La condotta del contribuente non sorretta da valide ragioni economiche integra gli estremi di una condotta elusiva

La concessione simulata da parte dei soci di finanziamenti infruttiferi integra gli estremi di una condotta elusiva. In particolare, è elusiva la condotta del contribuente che, sebbene sia costretto a ricorrere sistematicamente ai finanziamenti, non produce formalmente utili, ma riesce pur sempre a rimborsare i predetti finanziamenti.

Il fatto L'Agenzia delle Entrate emetteva un avviso di accertamento inerente all'anno di imposta 1998 per omesse ritenute per L. 81.800.000 su dividendi che si presumevano distribuiti fra i soci. La CTP rigettava i ricorsi, invece accolti dalla CTR. Questa Corte con sentenza numero 9132 del 2014 a sua volta cassava la sentenza d'appello e rinviava alla CTR. In particolare questo Collegio, evidenziava che la CTR non aveva «spiegato come fosse possibile affermare l'effettività dei finanziamenti in relazione alla loro provvista, malgrado fosse acclarato dall'indagine della G.d.F. che i pretesi finanziamenti infruttiferi dei soci, oltre ad integrare una inverosimile condotta sistematicamente antieconomica di finanziamento a fondo perduto di una società formalmente senza utili non potessero spiegarsi alla luce delle dichiarate disponibilità patrimoniali dei soci stessi e risultando, altresì il versamento nelle casse della Società Alfa Srl e dei soci di ricavi non dichiarati di società tutte facenti capo alla famiglia ». Il giudice del rinvio ha ritenuto che «i punti oggetto dell'odierno giudizio devono allora essere soltanto due, e precisamente 1 la sussistenza o meno di un rapporto di collegamento tra la Società Alfa e le altre società 2 l'effettività o meno del finanziamento della società mediante finanziamenti infruttiferi operati dai soci». Ne ha concluso che il ridetto collegamento fosse sussistente e, altresì, che i finanziamenti infruttiferi non fossero reali e conclusivamente respingeva l'appello. Ricorrono allora i contribuenti in cassazione affidandosi a tre motivi, cui resiste l'Agenzia a mezzo di controricorso. Il principio di diritto «È elusiva la condotta del contribuente che, sebbene sia costretto a ricorrere sistematicamente ai finanziamenti, non produce formalmente utili, ma riesce pur sempre a rimborsare i predetti finanziamenti». La decisione della Cassazione La pronuncia in commento consente di effettuare una breve disamina sulla cd. elusione fiscale, la quale si configura ogniqualvolta il contribuente adotti un comportamento formalmente corretto, ma sostanzialmente esso è funzionale a perseguire un indebito vantaggio, in quanto risulta “privo di valide ragioni economiche”. Per tale motivo l'elusione fiscale è considerata come una violazione indiretta della norma giuridica. La condotta elusiva rinviene tra gli indici sintomatici il comportamento antieconomico. È tale, ogni comportamento che non rispetti il criterio per il quale l'imprenditore deve massimizzare il profitto e cercare di coprire i costi di produzione, discostandosi in tal modo dai canoni di ragionevolezza e normalità. L'Amministrazione finanziaria deve, dunque, effettuare una opera di riqualificazione dell'operazione economica contestata. La condotta antieconomica, tuttavia, può assurgere a indizio circa l'inverosimiglianza delle somme dichiarate dal contribuente che, unitamente ad altri elementi, possono configurare le presunzioni gravi, precise e concordanti. In particolare, il comportamento antieconomico può assurgere a “indizio qualificato” della non attendibilità di quanto dichiarato, insufficiente, da solo, a dimostrare l'elusione fiscale. Nel caso di specie l'incapacità del contribuente di produrre utili e, allo stesso tempo, la concessione di finanziamenti appare una condotta non sorretta da valide ragioni economiche e presenta dei profili di incongruenza. La corrispondenza a criteri di economicità di una condotta deve necessariamente essere valutata nell'ambito in una visione d'insieme delle operazioni poste in essere dal contribuente secondo una valutazione di “sistematicità della condotta”. Sarà, tuttavia, onere dell'interessato dimostrare che la condotta assunta non è elusiva e presenta una giustificazione causale ovvero che abbia una logica di mercato.

Presidente Cataldi - Relatore Crivelli Rilevato che 1. L'Agenzia a seguito di verifica fiscale emetteva avviso di accertamento inerente all'anno d'imposta 1998 per omesse ritenute per L. 81.800.000 su dividendi che si presumevano distribuiti fra i soci. LA CTP rigettava i ricorsi, invece accolti dalla CTR. Questa Corte con sentenza numero 9132 del 2014 a sua volta cassava la sentenza d'appello e rinviava alla CTR. In particolare questa Corte, a fronte della denuncia, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5, di un vizio di motivazione in ordine al fatto decisivo e controverso consistente nella dissimulazione di utili ai soci come restituzione di finanziamenti infruttiferi con conseguente elusione della ritenuta d'acconto sui dividendi, ai sensi del D.P.R. numero 917 del 1986, articolo 56, e D.P.R. numero 600 del 1973, articolo 27 , non aveva la CTR spiegato come fosse possibile affermare l'effettività dei finanziamenti in relazione alla loro provvista, malgrado fosse acclarato dall'indagine della G.d.F. che i pretesi finanziamenti infruttiferi dei soci, oltre ad integrare una inverosimile condotta sistematicamente antieconomica di finanziamento a fondo perduto di una società formalmente senza utili non potessero spiegarsi alla luce delle dichiarate disponibilità patrimoniali dei soci stessi e risultando, altresì il versamento nelle casse della Ma. Srl e dei soci di ricavi non dichiarati di società tutte facenti capo alla famiglia Fr. . Veniva così disposto il rinvio sull'osservazione che La CTR ha escluso il collegamento tra la società contribuente e le altre verificate che, nell'avviso di accertamento impugnato, era stato riferito all'esistenza di rimesse di denaro in relazione a pagamenti di fatture della contribuente mediante provvista fornita da altra società , argomentando, in modo incongruo, dalla disciplina per la fruizione della contabilità di gruppo ed al rapporto di controllo tra società di cui all'articolo 2359 c.c., ed ha enunciato, in modo insufficiente, le ragioni della ritenuta effettività del finanziamento della Società, priva di utili la cui sede, come si riferisce, si presentava, inoltre, in evidente stato di abbandono, ed il cui legale rappresentante era all'oscuro dei fatti gestionali da parte dei soci, con riferimento alle relative possibilità finanziarie, senza dar conto, in modo adeguato, delle consistenze patrimoniali degli stessi . A fronte di ciò il giudice del rinvio ha ritenuto che i punti oggetto dell'odierno giudizio devono allora essere soltanto due, e precisamente 1 la sussistenza o meno di un rapporto di collegamento tra la Ma. 2000 e le altre società 2 l'effettività o meno del finanziamento della società mediante finanziamenti infruttiferi operati dai soci . Ne ha concluso che il ridetto collegamento fosse sussistente e altresì che i finanziamenti infruttiferi non fossero reali e conclusivamente respingeva l'appello. Ricorrono allora i contribuenti in cassazione affidandosi a tre motivi, cui resiste l'Agenzia a mezzo di controricorso. Considerato che 1. Con il primo motivo del ricorso i contribuenti deducono nullità della sentenza per violazione dell'articolo 392 cod. proc. civ., in quanto la CTR in sede di rinvio non si sarebbe pronunciata sull'eccezione di contraddittorietà ed illegittimità dell'avviso di accertamento - fondata sulla ritenuta mancata dimostrazione a monte del conseguimento di utili nonostante la loro imputazione ai soci - eccezione accolta in sede d'appello e contestata in cassazione dalla difesa erariale, eccezione da intendersi però riproposta appunto in sede di rinvio. 1.1. Il motivo è infondato. Nei casi di cassazione con rinvio per error in iudicando, devono ritenersi implicitamente o definitivamente precluse e non ulteriormente suscettibili di discussione tutte le questioni, anche di fatto, che potevano e dovevano essere prospettate o rilevate d'ufficio quale presupposto necessario e logicamente inderogabile della pronuncia di annullamento, le quali dunque vanno ritenute accertate in via definitiva quali premesse logico-giuridiche della pronuncia di cassazione e coperte da giudicato implicito e interno Cass. 24/10/2017, numero 25153 . Nella specie la ritenuta contraddittorietà o illegittimità dell'avviso sarebbe stata contrastata dalla difesa erariale in cassazione, e la stessa veniva ribadita in tal sede dai contribuenti allora controricorrenti. La Corte aveva rinviato sulla base dell'accoglimento del motivo che riguardava la dissimulazione della distribuzione di utili con un preteso rimborso di finanziamento e del collegamento tra le altre società e quella di causa, che consentiva di attuale lo stratagemma elusivo , consistente appunto nel simulare la fornitura da parte dei soci di finanziamenti infruttiferi . Ora, pur trattandosi di rinvio proprio e prosecutorio, la cassazione della sentenza era pronunciata per vizio di motivazione ciò di per sé non precludeva la riproposizione delle questioni già sollevate nel merito. Tuttavia, ben si ricava dalla sentenza di rinvio che la stessa ha positivamente accertato l'esistenza di utili occulti pag. 10 della sentenza , quindi aldilà delle formule utilizzate, la questione è stata affrontata e la sentenza motiva circa la sussistenza di utili. D'altronde la sentenza di rinvio riconosce la sussistenza di una manovra elusiva simulata concessione da parte dei soci di finanziamenti infruttiferi che appunto presupponeva utili non dichiarati, ed in effetti riscontrava anomalie nel comportamento dei contribuenti, in particolare non vennero distribuiti formalmente utili ma rimborsati i finanziamenti , elargiti per contanti, ai quali la Ma. 2000, pur non riuscendo ad operare come di normalità, ed essendo sistematicamente costretta a ricorrere ai finanziamenti, non produceva formalmente utili ma riusciva sempre a rimborsare i suddetti finanziamenti. Il tutto - osserva sempre la sentenza del giudice di rinvio - senza che sia rinvenibile una significativa coerenza economica del finanziamento infruttifero ripetutamente concesso a una società che formalmente non distribuiva mai utili ai soci che erogavano lo stesso. Con ciò dunque risulta anche affrontato il tema della coerenza e legittimità dell'avviso di accertamento. 2. Col secondo motivo si deduce nullità della sentenza per violazione dell'articolo 112 cod. proc. civ. Da quanto si può comprendere dal contenuto del motivo, con lo stesso si deduce che la CTR in sede di rinvio avrebbe omesso di pronunciarsi in ordine all'eccezione relativa alla contraddittorietà e illegittimità dell'avviso di accertamento, già sollevata in appello laddove si censurava la prima sentenza che affermava come fosse avvenuta una distribuzione di utili effettuati da parte di altre società alle quali, se mai, andava contestata l'omessa effettuazione della ritenuta, ma non certo alla società Ma. che avrebbe asseritamente svolto solo la funzione di tramite. La sentenza, quindi non avrebbe affrontato la questione circa la mancanza di una prova, relativa al conseguimento di utili non dichiarati in capo alla società. 2.1. Il motivo risulta assorbito da quanto indicato in quello precedente. 3. Col terzo motivo si deduce violazione o falsa applicazione dell'articolo 2697, cod. civ. Il motivo viene spiegato per l'ipotesi in cui si ritenesse che la CTR in sede di rinvio avesse respinto l'eccezione in base alla quale la pretesa erariale era contraddittoria nella motivazione, laddove l'ufficio non aveva operato la previa contestazione del conseguimento di un maggior utile per poter poi accertare le omesse ritenute sugli utili. 3.1. Anche tale eccezione è in parte assorbita, ed in ogni caso sempre a pag. 10 la sentenza di rinvio dà atto del fatto che la manovra elusiva, accertata appunto in sede di rinvio, posta a fondamento dell'accertamento di omesso versamento, presuppone necessariamente che le società operanti nel settore turistico-alberghiero, ma comunque riconducibili al controllo dei Fr., abbiano nel periodo di interesse conseguito utili non dichiarati, così costituendo una sorta di provvista in nero , il ché da ampio conto circa la ritenuta fondatezza della motivazione dell'avviso e della sua completezza anche in ordine al presupposto dell'esistenza di utili non dichiarati . Con ciò la sentenza impugnata motiva ulteriormente in ordine all'asserito difetto di motivazione dell'atto impositivo, superando così anche sotto questo profilo il vaglio di legittimità per le stesse ragioni che si sono indicate a proposito del profilo oggetto del primo motivo. 4. Conclusivamente il ricorso dev'essere respinto con aggravio di spese in capo ai ricorrenti soccombenti. Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l'obbligo di versare, ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, nel testo introdotto dall'articolo 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012, numero 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto. P.Q.M. La Corte respinge il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di lite che liquida in Euro 4.100,00, oltre spese prenotate a debito. Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l'obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.