Immobile conferito nel fondo patrimoniale familiare: niente dolo se la moglie non conosce la provenienza truffaldina dei fondi del marito

Nel delitto di favoreggiamento, non è configurabile l’elemento soggettivo del reato, nel caso in cui, durante la crisi coniugale, il marito acquista un immobile, intestandolo alla moglie, e facendolo confluire all’interno di un costituito fondo patrimoniale, qualora non si dimostri che la donna conosceva la provenienza illecita della provvista donatale.

Questo il principio di diritto tracciato dalla Sesta sezione di legittimità che rigetta il ricorso presentato da una delle parti civili. La vicenda processuale il primo grado Il Tribunale di Firenze condanna una donna per favoreggiamento all'interno di una complessa vicenda che vedeva imputato per truffa l'ex marito, mentre l'imputata senza concorrere nel delitto ex articolo 640 c.p., avrebbe aiutato l'ex ad assicurarsi il profitto del reato ai danni di alcuni istituti di credito. La condotta di favoreggiamento addebitata alla donna consiste nell'essersi prestata a ricevere dall'ex marito con atto di donazione la somma di 800 mila euro con assegni tratti in scoperto di conto correnti di alcune banche. La stessa imputata avrebbe poi utilizzato tale somma per formalizzare l'atto di acquisto di un immobile poi conferito in un fondo patrimoniale destinato a far fronte ai bisogni della famiglia costituito in pari data e che faceva annotare a margine dell'atto di matrimonio, in modo da non rendere aggredibile alle banche creditrici detto cespite immobiliare acquistato con i fondi dei reati di truffa commessi dall'ex marito. L'overturning nel giudizio di appello La Corte d'appello di Firenze ribaltava la pronuncia di prime cure, assolvendo l'imputata per assenza dell'elemento psicologico dell'ascritto reato di favoreggiamento. Per i giudici d'appello non erano emersi elementi a supporto della tesi accusatoria, considerato che le disponibilità patrimoniali del coniuge, la sua attività professionale in apparente ascesa e l'alto tenore di vita da lui sempre garantito alla famiglia restituivano l'immagine di un uomo di successo, con molti mezzi economici che, in quella fase della sua vita, avrebbe potuto permettersi di “liquidare” la moglie comprando la sua disponibilità a non intralciare i suoi programmi con una lunga e costosa battaglia legale per la separazione. Ciò aveva trovato conferma dallo stesso comportamento degli operatori dei diversi istituti bancari coinvolti che gli avevano concesso importanti affidamenti, senza pretendere garanzie, basandosi esclusivamente sul suo profilo professionale e reddituale. Inoltre, l'importo della donazione era stato conferito a mezzo di assegni circolari a lei intestati e che l'intera operazione era stata effettuata a mezzo di atti pubblici e di strumenti di pagamento palesi. Infine, la Corte territoriale evidenzia la logicità della scelta di vincolare l'immobile di sua proprietà esclusiva in un fondo patrimoniale, considerando che l'imputata, dirigente medico, era comunque esposta ad un elevato rischio professionale. La conferma assolutoria della Suprema Corte Una delle banche costituitesi parte civile ricorreva in Cassazione sostenendo l'illogicità manifesta dei passaggi motivazionali, appena indicati, dalla sentenza di secondo grado. Non può, in particolare dedursi la buona fede sol perché l'acquisto dell'immobile per 800 mila euro era stato realizzato con assegni e operazioni tracciabile. Così come non regge l'argomentazione per cui il conferimento dell'immobile nel fondo patrimoniale avesse quale unica causale quella che l'imputata, in ragione del suo ruolo professionale, fosse esposta quotidianamente ad azioni di responsabilità. I giudici di legittimità, invece, non ravvisano alcuna illogicità nel passaggio motivazionale secondo cui la buona fede dell'imputata era dimostrata dalla circostanza che l'intero importo della donazione era stato corrisposto con assegni circolari facilmente tracciabili e con strumenti palesi. Il punto centrale è un altro la Corte di appello ha coerentemente osservato che, se l'imputata fosse stata a conoscenza della provenienza illecita della provvista donatale, non avrebbe accettato di riceverla mediante atto di liberalità revocabile, né avrebbe fatto confluire l'immobile in un fondo patrimoniale soggetto a revocatoria. La posizione della Cassazione In sostanza, ponendosi nel solco della consolidata giurisprudenza di legittimità sul punto, il dolo di danneggiamento di può configurare solo l'atteggiamento psicologico dell'agente, il quale opera nell'interesse esclusivo dell'autore del reato per aiutarlo ad assicurarsene il prezzo Sez. II, numero 10980/2018 e 30744/2014 . Peraltro, in qualche arresto meno recente si è affermato che ai fini della configurabilità dei reati di favoreggiamento personale e reale occorre, sotto il profilo soggettivo, che la condotta favoreggiatrice sia stata posta in essere ad esclusivo vantaggio del soggetto favorito, per cui i suddetti reati restano esclusi qualora l'agente abbia avuto di mira il conseguimento di interessi propri Sez. Fer., numero 38236/2004 . Nessuna “intenzione” di favorire il coniuge Viene respinto anche il motivo secondo cui i giudici di secondo grado avrebbero inadeguatamente respinto la tesi accusatoria tesa ad affermare che l'imputata non aveva alcun motivo, se non quello di favorire il coniuge, di vincolare l'immobile a lei intestato in un fondo patrimoniale. Anche qui, per i giudici del sesto collegio di legittimità, la motivazione sul punto è congrua, laddove da un lato rappresenta che la costituzione di un fondo patrimoniale non costituiva una novità per il nucleo familiare perché già in precedenza immobili di proprietà erano stato conferiti in altro fondo. Dall'altro, la costituzione del fondo in questione era coerente con la riorganizzazione dell'assetto familiare, che avrebbe visto il trasferimento dell'abitazione di residenza della famiglia presso l'immobile costituito dall'unione dell'appartamento acquistato dalla moglie prima della crisi coniugale e di quello adiacente, oggetto della vendita in contestazione. Ciò renderebbe plausibili – contrariamente a quanto sostenuto dalla parte civile ricorrente – le ragioni per le quali l'imputata ha conferito l'immobile a lei intestato in un fondo patrimoniale intestato anche all'ex marito. Tale opzione, infatti, risulta coerente con le decisioni precedentemente assunte con riferimento alla gestione della precedente residenza della famiglia, dal momento che pure tale immobile era stato oggetto di un fondo patrimoniale. Il ricorso viene, quindi, rigettato.

Presidente De Amicis – Relatore Giorgi Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata, la Corte d'Appello di Firenze ha assolto l'imputata dal delitto di cui all'articolo 379 cod. pen. con riferimento al reato presupposto di cui al capo g , «perché il fatto non sussiste», e con formula «perché il fatto non costituisce reato» con riferimento ai residui reati presupposto, così riformando la sentenza emessa dal Tribunale di Firenze in data 18 novembre 2019, che aveva dichiarato la stessa colpevole del reato contestato, poiché, senza aver concorso nei reati ascritti all'ex marito P.V., avrebbe aiutato quest'ultimo ad assicurarsi il profitto dei reati di truffa di cui ai capi d nei confronti di Banca OMISSIS , e nei confronti di Banca OMISSIS , f nei confronti di Banca OMISSIS , g nei confronti di Banca OMISSIS e h nei confronti di Banca OMISSIS dell'imputazione la condotta di favoreggiamento addebitata alla D.S.L., in particolare, si sarebbe estrinsecata nell'essersi prestata a ricevere da V. con atto di donazione del 26.11.2012 la somma di € 800.000,00 con assegni tratti in scoperto di conto corrente da Banca OMISSIS per € 308.000,00, da Banca OMISSIS per € 100.000,00 e da OMISSIS per € 392.000,00 la stessa D.S.L. avrebbe poi utilizzato tale somma per formalizzare, in data 6.12.2012, l'acquisto dell'immobile in OMISSIS , piazza OMISSIS , che il 14.12.2012 conferiva in un fondo patrimoniale destinato a far fronte ai bisogni della famiglia sussistente con P.V., fondo che costituiva in pari data col predetto e che faceva annotare a margine dell'atto di matrimonio articolo 162/4 c.c. , in modo da rendere non aggredibile dalle banche creditrici detto cespite immobiliare acquistato col profitto dei reati commessi da V.P.”. In particolare, la Corte d'Appello ha rappresentato che l'imputata, a seguito della crisi del matrimonio con V.P., emersa tra la fine del 2011 e l'inizio del 2012, aveva deciso di lasciare la casa familiare e di trasferirsi a OMISSIS , dove la stessa aveva acquistato, nel 2008, un appartamento situato in Piazza OMISSIS , il quale, nell'intento originario e anche per le ridotte dimensioni del bene, di circa 70 mq doveva essere una casa di vacanza. Tuttavia, dal momento che a OMISSIS , insieme con lei, si sarebbero trasferite stabilmente anche la figlia minorenne C. e la propria madre, e che, di conseguenza, l'alloggio in questione aveva dimensioni troppo ridotte, aveva chiesto al marito, come condizione per una separazione consensuale da lui auspicata, che le fornisse parte del denaro necessario all'acquisto di un altro appartamento, adiacente a quello già in suo possesso, in modo da poterlo accorpare all'altro, creando così un'unità abitativa più ampia, adeguata a trasferirvi in via definitiva la residenza del nucleo familiare dopo la separazione. Da qui era derivata la decisione del marito di soddisfare la richiesta con la donazione contestata nell'imputazione strumento scelto per la convenienza dal punto di vista fiscale , che tuttavia non avrebbe coperto l'intero importo dell'acquisto, posto che una parte del prezzo, pari a 300.000,00 euro, sarebbe stata pagata dalla stessa D.S.L. con i suoi risparmi. Tale importo era stato poi prestato, nel febbraio 2012, da lei al coniuge, che, al momento dell'acquisto dell'immobile di OMISSIS lo avrebbe direttamente versato alla parte venditrice. La somma, originariamente depositata su un conto intestato alla donna presso la filiale di OMISSIS della Banca OMISSIS , era stata da lei bonificata a V.P. il 13 febbraio 2012 affinché questi estinguesse il mutuo ipotecario dell'importo di euro 370.000,00 contratto per l'acquisto di un immobile di sua esclusiva proprietà situato a OMISSIS , come effettivamente avvenuto. V.P. progettava infatti di trasferirsi all'estero e voleva vendere il proprio bene, del valore di circa 700.000,00 euro. In quella occasione questi aveva giustificato la richiesta di un prestito alla moglie perché non disponeva, in quel momento, della liquidità necessaria, in quanto non sarebbe stato conveniente disinvestire i risparmi. L'imputata, da parte sua, rassicurata dall'elevato tenore di vita di lei e del marito e dalla rilevante disponibilità finanziaria che questi aveva sempre avuto e dimostrato, aveva acconsentito alla richiesta - nonostante la crisi matrimoniale - anche nella speranza di ricucire il loro rapporto, dando disposizione di pagamento alla propria banca. Il prestito fu quindi restituito, nell'ambito dell'operazione di acquisto dell'immobile di OMISSIS , nel luglio del 2012, quando V.P., in esecuzione della delegazione di pagamento e della promessa di vendita dell'immobile sottoscritte in data 28 aprile 2012, aveva effettuato i bonifici relativi alla prima rata di acquisto del bene bonifici dell'importo di euro 150.000 ciascuno, rispettivamente effettuati in data 20 e 27 luglio in favore di OMISSIS S.r.l. da conti correnti a lui intestati. Si arrivò, quindi, all'atto di donazione di euro 800.000,00 effettuato il 26 novembre 2011 da V.P. in favore della moglie. L'importo era stato corrisposto con assegni circolari emessi a nome della D.S.L. dagli istituti di credito elencati nei capi di imputazione, precisamente euro 308.000,00 erogato dalla Banca OMISSIS euro 100.000,00 erogato dalla Banca OMISSIS e di euro 392.000,00 erogato da OMISSIS . Infine, con atto notarile di compravendita del 6 dicembre 2012 la D.S.L., nominata da V.P. in esecuzione del preliminare del 28 aprile 2012 contratto per sé o per persona da nominare acquistava da OMISSIS s.r.l. l'immobile di OMISSIS indicato in imputazione al prezzo complessivo di euro 1.100.000,00 pagato per 300.000,00 euro con i bonifici eseguiti a luglio da V.P., in restituzione del prestito di cui si è detto, da conti correnti in essere presso la Banca OMISSIS e OMISSIS Banca e per i restanti 800.000,00 con i proventi della donazione da parte del coniuge tale bene, con atto del 14 dicembre 2012, veniva quindi conferito in un fondo patrimoniale, costituito dai coniugi, nel quale era previsto che la proprietà dell'immobile sarebbe rimasta della odierna imputata, con il vincolo di destinazione al soddisfacimento dei bisogni della famiglia. La Corte rappresenta che nel ricorso per separazione personale consensuale depositato a gennaio 2013, omologato dal Tribunale di Firenze nel successivo mese di aprile, i due coniugi davano atto di quale fosse stato il senso di quella operazione, posto che la donazione di cui si è detto veniva espressamente indicata come facente parte di un più ampio accordo economico raggiunto tra loro, nel quale l'atto di liberalità rappresentava il modo per attribuire alla donna un mantenimento anticipato. Alla luce di tale ricostruzione fattuale i Giudici di appello hanno ritenuto carente la prova della sussistenza dell'elemento soggettivo del reato. In particolare, rimarcano come nell'ambito della vicenda non fossero emersi tali da supportare la tesi accusatoria, giacché le disponibilità patrimoniali del coniuge, la sua attività professionale in apparente ascesa e l'alto tenore di vita da lui sempre garantito alla famiglia restituivano l'immagine di un uomo di successo, con molti mezzi economici, che poteva appunto permettersi, in quella fase della sua vita, in cui aveva deciso di lasciare la famiglia e di trasferirsi a OMISSIS , di liquidare la moglie comprando la sua disponibilità a non intralciare i suoi programmi con una lunga e costosa battaglia legale per la separazione cfr. sentenza impugnata, pag. 17 . Ciò aveva avuto indiretta conferma dallo stesso comportamento degli operatori dei diversi istituti bancari coinvolti, che gli avevano concesso importanti affidamenti con relative proroghe basandosi in via sostanzialmente esclusiva sul suo profilo professionale e reddituale, tanto da non pretendere garanzie. La Corte ha sottolineato come le stesse dichiarazioni dei redditi prodotte in giudizio presentassero dei redditi in crescita e assai consistenti, tali da giustificare la piena fiducia della imputata nelle capacità economiche del coniuge, cui dovevano aggiungersi i cospicui investimenti in titoli azionari. Oltre a ciò, la Corte sottolinea che l'importo della donazione 800.000,00 euro le era stato conferito a mezzo di assegni circolari a lei intestati e che l'intera operazione era stata effettuata a mezzo di atti pubblici e di strumenti di pagamento palesi. Si è inoltre evidenziata la logicità della scelta di vincolare l'immobile di sua proprietà esclusiva in un fondo patrimoniale, in considerazione del fatto che l'imputata, Dirigente Medico, era comunque esposta a un elevato rischio professionale. 2. Il difensore della parte civile, OMISSIS Banca S.p.a., ha presentato ricorso per cassazione avverso la citata sentenza e ne ha chiesto l'annullamento ai fini civili, censurandone, con un unico motivo suddiviso in due punti, il vizio di motivazione con riguardo 2.1. al difetto dell'elemento soggettivo in capo all'imputata. In particolare, sarebbe illogico dedurre la mancanza di dolo del reato contestato dalla circostanza che l'imputata nel concedere al marito, con il quale la stessa Corte riconosce che i rapporti erano già incrinati, il prestito di euro 300.000,00 perché egli aveva sempre avuto un elevato tenore di vita ed una rilevante disponibilità finanziaria, laddove semmai tale situazione avrebbe dovuto indurre a negargliela perché il finanziamento avrebbe potuto essere concesso da un qualsiasi istituto di credito. Parimenti, non può essere dedotta la buona fede dalla circostanza che l'importo di euro 800.000,00, donato dal marito all'imputata per l'acquisto dell'immobile in OMISSIS , ove la stessa sarebbe andata a vivere dopo la separazione e proveniente dalle truffe agli istituti bancari, era stato corrisposto con assegni circolari a lei intestati e, quindi tracciabili, e che l'intera operazione di acquisto dell'immobile e della devoluzione al fondo patrimoniale era stato effettuato con atti pubblici e strumenti di pagamento palesi. Ancora, sarebbe illogica l'argomentazione della Corte che, per respingere la tesi accusatoria secondo cui che l'imputata non aveva alcun motivo, se non quello di favorire il coniuge, di vincolare l'immobile a lei intestato in un in un fondo patrimoniale, ha affermato che ella era un dirigente medico, quotidianamente esposto ad azioni di responsabilità 2.2. alla omessa confutazione di riscontri evidenziati dall'accusa pubblica e privata circa i motivi per cui l'imputata ha conferito l'immobile a lei intestato in un fondo patrimoniale intestato anche all'ex marito, pur essendo di lì a pochi mesi depositato il ricorso per separazione coniugale e quello per cui ha prestato al coniuge, da cui si sarebbe presto separata, una consistente somma di denaro. 3. La Difesa dell'imputata ha depositato, in data 30 aprile 2024, un'articolata memoria con cui contesta le tesi della parte civile, chiedendo dichiararsi l'inammissibilità o rigettarsi il ricorso. 4. La Difesa della parte civile, in data 7 maggio 2024, ha depositato conclusioni scritte con le quali ribadisce i motivi di ricorso, e nota spese. Considerato in diritto 1. Il ricorso della parte civile non è fondato. 2. Il primo paragrafo del motivo unico di ricorso, concernente la sussistenza del dolo in capo all'imputata per il reato contestato, si palesa infondato e per taluni aspetti sprovvisto del carattere di specificità, poiché la ricorrente, nella sostanza, sollecita sui punti oggetto delle censure una non consentita rilettura di merito delle emergenze processuali in un senso ritenuto a sé più favorevole. In ordine alle ragioni per le quali si è affermato che nei comportamenti della D.S.L., sopra descritti nell'esposizione dei fatti, non fossero ravvisabili gli estremi del reato contestato per carenza dell'elemento soggettivo, la Corte territoriale ha argomentato, infatti, con considerazioni scevre da illogicità manifesta in fatto e corrette in linea di diritto, oltre che con solido ancoraggio alle informazioni probatorie, orali e documentali, conseguite per la ricostruzione dell'episodio. Quanto al primo aspetto evidenziato nel motivo, la Corte d'appello chiarisce che la somma concessa dall'imputata al marito era volta proprio all'estinzione del mutuo gravante sulla abitazione di OMISSIS - del valore di 700.000,00 euro - sicché non avrebbe avuto alcun senso chiedere il finanziamento ad un istituto di credito, e che l'estinzione era volta proprio ad agevolare la vendita dell'immobile in vista del trasferimento all'estero del coniuge. Parimenti, non è ravvisabile alcuna illogicità nell'argomentazione della Corte secondo cui la buona fede della D.S.L. era dimostrata dalla circostanza che l'intero importo della donazione era stato corrisposto con assegni circolari facilmente tracciabili e che tutta l'operazione di acquisto dell'immobile e di devoluzione al fondo patrimoniale era stata effettuata con atti pubblici e strumenti di pagamento palesi. La Corte d'appello ha coerentemente osservato che, se l'imputata fosse stata a conoscenza della provenienza illecita della provvista donatale, non avrebbe accettato di riceverla mediante atto di liberalità revocabile, né avrebbe fatto confluire l'immobile in un fondo patrimoniale soggetto a revocatoria. Non avrebbe accettato quelle modalità per ottenere una anticipazione degli accordi di separazione, né, soprattutto, avrebbe temporeggiato nel richiedere l'esecuzione dell'intero accordo patrimoniale della separazione, ovvero il trasferimento a suo favore del 50% della casa coniugale di cui possedeva già il 50% . Tanto che nel 2014, quando lo fece, accertò che già dal 2013, a seguito di due decreti ingiuntivi emessi nei confronti del marito, sull'immobile erano state iscritte due ipoteche. Così come non può essere trascurato che la stessa ha ricevuto, come ricorda la Corte d'appello, una citazione dalla banca OMISSIS per la revocatoria della donazione e del fondo patrimoniale, con conseguente grave danno economico. Quanto al terzo rilievo della parte civile ricorrente, secondo cui la Corte avrebbe inadeguatamente respinto la tesi accusatoria tesa ad affermare che l'imputata non aveva alcun motivo, se non quello di favorire il coniuge, di vincolare l'immobile a lei intestato in un fondo patrimoniale, anch'esso si risolve in una richiesta di rivalutazione del merito della vicenda. La motivazione dei giudici di appello sul punto è congrua v. pagg. 22-23 , laddove da un lato rappresenta che la costituzione di un fondo patrimoniale non costituiva una novità per il nucleo familiare perché già in precedenza immobili di proprietà erano stati conferiti in altro fondo e che, dall'altro, la costituzione del fondo in questione era coerente con la riorganizzazione dell'assetto familiare, che avrebbe visto il trasferimento dell'abitazione di residenza della famiglia - ed in particolare della figlia minorenne C., ossia la titolare dell'interesse protetto dal provvedimento in questione - a OMISSIS , presso l'immobile costituito dall'unione dell'appartamento già acquistato dalla stessa D.S.L. nel 2008 e di quello adiacente, oggetto della compravendita oggetto di contestazione, con la prospettiva di vendere, avendo ottenuto la necessaria autorizzazione del Tribunale, la precedente residenza del nucleo familiare ubicata ad OMISSIS . Con riguardo alla asserita riduzione di responsabilità conseguente al trasferimento della professionista da OMISSIS presso l'Ospedale OMISSIS - circostanza evocata come ulteriore elemento a supporto della presunta assenza di giustificazioni alla contestata costituzione del fondo patrimoniale - la Corte ha ben chiarito che, per quanto la predetta si fosse trovata a dover rinunciare all'incarico da primario ospedaliero, ella era comunque assunta, presso la nuova sede, come Dirigente medico di Direzione Sanitaria, mansione che comporta notoriamente il costante rischio di esposizione ad azioni risarcitorie. 3. Non fondato è anche il secondo paragrafo del motivo unico di ricorso, per il quale, oltre che dagli elementi contraddittori sopra riportati, la sentenza impugnata risulterebbe affetta da un vizio di totale assenza di motivazione in ordine ad alcune fondamentali argomentazioni su cui si fonda l'assunto accusatorio. Anche in questo caso, i rilievi formulati dalla parte ricorrente appaiono fondati su considerazioni che, lungi dall'evidenziare una carenza motivazionale, paiono invece diretti a proporre una diversa lettura, in punto di fatto, di elementi già oggetto di valutazione logica e consequenziale da parte della Corte territoriale. Essi concernono le ragioni per le quali l'imputata ha conferito l'immobile a lei intestato in un fondo patrimoniale intestato anche all'ex marito - pur essendo imminente il deposito del ricorso per la separazione coniugale - e per cui ha prestato al coniuge, da cui si sarebbe presto separata, una consistente somma di denaro. Quanto al primo aspetto, la Corte di merito ha osservato che - posto che il fondo patrimoniale è uno strumento giuridico comunemente utilizzato ai fini dell'assolvimento dei doveri di mantenimento, soprattutto in presenza di prole minorenne - tale opzione risulta coerente con le decisioni precedentemente assunte con riferimento alla gestione della precedente residenza della famiglia, dal momento che anche l'immobile sito in OMISSIS era stato oggetto della costituzione di un fondo patrimoniale nel 2006 e, nell'ottica di procedere alla sua sostituzione quale abitazione familiare, ne era stata richiesta l'autorizzazione alla vendita, come da provvedimento rilasciato dal Tribunale di Firenze in data 29 novembre 2012, proprio in vista del trasferimento della famiglia stessa a OMISSIS . Quanto alla concessione del prestito nell'imminenza della separazione, si tratta di scelte personali che esulano dal perimetro cui deve attenersi il giudicante e che, in ogni modo, sono versate palesemente in fatto, sicché non sono deducibili in sede di legittimità. Basti comunque pensare che il fondo patrimoniale familiare non poteva che essere intestato al coniuge, poiché in costanza di matrimonio con una figlia minorenne, e che, in definitiva, come chiaramente pone in luce la Corte d'appello, l'imputata dall'intera vicenda, vedendosi deprivata di tutte le consistenze patrimoniali su cui si era fondato l'accordo di separazione, risulta danneggiata, almeno quanto gli istituti di credito. 4. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso va pertanto rigettato e la parte civile ricorrente va condannata al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.