconducendo ed individuando tale non corrispondenza nell'asserita sproporzione tra credito azionato e valore degli immobili pignorati, facendo quindi coincidere due presupposti diversi ed autonomi previsti dall'articolo 66 del codice deontologico, senza tuttavia spendere una parola per esaminare ed approfondire tutte quelle circostanze già dalla ricorrente evidenziate nel corso del procedimento per giustificare la necessità di procedere con il pignoramento immobiliare a carico di tutti i beni immobili del Sig. [AAA]. In particolare si duole l'Avv. [RICORRENTE] della mancanza nel provvedimento impugnato di alcuna concreta motivazione in ordine alla affermata circostanza che la stessa non avrebbe tenuto conto delle effettive ragioni di tutela della parte assistita, e di concreta indicazione circa il motivo per cui avrebbe dovuto limitare il pignoramento a soltanto uno dei mini appartamenti dell'[AAA], esponendosi al rischio di intervento di altri creditori privilegiati o chirografari e quindi all'ulteriore rischio di non poter recuperare gli importi dovuti, ovvero avrebbe dovuto limitare il pignoramento all'appartamento più grande e di maggior valore. 5.5 Con il quinto motivo di ricorso l'Avv. [RICORRENTE] denuncia la violazione ed errata 8 interpretazione da parte del CDD di Trento dell'articolo 66 CDF nella misura in cui le motivazioni addotte a giustificare la sussistenza dell'infrazione contestata, comunque ritenute insufficienti, tautologiche e perplesse, non avevano avuto alcun riferimento concreto, da un lato, al comportamento tenuto dall'incolpata, da altro lato, alle specifiche decisioni pronunciate dal CNF in tema di violazione dell'articolo 66 CDF, nessuna delle quali aveva preso in esame condotte assimilabili alla fattispecie contestatale. Con il medesimo motivo la ricorrente, ricordata la natura accusatoria del procedimento disciplinare, denuncia la mancanza di riscontri probatori certi e concludenti in ordine alla responsabilità deontologica ascritta, in ragione della qual carenza, e comunque di incertezza sulla stessa, non poteva affermarsi la sussistenza di un illecito disciplinare. 5.6 Con il sesto motivo di impugnazione la ricorrente denuncia il vizio di illogicità e contraddittorietà della decisione gravata laddove, pur riconoscendo la ricorrenza di plurime circostanze tali da far ritenere l'infrazione lieve e scusabile, le stesse non erano state ritenute elementi sufficienti per giustificare la piena legittimità deontologica dell'operato dell'incolpata e quindi portare al pieno proscioglimento della stessa. MOTIVI DELLA DECISIONE In via preliminare pare opportuno, anche in ragione del tempo trascorso dalla commissione del fatto ascritto e del tenore letterale del capo di incolpazione, scrutinare la natura dell'illecito in esame. Seppur la condotta di cui al capo di incolpazione venga riferita e collocata temporalmente alla data di notifica al debitore del pignoramento immobiliare 8 settembre 2015 , atto con cui è stata promossa la procedura esecutiva poi rubricata al n° [OMISSIS] R.G.Es. del Tribunale di Bolzano, appare di tutta evidenza la natura permanente dell'illecito protrattosi con la prosecuzione dell'esecuzione fino alla data di conclusione della stessa, individuabile nel provvedimento con cui il giudice dell'esecuzione, in accoglimento della domanda di conversione del pignoramento, ha poi disposto la cancellazione dello stesso, provvedimento assunto in data 30 novembre 2016 al quale peraltro è stata data finale esecuzione dal giudice tavolare del Tribunale di Bolzano solo in data 11 gennaio 2017 . La pendenza della procedura esecutiva fino a tale data dimostra che l'Avv. [RICORRENTE] non si è limitata alla notifica del pignoramento che, preso singolarmente avrebbe potuto risolversi in un illecito di natura istantanea, bensì che la stessa ha poi atteso anche a tutti i successivi adempimenti, quali la trascrizione eseguita sui tre distinti cespiti immobiliari questo essendo l'atto, conseguente a quello, che più concretamente ha dato consistenza all'illecito, sottraendo alla disponibilità del debitore una consistente parte del suo patrimonio immobiliare, in ampia eccedenza rispetto all'esigenza di presidiare il credito vantato dall'[CCC] che a quel momento, unico essendo il titolo esecutivo di cui lo stesso poteva giovarsi, ammontava come da precetto ad € 18.746,12 e, successivamente, l'iscrizione a ruolo della procedura nonché il 9 deposito dell'istanza di vendita. E ancora il decreto di fissazione dell'udienza ex articolo 569 c.p.comma e di nomina dell'esperto per la stima dei beni staggiti reso dal G.E. in data 2/1/2016 docomma 12 dell'allegato C , il successivo decreto di liquidazione del relativo compenso emesso dal giudice dell'esecuzione in sede di ordinanza di conversione del 19/10/2016 docomma 28 dell'allegato D , il provvedimento del G.E. del 30/11/2016 di cancellazione dell'annotazione del pignoramento reso in esito all'udienza del 30/11/2016 alla quale aveva partecipato il sostituto processuale dell'Avv. [RICORRENTE], docomma 29 dell'allegato E , atti evincibili dalle stesse produzioni documentali dimesse dall'Avv. [RICORRENTE] nel corso del procedimento avanti il CDD di Trento ed ancora a corredo del ricorso a questo Consiglio, danno conto della ulteriore e continuativa -quantomeno fino al 30/11/2016 condotta da parte dell'Avv. [RICORRENTE] attuativa dell'illecito contestato, cui va ad aggiungersi, rivelando in certa misura le finalità perseguite, l'intervento spiegato nell'esecuzione per le spese liquidate a carico dell'[AAA] in esito al giudizio di appello, che alla data del pignoramento era stato appena avviato. Passando all'esame dei singoli motivi di ricorso si rileva quanto di seguito. Il primo motivo di ricorso è infondato con riguardo a tutti i profili di censura in esso dedotti. Nessun travisamento attinge il fatto oggettivo che il pignoramento fosse fondato su un credito precettato di € 18.746,12 e che avesse colpito tre distinti cespiti immobiliari tutti a destinazione abitativa dalla stessa ricorrente confermato al punto 2 del motivo di impugnazione . Neppure è stata posta in discussione la consistenza catastale dei detti tre cespiti uno dei quali costituito da un appartamento della superficie di mq. 246 . Ne consegue che il rilievo mosso, che investe l'assunto enunciato dal CDD che tali immobili fossero di notevole valore e che tale valore fosse complessivamente superiore al milione e mezzo di euro, si rileva infondato laddove si consideri che l'asserto del CDD trova sufficiente riscontro e congruente conferma nelle produzioni documentali versate in atti dalla stessa incolpata, ed in particolare nella “Tabella di raffronto” e relativi allegati inerente le stime operate nell'ambito di varie procedure esecutive immobiliari, dimessa a corredo della “Quinta memoria difensiva conclusiva e dibattimentale nonché di produzione di documenti nell'interesse dell'Avv. [RICORRENTE]” del 16/2/2018 All. “I” al ricorso, docomma 51 ed allegati . Pur non conoscendosi quali sia stato il criterio di individuazione delle esecuzioni prese a riferimento, dall'esame di detta documentazione è possibile evincere i valori di stima dei diversi immobili oggetto di quelle esecuzioni. Ebbene, nell'esempio 9, che parrebbe il più raffrontabile con il caso di specie perché relativo ad un immobile residenziale sito in Valdaora, anch'essa località turistica, sebbene meno nota ed appetibile di Greis, ad un fabbricato residenziale della superficie di mq. 344,90 risulta attribuito un valore di stima di € 1.155.000,00, pari ad un valore di € 3.348,79/mq. L'assunto del CDD di Trento che i cespiti pignorati in danno del debitore tre appartamenti rispettivamente di mq. 245, mq. 42 e mq. 38 fossero di valore complessivo notevole e largamente eccedente rispetto al credito di € 18.746,12 precettato e posto a base del 10 pignoramento, quand'anche inizialmente fondato sulla comune esperienza dei suoi pur qualificati componenti, ovvero su fatto notorio peraltro suscettibile di facile verifica, trova dunque negli atti del procedimento conferma e concludente riscontro anche probatorio alla cui eventuale mancata esplicitazione nella motivazione della decisione può senz'altro sopperirsi nella presente sede . A tal riguardo mette altresì conto rilevare che una non trascurabile parte del credito di € 34.000,00 enunciato nel capo di incolpazione, pari a circa € 15.700,00 è in realtà data da crediti insorti successivamente al pignoramento, tanto che per essi è stato spiegato intervento nella procedura esecutiva circostanza pacifica e pure essa risultante dagli atti . Il secondo motivo di gravame si rivela anch'esso infondato con riguardo a ciascuno dei profili di critica dedotti. Relativamente alle censure inerenti l'enunciata notevole sproporzione tra l'ammontare del credito azionato ed il valore degli immobili pignorati, e la astratta liceità di un pignoramento anche in eccesso stante la piena discrezionalità del giudice dell'esecuzione circa la riduzione anche ufficiosa dello stesso ex articolo 496 c.p.c., riduzione peraltro nel caso di specie non operata, e stante altresì la non configurabilità in tale ipotesi, secondo l'autorevole giurisprudenza della Suprema Corte, di alcun danno ex articolo 2043 c.c., la motivazione addotta al riguardo dal CDD appare invero corretta e condivisibile. La previsione dell'articolo 66 CDF, che vieta all'avvocato di aggravare con onerose iniziative giudiziali la situazione debitoria della controparte, è norma deontologica di condotta di carattere generale che, prescindendo dalle regole del diritto processuale e sostanziale, impone all'avvocato di mantenere comportamenti ispirati a principi di lealtà, correttezza e probità che hanno portata diversa e ben più ampia di quelle regole, principi cui l'avvocato deve informare i propri comportamenti e che non trovano limiti nel fatto che esistano strumenti di natura processuale ovvero sostanziale che pur consentono di porre utilmente rimedio alla loro violazione. E proprio su tali principi fonda il divieto di azioni giudiziali, quantunque astrattamente consentite dall'ordinamento positivo, che si rivelino tuttavia onerose e tali da aggravare la situazione debitoria della controparte rispetto alle effettive ragioni di tutela del proprio cliente. Il che implica il rispetto di quel concetto di proporzionalità che correttamente il CDD ha ritenuto travalicato proprio in relazione a quanto già sopra evidenziato circa il valore complessivo dei plurimi cespiti immobiliari staggiti e la oggettiva modestia del credito azionato e a quel momento azionabile in excutivis. Ulteriore profilo di censura dedotto con il secondo motivo di gravame, peraltro strettamente correlato al precedente, riguarda la asserita conoscibilità da parte dell'Avv. [RICORRENTE] mediante semplice consultazione di uno dei tanti siti di valutazione di immobili on line del valore complessivo degli immobili pignorati, uno soltanto dei quali, quello di maggior consistenza, sarebbe stato sufficiente a presidiare con amplissimo margine il credito azionato. La critica della ricorrente, come già accennato, si fonda sui seguenti argomenti a impossibilità di 11 verificare ex ante il prezzo di vendita all'asta, non potendosi conoscere l'esistenza o meno di eventuali vincoli urbanistici e/o privatistici gravanti su un immobile, la regolarità urbanistica e lo stato di manutenzione e la situazione di occupazione dello stesso ed ulteriori elementi accidentali comportanti un abbattimento dell'astratto valore commerciale b impossibilità di prevedere il realizzo finale della vendita ed il ricavato concreto conseguibile, suscettibile quest'ultimo di essere condizionato da eventuali interventi di altri creditori in ipotesi anche privilegiati. A conforto della propria tesi la ricorrente richiama, riportandola nel ricorso, la già citata “Tabella di raffronto” prodotta a corredo della Quinta memoria difensiva del 16/2/2018. Anche tale censura non coglie nel segno proprio dalla già richiamata “Tabella di raffronto” emergono previsioni di ricavo comportanti una riduzione rispetto al valore di stima mediamente del 60% che tuttavia, ove rapportate al presumibile valore dei cespiti pignorati, tema già trattato con riguardo al primo motivo di gravame, risultano largamente eccedenti il credito azionato € 18.000,00 , e ciò anche a voler tener conto del credito complessivo vantato dall'[CCC] anche a seguito del successivo intervento € 34.000,00 circa , quantunque tale incremento, seguendo la prospettazione argomentativa della ricorrente, risulterebbe “assorbito” nella percentuale di riduzione tra valore di stima e finale ricavo. Il terzo motivo di gravame, mediante il quale l'Avv. [RICORRENTE] deduce la violazione e l'errata interpretazione dell'articolo 66 CDF in ragione della protestata insussistenza dei presupposti dell'onerosità, delle molteplicità delle iniziative giudiziali e dell'aggravamento della posizione debitoria della controparte, è pure esso infondato. Va preliminarmente sgombrato il campo dell'inconferente tema della insussistenza nel caso di specie di azioni giudiziali plurime sebbene il capo di incolpazione usi l'espressione al plurale “… con onerose iniziative giudiziarie” è pacifico che la procedura esecutiva immobiliare promossa dall'Avv. [RICORRENTE] sia stata unica. La questione peraltro non assume alcuna rilevanza in quanto la stessa norma di cui è stata contestata la violazione prevede due condotte differenti, entrambe aventi rilevanza disciplinare le iniziative plurime ovvero quelle onerose che, pertanto, possono consistere anche in una sola iniziativa, come peraltro correttamente affermato dal CDD. Ciò premesso, non pare convincente e tantomeno condivisibile l'assunto della ricorrente secondo cui il CDD avrebbe equiparato e fatto coincidere due dei presupposti autonomi e separati previsti dall'articolo 66 CDF, e cioè l'onerosità e l'aggravamento della situazione debitoria della controparte. In realtà, a ben leggere la motivazione della pronuncia impugnata punto 3 , l'analisi della vicenda e la conseguente verifica della ricorrenza di entrambi gli elementi previsti dalla norma deontologica è stata correttamente svolta dal CDD che ne ha dato puntuale conto l'iniziativa onerosa è consistita nell'aver aggredito tre cespiti immobiliari di valore complessivo enormemente superiore, e perciò sproporzionato, rispetto al credito vantato ed azionato a quel momento, riguardo al quale vanno rapportate le ragioni di tutela della parte assistita iniziativa che ha comportato l'aggravamento della posizione 12 debitoria dell'[AAA] avendolo privato della disponibilità giuridica ed economica di tre appartamenti, quando il pignoramento di uno soltanto di essi sarebbe stato sufficiente a presidiare adeguatamente ed efficacemente quelle ragioni creditorie. Parimenti inconferente è poi il richiamo al successivo passaggio del punto 6 della motivazione, dove il riferimento alla onerosità con riguardo alle spese legali di procedura ha tutt'altro risvolto argomentativo, trattandosi di mera replica ad uno degli argomenti adotti dall'Avv. [RICORRENTE] per giustificare la propria scelta nella presunzione invero poco verosimile ed ancor meno credibile che un'esecuzione mobiliare avrebbe comportato costi per il debitore maggiori che un'esecuzione immobiliare. Argomento peraltro riproposto anche nella parte finale del motivo di ricorso in esame, che tuttavia non assume rilievo alcuno rispetto alla censura sollevata. Altrettanto inconferenti sono le argomentazioni svolte sia sulle ragioni che avrebbero giustificato la scelta dell'esecuzione immobiliare rispetto a quella mobiliare presso il debitore ovvero presso terzi, asseritamente dettate dallo scrupolo di non recare imbarazzo e/o disagio al Dott. [AAA], sia sulla condotta inadempiente di quest'ultimo rispetto all'obbligo di pagamento di quanto giudizialmente liquidato a suo carico, sia, infine, sulla mancata richiesta da parte dello stesso della riduzione del pignoramento. Il quarto motivo di impugnazione, del pari dei precedenti, è pure infondato. Con esso in primis vengono riproposte, seppur sotto il diverso profilo della ricorrenza di effettive ragioni di tutela della parte assistita, le censure al tema dell'onerosità dell'azione esecutiva intentata e della sproporzione tra credito e valore dei plurimi cespiti pignorati. Nel richiamare al riguardo le argomentazioni già svolte nell'esame dei precedenti motivi di impugnazione, giova anzitutto evidenziare l'errore in cui la ricorrente incorre nella lettura ed interpretazione del passaggio motivazionale della pronuncia impugnata, laddove al punto 3 il CDD afferma che “l'Avv. [RICORRENTE] ha proceduto con un'iniziativa giudiziaria sproporzionata in relazione alla tutela delle ragioni creditorie del proprio cliente, pignorando tre appartamenti quanto già uno sarebbe stato ampiamente sufficiente così pregiudicando ingiustamente la parte debitrice”. In disparte le considerazioni del tutto unilaterali svolte dalla ricorrente tanto in merito alla astratta possibilità di vedersi contestata la sproporzione tra credito e valore del bene anche qualora fosse stato pignorato soltanto l'appartamento di maggior consistenza, con riguardo al richiamo alla legittimità sotto il profilo civilistico del c.d. pignoramento in eccesso non paiono convincenti e tantomeno concludenti le ragioni addotte a sostegno della ricorrenza e prevalenza delle esigenze di effettiva tutela della parte assistita sotto il duplice profilo oggettivo e soggettivo. Quanto al primo aspetto, attinente all'incertezza del ricavato ed alla possibilità di intervento dei altri creditori, si richiama quanto già argomentato in punto nell'esame del terzo motivo di impugnazione quanto alle ragioni soggettive, tutte facenti riferimento a pregresse -ma in verità anche successive rispetto al pignoramento condotte processuali ed 13 extraprocessuali anche meramente ipotetiche dall'[AAA], non si ritiene che le stesse possano assumere rilevanza con riguardo al principio di misura e di adeguatezza dell'azione giudiziale intentata predicato dalla norma deontologica in esame che impone, appunto, di non pregiudicare oltre il necessario la posizione del debitore. Il quinto motivo, che attinge anch'esso la motivazione della decisione impugnata ancora sotto il profilo dell'errata interpretazione dell'articolo 66 CDF, risolvendosi non in una critica specifica e/o censura puntuale delle argomentazioni svolte dal CDD di Trento genericamente qualificate insufficienti, tautologiche e perplesse , bensì nell'assunto che difetterebbero precedenti giurisprudenziali e dottrinali sulla specifica questione, è in parte qua inammissibile. Quanto poi al rilievo circa la mancanza di riscontri probatori in ordine a qualsiasi responsabilità deontologica, lo stesso trova smentita nella documentazione relativa alla procedura esecutiva, già richiamata nel paragrafo iniziale dedicato al tema della natura dell'illecito in esame. Il sesto motivo di gravame, che taccia la decisione impugnata di contraddittorietà ed illogicità, non appare meritevole di condivisione in quanto viziato da un errore concettuale di fondo. La ricorrente si duole del fatto che il CDD, nel riconoscere l'infrazione lieve e scusabile ai sensi e per gli effetti di cui agli articolo 52 L. numero 247/2012 e articolo 28 Regolamento CNF numero 2/2014 in ragione dei comportamenti tenuti dall'esponente espressamente richiamati, avrebbe per ciò stesso dovuto ritenere quegli stessi elementi sufficienti per giustificare la piena legittimità e correttezza della condotta dell'incolpata. L'assunto si fonda su un travisamento sostanziale di quanto contemplato dall'articolo 28 del Regolamento CNF numero 2/2014 che, pur prevedendo in casi di infrazioni lievi e scusabili l'applicazione del più mite dei provvedimenti disciplinari, e cioè quello del richiamo verbale, presuppone comunque l'accertamento e l'affermazione della sussistenza dell'infrazione, e cioè della violazione del precetto deontologico, nello specifico del divieto previsto dall'articolo 66 CDF, che nel caso in esame il CDD di Trento sulla base delle evidenze anche documentali acquisite in sede istruttoria e dibattimentale ha ritenuto integrata dalla condotta dell'Avv. [RICORRENTE]. Conclusivamente, nessuno dei motivi addotti a sostegno del ricorso proposto dall'Avv. [RICORRENTE] non merita accoglimento. La condotta tenuta dall'odierna ricorrente, così come descritta nel capo di incolpazione, e sulla cui sussistenza da un punto di vista storico-fattuale non c'è mai stata contestazione neppure da parte dell'interessata, come ritenuto dal CDD di Trento con corretta valutazione condivisa da questo Collegio e adeguata motivazione, se del caso e per quanto occorrer possa da ritenersi integrata con quelle addotte nella presente sede, configura l'illecito deontologico previsto e sanzionato dall'articolo 66 del CDF. Quanto alla sussistenza dell'elemento soggettivo è sufficiente rilevare che la scelta di aggredire una pluralità di cespiti immobiliari aventi un valore complessivo di gran lunga 14 eccedente l'ammontare del credito assistito dall'unico titolo giudiziale azionabile in executivis fu scelta consapevole e voluta, motivata tuttavia da ragioni e circostanze che seppur suscettibili di essere prese in considerazione ai fini della determinazione del provvedimento deontologico da adottare, non valgono ad esimere l'intrinseca contrarietà della condotta contestata al divieto imposto dall'articolo 66 CDF. P.Q.M. Visti gli articolo 36 e 37 L. numero 242/2012 e gli articolo 59 e segg. del R.D. 22.1.1934, numero 37 il Consiglio Nazionale Forense respinge il ricorso. Dispone che in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma per finalità di informazione su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica sia omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati riportati nella sentenza.